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“You know nothing, Vin Diesel” Rose Leslie in Last Witch Hunter

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“You know nothing Jon Snow”. La bella e selvaggia Ygritte ha pronunciato per l’ultima volta la sua celebre battuta ai piedi del Castello Nero e adesso la sua interprete, Rose Leslie, è libera di far andare avanti la sua carriera lontano da Game of Thrones. The Hollywood Reporter ha infatti diffuso la notizia che la rossa attrice si è unita al cast di Last Witch Hunter, accanto proprio a Vin Diesel.

Il ruolo di Rose, come è facile intuire, sarà quello di una strega! Il film sarà ambientato nella moderna New York e seguirà i due personaggi che cercheranno di fermare l’ascesa al potere di una malvagia regina delle streghe. Chissà se Vin Diesel si lascerà zittire e domare con la stessa facilità di Kit Harington!

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Fonte: CBM

“Un lato di Robin che la gente conosceva poco”: Sally Field condivide il suo ricordo di Robin Williams

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Tra pochi giorni, l’11 agosto, ricorrerà il decennale dalla tragica scomparsa di Robin Williams. In vista di tale occasione, l’attrice Sally Field ha rivelato una toccante storia del periodo in cui ha lavorato con l’attore in Mrs. Doubtfire. Il film vede Daniel Hillard (Robin Williams) assumere le sembianze di una perfetta tata di nome Mrs. Doubtfire per poter passare del tempo con i suoi figli dopo averne perso la custodia in seguito a un divorzio conflittuale con Miranda (Field). La miscela di commedia esilarante e dramma sentito ha contribuito a rendere Mrs. Doubtfire uno dei migliori film dell’impressionante carriera di Williams.

Vanity Fair ha parlato con molti co-protagonisti, collaboratori creativi e amici di Williams, tra cui, appunto, la Field, la quale ha raccontato di come lui l’abbia aiutata quando ha saputo che suo padre era morto durante le riprese. “Non ho mai condiviso questa storia prima d’ora. Ero nel camper fuori dall’aula di tribunale dove stavamo girando la scena del divorzio. Mio padre aveva avuto un ictus un paio di anni prima e si trovava in una casa di cura. Ho ricevuto una telefonata dal medico che mi diceva che mio padre era morto – un ictus grave.

Mi chiese se volevo che lo mettessero in rianimazione. Io dissi: “No, non lo voleva. Lasciatelo andare. E per favore, chinatevi e dite: ‘Sally ti saluta’“. Naturalmente ero fuori di me. Arrivai sul set cercando con tutte le mie forze di recitare. Non stavo piangendo. Robin si avvicinò, mi tirò fuori dal set e mi chiese: “Stai bene?“. E ha fatto in modo che girassero scene in cui non ero prevista per il resto della giornata. Ho potuto tornare a casa mia, chiamare mio fratello e prendere accordi. È un lato di Robin che la gente conosce raramente: era molto sensibile e intuitivo“.

“Un film su Ms. Marvel? Lo dirigerei gratis”, parola di…

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“Un film su Ms. Marvel? Lo dirigerei gratis”, parola di…

A quanto pare un progetto su un eroe Marvel al femminile che non ha nulla da chiedere e da invidiare ai colleghi Thor, Iron Man e Cap fa gola a molte persone. Addirittura un regista ha dichiarato su Twitter che sarebbe disposto anche a dirigerlo gratis. Si tratta di Lexi Alexander, regista di Punisher War Zone.

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La regista, durante una sessione di domande e risposte sul social, ha dichiarato che sarebbe disposta a dare via la sua paga per dirigere una storia incentrata su Kamala Khan. Si tratta dell’alter ego di Ms. Marvel, possiamo quindi dire con un buon margine di certezza che, dal momento che in cantiere bolle il progetto Captain Marvel con Carol Danvers protagonista, è improbabile che nell’immediato futuro ci sia spazio anche per Kamala.

Staremo però a vedere. Che ne pensate?

Vi ricordiamo che Capitan Marvel  arriverà al cinema il 2 Novembre 2018. Al momento non è stato ufficializzato né regista né attrice protagonista.

Fonte: Twitter

“Sono passati alcuni secoli”: Russell Crowe ha una risposta brillante al casting del reboot del film Highlander

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Russell Crowe è ufficialmente entrato nel cast del nuovo film Highlander e ha dato una risposta brillante. L’attore premio Oscar, che ha ottenuto il riconoscimento per il suo ruolo in Il gladiatore (2000), interpreterà l’immortale Juan Sánchez-Villalobos Ramírez, che nel film originale era la figura mentore di Connor MacLeod, interpretato da Christopher Lambert. Crowe reciterà al fianco di Henry Cavill, che interpreterà MacLeod nel reboot di Highlander, l’epico film del 1986.

In un post sul suo account Twitter personale, Crowe ha pubblicato un link all’annuncio di casting di Variety e ha confermato la notizia. Spiegando che “sono passati alcuni secoli”, il vincitore dell’Oscar ha sottolineato che “tornerà nelle Highlands con una spada” quando il film uscirà ufficialmente. Date un’occhiata al suo post qui sotto:

Negli hashtag alla fine del suo post, la star ha accennato al coinvolgimento del clan Fraser of Lovat di Wemyss, così come del clan Macdonald of Clanranald. Ha anche promesso che “ce ne può essere solo uno”, alludendo alla missione singolare di tutti gli Immortali nella saga di Highlander.

Cosa significa questo per il casting di Crowe in Highlander

Se questo post è indicativo, Crowe sta già dimostrando di essere all’altezza del suo casting, il che non è particolarmente sorprendente. Come ha dimostrato la sua interpretazione vincitrice di un Oscar in Il gladiatore, è un attore straordinario, capace di conferire gravitas ai suoi ruoli con apparente facilità. È perfetto nei film storici epici, avendo recitato in ruoli importanti in 3:10 to Yuma (2007), Master and Commander: The Far Side of the World (2003), American Gangster (2007) e nel prossimo Nuremberg (2025). Crowe ha anche recitato in film horror, dimostrando di avere la versatilità necessaria per questo ruolo.

Il ruolo del mentore in Highlander è particolarmente importante, dato che sarà proprio Crowe a introdurre MacLeod, interpretato da Cavill, alla realtà dell’immortalità. Ramírez è anche una figura fondamentale per la motivazione del personaggio, poiché MacLeod è costretto a vendicare il suo mentore dopo l’attacco di Kurgan. Il secolare Ramírez non ha molto tempo a disposizione sullo schermo, il che significa che deve mantenere una forte presenza per rimanere impresso nella memoria del pubblico. Crowe è l’attore perfetto per dare un’interpretazione intensa a un ruolo limitato.

“Rose Madder” di Stephen King andrà al cinema

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La bibliografia di Stephen King è stata già ampiamente saccheggiata dal cinema, con esiti alterni e i titoli che non hanno ancora trovato una trasposizione cinematografica sono veramente pochi; tra questi vi è “Rose Madder” che, forse per il suo mescolare realtà e paesaggi fantasy, appariva di trasposizione un pò complicata… almeno finora, visto che, come scrive Empire, la Paloma Pictures sembra aver aver messo in cantiere il progetto.

Il romanzo, uscito nel 1995, narra una storia di abusi domestici, con la fuga di una donna continuamente vittima delle violenze del marito, che pian piano si trasforma in qualcosa di molto diverso, ispirandosi in parte ai miti greci, mescolando piano reale e fantastico. L’adattamento dovrebbe essere scritto da Naomi Sheridan. In tema di adattamenti ‘kinghiani’, appare sulla buona strada la miniserie televisiva basata su “The Dome”, progettata dalla Showtime;  il libro narra di una delle tipiche cittadine descritte nei libri dell’autore di Portland, che si ritrova improvvisamente separata dal resto del mondo; a scrivere la serie sarà Brian K. Vaughan, già scenggiatore di Lost, oltre che prolifico scrittore di fumetti (suoi, tra gli altri: Y, L’ultimo uomo e Ex Machina).

“Roman Polanski ha sempre ragione”, il cast di The Palace presenta il film a Venezia

È stato presentato Fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia il film The Palace, il nuovo lungometraggio del regista premio Oscar Roman Polanski ambientato al Palace Hotel, uno straordinario castello progettato all’inizio del 1900 che si trova nel bel mezzo di una valle svizzera innevata, dove ogni anno convergono da tutto il mondo ospiti ricchi e viziati, in un’atmosfera gotica e fiabesca. La festa di Capodanno 2000 li ha riuniti tutti in un evento irripetibile. Al servizio delle loro stravaganti esigenze c’è uno stuolo di camerieri, facchini, cuochi e receptionist. Hansueli, zelante direttore dell’albergo, passa in rassegna lo staff prima dell’arrivo degli ospiti, ribadendo che, pur essendo l’alba del nuovo millennio, non sarà la fine del mondo.

In effetti quella che si prepara è davvero una guerra combattuta a colpi di stravaganze ed eccentricità degli ospiti dell’hotel. Le varie storie danno vita a una commedia assurda, nera e provocatoria. È la fine del 1999: non solo l’epilogo di un secolo, ma la fine di un intero e controverso millennio, e nell’aria aleggia il Millennium Bug. Polanski torna dunque ad uno dei suoi filoni prediletti, quello della satira, ponendo alla berlina l’umanità e le direzioni da essa intrapresa. Polanski non è però potuto essere a Venezia per presentare il film, lasciando dunque tale onore al suo cast di attori, composto da Luca Barbareschi, Fortunato Cerlino, Fanny Ardant, Mickey Rourke, Oliver Masucci e Milan Peschel.

L’esperienza di produrre Roman Polanski

Questo è un film per molto importante, come lo sono stati gli altri realizzati con Polanski. – esordisce Barbareschi in conferenza stampa – È un film di attori, corale, in cui Roman ha voluto dar vita ad un affresco straordinario di cosa è diventato questo mondo oggi”. Barbareschi, oltre ad essere tra i protagonisti del film, ne è anche produttore e proprio di questa esperienza ha voluto parlare, affermando che “Lavorare con Roman è meraviglioso, perché produttivamente ha sempre ragione. Produrre un suo film quindi non è facile ma siamo felici di averlo fatto per questo che è ben più che una commedia. Un’opera speciale, che dopo L’ufficiale e la spia propone una storia molto divertente, quasi balzacchiana”.

“Polanski ha compiuto 90 anni quest’anno, ma ha un’energia impressionante. Spero di fare presto un altro film insieme. Penso inoltre che il direttore artistico della Mostra del Cinema sia stato molto coraggioso ad invitarci, perché è giusto che un evento come questo punti a rappresentare ogni sfumature del cinema e dei suoi linguaggi. E penso che non possa e non debba esserci un giudizio morale sull’arte. Ancora non mi spiego perché L’ufficiale e la spia non sia stato distribuito nei paesi anglosassoni, ma poi è anche così che si scatenano le guerre, negando all’arte di circolare e toccare il cuore e la mente delle persone”.

The Palace Luca Barbareschi

Recitare per Polanski in The Palace

Barbareschi passa poi a parlare del personaggio da lui interpretato, un anziano porno attore di nome Bongo. “È un personaggio emblematico di questo secolo, dove il nuovo Dio è il selfie, ovvero l’egocentrismo. Bongo è un egoriferito, pensa solo al proprio bagaglio di vita. Ma la cosa divertente di una pornostar è che invecchiando lo riconoscono solo i vecchi e quindi si deve confrontare con questo declino. È quindi anche una metafora di un mondo sessualizzato, dove tutto è pornografia”. Nel film recita anche l’attrice francese Fanny Ardant, che ha racconto di aver ritrovato con The Palace “la gioia di lavorare con un uomo appassionato, che ricerca l’assoluto in ogni particolare”.

