In occasione del CinemaCon è stato
annunciato che il titolo del nuovo film all-star di David
O. Russell sarà Amsterdam. Il film dei
20th Century Studios parla di tre amici, anche se il cast annovera
molti nomi di spicco, tra cui Christian Bale,
Margot Robbie,
John David Washington, Rami Malek, Zoe Saldana, Mike Myers,
Timothy Olyphant, Michael Shannon, Chris Rock, Anya Taylor-Joy,
Andrea Riseborough, Matthias Schoenaerts, Alessandro Nivola, Taylor
Swift e Robert De Niro.
Il film è ambientato all’inizio del
20° secolo, che a giudicare del trailer mostrato nel corso del
panel vanta l’atmosfera rock-and-roll assurda e i picchi della
commedia poliziesca di Russell, American Hustle.
Nel trailer, De Niro interroga
scettico il trio sul loro passato. Sono un medico, un’infermiera e
un avvocato, tutti veterani che si sono incontrati in Belgio. Un
intertitolo recita: “Molto di questo è realmente
accaduto”. Si sentono “Join Together With the Band” dei The
Who e la voce fuori campo di Bale, che ci dice: “Abbiamo
stretto un patto e abbiamo giurato di proteggerci a vicenda,
qualunque cosa accada. Ma a volte la vita è perfetta finché non lo
è.”
Il trailer culmina con Rock, Bale e
Swift in piedi attorno a una bara. “Hai un uomo bianco morto
nella scatola”, dice Rock a Bale. “Chi pensi che finirà
nei guai per questo? Il ragazzo nero”. L’uscita del film
prodotto da New Regency è attualmente prevista per il 4
novembre.
In Amour Anne
(Emmanuelle Riva) e Georges (Jean-Louis
Trintignant) sono una coppia molto innamorata: entrambi
musicisti, entrambi intellettuali, entrambi amanti della musica e
della lettura. Un’intera vita insieme, però, non li ha
preparati a ciò che la vecchiaia ha in serbo per loro. Anne, dopo
un’operazione andata male, resta infatti semi paralizzata e da quel
momento in poi per i coniugi inizia un lento e inevitabile
declino.
Mentre la donna lotta contro la
malattia che, inesorabile, si impossessa del suo corpo, Georges,
pur facendo di tutto per accudire la moglie, si trova ogni giorno a
combattere contro un nemico più infimo, la sua mente. Egli,
infatti, avrà il compito di cercare, dietro a questa nuova Anne che
non può più muoversi, che bagna il letto e che non sa più parlare,
la sua affascinante e intelligentissima moglie, quella che amava
con tutte le sue forze, quella che suonava per lui e che adesso è
costretta in un letto, indifesa come un neonato.
Amour, il film
In ogni inquadratura lo spettatore,
che all’inizio del film si vede riflesso come in uno specchio ed è
quasi chiamato direttamente in causa, assiste all’opera della
vecchiaia: inchiodato sulla poltrona, come Anne lo è sulla sua
sedia a rotelle prima, e sul suo letto poi, chi guarda si rende
conto di come la malattia agisca per sottrazione togliendo
lucidità, mobilità, intelletto, coscienza e, infine, dignità
all’essere umano.
Ogni stadio del morbo è uno
stillicidio fatto di lunghe sequenze riprese con la camera fissa,
di dialoghi ridotti all’osso e di movimenti lenti intrisi di una
fortissima impotenza, ma che hanno però la forza di guardare dritto
in faccia uno degli incubi più comuni: il fatto che ogni più alta
forma d’arte e ogni più sublime volo dello spirito sono destinati a
schiantarsi di fronte all’arrendersi del corpo.
La claustrofobia dell’appartamento
della coppia, dove è girato tutto Amour, rende la
casa una gabbia, un luogo in cui l’unica via di fuga è seguire il
corso dei propri pensieri; ma quali pensieri e quali vite sono
possibili per due persone consapevoli del fatto che, arrivate al
capolinea, ci sarà la morte per lei e la solitudine per lui?
Haneke, portando
questa domanda alle estreme conseguenze, dirige un film duro, al
limite del sopportabile e fa scendere il pubblico, gradino per
gradino, fino allo stadio più basso dell’esistenza. Il regista
impone dunque una reazione e spinge tutti ad interrogarsi sul senso
della vita nel suo spegnersi. È vita non poter più disporre del
proprio corpo? È vita essere del tutto nelle mani degli altri,
senza potere decisionale, senza parole?
Amour,
Palma d’oro al Festival
di Cannes 2012, risponde senza sconti, spietato, sincero e
sonda la vita e la morte, ma anche, come dice il titolo, la natura
di un certo tipo di amore, fatto di cura, di rispetto e di
tenerezza nonostante le condizioni estreme cui tale amore è
chiamato a resistere. Un film che evoca emozioni forti, come dice
Trintignant in un dialogo particolarmente riuscito, anche e
soprattutto dopo i titoli di coda. Ottimi gli interpreti. Fare un
bel respiro prima di entrare in sala.
Oggi abbiamo il traielr
di Amur, film diretto da Michael Haneke, che ha appena portato a
casa la Palma d’Oro al Festival
di Cannes di quest’anno. Il film racconta una storia
d’amore
Amour di Michael
Haneke, vincitore della Palma d’Oro a Cannes, sarà distribuito
nelle sale italiane da Teodora Film e spazioCinema il 26 ottobre
2012, in contemporanea con
la notizia ha molto poco di
cinematografico e davvero tanto di gossip, ma sarà divertente per i
fan Marvel sapere che le star in forze
allo Studio vanno molto d’accordo, e anche più.
La love story tra Tom
Hiddleston e Elizabeth Olsen (Loki e
Scarlet Witch) sembra essere confermata da alcuni scatti rubati
ieri sera a New York, dove la coppia è stata avvistata mentre
andava a (o tornava da) cena.
Ricordiamo che mentre Tom
Hiddleston è uno dei veterani delle produzioni Marvel, la Olsen è una news entry
ma, considerando la bellezza del personaggio e il gradimento che ha
riscosso nel pubblico in Avengers Ageof Ultron, promette di
rimanerci ancora per molto.
Hiddleston arriverà presto al
cinema in Crimson Peak di
Guillermo del Toro mentre ha in programma il
prequel di King Kong e ovviamente
Thor Ragnarok, conclusione della trilogia
di film dedicati a Thor (Chris hemsworth).
Elizabeth Olsen tornerà presto nei panni di
Scarleth Witch per Captain Ameirca Civil
War.
Entrambi gli attori hanno appena
finito le riprese di I Saw the Light,
biopic musicale sul set del quale probabilmente è nata la scintilla
trai due.
Sergio Basso
esordisce al cinema con quest’opera prima dal titolo emblematico
(per i suoi contenuti): Amori Elementari, in uscita nelle
sale italiane a partire dal 20 Febbraio con una distribuzione di
50-70 copie.
Ne Amori Elementari dopo una
formazione nell’ambito del documentario, Basso imbraccia la MdP e
realizza- con il sostegno di “entità” come il Coni, Il Centro
Sperimentale di Cinematografia e Rai Cinema- un film sull’infanzia
e sui primi legami che si creano in quella tenera età, sospesi tra
amori e amicizia che si rincorrono come in un valzer. Matilde,
Tobia, Katerina e Aleksej sono amici: vivono nel paesino di
Alleghe, perso tra le montagne impervie delle Dolomiti e
condividono insieme la vita a scuola e lo sport. I due ragazzi
giocano ad hockey sul ghiaccio mentre le ragazze sono delle
pattinatrici. Ma gli elementi in comune non si fermano qui: Aleksej
e Katerina sono russi, il primo figlio dell’allenatore della
squadra, Ivan, l’altra adottata anni prima da una famigli
italiana.
Amori Elementari, il film
Katerina ha un debole per Aleksej,
Matilde per Tobia: ma l’arrivo di Agata, trasferitasi da poco in
città, travolgerà gli equilibri del gruppo, innescando una serie di
situazioni nelle quali saranno coinvolti- loro malgrado- gli adulti
come Sara (Cristiana
Capotondi), allenatrice della pattinatrici, e Ivan
(Andrey Chernyshov) insieme a sua moglie Vera,
russa come lui, che attraversano un periodo di crisi apparentemente
inconciliabile. Le varie situazioni innescate raggiungeranno il
loro picco massimo con un viaggio a Mosca per conquistare un ambito
dischetto in una finale di hockey sul ghiaccio senza esclusione di
colpi.
L’opera di Basso è un film
“furbetto”, che strizza l’occhio ad un pubblico giovanissimo e-
forse- a tutti quegli adulti che vogliono evadere dalla solita
routine quotidiana ritrovando uno sguardo naif sul mondo; ma
nonostante le intenzioni dell’autore/ regista la pellicola perde
completamente di vista le dinamiche più adulte, che vengono solo
abbozzate e lasciate sullo sfondo. Gli adulti sono dei comprimari
dei bambini, che rubano loro la scena: i giovanissimi protagonisti
stanno al gioco e si calano, “anima e cuore”, con completo
trasporto, nelle situazioni che il copione dispone per loro,
ricreando così una “fiaba” moderna a ritmo di rock e sport, intrisa
di valori positivi e buoni sentimenti.
Il paesaggio russo che fa da
cornice alla seconda parte- ideale- del film conferisce un fascino
magico, metropolitano e selvaggio alle avventure dei protagonisti,
accrescendo quel gusto fiabesco che connota l’intera storia fin
dall’inizio anche a livello registico: Basso utilizza un registro
“da fumetto” contaminando le inquadrature e valicando i confini tra
reale e immaginario, proprio come accade nella mente iperattiva e
creativa di un bambino delle scuole elementari.
Sergio Basso,
Cristiana Capotondi e Andrey Chernyshov,
insieme ai piccoli Rachele Cremona, Andrea Pittorino, Laura
Gaia Piacentile, Anya Potebnya e Maxim
Bychkov hanno presenziato la conferenza stampa per il film
Amori Elementari, in uscita nella sale
italiane dal 20 Febbraio, per una produzione Academy Two.
