Benicio del Toro –
Volto inconfondibile, espressione profonda, fascino un po’ oscuro e
talento da vendere. Questo, in breve, il ritratto di un grandissimo
attore dei nostri giorni: Benicio Monserrate Rafael Del Toro, o,
più semplicemente, Benicio Del Toro. Il poliedrico
artista, che ha dato volto e anima a diversi personaggi ambigui,
intensi e spesso sull’orlo del precipizio, dopo un periodo di
relativo silenzio, torna a far parlare di sé e delle sue sfide.
Del Toro, infatti, sarà ospite al
Festival
di Cannes 2012 e, per una volta, non saranno valutate le sue
doti di attore, ma quelle di regista di uno degli episodi del film
7 giorni a la Havana. La carriera di Benicio però, nonostante
adesso sembri al suo apice, non è sempre stata una strada in
discesa. A lungo sottovalutato dalla critica e utilizzato per ruoli
minori dai registi, l’attore è riuscito ad affermarsi
professionalmente solo dopo lunghi anni di gavetta.
Nato nel 1967 a Santurce, Puerto
Rico, resta orfano di madre all’età di 9 anni e, con il padre e il
fratello, si trasferisce in una fattoria della Pennsylvania. Dopo
il liceo si iscrive all’Università della California, a San Diego,
per studiare economia e commercio ed è un corso di recitazione
frequentato durante il primo anno d’università a insinuare in lui
l’amore per il mestiere d’attore. Inizia ad apparire in diverse
rappresentazioni studentesche, una delle quali viene selezionata
per partecipare al festival D’Arti Drammatiche al Lafayette Theatre
di New York. La strada è tracciata: Del Toro si trasferisce nella
Grande Mela ed entra prima nella Square Acting School, poi vince
una borsa di studio per lo Stella Adler Conservatory e infine si
sposta a Los Angeles per approfondire la sua preparazione presso
l’Actor Circle Theatre, grazie al quale ottiene i primi ruoli in
alcune serie televisive.
L’oscuro talento di Benicio
del Toro
Nel 1987 fa una fugace apparizione
in Miami Vice, ma è solo l’anno successivo che avviene il suo
incontro con il cinema. Nel 1988, infatti, debutta sul grande
schermo nel film La mia vita picchiatella di Randal Kleiser con
Pee-wee Herman e Valeria Golino, mentre nel 1989 compare in 007
Vendetta Privata di John Glen. Gli inizi di Del Toro nel mondo del
cinema, almeno fino al 1990, appaiono dunque un po’ miseri e
caratterizzati dall’interpretazione di ruoli marginali, di
contorno. L’occasione di mettersi in luce arriva infatti solo nel
1991 con il primo film diretto da Sean Penn, Lupo Solitario (Indian
Runner). Qui Del Toro conosce Viggo Mortensen e ritrova Valeria
Golino, con cui avrà una relazione fino al 1992. Da questo momento
l’attore riesce a prender parte a diversi film: Milionario per caso
di Ramon Menendez, Uova d’Oro di Juan José Bigas Luna e
Fearless-Senza Paura di Peter Weir, nel 1993; China Moon-Lago di
sangue e Il prezzo di Hollywood nel 1994. I suoi sono ancora ruoli
secondari, di supporto, ma che gli servono per farsi notare.
Nel 1995 l’attore inizia lentamente
a raccogliere i frutti dei suoi sforzi: l’interpretazione del
ricattatore Fred Fenster ne I soliti sospetti di Bryan Singer gli
vale un primo riconoscimento, un Indipendent Spirit Award come
miglior attore non protagonista e, l’anno dopo, il personaggio di
Benny Dalmau nel film Basquiat di Julian Schnabel, gli vale un
secondo Indipendent Spirit Award. Stampa e critica iniziano ad
accorgersi di lui, i registi lo chiamano sempre più spesso e così
la seconda metà degli anni ’90 Del Toro diventa Gaspare Spoglia nel
film Fratelli-The Funeral (1996) di Abel Ferrara, Juan Primo in The
Fan (1996) -dove ha l’occasione di lavorare con De Niro- e il
dottor Gonzo nel discusso Paura e Delirio a Las Vegas (1998) di
Terry Gilliam. Nel frattempo, insieme a
Matthew McConaughey e Valeria Golino, prende parte
alla produzione del cortometraggio Submission, presentato alla
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nel 1995.
La vita sentimentale dell’attore corre parallela alla sua vita
artistica e così, nel 1997, incontra Alicia Silverstone sul set
della commedia Una ragazza sfrenata e si lega a lei per i
successivi due anni.