Barbareschi non è stato però l’unico italiano a recitare nel film, dove possiamo ritrovare anche Fortunato Cerlino, nel ruolo di Tonino, receptionist dell’albergo. “È stato un grande privilegio aver lavorato con un simile maestro. ha dichiarato l’attore –  Mi piace associare questo film ad una commedia dell’arte. Ogni personaggio porta sostanzialmente una maschera e così nel corso del racconto ci ritroviamo davanti agli occhi qualcosa di molto buffo ma anche profondamente tragico. Perché come diceva Cechov, quando sei davanti a qualcosa di estremamente tragico allora non puoi che ridere”.

La parola passa poi a Oliver Masucci, interprete del diretto del The Palace: “volevo lavorare con Roman e cercavo di farlo da tempo. Inizialmente per il personaggio che interpreto in The Palace aveva pensato a Christoph Waltz, il quale però non ha potuto partecipare. Così sono arrivato io e lavorare con Roman è stato come trovarsi in teatro, dove puoi provare più volte le scene, trovare il giusto punto di vista.” Anche Milan Peschel si unisce alle lodi nei confronti di Polanski, affermando di aver trovato in lui un regista aperto all’improvvisazione e capace di comunicare molto con poco.

“Racconto il controcampo dell’immigrazione”, Matteo Garrone presenta Io Capitano a Venezia

Il regista Matteo Garrone arriva per la prima volta in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia per presentare il suo nuovo film, Io Capitano (qui la recensione), storia dell’avventuroso viaggio di Seydou (Seydou Sarr) e Moussa (Moustapha Fall), due giovani cugini che decidono segretamente di lasciare Dakar, capitale del Senegal, per raggiungere l’Europa, con l’obiettivo di poter inseguire il sogno di diventare celebrità nel campo della musica. Lasciandosi alle spalle le proprie famiglie, per i due ha così inizio un’Odissea contemporanea attraverso le insidie del deserto, gli orrori dei centri di detenzione in Libia e i pericoli del mare.

Io Capitano, una storia che arriva da lontano

“La storia mi è venuta in mente diversi anni fa, quando mi fu raccontato di questo adolescente che da solo aveva guidato un’imbarcazione con circa 250 persone a bordo. – racconta Matteo GarroneUna volta arrivato a destinazione, travolto dall’emozione di aver portato tutti in salvo ha iniziato a gridare “io capitano, io capitano”. Però mi sentivo in imbarazzo, da borghese, a pensare di raccontare quella storia e i suoi retroscena. Poi, qualche anno dopo, ho incontrato il ragazzo che quel finale lo ha vissuto, il cui nome è Fofanà, e quell’incontro mi ha riavvicinato a quel racconto, motivandomi a riprenderlo in mano”

“A quel punto abbiamo deciso di costruire questo film seguendo i canoni del racconto d’avventura e del viaggio dell’eroe e così spero sarà accessibile anche ai più giovani che potranno sensibilizzarsi all’argomento”, continua Garrone. “Bisogna infatti sapere che ci sono tanti tipi di immigrazione, quella raccontata in Io Capitano è legata al fatto che il 70% della popolazione africana è composta da giovani e questi giovani sono influenzati dalla globalizzazione occidentale, di cui penso sia importante raccontare gli effetti sulle popolazioni.” – afferma poi Matteo Garrone, aprendo la conferenza stampa.

“Hanno dunque il desiderio legittimo di voler accedere ad un futuro migliore, così come noi da giovani volevamo scoprire l’America. A noi però bastava prendere un aereo per arrivare lì, mentre loro devono affrontare un viaggio rischioso e potenzialmente mortale. Il film affronta quindi una parte di immigrazione di cui a volte si parla meno ma che esiste, ovvero quella dei giovani che vogliono scoprire il mondo e avere maggiori opportunità e che non per forza scappano da situazioni di guerra”, conclude il regista.

Io Capitano Matteo Garrone Mamadou Kouassi

La scrittura della sceneggiatura e la ricerca degli attori

Tra gli autori della sceneggiatura, oltre a Garrone, Massimo Gaudioso e Andrea Tagliaferri, vi è anche Massimo Ceccherini. Il regista ha dunque speso due parole per chiarire il ruolo avuto da quest’ultimo nella realizzazione del progetto. “Massimo mi ha aiutato molto nella scrittura di questo film, che è un racconto di avventure popolari. – spiega Garrone – Massimo viene dal popolo e quindi quando abbiamo scritto la sceneggiatura ha apportato la sua conoscenza di certe dinamiche che a me sono estranee. In sostanza, m ha aiutato a ricercare una purezza del racconto che si sposa con quella dei protagonisti”.

Fondamentale però è stato anche il lavoro di ricerca sul campo, necessario affinché si potesse raccontare la verità su ciò che avviene durante questo viaggio verso l’Europa. “Abbiamo fatto un grosso lavoro di documentazione, durato qualche anno, e poi per cercare di raccontare questa storia ci siamo affidati a chi queste vicende le ha vissute in prima persona. – racconta Garrone – È stato un lavoro assolutamente collettivo, reso possibile grazie a persone come Mamadou Kouassi, che mi hanno raccontato le loro storie al servizio delle quali io ho potuto mettere le mie conoscenze tecniche“.

La parola passa allora proprio a Kouassi, collaboratore alla sceneggiatura, che afferma: “ho vissuto l’esperienza di quel viaggio, delle prigioni libiche, della paura e degli orrori e tutto questo l’ho ritrovato in Io Capitano. Matteo ci porta davvero nel mondo dell’immigrazione e sono orgoglioso di aver potuto contribuire a dare voce a chi non ce l’ha. Sostanzialmente, raccontiamo la storia di ogni singolo immigrato che ha vissuto questa avventura. Partire vuol dire andare incontro alla morte, veramente questa è la realtà che si verifica ma scegliamo di affrontarla perché è giusto perseguire i propri diritti. Siamo obbligati, in un certo senso”.

Io Capitano Seydou Sarr Moustapha FallRiguardo gli interpreti dei due giovani protagonisti, Seydou Sarr e Moustapha Fall, Garrone racconta di averli cercati dappertutto, giungendo infine ad una consapevolezza inevitabile. “Abbiamo cercato gli attori giusti in tutta Europa, – racconta il regista – ma alla fine li abbiamo trovati in Senegal. Ci siamo infatti resi conto che lo sguardo di una persona di lì ha naturalmente una qualità diversa sull’argomento“. Parlando dei due protagonisti, Garrone riconosce infine che “qualcosa di Pinocchio c’è in questo film, che si sposa con la storia di questi ragazzi. Collodi cercava di mettere in guardia i piccoli dai pericoli del mondo circostante. I protagonisti qui inseguono il paese dei balocchi, tradendo i propri cari e poi finiscono con lo scontrarsi con una realtà molto dura, che richiama un po’ anche Gomorra“.

Io Capitano, dal 7 settembre al cinema

Garrone ha infine parlato di come abbia a lungo rimandato la realizzazione di questo film non sentendosi sicuro di avere il diritto di raccontarla, in quanto non avendo vissuto quel tipo di esperienza. La sua opinione è però poi cambiata nel tempo, arrivando ora a poter affermare che “il film nasce da un lavoro collettivo tra il mio sguardo e le loro testimonianze e da sempre credo che l’arte sia legata a delle contaminazioni, un artista non deve parlare solo di ciò che riguarda la sua vita, altrimenti l’arte si impoverirebbe. Penso sia giusto giudicare l’opera in base alla sua sincerità e non a chi l’ha fatta. L’opera rimane, noi no”.

Non si dovrà aspettare molto prima di poter vedere film che, dopo la prima proiezione pubblica a Venezia il 6 settembre, uscirà nelle sale italiane, con 203 copie, dal 7 settembre, distribuito da 01 Distribution. È stato inoltre confermato che il film non presenterà un doppiaggio italiano, una caratteristica a lungo valutata ed infine scelta per rispetto nei confronti dei protagonisti di questo racconto e ai loro interpreti, i quali meritano di essere sentiti esprimersi nella loro lingua natìa.

“Quel capitolo è concluso”, Scarlett Johansson dà una risposta schietta al suo futuro nel MCU

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L’attrice Scarlett Johansson ha fornito una risposta decisamente schietta alle domande su di un suo possibile ritorno nel Marvel Cinematic Universe come Black Widow. La Johansson, che è stata una delle principali protagoniste dell’MCU, debuttando come Black Widow in Iron Man 2 nel 2010, ha interpretato il ruolo fino al suo film da solista, Black Widow, del 2021, che si è configurato come una storia prequel che ha introdotto la possibile sostituzione nell’MCU di Natasha Romanoff con sua sorella Yelena Belova, interpretata da Florence Pugh. Come noto, Black Widow ha sacrificato la propria vita in Avengers: Endgame, ed è lì che il suo arco narrativo si è concluso.

Parlando con la collega e co-protagonista dell’MCU Gwyneth Paltrow su The goop Podcast, la Johansson è stata ora abbastanza chiara sul fatto che il suo tempo come Black Widow sia a tutti gli effetti giunto al termine.“Ho finito. Quel capitolo è concluso. – ha dicharato l’attrice – Ho fatto tutto quello che dovevo fare. Inoltre, tornare e interpretare un personaggio ancora e ancora, nell’arco di un decennio, è un’esperienza così unica”. Sembra dunque che la Johansson sia piuttosto decisa a non tornare nei panni di tale personaggio e c’è già chi sostiene che i contrasti legali intercorsi tra l’attrice e la Disney possano aver contribuito a questa sua decisione.

Ai fan non resta dunque che voltare pagina come fatto da Scarlett Johansson, abbracciando però l’ingresso nell’MCU di Yelena Belova, che come confermato dalla scena post-credits di Black Widow è pronta ad unirsi alla squadra nota come Thunderbolts. Il film dedicato a questo gruppo, descritto come “la Suicide Squad della Marvel”, presenterà infatti la Belova interpretata da Florence Pugh affiancata da Bucky Barnes (Sebastian Stan), l’agente degli Stati Uniti (Wyatt Russell), Taskmaster (Olga Kurylenko), Red Guardian (David Harbour) e Ghost (Hannah John-Kamen). La Belova, dunque, potrebbe a tutti diventare la nuova Black Widow dell’MCU.

Fonte: ScreenRant

“Quanto si può fare con un Fantasma di Forza?” Mark Hamill chiarisce il suo ritiro dal franchise di Star Wars

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Mark Hamill ha chiarito le sue recenti dichiarazioni sul ritiro da Star Wars, insistendo sul suo entusiasmo per il futuro del franchise. L’ultima apparizione di Mark Hamill nella serie risale a “Il libro di Boba Fett“, sebbene la tecnologia di ringiovanimento lo abbia inserito nella parte della linea temporale di Star Wars che fa riferimento alla Nuova Repubblica. Per quanto riguarda i film di Star Wars, l’ultima apparizione di Hamill risale a Star Wars: L’ascesa di Skywalker del 2019, in cui il suo Fantasma di Forza ha trasmesso il nome Skywalker a Rey, interpretata da Daisy Ridley. Dopo aver commentato il suo ritiro dal franchise, Hamill ha però chiarito alcune cose.

