Nel corso dell’estate che segna il
passaggio dalla scuola media al liceo, la scoperta della sessualità
e una realtà sempre più scomoda le porterà verso nuove direzioni,
alcune inaspettate. Stefano Mordini, noto regista
di documentari, dirige e scrive assieme a Giulia
Calenda e Silvia Avallone,
Acciaio, trasposizione di uno dei più grandi
successi letterari italiani degli ultimi anni.
In Acciaio Anna e
Francesca hanno tredici anni e vivono a Piombino, città in cui la
realtà dell’acciaieria Lucchini sembra essere l’unica possibilità
di vita. Sognano un giorno di poter cambiare le loro esistenze, ma
in realtà desiderano soltanto lasciarsi alle spalle una vita fatta
di famiglie spezzate. Al lato opposto c’è Alessio, fratello di
Anna, operaio amante del suo lavoro, saldo nei suoi principi,
innamorato da sempre di Elena, che ritorna in città dopo aver avuto
altre esperienze lavorative, nonostante sia passato tanto tempo, i
due non si sono mai dimenticati.
Acciaio è stato
presentato per la prima volta durante la 69°
Mostra del Cinema di Venezia nelle Giornate degli
Autori e porta sullo schermo la realtà di questa fabbrica
senza però scendere nelle relazioni umane associate a questo
lavoro, molto più forte è la situazione delle due ragazze che si
ritrovano ad attraversare e crescere in questo mondo
operario, soffrendo nel relazionarsi con quest’ultimo e quindi
trovarsi a vivere un “adolescenza a metà potenziale”.
Acciaio punta sulle due esordienti Matilde
Giannini e Anna Bellezza cambiando così lo sguardo e la
profondità che aveva la fabbrica nel libro. Il regista ci tiene a
mostrare la realtà e le domande delle ragazze, però sottovalutando
la realtà in cui vivono i giovani operari toscani e su cui si
basano molte realtà limitrofe riducendo, così, il tono che porta
con sé il libro.
Acciaio, il film
Inoltre poco accennato è il ritorno
sul grande schermo della classe operaia che prende bene le distanze
dall’ideologia politica ed inquadra esclusivamente la vita di
Alessio (Michele
Riondino – Dieci Inverni) un ragazzo (ormai) padre di famiglia
cresciuto con dei valori ed appassionato del suo lavoro, da
apparire quasi un eroe anomalo, perché sembra accontentarsi della
sua vita senza ambizioni, dall’esistenza quasi leggera ma bella
anche se continuamente precaria. Altro personaggio sfuggente e poco
approfondito è Elena (Vittoria
Puccini – Magnifica Presenza) che pur trovandosi in una
situazione privilegiata, lontana dalla fabbrica e della sua vita
dura ne è coinvolta emotivamente, un personaggio che scappa dalla
città e che riflettere troppo velocemente sulle ipotesi di un
futuro che non deve essere per forza altrove. Una donna indecisa e
sbilanciata rispetto alle giovani adolescenti, che sembra non avere
né la forza né il coraggio di decidere della sua vita.
Quindi anche se vediamo la fabbrica
sin dai titoli di testa che con la sua attività incessante cerca di
riflettersi con delle immagini-metafore nelle storie coinvolte
nella pellicola, (il fuoco che plasma la materia prima di
solidificare) queste vite in realtà sono troppo fragili per
sostenere tutto il processo, anche quello del film. Anche se lo
stile e il tono di regia sono delicati e rispettosi senza lasciarsi
andare a banalismi, c’è sempre il rischio del fraintendimento o
della doppia lettura, segnato forse da delle azioni poco incisive
per personaggi così complessi.
Presentato questa mattina a Roma,
Acciaio (tratto dall’omonimo romanzo di
Silvia Avallone) racconta il mondo in
miniatura di Piombino, piccola cittadina nella provincia di
Livorno, che sembra vivere in funzione dell’acciaieria, che ne
scandisce il tempo, la vita e la morte. Presenti alla conferenza,
Silvia Avallone e il regista,
Stefano Mordini, parlano di Piombino come di un
microcosmo, dove anche i giovani sono sospesi a metà tra sogno e
rassegnazione, disincantati nelle loro quasi inesistenti
prospettive di un futuro migliore, piccoli, ma già schiavi della
Fabbrica.
Si parla spesso della crisi
della critica, del problema dello scarso spazio in cui è relegata
sui giornali, e dell’assenza di prospettive. Eppure ogni
giorno nascono
Scrivere una recensione
di Acapulco potrebbe sembrare semplice, data la
natura leggera della serie AppleTV+,
tuttavia sono molte le specifiche che rendono questo prodotto
interessante. La serie, disponibile sulla piattaforma dall’8
ottobre, è creata da Austin Winsberg, Eduardo Cisneros e
Jason Shuman, con Winsberg che è anche showrunner insieme
a Chris Harris.
Acapulco, la trama
Acapulco racconta la
storia del ventenne Máximo Gallardo (Enrique
Arrizon), il cui sogno diventa realtà quando ottiene un
lavoro come cabana boy nel resort più alla moda di Acapulco.
Ben presto si rende conto che il lavoro è molto più complicato di
quanto avesse mai immaginato e che, per avere successo, deve
imparare a gestire contemporaneamente una clientela esigente, un
mentore volubile e una vita familiare complicata, senza perdere la
strada cercando scorciatoie o lasciandosi andare alle tentazioni.
La serie, recitata sia in spagnolo che in inglese, è ambientata nel
1984, con Eugenio Derbez che è voce narrante del
film e interpreta il personaggio principale, Máximo Gallardo, ai
giorni nostri.
Acapulco, il cast
Nel cast, accanto a
Enrique Arrizon, troviamo anche Fernando
Carsa, Damián Alcázar, Camila Perez, Chord Overstreet, Vanessa
Bauche, Regina Reynoso, Raphael Alejandro, Jessica Collins, Rafael
Cebrián, Regina Orozco e Carlos Corona.
Il segreto di questa
serie, come dicevamo all’apparenza così leggera, è proprio il fatto
che attraverso un tono da commedia romantica, riesce a raccontare
di problemi che erano validi negli anni ’80 come oggi:
l’integrazione, la povertà, l’ambizione di migliorare la propria
posizione, i vincoli sociali, le differenze tra ricchi e poveri. La
serie mette sul piatto tutto questo, facendoci affezionare al
Máximo e a tutta la variopinta squadra di personaggi che lo
circonda.
Dalle comparse, sempre
sullo sfondo ad impreziosire la scena, a quelli che sono poi dei
veri e propri coprotagonista, Acapulco crea un mosaico di volti
amici, senza mai mettere in scena dei veri e propri antagonisti, ma
lasciando spazio agli eventi e alle difficoltà quotidiane il
compito di rendere movimentata e interessante la vita di Máximo.
Lui è un giovane romantico e sognatore, ma anche scaltro e leale, e
queste sue doti riusciranno, alla fine, a concedergli la fortuna
che tanto cerca.
Colori pastello e tematiche importanti travestite da
commedia
La serie diventa inoltre
molto riconoscibile grazie a scelte scenografiche e registiche
molto raffinate, con un ambiente sempre immerso in tonalità
pastello e delle inquadrature simmetriche e precise. La serie,
recitata in doppia lingua, è al momento un unicum per Appletv+,
tuttavia rappresenta un esperimento interessante che testimonia la
volontà della piattaforma di differenziare la sua offerta e di
volersi rivolgere al maggior numero di spettatori possibili.
L’amore di Máximo per la
vita e per i suoi sogni rendono tutto il racconto magico, a volte
sospeso, con dei toni quasi da poema cavalleresco, come un “drago”
da combattere e una fanciulla da soccorrere, e il nostro eroe è
sempre la persona giusta al momento giusto. Con uno sguardo al
presente neanche troppo velato, nonostante l’ambientazione
principale negli anni ’80, Acapulco è un piccolo
tesoro da scoprire in streaming su AppleTV+.
Apple
TV+ ha annunciato il ritorno a Las Colinas per la
terza stagione di “Acapulco“!
La serie comedy di successo Apple Original, interpretata e prodotta
dal vincitore di un Emmy e di un SAG-Award Eugenio Derbez, tornerà
con una nuova stagione di 10 episodi, che entrerà in produzione
questa primavera.
«Noi di 3Pas Studios siamo
grati ad Apple TV+, la casa perfetta per “Acapulco”, insieme al
nostro partner di produzione Lionsgate, ai registi, al cast e alla
troupe», ha dichiarato il protagonista e produttore esecutivo
Eugenio Derbez. «Abbiamo sempre creduto che le storie che
raccontiamo sulle nostre comunità e le loro culture possano
conquistare l’affetto del pubblico di tutto il mondo, quindi alzate
l’aria condizionata, sta per diventare ancora più caldo al Las
Colinas Resort».
«Abbiamo visto una risposta di
pubblico travolgente da parte degli spettatori di tutto il mondo
che si sono innamorati di “Acapulco”» ha dichiarato Morgan
Wandell, responsabile della programmazione internazionale di Apple
TV+. «Eugenio, Austin, Ben, Eric, Kim e il talentuoso cast e la
troupe della serie hanno creato uno show che fa stare bene, che
scalda il cuore, che suscita emozioni e risate e non vediamo l’ora
di riproporre tutto questo nella terza stagione».
La seconda stagione di
Acapulco
è stata recentemente definita come “esilarante”, “piacevole”, “un
sogno al neon colorato” ed è stata classificata come uno dei
migliori show di tutto il 2022, raggiungendo un punteggio perfetto
del 100% su Rotten Tomatoes.
La terza stagione di
“Acapulco“,
sarà il momento di riconciliazione con gli errori del passato e di
nuovi entusiasmanti inizi. Nella storia ambientata ai giorni
nostri, il Maximo adulto (Eugenio Derbez) si
ritrova a tornare in una Las Colinas che non riconosce più. Mentre
nel 1985, il giovane Maximo continua la sua scalata al successo,
mettendo potenzialmente a repentaglio tutte le relazioni che ha
faticosamente costruito…
La nuova stagione sarà diretta da
Sam Laybourne (“Lo straordinario mondo di Zoey”,
“Black-ish”). Oltre a Derbez, il cast della serie include
Enrique Arrizon (Máximo Gallardo),
Fernando Carsa (Memo), Damián
Alcázar (Don Pablo), Camila Perez
(Julia), Chord Overstreet (Chad), Vanessa
Bauche (Nora), Regina Reynoso (Sara),
Raphael Alejandro (Hugo), Jessica
Collins (Diane), Rafael Cebrián (Hector),
Carlos Corona (Esteban) e Regina
Orozco (Lupe).
La seconda stagione di “Acapulco”
riprende il filo della prima, raccontando la storia del ventenne
Máximo Gallardo (Enrique Arrizon), il cui sogno
diventa realtà quando ottiene un lavoro come cabana
boy nel resort più alla moda di Acapulco. Nel 1985, Máximo
deve fare i conti con alcuni sconvolgimenti all’interno del resort,
problemi inaspettati a casa e un nuovo rivale in amore che potrebbe
portargli via la ragazza dei suoi sogni. Sotto la guida di Don
Pablo, Máximo si propone di gestire un giorno l’intera attività di
Las Colinas, diventando il braccio destro di Diane. Nel frattempo,
nel presente, il Máximo adulto (Derbez) torna ad Acapulco per fare
pace con la recente scomparsa di Don Pablo, ed è costretto a
confrontarsi con alcune questioni lasciate in sospeso dal giovane
Máximo.
La prima e la seconda stagione di
“Acapulco” sono disponibili in streaming su Apple TV+. Prodotta da
Lionsgate Television, “Acapulco” è ispirata a “How to Be A Latin
Lover” – il film di 3Pas Studios e Pantelion Filmsal che ha
riscosso grande successo al botteghino – ed è prodotta per Apple da
Lionsgate Television, 3Pas Studios e The Tannenbaum Company. La
serie è creata da Austin Winsberg, Eduardo Cisneros e Jason Shuman.
Winsberg (“Lo straordinario mondo di Zoey”) è anche produttore
esecutivo, Chris Harris è lo showrunner ed è anche produttore
esecutivo insieme a Jay Karas (“Abbott Elementary”, “Ghosts”), che troviamo
anche alla regia. Oltre a recitare, Derbez è produttore esecutivo
insieme a Ben Odell e alla co-produttrice Sonia Almanza Gambaro per
conto di 3Pas Studios. Eric e Kim Tannenbaum sono i produttori
esecutivi insieme a Jason Wang per conto di The Tannenbaum
Company.