Il centro del film sono gli amori,
le amicizie, e i legami alla base della pre-adolescenza.
La pellicola è prodotta con l’aiuto
del centro Sperimentale di Cinematografia, che aveva già
co-prodotto sempre insieme alla Russia il film Dieci
Inverni che manteneva la stessa ambientazione, tant’è
vero che in sala sono presenti il presidente e i delegati di
produzione del Centro Sperimentale e di Rai Cinema. È presente
anche la troupe russa, fondamentale per le riprese del film.
Il film è un’opera prima del regista
Sergio Basso a cui viene chiesto della capacità-
forse solo italiana- di far recitare i bambini sul grande schermo
tirando fuori il meglio da loro; il punto di vista del film- grazie
a regista e sceneggiatori- è quello di un bambino di dieci anni:
l’unico sguardo in grado di raccontare, per la prima volta, i
turbamenti degli amori folli e platonici che si provano durante
quella delicata fase di passaggio tra l’infanzia e l’adolescenza.
La storia è stata pensata a misura di bambino, per far emozionare
il pubblico più piccolo- ed esigente!- durante la visione: infatti,
hanno lavorato molto con i bambini nelle classi per realizzare un
prodotto… proprio a misura di bambino!
Cristiana Capotondi
interpreta un personaggio molto naif, pur non essendolo più
anagraficamente: il suo approccio al personaggio (così diretto,
schietto come solo i bambini possono essere) è stato quello di una
sorta di fata turchina moderna, spontanea, “senza pelle”, filtrata
attraverso l’ottica dei piccoli co-protagonisti. Il film per lei è
un’opera prima particolare, con degli elementi originali per essere
una “prima volta” cinematografica.
Il
protagonista maschile Andrey Chernyshov si
dichiara emozionato dopo la prima visione del film; è rimasto
meravigliato dall’enorme lavorato portato avanti dal regista,
definito addirittura “talentuoso”. Il ruolo di Chernyshov non è
molto ampio né strutturato nel film, ma si dichiara fiero di averne
preso parte avrebbe volentieri dato anche qualcosa in più, proprio
per l’abilità di Basso di creare un mondo “altro” che è specchio
del suo mondo interiore. Si dichiara anche fiero di aver lavorato
con la Capotondi.
Basso ha parlato della sua
attenzione per i “dettagli”: hanno lavorato- a partire dalle
selezioni- in un modo teatrale, prima come in un workshop per
trovare il casting adatto; poi dividendosi tra prove e letture (per
molti bambini era la prima volta davanti alla macchina da presa),
infatti poi si influenzavano a vicenda osservandosi sul set,
adattandosi all’energia sottile che aleggiava nell’aria.
Basso esordisce alla “finzione” dopo
una formazione da documentarista: è stato un passaggio
fondamentale, perché la voglia di cavalcare l’energia della realtà
a discapito della finzione (senza la ricerca spasmodica di una
soluzione per imbrigliarla) ha contribuito alla resa naturalistica
del film; come pure l’introduzione dell’elemento sportivo, perché i
bambini si esprimono più fisicamente che verbalmente. Hanno cercato
di comunicare, con freschezza, le emozioni che per la prima volta
provano i bambini attraverso il loro linguaggio.
I film dedicati ai bambini sono
pochi, questo è una rarità forse nel panorama odierno: la pellicola
parla anche agli adulti, racconta delle dinamiche adulte che
possono essere lette però con l’ottica dei bambini, ritrovando
quella purezza e filtrando la realtà con l’occhio di un bambino di
dieci anni.
Un’altra domanda coinvolge di nuovo
la Capotondi, e riguarda la scelta che l’ha spinta a prendere parte
a questo film e come si inserisce questa scelta nella sua
particolare carriera.
La spinta necessaria è stata dettata
dal desiderio di realizzare ancora un’opera prima: perché dietro
c’è una storia, una ricerca travagliata che quando viene alla luce
è simile ad una nascita miracolosa. Il riferimento del film non è
legato solo al mondo dei bambini ma soprattutto a quello degli
adulti, che si dovrebbero reinventare sempre. Un altro elemento che
voleva raccontare era l’importanza dello sport a livello formativo
soprattutto in un’età pre-adolescenziale, un periodo ancora vivo
nella mente della Capotondi che ha percorso una sorta di seduta di
psicanalisi durante tutte le riprese.
Vengono, ovviamente, intervistati
anche i piccoli protagonisti del film, alcuni alle prime armi altri
già “navigati” (nonostante la giovane età!). Sergio Basso ha
seguito la loro crescita, li ha visti cambiare progressivamente
mentre giravano. Alcuni hanno trovato dei punti di contatto con i
loro personaggi (la piccola interprete di Matilde, o di Katerina ad
esempio) mentre per altri si è trattato di scavare più a fondo
(come per l’interprete di Agata o del piccolo Tobia). Gli attori
russi Bychkov e Potebnya hanno già avuto altre piccole esperienze
cinematografiche, ma questa per loro è la prima grande occasione
internazionale…. Bisognerà tenerli d’occhio e vedere se questa
esperienza italiana porterà loro fortuna!
Dopo 26 anni le donne Owens
ritornano. La Warner Bros. ha annunciato un film sequel al classico
del 1998, Amori e Incantesimi, con Sandra Bullock e Nicole Kidman in trattative per tornare.
Il primo film vedeva Bullock e
Kidman nei panni delle streghe sorelle Owens, che vengono travolte
da una maledizione soprannaturale dopo che Bullock
(involontariamente) droga e uccide l’ex fidanzato violento di
Kidman (Goran Višnjić) costringendole a rianimare
il suo cadavere. Diretto da Griffin Dunne e
adattato dall’omonimo romanzo del 1995 di Alice
Hoffman, il film originale rappresenta un punto fermo per
le persone che amano davvero la stregoneria.
I fan hanno iniziato a
parlare del futuro di Amori e Incantesimi
domenica, quando a mezzanotte è stato fatto un annuncio su TikTok –
un cenno alla scena dei “margarita di mezzanotte” del primo film –
che riportava che il film era ora disponibile in digitale e
disponibile per lo streaming su MAX, ma la grande notizia è stata
riservata a lunedì mattina, quando è stato annunciato che
Amori e Incantesimi 2 era ufficialmente in
lavorazione.
Il film segue le donne della
famiglia Owens, un gruppo di donne incantatrici con inclinazioni
magiche, benedette dal dono soprannaturale ma maledette dalla loro
matriarca. Dopo essere stata abbandonata dal suo amante, incinta e
sola, Maria Owens ha lanciato un incantesimo su se stessa per non
provare mai più l’agonia dell’amore.
Il film originale è pieno di magia,
dalla colonna sonora perfetta di Alan Silvestri
(il primo omaggio alla Warner Bros. anticipato all’inizio di questa
settimana online) al modo in cui Dunne ha filmato gli atti
paranormali delle Owens. Un sequel potrebbe essere un’operazione
davvero interessante per le due attrici che, in questi anni, sono
diventate tra le più ricercate e potenti di Hollywood.
Sarà presentato questa sera al
Torino Film Festival Amori che non sanno stare al
mondo, il nuovo film di Francesca
Comencini, alla presenza della regista assieme agli
attori Lucia Mascino, Thomas Trabacchi e il
produttore Domenico Procacci.
Nel film Claudia (Lucia
Mascino) e Flavio (Thomas Trabacchi) hanno vissuto un’intensa
storia d’amore. Ora che è tutto finito, mentre lui è pronto a
iniziare nuove relazioni, lei si aggrappa ai ricordi, incapace di
dimenticare il passato.
Francesca Comencini narra, in
questa nevrotica commedia sentimentale tratta da un suo romanzo, la
difficoltà di stare al mondo di una donna in perenne stato
d’insoddisfazione: andirivieni tra passato e presente, amour fou,
autoironia, inadeguatezza ai tempi di una guerra dei sessi in
mutazione.
Bridget Jones ci insegna che a volte, quando
meno te lo aspetti, l’amore arriva nel modo più inaspettato,
vestendo i panni di un uomo meraviglioso che fino a quel momento
avremmo potuto solo sognare. La storia di Jul, la protagonista
della nuova serie tv Amori (e guai) a Parigi ce lo
ricorda ancora una volta: con un pizzico di fortuna e tanta
determinazione, dopo aver toccato il fondo si può solo
risalire.
Amori (e guai) a
Parigi è creata da Pascale Pouzadoux
(Sarà perché ti amo) è una dolce e ironica commedia francese con
protagonista Maud Baecker (Demain nous
appartient). Amori (e guai) a Parigi è prodotta da France
Television, produttori esecutivi Alain Pancrazi, Jean-Baptiste
Frey, Laurent Bacri.
Amori (e guai) a
Parigi: quando esce e dove vederla in streaming
Amori (e guai) a
Parigi uscirà da domenica 9 aprile 2023 su Sky.
Amori (e guai) a Parigi uscirà in streaming
solo su NOW.
La trama e il cast di
Amori (e guai) a Parigi uscirà
Sdraiata sul sedile
posteriore del taxi che la riporta a casa, dopo il movimentato
matrimonio della sua sorellina che ha avuto il cattivo gusto di
sposarsi prima di lei, Julie, soprannominata Jul, 36 anni, spunta
tutte le caselle del test della perfetta perdente: scaricata, senza
figli, disoccupata, presto quarantenne, maldestra… Il che
ovviamente le conferma, se ancora ne dubitava, che la sua vita è
finita!
Ma una telefonata
cambierà le cose: al telefono, Max le fa una proposta di matrimonio
stupenda. Se lei accetta la sua proposta, lui le dà appuntamento
dopo tre giorni nel bar dove si sono incontrati. Jul è estasiata,
finché non capisce che il telefono che stringe freneticamente
contro di lei non è suo ma quello che un’altra donna ha dimenticato
nel taxi e che, in ogni caso, non conosce nessun Max. Sconvolta da
questa sublime dichiarazione d’amore, Jul, con l’aiuto delle sue
due migliori amiche, Ava e Manon, decide di non avvertire la
fortunata alla quale Max ha appena proposto di sposarsi.