In un’intervista con TODAY, Mark Hamill è stato interrogato sulle sue recenti dichiarazioni sulla sua conclusione con Star Wars. Hamill ha ribadito che i suoi commenti derivavano dal fatto che la sua storia in L’Ascesa di Skywalker “sembrava una conclusione. Il mio personaggio aveva una conclusione completa; sono morto… e una volta terminata la trilogia degli Skywalker, per loro [Lucasfilm] è iniziata un’era completamente nuova”. Hamill ha poi aggiunto:

“George ha dato loro questa fantastica tela, l’intera galassia, possono fare western, gialli, commedie, qualsiasi cosa all’interno del regno di Star Wars, e stanno andando così bene… Ho avuto il mio tempo. Sono davvero grato, ma guardo al futuro per tutti questi nuovi progetti. Ho visto titoli: ‘Mark Hamill lascia Star Wars’. Beh, lasciatemelo dire, non me l’hanno chiesto. Non è che mi abbiano detto: ‘Per favore, torna’. Quanto si può fare con un Fantasma di Forza? Vorrei un film ambientato interamente nel regno dei Fantasmi di Forza. Potrei conversare con Alec Guinness… Dalle tue labbra alle orecchie di Dio.”

Sebbene Hamill ammetta che la porta rimanga in qualche modo aperta, data la sua idea per un film sui Fantasmi di Forza, è chiaro che ritiene che Luke Skywalker abbia fatto il suo corso in una galassia lontana, lontana.

Mark Hamill sente che la sua storia di Star Wars è finita

Come già accennato, i commenti di Hamill sono nati semplicemente da una riflessione sul suo passato in Star Wars. Come sottolinea giustamente, Luke Skywalker è morto in Star Wars: Gli Ultimi Jedi dopo essere diventato tutt’uno con la Forza. La sua apparizione come Fantasma di Forza di Star Wars ne L’Ascesa di Skywalker ha portato un senso di chiusura, con Luke e Leia che tramandano l’eredità della loro famiglia a una nuova generazione. Da questa prospettiva, è difficile non essere d’accordo con Hamill quando afferma che la storia di Luke Skywalker è finita.

“Perfetto, epico, intelligente” nuovo spot per Guardiani della Galassia

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Ecco un nuovo spot decisamente lusinghiero per Guardiani della Galassia, che viene apostrofato addirittura come il miglior Marvel Movie di sempre. Dal momento che Iron Man 3 a Thor the Dark World a Guardiani, passando per Captain America The Winter Soldier, questa affermazione continua a ripetersi, in corrispondenza con un miglioramento visibile della qualità del film, immaginiamo che i Marvel Studio stiano davvero imparando e canonizzando un nuovo tipo di cinema.

Ecco di seguito lo spot:

Guardiani della Galassia, il film

Guardiani della Galassia è atteso negli USA il 1 Agosto del 2014 in 3D. Tutte le news sul film nella nostra scheda: Guardiani della Galassia. Nel cast del film diretto da James Gunn ci sono Chris Pratt, Zoe Saldana, Dave Bautista, Vin Diesel, Bradley Cooper, Lee Pace, Michael Rooker, Karen Gillan, Djimon Hounsou, John C. Reilly, Glenn Close e Benicio del Toro.

Trama: L’audace esploratore Peter Quill è inseguito dai cacciatori di taglie per aver rubato una misteriosa sfera ambita da Ronan, un essere malvagio la cui sfrenata ambizione minaccia l’intero universo. Per sfuggire all’ostinato Ronan, Quill è costretto a una scomoda alleanza con quattro improbabili personaggi: Rocket, un procione armato; Groot, un umanoide dalle sembianze di un albero; la letale ed enigmatica Gamora e il vendicativo Drax il Distruttore. Ma quando Quill scopre il vero potere della sfera e la minaccia che costituisce per il cosmo, farà di tutto per guidare questa squadra improvvisata in un’ultima, disperata battaglia per salvare il destino della galassia.

“Palpatine ha fatto sesso”: Ian McDiarmid commenta il twist di L’Ascesa di Skywalker

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Per quanto fosse inaspettato e vagamente respingente, a quanto pare l’Imperatore Palpatine ha fatto sesso, in un passato relativamente lontano. L’attore che lo interpreta, Ian McDiarmid, ha infatti parlato “dell’elefante nella stanza” che nessuno aveva mai trovato il coraggio di commentare.

La risposta di McDiarmid è stata esilarante. Come visto nel film finale di L’Ascesa di Skywalker, è stato rivelato che Rey era un discendente dello stesso Palpatine, la nipote dell’Imperatore che era rimasta nascosta su Jakku per molti anni. Tuttavia, questo ha anche aperto le porte a un concetto riguardante il passato di Palaptine a cui moltitudini di fan preferirebbero non pensare mai.

In un’intervista con Empire per celebrare i 25 anni dei prequel di Star Wars, l’attore che interpreta Palpatine Ian Mcdiarmid ha espresso la sua opinione sull’Imperatore e su come sia riuscito ad avere non solo una nipote ma anche (ovviamente) un figlio, il padre di Rey. Ecco la dichiarazione rilasciata a Empire: Basta, prendere l’esistenza di Rey di Daisy Ridley, che si rivela essere la nipote di Palpatine in L’Ascesa di Skywalker, come prova che all’Imperatore piaceva… beh… farlo. Ma sì, [fa sesso]. È un’idea orribile pensare che Palpatine faccia sesso in qualsiasi forma”.

Per quanto riguarda invece il ritorno di Palpatine, Ian McDiarmid ha commentato con entusiasmo la decisione della produzione di riportare l’Imperatore in scena, valutando il fatto che effettivamente una creatura così potente doveva avere un piano di riserva:

“Avevo la sensazione che Palpatine avesse da sempre un piano B – probabilmente anche un piano C, D, E ed F… Ed era un esperto nella clonazione… La cosa che mi fa più piacere, e sai, solo questa è giunto al culmine quando mi hanno chiesto di tornare per L’Ascesa di Skywalker, è che ogni singolo atto malvagio in tutto il franchise di Star Wars è direttamente o indirettamente dovuto a quel personaggio… Lui è il male totale, e questo è stranamente soddisfacente come arco narrativo.”

“Non mi piacciono i bei ragazzi”: Deirdre O’Connell di The Penguin dice di preferire ‘Oz’ a Colin Farrell

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La serie limitata della HBO The Penguin con Colin Farrell nei panni di Oz Cobb, il suo personaggio di The Batman, ha molto da offrire. Tuttavia, nonostante i talenti che scrivono, dirigono e recitano nella serie, il trucco prostetico progettato da Mike Marino è quasi un personaggio a sé stante. In effetti, l’attore che ha interpretato Francis Cobb, la madre di Oz, preferisce Oz all’attore incredibilmente bello e curato che lo porta in vita.

Deirdre O’Connell si è unita alle sue co-star Christin Milioti, Rhenzy Feliz, Farrell, Marino e la showrunner Lauren LeFranc alla conferenza stampa della serie. In quell’occasione, le è stato chiesto se avesse incontrato solo “di recente” il vero Colin Farrell e non l’uomo che è diventato dopo tre-cinque ore di trucco ogni mattina. Farrell ha subito scherzato dicendo che la sua co-star “non era una fan” del vero personaggio. Lei non lo ha disconosciuto, almeno non subito.

Sono decisamente del Team Oz, è strano. Non mi piace il bel ragazzo. Non mi piacciono i bei ragazzi, non fanno per me. Mi piacciono quelli più duri, sai, con più cicatrici. Mi piace. Mi piace l’oro nei denti. Mi piace un uomo più grande. Mi piace un uomo ferito”, ha detto Deirdre O’Connell ridendo, aggiungendo subito: ‘Sto scherzando’. In effetti, la O’Connell aveva già incontrato il suo co-protagonista senza trucco, ma non era stato un incontro lungo.

“Non sono mai stato antipatico con tanto favore”, ha detto Colin Farrell, ridendo, a Dierdre O’Connell.

Penso che ci siamo incontrati per 10 minuti e ci siamo detti ‘ciao‘“, ha detto lei, aggiungendo: ‘Sono stata molto, sai, colpita dal ’bastone di Colin Farrell’ di sicuro”. Ha detto di essere “una grande fan e… era un po’ terrorizzata” dal fatto che l’affermato attore sarebbe stato il suo partner di scena per la maggior parte dello show. O’Connell ha detto che il ruolo di Farrell in The Batman è stato come “un parafulmine” e che se dovesse recitare con lui “forse… anch’io avrei quell’elettricità”. L’attrice ha detto che l’interpretazione di Farrell nel ruolo di Oz l’ha fatta “immedesimare” nel personaggio stesso. “Lo adoro”, ha detto, aggiungendo di aver ‘riso così tanto, così tante volte’ sul set tra una ripresa e l’altra e durante le riprese. Farrell “era così spaventoso e solo l’appetito della [sua interpretazione] era così emozionante da guardare”, ha detto O’Connell. “Mi sono sentita come se avesse scatenato qualcosa di delizioso” e lei era ‘molto eccitata’.

Anche Christin Milioti ha un forte affetto per il pinguino

Il rapporto di Oz con la madre Francis è una parte centrale della serie, ma in quanto protagonista condivide lo schermo con molti degli attori della serie. Christin Milioti interpreta Sofia Falcone, con la quale Oz ha un rapporto profondamente complicato, a volte conflittuale. Tuttavia, dopo aver girato la serie, fa ancora fatica a separare l’uomo che conosce come Colin Farrell dal personaggio che ha interpretato, anche se i due si sono “incontrati un paio di volte” prima che lui vestisse i panni di Oz Cobb.

È molto inquietante”, ha detto Milioti alla conferenza stampa. È sempre un po’ strano perché associo i suoi occhi e la sua voce a una persona che per me è molto reale, perché ho girato con lui tutto il tempo per otto mesi”. È molto bello e… non so in quale altro contesto avrei vissuto questa [esperienza]”. Ha poi aggiunto che è stata una prova sia dell’interpretazione di Farrell che del lavoro meticoloso di Mike Marino con le protesi. Tuttavia, per quanto Colin Farrell possa essere affascinante e gentile nella vita reale, è piaciuto molto anche agli attori che hanno lavorato con “Oz Cobb”.

“Non è Max. È HBO” – le serie WB di Lanterna Verde, Harry Potter, It e molte altre lasciano Max per HBO

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“Non è Max. È HBO.” Variety parafrasa la famosa pubblicità per commentare la nuova politica di Casey Bloys, CEO di HBO e Max Content, che sta cambiando la definizione tra cosa sia uno “spettacolo HBO” e un “spettacolo Max”, spostando la maggior parte dei prossimi progetti IP Warner Bros. ad alto budget di Max sotto l’ombrello della HBO.

Ciò significa che la prossima serie tv Harry Potter, così come la serie prequel di It Welcome to Derry e l’adattamento di Lanterna Verde appena annunciato Lanterns ora saranno tutti marchiati come HBO Originals.

HBO e Max separano le loro identità creative

Si tratta di un cambiamento rispetto alla decisione più recente di inserire tutte le serie basate sulla proprietà intellettuale di Warner Bros. nel segmento Max, stabilita per la prima volta quando Bloys ha aggiunto la supervisione di Max nel 2020.

“Ci sentivamo come se dovessimo distinguere tra uno spettacolo della HBO e uno spettacolo di Max”, ha detto Bloys di questa distinzione iniziale. “L’idea di utilizzare la proprietà intellettuale della Warner Bros. come delineazione per Max sembrava giusta. Almeno questo ti dà una corsia libera. Ma quando abbiamo iniziato a produrre quegli spettacoli, stavamo usando gli stessi metodi, lo stesso tipo di pensiero, su come avremmo affrontato gli spettacoli della HBO. In molti casi, gli stessi talenti che ha lavorato negli spettacoli della HBO.