“Acapulco” si unisce all’offerta di
serie Apple Original di grande successo che hanno recentemente
ottenuto il rinnovo per nuove stagioni, tra cui “Bad Sisters”,
“Surface”, “Trying”, “Physical”, “Loot – Una fortuna”, “Slow
Horses”, “For All Mankind”, “Pachinko”, “The Afterparty”, la
seconda stagione di “Schmigadoon!”, serie vincitrice di un Emmy e
di un AFI Award, la seconda stagione di “Swagger” e la seconda
stagione di “Scissione”, candidata a 14 Emmy.
Apple TV+ ha presentato
oggi il trailer della terza stagione di “Acapulco“,
la comedy bilingue di successo interpretata e prodotta dal
vincitore dell’Emmy e del SAG Award Eugenio
Derbez, in arrivoil 1° maggio con i
primi due episodi seguiti da nuove puntate settimanali,
fino al 26 giugno.
Nella terza stagione di “Acapulco”,
è arrivato il tempo di una riconciliazione con gli errori del
passato e di nuovi entusiasmanti inizi. Nella storia ambientata ai
giorni nostri, il Maximo adulto (Eugenio Derbez) si ritrova a
tornare in una Las Colinas che non riconosce più. Mentre nel 1985,
il giovane Maximo continua la sua scalata al successo, mettendo
potenzialmente a repentaglio tutte le relazioni che ha
faticosamente costruito.
Oltre a Derbez e Arrizon, il cast
della nuova stagione include Fernando Carsa, Damián Alcázar, Camila
Perez, Vanessa Bauche, Regina Reynoso, Raphael Alejandro, Jessica
Collins, Rafael Cebrián, Regina Orozco e Carlos Corona, cui si
aggiungono le guest star Jaime Camil (“Schmigadoon”) e
Cristo Fernandez (“Ted
Lasso”).
Prodotta da Lionsgate Television, “Acapulco” è ispirata a “How
to Be A Latin Lover” – il film di 3Pas Studios e Pantelion
Filmsal che ha riscosso grande successo al botteghino – ed è
prodotta per Apple da Lionsgate Television, 3Pas Studios e The
Tannenbaum Company. Oltre a recitare nella serie, Eugenio
Derbez è produttore esecutivo insieme a Ben Odell. La serie è stata
creata da Austin Winsberg, Eduardo Cisneros e Jason Shuman.
Winsberg è anche produttore esecutivo insieme a Sam Laybourne, che
funge anche da showrunner. Kim ed Eric Tannenbaum e Jaime Eliezer
Karas producono esecutivamente insieme a Jason Wang per conto di
The Tannenbaum Company e Paul Presburger.
Apple TV+ ha presentato il
trailer della quarta e conclusiva stagione di Acapulco,
la comedy bilingue che ha conquistato il pubblico di tutto il
mondo. I primi due episodi debutteranno il 23 luglio sulla
piattaforma, seguiti da un nuovo episodio ogni mercoledì fino al 17 settembre.
Nella quarta stagione, il Máximo del
presente (interpretato da Eugenio Derbez) lavora instancabilmente
per riportare Las Colinas al suo antico splendore prima della
grande riapertura. Nel 1986, quando un hotel concorrente conquista
il primo posto nella classifica annuale dei “Migliori Hotel di
Acapulco”, il giovane Máximo (interpretato da Enrique Arrizon) farà
di tutto per riconquistare il vertice e garantire un futuro a Las
Colinas.
Oltre a Derbez e Arrizon, il cast di
“Acapulco” comprende Fernando Carsa, Rafael Cebrián, Vanessa
Bauche, Camila Perez, Carlos Corona, Chord Overstreet, Regina
Reynoso, Jessica Collins e Regina Orozco. Nella nuova stagione
tornano anche volti noti come Damián Alcázar, Jaime Camil e Cristo
Fernández, cui si uniscono come guest star Keyla Monterroso Mejia e
Omar Chaparro, insieme a Jack McBrayer in un cameo speciale.
Prodotta da Lionsgate Television,
“Acapulco” è ispirata a “How to Be A Latin Lover” – il film di
3Pas Studios e Pantelion Filmsal che ha riscosso grande successo al
botteghino – ed è prodotta per Apple da Lionsgate Television, 3Pas
Studios, Zihuatanejo Productions e The Tannenbaum
Company. Oltre a recitare nella serie, Eugenio Derbez è
produttore esecutivo insieme a Ben Odell. La serie è stata creata
da Austin Winsberg, Eduardo Cisneros e Jason Shuman. Winsberg è
anche produttore esecutivo insieme a Sam Laybourne, che funge anche
da showrunner. Kim ed Eric Tannenbaum producono esecutivamente
insieme a Jason Wang per conto di The Tannenbaum
Company. Jaime Eliezer Karas è produttore esecutivo e regista
della serie, mentre Sonia Gambaro è co-produttrice esecutiva per
3Pas Studios.
Quanto erano mancate le
pareti rosa shocking del resort più amato del Messico e quanto è
confortante tornare a Las Collinas per Acapulco
2, la seconda stagione della serie Apple TV+ che, dopo
una
prima stagione travolgente in cui ha sfoggiato location,
personaggi e storie semplici ma genuine, arriva sulla piattaforma
con un secondo ciclo in cui non solo rivediamo i personaggi che
abbiamo amato, ma ne continua le vicende con un piglio energico,
andando in profondità e mantenendo allo stesso tempo quello spirito
di leggerezza e di “vacanza” che è diventato marchio distintivo
della serie creata da Austin Winsberg, Eduardo
Cisneros e Jason Shuman.
Acapulco 2, dove eravamo rimasti?
Le storie raccontate in
Acapulco 2 prendono le mosse esattamente da dove
si era conclusa la prima stagione: è il primo giorno dell’anno 1985
e tutti si stanno riprendendo da una notte folle. Maximo ha
litigato con Don Pablo e ha scoperto che, Julia, la donna che ama è
ora promessa sposa di Chad, figlio della sua datrice di lavoro e
per questo, per certi versi, suo superiore. Inoltre, l’atmosfera a
casa non è delle più distese tra la madre, Nora, e la sorella,
Sara, che faticano a gestire il loro rapporto e un grande segreto
che la seconda tenta di nascondere alla prima. L’ambizione di
Maximo lo spingerà a fare cose impensate, mentre intorno a lui
tutti i suoi amici e conoscenti sembrano attraversare dei momenti
di cambiamento e presa di coscienza, eventi che cambieranno per
sempre le sorti di tutti.
Mai cambiare una formula
vincente. Questo deve essere stato il criterio guida degli
showrunner di Acapulco 2 che ripropone lo stesso schema della prima
stagione, arricchendo però la portata con qualche nuovo personaggio
e dando profondità agli archi narrativi dei personaggi. E se Maximo
è il carattere più “in vista” e più soggetto a contrastare le maree
avverse, anche gli altri personaggi si addentrano in territori
sconosciuti e acque ignote che rischiano di agitarsi
moltissimo.
Più in profondità, più lontano
Ogni personaggio, in
Acapulco 2, avrà la sua piccola tempesta da affrontare, anche con
discrete difficoltà. Sara dovrà imparare a lottare per se stessa e
per la consapevolezza di sé, mentre Nora dovrà imparare ad
accettare il cambiamento e la diversità, scegliendo l’amore sopra
ogni altra cosa. Julia si troverà a compiere una scelta imprevista
mentre Chad scoprirà che il cammino davanti a sé è tutto da
scoprire. Insomma, nessuno viene lasciato indietro, e mentre Maximo
è comunque il nostro narratore onnisciente, che conduce la storia
dal presente, gli altri personaggi acquistano sempre più spazio e
spessore, con il protagonista che spesso resta in secondo piano per
dare precedenza a tutti gli altri.
Questa alternanza al
timone della serie arricchisce i punti di vista e rende la
narrazione ancora più briosa e avvincente. Così come Las
Collinas è un rifugio di pace e tranquillità, anche
Acapulco 2 si conferma una serie confortevole,
quasi, un prodotto feeling good che ci concede una piccola fuga
dalla realtà, un luogo popolato da personaggi simpatici e da
situazioni tragicomiche che non ci spaventa affrontare. Una fuga,
senza pretese e senza troppe ambizioni, ma proprio per questo
onesta, da una quotidianità monotona.
Ecco la nostra intervista ai
protagonisti di Acapulco 2, la
seconda stagione di Acapulco,
la serie Apple
Tv+ disponibile sulla piattaforma dal 21 ottobre.
Regina Reynoso (Sara), Vanessa
Bauche (Nora), Jessica Collins (Diane) e
Rafael Cebrián (Hector) raccontano i loro
personaggi e la loro avventura sul set della seconda stagione della
serie.
Le storie raccontate in
Acapulco 2 prendono le mosse esattamente da dove
si era conclusa la prima stagione: è il primo giorno dell’anno 1985
e tutti si stanno riprendendo da una notte folle. Maximo ha
litigato con Don Pablo e ha scoperto che, Julia, la donna che ama è
ora promessa sposa di Chad, figlio della sua datrice di lavoro e
per questo, per certi versi, suo superiore. Inoltre, l’atmosfera a
casa non è delle più distese tra la madre, Nora, e la sorella,
Sara, che faticano a gestire il loro rapporto e un grande segreto
che la seconda tenta di nascondere alla prima. L’ambizione di
Maximo lo spingerà a fare cose impensate, mentre intorno a lui
tutti i suoi amici e conoscenti sembrano attraversare dei momenti
di cambiamento e presa di coscienza, eventi che cambieranno per
sempre le sorti di tutti.
Ecco la nostra intervista ai
protagonisti di Acapulco 2, la
seconda stagione di Acapulco
la serie Apple
Tv+ disponibile sulla piattaforma dal 21 ottobre.
Enrique Arrizon (Máximo), Fernando
Carsa (Memo), Camila Perez (Julia) e
Chord Overstreet (Chad) raccontano i loro
personaggi e la loro avventura sul set della seconda stagione della
serie.
Le storie raccontate in
Acapulco 2 prendono le mosse esattamente da dove
si era conclusa la prima stagione: è il primo giorno dell’anno 1985
e tutti si stanno riprendendo da una notte folle. Maximo ha
litigato con Don Pablo e ha scoperto che, Julia, la donna che ama è
ora promessa sposa di Chad, figlio della sua datrice di lavoro e
per questo, per certi versi, suo superiore. Inoltre, l’atmosfera a
casa non è delle più distese tra la madre, Nora, e la sorella,
Sara, che faticano a gestire il loro rapporto e un grande segreto
che la seconda tenta di nascondere alla prima. L’ambizione di
Maximo lo spingerà a fare cose impensate, mentre intorno a lui
tutti i suoi amici e conoscenti sembrano attraversare dei momenti
di cambiamento e presa di coscienza, eventi che cambieranno per
sempre le sorti di tutti.
Jessica Alba,
Lily Gladstone, Greta Lee, Catherine O’Hara e
S.S. Rajamouli, regista di RRR,
sono tra i 487 artisti e dirigenti invitati a unirsi all’Academy of
Motion Picture Arts and Sciences, ovvero la compagnia che vota per
assegnare i premi Oscar.
Con tutte le adesioni previste, i
membri di AMPAS saliranno a 10.910 dai 10.817 dello scorso anno,
con 9.934 membri idonei a votare nei prossimi 97esimi Oscar nel
2025, un aumento rispetto ai 9.375 dello scorso anno. Trai nomi di
casa nostra, spiccano
Jasmine Trinca, Massimo Ceccherini e
Sergio Castellitto.
