Squadra che vince non si cambia.
Così devono aver pensato i produttori di Sherlock Holmes:
Gioco di Ombre, che, nel riportare sullo schermo le
avventure dell’investigatore più famoso della letteratura, hanno
affidato di nuovo il comando a Guy Ritchie, ottimo
interprete della storia che non dimentica di coniugare il uso stile
con l’organico fluire del racconto, e la leadership del
palcoscenico alla coppia
Robert Downey Jr. e
Jude Law.
Sherlock Holmes è alle
prese con un altro dei suoi periodi di riposo intellettuale,
durante i quali si diletta a fare esperimenti, per lo più sul suo
cane Gladstone, con grande disappunto del Dottor Watson, che,
ahilui, ha deciso di sposare la bella Mary (Kelly
Reilly) contro la volontà dell’amico. Il ritorno in
scena di Irene Adler (Rachel
McAdams) e del perfido quanto geniale Professor
Moriarty (Jared
Harris) sconvolgerà i piani del novello sposo e
condurrà i nostri in un viaggio attraverso l’Europa che avrà
conseguenze inaspettate.
La prima cosa da sottolineare, in
Sherlock Holmes: Gioco di Ombre, è che in
questo caso, così come accade nei romanzi di Sir Arthur
Conan Doyle, il Dottor John Watson racconta in prima
persona la storia. Il film è dunque un lunghissimo flash back
rivissuto da Watson mentre è intento a mettere su carta le
avventure affrontate insieme all’amico Holmes.
Sherlock Holmes: Gioco di
Ombre, il film

Una superiore attenzione
all’intreccio ha portato questa volta il film verso una maggiore
complessità ed una maggiore completezza, permettendo ai due
bravissimi protagonisti di approfondire un rapporto che da solo
basta a reggere in piedi l’intero film. L’alchimia dei due attori
in scena è la base solida su cui si costruisce un saldo rapporto di
amicizia fraterna, che ancora una volta rifugge da ogni tipo di
machismo o omofobia, e che lega a doppio filo i due avventurosi
personaggi: Holmes non può fare a meno di disapprovare le nozze di
Watson, poiché queste costituiranno l’interruzione di quel magico
rapporto d’amicizia che tiene l’investigatore ancorato alla
società; Watson dal canto suo non riesce a resistere al richiamo
dell’avventura che suo malgrado rappresenta Holmes. Entrambi
portano così avanti questa loro ‘relazione anomala’ con uguale
quantità di sarcasmo e profondo affetto.
Intorno a questi due poli, circola
un sistema di satelliti minori costituito da ruoli molto
interessanti affidati ad attori che lo sono altrettanto: la zingara
Simza è
Noomi Rapace, coinvolta sempre in ruoli
impegnativi e misteriosi, che ne mettono in evidenza la corporatura
nervosa e l’espressione dura; Stephen Fry è invece
Mycroft Holmes, originale fratello di Sherly, così come lo chiama
lui, particolarmente a suo agio anche in una esilarante quanto
surreale scena di nudo;
Jared Harris da invece corpo all’arcinemico di
Holmes, il Professor Moriarty, genio del male e uomo senza
scrupoli, vero e proprio imprenditore del terrore. Tornano in
questo secondo capitolo, anche se per brevi momenti,
Rachel McAdams e
Kelly Reilly nei ruoli rispettivamente di
Irene e Mary. La prima è questa volta più debole e sensibile al
fascino di Holmes, la seconda un po’ messa in secondo piano nel
primo film, riesce qui ad avere il suo momento di gloria,
rivelandosi straordinariamente e impensabilmente utile alle
indagini.
Ma tutto il film si distingue
ancora una volta per quel gusto filologico e ruffiano che intesse
la trama, le scene e persino i singoli dialoghi di dettagli
holmesiani per il diletto dei fedelissimi della letteratura di
Conan Doyle, facendo assaporare di più gli elementi che
invece sono aggiunte anacronistiche e talvolta fantascientifiche al
tessuto della storia. Come sempre succede quando a comporre la
colonna sonora c’è Hans Zimmer, non può passare
sotto silenzio quest’altra grande protagonista del film: il
compositore de
Il Gladiatore e di
Inception realizza una soundtrack poderosa e ironica,
pungente e coinvolgente. Partendo dai motivi di Sherlock Holmes,
Zimmer arricchisce le partiture, regalando profondità ad ogni scena
e arricchendola con le note del violino gitano o del poderoso
insieme di un’orchestra.
Sherlock Holmes: Gioco di
Ombre è un ottimo film, che non manca certo di difetti, ma
coniugando in maniera eccellente modernità di ripresa, efficacia di
recitazione e tecniche digitali sapientemente utilizzate, riesce a
regalare intrattenimento intelligente, senza rinunciare ad un
messaggio universale, più sussurrato che enunciato, che arricchisce
ulteriormente un film già prezioso.