In Lanterns, ad esempio, gli sceneggiatori includono Chris Mundy, che ha lavorato a True Detective della HBO, e Damon Lindelof, la cui produzione HBO ha incluso The Leftovers e Watchmen. Anche il co-responsabile dei DC Studios, Peter Safran, ha descritto Lanterns come “un enorme evento di qualità HBO” che è “molto sulla scia di ‘True Detective'”.

“Ciò che abbiamo ottenuto sono serie di questa portata e scala che sembrano fantastici, e grandi narrazioni e talenti con cui abbiamo lavorato”, ha aggiunto Bloys. “L’idea della delineazione ha iniziato a sembrare inutile. Tipo, perché lo stiamo facendo? Chiamiamoli semplicemente per quello che sono: programmi HBO.”

Il cambiamento entrerà ufficialmente in vigore con il lancio le serie previste per il 2025. Ciò significa che “The Penguin” e “Dune: Prophecy”, entrambi presentati in anteprima entro la fine dell’anno, dovrebbero essere ancora chiamati Max Originals. Quegli spettacoli erano già stati venduti all’estero con l’etichetta Max – e anche la scorsa settimana, HBO ha inviato un teaser di “Penguin” che includeva ancora il marchio Max.

“Inizieremo nel 2025, anche se ‘The Penguin’ sarebbe ovvio come un originale HBO”, ha detto Bloys. “Sfortunatamente, il processo di concessione della licenza a livello internazionale è già iniziato.”

MaxSpiegando i tempi della decisione di riallineare la scuderia delle serie HBO e Max Originals, Bloys ha osservato che gli è diventato ancora più chiaro che questi grandi spettacoli avrebbero dovuto ottenere l’etichetta HBO mentre Max ha iniziato a sviluppare serie che sono più nella tradizione televisiva. Tra questo tipo di serie ci sono il medical drama The Pitt, con Noah Wyle, così come il thriller poliziesco Duster, di J.J. Abrams e LaToya Morgan, che rimangono entrambi la serie Max.

“Non direi mai zero”: James Gunn lascia aperta la porta a Robert Pattinson per entrare nel DCU

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Le possibilità di vedere Robert Pattinson interpretare la versione DC Universe di Batman sono ancora vive dopo un nuovo aggiornamento. Ci sono state molte voci su chi interpreterà Batman nella DCU, da nomi come la star di The Boys Jensen Ackles a Brandon Sklenar di 1923 e persino Robert Pattinson. Quest’ultimo dovrebbe rimanere separato dal DCU’s Chapter One, recitando nella trilogia The Batman del regista Matt Reeves. Tuttavia, sembra che ci sia ancora una possibilità che i due franchise possano fondersi.

In un’intervista a Rolling Stone, James Gunn ha lasciato aperta la porta a Robert Pattinson per interpretare Batman nella DCU, anche se è improbabile. Secondo Gunn, le possibilità che Pattinson interpreti Batman in The Brave and the Bold per la DCU sono superiori allo zero, affermando: “Non si può mai sapere”. Tuttavia, ciò non significa che il regista stia anticipando che ciò accadrà sicuramente, poiché Gunn afferma: “Non è affatto probabile”.

Quello che si sa per certo è che, sebbene la sceneggiatura di The Batman 2 stia richiedendo molto tempo, il film non è stato cancellato. Ecco la citazione completa:

Non direi mai zero, perché non si può mai sapere. Ma non è probabile. Non è affatto probabile. Vorrei anche dire che Batman Part II non è stato cancellato. È l’altra cosa che sento dire continuamente, che Batman Part II è stato cancellato. Non è stato cancellato. Non abbiamo una sceneggiatura. Matt è lento. Lasciategli il tempo. Lasciategli fare quello che sta facendo. Dio, la gente è cattiva. Lasciategli fare il suo lavoro, ragazzi”.

Cosa significano i nuovi commenti di James Gunn su Robert Pattinson per il Batman della DCU

James Gunn 2023
Il regista statunitense James Gunn arriva alla premiere di Los Angeles della Warner Bros. ‘The Flash’ tenutasi al TCL Chinese Theatre IMAX il 12 giugno 2023 a Hollywood, Los Angeles, California, Stati Uniti. — Foto di imagepressagency – DepositPhotos

Le voci su Robert Pattinson che entra a far parte del DCU circolano da un anno. Anche se l’attore ha 39 anni, otto in più dell’attore che interpreta Superman, David Corenswet, Pattinson si adatta all’idea che il franchise ha di Bruce Wayne. Dopotutto, il Cavaliere Oscuro sarà il padre di Damian Wayne in The Brave and the Bold, con altri membri della Bat-Family che appariranno nel film. A 39 anni, Pattinson potrebbe interpretare realisticamente quella versione di Batman, il che consentirebbe alla DCU di differenziarsi nettamente dal franchise The Batman di Reeves.

In The Batman, il Cavaliere Oscuro di Pattinson era ancora all’inizio della sua carriera di eroe. La versione di Batman della DCU sarà più esperta e, se Pattinson dovesse interpretare entrambi i ruoli, la DC potrebbe distinguere i due franchise. I commenti di Gunn lasciano aperta la porta a Pattinson per interpretare Batman della DCU, ma il regista sembra anche credere che la strada migliore sia quella di scritturare un nuovo attore, dato che la DC rimane fiduciosa nei piani di Matt Reeves per The Batman Universe. L’opzione di utilizzare Pattinson c’è, ma non è in primo piano nella mente di Gunn.

“Mirror Mirror on the wall…

… who’s the fairest of them all?” è una delle frasi più famose al mondo, la perentoria domanda che la perfida Regina rivolge al suo Specchio. Quest’anno la sentiremo al cinema per due volte: la prima verrà formulata da Julia Roberts in Mirror Mirror di Tarsem. Hollywood si immerge nelle fiabe, recupera i classici e li reinventa. Nostalgia dell’infanzia o mancanza di idee?

“Mi venderei per un buon dialogo”: Russell Crowe incontra il pubblico di Alice nella Città

“Gli organizzatori di questo evento hanno un’idea ben precisa di come dovrebbe svolgersi la cosa. Dovremmo starcene qui a guardare spezzoni dei miei film per poi commentarli. Niente di tutto ciò accadrà”. È un Russell Crowe euforico quello che si presenta all’annunciata masterclass a lui dedicata e organizzata da Alice nella Città, sezione parallela e autonoma della Festa del Cinema di Roma. L’attore, accolto da una calorosa ovazione, racconta di essere venuto nella capitale italiana non solo per presentare il suo nuovo film da regista, Poker Face, ma anche per incontrare e parlare con gli studenti di cinema, ed è letteralmente questo che intende fare nel corso dell’evento.

Microfono alla mano, Crowe scende dunque dal palco e dà vita ad un incontro che infrange ogni possibile scaletta e prevedibilità, passeggiando amabilmente tra i tanti spettatori presenti nell’Auditorium della Conciliazione, raccontando episodi significativi della propria vita con la sua solita voce calda, profonda e ben modulata e poi passando personalmente il microfono ai presenti quando qualcuno di questi (ma solo se effettivamente studenti di cinema, chiede lui) vuole porgli una domanda. “Voglio parlare di cinema, parlare di narrazione, dello stare davanti o dietro la macchina da presa. – chiarisce Crowe – Non voglio ricevere domande del tipo cosa ho mangiato a colazione”.

Russell Crowe, dai primi ruoli ai film da protagonista

“Ho cominciato a recitare che avevo solo sei anni. – inizia dunque a raccontare l’attore – Era il 1970. Mia mamma si occupava del catering sui set cinematografici. Un giorno vado a trovarla sul lavoro e stavano girando una scena per cui non c’erano bambini a sufficienza. Così mia madre mi fece recitare e da lì è iniziato un percorso di vita che porto avanti ancora oggi. Non ho mai frequentato una scuola di recitazione, tutto quello che so l’ho imparato sul lavoro, recitando per la televisione e il teatro ma mantenendomi lavorando come DJ, barman e cameriere”.

“Ero ossessionato dalla performance. – continua l’attore – Passavo dal palco del teatro alla console da deejay di un pub all’altro. Dunque, questo sono io. Questa è la realtà. Non sono venuto fuori da nessuna fottuta Hollywood o roba del genere. Quando avevo 25 anni, infine, è arrivato il mio primo ingaggio per un lungometraggio. Diventare un attore protagonista però non mi ha fermato dal seguire anche la passione per il teatro e la musica. Le persone tendono a dire che bisogna concentrarsi su una cosa sola… non ascoltate queste stronzate. Accettate ciò chi siete davvero. Chi sa di avere una passione, non deve lasciarla andare.”

Da Il gladiatore a Noah, i ruoli più iconici di Russell Crowe

Crowe inizia poi a rispondere alle domande del pubblico, le prime delle quali sono dedicate ai segreti del mestiere dell’attore. “Il lavoro dell’attore non è semplice. – racconta Crowe – Personalmente vivo delusioni su base quotidiana. Ogni volta che recito una scena, poi torno a casa, ci ripenso e se mi viene in mente un modo migliore in cui avrei potuto interpretare quella scena, ecco che sono deluso da me stesso. Accade ogni volta e posso solo conviverci. Ma l’importante è compiacere il regista, la sua visione, e se ti chiede una cosa tu devi dargli precisamente quella cosa.”

“Io sono stato fortunato nel saper dare a Ridley Scott ciò che egli voleva sul set di Il gladiatore. Allo stesso tempo non si può essere totalmente senza controllo. L’attore è il burattinaio di sé stesso, deve sapere come controllarsi per raggiungere un determinato obiettivo. Ad esempio, proprio sul set di Il gladiatore Scott mi chiese di tirar fuori una serie di emozioni particolarmente forti nel momento in cui Massimo Decimo Meridio vede il corpo di sua moglie morta. Per riuscirci ho dovuto far affidamento a tutto il mio autocontrollo, un’esperienza estremamente difficile e dolorosa. A ripresa ultimata ero stremato e Scott estremamente soddisfatto, solo che poi mi ha chiesto di ripetere il tutto ancora una volta”.

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Foto tratta dal profilo Instagram di Alice nella Città.

“Per quanto riguarda il ruolo più complesso che abbia mai dovuto affrontare, – continua poi l’attore – questo è sicuramente quello di John Nash in A Beautiful Mind. Dovevamo mostrare i numerosi tic che il personaggio sviluppa al peggiorare della sua malattia e così sono arrivato al punto in cui mentre recitavo dovevo ricordarmi di mostrare tutti e 16 i suoi tic. Da un punto di vista fisico, invece, certamente Noah è stato un film molto complesso. Abbiamo girato per 70 giorni e la metà di questi eravamo sotto la pioggia artificiale, con un freddo estremo e in più dovevi recitare le tue battute”.

“Prima parlavamo di delusioni, – conclude poi Crowe – Les Miserables è ad esempio un film di cui sono deluso. Chiariamoci, l’esperienza è stata straordinaria, recitare in quel cast magnifico e potersi mettere alla prova con il canto. Il film in sé mi piace molto, ciò che non mi piace è il modo in cui è stato trattato il mio personaggio. Al montaggio hanno tagliato molte cose ed è venuto fuori qualcosa che non riconoscevo più come mio. All’anteprima di New York ho lasciato la sala per questo motivo, ero troppo deluso”.