Actors
Jessica Alba – “Machete,” “Frank Miller’s Sin City”
Erika Alexander – “American Fiction,” “30 Years to Life”
Swann Arlaud – “Anatomy of a Fall,” “Bloody Milk”
Shabana Azmi – “Godmother,” “Arth”
Obba Babatunde – “City of Lies,” “The Manchurian Candidate”
Saleh Bakri – “The Blue Caftan,” “The Band’s Visit”
Stephanie Beatriz – “Encanto,” “In the Heights”
Danielle Brooks – “The Color Purple,” Clemency”
Tia Carrere – “True Lies,” “Wayne’s World”
Sergio Castellitto – “Don’t Move,” “My Mother’s Smile”
Alfredo Castro – “El Conde,” “Tony Manero”
Jason Clarke – “Oppenheimer,” “Zero Dark Thirty”
Kate Del Castillo – “Under the Same Moon,” “American Visa”
Gang Dong-won – “Broker,” “Peninsula”
Lily Gladstone – “Killers of the Flower Moon,” “The Unknown
Country”
Rachel House – “Hunt for the Wilderpeople,” “Boy”
Sandra Hüller – “Anatomy of a Fall,” “The Zone of Interest”
Maeve Jinkings – “Toll,” “Neon Bull”
Greta Lee – “Past Lives,” “Gemini”
Kate Mara – “Megan Leavey,” “The Martian”
Dash Mihok – “Silver Linings Playbook,” “The Thin Red Line”
Catherine O’Hara – “For Your Consideration,” “Best in Show”
Da’Vine Joy Randolph – “The Holdovers,” “Dolemite Is My Name”
Fiona Shaw – “The Last September,” “The Butcher Boy”
Qi Shu – “The Assassin,” “Three Times”
D.B. Sweeney – “Dinosaur,” “Eight Men Out”
Jasmine Trinca – “Fortunata,” “Honey”
Koji Yakusho – “Perfect Days,” “The Blood of Wolves”
Teo Yoo – “Past Lives,” “Vertigo”
Casting Directors
Dixie Chassay – “Dune:
Part Two,” “Poor Things”
Kharmel Cochrane – “Saltburn,” “The Northman”
Angela Demo – “Cha Cha Real Smooth,” “Me and Earl and the Dying
Girl”
Jennifer Euston – “American Fiction,” “Scott Pilgrim vs. the
World”
Rene Haynes – “Killers of the Flower Moon,” “The Revenant”
Gayle Keller – “Bros,” “The King of Staten Island”
Moira Miller – “A Fantastic Woman,” “The Green Inferno”
Masunobu Motokawa – “Perfect Days,” “The Wandering Moon”
Ulrike Müller – “Ghost Trail,” “Scorched Earth”
Elsa Pharaon – “A Silence,” “Holy Motors”
Alejandro Reza – “Noche de Bodas,” “Gringo”
Luis Rosales – “Cassandro,” “Bardo: False Chronicle of a Handful of
Truths”
Limor Shmila – “The Vanishing Soldier,” “The Stronghold”
Rebecca van Unen – “Sweet Dreams,” “Quo Vadis, Aida?”
Chamutal Zerem – “Karaoke,” “Foxtrot”
Cinematographers
Eric Branco – “Story Ave,” “The Forty-Year-Old Version”
Chananun Chotrungroj – “Birth/Rebirth,” “The Trapped 13: How We
Survived the Thai Cave”
Matthew Chuang – “You Won’t Be Alone,” “Blue Bayou”
Andrew Commis – “Blueback,” “Babyteeth”
Ashley Connor – “Polite Society,” “The Miseducation of Cameron
Post”
Josée Deshaies – “The Beast,” “Passages”
Alex Disenhof – “Alice,” “Captive State”
Jomo Fray – “All Dirt Roads Taste of Salt,” “Port Authority”
Damián García – “Jungleland,” “I’m No Longer Here”
Magdalena Górka – “Die in a Gunfight,” “An Ordinary Man”
Ryuto Kondo – “Monster,” “A Man”
Dariela Ludlow Deloya – “A Million Miles Away,” “Prayers for the
Stolen”
Catherine Lutes – “Close to You,” “Mouthpiece”
Aurélien Marra – “L’Homme Debout,” “Two of Us”
Igor Meglic – “Ghostbusters: Frozen Empire,” “Fast X”
Crescenzo Giacomo Notarile – “Bullet,” “Moonwalker”
Sophia Olsson – “Charter,” “Echo”
Yerkinbek Ptyraliyev – “Yellow Cat,” “Karinca”
Jamie Ramsay – “All of Us Strangers,” “Living”
Nanu Segal – “Emily,” “Donkey Punch”
Hidetoshi Shinomiya – “Drive My Car,” “The Town of Headcounts”
Jigme Tenzing – “The Monk and the Gun,” “Lunana: A Yak in the
Classroom”
Ravi Varman – “Japan,” “Ponniyin Selvan: Part Two”
Maria von Hausswolff – “Godland,” “A White, White Day”
Sophie Winqvist – “Clara Sola,” “Pleasure”
Costume Designers
Dave Crossman – “Napoleon,” “1917”
Mario D’Avignon – “Midway,” “Hochelaga, Land of Souls”
Anne Dixon – “The Marsh King’s Daughter,” “The Song of Names”
Jürgen Doering – “Personal Shopper,” “Clouds of Sils Maria”
Leesa Evans – “Always Be My Maybe,” “Bridesmaids”
Gabriela Fernández – “I’m No Longer Here,” “Cantinflas”
Małgorzata Karpiuk – “The Zone of Interest,” “Quo Vadis, Aida?”
Kazuko Kurosawa – “Hara-Kiri: Death of a Samurai,” “Silk”
Ann Maskrey – “The Man Who Knew Infinity,” “The Hobbit: The
Desolation of Smaug”
Mona May – “Enchanted,” “Clueless”
Rama Rajamouli – “RRR,” “Baahubali: The Beginning”
Sheetal Sharma – “Gangubai Kathiawadi,” “Kesari”
Preeyanan “Lin” Suwannathada – “The Creator,” “Buffalo Boys”
Jill Taylor – “Mission: Impossible – Dead Reckoning Part One,” “My
Week with Marilyn”
Mónica Toschi – “A Ravaging Wind,” “Argentina, 1985”
Holly Waddington – “Poor Things,” “Lady Macbeth”
Khadija Zeggaï – “Passages,” “Love Crime”
Directors
Fede Álvarez – “The Girl in the Spider’s Web,” “Don’t Breathe”
Kyle Patrick Alvarez – “The Stanford Prison Experiment,”
“C.O.G.”
Lila Avilés – “Totem,” “The Chambermaid”
Jamie Babbit – “The Stand-In,” “But I’m a Cheerleader”
Minhal Baig – “We Grown Now,” “Hala”
Bahrām Beyzaie* – “When We Are All Asleep,” “Killing Mad Dogs”
Jayro Bustamente – “La Llorona,” “Tremors”
Steven Caple Jr. – “Transformers: Rise of the Beasts,” “Creed
II”
İlker Çatak* – “The Teachers’ Lounge,” “I Was, I Am, I Will Be”
Ayoka Chenzira – “Alma’s Rainbow”
Justin Chon – “Blue Bayou,” “Ms. Purple”
Rima Das – “Tora’s Husband,” “Village Rockstars”
JD Dillard – “Devotion,” “Sweetheart”
Alice Diop – “Saint Omer,” “We”
Sally El Hosaini – “Unicorns,” “The Swimmers”
Leslie Harris – “Just Another Girl on the I.R.T.”
Cord Jefferson* – “American Fiction”
S.S. Rajamouli – “RRR,” “Eega”
Boots Riley – “Sorry to Bother You”
Alex Rivera – “The Infiltrators,” “Sleep Dealer”
A.V. Rockwell – “A Thousand and One”
Juliana Rojas – “Good Manners,” “Necropolis Symphony”
Emma Seligman – “Bottoms,” “Shiva Baby”
Celine Song* – “Past Lives”
Angel Manuel Soto – “Blue Beetle,” “Charm City Kings”
Justine Triet* – “Anatomy of a Fall,” “Sibyl”
Anand Kumar Tucker – “The Critic,” “Leap Year”
David Yates – “Harry Potter and the Deathly Hallows: Part 2,”
“Harry Potter and the Order of the Phoenix”
Susan Youssef – “Marjoun and the Flying Headscarf,” “Habibi Rasak
Kharban”
Documentary
Trish Adlesic – “The ABCs of Book Banning,” “Gasland”
Daniela Alatorre – “A Cop Movie,” “Midnight Family”
Waad Al-Kateab – “We Dare to Dream,” “For Sama”
Anne Alvergue – “The Martha Mitchell Effect,” “Bully. Coward.
Victim. The Story of Roy Cohn”
Raed Andoni – “Ghost Hunting,” “Fix Me”
Alethea Arnaquq-Baril – “Twice Colonized,” “Angry Inuk”
Mila Aung-Thwin – “Let There Be Light,” “Last Train Home”
Tina Baz – “Adolescents,” “Fix Me”
Jorge Bodanzky – “The Amazon, a New Minamata?,” “Third
Millennium”
Moses Bwayo – “Bobi Wine: The People’s President”
Caryn Capotosto – “Little Richard: I Am Everything,” “Won’t You Be
My Neighbor?”
Nadim Cheikhrouha* – “Four Daughters,” “Benda Bilili!”
Mstyslav Chernov – “20 Days in Mariupol”
Michael Collins – “Almost Sunrise,” “Give Up Tomorrow”
Flávia de Souza – “Aftershock,” “Open Heart”
Jeanie Finlay – “Your Fat Friend,” “Seahorse: The Dad Who Gave
Birth”
Beadie Finzi – “Only When I Dance,” “Unknown White Male”
Ellen Goosenberg Kent – “Torn Apart: Separated at the Border,”
“Crisis Hotline: Veterans Press 1”
Sky Hopinka – “Kicking the Clouds,” “Malni: Towards the Ocean,
towards the Shore”
José Joffily – “A Symphony for a Common Man,” “Foreign Soldier”
Rachel Lears – “To the End,” “Knock Down the House”
Rebecca Lichtenfeld – “The Eternal Memory,” “The Nightcrawlers”
Sergei Loznitsa – “Babi Yar. Context,” “Mr. Landsbergis”
Aïcha Macky – “Zinder,” “The Fruitless Tree”
Kara Magsanoc-Alikpala – “Delikado,” “Call Her Ganda”
Elaine McMillion Sheldon – “King Coal,” “Heroin(e)”
Mark Mitten – “A Compassionate Spy,” “Abacus: Small Enough to
Jail”
Vincent Moloi – “Skulls of My People,” “Men of Gold”
Nisha Pahuja – “To Kill a Tiger,” “The World before Her”
Pola Rapaport – “Addicted to Life,” “Broken Meat”
RaMell Ross – “Easter Snap,” “Hale County This Morning, This
Evening”
Ousmane Samassekou – “The Last Shelter,” “The Heirs of the
Hill”
Frédéric Tcheng – “Invisible Beauty,” “Halston”
Jennifer Tiexiera – “Subject,” “P.S. Burn This Letter Please”
Hemal Trivedi – “Among the Believers,” “Saving Face”
Christine Turner* – “The Barber of Little Rock,” “Lynching
Postcards: “Token of a Great Day””
Keith Wilson – “Joonam,” “I Didn’t See You There”
Executives
Salma Abdalla
Cate Adams
Maya Amsellem
Lenora del Pilar Ferrero Blanco
Sasha Bühler
Michelle Byrd
Elaine Chin
Duncan Crabtree-Ireland
Paolo Del Brocco
Gina Duncan
Dan Friedkin
Poppy Hanks
Kate Hurwitz
Iris Knobloch
Tim League
Sasha Lloyd
Harvey Mason Jr.