Tocca ora o mai più a Jul lanciarsi nella più grande avventura
della sua vita: ritrovare, sedurre e sposare quest’uomo ideale… A
costo di calpestare tutti i suoi principi!
Nel cast anche Nadia Roz
(La vie scolaire), il cantante e attore Tom Leeb (8 Rue de
l’Humanitè), prossimamente su Sky e NOW fra i protagonisti della
nuova stagione della serie TV di Gabriele Muccino A
Casa Tutti Bene, e François Vincentelli (The
Tourist).
La diciassettenne Katia
vive in un piccolo paese. A scuola le cose vanno male, mentre i
genitori non vogliono che frequenti il coetaneo Andrea. Con lui la
ragazza cerca di sconfiggere la noia, girovagando in motorino, o
facendo sesso in una vecchia cascina abbandonata. Ma nulla sembra
interessarla, tutto le scivola addosso. Pur di contrastare apatia e
frustrazione prova ogni cosa, coinvolgendo spesso anche Andrea,
timoroso e schivo: dalle sbronze ai sassi lanciati dai cavalcavia.
Restano però rabbia e risentimento verso un mondo che non la tiene
nella giusta considerazione, a partire dai genitori, in particolare
la madre, con cui non c’è rapporto o comunicazione, ma solo durezza
e ostilità. Così Katia pensa a un gesto tragico, estremo, che crede
risolutivo, da compiere assieme ad Andrea.
Opera prima di Cristian
Scardigno, da lui sceneggiata e autoprodotta con la
Underdog Film, Amoreodio, liberamente
ispirato ai fatti di Novi Ligure, è un dramma che mostra la
preparazione di un crimine fino al tragico epilogo. Ma quello che
interessa al regista sono soprattutto gli adolescenti, è mostrare
il vuoto, il mondo emotivo arido in cui alcuni crescono, che li
rende apatici, cinici e crudeli, disinteressati, ma alla ricerca di
qualcosa che li distolga dal torpore, di una “scossa” anche solo
momentanea – trasgressione, in varie forme, che qui arriva fino a
un crimine tra i peggiori. Attorno a questo vuoto, le cause: un
rapporto genitori-figli inesistente, un’incapacità di comunicare,
di essere esempio positivo, anche nella sfera emotiva, di vedere
l’altro e i suoi bisogni. E l’ambiente: i giovani e il mondo di
internet, la fascinazione per i media e, in generale, per tutto ciò
che li può far sentire, anche solo virtualmente, al centro
dell’attenzione.
Il film pone sì questi temi, ma non
li approfondisce, mentre vuoto, noia, monotonia diventano paradigma
dell’intero lavoro. Contraddistinguono le giornate dei due
protagonisti e scandiscono l’andamento del film: volutamente
ripetitivo, con molto uso del ralenti, risulta anch’esso lento e
apatico, poco coinvolgente nonostante i temi forti. Katia è una
maschera di freddezza e imperturbabilità (complessivamente buona
interpretazione di Francesca Ferrazzo), in cui ogni sentimento,
positivo o negativo, è represso, e porta all’esplosione finale. Sta
allo spettatore immaginare la complessità che si nasconde dietro
quella facciata. Andrea (Michele Degirolamo) la segue per amore e
solitudine. Anche i genitori e il fratello di Katia sono poco più
che sagome: un gendarme la madre, pressoché inesistenti gli altri
due. Questo è il limite del film. Il regista mostra ciò che è
evidente e non si addentra abbastanza nel resto. Non coglie del
tutto l’opportunità di scavo che è la vera marcia in più dell’opera
di finzione rispetto alla cronaca e scivola nella pura
ricostruzione.
Stilisticamente sobrio e pulito,
l’elemento cruento è misurato.
Guarda il Trailer italiano del film prodotta da Steven Spielberg e Oprah
Winfrey, Amore, Cucina e
Curry di Lasse Hallström, con
protagonisti Helen Mirren, Om Puri, Manish
Dayal e Charlotte Le Bon.
In “Amore,
cucina e… curry” Hassan Kadam (Manish Dayal) interpreta un genio
della gastronomia, che non sbaglia mai un colpo. La famiglia Kadim,
emigrata dall’India e guidata dal capofamiglia, Papa (Om Puri), si
stabilisce nel caratteristico villaggio di Saint-Antonin-Noble-Val,
nel sud della Francia. Un posto incantevole e raffinato, il luogo
ideale dove aprire Maison Mumbai, un ristorante indiano a
conduzione familiare. Ma le cose cambiano nel momento in cui Madame
Mallory (l’attrice premio Oscar® Helen Mirren), l’algida titolare e
cuoca del rinomato ristorante francese Saule Pleureur, non si
intromette.
Le sue implacabili proteste contro
il nuovo ristorante indiano che dista solo 30 metri dal suo, danno
luogo ad un’accesa battaglia fra i due locali, fino a quando la
passione di Hassan per l’alta cucina francese e per Marguerite
(Charlotte Le Bon), la deliziosa “sous chef” di Madame Mallory, non
riuscirà ad amalgamare magicamente le due culture, regalando a
Saint-Antonin nuovi sapori di cucina e di vita che neanche Madame
Mallory potrà ignorare. La donna infatti, sarà disposta a
riconoscere il talento culinario del suo rivale e a prenderlo sotto
la sua ala protettiva.
“Amore, cucina e… curry” abbonda di
sapori tangibili e inebrianti. Il film racconta il trionfo della
tradizione familiare nonostante l’”esilio”, e ritrae due mondi in
conflitto fra loro, con un giovane deciso a tutti i costi a
ricreare il conforto della propria casa attraverso la sua
tradizione culinaria.
E’ arrivato a roma il
regista Lasse Hallstrom per
presentare il suo ultimo film Amore, Cucina e
Curry e per l’occasione ha tenuto un’interessante
masterclass alla Casa del Cinema (Lasse Hallstrom: il cinema tra amore e
fornelli). Ecco tutte le foto dell’evento.
In “Amore,
cucina e… curry” Hassan Kadam (Manish Dayal) interpreta un genio
della gastronomia, che non sbaglia mai un colpo. La famiglia Kadim,
emigrata dall’India e guidata dal capofamiglia, Papa (Om Puri), si
stabilisce nel caratteristico villaggio di Saint-Antonin-Noble-Val,
nel sud della Francia. Un posto incantevole e raffinato, il luogo
ideale dove aprire Maison Mumbai, un ristorante indiano a
conduzione familiare. Ma le cose cambiano nel momento in cui Madame
Mallory (l’attrice premio Oscar® Helen Mirren), l’algida titolare e
cuoca del rinomato ristorante francese Saule Pleureur, non si
intromette.
Le sue implacabili proteste contro
il nuovo ristorante indiano che dista solo 30 metri dal suo, danno
luogo ad un’accesa battaglia fra i due locali, fino a quando la
passione di Hassan per l’alta cucina francese e per Marguerite
(Charlotte Le Bon), la deliziosa “sous chef” di Madame Mallory, non
riuscirà ad amalgamare magicamente le due culture, regalando a
Saint-Antonin nuovi sapori di cucina e di vita che neanche Madame
Mallory potrà ignorare. La donna infatti, sarà disposta a
riconoscere il talento culinario del suo rivale e a prenderlo sotto
la sua ala protettiva.
“Amore, cucina e… curry” abbonda di
sapori tangibili e inebrianti. Il film racconta il trionfo della
tradizione familiare nonostante l’”esilio”, e ritrae due mondi in
conflitto fra loro, con un giovane deciso a tutti i costi a
ricreare il conforto della propria casa attraverso la sua
tradizione culinaria.
Deliziosa commedia sentimentale,
Amore, cucina e curry (qui
la recensione) è un pellicola del 2014 diretta dal regista
svedese Lasse Hallström, anche
noto per il film Chocolat.
Attraverso la leggerezza del genere, egli dà vita ad una storia
che, tra scontri a base di cucina, sviluppa tematiche profondamente
attuali come quella dell’integrazione tra popoli e culture diverse.
Questa prende spunto dal romanzo del 2008 di Richard C.
Morais intitolato Madame Mallory e il
piccolo chef indiano. Avendo acquisito un particolare successo
in breve tempo, il libro venne opzionato per una trasposizione
cinematografica, con la premio Oscar Helen
Mirrenprotagonista.
A produrre il film, e spingere verso
la sua realizzazione, vi sono due grandi nomi dello spettacolo
quali Steven Spielberg ed Oprah
Winfrey, che rispettivamente con la Amblin Entertainment e
la Harpo Films hanno sostenuto finanziariamente il progetto. A dar
vita alla sceneggiatura è stato invece chiamato il noto
Steven Knight, anche noto per il thriller Locke. In
breve, il progetto prese vita, arrivando infine alla sua tanto
attesa uscita in sala. Qui raccolse consensi generalmente positivi
da parte della critica, che lodò la regia di Hallström e le
interpretazioni dei protagonisti, rimpiangendo però la
prevedibilità di alcuni risvolti narrativi.
Il pubblico dimostrò però grande
attenzione nei confronti di Amore, cucina e curry,
portandolo ad essere uno dei maggiori successi al botteghino del
suo periodo. Uscito nelle sale statunitensi nell’agosto del 2014,
per poi estendersi al resto del mondo, il film arrivò infine a
guadagnare circa 94 milioni di dollari, a fronte di un budget di
soli 22. Ulteriore prestigio arrivò nel momento in cui la Mirren
venne nominata come miglior attrice in un film commedia o musical
al premio Golden Globe. Ancora oggi, infine, il film gode di buona
popolarità, suscitando l’interesse di nuovi spettatori ad ogni
passaggio televisivo.