Russell Crowe: un attore devoto ai dialoghi

In conclusione dell’incontro, a Crowe viene chiesto cos’è che lo motiva nello scegliere un ruolo piuttosto che un altro e l’attore non ha dubbi: i dialoghi. “Io amo i dialoghi. Mi innamoro delle battute che devo recitare. Non importa se questo comporta doversi alzare alle quattro del mattino a patto che io poi possa avere la possibilità di dire le battute di cui mi sono innamorato. Ciò non vuol dire che il mio personaggio debba essere necessariamente il protagonista. Posso avere anche solo due battute in tutto il film, ma quelle battute devono essere oro. Naturalmente mi interessa anche che la storia sia buona, ma fondamentalmente sono uno che per un buon dialogo si venderebbe”.

“Mi sono sentita in gabbia”, Emma Watson rivela i retroscena sulla sua pausa dalla recitazione

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L’ultima volta che l’attrice Emma Watson è stata vista sul grande schermo è stato per il film Piccole donne, diretto da Greta Gerwig nel 2019. Da quel momento, l’ex Hermione Granger di Harry Potter non ha più preso parte a nessun progetto, né cinematografico né televisivo. Dopo anni di assenza, la Watson ha ora rivelato il perché di questo allontanamento, affermando di essersi sentita come imbavagliata durante tutta la sua carriera di attrice, accennando anche alla mancanza di motivazione per promuovere progetti su cui “non aveva molto controllo“.

Non ero molto felice, se devo essere onesta“, ha raccontato l’attrice. “Penso di essermi sentita un po’ in gabbia. La cosa che ho trovato davvero difficile è stata che dovevo uscire e promuovere qualcosa su cui non avevo molto controllo. Stare di fronte a un film e avere ogni giornalista che ti chiede: “In che modo questo è in linea con il tuo punto di vista?” È stato molto difficile essere il volto e il portavoce di cose in cui non sono stata coinvolta nel processo“. Gradualmente, dunque, l’attrice è diventata disillusa nei confronti di tale settore.

Sono stata ritenuta responsabile in un modo che ho iniziato a trovare davvero frustrante, perché non avevo voce, non avevo voce in capitolo. E ho iniziato a rendermi conto che volevo essere accostata solo a cose dove se qualcuno mi avrebbe criticato, avrei potuto dire: ‘Sì, ho fatto un casino, è stata una mia decisione, avrei dovuto fare di meglio.‘”, ha concluso poi l’attrice. Ad ora sembra dunque che la pausa dalla recitazione dell’attrice sia destinata a continuare finché non troverà un nuovo progetto dove potersi sentire coinvolta dall’inizio alla fine.

Potrebbe per lei essere l’occasione, trovando la giusta storia, per passare dietro la macchina da presa, come in più occasioni dall’attrice stessa contemplato. Nel 2022, infatti, l’attrice ha compiuto un piccolo debutto alla regia dirigendo lo spot Prada Paradoxe per Prada. Nell’attesa dunque di scoprire se e quando Emma Watson tornerà al cinema e in quale ruolo, ricordiamo che oltre ad aver recitato nella saga di Harry Potter, si è distinta anche per i film Noi siamo infinito, Bling Ring, Noah, Regression, Colonia, The Circle e, in particolare, La bella e la bestia, dove ha interpretato una versione moderna della protagonista Belle, sulla cui costruzione ha notoriamente avuto maggior voce in capitolo.

Fonte: CBR

“Lift Me Up”: ecco la canzone di Rihanna, tributo a Chadwick Boseman

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Dopo la prima mondiale di Wakanda Forever a Hollywood, che ha ottenuto un’accoglienza complessivamente positiva dai primi spettatori, Rihanna ha condiviso il suo singolo principale intitolato “Lift Me Up” dalla prossima colonna sonora originale del film Black Panther: Wakanda Forever. 

Il brano è stato co-scritto da Tems, dal vincitore dell’Oscar Ludwig Göransson, da Rihanna e dal regista candidato all’Oscar Ryan Coogler come tributo alla vita straordinaria e all’eredità del compianto Chadwick Boseman, che ha interpretato Re T’Challa in quattro film Marvel. I film degli Studios prima di morire tragicamente nel 2020 dopo una battaglia durata quattro anni contro il cancro al colon.

In una dichiarazione sull’ideazione della canzone, Tems ha detto: ” Dopo aver parlato con Ryan e aver ascoltato la sua direzione per il film e la canzone, volevo scrivere qualcosa che ritraesse un caloroso abbraccio da tutte le persone che ho perso nel mio vita. Ho cercato di immaginare come mi sentirei se potessi cantare per loro ora ed esprimere quanto mi mancano. Rihanna è stata un’ispirazione per me, quindi sentirla trasmettere questa canzone è un grande onore. ” La nuova uscita dovrebbe anche inaugurare una nuova era nella carriera di Rihanna, segnando il tanto atteso ritorno alla musica del vincitore di 9 Grammy Award dopo una pausa di sei anni.

Black Panther: Wakanda Forever, il film

Il sequel del MCU onorerà il defunto Chadwick Boseman mentre continuerà l’eredità del suo personaggio, T’Challa. Black Panther: Wakanda Forever arriverà nelle sale l’11 novembre 2022. Il presidente dei Marvel Studios, Kevin Feige, ha confermato che T’Challa, il personaggio interpretato al compianto Chadwick Boseman nel primo film, non verrà interpretato da un altro attore, né tantomeno ricreato in CGI.

Nel film Marvel Studios Black Panther: Wakanda Forever, la Regina Ramonda (Angela Bassett), Shuri (Letitia Wright), M’Baku (Winston Duke), Okoye (Danai Gurira) e le Dora Milaje (tra cui Florence Kasumba) lottano per proteggere la loro nazione dalle invadenti potenze mondiali dopo la morte di Re T’Challa. Mentre gli abitanti del Wakanda cercano di comprendere il prossimo capitolo della loro storia, gli eroi devono riunirsi con l’aiuto di War Dog Nakia (Lupita Nyong’o) e di Everett Ross (Martin Freeman) e forgiare un nuovo percorso per il regno del Wakanda. Il film presenta Tenoch Huerta nel ruolo di Namor, re di Talokan, ed è interpretato anche da Dominique Thorne, Michaela Coel, Mabel Cadena e Alex Livinalli.

“La sceneggiatura era spazzatura”: Russell Crowe ricorda la sua esitazione a recitare in Il gladiatore

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L’attore Russell Crowe ha fornito un sincero ricordo delle sue esitazioni iniziali riguardo all’accettare il ruolo di Massimo Decimo Meridio in Il gladiatore di Ridley Scott. Il film, vincitore in totale di cinque premi Oscar, tra cui quello per il miglior attore per la performance di Crowe, è ampiamente considerato ancora oggi come uno dei migliori film dell’attore ed è stato determinante nel riaccendere l’interesse di Hollywood per le epopee storiche. Nonostante questo successo, la produzione originale del film è notoriamente stata afflitta da problemi, molti dei quali derivanti da una sceneggiatura incompiuta che ha richiesto più riscritture anche mentre le riprese erano in corso.

Crowe è tornato a parlare proprio di quei problemi di sceneggiatura, affermando che: “la sceneggiatura era spazzatura, assoluta spazzatura. Aveva tutte queste strane sequenze. Una di queste riguardava i carri e come famosi gladiatori avevano accordi di sponsorizzazione per l’olio d’oliva e cose del genere, ed è tutto vero, ma non sarebbe mai andato bene per gli spettatori moderni, avrebbero detto: “Che cazzo è tutto questo?“. “Ho pensato più volte che forse la mia migliore opzione fosse semplicemente salire su un aereo e andarmene da lì”, ha aggiunto poi Crowe. “Sono state le mie continue conversazioni con Ridley a darmi fiducia“, ha concluso l’attore.

Come noto e già riportato poc’anzi, il film si è poi rivelato un grande successo, riuscendo a rimediare o nascondere alle mancanze della sceneggiatura. Dopo oltre vent’anni, si attende ora il sequel ufficiale, con il ritorno di Scott come regista, il quale seguirà Lucius Verus, interpretato da Paul Mescal, figlio ormai adulto dell’imperatrice romana Lucilla. Anche il due volte vincitore del premio Oscar Denzel Washington è stato confermato in un ruolo non rivelato, mentre sembra che Barry Keoghan interpreterà il controverso imperatore romano Geta. Ricordiamo che Crowe non sarà presente in esso, ma l’attore è attualmente al cinema con il film L’esorcista del Papa.

Fonte: ScreenRant

“La Marvel ha preso una direzione diversa”: lo sceneggiatore di Moon Knight conferma che il cattivo originale della serie era Bushman

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Moon Knight ha debuttato su Disney+ nel 2022 e, sebbene la maggior parte dei fan sembrasse apprezzare la serie, a tratti è stata caotica quanto la psiche di Marc Spector. Le scene ambientate nel manicomio non avevano molto senso (forse era proprio questo il punto), e Arthur Harrow di Ethan Hawke era ben lungi dall’essere il miglior cattivo che abbiamo visto nell’MCU.

Il lavoro di Hawke è stato stellare, però, così come quello di Oscar Isaac. Moon Knight si è concluso con l’emergere di una terza personalità, Jake Lockley, ma il personaggio non è più stato visto da allora e al momento non si prevede che venga preso in considerazione in Avengers: Doomsday.

Se la variante di Kang Rama-Tut fosse ancora in gioco, probabilmente lo avrebbe fatto. Tuttavia, i piani cambiano, cosa che Jeremy Slater, sceneggiatore capo di Moon Knight, ha chiarito in una recente intervista con ComicBook.com. A quanto pare, il Moon Knight che ha scritto era molto diverso da quello che abbiamo visto tre anni fa.

“Alla fine, [Marvel] ha preso una direzione diversa e il regista ha messo insieme il suo team di sceneggiatori”, ha spiegato. “Sai quando ti ritrovi a giocare in un mondo così grande che… prendi in prestito i giocattoli di qualcun altro per un breve periodo di tempo e, alla fine, non ti appartengono. Lo sai già, quindi non è stata una sorpresa.”

“L’obiettivo era che se Marc Spector fosse stato l’Avatar di Khonshu, avremmo preso Bushman e lo avremmo trasformato nell’avatar di una divinità egizia diversa, lasciando che se la vedessero”, ha detto lo sceneggiatore a proposito dei piani abbandonati per uno dei nemici più popolari di Moon Knight.

Ha aggiunto: “Il problema che continuavamo a incontrare era che Black Panther era appena uscito e Michael B. Jordan era così dannatamente bravo nei panni di Killmonger in quel film, che proiettava un’ombra così grande… che tutto ciò che scrivevamo finiva per sembrare un po’ derivativo”.

Il personaggio di Bushman era stato accennato in Moon Knight, quindi la porta è aperta alla possibilità che i Marvel Studios rivisitino il personaggio in futuro. Tuttavia, se e quando ciò accadrà, Slater non ha alcuna intenzione di essere coinvolto.

“Se ci sarà un altro Moon Knight, la palla sarà nel campo di Kevin Feige e Oscar Isaac”, ha osservato lo sceneggiatore. “Una volta che Kevin avrà capito il modo migliore per usare quel personaggio, qual è la storia giusta e chi sono i narratori giusti per darle vita, sarei scioccato se non lo rivedessimo a un certo punto”. Ha poi aggiunto che, per ora, è più concentrato sulla regia e non ha intenzione di tornare nell’MCU.