Daniela Michel
Brittany Morrissey
Brianna Oh
Lejo Pet
Areli Quirarte
Matthew Reilly
Chris Rice
Ben Roberts
Peter Safran
Couper Samuelson
Ellen Stutzman
Fumiko Takagi
Graham Taylor
Emily Woodburne
Kim Yutani
Film Editors
Timothy Alverson – “Halloween,” “Orphan”
Michael Andrews* – “Spider-Man: Across the Spider-Verse,” “Shrek
2”
Qutaiba Barhamji – “Four Daughters,” “Smoke Sauna Sisterhood”
Joseph Charles Bond – “Wildflower,” “The Man Who Knew Infinity”
Victoria Boydell – “Saltburn,” “Rye Lane”
Paul Carlin – “Bobi Wine: The People’s President,” “The Mystery of
D.B. Cooper”
Carlotta Cristiani – “The Inner Cage,” “Daughter of Mine”
Cătălin Cristuțiu – “Do Not Expect Too Much from the End of the
World,” “Poppy Field”
Annette Davey – “Dreamin’ Wild,” “Together, Together”
Amy Foote – “All the Beauty and the Bloodshed,” “The Work”
Keith Fraase – “Past Lives,” “To the Wonder”
Jo Francis – “Memory,” “Charming the Hearts of Men”
Toni Froschhammer – “Perfect Days,” “Pina”
Nassim Gordji-Tehrani – “Rosalie,” “The Wolf’s Call”
Kaya Inan – “My Wonderful Wanda,” “In the Aisles”
Lisa Lassek – “Leave the World Behind,” “Marvel’s The Avengers”
Jaume Martí – “Society of the Snow,” “God’s Crooked Lines”
Rie Matsubara – “The Boy and the Heron,” “When Marnie Was
There”
Mike Munn – “To Kill a Tiger,” “This Is Not a Movie”
Darrin Navarro – “Summering,” “Tallulah”
Mdhamiri Nkemi – “Blue Story,” “The Last Tree”
Hilda Rasula – “American Fiction,” “Vengeance”
Josh Schaeffer – “Godzilla vs. Kong,” “Molly’s Game”
Laurent Sénéchal – “Anatomy of a Fall,” “Onoda: 10,000 Nights in
the Jungle”
Takeshi Seyama – “The Boy and the Heron,” “Spirited Away”
Michelle Tesoro – “Maestro,” “On the Basis of Sex”
Makeup Artists and Hairstylists
Ana Bulajić Črček – “Illyricvm,” “Number 55”
Hildegard Haide – “Run to Ground,” “Extinction”
Karen Hartley Thomas – “Golda,” “The Personal History of David
Copperfield”
Frédéric Lainé – “The Animal Kingdom,” “Benedetta”
Marketing and Public Relations
Michele Abitbol-Lasry
Matt Johnson Apice
Austin Barker
Neil Bhatt
Darnell Brisco
Nasim Cambron
Holly Connors
Mauricio Azael Duran Ortega
Stephen Garrett
Christopher Gonzalez
Andrea Grau
Blair Green
Carlos Alberto Gutiérrez
Lisa Zaks Markowitz
David Ninh
Julien Noble
Gitesh Pandya
Michelle Paris
Elaine Patterson
Lonnie Snell
Ray Subers
Caren Quinn Thompson
Jessica Thurber Hemingway
Vilija Vitartas
Stephanie Wenborn
Music
Michael K. Bauer – “Cassandro,” “The Equalizer 3”
Stephen Bray – “The Color Purple,” “Psycho III”
Anthony Chue – “Man on the Edge,” “G Storm”
Gary M. Clark – “Flora and Son,” “Sing Street”
Marius de Vries – “Navalny,” “CODA”
Jerskin Fendrix – “Poor Things”
Simon Franglen – “Avatar: The Way of Water,” “The
Magnificent Seven”
Jo Yeong-wook – “Decision to Leave,” “Hunt”
Shari Johanson – “Maybe I Do,” “All Together Now”
Emilie Levienaise-Farrouch – “All of Us Strangers,” “Living”
Fabrizio Mancinelli – “Il Viaggio Leggendario,” “The Boat”
Diego Navarro – “The Cuckoo’s Curse,” “The Wasteland”
Martin Phipps – “Napoleon,” “The Princess”
Plínio Profeta – “Desapega!,” “Nosso Sonho”
Philippe Rombi – “Driving Madeleine,” “Joyeux Noël”
David Sardy – “The Beekeeper,” “Zombieland”
Katrina Marie Schiller – “Wonka,” “Black Mass”
Carl Sealove – “Gabby Giffords Won’t Back Down,” “The Human
Trial”
Ryan Shore – “Veselka: The Rainbow on the Corner at the Center of
the World,” “Zombie Town”
Kubilay Uner – “American Traitor: The Trail of Axis Sally,” “Force
of Nature”
Dan Wilson – “American Symphony,” “Love Again”
Producers
Tom Ackerley – “Barbie,” “I, Tonya”
Nadim Cheikhrouha* – “Four Daughters,” “The Man Who Sold His
Skin”
Jay Choi – “The Good the Bad the Weird,” “A Tale of Two
Sisters”
Jennifer Davisson – “Robin Hood,” “Live by Night”
Fernanda De la Peza – “The Hole in the Fence,” “Robe of Gems”
Simón de Santiago – “Regression,” “Agora”
Diana Elbaum – “Hounds,” “Isn’t She Lovely?”
Saïd Hamich Benlarbi – “Deserts,” “Return to Bollene”
Alex Heineman – “Gunpowder Milkshake,” “The Commuter”
Sandra Hermida – “Society of the Snow,” “Un Amor”
John M. Jacobsen – “Trollhunter,” “Max Manus”
David Koplan – “Spirited,” “Papillon”
Ben LeClair – “American Fiction,” “Fair Play”
Tatiana Leite – “Rule 34,” “Loveling”
Agustina Llambí Campbell – “Argentina, 1985,” “The Wild Ones”
Andrew Lowe – “Poor Things,” “Chevalier”
Renata de Almeida Magalhães – “The Great Mystical Circus,” “The
Greatest Love of All”
Kaoru Matsuzaki – “Shoplifters,” “Like Father, Like Son”
Kelly McCormick – “Bullet Train,” “Violent Night”
Sarah Schechter – “My Policeman,” “Free Guy”
Ritesh Sidhwani – “Gully Boy,” “Dil Chahta Hai”
Leslie Urdang – “Rabbit Hole,” “Adam”
Edward Vaisman – “The American Society of Magical Negroes,” “A
Thousand and One”
James Wilson – “The Zone of Interest,” “Under the Skin”
María Zamora – “The Rye Horn,” “Alcarràs”
Production and Technology
Deva Anderson
Keir Beck
Nicholas Bergh
Geoff Burdick
Larry Chernoff
Man-Nang Chong
George Cottle
Eddie Drake
Shauna Duggins
Jonathan Eusebio
Clay Donahue Fontenot
Kyle Gardiner
Barrie Hemsley
Joel C. High
Susan Jacobs
Renard T. Jenkins
Joshua Levinson
Larry McConkey
David James McKimmie
Samantha Jo “Mandy” Moore
Kenny Ortega
Prem Rakshith
Chad Stahelski
David Webb
Woo-Ping Yuen
Production Design
Alain Bainée – “Society of the Snow,” “Official Competition”
Annie Beauchamp – “Swan Song,” “Penguin Bloom”
Ruth De Jong – “Oppenheimer,” “Nope”
Douglas Dresser – “Black Panther: Wakanda Forever,” “Finch”
Emmanuelle Duplay – “Anatomy of a Fall,” “Red Island”
Warren Flanagan – “Sonic the Hedgehog 2,” “Godzilla: King of the
Monsters”
Lorin Flemming – “Guardians of the Galaxy Vol. 3,” “Black Panther:
Wakanda Forever”
Henry Fong – “Army of the Dead,” “A Wrinkle in Time”
Jennifer Gentile – “Blue Beetle,” “Malignant”
Shona Heath – “Poor Things”
Sam Hutchins – “The Greatest Beer Run Ever,” “Joker”
Steven Jones-Evans – “Anyone but You,” “Carmen”
Claire Kaufman – “Oppenheimer,” “White Noise”
Carol Kupisz – “Napoleon,” “Glass Onion: A Knives Out Mystery”
Zsuzsa Mihalek – “Poor Things,” “Atomic Blonde”
Edwin L. Natividad – “Blue Beetle,” “Guardians of the Galaxy Vol.
3”
Till Benjamin Nowak – “Black Panther: Wakanda Forever,” “Black
Panther”
Chris Oddy – “The Zone of Interest,” “King of Thieves”
Jenny Oman – “Mr. Malcolm’s List,” “The Green Knight”
Adam O’Neill – “Chevalier,” “Empire of Light”
James Price – “Poor Things,” “The Iron Claw”
Peggy Pridemore – “Mark Felt: The Man Who Brought Down the White
House,” “Jack Reacher: Never Go Back”
Scott Purcell – “Ambulance,” “A Quiet Place”
Steve Saklad – “Are You There God? It’s Me, Margaret.,” “Barb &
Star Go to Vista Del Mar”
Rick Schuler – “Ant-Man and the Wasp: Quantumania,” “Once upon a
Time…in Hollywood”
Don Shank – “Elemental,” “Luca”
Andrew M. Siegel – “The Fabelmans,” “Birds of Prey and the
Fantabulous Emancipation of One Harley Quinn”
Tom Targownik Taylor – “Stand Up Guys,” “Little Fockers”
Adam Willis – “Killers of the Flower Moon,” “Marriage Story”
Katia Wyszkop – “Peter von Kant,” “Une Jeune Fille Qui Va Bien”
Milena Zdravkovic – “Sonic the Hedgehog 2,” “Ghostbusters:
Afterlife”
Short Films and Feature Animation
Dan Abraham – “Once upon a Studio,” “Planes”
Abigail Addison – “The Debutante,” “I’m OK”
Michael Andrews* – “Spider-Man: Across the Spider-Verse,”
“Megamind”
Brad Booker – “WAR IS OVER! Inspired by the Music of John & Yoko,”
“The Book of Life”
Samuel Caron – “Invincible,” “As Happy as Can Be”
Nazrin Choudhury – “Red, White and Blue”
Sarah Helen Cox – “Heavy Pockets,” “Plain Pleasures”
Louie Del Carmen – “Luck,” “The Star”
Kayla Galang – “When You Left Me on That Boulevard,” “Joan on the
Phone”
Amit R. Gicelter – “Letter to a Pig,” “Black Slide”
Alan Hawkins – “Spider-Man: Across the Spider-Verse,” “The
Mitchells vs. the Machines”
Atsuko Ishizuka – “Goodbye, Don Glees!,” “No Game No Life:
Zero”
Tal Kantor – “Letter to a Pig,” “In Other Words”
Àlex Lora – “The Fourth Kingdom,” “Us”
James Mansfield – “Zootopia,” “Hercules”
Patrick Mate – “Smurfs: The Lost Village,” “Puss in Boots”
Boris Mendza – “Bazigaga,” “Rise of a Star”
Yegane Moghaddam – “Our Uniform,” “On the Cover”
Maral Mohammadian – “Impossible Figures and Other Stories I,”
“Shannon Amen”
Mari Okada – “Maboroshi,” “Maquia: When the Promised Flower
Blooms”
Ryo Orikasa – “Miserable Miracle,” “Datum Point”
Frank Passingham – “Guillermo del Toro’s Pinocchio,” “Kubo and the
Two Strings”
Ülo Pikkov – “’Til We Meet Again,” “Empty Space”
Rebecca Pruzan – “Lovesick,” “Ivalu”
Troy Quane – “Nimona,” “Spies in Disguise”
Vincent René-Lortie – “Invincible,” “The Man Who Traveled Nowhere
in Time”
Carlos Segundo – “Big Bang,” “Sideral”
Pauline Seigland – “One and Thousand Nights,” “Little Hands”
Shuzo Shiota – “Blame!,” “Muybridge’s String”
Justin K. Thompson – “Spider-Man: Across the Spider-Verse,” “Cloudy
with a Chance of Meatballs”
Christine Turner* – “The Barber of Little Rock,” “Lynching
Postcards: “Token of a Great Day””
Theodore Ty – “Nimona,” “Lilo & Stitch”
Chie Uratani – “In This Corner of the World,” “Summer Wars”
Viviane Vanfleteren – “Titina,” “The Secret of Kells”
Atsushi Wada – “Bird in the Peninsula,” “The Great Rabbit”
Virgil Widrich – “Fast Film,” “Copy Shop”
Masaaki Yuasa – “Inu-Oh,” “Mind Game”
Rayka Zehtabchi – “Are You Still There?,” “Period. End of
Sentence.”