La storia del film è incentrata sul
giovane Hassan, originario di Mumbai, che in
seguito ad una serie di traumatici eventi decide di partire insieme
a suo padre alla volta dell’Europa, dove spera di trovare una
maggior tranquillità dove poter coltivare il proprio talento. Il
giovane indiano, infatti, è un genio della cucina, capace di dar
vita a piatti che mischiano tradizione e innovazione, fondendo
culture in modo unico. Insieme al genitore, dopo numerose
peripezie, arriva a stabilirsi nel piccolo paese di
Saint-Antonin-Noble-Val, situato nel sud della Francia. Qui i due
decidono di aprire un ristorante, puntando tutto sulla tradizionale
cucina indiana.
Ciò che Hassan e suo padre non
sanno, però, è che il loro locale si trova a poca distanza dal
rinomato Le Saule Pleureur, di proprietà dell’austera
Madame Mallory. Nota per essere una chef premiata
con la prestigiosa stella Michelin, la donna inizia un’accesa
campagna di protesta contro i nuovi arrivati, denigrandone la
cultura e il menù. Ben presto, le divergenze danno vita ad una vera
e propria guerra culinaria. Ciò non impedisce però ad Hassan di
innamorarsi della bella Marguerite, dipendente
proprio presso il ristorante rivale. Lo scontro tra le due culture
e i loro modi diversi di intendere la cucina si trasformerà poi
lentamente un incontro, dimostrando che una fusione tra le due
parti è possibile e auspicabile.
Il cast del film
Per dar vita ad un cast multietnico,
i produttori intrapresero lunghi casting al fine di trovare gli
interpreti più idonei ai personaggi principali. Helen Mirren, premio Oscar per il film The
Queen, fu la prima ad entrare nel cast nel ruolo di Madame
Mallory. L’attrice si dichiarò da subito particolarmente
interessata al personaggio e ai temi della storia. Per prepararsi
al ruolo, inoltre, condusse molte ricerche sulla cucina francese,
su quella indiana e sull’atteggiamento che di norma hanno gli chef
di un certo calibro. Così facendo, ha potuto calarsi ulteriormente
nei panni del severo personaggio. La sua interpretazione è infatti
poi stata particolarmente apprezzata e riconosciuta con la
nomination ai Golden Globe.
Per dar volto ad Hassan, era invece
indispensabile trovare un interprete di origini indiane. Il
prescelto fu infine Manish Dayal. Classe 1983,
l’attore si era fatto notare negli anni precedenti per i suoi ruoli
nei film Non dire mai addio (2006) e L’apprendista
stregone (2010). Molta della sua popolarità era però
dovuta alla televisione e alla serie 90210. Una volta
scelto per il film, Dayal a sua volta si mise a studiare le
principali tradizioni della cucina indiana, arrivando anche ad
imparare a cucinarne diverse. Grazie al ruolo nel film, ha avuto
modo di raggiungere ulteriore popolarità, ed oggi continua a
recitare in diversi progetti televisivi di rilievo.
Il ruolo del padre di Hassan è stato
invece interpretato dal celebre attore indiano Om
Puri. Questi ha lavorato nel corso della sua carriera a
centinaia di film di Bollywood, ma anche in progetti di produzione
statunitense. Quello in Amore, cucina e curry è
uno dei suoi ultimi ruoli noti, essendo poi improvvisamente
scomparso nel 2017 all’età di 66 anni. Infine, nel ruolo di
Marguerite, la bella chef di cui si innamora Hassan, si ritrova la
francese Charlotte Le Bon. Proprio in quegli anni
l’attrice aveva raggiunto un buona popolarità grazie ai film
Mood Indigo e
Yves Saint
Laurent. Per il suo ruolo in questo film ha ottenuti
ulteriori consensi, che le hanno permesso di ottenere ruoli anche
internazionali.
Le location dove è stato girato il
film
Il film è diventato celebre anche
per le sue location estremamente caratteristiche e di particolare
bellezza. Il grosso delle riprese si è svolto nel reale paesino di
Saint-Antonin-Noble-Van, situato nella regione
Occitania, nel sud della Francia.
Abitato da poco meno di duemila abitanti, il luogo è un vero e
proprio gioiellino tutto da scoprire. Altre location selezionate
per il film sono state anche il comune
Saint-Denis, collocato a nord di
Parigi, e alcuni luoghi dell’Olanda.
Grazie ad essi, il film ha potuto acquisire le fondamentali
atmosfere tipiche della Francia, senza dimenticare però anche quel
tocco di asiatico dato dai colori della cucina indiana.
Il trailer di Amore, cucina
e curry e dove vedere il film in streaming
Per chi ha amato il film, o per chi
non l’avesse ancora visto e desidera poter recuperare tale titolo,
è possibile fruirne grazie alla sua presenza in alcune tra le
principali piattaforme streaming oggi presenti in
rete. Amore, cucina e curry è infatti
disponibile su Rai Play, Amazon Prime Video e Apple
TV+. Per vederlo, in base alla piattaforma prescelta,
basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento
generale. Ciò permetterà di riprodurlo in modo pratico e al meglio
della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto
televisivo di giovedì 1 agosto alle
21:30 sul canale Rai 1.
E’ da oggi al
cinema Amore, cucina e curry, il
film di Lasse Hallström (Chocolat) e
interpretata dall’attrice Premio Oscar Helen
Mirren e prodotto da Steven
Spielberge Oprah
Winfrey.
In “Amore,
cucina e… curry” Hassan Kadam (Manish Dayal) interpreta un genio
della gastronomia, che non sbaglia mai un colpo. La famiglia Kadim,
emigrata dall’India e guidata dal capofamiglia, Papa (Om Puri), si
stabilisce nel caratteristico villaggio di Saint-Antonin-Noble-Val,
nel sud della Francia. Un posto incantevole e raffinato, il luogo
ideale dove aprire Maison Mumbai, un ristorante indiano a
conduzione familiare. Ma le cose cambiano nel momento in cui Madame
Mallory (l’attrice premio Oscar® Helen Mirren), l’algida titolare e
cuoca del rinomato ristorante francese Saule Pleureur, non si
intromette.
Le sue implacabili proteste contro
il nuovo ristorante indiano che dista solo 30 metri dal suo, danno
luogo ad un’accesa battaglia fra i due locali, fino a quando la
passione di Hassan per l’alta cucina francese e per Marguerite
(Charlotte Le Bon), la deliziosa “sous chef” di Madame Mallory, non
riuscirà ad amalgamare magicamente le due culture, regalando a
Saint-Antonin nuovi sapori di cucina e di vita che neanche Madame
Mallory potrà ignorare. La donna infatti, sarà disposta a
riconoscere il talento culinario del suo rivale e a prenderlo sotto
la sua ala protettiva.
“Amore, cucina e… curry” abbonda di
sapori tangibili e inebrianti. Il film racconta il trionfo della
tradizione familiare nonostante l’”esilio”, e ritrae due mondi in
conflitto fra loro, con un giovane deciso a tutti i costi a
ricreare il conforto della propria casa attraverso la sua
tradizione culinaria.
Presentato questa mattina Amore
Nero, il cortometraggio scritto e diretto da Raul Bova, mette in
tavola un problema molto serio nella società italiana, tanto più
serio quanto ricoperto da vergogna paura e omertà. E’ la violenza
sulle donne che sempre più spesso viene perpetrata all’interno
delle mura domestiche.
Il cortometraggio con grande
efficacia, anche se con un po’ di retorica nel finale, vuole
mostrare delle emozioni, delle situazioni e soprattutto, e qui ci
riesce davvero bene,la sensazione di impotenza e solitudine che si
prova davanti ad una situazione che tante volte, troppe volte, si
preferisce subire anzichè affrontare.
Attrice protagonista del corto è
un’inedita Michelle Hunziker, che messo da parte per un attimo il
suo proverbiale buon umore, si cala perfettamente nel ruolo di
Laura, una donna che subisce la violenza del marito senza trovare
supporto neanche nella madre, della quale a quanto si intuisce, sta
rivivendo le durissime esperienze coniugali. Solo davanti alla
tragedia la madre di Laura riuscirà a trovare la forza di
contravvenire alle norme sociali e di aiutare la figlia contro un
marito violento.
Il progetto si colloca nell’ambito
di una produzione più ampia, resa possibile grazie alla sinergia di
MediaFriends, Doppia Difesa (l’associazione a difesa delle donne
fondata dalla stessa Hunziker), SanMarco Production, con il
sostegno di Euronics Italia, e prevede la realizzazione di cinque
cortometraggi che saranno incentrati su diversi problemi sociali.
Lo stesso Bova ha detto che non era sua intenzione passare dietro
la macchina da presa, ma si è prestato perchè crede in queste
iniziative. Numerosissime sono infatti le collaborazioni che lo
vedono accanto alla Polizia di Stato per la Sicurezza dei
giovani.
“Attraverso il cinema si riesce
a sensibilizzare le persone, usando strumenti che capisco e che
sono i miei – ha detto Raul – Mi sono sperimentato
regista, ed ho trovato il compito molto simile al mio lavoro
d’attore, anche se sono consapevole che per intraprendere questo
tipo di carriera è necessaria una grande competenza tecnica e la
ferma passione di farlo. Sono stato fortunato perchè ho lavorato
con una grande squadra, sia tecnica che artistica. Michelle non
voleva partecipare come protagonista,non voleva metterci la faccia,
dal momento che fa già tanto dietro le quinte con Doppia Difesa, ma
alla fine si è convinta ed è stata bravissima“.
La Hunziker ha confermanto,
aggiungendo che la sua iniziale ritrosia era forse dovuta anche al
fatto che, avendo subito le violenze di alcuni stalker in passato,
non voleva mettere avanti la sua situazione, “poi però mi sono
convinta – ha detto – ho dovuto fare un lavoro molto duro
come attrice perchè tendo sempre a portare gioia e qui mi sono
dovuta svuotare della mia personalità. E’ importante rompere un
circolo vizioso culturale che in Italia era soprattutto avallato
dalla mancanza di una legge. L’approvazione del provvedimento
contro lo stalking ha cambiato molte cose, ed ora le donne non sono
più legate come prima, hanno uno strumento e possono
reagire“.
