Correva l’anno 1927 quando,
all’apice dello splendore del cinema muto e della grandi
avanguardie europee, il regista tedesco Fritz
Lang, uno dei grandi esponenti dell’espressionismo
cinematografico assieme a F.W.Murau e
G.W.Pabst, finì di realizzare
Metropolis, colossale ed epica epopea
fantascientifica in celluloide destinata a diventare uno dei grandi
film di culto della storia del cinema, capace di sorvolare il tempo
e rimanere ancora oggi uno dei punti focali della settima arte.
Concepito come un grande affresco
fantastico in chiave futuristica, orchestrato in tre atti proprio
come un’opera lirica, il film fu il prodotto finale di un
travagliatissimo parto creativo scaturito da una stretta
collaborazione fra il visionario regista di origini viennesi e
l’allora compagna e fidata sceneggiatrice Thea von
Harbou, la quale redasse uno script di oltre quattrocento
pagine accompagnato da altrettante illustrazione per un progetto
che già all’epoca si presentava come una immensa sfida, sostenuta
non senza dubbi ed incertezze dalla storica casa di produzione Ufa,
allora invischiata in una crisi economica non indifferente. Ben
prima degli universi distopici immaginati da
Huxley ne Il mondo nuovo
e da Orwell in 1984 nei due
decenni successivi, Lang ci presenta la futuribile e
ipertecnologica città di Metropolis, emblema di una società
apparentemente perfetta e dominata dalla filosofia tayloristica
rigidamente suddivisa in due livelli: quello superiore, in cui si
trovano le caste agiate e dedite al lusso (le menti), e
quello inferiore dove hanno sede i lavoratori sfruttati (le
braccia) per far funzionare le voraci macchine della
città.
Ed è in questo ordine sociale
dominato da una (nemmeno troppo) velata visione capitalistica che
Freder, figlio agiato del magnate della città Federson, viene
casualmente a conoscenza della divisione di classe e della
condizione dei sottoposti, grazie anche all’incontro con Maria,
angelica predicatrice col compito di infondere negli abietti e nei
reietti una luce di speranza. Inizierà così il lungo viaggio di
Freder alla scoperta della verità, viaggio ricco di ostacoli e di
insidie verso il tentativo di ribaltare lo stato delle cose. Oltre
due anni di lavorazione, 25.000 comparse, 600.000 metri di
pellicola per una durata iniziale complessiva che superava le tre
ore, tutto questo per realizzare un film ricco di innovazioni
tecniche e stilistiche, tra cui l’uso pionieristico della nuova
pellicola pancromatica (che permetteva di ridurre i contrasti e di
sviluppare un’immagine più morbida), effetti speciali spettacolare
curati dal creativo direttore della fotografia Eugene
Shufftan (tra cui retroproiezioni, stop-motion e
sovraimpressioni) e un’estetica visiva e recitativa che superava,
pur citandoli a gran voce, i parametri dell’espressionismo.
Si racconta che il film, di fatto
già pronto per essere girato nel 1925, vide ritardare la sua
lavorazione da un improvviso viaggio negli Stati Uniti organizzato
da Lang stesso, il quale, assieme al suo fidato operatore
Karl Freud, decise di recarsi nel nuovo continente
per acquistare nientemeno che le storiche cineprese Mitchell,
all’epoca considerate il top della tecnologia cinematografica.
Girando per le vie di New York, Lang venne letteralmente folgorato
dalla visione dello Skyline lucente nella notte, un’architettura
meravigliosa e futuristica che servì di ispirazione al regista per
inquadrare appieno lo stile visivo del film. Dopo ben due anni e
mezzo di lavorazione e cinque milioni di marchi tedeschi, il film
venne proiettato ufficialmente il 10 gennaio 1927 all’Ufa-Palast am
Zoo di Berlino, già revisionato e ampiamente rimaneggiato nella
durata, rivelandosi un sorprendentemente e clamoroso insuccesso di
pubblico, tanto da decretare il definitivo fallimento della Ufa,
con il conseguente licenziamento dello storico produttore capo
Erich Pommer, e il declino del movimento
espressionista. Durante gli anni ’30 il film, soprattutto per
l’esplicito impianto wagneriano e i numerosi riferimenti tematici a
cavallo fra capitalismo e socialismo, venne fortemente elogiato dal
movimento nazista, tanto da diventare il film preferito nientemeno
che di Hitler in persona, che vedeva nella tematica della
lotta-incontro fra il braccio e la mente una pedina ideologica a
vantaggio del proprio credo politico.
Nel corso degli
anni successivi, un po’ anche a causa di una non adeguata filologia
critica, Metropolis venne ignorato, tanto
che le numerose revisioni e rimaneggiamenti ulteriori contribuirono
a ridurre ancora di più l’opera sino alla ridicola versione da 90
minuti, priva di interi blocchi narrativi, circolata a lungo fino
agli anni ’50, quando la nuova generazioni di critici
cinematografici europei ed americani delle Nouvelles
Vagues rivalutarono pienamente la pellicola, restituendole il
valore ampiamente meritato. Un primo tentativo di restauro, con
l’intento di risalire quanto più possibile alla versione originale
benne compiuta nel 1984 dalla Cineteca di Monaco, la quale giunse
ad una versione soddisfacente di 147 minuti in bianco e nero,
mentre sempre nello stesso anno venne rilasciata una versione di 87
minuti colorata con una colonna sonora rock composta da Giorgio
Moroder.
Fra il 2000 e il 2001 una nuova
versione di circa due ore, molto più approssimativa, venne resa
disponibile direttamente per il mercato home video, fino a quando
nel 2008 a Buenos Aires in Argentina, grazie al ritrovamento di un
collezionista privato, venne alla luce un’ennesima versione
contenete oltre il 95% del materiale mancante, creduto perduto
prima della Seconda Guerra mondiale, il quale permise di creare fra
il 2010 e il 2011 una nuova versione di 148 minuti curata dalla
Fondazione F.W.Muranu, proiettata al 60°
Fesival di Berlino.
E proprio quest’anno, ad oltre
novant’anni dalla data di inizio delle riprese, Metropolis
torna in vita, proiettato in oltre 70 sale italiane dal 16 marzo,
restaurato grazie al contributo della Cineteca di Bologna
e DeutscheKinemathek, provvisto di oltre 25 minuti inediti
per un totale di 150 minuti nella versione attualmente più completa
che esista, con la colonna sonora originale ricostruita
Gottfried Huppertz diretta da
FrankStrobel, alla guida della
Rundfunk-Sinfonieorchester Berlin. In parallelo verrà rilasciata
nelle librerie un impedibile cofanetto con due DVD con la versione
restaurata e booklet ricco di gustosi interi speciali di
approfondimento riguardo all’opera originale e alla sua genesi. Un
grande ritorno per un film che ha segnato letteralmente la storia
della fantascienza sul grande schermo, divenendo fonte di citazione
e di ispirazione per numerosi posteri, dalle architetture barocche
di Blade Runner allo storico omaggio nel
videoclip Radio GaGa dei Queen. Insomma,
non resta che tornare al cinema e godersi un piccolo pezzo di
grande storia, rinvigorito e riportato al suo antico splendore.
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