Sound
Gina R. Alfano – “Baby Ruby,” “You Hurt My Feelings”
Manfred Banach – “Home Sweet Home – Where Evil Lives,” “John Wick:
Chapter 4”
Stephanie Brown – “Haunted Mansion,” “The Marvels”
Johnnie Burn – “The Zone of Interest,” “Poor Things”
Alexandra Fehrman – “American Fiction,” “Everything Everywhere All
at Once”
Linda Forsén – “Love Lies Bleeding,” “A House Made of
Splinters”
Lee Gilmore – “Dune: Part Two,” “The Batman”
Glynna Grimala – “End of the Road,” “Father Stu”
Loveday Harding – “Heart of Stone,” “The Batman”
Brent Kiser – “The Lionheart,” “Everything Everywhere All at
Once”
Frédéric Le Louêt – “Only 3 Days Left,” “Alibi.com 2”
Steven A. Levy – “Oppenheimer,” “Tenet”
Kate Morath – “The Boys in the Boat,” “Belfast”
Mark Purcell – “Maestro,” “Dune”
Alejandro Quevedo – “Murder City,” “Radical”
David M. Roberts – “The Killer,” “Killers of the Flower Moon”
Shelley Roden – “Elemental,” “Guardians of the
Galaxy Vol. 3”
Jay Rubin – “How to Blow Up a Pipeline,” “Master Gardener”
Ian Voigt – “The Creator,” “The Hustle”
Laura Wiest – “The Boogeyman,” “Sanctuary”
Tarn Willers – “The Zone of Interest,” “Starve Acre”
Linda Yeaney – “The Beekeeper,” “Interstellar”
Visual Effects
Gerardo Aguilera – “Avatar: The Way of Water,” “Avengers: Endgame”
Stephen Hugh Richard Clee – “Avatar: The Way of Water,” “Ant-Man
and the Wasp”
Simone Coco – “Napoleon,” “Mission: Impossible – Dead Reckoning
Part One”
Ian Comley – “The Creator,” “Star
Wars: The Force Awakens”
Tim Dobbert – “The Creator,” “Kong: Skull Island”
Emile Ghorayeb – “Nope,” “Alita: Battle Angel”
Michael Grobe – “Dune: Part Two,” “Fast X”
Trevor Hazel – “The Creator,” “Dungeons & Dragons: Honor among
Thieves”
Tamara Kent – “Rebel Moon: Part One – A Child of Fire,” “The
Flash”
Julius Lechner – “The Batman,” “Spider-Man: Far from Home”
Allan Magled – “Bad Boys for Life,” “Geostorm”
Luc-Ewen Martin-Fenouillet – “Napoleon,” “Cruella”
Raymond McMillan – “Little Children,” “Dracula 2000”
Lori C. Miller – “Nyad,” “Avatar: The Way of Water”
Johnathan Nixon – “Nyad,” “Avatar: The Way of Water”
Tatsuji Nojima – “Godzilla Minus One,” “Ghost Book Obake Zukan”
Rick Walter O’Connor – “Bumblebee,” “A Quiet Place”
Stephane Paris – “The Commuter,” “Guardians of the Galaxy”
Laura Pedro – “Society of the Snow,” “A Monster Calls”
Pietro Ponti – “The Marvels,” “Terminator Genisys”
Kyle Robinson – “The Flash,” “Black Panther”
Kiyoko Shibuya – “Godzilla Minus One,” “Ghost Book Obake Zukan”
Kathy Siegel – “Indiana Jones and the Dial of Destiny,” “Ford v
Ferrari”
Orde Stevanoski – “Smurfs: The Lost Village,” “Alice through the
Looking Glass”
Masaki Takahashi – “Godzilla Minus One,” “Parasyte”
Alexis Wajsbrot – “Guardians of the Galaxy Vol. 3,” “Doctor Strange
in the Multiverse of Madness”
Alex Wuttke – “Mission: Impossible – Dead Reckoning Part One,”
“Jurassic World: Fallen Kingdom”
Takashi Yamazaki – “Godzilla Minus One,” “Parasyte”
Dennis Yoo – “The Batman,” “War for the Planet of the Apes”
Writers
Bahrām
Beyzaie* – “When We Are All Asleep,” “Killing Mad Dogs”
Elegance Bratton – “The Inspection,” “Pier Kids”
Samy Burch – “May December”
Dave Callaham – “Spider-Man: Across the Spider-Verse,” “Shang-Chi
and the Legend of the Ten Rings”
Alessandro Camon – “The Listener,” “The Messenger”
Nicolás Casariego – “Society of the Snow,” “Intruders”
İlker Çatak* – “The Teachers’ Lounge,” “I Was, I Am, I Will Be”
Massimo Ceccherini – “Io Capitano,” “Pinocchio”
Linda Yvette Chávez – “Flamin’ Hot”
Akela Cooper – “M3gan,” “The Nun II”
Gareth Dunnet-Alcocer – “Blue Beetle,” “Miss Bala”
Zeina Durra – “Luxor,” “The Imperialists Are Still Alive!”
Lee Eisenberg – “Good Boys,” “Bad Teacher”
Massimo Gaudioso – “Io Capitano,” “Tale of Tales”
Arthur Harari – “Anatomy of a Fall,” “Onoda: 10,000 Nights in the
Jungle”
David Hemingson – “The Holdovers”
Cord Jefferson* – “American Fiction”
Erik Jendresen – “Mission: Impossible – Dead Reckoning Part One,”
“Ithaca”
Maryam Keshavarz – “The Persian Version,” “Circumstance”
Marc Klein – “Mirror Mirror,” “Serendipity”
Kogonada – “After Yang,” “Columbus”
Tony McNamara – “Poor Things,” “The Favourite”
Rhett Reese – “Ghosted,” “Deadpool”
Tony Rettenmaier – “They Cloned Tyrone,” “Young. Wild. Free.”
Bernard Rose – “Traveling Light,” “Candyman”
Sarah Adina Smith – “The Drop,” “Birds of Paradise”
Celine Song* – “Past Lives”
Gene Stupnitsky – “No Hard Feelings,” “Good Boys”
Takuma Takasaki – “Perfect Days,” “Honokaa Boy”
Juel Taylor – “They Cloned Tyrone,” “Creed II”
Erica Tremblay – “Fancy Dance,” “Heartland: A Portrait of
Survival”
Justine Triet* – “Anatomy of a Fall,” “Sibyl”
Eva Vives – “All about Nina,” “Raising Victor Vargas”
Paul Wernick – “Ghosted,” “Deadpool”
Artist Representatives
Laura Berwick
Eryn Brown
John Carrabino
Hillary Cook
Tim Curtis
Brian Dobbins
Frank Frattaroli
Jay Gassner
Roger Green
Laurent Gregoire
Jermaine Johnson
Theresa Kang
Becca Kovacik
Linda Lichter
Douglas Lucterhand
Devin Mann
Gregory McKnight
Evelyn O’Neill
David Park
Cynthia Lee Pett
Valarie Phillips
Maggie Pisacane
Lindsay Porter
Gretchen Rush
Jodi Shields
Chris Silbermann
Carolyn Sivitz
Gary Ungar
Douglas Urbanski
Steve Warren
Alex Yarosh
Nel 2017 verrà inaugurato l’Academy
Museum a Los Angeles. In preparazione a questo grande evento,
l’Academy tutta sta lavorando ad un riposizionamento del brand che
consenta all’associazione prestigiosa di rinnovarsi pur
conservando. E così, seguendo le linee guida di semplicità e
tradizione, è stato ‘partorito’ il nuovo logo dell’Academy, che
rappresenta a prima vista un triangolo che ha al centro l’iconico
Oscar.
Il video di seguito mostra invece come
è nata l’idea e come in realtà quel triangolo sia un cono di luce
che, intervallato dalla preziosa statuina, dia origine ad una A di
Academy of Motion Picture Arts and Sciences. Come
suggerisce il titolo stesso del video, si tratta di una soluzione
molto semplice:
E’ l’Ansa a comunicare le date legate
alla prossima cerimonia degli Academy
Awards. L’Oscar non dorme mai e dopo essere stato appena
assegnato la sera del 26 febbraio scorso,
Ne resteranno solo cinque. Si
avvicina a grandi passi il 14 gennaio, giorno in cui saranno
annunciate le nomination dell’88esima edizione degli
Academy
Awards. Sedici sono i film d’animazione eleggibili per
il premio, e tutti piuttosto validi, ma solo cinque di loro
giungeranno in finale. Anche se la vittoria quest’anno sembra
abbastanza scontata, dato l’incredibile successo di un certo titolo
Pixar, seguire la stagione dei premi è anche un’ottima occasione
per recuperare film meno popolari, soprattutto tra i candidati
stranieri o indie, tra cui si nascondono veri e propri gioiellini
che spesso hanno una release limitata e rischiano di passare
inosservati.
E di piccoli capolavori da
(ri)scoprire, tra i sedici candidati, ce ne sono sicuramente tanti.
Per aiutarvi a scegliere, ho cercato di stilare un breve profilo
per ognuno di loro concentrandomi sull’accoglienza che hanno
riservato a queste pellicole il pubblico e i critici e sui fattori
che potrebbero giocare a loro favore nella serata del 14
gennaio.
Anomalisa: Forse la grande rivelazione di quest’anno,
Anomalisa è scritto e diretto da
Charlie Kaufman. Il film è nato attraverso una
campagna Kickstarter, è rivolto a un pubblico adulto ed è
realizzato in stop motion, con pupazzi creati tramite stampante 3D.
Nonostante il film debba ancora uscire in America, i giudizi della
critica sono già al 100% positivi su Rotten Tomatoes. La pellicola
ha inoltre vinto numerosi premi, tra cui anche il Gran Premio della
Giuria alla 72esima Mostra del cinema di Venezia.
Boy And The World:
La tranquilla esistenza del piccolo Cuca viene sconvolta dalla
partenza di suo padre per la città, evento che lo spingerà a
partire per un’avventura. Boy and the
World viene dal Brasile ed è stato prodotto nel 2013,
ma solo quest’anno sarà distribuito in America e potrà dunque
concorrere nella stagione dei premi. Acclamato da vari festival
(tra cui il festival dell’animazione di Ottawa e quello di Annecy),
il film ha conquistato il pubblico specialmente per i suoi colori e
il suo stile semplice ma emozionante.
Home: L’unica
uscita DreamWorks del 2015 aveva una grossa responsabilità alle
spalle: salvare lo studio in un momento di difficoltà economica.
Fortunatamente tutto è andato per il verso giusto e con più di 170
milioni incassati, Home è stato un
discreto successo. Forse il film non sarà rimasto nei cuori degli
spettatori, ma si è rivelato una piacevole visione senza troppe
pretese. Quanto alla critica, il parere è generalmente negativo: su
Rotten Tomatoes non raggiunge neanche il 50% di recensioni
positive.
Hotel
Transylvania 2: Dopo l’inaspettato successo del primo
capitolo,
Hotel Transylvania 2 ha stupito di nuovo la Sony
Pictures con il risultato ottenuto al box office. Questa è la prova
di come il film sia stato in grado, negli anni, di costruirsi un
fandom molto appassionato e fedele. La critica non è stata
altrettanto entusiasta del sequel. Non sono stati apprezzati il
tipo di comicità e la scarsa originalità della trama, che aggiunge
poco e nulla a quella del primo film.
Il viaggio di Arlo: L’ultima fatica Pixar sembra aver
diviso in modo netto sia il pubblico che la critica. C’è chi lo
considera un film emozionante, intimo e coinvolgente e chi invece è
rimasto insoddisfatto dall’intreccio molto lineare e privo di
originalità. Il box office purtroppo non contribuirà alla causa di
Arlo: il film si è rivelato il primo vero flop della Pixar. Se
l’Academy deciderà di premiare questo studio, è molto probabile che
scelga l’altro lungometraggio del 2015, Inside Out.
Inside Out: Con il favore più totale sia del pubblico
che della critica e un ottimo riscontro al box office, il cartoon
Pixar diretto da Pete Docter è già il favorito in questa stagione
dei premi. Il mix di originalità, creatività e storytelling condito
con l’abilità di emozionare e commuovere in perfetto stile Pixar ha
proiettato la pellicola nell’Olimpo dei lungometraggi della casa di
Emeryville. Sicuramente l’Academy non resterà impassibile davanti a
un tale successo…
Minions:Minions è il più grande successo animato
del 2015 insieme a Inside Out. La sua
campagna promozionale è stata capillare, e l’Academy sembra avere
una certa simpatia per il franchise di Cattivissimo Me: l’anno
scorso, il secondo capitolo della saga ottenne una nomination a
fronte del suo incredibile successo. Il gradimento generale sembra
invece non corrispondere ai grandi incassi: solo il 50% degli
spettatori di Rotten Tomatoes hanno apprezzato e recensito
positivamente Minions.
Moomins On The
Riviera: Questa pellicola indipendente è una
collaborazione tra Francia e Finlandia tratta dalla comic strip di
Tove e Lars Jansson. Il fumetto (a cui il film d’animazione si
dimostra molto fedele) è incentrato sui Moomin, una famiglia di
buffi esserini vagamente somiglianti a piccoli ippopotami. Nel
tempo questi popolari personaggi sono stati protagonisti anche di
una serie di libri, di speciali tv e di film. Questo, in
particolare, è un tributo ai 100 anni dalla nascita del creatore
Tove Jansson.
Quando c’era
Marnie: L’emozionante storia di Anna e Marnie ha un
fattore decisivo dalla sua parte: potrebbe essere l’ultimo film
dello Studio Ghibli. La casa di produzione ha infatti deciso di
prendersi una pausa a causa di problemi economici e della mancanza
di un nuovo leader, dopo l’addio del Maestro Hayao Miyazaki. Quando
c’era Marnie è diretto da Hiromasa Yonebayashi, già apprezzato per
il suo Arrietty. Con un bel 90% su Rotten Tomatoes, il film ha
tutte le carte in regola per ottenere la nomination.Regular
Show: Una produzione dei Cartoon Network Studios tratta
dall’omonima serie tv di fantascienza. Il film ha debuttato
direttamente in televisione e poi in DVD, ma è stato proiettato
anche al cinema per un periodo di tempo limitato così da poter
essere candidato per la stagione dei premi. Come per il film di
Spongebob, sarà tuttavia difficile per questa pellicola rientrare
nella cinquina dei nominati, nonostante sia generalmente
piaciuto.