Quello che però è davvero
importante è trovare la forza di parlarne, di uscire dalla propria
omertà e dalla profonda solitudine in cui una violenza ci fa
sprofondare e parlarne. A questo mira il cortometraggio che riesce
nel finale a far vedere la luce alla sventurata protagonista, e
così capisce finalmente che non è sola e può combattere, e aquesto
mira anche l’associazione Doppia Difesa, che ogni anno aiuta
moltissime donne che hanno il coraggio di ‘uscire’ dalla propria
solitudine.
Il cortometraggio è già in vendita
a 9.90 euro presso tutti i punti Euronics italiani (circa 270) dal
9 novembre appena trascorso, fino al 30 giungo 2012. I proventi
delle vendite, detratti i costi di produzione, verranno devoluti
interamente alla realizzazione dei progetti in cantiere
dell’associazione Doppia Difesa. All’interno del Dvd, oltre al
cortometraggio, sono presenti contenuti speciali per una durata di
due ore, che comprendono backstage, interviste e un documentario
dal titolo La Vittima e il Carnefice diretto da Roberto
Burchielli.
Love & Secrets, primo lungometraggio
di Andrew Jarecki, si ispira alla storia dell’imprenditore
immobiliare Robert Durst, coinvolto, nella New York degli anni ’80,
nella misteriosa scomparsa della giovane moglie Kathleen
McCormack.
La commedia Amore e altri
rimedi racconta la storia di Maggie (Anne
Hathaway), seducente spirito libero refrattario a
qualsiasi legame e Jamie Randall (Jake
Gyllenhaal) giovane brillante inguaribile sciupa
femmine, che sfrutta le sue doti per far carriera nel mondo del
commercio farmaceutico.
Riassumendola così sembrerebbe
proprio qualcosa di già visto, rivisto e risentito molte volte al
cinema, tanto da far pensare proprio che non ci sia nient’altro da
dire a riguardo. In effetti certamente in un film come questo
l’originalità non la si trova certamente nella trama, che ad una
prima occhiata potrebbe sembrare scontata. Tuttavia, metti una
trama scontata nelle mani di un buon(vecchio) regista, e vedrai che
a venir fuori sarà un film divertente, ben bilanciato a tratti
commovente, e in alcuni punti anche sorprendente, il che non guasta
mai.
Edward Zwick
ritorna quindi dove aveva cominciato. Dopo i grandi film epici,
alla
Ultimo Samurai per intenderci, torna agli albori della
sua carriera cominciata con una commedia intitolata A proposito
della notte scorsa. Un esordio di successo sia di pubblico e di
critica che in alcuni frangenti rivediamo in quest’ultimo
film Amore e altri rimedi, ma solo come un
riflesso luminoso. Qui ritroviamo la stessa brillante ed algida
regia che fa da guida alle vicissitudini amorose dei due
protagonisti, senza mai invadere lo spazio, cercando, qua e la come
può, di mettere in risalto questo e quell’altro momento,
riuscendoci il più delle volte, tirando fuori un film ricco di
spunti interessanti.
Grazie anche, bisogna dirlo, ad una
sceneggiatura sufficientemente elaborata, impreziosita da qualche
dialogo eccellente, e qualche battutina esilarante che fa eco alla
storia del cinema recente. Merita una sottolineatura anche il cast
che è stato all’altezza del compito, con la sempre brava Anne
Hathaway, sempre più lanciata nell’olimpo delle star, e il discreto
Gyllenhaal, che non sfigura affatto nei panni di un belloccio e
donnaiolo rappresentante farmaceutico.
Menzione speciale
per Amore e altri rimedi va riconosciuta
anche ad un ottimo cast di contorno, con il simpatico fratello
minore che ne combina di tutti i colori, e il sempre verde, nonché
bravissimo Oliver Platt, che impreziosisce il film
un una performance davvero pregevole e simpaticissima. In
conclusione, il film è una buona commedia come se ne vedono molte
in America, a tratti scontata ma pur sempre piacevole da vedere. Ha
il pregio di avere in sé un anima divertente, ma anche triste e
commovente, con qualche excursus nel demenziale sempre esilarante.
Ogni spettatore troverà qualcosa per cui valga la pena vederla.
Quattrodici
anni dopo il dolcissimo viaggio nel gusto intrapreso con
Chocolat, il regista svedese
Lasse Hallstrom torna a solleticare i raffinati
palati degli spettatori con una nuova commedia, The
Hundred Foot Journey (in italiano, banalmente,
Amore Cucina e Curry). Come tradisce il
titolo tradotto nel nostro paese, è una storia che parla di cucina,
tradizioni, relazioni umane ma soprattutto… cibo indiano.
A Mumbai, per colpa di accese
rivalità politiche, la famiglia del giovane cuoco Hassan è
costretta ad abbandonare la città,e in generale la loro terra, dopo
che un terribile incendio ha spazzato via tutto quello che
possedevano, inclusi i loro affetti più cari: su tutti, l’amata
madre.
Il patriarca, chiamato da tutti
Papa, spinto dalla voce ectoplasmatica della moglie (una sorta di
guida karmika) decide di abbandonare l’Inghilterra- dove nel
frattempo si è rifugiato con i suoi cinque figli- e di partire alla
volta delle alpi, tra Svizzera e Francia.
Ma, quando in mezzo al nulla della
campagna francese, i freni del loro furgoncino si rompono e si
salvano da un terribile incidente, tutti i membri della famiglia
avvertono questo episodio come un segno, decidendo così di restare
nel piccolo borgo di Saint Antonin per aprire un ristorante di
cucina indiana: la Maison Mumbai. La vera stella del locale è il
figlio Hassan, cuoco dal talento innato e prezioso, un vero dono
che subito cattura l’attenzione di Madame Mallory, l’altera
proprietaria del lussuoso ristorante situato proprio di fronte alla
Maison Mumbai. La convivenza tra le due culture all’inizio è
difficile, se non impossibile: ma basterà l’amore per la cucina, il
talento e un pizzico di suggestiva magia per mettere d’accordo
tutti quanti.
Hallstrom torna a narrare
quelle storie sospese tra dramma e commedia sentimentale che tanto
sapientemente ha saputo raccontare nel corso della sua lunga
carriera: il tono fiabesco serve a rendere accettabile, fruibile e
poetica una realtà che spesso si allontana notevolmente da questi
canoni mostrandosi sotto una veste più cinica e disillusa:
l’incanto passa attraverso l’occhio della Macchina da Presa del
regista svedese, nei suoi movimenti di macchina fluidi limpidi e
patinati, immortalati da un’impeccabile fotografia. Eppure,
nonostante dei buoni presupposti e una sceneggiatura
promettente-almeno su carta- la pellicola si incarta su se stessa,
forse vittima della fama di Hallstrom stesso: in troppi passaggi
segue pedissequamente l’iter diegetico di Chocolat, ma è
privo dell’appeal sensuale e del tono fiabesco, remoto e sospeso
che caratterizzava l’altra pellicola dei primi anni 2000.
Nonostante le ottime interpretazioni
degli attori, perfettamente in linea con i loro personaggi, il film
manca di originalità e sembra una versione in salsa tandoori del
suo ben più noto “cugino”, col quale condivide almeno in parte la
location e le atmosfere.
Amore Carne non è né un
film né un documentario: è lo sguardo disperatamente lucido di un
uomo che da ormai ventidue anni combatte contro un male oscuro
insidiatosi in lui, quello spietato figlio di amore e carne che si
chiama AIDS.
Come catturare dunque la carnale
fugacità dell’esistenza se non con un onnipresente cellulare di
ultima generazione, un fidato terzo occhio che per quasi due anni
ha ripreso incessantemente la vita che pulsava intorno a lui? Da
una camera d’albergo a Parigi ad un’altra a Budapest, i percorsi
intrecciano un tessuto del mondo contemporaneo, una vita veramente
viva a cui aggrapparsi.
Film «intimo che
abdica la distanza», Amore Carne è uno
sfogo personale del regista, che, per paura di far soffrire la
tradizionalista madre, ha sempre cercato di camuffare il suo essere
omosessuale, sieropositivo e buddista (convinto che delle tre cose
la più dolorosa fosse scoprire di non essere cattolico); ma la
signora Delbono se n’è andata l’estate scorsa, lasciandolo libero
così di esprimersi attraverso immagini, musica e poesia senza più
alcuna inibizione.
E’ proprio la poesia la forma
prescelta per comunicare: oltre a monologhi scritti da lui stesso
come espressioni del suo stream of consciousness, lunghi
brani originali di Pier Paolo Pasolini, Arthur
Rimbaud e T.S. Eliot si fanno tramite dei suoi
contrastanti e sofferti sentimenti.
La decisione di catturare le
immagini con un traballante smartphone rende le riprese
inevitabilmente disturbate e disturbanti, tanto che lo spettatore a
tratti è obbligato a distogliere lo sguardo.
Entrambe le operazioni sono
volutamente eversive e stranianti, ma, guardando al risultato,
decisamente azzardate: il film non riesce infatti a tenere i 75
minuti di durata e, seppure non manchi qualche altissimo momento
lirico, l’insieme finisce per risultare un irritante monumento
narcisistico del regista.
La pellicola inoltre è a dir poco
confusa sul piano della realizzazione delle intenzioni, tutte buone
intuizioni che troppo spesso però si concretizzano in modo scontato
o disordinato.
La vera forza del film è invece la
colonna sonora, multiforme e bellissima soprattutto laddove
primeggia il violino dell’amico Alexander Barlanescu,
suonato “come un urlo dell’anima”.
Ripensandoci, Amore
Carne potrebbe essere uno stupendo video musicale, nel
quale immagini e note si sposano senza bisogno della parola,
presenza ingombrante incapace di dire l’indicibile.