Sebbene molti saranno delusi dall’assenza di Bushman, sembra che Slater non sia riuscito a trovare un nuovo approccio al villain. Questo è probabilmente uno dei motivi per cui è stato reclutato un nuovo team di sceneggiatori, una mossa arrivata in un momento in cui i Marvel Studios stavano ancora cercando di adottare un approccio cinematografico per lo sviluppo della serie.

Tutti glòi episodi di Moon Knight sono disponibili in streaming su Disney+.

“L’arte non è criticabile moralmente”, Luca Barbareschi presenta il suo film The Penitent a Venezia

Presentato Fuori Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, The Penitent – A Rational Man è il nuovo film da regista di Luca Barbareschi, presente al Lido anche in qualità di produttore di The Palaceil film di Roman Polanski presentato anch’esso nella sezione Fuori Concorso. Intervistato per presentare la sua nuova fatica da regista, Barbareschi spiega innanzitutto il perché abbia scelto di adattare per il grande schermo un testo del drammaturgo David Mamet, da lui già portato in teatro.

In esso si racconta di uno psichiatra di nome Carlos David Hirsh, che vede deragliare la sua carriera e la sua vita privata dopo essersi rifiutato di testimoniare a favore di un ex paziente violento e instabile che ha causato la morte di diverse persone. L’appartenenza alla comunità LGBT del giovane paziente, il credo ebreo del dottore, la fame di notizie della stampa e il giudizio severo della legge, aggravati da un errore di stampa dell’editor di un giornale, sembrano essere gli elementi che fanno scatenare una reazione a catena esplosiva, che costringerà Hirsh a dover lottare per la verità.

“Ho scelto questo testo perché racchiude, grazie all’opportunità di un fatto di cronaca, tutta l’imbecillità e la violenza che c’è nei confronti di un pensiero diverso, che non dico che sia giusto ma penso che tutti abbiano idee diverse e non per questo siano necessariamente meglio o peggio, anzi è interessante avere un’idea diversa – spiega Barbareschi. “Questo film doveva farlo un altro attore, ma alla fine Mamet mi ha detto “secondo me sei più bravo tu, perché non lo fai?” e a quel punto mi sono trovato a confrontarmi con un personaggio in cui mi sono ritrovato moltissimo”.

“Proprio come capita al protagonista, tante volte è capitato anche a me di essere stato linciato dalla stampa e ho visto quanta sofferenza questo tipo di situazioni provoca. Alla fine non c’era più differenza tra quello che dicevo e quello che facevo e questo film è uno dei rari privilegi in cui il meccanismo della finzione, della rappresentazione, dà un’opportunità di offrire una restituzione affettiva allo spettatore, mediata da una realtà dei fatti molto forte”.

Mostra del Cinema di Venezia, tra omologazione e controversie

Barbareschi passa poi a parlare più in generale della Mostra di quest’anno, dove sono presenti autori controversi come il già citato Polanski e Woody Allen con Coup de Chance. Proprio durante il red carpet di quest’ultimo si è svolto un piccolo evento di protesta per la presenza del regista newyorkese. “Vedere insultato in quel modo Woody Allen mi ha fatto male al cuore. Se in quel gruppo ci fosse stato Gabriel Garcia Marquez, Joyce e Dante Alighieri, allora sarebbe stata un’interessante sfida ermeneutica tra giganti della letteratura che danno del mascalzone ad uno dei più grandi registi della terra”. 

“Invece erano un branco di imbecilli a cui la stampa ufficiale dà voce. Il giornalismo è importante se mantiene il sacerdozio della sua funzione, cioè della responsabilità”, continua a spiegare Luca Barbareschi. “Non ci può essere un giudizio morale sull’artista, peggio ancora un avviso di garanzia al passato. L’arte non è criticabile moralmente. Alberto Barbera penso abbia preso seriamente questa cosa e ha avuto il coraggio di presentare in questa Mostra, ovvero un’esibizione di arte, registi provocatori”.

“Io vorrei fosse ancor più provocatoria in realtà, vorrei essere stupito, anche disturbato! Sono cresciuto vedendo film dove non si capiva nulla ma uscivi dalla sala e sapevi di esserti confrontato con qualcosa che dice effettivamente delle cose. Troppo spesso invece il cinema si omologa, così come si è omologata la critica”.

Il ruolo della critica cinematografica

Luca Barbareschi passa allora a parlare della critica cinematografica, affermando che: “un tempo la critica proponeva dei saggi così precisi e chiari da riuscire davvero ad influenzare il pubblico. Nel tempo lo spazio per questo tipo di scrittura si è però ridotto, si è corrotto, si è mercificato e si è autoreferenzializato”.

“Nel momento in cui tu ti metti davanti al film, tu crei uno stallo per cui non è più importante il quadro, è importante il fatto che io guardi il quadro. – continua a spiegare il regista – Diventa più importante chi guarda dell’artista. Questo nella critica cinematografica è grave. Tu puoi parlar male di un film, ma non puoi dire “è peggio di Vanzina”, perché allora sei un imbecille, perché primo devi rispettare Polanski e poi analizzare il film se sei capace di farlo. Liquidare un’opera con poco svilisce la critica, la delegittima e alla fine è un danno per tutti”.

Io credo che nessuno sappia le differenze tra le lenti che ho usato per The Penitent – A Rational Man. Se non lo sai vedi sfocata l’immagine sullo schermo e pensi sia un errore, mentre l’obiettivo era quello di tenere apposta una sfocatura per dare un senso di destabilizzazione. Questa è sapienza narrativa, io ho studiato per usare queste robe qua. Mi andrebbe bene che mi dicessero “Luca perché usi questo tipo di lenti che è come fare un errore sintattico?”, allora ti rispetto. Se no non ha valore il tuo giudizio, a quel punto tanto vale che ci leviamo la giacca e veniamo alle mani”, conclude Luca Barbareschi.

“Io non sono Terrence Malick” ilarità al Festival di Berlino

Che Terrence Malick fosse un’entità scostante e quasi eterea, era cosa nota; si potrebbe quindi quasi giustificare l’incauto giornalista che, non avendolo mai visto, non ne riconosce le fattezze e scambia il produttore del suo ultimo film, Knight of Cups, che presenzia alla conferenza stampa del film al Festival di Berlino 2015, proprio per il regista.

Leggi anche – Berlinale 2015: “Non sapevamo mai cosa stavamo per girare”, Natalie Portman e Christian Bale su Knight of Cups

Peccato però che non sia stato l’unico a non riconoscerlo. Ecco cosa è accaduto durante la conferenza stampa del film, con sommo divertimento di un Christian Bale in gran forma!

Per tutti i curiosi che non conoscono il viso di Malick e che, incontrandolo, potrebbero non riconoscerlo, ecco di seguito una foto del regista, uno dei rarissimi scatti che circolano in rete.

Così sarete preparati in caso di un fortuito e fortunato incontro!

terrence malick

“Il silenzio è una lingua universale”, Jia Zhang-Ke e Zhao Tao per al pubblico #RomaFF14

Figura portante della sesta generazione del cinema cinese, il regista Jia Zhang-Ke è stato protagonista, insieme alla moglie e attrice Zhao Tao, di un incontro ravvicinato con il pubblico all’interno della Festa del Cinema di Roma. Per questa occasione, la coppia è stata intervistata riguardo gli esordi nell’industria cinematografica, arrivando poi a parlare nel dettaglio dei film che li hanno resi celebri.

“Dall’inizio degli anni novanta mi sono avvicinato al mondo del cinema. – esordisce Jia Zhang-KeA quel tempo c’era un grande fervore all’interno dell’industria cinematografica cinese. In quel periodo, attraverso le opere della quinta generazione di registi, mi resi conto di come il cinema poteva essere un strumento di incredibile valore. Decisi così di dedicarmi a quest’arte, ma c’era solo un modo per farlo, ovvero entrare all’accademia del cinema di Pechino.”

“Sono nato alla fine della rivoluzione culturale che si diffuse in Cina tra gli anni sessanta e settanta. – continua il regista – Questo ha permesso l’arrivo nel Paese di alcuni film stranieri che mi segnarono profondamente. Il primo fu senz’altro Ladri di Biciclette, di Vittorio De Sica. Non mi era mai capitato di vedere protagonisti di un film dei ladruncoli, come quelli che potevo incontrare abitualmente per le strade della mia città. Erano personaggi di vita quotidiana, e pur appartenenti ad una cultura diversa li sentivo a me particolarmente vicini.”

Il regista passa poi a raccontare delle prime difficoltà incontrate nel realizzare i suoi primi film. Più di una volta infatti si è trovato ostacolato dalla censura ancora vigente negli anni novanta. “All’epoca in Cina c’erano soltanto sedici studi cinematografici, ed erano tutti a gestione pubblica. Pertanto era difficile che questi permettessero di raccontare storie di ladri, di gente ai margini, insomma storie di vita quotidiana. Mi resi conto che fare i film che volevo era più difficile del previsto. Perciò intrapresi la strada dei film indipendenti, trovando i mezzi e i metodi per esprimere le mie idee.”

Jia Zhang-Ke passa poi a raccontare dell’incontro con Zhao Tao, divenuta attrice dei suoi film, musa ispiratrice e sua moglie. “Il mio secondo film si intitolava Platform. Per poter girare questo film mi occorreva un’attrice protagonista che corrispondesse ai miei criteri. Occorreva infatti che sapesse parlare il dialetto della provincia di cui sono originario, perché desideravo girare lì il film. Dopo alcune ricerche, incontrai proprio Zhao Tao.”

“Capii che era perfetta per i miei film quando durante il set decisi di non seguire più il copione, che non trovavo più soddisfacente, e di proseguire sulla base di un improvvisazione il più spontanea possibile. La spontaneità per me è tutto. Tao seppe adattarsi senza problemi a tutto ciò, anzi in più di un’occasione mi aiutò a gestire e indirizzare il film sulla strada giusta.”

È poi proprio l’attrice a raccontare dal proprio punto di vista l’incontro che le cambiò la vita: “Ero terrorizzata quando Jia mi scelse per il suo film. Non avevo mai recitato prima, non sapevo cosa mi aspettasse. Però decisi di provare, ed evidentemente il mio non essere professionista si sposò a meraviglia con la sua ricerca di spontaneità. La collaborazione si rivelò così un successo.”

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Il regista spiega poi la sua attrazione per gli attori non professionisti, particolarmente ricorrenti all’interno dei suoi film. “Ci sono diversi motivi per cui preferisco lavorare con attori non professionisti. Il primo è che voglio che recitino in dialetto. La Cina è un paese grandissimo, con numerosissimi dialetti. Si tendeva però a recitare esclusivamente in cinese mandarino così da poter essere compresi in ogni angolo del Paese.”

“Questo però non faceva per me, io volevo che si usassero i dialetti e le loro sottili sfumature. Ciò poteva essere ottenuto solo con attori non professionisti. Un altro motivo è che questi sanno essere spontanei, sono dotati di una naturalezza tipica della vita quotidiana. Con loro posso poi sapere se la sceneggiatura è sufficientemente realistica o se ha bisogno di essere modificata. Anche i movimenti di macchina sono dipendenti dai loro movimenti naturali, non il contrario. Tutto deve mirare ad una sincera fedeltà della vita a cui si assiste ogni giorno per strada.”

A prendere la parola è poi nuovamente Zhao Tao, che racconta dell’esperienza avuta sul set italiano del film Io sono lì, girato nel 2011 dal regista Andrea Segre. Per la sua interpretazione nel film l’attrice ha vinto un David di Donatello come miglior attrice protagonista. “Fino a quel momento le mie esperienze cinematografiche si limitavano ai film di Jia, e lui raramente lavora con una sceneggiatura. Per cui ero spaventata dal dovermi confrontare con un metodo diverso di regia.”