Shaun the Sheep:
Quasi tutti i film della Aardman hanno ottenuto la nomination
all’Oscar come Miglior film animato, persino in casi di scarso
apprezzamento al box office, come accadde per Pirati!. Potrebbe
essere questo il caso di Shaun – Vita da
Pecora. A causa probabilmente della scarsa
distribuzione il film non è stato un successo in termini di incassi
negli Stati Uniti; tuttavia su Rotten Tomatoes è saldo al 99% di
recensioni positive, tra le più alte di tutti i titoli in gara.
The Boy and the
Beast: Diretto da Mamoru Hosoda, The Boy and the Beast
vede protagonista Kyuta, un ragazzino che dopo essersi smarrito si
ritrova inspiegabilmente in una dimensione parallela dove sarà
allevato da un uomo-orso, Kumatetsu. Nonostante le critiche
positive, che lo hanno definito “la versione giapponese del Libro
della Giungla”, sarà difficile per questa pellicola nipponica
finire in nomination, specialmente data la presenza dello Studio
Ghibli con Quando c’era Marnie.
The Laws Of The
Universe–Part 0: Il terzo anime nella lista dei candidati
è un’opera di fantascienza incentrata su cinque ragazzi che
scoprono che tra i loro compagni di scuola si nascondono degli
alieni. Tra le tre proposte giapponesi è sicuramente quello con
meno probabilità di ottenere la nomination.The Peanuts
Movie: L’ambizioso progetto che voleva riportare sotto le
luci della ribalta i personaggi di Charles Schulz si può dire tutto
sommato riuscito. Il giudizio positivo non è stato tuttavia
unanime: tra le critiche troviamo la poca fedeltà al vero spirito
dei Peanuts e i toni forse troppo “kid-friendly”. Apprezzatissimo
invece il design in CGI che è riuscito a ricreare perfettamente sul
grande schermo il tratto che caratterizza i disegni originali.
The Prophet:
Ispirato all’omonima raccolta di poesie di Kahlil Gibran, The
Prophet è un vero e proprio calderone di talenti. Diversi registi e
animatori si sono occupati dei vari segmenti che lo compongono, con
Roger Allers a fare da supervisore al tutto. Tra gli artisti
coinvolti ci sono i fratelli Brizzi, Tomm Moore, Bill Plympton e
molti altri ancora. Le recensioni hanno promosso l’animazione e
l’arte del film, mentre la trama ha ricevuto reazioni più tiepide,
forse legate alla disomogeneità dei diversi segmenti.
The Spongebob
Movie: Il film sulla simpatica spugna di mare ha saputo
mescolare in modo intelligente animazione tradizionale, CGI e live
action ottenendo ottimi risultati: l’incasso è stato migliore del
precedente film (risalente al 2004) e le recensioni sono state
generalmente positive (si attesta al 79% su Rotten Tomatoes).
Tuttavia, in mezzo a tante uscite provenienti da studi più
importanti, non sarà facile per questo prodotto derivato da una
serie tv spuntarla sugli altri candidati.
Per quanto mi riguarda, ritengo
abbastanza scontata la vittoria di Inside Out, mentre tra gli altri
titoli che mi piacerebbe recuperare ci sono sicuramente Anomalisa
(mi incuriosisce il fatto che il regista abbia scelto di
finanziarlo tramite Kickstarter proprio per non subire le ingerenze
del consiglio di amministrazione di uno studio) e Quando c’era
Marnie (che, purtroppo, ho perso quando era al cinema).
E voi? Quali sono i titoli che vi
interessano di più?
Dopo il
film del 2012 di Stefano Sollima, il
romanzo di Carlo Bonini trova una nuova
forma nella serieACAB,
disponibile su Netflix dal 15
gennaio. Un ambizioso e asciutto tentativo di trasporre il potente
immaginario dell’omonimo romanzo in sei episodi intensi, brutali,
ma aperti a porre (e a porsi) domande sulla “zona grigia”
dell’animo umano.
Prodotta
da Cattleya, parte di ITV
Studios, questa nuova versione, che segue il racconto di
Sollima, si muove tra narrazione sociale e introspezione
psicologica, senza mai risparmiarsi nella rappresentazione della
violenza e delle contraddizioni delle forze dell’ordine, in un
tentativo, più o meno a fuoco, di isolare anche i singoli dal
gruppo e di raccontarli nella loro umana quotidianità.
La storia di ACAB – la
serie
Ambientata tra
i tumultuosi scontri in Val di Susa, la serie
si apre con un episodio che mette subito in chiaro le sue
intenzioni. La squadra del Reparto Mobile di Roma, soprannominata
semplicemente “Roma”, perde il suo capo durante una notte di feroce
conflitto. Questo evento destabilizzante pone le basi per il
racconto, che esplora le dinamiche interne di un gruppo forgiato
dall’uso di metodi estremi e dall’affiatamento
cameratesco. Marco
Giallini, nei panni dell’ispettore Ivano Valenti detto
“Mazinga” (lo stesso del 2012), incarna perfettamente il veterano
indurito dagli anni, mentre Adriano
Giannini interpreta Michele Nobili, il nuovo
comandante, simbolo di una visione riformista e umano/razionale, in
netto contrasto con quella tradizionale della squadra.
“Roma” non è solo una
squadra, ma una famiglia che si regge su un precario equilibrio di
omertà, violenza e sopravvivenza. Ogni personaggio porta con sé un
bagaglio di fallimenti personali che si riflette nel lavoro:
relazioni tossiche, solitudine e traumi
irrisolti. Valentina Bellè, che interpreta l’agente
Marta Sarri, introduce un elemento di novità nella squadra,
rappresentando una nuova generazione di poliziotti, con tutte le
difficoltà di adattamento in un contesto così ostile. Come sempre
negli ultimi anni, Bellè brilla per intensità e interpretazione,
pure senza sfuggire al cliché in cui la intrappola la sceneggiatura
stessa.
Un equilibrio tribale
minacciato dalla razionalità
L’equilibrio del gruppo è
minacciato dall’arrivo di Nobili, il comandante proveniente dalla
Senigallia, squadra soprannominata “rosa” per i suoi metodi meno
brutali. Questo contrasto ideologico tra una visione riformista e
la tradizione della “mano pesante” è il cuore pulsante della serie.
Mentre Nobili combatte il modus operandi della sua nuova squadra
deve anche confrontarsi con la sua personale discesa all’Inferno,
che potrebbe portarlo ad abbracciare quella “mano pesante” dalla
quale tanto prova a distanziarsi. Con questa umanità rovinata in
gioco, la serie cerca di riflettere sul dilemma centrale di ogni
ordine democratico: dove finisce l’esercizio legittimo della forza
e dove inizia l’abuso di potere?
La buona regia
di Michele Alhaique si distingue per il
suo approccio crudo e realistico. Siamo lontanissimi dai prodotti
“per la televisione” che facevano a meno di effetti visivi e
virtuosismi, qui la qualità del prodotto è alta e tutte le
maestranze in campo contribuiscono alla realizzazione di un
prodotto cinematograficamente valido. Gli scontri in
Val di Susa sono rappresentati con un’intensità quasi
documentaristica, catturando la violenza in tutta la sua brutale
immediatezza. Sassi, lacrimogeni, petardi e scudi diventano
strumenti narrativi che trascinano lo spettatore nel caos. Le scene
d’azione non sono mai fini a se stesse, e vengono sfruttate per
sottolineare la disumanizzazione che inevitabilmente accompagna la
gestione del disordine pubblico.
Il viaggio nel privato
di ACAB
Parallelamente, la serie
scava nelle vite private dei protagonisti, rivelando un mondo di
miserie quotidiane. Questa dimensione intima, che si alterna ai
momenti di violenza collettiva, offre un ritratto umano e complesso
dei poliziotti, senza mai cadere nella trappola della
giustificazione o della condanna unilaterale. Non si salva nessuno,
e nessuno si redime, tutti sono messi in discussione e il giudizio
rimane sospeso.
La writers room
di ACAB, costituita da Carlo
Bonini, Filippo Gravino, Elisa Dondi, Luca
Giordano e Bernardo Pellegrini,
si esercita in una danza tra pubblico e privato, tra incertezza,
dubbio e dolori privati e granitica convinzione pubblica,
nell’esercizio del proprio ruolo. Ognuno dei personaggi ha una
ferita privata che si riverbera in qualche modo sul pubblico, senza
che questo privato doloroso venga raccontato come una
giustificazione alla violenza. L’equilibrio è delicato e se in
parte riesce, non evita nessuno dei cliché che incontrano lungo la
strada.
Ed ecco che gli ACAB sono
soli, estraniati dai figli, con un passato violenti, con traumi
indicibili. Probabilmente non era nell’interesse della scrittura
sorprendere o proporre personaggi in qualche modo nuovi, anche se
all’ennesima svolta prevedibile, il sospetto di scelte dettate
dalla pigrizia prende piede. Per fortuna questo difetto non si
riscontra nella struttura dei dialoghi, diretti e brutali, che
rispecchiano fedelmente le tensioni e le contraddizioni di un
ambiente così complesso.
L’influenza del contesto
storico e sociale
Uno degli aspetti più
interessanti della serie è il suo legame con il contesto storico e
sociale. Il romanzo e il film originale erano stati fortemente
influenzati dal massacro della Diaz e dal G8 di Genova, ma la serie
si aggiorna al presente, mostrando come le dinamiche di violenza e
protesta siano cambiate negli ultimi anni. L’inserimento della
figura femminile di Marta e la rappresentazione di un reparto
mobile alle prese con un nuovo “autunno caldo” conferiscono alla
narrazione una dimensione di attualità e inclusività. Le forze
dell’ordine sono cambiate nella forma, ma la sostanza rimane sempre
quella.
L’intento di elaborare
quelle “zone grigie” a cui si accennava all’inizio della recensione
di ACAB viene solo parzialmente
compiuto, la mancanza di un vero e proprio effetto sorpresa e la
mancanza di uno sviluppo coerente e omogeneo per tutti i personaggi
della squadra sembrano denotare una certa fretta nelle scelte
narrative, un taglio dei protagonisti che non giova certamente al
racconto corale che sarebbe dovuta essere questa serie. Anche se il
valore produttivo, le interpretazioni e la messa in scena
rendono ACAB una serie da tenere
d’occhio, il mancato approfondimento e la conseguente fallita
problematizzazione del tema la rendono forse riuscita a metà,
soprattutto in un contesto storico e politico dove i tanto
condannati metodi dei protagonisti sembrano caldeggiati e
sponsorizzati da chi invece dovrebbe tutelare la pace e il
rispetto.
Il prossimo 27 Gennaio esce nelle sale
italiane ACAB per la regia di Stefano
Sollima. Il film è tratto dal libro del giornalista
di Repubblica Carlo Bonini, che ha seguito le gesta della celere
dai tempi del G8 di Genova, fino alle conseguenze dell’omicidio di
Gabriele Sandri, il tifoso della Lazio ucciso da un colpo di
pistola di un poliziotto in una stazione di servizio sulla strada
per una trasferta, evento di alcuni anni fa che insieme agli altri
aveva fatto spostare l’attenzione sull’uso della forza, e delle
armi in dotazione, a volte in maniera spropositata dei tutori
dell’ordine. Stefano Sollima, il regista della serie
Romanzo Criminale, è alquanto adatto a portare
sugli schermi il racconto della vita e carriera dei tre celerini
Mazinga (Marco Giallini), Cobra (Pierfrancesco Favino) e Negro
(Fillipo Nigro) che si trovano ad educare alle
loro maniere il giovane Adriano appena arrivato nel loro
reparto. Il film quindi sembra voler seguire lo stile che ha
contraddistinto la serie tv, anche con il cast, in cui appare anche
Andrea Sartoretti, Bufalo in Romanzo Criminale e anche dallo stile
di ripresa: macchina a mano, linguaggio diretto, scene anche molto
dirette e crude. E vedremo anche se il punto di vista del film
prenderà una posizione rispetto al racconto. Interessante anche il
tipo di promozione che la pellicola sta avendo, improntata molto
sul social network, con una pagina Facebook e addirittura un
profilo twitter.
Il trailer ufficiale del film
“A.C.A.B. (All Cops Are Bastards)” di Stefano Sollima, con Pierfrancesco Favino, Filippo Nigro,
Andrea Sartoretti e Marco Giallini. Ulteriori info nella nostra
Scheda-Film
Dopo anni di rumors, finalmente sono
iniziate le riprese di Ab Fab: The Movie
(Absolutely Fabulous), film con uscita prevista nel 2016
con Jennifer
Saunders e Joanna Lumley,
pronte a riprendere i ruoli che le hanno rese celebri della serie
TV della BBC. Si girerà in Francia per sette settimane, lungo la
costa azzurra.