Amore a
Copenaghen, il film di Netflix, è un
dramma romantico intenso e coinvolgente che esplora i conflitti
individuali nelle relazioni sentimentali. Basato sul romanzo di
Tine Høeg, il film approfondisce le sfide della
maternità e analizza in modo introspettivo il complesso rapporto
che la protagonista sviluppa con il proprio corpo durante l’intero
processo.
Mia era una scrittrice di successo,
i cui libri trattavano principalmente la lotta per trovare l’amore.
Le sue esperienze personali l’avevano profondamente ispirata,
portandola a sviluppare una particolare attrazione per uomini più
giovani. Aveva quasi paura di essere associata a qualcuno della sua
età, forse perché ciò le avrebbe ricordato che non era più la
giovane Mia di un tempo. Tuttavia, nonostante preferisse gli uomini
più giovani, non riusciva a stabilire con loro un legame romantico
profondo.
La sua migliore amica, Gro, le
presentò Emil durante una delle presentazioni del suo libro. Emil,
suo coetaneo, era un archeologo recentemente divorziato, alle prese
con il difficile cambiamento della sua vita. Inizialmente, Mia non
provò alcun interesse per lui, ma successivamente, riflettendo
sulle sue relazioni fallite, decise di dargli una possibilità. Il
fatto che Emil fosse un padre single la colse di sorpresa, ma in
lui c’era qualcosa di irresistibile, e Mia si sentì pronta a fare
il grande passo.
Cosa ha portato Mia allo
sfogo in Amore a Copenaghen?
Mia ed Emil si innamorarono
perdutamente, e lei capì che lui era l’uomo giusto quando lo sentì
raccontare ai suoi figli, Felix e Selma, quanto fosse felice con
lei. Ben presto, Emil la presentò ai suoi bambini e Mia si divertì
a essere una co-genitrice o una “mamma bonus”. Tuttavia, la gioia
della maternità la spinse a desiderare un figlio tutto suo, e Emil
accolse con entusiasmo questa idea. Forse Mia temeva che la
felicità provata con Felix e Selma potesse svanire, e avere un
figlio le sembrava l’unica soluzione per colmare questa paura.
Nonostante i loro tentativi attivi
di concepire, Mia non rimase incinta. Dopo una visita in ospedale,
le fu consigliata l’inseminazione artificiale. Convinta di essere
finalmente incinta, rimase sconvolta quando il test risultò
negativo. Poco dopo, la coppia scoprì che il numero di spermatozoi
di Emil non era ottimale, rendendo la gravidanza ancora più
difficile. Mia dovette assumere farmaci e sottoporsi a iniezioni
per aumentare le probabilità di concepimento.
Lo stress e la frustrazione
iniziarono a sopraffarla. Non poteva fare a meno di chiedersi
perché una donna dovesse affrontare un processo così doloroso,
mentre un uomo poteva continuare a vivere liberamente. Sebbene Emil
si fosse detto pronto a fare tutto il possibile per aiutarla a
concepire, Mia cominciò a dubitare del suo vero impegno. Ma invece
di allontanarla, Emil la rassicurò e decisero di riprovare. Per un
momento, Mia si immerse nella gioia di stare con il suo compagno,
ma la felicità svanì rapidamente quando un altro test risultò
negativo.
Mia impose a Emil di smettere di
bere, di sbarazzarsi dei suoi slip attillati e di fare ogni
possibile sforzo per migliorare la qualità del suo sperma. Nel
frattempo, lavorava al suo prossimo romanzo, un racconto sulla sua
esperienza come “madre bonus”, con un tocco ironico. Tuttavia, la
sua esperienza reale era così estenuante che non riuscì a mantenere
il tono leggero e finì per riversare tutte le sue emozioni nel
manoscritto. Il libro divenne un diario personale, un modo per
elaborare i suoi sentimenti.
Mia iniziò a chiedersi se avrebbe
mai avuto un ruolo stabile nella vita di Emil e dei suoi figli. I
suoi pensieri depressivi e il senso di autosvalutazione presero il
sopravvento. Il sogno della maternità, che doveva essere
un’esperienza colma di gioia, si trasformò in un percorso doloroso
e straziante. Il suo rapporto con il corpo diventò sempre più
complesso: si sentiva “difettosa”, incapace di fare ciò per cui era
“destinata”. Dopo l’ennesimo test negativo, Mia perse il controllo
e sfogò la sua rabbia su Emil, incolpandolo di tutto ciò che stava
vivendo.
Durante una festa, sopraffatta dal
dolore e dalla frustrazione, Mia scappò e baciò uno sconosciuto, ma
subito dopo si rese conto di quanto fosse confusa e turbata. Tornò
a casa, e il mattino seguente si scusò con Emil. Lui, profondamente
innamorato, capiva quanto fosse difficile la situazione per Mia e
decise di perdonarla. Ripresero così a cercare una gravidanza.
In che modo la situazione
di Gro influenzò Mia?
Dopo tre inseminazioni fallite, il
medico suggerì alla coppia di provare la fecondazione in vitro
(FIV). Mia si sottopose a un altro trattamento ormonale per
impedire l’ovulazione. Durante questo percorso, si accorse che i
medici parlavano quasi esclusivamente con lei, escludendo Emil,
nonostante fosse coinvolto quanto lei. Decise quindi di far valere
la sua voce e pretese che il medico si rivolgesse anche a Emil.
Nonostante la difficoltà di
condividere pubblicamente la sua esperienza, Mia trovò il coraggio
di parlarne durante un incontro. Fu sorpresa dal numero di donne
che si riconoscevano nel suo vissuto e si sentì ispirata a scrivere
un libro sulla sua lotta per diventare madre.
Nel frattempo, Simon annunciò che
Gro era incinta, ma per Gro la notizia fu tutt’altro che felice.
Dopo la difficile esperienza vissuta con la gravidanza di Vester,
decise di abortire. Da quando aveva scoperto di essere incinta, era
tormentata da incubi e ricordi traumatici. Il film mostra come due
donne della stessa età potessero vivere esperienze opposte, ma
condividere la sensazione di non avere il controllo sul proprio
corpo. Alla fine, Gro prese la decisione giusta per sé, e Mia la
sostenne senza giudicarla. Mia non poté fare a meno di riflettere
sull’ironia della sorte: mentre lei si sforzava disperatamente di
rimanere incinta, Gro concepì senza volerlo.
Mia ed Emil hanno formato
una famiglia insieme?
Dopo l’ennesimo fallimento, Mia si
allontanò da Emil senza dare spiegazioni. I suoi amici e la sua
famiglia la esortarono a parlargli, ma lei rifiutò categoricamente.
Emil, incapace di accettare la separazione, l’aspettò fuori dal suo
appartamento. Quando finalmente parlarono, lui espresse tutto il
suo amore per lei e il desiderio di non arrendersi.
Mia, però, si sentiva intrappolata
in una vita che non riconosceva più e decise di lasciarlo
definitivamente. Tornò al mondo degli appuntamenti, ma presto capì
che Emil era stato l’unico uomo a sostenerla in ogni momento, anche
nei suoi giorni peggiori. Con questa nuova consapevolezza, Mia
corse da Emil e gli chiese un’ultima possibilità. Lui, nonostante
il dolore vissuto, l’amava ancora.
Nel finale di Amore a
Copenaghen, Mia ed Emil decisero di affrontare il percorso
della FIV con una nuova mentalità, mettendo da parte le pressioni e
concentrandosi solo sul loro amore. Quando arrivò la notizia che la
fecondazione era riuscita, la loro felicità fu immensa: avevano
superato una tempesta e finalmente ottenuto il loro lieto fine.
Dread ha svelato il trailer
ufficiale di Among the Living, il suo
prossimo dramma horror indipendente, che arriverà in sale USA
selezionate il 30 settembre. Il video presenta un fratello
-e-sorella mentre lasciano la città e si recano in campagna a
seguito di un’epidemia di zombi. Among the
Living è scritto e diretto da Rob Worsey. Il
film indipendente post-apocalittico è interpretato d a Dean
Michael Gregory, George Newton e Melissa Worsey. Among the Living è
prodotto da Worsey, Kate Humphries e Oliver Mitchell. Al momento il
film non ha una distribuzione in Italia.
“Rimasto bloccato in campagna
all’indomani di un’epidemia mortale, il fratello maggiore Harry
combatte per proteggere sua sorella minore, Lily, mentre cerca
disperatamente di trovare rifugio con il padre“, si legge
nella sinossi. “Harry e Lily sono determinati a
sopravvivere al loro viaggio mentre si sforzano di evitare una
popolazione infetta con setedi sangue e la maggiore
minaccia di altri sopravvissuti“.
“È importante costruire delle
narrazioni che siano alternative a quelle che sono più diffuse, e
raccontarle attraverso l’invenzione narrativa di un personaggio che
si trova a vivere il conflitto tra quello che gli chiede il dovere
istituzionale e le riflessioni suscitate dal confronto a tu per tu
con degli esseri umani di cui non capisce il dramma.”Alba Bonetti, vice presidente nazionale di
Amnesty International Italia, ha così parlato in
relazione a L’ordine delle cose, il film di
Andrea Segre che racconta il dramma dei migranti
dal punto di vista di un Funzionario del Ministero degli Esteri che
si occupa di stipulare accordi internazionali a tutela della grande
crisi che sta vivendo il Mediterraneo e tutta l’Europa.
“Questo, per noi di Amnesty
International è importante dal punto di vista culturale e della
diffusione di una maggiore comprensione di quello che sta
succedendo – ha continuato la Bonetti – cioè ragionare non
su numeri e statistiche ma su delle vite, perché stiamo parlando di
diritti umani e di vite. Non si tratta di un’invasione perché l’86%
degli immigrati censiti sta fuori dall’Europa. Non è l’Europa
invasa dai migranti, è l’Europa che sta collassando sotto il peso
di politiche irresponsabili e incapaci di dimostrare quella
solidarietà che 70 anni fa ha permesso all’Europa stessa di venire
fuori dalla gigantesca crisi degli immigrati della Seconda Guerra
Mondiale.”