“Con Andrea facemmo prove per un mese intero. Era un lavoro completamente diverso da quello a cui ero abituata, ma mi permise di entrare in stretto contatto con gli altri attori, finendo con il sentirmi sempre meno una straniera. Alla fine quel mese di prove, unito alla recitazione spontanea a cui ero abituata, si combinarono particolarmente bene e riuscì a dar vita ad un mio metodo, fatto di preparazione ma allo stesso tempo di naturalezza.”

Per concludere l’incontro, l’autore cinese parla di uno dei temi più ricorrenti nel suo cinema: quello del silenzio. “Il silenzio per me è la lingua che contiene il maggior numero di informazioni. Questo è legato anche ad una caratteristica tipica del popolo cinese e di come esprimono o meno i propri sentimenti. L’abitudine, nel parlare di questi, è quella di rimanere in silenzio, e fare in modo che siano gli altri a cercare di comprenderne il contenuto. Quello che tento di fare è portare sullo schermo questo particolare modo di esprimersi. Il non detto è fondamentale, permette agli altri, agli spettatori, di cercare una spiegazione tramite le proprie emozioni. Solo così può crearsi un’interazione attiva con il film.”

“Il loro Natale” alla Casa del Cinema

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“Il loro Natale” alla Casa del Cinema

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Anteprima romana di “Il loro Natale” di Gaetano Di Vaio alla Casa del Cinema – Mercoledì 23 febbraio 2011 alle ore 17.30 verrà presentata l’anteprima romana del film documentario “Il loro natale” diretto da Gaetano Di Vaio alla Casa del Cinema a Villa Borghese, Largo Marcello Mastroianni, 1 in sala Deluxe. L’anteprima del film inaugura la rassegna di documentari italiani “In Questo Paese” curata da Maurizio Di Rienzo.

“Ho pensato ‘Eh?'”: Chris Evans rivela la sua prima reazione al ritorno di Robert Downey Jr nell’MCU nei panni di Doctor Doom

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Il veterano del Marvel Cinematic Universe Chris Evans reagisce finalmente al ritorno di Robert Downey Jr. nella serie con Avengers: Doomsday nei panni del Dottor Destino della Marvel. La saga del Multiverso sta volgendo al termine, con Avengers: Doomsday e Avengers: Secret Wars pronti a mettere la timeline del MCU di fronte alla sua più grande minaccia sotto forma di Victor von Doom. Diverse star dell’MCU hanno condiviso le loro reazioni al ritorno di Downey Jr. nel franchise, un cast che ora include anche Steve Rogers. ScreenRant ha recentemente parlato con Chris Evans del suo nuovo film, Materialists, che vede protagonisti Dakota Johnson e il nuovo arrivato nell’MCU Pedro Pascal, che farà il suo debutto in The Fantastic Four: Gli Inizi nei panni di Mister Fantastic prima di riprendere il ruolo in Avengers: Doomsday.

Durante l’intervista, Evans è stato chiesto se fosse strano vedere Downey Jr. interpretare uno dei cattivi più iconici della Marvel, e l’ex protagonista di Captain America ha condiviso quanto segue, spiegando anche a Johnson come sia possibile questo casting:

Chris Evans: Voglio dire, non vedo l’ora di vedere cosa farà. Sono sicuro che sarà incredibile.

Dakota Johnson: Adesso è un cattivo?

Chris Evans: Sì, adesso è il Dr. Doom.

Dakota Johnson: Si può fare? Si può semplicemente scegliere?

Chris Evans: Quando l’ho sentito per la prima volta, ho pensato: “Eh?”. Ma è quasi come il formaggio e la crosta. È come dire: “Non c’è più niente da fare con questa pizza”, e poi pensi: “Oh, cavolo. Sai? Cos’altro? E se facessimo così? (fa un movimento di capovolgimento). Wow”.

Chris Evans: Ottima domanda. Potrei anche dire Downey. Ho fatto film per 10 anni prima di salire sul treno della Marvel.

ScreenRant: Perché è stato lui a chiamarti, giusto?

Chris Evans: Sì. È stato lui a convincermi. Non volevo accettare il ruolo. Ho detto di no un paio di volte ed è stato lui a farmi capire.

Dakota Johnson: Non volevi essere Capitan America?

Chris Evans: Ho detto di no diverse volte. Lo so. Semplicemente non volevo farlo. Avevo paura, ero intimidito. Non sapevo. Era un impegno importante e stavo pensando di lasciare la recitazione in generale. Non lo so.

Cosa significano i commenti di Chris Evans su Robert Downey Jr.

Chris Evans in Avengers Infinity War

Molti si aspettavano che un nuovo attore fosse scelto per interpretare Victor von Doom nell’MCU quando fosse arrivato il momento di introdurre quel personaggio nel franchise, soprattutto considerando il potenziale di una storia così lunga sullo schermo. Ecco perché la Marvel Studios è diventata una delle notizie più importanti, se non la più importante, del San Diego Comic-Con 2024 quando Downey Jr. ha svelato la sua identità nella Hall H. La reazione di Evans è, per molti versi, rappresentativa di come molti fan hanno reagito nel vedere l’ex attore di Iron Man tornare nel MCU per Avengers: Doomsday e Avengers: Secret Wars, ma con quello che è forse il colpo di scena più grande di tutti i tempi per la Marvel Studios.

È anche importante ricordare che Evans non è nuovo al personaggio di Doctor Doom, avendo già interpretato la Torcia Umana nei film della Fox Fantastic Four, dove il cattivo Marvel era interpretato da Julian McMahon. Considerando che il Doctor Doom di Downey Jr. sarà molto diverso quando apparirà per la prima volta in Avengers: Doomsday, sarà sicuramente un’esperienza surreale, per non dire altro. Allo stato attuale, sembra che dare al Dottor Destino dell’MCU lo stesso volto di Tony Stark, un eroe che ha dato la vita in Avengers: Endgame, porterà una certa tensione emotiva in Avengers: Doomsday.

“Ha a che fare col mistero”: Christopher Nolan spiega perché rende i suoi film complessi

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Molti dei film dello sceneggiatore e regista Christopher Nolan sono caratterizzati da narrazioni complesse e non lineari, caratteristica che ha reso il suo cinema dotato di una forte personalità. Il regista, il cui nuovo film Oppenheimer (qui la recensione) arriverà in Italia il 23 agosto, ha ora spiegato perché si avvicina alla narrazione per cinema in questo particolare modo. Sebbene ampiamente noto per il suo lavoro sulla trilogia de Il cavaliere oscuro, molti dei film di Nolan, come The Prestige, Inception e fino al recente Tenet, richiedono più visioni per poter essere veramente compresi.

In una recente intervista con il canale YouTube HugoDécrypte per promuovere il suo nuovo film, Nolan, usando la battuta presente in Tenet, “Non cercare di capirlo, sentilo”, come premessa alla sua spiegazione, ha dichiarato che: “Non vedo i film in termini di equilibrio tra semplicità e complessità, penso che sia più una questione che ha a che fare col mistero. Le nostre aspettative nei confronti dei film, grossomodo per tutta la mia vita, ma soprattutto dagli anni ’50, sono state influenzate dalla televisione e dalle sue aspettative. E a volte non è il massimo“.

Per questo spesso uso strutture non cronologiche, non lineari. – ha poi continuato a spiegare Nolan – Questa cosa era un espediente che veniva sfruttato molto nell’era del cinema muto, nei primi film sonori, fino all’arrivo della televisione. Poi la televisione ha imposto un approccio più lineare e semplice, a causa del modo in cui abbiamo iniziato a guardarla dagli anni ’50 in poi. In seguito, quando sono arrivati l’home video e i DVD e ora lo streaming, siamo nuovamente tornati a essere più avventurosi perché puoi guardare qualcosa, fermarlo, riavvolgerlo e rivederlo. E possiamo creare narrazioni più dense e complesse“.

“Ma a conti fatti, – conclude Nolan – la cosa fondamentale riguardante l’esperienza di una sala cinematografica piena di persone, è che dovrebbe essere un’esperienza incentrata sul mistero. Non desideri capire l’intera storia fin dall’inizio. Altrimenti, non c’è nulla da svelare e scoprire. Quindi, in realtà, il compito del regista è cercare di essere un po’ avanti rispetto al pubblico, non troppo avanti, non troppo indietro. Quando sei indietro rispetto al pubblico, il pubblico capisce le cose prima che tu le spieghi, e il pubblico rimane frustrato in un altra maniera.”

Tutto quello che sappiamo sul film Oppenheimer

Scritto e diretto da Christopher Nolan, Oppenheimer è un thriller storico girato in IMAX che porta il pubblico nell’avvincente storia paradossale di un uomo enigmatico che deve rischiare di distruggere il mondo per poterlo salvare. Il film è interpretato da Cillian Murphy nel ruolo di J. Robert Oppenheimer e da Emily Blunt nel ruolo della moglie, la biologa e botanica Katherine “Kitty” Oppenheimer. Il premio Oscar Matt Damon interpreta il generale Leslie Groves Jr., direttore del Progetto Manhattan, e Robert Downey Jr. interpreta Lewis Strauss, commissario fondatore della Commissione statunitense per l’energia atomica.

La candidata all’Oscar Florence Pugh interpreta la psichiatra Jean Tatlock, Benny Safdie interpreta il fisico teorico Edward Teller, Michael Angarano interpreta Robert Serber e Josh Hartnett interpreta il pionieristico scienziato nucleare americano Ernest Lawrence. Il film è anche interpretato dal vincitore dell’Oscar Rami Malek e questo film vede Nolan riunirsi con l’attore, scrittore e regista otto volte candidato all’Oscar Kenneth Branagh. Il cast comprende anche Dane DeHaan (Valerian e la città dei mille pianeti), Dylan Arnold (serie Halloween), David Krumholtz (La ballata di Buster Scruggs), Alden Ehrenreich (Solo: A Star Wars Story) e Matthew Modine (Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno).

Il film è tratto dal libro vincitore del premio Pulitzer American Prometheus: The Triumph and Tragedy of J. Robert Oppenheimer di Kai Bird e del compianto Martin J. Sherwin. Il film è prodotto da Emma Thomas, Charles Roven di Atlas Entertainment e Christopher Nolan. Oppenheimer è girato sia in IMAX 65mm che in pellicola di grande formato 65mm che include, per la prima volta in assoluto, sezioni in fotografia analogica IMAX in bianco e nero.  I film di Nolan, tra cui TenetDunkirkInterstellarInception e la trilogia del Cavaliere Oscuro, hanno incassato più di 5 miliardi di dollari al botteghino mondiale e sono stati premiati con 11 Oscar e 36 nomination, tra cui due nomination come miglior film.

“Forte è colui che va in soccorso dei deboli”, Edoardo De Angelis e Pierfrancesco Favino presentano Comandante a Venezia 80

Comandante, diretto da Edoardo De Angelis, con Pierfrancesco Favino, è il nuovo film d’apertura, in prima mondiale in Concorso, dell’80. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia. Il film è ambientato all’inizio della Seconda guerra mondiale, ed ha per protagonista Salvatore Todaro, comandante del sommergibile Cappellini della Regia Marina. Nell’ottobre del 1940, mentre naviga in Atlantico, nel buio della notte affronta un mercantile armato che viaggia a luci spente e lo affonda a colpi di cannone. Ed è a questo punto che il Comandante prende una decisione destinata a fare la storia: salvare i 26 naufraghi belgi condannati ad affogare in mezzo all’oceano per sbarcarli nel porto sicuro più vicino, come previsto dalla legge del mare. Per accoglierli a bordo è costretto a navigare in emersione per tre giorni, rendendosi visibile alle forze nemiche e mettendo a repentaglio la sua vita e quella dei suoi uomini.