A dirigere il progetto il
regista Mandie
Fletcher (Blackadder, Absolutely
Fabulous), nel resto del casto anche Kim Kardashian West, Joanna Lumley, Julia
Sawalha, Kate Moss e Jane Horrocks.
Vi presentiamo di seguito il trailer
del film Absolutely Anything del
regista Terry Jones. Il film, annunciato nel
2010, ha come protagonista Simon Pegg e vede la
partecipazione di molti dei membri superstiti di Monty
Python, tra cui John Cleese, Terry Gilliam,
Michael Palin e Jones stesso.
https://youtu.be/hoQgjdL4uWg
Purtroppo per gli appassionati di
Python, Eric Idle (l’unico altro membro del gruppo al di fuori del
defunto Graham Chapman) è fuori dal progetto, ma la produzione
coinvolgerà anche altri attori quali Kate Beckinsale, Robin Williams, Sanjeev
Bhaskar, Eddie Izzard e Joanna
Lumley. Jones ha scritto la sceneggiatura di
Absolutely Anything al fianco Gavin Scott
(The Borrowers, Small Soldiers). La trama segue un maestro
di scuola (Pegg), a cui viene dato l’incredibile potere di rendere
ogni desiderio reale grazie ad un gruppo di alieni (doppiato dai
Python). Williams sarà la voce del cane del personaggio di Pegg,
Dennis, con la Beckinsale che, invece, interpreta sua moglie.
Vi presentiamo di seguito il poster
del film Absolutely Anything del
regista Terry Jones. Il film, annunciato nel
2010, ha come protagonista Simon Pegg e vede la
partecipazione di molti dei membri superstiti di Monty
Python, tra cui John Cleese, Terry Gilliam,
Michael Palin e Jones stesso.
Purtroppo per gli appassionati di
Python, Eric Idle (l’unico altro membro del gruppo al di fuori del
defunto Graham Chapman) è fuori dal progetto, ma la produzione
coinvolgerà anche altri attori quali Kate Beckinsale, Robin Williams, Sanjeev
Bhaskar, Eddie Izzard e Joanna
Lumley. Jones ha scritto la sceneggiatura di
Absolutely Anything al fianco Gavin Scott
(The Borrowers, Small Soldiers). La trama segue un maestro
di scuola (Pegg), a cui viene dato l’incredibile potere di rendere
ogni desiderio reale grazie ad un gruppo di alieni (doppiato dai
Python). Williams sarà la voce del cane del personaggio di Pegg,
Dennis, con la Beckinsale che, invece, interpreta sua moglie.
Shudder e RLJE Films stanno
lavorando a un adattamento di Abraham’s Boys di
Joe Hill, e il primo trailer e
poster sono già stati pubblicati online.
Basato sul racconto di Hill tratto
dalla sua antologia 20th Century Ghosts, Abraham’s Boys: A
Dracula Story vede Abraham Van Helsing (Titus
Welliver) condurre una vita appartata, lontano dagli
orrori del suo leggendario passato da cacciatore di vampiri,
insieme alla moglie e ai figli.
Quando la moglie di Abraham
(Jocelin Donahue) – che a quanto pare il vecchio
professore ha finito per sposare Mina Murray/Harker dopo gli eventi
del romanzo di Bram Stoker – inizia a manifestare un comportamento
molto strano, Van Helsing deve confessare ai figli la sua storia
con il famigerato conte della Transilvania. Secondo la sinossi
ufficiale: “Max e Rudy Van Helsing hanno trascorso la loro vita
sotto il rigido e iperprotettivo governo del padre, Abraham. Ignari
del suo oscuro passato, faticano a comprendere la sua paranoia e il
suo comportamento sempre più imprevedibile. Ma quando iniziano a
scoprire le violente verità dietro la storia del padre con Dracula,
il loro mondo va in frantumi, costringendoli ad affrontare la
terrificante eredità che non avrebbero mai dovuto
ereditare.”
Dracula appare a un certo punto del
film, anche se ne abbiamo solo una vaga visione sfocata sullo
sfondo (assomiglia un po’ a Kurt Barlow di Le notti di Salem di
Tobe Hooper).
Da tempo vi stiamo
aggiornando sul curioso progetto che vede Tim Burton in veste di
produttore e si occupa di raccontare le gesta leggendarie di
Abraham Lincoln in veste di cacciatore di vampiri.
Dopo la parentesi
fanciullesca con Le avventure di Tintin – Il segreto
dell’Unicorno e War Horse, Steven Spielberg torna alla regia dei
film storici. Schindler’s List e Salvate il
Soldato Rayan hanno dimostrato come il regista sapesse
trattare argomenti quali la shoah e la Seconda Guerra Mondiale
vincendo persino l’Oscar. Ma il lavoro che c’è dietro
Licoln è un percorso diverso intrapreso con
Il Colore Viola (1985) seguito poi con
Amistad (1998) che va a concludere il discorso sulla
trilogia abolizionista, altro tema caro al regista.
Una commedia nera in salsa aioli,
l’intingolo che fa litigare le coppie. Un gazpacho sballato, come
quello di Donne sull’orlo di una Crisi di Nervi,
che mescola generi cinematografici e cita tanti autori, da
Alex De La Iglesia a PedroAlmodovar, ma anche in maniera bizzarra e
irriverente lo Scorsese di Taxi
Driver, o ancora La Febbre
del Sabato Sera eL’esorcista. O
come la definisce il regista Pablo Berger,
Abracadabra è una commedia ipnotica.
In un barrio popolare alla
periferia di Madrid, Carmen e Carlos portano avanti in maniera
stanca e senza un via di uscita il loro matrimonio. Hanno una
figlia adolescente, fissata con Madonna e dai modi alquanto veraci.
Carlos è un autentico bifolco, che fa del calcio una ragione di
vita e che non degna Carmen neanche di uno sguardo. Lei è una bella
donna, devota al marito, ma avrebbe certamente sognato una vita
completamente differente. Un giorno, obbligato dalla moglie a
partecipare a un matrimonio, Carlos si sottopone ad un esperimento
di ipnosi. Si offre volontario per beffarsi del cugino di Carmen,
Pepe, da sempre invaghito della donna e mentalista dilettante.
Durante lo spettacolo però succede
qualcosa di totalmente imprevisto, che movimenterà non poco
la grigia esistenza di Carlos, Carmen e Pepe.
Pablo Berger è
tra i nuovi registi spagnoli da tenere attentamente d’occhio. Il
suo Blancanieves (2012), vincitore di dieci premi Goya,
era un vero gioiello cinematografico, diverso dalle tante altre
trasposizioni della fiaba dei Grimm. Completamente muto, con i
sette nani toreri, in un bianco e nero annegante, che ricordava i
chiaroscuri della Quinta del Sordo di Goya o le sue incisioni.
Originale e colto, con riferimenti e suggestioni che andavano da
Louis Bunuel a Guillermo del
Toro.
Con Abracadabra
Berger spiazza, perché la confezione è apparentemente assai simile
a molte pellicole di Alex De La Iglesia, come
La Comunidad o Crimen Perfecto. D’altronde aveva
esordito proprio al fianco di De La Iglesia. Però
mantiene poi una sua straniante originalità e organizza la baraonda
cafona dei tanti personaggi con eleganza, puntellando il grottesco
con inquadrature che lasciano interdetti, composte con una
prospettiva particolare, una simmetria ricercata, inusuale a una
commedia; arriva addirittura a inserire dei time-lapse sul traffico
caotico di Madrid, per dare un’idea visiva dello scorrere del
tempo.
Abracadabra è
pieno di trovate e invenzioni bislacche, come i churros cosparsi di
zucchero che divengono oggetto del desiderio, le mutande di
superman infilate a forza ad un
moribondo, la coppia erotomane che ricostruisce fedelmente le
esposizioni dell’Ikea, l’agente immobiliare che inscena
l’agghiacciante ricostruzioni di un omicidio.
Gli attori sono azzeccatissimi, ben
concertati e caratterizzati alla perfezione, sia nei volti che
nell’abbigliamento e sono inseriti in un contesto kitsch ormai
divenuto stilema di una nuova onda di commedia grottesca iberica.
Maibel Verdù spicca su tutti e riesce ad alternare una
gamma infinita di registri recitativi, muovendosi con naturale
disinvoltura dalla commedia al dramma, tuffandosi a capofitto anche
nel sovrannaturale, senza mai perdere di credibilità.
Abracadabra è una
baraonda chiassosa e colorata, che diverte etiene incollati allo
schermo, talmente assurda e imprevedibile da non lasciare mai nulla
per scontato. È autentico cinema “cabrón”, e funziona!
About Face – Dietro il Volto di una
Top Model – Che cosa si cela dietro ai volti impassibili delle
modelle in passerella? Quali vite scorrono dentro i corpi scultorei
che tutte (o quasi) le comuni mortali invidiano? Quali pensieri,
speranze e paure vorticano nelle teste di chi si è sempre
guadagnato da vivere solo grazie al proprio, perfetto, involucro
esteriore?
About Face – Dietro il Volto di una
Top Model (About Face: The Supermodels, Then and Now),
documentario diretto dal fotografo Timothy
Greenfield-Sanders e presentato al Sundance Festival 2012,
sembra proprio nascere per tentare di rispondere a queste domande.
E le risposte, vaghe, incerte, plurali, arrivano proprio dalle
dirette interessate: (ex-)modelle che, ormai lasciatesi alle spalle
il momento di maggior fama, si fermano a riflettere sul loro lavoro
e sul loro passato e che, incalzate da un regista silenzioso, si
raccontano. Il risultato è un film corale che riesce a non cadere
nelle trappole della retorica né del buonismo ma che, al tempo
stesso, sceglie deliberatamente di non sostenere alcuna tesi.
About Face – Dietro il Volto di una Top Model, il film
Personalità del calibro di
Isabella Rossellini, Carol Alt,
Marisa Berenson, Karen Bjornson,
Carmen Dell’Orefice e molte altre, vengono
intervistate singolarmente e hanno l’opportunità di dire ciò che
pensano in fatto di invecchiamento, chirurgia estetica e bellezza,
senza che le loro parole vengano piegate o distorte al servizio di
un’idea.
Emerge così un ritratto composito,
sfaccettato e piuttosto fedele di ciò che è (o almeno era) una
modella: una donna con dei sogni di gloria, delle vanità, delle
pretese di successo, ma, contemporaneamente, una donna “normale”,
che desidera sopra ogni cosa una famiglia, dei figli e
un’indipendenza economica. Vedere e sentire le testimonianze “senza
trucco” di queste donne, però, ha un effetto imprevisto e
straniante: più si svelano, infatti, più le loro vite sembrano
simili a quelle delle persone comuni. Perfino il tono con cui
parlano della vita in tournée tra feste, droga e incontri con
artisti e persone eccezionali, lascia trapelare, più che un amore
spassionato per il loro mestiere, un’immensa nostalgia per la loro
gioventù. E forse, ciò che colpisce maggiormente nel film di
Sanders, è che non c’è nemmeno tanta differenza tra ascoltare loro
o una qualunque madre o nonna immersa nei ricordi del passato.
About Face – Dietro il
Volto di una Top Model in questo senso ha quindi un
immenso pregio, poiché squarcia quel velo di mistero e quell’aura
di inavvicinabilità che il mondo della moda impone, per mostrare
ciò che una modella è realmente: una donna, molto bella sì, ma in
fondo uguale a tutte le altre. Film interessante che fa capire, una
volta di più, la forza del genere documentario. Distribuito da
Feltrinelli e, purtroppo, solo tre giorni al cinema (nelle sale The
Space il 24, 25 e 27 settembre).
Dopo il meritatissimo e inaspettato
Leone d’Oro nel 2014 per Un piccione seduto su un ramo
riflette sull’esistenza, Roy Andersson
torna in forma smagliante in concorso alla 76° Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, con un nuovo
collage di agghiaccianti e gustosi tableaux vivant, che ci
costringono a riflettere sulla condizione umana e sulla vita. Il
titolo della nuova fatica dell’autore svedese è About
endlessness (Om det oändliga).
Il film esce dagli schemi e fugge da
qualsiasi forma di classificazione, non segue una linea narrativa
ed è difficile andare a individuare una trama. Ma è cinema, grande
cinema. È un utilizzo puro e intelligente del linguaggio
cinematografico come forma di espressione. Dopo “La trilogia
vivente”, composta da Song from the second
floor del 2000, You, the Living del 2007
e Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza del
2014, incentrata sulle difficoltà dell’essere esseri
umani, Roy Andersson continua la sua indagine
entomologica sull’esistenza, diventando ancora più caustico e
offrendo piccoli quadri spietati che raggelano dietro l’ombra di un
sorriso. Si allontana l’idea di avvicinarlo all’ umorismo nero dei
Monty Python o alla poesia grottesca di
Aki Kaurismaki, come si poteva ipotizzare per il
suo lavoro precedente. Qui la lama della sua visione si affila e la
sua ironia diviene sempre più gelida, confondendo la risata con un
brivido.