L’ordine delle cose è stato presentato al Festival di Venezia 2017 nell’ambito
degli Eventi Speciali della Mostra.
Aldo,
Giovanni e Giacomo sono pronti a
tornare sul grande schermo, anche solo per un giorno. Il 16
ottobre, infatti, verrà proiettato per la prima (ed ultima) volta
lo show “Ammutta Muddica“, altro grande
capolavoro del trio comico italiano.
Lo spettacolo, basato su storie
ordinarie di personaggi strampalati, presenterà 30 minuti di
scenette inedite, condimento essenziale per una serata unica nel
suo genere.
Ecco Il Trailer:
Attraverso Ammutta
Muddica (con la partecipazione di
Silvana Fallisi), i tre comici hanno deciso di
tornare alle origini e di riavvicinarsi al vasto pubblico. In che
modo? usufruendo di sketch classici e divertenti, prendendo spunto
dai celeberrimi “Corti“.
Per quanto riguarda il botteghino,
infine, i cinema di tutta Italia stanno già pregustando la serata:
lo spettacolo teatrale ha di fatto registrato il tutto esaurito,
con più di 180 mila biglietti staccati, confermando lo show come
“il più visto” della stagione.
Tre anni fa i Manetti
Bros. Avevano stregato pubblico e critica alla
Festa del Cinema di Roma con Song’ e
Napule e stavolta sono decisi a conquistare la Laguna. E’
stato presentato oggi il loro nuovo film, Ammore e
Malavita, che sembra già aver fatto strage di cuori.
La storia si svolge come sempre
nella bella città di Napoli dove il boss Don Vincenzo, dopo aver
subito un’aggressione, sembra deciso a ritirarsi dagli affari
insieme a sua moglie e a lasciare tutte le sue attività in gestione
ai suoi body guard, Ciro e Rosario. La banda decide così di
inscenare la morte del boss ma qualcosa nel loro piano va
storto…
Conosciuti e amati dal pubblico per
la famosa serie tv L’ispettore
Coliandro e per il già citato Song’ e
Napule, che ha avuto un grande successo,
Antonio e Marco Manetti provano a fare il bis
portando il loro film pop e di genere in concorso alla
Mostra del Cinema di Venezia sperando di riuscire
a sbaragliare l’ingombrante concorrenza e fare breccia nel cuore
dei giurati.
Ammore e Malavita, il film
Il boss della malavita napoletana
Don Vincenzo (Carlo
Buccirosso), detto “o’ re do pesce”, dopo essere
sopravvissuto quasi per miracolo ad un agguato, è deciso ad
‘abdicare’ al suo trono e a lasciare tutto in gestione alle sue
Tigri, le temibili guardie del corpo, Rosario (Raiz) e Ciro (Giampaolo
Morelli). Ma per uscire di scena ha bisogno di un
piano strategico che gli viene fornito da sua moglie Maria
(Claudia
Gerini), piano che purtroppo andrà a gambe all’aria a
causa dell’intromissione di Fatima (Serena
Rossi), un’infermiera che si trovava al posto
sbagliato e al momento sbagliato.
I Manetti Bros.
fanno il pieno di applausi qui a Venezia 74 con l’attesissimo
Ammore e Malavita, arruolando lo stesso
meraviglioso cast di attori – più qualche new entry – e presentando
al festival un nuovo ed irresistibile film destinato a diventare un
vero e proprio cult. Un po’ gangster movie e un un po’ action, la
nuova fatica cinematografica dei fratelli Marco e Antonio sembra
stavolta avere una marcia in più; mentre nel precedente Song’ e
Napule si parlava solo di musica, nel caso di Ammore e
Malavita si tratta di un musical a tutti gli effetti.
Le musiche originali di
Pivio & Aldo De Scalzi e le liriche del cantautore
Nelson – vincitore nel 2014 del David di Donatello
per la canzone A’ Verità, scritta a quattro mani
con Franco Ricciardi -, sostituiscono di fatto le
battute dei personaggi che, cantando, rendono la storia molto più
fresca e scorrevole. Ancora una volta dunque i Manetti ci
raccontano di Napoli e della sua malavita in maniera del tutto
originale e irresistibilmente verace; i dialoghi sono pieni di
battute brillanti e le canzoni, in pieno stile neomelodico, sono a
dir poco travolgenti e trasformano il film in una sorta di moderna
sceneggiata napoletana. Non passa infatti inosservata la presenza
del grande Pino Mauro, cantante partenopeo con una
grande tradizione musicale alle spalle.
Ottima prima prova anche di
Raiz, all’anagrafe Gennaro Della Volpe, cantante
degli Almamegretta dal 1991, perfetto nella parte
del killer del boss, uno dei personaggi più oscuri del film. Ad un
incredibile Carlo Buccirosso – che potrebbe anche
arrivare a competere per la Coppa Volpi – si
affianca inoltre una straordinaria Claudia Gerini
che, dopo lo splendido film tv diretto da Lina
Wertmüller dal titolo Francesca e
Nunziata del 2002, torna a recitare in un perfetto
dialetto napoletano con una tale disinvoltura da far quasi
dimenticare le sue origini romane.
E come non citare il sempre
affascinante Giampaolo Morelli che stavolta,
svestiti i panni dell’esuberante Lollo Love, si trasforma
in una sorta di killer sociopatico, con l’agilità di un ninja e la
forza di un soldato, capace di far fuori un plotone di sicari
armati fino ai denti in pochi secondi. Non possiamo dimenticare
ovviamente la bella Serena Rossi, protagonista di una delle scene
più epiche del film; nonostante la colonna sonora sia completamente
originale, per la scena in questione i registi hanno pensato di
adattare un testo inedito in napoletano alla melodia di
What a Feeling, da Flashdance,
canzone che segna l’incontro tra Ciro e Fatima, i due amanti
sfortunati del film.
Ammore e Malavita
è un’opera straordinaria, un film che parla di camorra ma che rema
contro la corrente del ‘gomorrismo’, un piccolo capolavoro di
genere che vi farà ridere ed emozionare, cantare e ballare come se
non ci fosse un domani e pianificare una vacanza nella bella
Napoli.
In occasione di Venezia
74 abbiamo avuto il piacere di intervistare i
Manetti Bros registi di Ammore e
malavita, il loro nuovo film ambientato nella città di
Napoli.
Il nuovo film
dei Manetti bros vede protagonisti
Giampaolo Morelli, Serena
Rossi, Claudia
Gerini, Carlo Buccirosso
e Raiz – Il film è una produzione
MADELEINE e MANETTI BROS. FILM con RAI CINEMA in
collaborazione con TAM TAM FOTOGRAFIE e
MOMPRACEM e distribuito da 01
Distribution. Le musiche originali invece sono
state composte da Pivio & Aldo De Scalzi.
Ammore e malativa, la trama
Napoli. Ciro (Giampaolo Morelli) è un temuto killer.
Insieme a Rosario (Raiz) è una delle due “tigri” al servizio di don
Vincenzo (Carlo Buccirosso), “o’ re do pesce”, e della sua astuta
moglie, donna Maria (Claudia Gerini). Fatima (Serena Rossi) è una
sognatrice, una giovane infermiera. Due mondi in apparenza così
distanti, ma destinati a incontrarsi, di nuovo.
Una notte Fatima si trova nel posto sbagliato nel momento
sbagliato. A Ciro viene dato l’incarico di sbarazzarsi di quella
ragazza che ha visto troppo. Ma le cose non vanno come previsto. I
due si trovano faccia a faccia, si riconoscono e riscoprono, l’uno
nell’altra, l’amore mai dimenticato della loro
adolescenza.
Per Ciro c’è una sola soluzione: tradire don Vincenzo e donna
Maria e uccidere chi li vuole uccidere. Nessuno può
fermare l’amore.Inizia così una lotta senza quartiere tra
gli splendidi scenari dei vicoli di Napoli e il mare del golfo. Tra
musica e azione, amore e pallottole.
LaÈ stato presentato in Concorso
nella selezione ufficiale della 74° Mostra d’Arte Cinematografica
di Venezia, Ammore e Malavita, il nuovo film dei
Manetti Bros.
Di seguito potete vedere il primo
trailer del film che arriverà in sala il prossimo 5 ottobre. Nel
cast del film Giampaolo
Morelli, Serena
Rossi, Claudia
Gerini, Carlo Buccirosso
e Raiz.
La trama di Ammore e Malavita
Napoli. Ciro (Giampaolo Morelli) è
un temuto killer. Insieme a Rosario (Raiz) è una delle due “tigri”
al servizio di don Vincenzo (Carlo Buccirosso), “o’ re do pesce”, e
della sua astuta moglie, donna Maria (Claudia Gerini). Fatima
(Serena Rossi) è una sognatrice, una giovane infermiera. Due mondi
in apparenza così distanti, ma destinati a incontrarsi, di
nuovo.
Una notte Fatima si trova nel posto
sbagliato nel momento sbagliato. A Ciro viene dato l’incarico di
sbarazzarsi di quella ragazza che ha visto troppo. Ma le cose non
vanno come previsto. I due si trovano faccia a faccia, si
riconoscono e riscoprono, l’uno nell’altra, l’amore mai dimenticato
della loro adolescenza.
Per Ciro c’è una sola soluzione:
tradire don Vincenzo e donna Maria e uccidere chi li vuole
uccidere. Nessuno può fermare l’amore. Inizia così una lotta senza
quartiere tra gli splendidi scenari dei vicoli di Napoli e il mare
del golfo. Tra musica e azione, amore e pallottole.
Dopo il successo dell’esordio
God’s Own Country, Francis
Lee porta alla Festa del Cinema di Roma
la sua opera seconda Ammonite, in cui,
puntando sulla coppia Winslet-Ronan, torna ad
affrontare il tema delle relazioni e della loro difficoltà in un
mondo duro e aspro come le scogliere del Dorset, in cui il lavoro e
il sostentamento della famiglia vengono sempre prima della propria
felicità.