Salvatore Todaro, il comandante che salvava l’uomo

“Mi commuove l’idea della forza intesa come la intendeva Salvatore Todaro, ovvero come la capacità di correre in soccorso di chi è più debole. Questo è l’uomo forte e ho voluto raccontare nella sua storia.”, spiega il regista Edoardo de Angelis. “Era il 2018 quando ci siamo imbattuti in essa, l’abbiamo ascoltata dall’Ammiraglio Pettorino, che in occasione della celebrazione dei 123 anni della Guardia Costiera aveva l’esigenza di dare un’indicazione ai suoi uomini su come comportarsi in mare e scelse la strada della parabola, raccontando la storia di Salvatore Todaro, che affondava il ferro nemico ma salvava l’uomo e a chi gli chiedeva perché lui rispondeva ‘lo facciamo perché siamo italiani’. Ecco, quando ho conosciuto Salvatore Todaro ho pensato che se è questo che significa essere italiano, allora voglio essere italiano!”

Nell’estate in cui è scoppiato questo disonore, io lo considero un disonore, ovvero di disattendere le più elementari e millenarie regole del mare, cioè di soccorre chi è in necessità, c’era un clima piuttosto pesante e sprezzante. – racconta il co-sceneggiatore Sandro VeronesiLa storia di Salvatore Todaro era una risposta perfetta, come ce ne sono tante, perché la storia del nostro popolo, ma direi della civiltà a cui apparteniamo, è una storia di soccorsi. Poter lavorare a questa storia, con il miracolo di avere a disposizione, grazie alla famiglia, degli effetti personali di Todaro, ci ha permesso di essere molto fedeli ad essa e capire meglio l’uomo che ne è protagonista e che ha posto il rispetto delle regole del mare davanti al servire la patria”.

Mentre stavamo ultimando il montaggio del film, a inizio 2023, è avvenuto un fatto che mi ha molto colpito. – racconta poi De Angelis, approfondendo ulteriormente i valori del film – Un natante russo in balia delle onde dell’Oceano è stato posto in salvo da un piroscafo con bandiera panamense con capitano ed equipaggio ucraini. Il marinaio russo ha poi dichiarato ‘Siamo tutti alla stessa distanza da Dio, la distanza di un braccio, quello che ti salva’. Ecco, volevo che fosse quello l’inizio del film. Per ricordarci che così come Todaro si sente lo stesso uomo che duemila anni prima guidava una triremi romana, anche noi possiamo sentirci lo stesso salvatore Todaro che salvava gli uomini inermi”.

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Credits: Giorgio Zucchiatti, La Biennale di Venezia – Foto ASAC

Un film dal potenziale internazionale

Considero il cinema italiano come internazionale e credo che questo film, ad esempio, possa mostrare che siamo pronti per film che possono andare oltreoceano e spero se ne potranno fare sempre di più. – afferma Pierfrancesco Favino, chiamato a dire la sua sullo stato del cinema italiano in rapporto alle produzioni estere. – Questa produzione, quella di Comandante, è stata particolarmente coraggiosa per la nostra industria. Inoltre, vorrei che sempre più attori e attrici italiane trovino la possibilità fossero presenti in produzioni estere, specialmente se si tratta di interpretare personaggi italiani. È un problema quando attori americani, ad esempio, interpretano personaggi italiani al posto nostro. Ci sono tanti bravi attori e attrici nel nostro paese e sono tutti in attesa del giusto ruolo”.

Passa poi la parola agli altri due attori presenti alla conferenza stampa, Silvia D’Amico e Johan Heldenbergh. “Essere salita a bordo su questo film è stata un’esperienza incredibile, al di là dei suoi valori politici. – afferma la D’Amico – Sono stata accompagnata dalla sensibilità di Edoardo e dalla sua capacità di gestire i ruoli femminili. Il mio personaggio non è solo la moglie di Todaro che lo aspetta a casa, ma un punto fermo ricorrente nel suo viaggio. Fondamentali è stato poi potermi confrontare con la figlia del comandante Todaro, che ha reso questa un’esperienza ancor più formativa”. La parola passa poi a Heldenbergh, interprete del capitano belga nel film. Sono sempre stato innamorato del mio paese ma questo non vuole dire che ne sia anche orgoglioso. Ed è questo senso di amore ma non orgoglio che ho ritrovato nel film, decidendo dunque di farne parte!”

Se sono preoccupato dalle reazioni del ministro Matteo Salvini quando guarderà il film? È chiaro che le reazioni di chi guarda un film trascendono il controllo di chi il film lo ha fatto. Mi auguro che chiunque lo guarderà converrà sul fatto che esistono delle leggi eterne, immutabili, come la legge del mare e che sono leggi che non vanno infrante. Mai”. Così si conclude la conferenza stampa di Comandante, diretto da Edoardo De Angelis e da lui scritto insieme a Sandro Veronesi. Il film è una produzione Indigo Film e O’Groove con Rai Cinema, Tramp LTD, V-Groove, Wise Pictures, in associazione con Beside Productions, in collaborazione con la Marina Militare Italiana e Cinecittà. Il film sarà distribuito da 01 Distribution nelle sale italiane dal 1 novembre.

“Diaz” atterra negli Stati Uniti

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Daniele Vicari e il suo “Diaz – Don’t Clean Up This Blood” sbarcano negli Stati Uniti. La pellicola del regista reatino, infatti,

“Deadpool 3 riporterà in vita il corpo morto (del MCU)” secondo Matthew Vaughn

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Secondo Matthew Vaughn, regista di X-Men: L’Inizio, i problemi del MCU saranno risolti all’uscita di Deadpool 3. Nelle parole di Vaughn, il film riporterà in vita il corpo morto del MCU.

Marvel è reduce da qualche passo falso, a giudicare principalmente dall’accoglienza di pubblico e critica delle sue ultime produzioni (The Marvels e Ant-Man and the Wasp: Quantumania). Tuttavia il suo unico film che uscirà nel 2024, Deadpool 3, potrebbe rimettere in carreggiata il suo percorso.

Deadpool 3 è il film che chiuderà la trilogia del Mercenario Chiacchierone che vede protagonista Ryan Reynolds nel ruolo del protagonista e questa volte il pubblico è ancora più ansioso di vederlo in scena per via del fatto che con lui torna anche Hugh Jackman nel ruolo di Wolverine. Ora, nel corso della promozione del suo ultimo film, Argylle, Matthew Vaughn si è sbilanciato dicendo che questo film potrebbe essere la salvezza del MCU:

“Questo sarà lo shock… l’universo Marvel sta per subire uno shock e riporterà in vita quel corpo… penso che Ryan Reynolds e Hugh Jackman stiano per salvare l’intero universo Marvel.”

Chi c’è in Deadpool 3?

Deadpool 3 riunisce il protagonista Ryan Reynolds con Shawn Levy, regista di Free Guy e The Adam Project, che ha firmato la regia dell’atteso progetto. Hugh Jackman uscirà finalmente dal suo pensionamento da supereroi per riprendere il ruolo di Wolverine. Sebbene i dettagli ufficiali della storia di Deadpool 3, con protagonista Ryan Reynolds, non siano infatti ancora stati rivelati, si presume che la trama riguarderà il Multiverso. Il modo più semplice per i Marvel Studios di unire la serie di film di Deadpool – l’unica parte del franchise degli X-Men sopravvissuta all’acquisizione della Fox da parte della Disney – è stabilire che i film di Reynolds si siano svolti in un universo diverso.

Ciò preserva i film degli X-Men della Fox nel loro universo, consentendo al contempo a Deadpool e Wolverine, di nuovo interpretato da Hugh Jackman, viaggiare nell’universo principale dell’MCU. Nel film saranno poi presenti anche personaggi presenti nei primi due film di Deadpool, come Colossus e Testata Mutante Negasonica. Da tempo, però, si vocifera che anche altri X-Men possano fare la loro comparsa nel film, come anche alcuni altri supereroi della Marvel comparsi sul grande schermo nei primi anni Duemila, in particolare il Daredevil di Ben Affleck.

Una voce recente afferma che anche Liev Schreiber sia presente riprendendo il suo ruolo Sabretooth. Di certo, Morena Baccarin (Vanessa), Karan Soni (Dopinder), Leslie Uggams (Blind Al), Rob Delaney (Peter) e Shioli Kutsuna (Yukio) torneranno tutti nei panni dei rispettivi personaggi, e a loro si uniranno i nuovi arrivati in franchising Emma Corrin (The Crown) e Matthew Macfadyen (Succession), i cui ruoli sono ancora segreti. Un recente report afferma inoltre che la TVA di Loki, incluso l’agente Mobius (Owen Wilson) e Miss Minutes, saranno coinvolti nel film. Deadpool 3 uscirà nei cinema il 26 luglio 2024.

“David Bowie il mio mentore”, il saluto di Trent Reznor

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Trent Reznor, compositore di colonne sonore da Oscar (The Social Network) e leader dei Nine Inch Nails, ha affidato a Rolling Stones il suo ricordo dell’artista, collega e mentore David Bowie, scomparso lo scorso 10 gennaio.

Ecco cosa ha ricordato Trent:

La sua musica mi ha aiutato a relazionarmi con me stesso e a capire chi ero. Era un enorme fonte d’ispirazione, in termini di cosa un artista dovrebbe essere, non ci sono regole.

Poi a metà degli anni ’90 si rivolse a me e disse “Faremo un tour insieme”. È difficile descrivere quanto fu convalidante e surreale l’intera esperienza legata a quel tour – incontrare quell’uomo in carne ed ossa e scoprire, con grande gioia, che aveva superato ogni mia aspettativa. Il fatto che avesse questo elegante e felice carattere impavido è stato molto d’ispirazione per me.

Durante quel tour, onestamente, ero molto incasinato. Ci fu il primo grande successo dei Nine Inch Nails, in termini di fama. E questo in qualche modo distorse la mia personalità [..] La sottile linea tra il ragazzo sul palco e quello che ero realmente iniziava ad offuscarsi. Affrontai la vita intorpidendo me stesso con alcol e droghe, perché mi faceva sentire meglio e in grado di affrontare tutto. [..] Non ero pienamente consapevole di quanto male mi stessi facendo, ma nel mio cuore sentivo che era uno spericolato e insostenibile percorso autodistruttivo.

Quando incontrai David lui era felice, in pace con se stesso, aveva una moglie che chiaramente amava. Alcune volte ci siamo trovati da soli e lui ha condiviso con me dei pezzi di saggezza che ancora porto con me: “Sai, c’è un modo migliore, non deve finire tutto nella morte o nella disperazione, in fondo”.

Pochi anni dopo venne a L.A. ed io ero sobrio da una discreta quantità di tempo. Lo volevo ringraziare per l’aiuto che mi aveva dato. [..]. Ho ritrovato lo stesso amore ed affetto. Iniziai a dire “Ehi senti, sono pulito da..”, probabilmente non finii nemmeno la frase e lui mi diede un forte abbraccio e disse “Lo sapevo, sapevo che lo avresti fatto. Sapevo che ne saresti uscito”. Ho ancora la pelle d’oca se ripenso a quel momento.