About endlessness è
composto da tanti piccoli episodi, a camera fissa e con un’unica
inquadratura, che descrivono la condizione dolente di tanti
personaggi alla ricerca di risposte sulla propria condizione di
esseri viventi. Sono uniti tra loro da una voce femminile che,
all’inizio di ogni quadro, racconta chi sono, una voce fuori campo
che descrive e racconta e si mescola alle richieste o ai lamenti
disperati dei fantasmi emaciati che popolano l’universo di
Andersson, Sono pupazzi, marionette costrette a
recitare continuamente la stessa frase, a interrogarsi all’infinito
sugli stessi quesiti esistenziali, senza chiaramente trovare
risposta alcuna.
C’è un prete che ha perso la fede e
sogna con angoscia di essere crocifisso e vorrebbe essere aiutato
da uno psicologo che teme di perdere l’autobus, un uomo tormentato
da un suo vecchio compagno di scuola che non lo saluta, una donna
che ha paura che nessuno l’aspetti alla stazione, un padre che
accompagna la figlia a una festa di compleanno e si ferma per
allacciarle le scarpe sotto una pioggia torrenziale, un uomo col
mal di denti che rifiuta l’anestesia e urla facendo spazientire il
dentista. Tante storie, o meglio tante non-storie, che è bello
scoprire una dopo l’altra, sperando non ci riguardino. Ma proprio
quando ci si sente al sicuro, ridendo delle tormentose divagazioni
di questi dannati anderssoniani, ecco che un nuovo tableaux tocca
un tema o una sensazione che ci tocca. Così il sorriso scompare, si
avverte una strana sensazione allo stomaco e partono ricordi
profondi che ci rendono protagonisti di ciò che credevamo di
osservare a distanza, con distacco e magari scherno o
altezzosità.
Il cinema di
Andersson è pittura vivente e nel suo dipingere
sullo schermo omaggia e rilegge l’opera di tanti pittori.
Edward Hopper per esempio, tenuto come solido canovaccio
visivo per impostare la fotografia, immersa in una luce livida e
innaturale, che priva i personaggi di ombre e nascondigli e che
crea un mondo immaginario, metafisico, specchio dolente del reale.
Ma c’è anche Marc Chagall, con il suo dipinto più famoso
Sopra la città del 1914/1918, che in apertura di film e
anche tra i vari teatrini, prende vita, grazie all’interpretazione
di due attori in carne e ossa, che volano abbracciati sulle rovine
di una città distrutta dalla guerra.
Roy Andersson
racconta: “La cornucopia è il mitico corno di una capra ed è
ricolma di simboli di ricchezza e abbondanza. Di solito è
rappresentata traboccante di prodotti e di frutta di ogni genere:
un’abbondanza generosa che, secondo il mito, non diminuisce mai,
perché vera e propria rappresentazione dell’inesauribilità
infinita. È stato il mito greco a ispirarmi a unire tutte queste
scene, tutti questi temi in uno stesso film. Io voglio sottolineare
la bellezza di essere vivi e umani, ma per dimostrarlo ci vuole un
contrasto, bisogna rivelare anche il lato peggiore. Questo film è
sull’infinità dei segni dell’esistenza.”
About endlessness è
uno sketch-book animato che ritrae gli interrogativi di un’umanità
ormai sbandata, alla ricerca di barlumi di speranza che gli
restituiscano labili motivi per non lasciarsi morire d’inedia.
Roy Andersson riempie pagina dopo pagina,
affannandosi con matite e acquerelli, realizzando un bestiario
umano prezioso e impenetrabile ai più.
About Elly è il
quarto film dell’iraniano Asghar Farhadi, il quale
ha vinto svariati premi tra cui l’Orso d’Argento per la Migliore
Regia al 59° Festival Internazionale di Berlino e il premio Best
Narrative Feature al Tribeca Film Festival
2009.
In About Elly dopo
aver vissuto per molti anni in Germania, Ahmad fa ritorno in Iran.
I suoi vecchi compagni di università colgono l’occasione per
organizzare una rimpatriata in una villa sul Mar Caspio. Una delle
donne del gruppo, la vitale Sepideh, all’insaputa dei compagni, ha
invitato Elly, l’insegnante di sua figlia.
Ahmad è reduce da un matrimonio
infelice con una donna tedesca e non disdegna l’ipotesi di mettere
su casa con una donna iraniana. Pertanto gli amici, che hanno
compreso perché Sepideh ha invitato Elly, dedicano alla ragazza
mille attenzioni e non fanno altro che lodare platealmente le sue
qualità. Ma all’improvviso, dopo un incidente, Elly scompare nel
nulla. L’atmosfera gioiosa evapora istantaneamente, mentre il
gruppo di amici cerca di capire perché la ragazza sia scomparsa. Il
panico si diffonde all’interno della compagnia e improvvisamente il
carattere di Elly diventa ai loro occhi pieno di zone d’ombra:
tutte le sue qualità svaniscono gradualmente, finché la verità non
viene rivelata.
About Elly è un
film corale, di stampo teatrale, costellato da lunghi dialoghi e
scambi di battute. Gli attori offrono un’ottima performance,
soprattutto la bellissima (famosissima in patria) Golshifteh Farahani nel ruolo di Sepideh,
involontario perno della fine tragica di Elly. Tutto il turbinio di
emozioni, sospetti, dichiarazioni, bugie non fa altro che mettere
in luce i sottili e delicati legami che esistono tra
religione e comportamenti sociali, non circoscrivendo il tutto solo
alla realtà iraniana; d’altronde una ragazza già fidanzata che
parte con un gruppo di amici, dove un ragazzotto sta per chiederle
la mano, non sarebbe vista con malignità in buona parte
dell’Italia? Un elemento di cui soffre il film è una certa
ridondanza nella seconda parte, quando il ripetersi di alcune
situazioni e fraintendimenti non combacia con una certa fluidità
che avrebbe giovato alla pellicola, la quale, però, viene
risollevata da un finale ben costruito.
“Tutto ciò che hai conosciuto
qui è noia“. Arriva in concorso al Festival di CannesAbout Dry
Grasses il nuovo film del celebre regista turco
Nuri Bilge Ceylan, già vincitore della Palma d’Oro
per Il regno d’inverno – Winter Sleep nel 2014.
Tra una malinconia arida come l’erba del suo titolo, scontri
dialogici e lunghe camminate nella neve, il nuovo film di Ceylan si
configura indubbiamente come una delle proposte più interessanti
del Festival, Nel cast, Deniz Celiloğlu, Musab Ekici, Merve
Dizdar.
About dry grasses, la trama: noia
imperante
Samet (Deniz Celiloğlu), un giovane
insegnante che ha prestato servizio obbligatorio nella scuola di un
piccolo villaggio della Turchia dove esistono solo due stagioni,
inverno ed estate, attende di poter procedere con il trasferimento
a Istanbul, sperando di andare incontro a nuova vita nella
cosmopolita capitale. Dopo una lunga attesa, perde ogni speranza di
sfuggire dalla sua squallida vita quando viene accusato di
comportamenti inopportuni nei confronti dei suoi studenti.
Tuttavia, l’amicizia con la sua nuova collega Nuray lo aiuta a
ritrovare una prospettiva vincente.
L’Anatolia sudorientale, agli occhi
di Samet, è un posto in cui la noia regna sovrana e da cui vorrebbe
fuggire; ecco allora che il regista Ceylan interviene in soccorso
del suo personaggio imbastendo una serie di azioni che movimentino
il tutto. Eppure, quando si tratta di giocare, Saman dimostra di
essere caratterialmente molto più simile al territorio da cui tanto
vuole evadere. Insegue una sua idea imprecisa di verità, che verrà
contrastata e anche smorzata, a riprova della futilità di un
pensiero che il personaggio ha abbozzato nella sua testa ma non è
mai diventato atto compiuto.
Uomini interrotti
Trattato sugli effetti che la
monotonia genera sulla psiche di uomini per nulla risolutivi ed
eterni adolescenti, About Dry Grasses eleva
esponenzialmente la capacità di Ceylan di inquadrare il dialogo,
centellinarlo oppure renderlo verboso per caratterizzare i suoi
personaggi, figli di un territorio in cui è la natura a imporsi
sull’uomo, ad appiattirne ancora di più le velleità o a generare un
impeto di ribellione nei loro cuori a seconda dei casi.
Kenan e Samet sono due uomini messe
alle strette da due donne in diverse fasi della vita. Una lotta
tacita tra fratelli non di sangue ma di terra, personalità distanti
che nascono e crescono da un’unica radice e, in base ai rispettivi
percorsi di vita, possono germogliare o seccarsi. Sono le donne che
attivano la riflessione negli uomini, che insinuano il dubbio nelle
loro menti e li mettono alla prova. Attraverso la conoscenza e
anche lo studio di queste figure femminili, forse è possibile
trovare qualcosa di inedito in un territorio già battuto: forse la
giovane Saman nasconde un germoglio in se, forse ancora non lo sa,
ma il solo fatto di riuscire a coglierlo dall’esterno è un regalo.
Forse Ninay potrebbe scuotere le fondamenta di un’amicizia, o
diventare il terzo uomo in questo rapporto tra uomini
interrotti.
Ruralità dei sentimenti
Sono le inquadrature fisse di
About Dry Grasses a definire i contatti, i
dialoghi, le attese che intercorrono tra i personaggi. Il tempo è
un concetto paradossale nella Turchia rurale: l’attesa del
trasferimento a Istanbul potrebbe sembrare infinita, ma un dialogo
concitato di una donna (Ninay) che interroga un uomo (Saman) sulle
sue idee politiche, può mettere talmente a disagio da estendere il
tempo del racconto fino a guidare con mano i personaggi a delle
scelte.
L’erba secca può essere calpesata
solo se prima si calpesta la neve. Anche se si è infortunati,
infreddoliti, sprovvisti di un mezzo, l’inverno turco non fa
sconti: l’aridità è già nella neve, in una distesa di bianco
tutt’altro che angelica, anche se in mezzo vi sono i bambini che
giocano. Puoi fermare l’attimo – e Ceylan lo ferma e immortala
veramente con inserti fotografici – ma la verità è che l’attimo è
già fermo e noi con lui. Allora, forse è meglio andare, percorre
distanze fisiche piuttosto che cercare di riallineare quelle
mentali. Incolpare la geografia per il nostro stato mentale,
piuttosto che accettare di essere diventati come il paesaggio.
Aridi, inconsistenti, persi.
Si intitola About a Christmas
Carol, About a Boy 2×08, l’ottava puntata della seconda
stagione della serie televisiva About a
Boy, che andrà in onda sul network americano
NBC.
In About a Boy
2×08 Will è tormentato dalla sua stessa canzone
Runaway Sleigh, che risuona in continuazione nell’aria per
celebrare il Natale e che gli ricorda i suoi
problemi legali legati ai diritti d’autore; per cercare di
sbloccare la situazione, Will e
Marcus cercheranno delle prove per dimostrare che
Will è il solo compositore della canzone, proprio
mentre Fiona ed Andy cercano di
creare la perfetta atmosfera natalizia per
Marcus.
Si intitola
About a Duck, About a Boy 2×07,
la settima puntata della seconda stagione della serie televisiva
About a Boy, che andrà in onda sul
network americano NBC
In About a Boy 2×07
Fiona chiede alla sua amica
Dakota di accompagnarla al suo appuntamento con
Chris e di farle da rete di salvataggio e
Will si unisce a loro nel tentativo di corteggiare
Dakota; mentre Fiona e Will sono
impegnati con il loro doppio appuntamento, Marcus
trascorrerà la serata con Andy e
Laurie e sarà per il bambino un’esperienza
veramente interessante.
About a Boy è una
serie televisiva statunitense sviluppata da Jason Katims per conto
di NBC, trasmessa dal 22 febbraio 2014. La serie si basa
sull’omonimo romanzo di Nick Hornby, scritto nel 1998. Will Freeman
è uno scapolo cantautore di successo, fiero della sua vita
spensierata e senza problemi. Il suo mondo perfetto viene sconvolto
quando Fiona, una mamma single, insieme a suo figlio undicenne
Marcus si trasferiscono nella casa a fianco. Will e Marcus
instaureranno un rapporto davvero speciale arrivando a stipulare
uno strano accordo.