Ammonite– la trama
Anni ’40 dell’Ottocento. La
paleontologa autodidatta Mary Anning, Kate Winslet, lavora solitaria sulle coste del
Dorset alla ricerca di fossili – l’ammonite è appunto il fossile
più comune. Le sue scoperte passate sono lontane e ora lavora solo
per vendere qualcosa ai turisti e guadagnare ciò che serve per il
sostentamento suo e dell’anziana madre. Ciò che le riesce appena.
Quando un ricco turista, Roderick Murchison, James
McArdle si presenta da lei con la giovane moglie
Charlotte, Saoirse Ronan, e le chiede di assistere al suo
lavoro in cambio di un lauto pagamento, lei non è in condizione di
rifiutare. Lo stesso avviene quando Murchison decide di affidare
Charlotte, che si sta riprendendo da un momento difficile, nelle
mani di Ann, mentre lui prosegue il suo tour per l’Europa. Le due
donne scopriranno una comune solitudine e tra loro nascerà
un’appassionata storia d’amore.
Mary Anning, una figura
femminile poco valorizzata
Nell’incentrare il suo secondo
lavoro sulla figura poco nota della paleontologa Mary Anning, il
regista e sceneggiatore Francis Lee intendeva,
come lui stesso ha chiarito: “continuare il lavoro iniziato con
God’s Own Country sulle relazioni e su come ci
muoviamo all’interno di esse. Quindi, parlare di Mary in una
relazione intima”. Dunque l’interesse di Lee
era sì mostrare il lavoro di Mary come scienziata, ma ancor più
focalizzarsi sui suoi bisogni dal punto di vista emotivo e
relazionale, a lungo relegati in un angolo, che trovano
nell’incontro con Charlotte lo spazio per esprimersi.
Ecco dunque l’inserimento di una
storia d’amore omosessuale, liberamente inventata da
Lee, che scompagina l’austero equilibrio della
protagonista. Della figura di Mary infatti si sa poco e non vi è
quasi nulla di scritto, ancor meno sulla sua vita privata. Dunque,
con assoluta libertà creativa il regista ha immaginato la relazione
con la giovane e ricca Charlotte.
Nonostante la bravura
delle protagoniste, Kate Winslet e SaoirseRonan – il regista
ritrova anche Alec Secareanu e Gemma
Jones – l’idillio amoroso è poco coinvolgente e non sembra
apportare un vero cambiamento nella vita delle due donne. Non si
sente insomma, quella sensazione di ineluttabilità dello stare
insieme, quella necessità che fa si che la relazione cambi davvero,
radicalmente e per sempre, le vite delle protagoniste. Il laconico
finale ne è una conferma. Non si è emotivamente trascinati,
nonostante l’amore passionale. L’incedere del film è lento, ricco
di pause e silenzi, scanditi dai brani al pianoforte della colonna
sonora.
Lee non coglie a
pieno l’opportunità offerta dalla figura di donna forte ed
emancipata che Mary Anning rappresenta. Una donna della working
class, che ha dovuto rimboccarsi le maniche fin da bambina a
causa della precoce morte del padre, completamente autodidatta, la
cui scoperta paleontologica più importante, fatta a 11 anni – un
fossile di ittiosauro – è conservata al British Museum. Una donna
che ha dovuto farsi strada in un mondo di uomini e che, svanita la
fama, ha continuato ad occuparsi con dedizione del suo lavoro. Le
tematiche sociali, sia in relazione all’appartenenza di classe, che
di genere avrebbero meritato più attenzione e spazio, dando così il
giusto risalto ad uno spirito libero ed indipendente in un’epoca
ancora fortemente influenzata da dogmi e convenzioni.
Una messa in scena realistica
Visivamente
Ammonite è curatissimo e l’aspra natura
delle coste inglesi del Dorset, con il freddo, l’umidità, la terra
e il costante rumore del mare vanno di pari passo con l’animo di
Mary, indurito da anni di fatica e solitudine. Il regista ha voluto
una messinscena più realistica possibile e si è affidato per la
fotografia a Stéphane Fontaine e per i
costumi a Michael O’Connor. Tuttavia,
Lee perde sia l’opportunità di aggiungere qualcosa
alla geografia dei sentimenti disegnata fin qui, sia quella di
allargare maggiormente il discorso alla sfera sociale e culturale,
rendendo il lavoro di più ampio respiro.
“Tutto quello che vedete relativo ai
fumetti, non è messo a caso”Avi Arad
conferma in questo modo indiretto che sia l’Ammazzaragni che la
Gatta Nera compariranno nei prossimi adattamenti cinematografici di
Spider-Man.
Abbiamo visto BJ
Novak come Alistair Smythe e Felicity
Jones come Felicia Hardy in The Amazing Spider-Man 2
e come ci ha detto Matt Tolmach
e come poi ha confermato Arad, saranno sicuramente personaggi che
rivedremo presto!
Vi ricordiamo che i progetti legati
ai Sinistri Sei e a Venom sono in fase di sviluppo, mentre The
Amazing Spider-Man 2 uscirà al cinema il prossimo 23 aprile.
In The Amazing Spider-Man 2, per Peter
Parker (Andrew Garfield) affronta la vita
post diploma. Lasciatosi alle spalle le scuole superiori si è
ritrovato sempre più impegnato vestendo i panni di Spiderman,
senza, però, dimenticare la promessa fatta al padre di Gwen
(Emma Stone): proteggerla. A disturbare gli
equilibri ci penserà l’arrivo di un nuova nemesi, Electro
(Jamie Foxx) ed il ritorno di un vecchio amico,
Harry Osborn (Dane DeHaan).
Sono stati 225.000 gli spettatori
che lo scorso ottobre, da 25 diversi paesi, si sono collegati in
diretta via satellite con il National Theater di
Londra per la trasmissione di
Amleto di
Shakespeare, con il candidato all’Oscar
Benedict Cumberbatch nel ruolo del protagonista
della tragedia di Shakespeare diretta da
Lyndsey Turner: un record assoluto per il progetto
del National Theatre Live. Ora quello spettacolo straordinario, che
ha già conquistato la critica di tutto il mondo, arriva anche in
Italia in anteprima al Torino Film Festival venerdì 27
novembre alle 21 al Cinema Reposi dove sarà presentato da
Emanuela Martini e Marì Alberione (Festa Mobile/Palcoscenico –
Fuori concorso). Il film sarà poi trasmesso nei cinema
italiani il 19 e 20 aprile (dettagli sulla data e i cinema
a breve disponibili su www.nexodigital.it) come evento per
il quattrocentesimo anniversario della morte del
poeta, nell’ambito del progetto che propone su grande
schermo il meglio delle produzioni del teatro londinese in lingua
originale sottotitolato in italiano.
In questo modo le
celebrazione dei 400 anni dalla morte di Shakespeare
(1564-1616) arriveranno nelle sale di tutta Italia per un evento
attesissimo che proporrà agli appassionati di teatro, letteratura e
cinema una delle tragedie più famose del poeta di
Stratford-upon-Avon nell’acclamata produzione del National
Theatre.
Benedict
Cumberbatch, amatissimo e noto al grande pubblico per
The Imitation Game e per la serie di successo mondiale
Sherlock, ha dichiarato “È veramente emozionante poter
aprire la nostra produzione teatrale di Amleto ad un più vasto
pubblico con il National Theatre Live. L’idea che le persone che,
per un qualsiasi motivo, non possono raggiungere il teatro possano
invece unirsi a noi per una notte nelle sale cinematografiche di
tutto il mondo è straordinaria. Ogni proiezione sarà senza dubbio
caratterizzata da una propria atmosfera, ma ovunque si stia
guardando lo spettacolo, grazie alla brillante squadra del National
Theatre Live, sarete proprio nel cuore dell’azione e nel miglior
posto disponibile in sala”.
CAST E CREDITI
Barry Aird
(Soldier), Eddie Arnold (Danish Captain, Servant),
Leo Bill (Horatio), Siân Brooke
(Ophelia), Nigel Carrington (Servant, Cornelius),
Ruairi Conaghan (Player King), Benedict
Cumberbatch (Hamlet), Rudi Dharmalingam
(Guildenstern), Colin Haigh (Priest, Messenger),
Paul Ham (Official), Diveen Henry
(Player Queen, Messenger), Anastasia Hille
(Gertrude), Ciarán Hinds (Claudius), Kobna
Holdbrook-Smith (Laertes), Karl Johnson
(Ghost of Hamlet’s father), Jim Norton (Polonius),
Amaka Okafor (Official), Dan Parr
(Barnardo), Jan Shepherd (Courtier), Morag
Siller (Voltemand), Matthew Steer
(Rosencrantz), Sergo Vares (Fortinbras) e
Dwane Walcott (Marcellus).
Le scenografie sono di Es
Devlin i disegni dei costumi di Katrina
Lindsay, il video di Luca Halls,
illuminazione di Jane Cox, musiche di Jon
Hopkins, suono di Christopher Shutt,
movimenti di Sidi LarbiCherkaoui
e combattimenti di Bret Yount.
BENEDICT
CUMBERBATCH
Benedict Cumberbatch è un
pluripremiato attore teatrale, televisivo e cinematografico. I suoi
recenti lavori teatrali per il National Theatre includono Dopo
la Danza e la produzione teatrale di Danny Boyle
Frankenstein, grazie a cui ha ricevuto un Olivier e
riconoscimenti della critica come migliore attore dall’Evening
Standard e dal Circle. Attualmente è meglio conosciuto per aver
interpretato il ruolo principale in “Sherlock” della BBC e lo si
vedrà il prossimo anno, nel ruolo di Riccardo III in The Hollow
Crown: The Wars of the Roses. Tra i film in cui ha
lavorato: Tinker Tailor Soldier Spy, Star Trek Into
Darkness, 12 Anni Schiavo, Il Quinto Stato,August: Osage County e il ruolo di Smaug nella trilogia de
Lo Hobbit. Cumberbatch è stato nominato ai BAFTA, al
Golden Globe e agli Oscar per il suo ruolo come Alan Turing nel
film The Imitation Game.