Solo il nuovo millennio, però, è in
grado di offrire a Benicio Del Toro il successo che merita: nel
2000 l’attore si confronta con il film di denuncia ed è diretto da
Ken Loach in Bread and Roses, per poi interpretare Franky 4 dita,
un accanito scommettitore, nel film di Guy Ritchie The Snatch-Lo
Strappo; ma è il personaggio di Javier Rodriguez in Traffic che gli
farà vincere il Premio Oscar come Miglior attore non protagonista.
Nel capolavoro di Soderbergh, infatti, Del Toro interpeta
magistralmente un poliziotto che cerca di frenare il traffico di
droga sul confine tra Messico e Stati Uniti, un personaggio al
limite tra due mondi, in bilico tra due tensioni. È grazie a
Traffic che il pubblico apre gli occhi su questo attore così
espressivo, così carismatico, talmente capace di guardare dentro i
suoi personaggi da renderli completamente credibili. Da questo
momento le più belle interpretazioni di Del Toro seguono tutte la
medesima sorta di leitmotiv ed egli inizia sempre più spesso ad
incarnare personaggi dalla psicologia complessa, vite disperate e
in bilico tra dannazione e salvezza, santità e perdizione, ordine e
crimine. Il suo talento gli permette di restituire sullo schermo
ogni tipo di esistenza in modo profondo e contemporaneamente
misurato, come se partecipasse davvero alle sofferenze, ai dubbi,
ai turbamenti che lacerano i suoi personaggi.
Così, dopo una partecipazione al
film Le vie della violenza (2001), esordio di Christopher
McQuarrie alla regia e una parte in La
Promessa (2001), terzo lungometraggio di Sean Penn, tra il
2003 ed oggi tutti i ruoli di Benicio Del Toro
hanno contribuito a renderlo un attore sempre più maturo, sempre
più espressivo. Nel 2003 è co-protagonista di The
Hunted-La Preda di William Friedkin e di
21 grammi di Alejandro Gonzalez
Iñarritu. Se nel primo film l’attore diventa Aaron
Hallam, un soldato che, tornato da una missione in Kosovo,
è incapace di reinserirsi nel mondo reale e non riesce a smettere
di uccidere, nel secondo lungometraggio è Jack Jordan, un
ex-detenuto che diventa credente integralista, ma che investe
accidentalmente un padre di famiglia con le sue due figlie. I ruoli
leggeri sembrano quindi non essere tagliati su misura per l’attore
che, due anni dopo, è di nuovo sul grande schermo con un
personaggio controverso nel film tratto dal fumetto di
Frank Miller, Sin City. Il
poliziotto interpretato da Del Toro, Jack Rafferty, è un uomo
corrotto: nonostante il suo distintivo lo identifichi come uomo di
legge, infatti, ha una sua banda e taglieggia i criminali,
impadronendosi dei loro averi.
Ed ecco che, nel 2007, cambia di
nuovo pelle senza perdere la sua cifra stilistica incarnando un
commovente e disperato Jerry Sunborne in
Noi due Sconosciuti di Susanne
Bier. Il suo personaggio è un tossicodipendente che perde
il suo unico amico e che, aggrappandosi alla moglie del defunto,
cerca di liberarsi dalla dipendenza dall’eroina, mentre lei prova a
superare il lutto e il vuoto lasciato dalla scomparsa dell’amato.
Infine nel 2008, diretto ancora una volta da Soderbergh, l’attore
veste i panni del comandante Ernesto Guevara nel film Che, ruolo
che sembra scritto per lui e che gli vale la Palma d’Oro come
miglior attore al Festival di Cannes del 2008. Benicio Del Toro,
infatti, non solo è molto vicino al Che da un punto di vista
fisico, ma è perfetto per incarnare quell’ideale che accetta l’uso
della forza solo per la realizzazione di un mondo migliore. Nel
2010 presta il suo corpo al film Wolfman di Joe
Johnston, remake dell’Uomo Lupo del 1941, dove interpreta un
personaggio diviso tra due tensioni: quella umana e quella
bestiale. Dopo una breve apparizione in
Somewhere (2010) di Sofia Coppola, Del
Toro si è dedicato ad altri progetti, tra cui si possono segnalare
Le Belve di Oliver Stone (uscita prevista
ottobre 2012).
Per il momento, quindi, non resta
che attendere il suo esordio da regista con l’episodio El Yuma
all’interno del film corale 7 giorni all’Havana. Se il suo talento
come regista è anche solo vicino alla sua bravura come attore non
resteremo delusi.