Un delicato e struggente ritratto
della vita durante la feroce dittatura di Augusto
Pinochet, che si impadronì del governo in Chile l’11
settembre del 1973, con un colpo di stato. Pinochet si macchiò di
crimini contro l’umanità di crudeltà inaudita, tanto che ancora
oggi si fa fatica a stimare realmente le cifre dello sterminio di
massa che mise freddamente in opera.
Siamo in una baraccopoli di
Santiago del Chile, nel 1983, ancora molto distanti dall’11
settembre del 1990, quando finalmente cadde la dittatura. La dolce
ma forte Gladys vive assieme a sua madre e a sua figlia, entrambe
con lo stesso nome, all’interno di una povera comunità che nasconde
sovversivi comunisti che non riescono e non possono accettare
l’oppressione militare di Pinochet. Con le tre Gladys vive anche un
tenero bambino occhialuto, dell’età di tredici anni e chiamato
Vladi. Il padre del bimbo è un oppositore che vive nascosto sotto
falso nome.
Un giorno giunge nella comunità
Samuel Thomson, un missionario che cerca di diffondere la parola di
Dio, ma che probabilmente deve lui stesso trovare delle certezze.
Samuel è appassionato di fotografia e documenta con la sua
fotocamera e la sua cinepresa S8 la vita, l’oppressione e i
tentativi di ribellione delle persone che comincia a conoscere e
amare sempre di più, giorno dopo giorno.
Samuel dovrà fare i conti con la
passione, con l’amore, con la fede, con l’ideologia e purtroppo
anche con la spietata polizia militare.
Gonzalo
Justiniano riesce con semplicità a costruire un racconto
corale, che descrive teneramente, dall’interno, il lungo periodo
della dittatura in Chile. Orchestra bene i registri del racconto,
passando dai toni allegri e scanzonati della commedia, fino al
dramma più nero, costringendo a riflettere e facendo dimenticare
che si tratta solamente di un film. Questo grazie anche a
fotografie e filmati di repertorio, giustificati narrativamente dal
lavoro di documentazione di Samuel.
Registicamente parlando, non siamo
troppo distanti da quanto visto in Detroit di
Kathryn Bigelow, ma il suo tono energico è
totalmente “Gringos”, a differenza della poesia, della passionalità
e della voglia di vivere che Gonzalo Giustiniano riesce a infondere
in ogni fotogramma. Un manipolo di attori bravissimi rende
impossibile non amare i personaggi interpretati con immensa
sincerità. Su tutti spiccano Nathalia Aragonese
(Gladys) passionale, determinata, autentica e il piccolo
Elías Collado (Vladi) tenero, ironico ai limiti
del sarcastico.
I cabros de mierdas del titolo sono
i bambini quando si comportano male. Così a volte viene chiamato
Vladi, ma anche i biechi torturatori della polizia militare quando
vengono riconosciuti dalle donne che li avevano cresciuti, dalle
proprie maestre, dai vicini di casa. Forse anche Gladys, Samuel, e
tutti i loro amici oppositori potrebbero essere definiti in questo
modo, perchè che il loro gioco non è troppo distante da quello dei
bambini, visto che si limitano a sbeffeggiare Pinochet, con
caricature e scritte sui muri. Certo, non mancano momenti di
ribellione armata, ma è nulla, una bazzecola a confronto della
violenza inaudita della controparte.
Cabros de Mierdas
è un film semplice, sincero, onesto, ma importante, insieme a tanti
altri, per ricordare e riflettere su un dramma immane dei nostri
giorni. Un piccolo tassello per non dimenticare i desaparecidos
persi nelle fredde acque dell’oceano.
Ecco il red carpet di The
Jackal, il gruppo comico napoletano che ha presentato alla
Festa del Cinema di Roma, insieme con Alice nella Città, il loro
primo film, Addio Fottuti Musi Verdi.
Dopo aver ospitato qualche
giorno fa l’eccentrico Chuck Palahniuk e il
geniale e coinvolgente Ian McKellen,
la Festa del Cinema di Roma ha dato il benvenuto
ad un’altra eccellenza del mondo del cinema e della musica. Si
tratta del compositore Michael Nyman che
ricordiamo per colonne sonore come quella dell’acclamato
Lezioni di Piano.
Durante l’incontro con il
pubblico, moderato da Mario Sesti e Francesco
Zippel, Nyman ha raccontato qualcosa in più del suo
lavoro, del rapporto tra cinema e musica e soprattutto della sua
grande passione per la regia. In pochi infatti sanno che Michael
Nyman non è solo un compositore e musicista ma anche un regista
sperimentale.
Dirigere per Nyman non è solo un
vezzo ma a volte diventa una vera e propria necessità artistica.
Comporre una colonna sonora per un film richiede molto tempo e
spesso ci si ritrova a combattere con registi e produttori che
hanno idee completamente diverse e che finiscono col modificare
l’intera opera.
“Come regista e compositore posso
decidere in autonomia cosa musicare o meno e soprattutto non devo
sottostare a decisione di terzi […] Comporre richiede molto tempo
perché le colonne sonore devono adattarsi perfettamente ai film e
alle esigenze narrative […] bisogna sincronizzare scene e musiche e
a volte incorporare alcuni rumori d’ambiente […]
Ad esempio, per il film Goodbye
Lenin [film del 2003 la cui colonna sonora è del compositore
francese Yann Tiersen], la
realizzazione della soundtrack ha portato via ben tre mesi di
lavoro […] e per i cortometraggi le cose non cambiano. Non è raro
infatti che comporre musiche per i corti porti via anche più tempo
di quelle per i film […] Solitamente, quando compongo per altri
registi, è la musica che si deve adeguare alle immagini mentre,
quanto a girare sono io, il processo si inverte: sono le immagini a
spiegare la musica”.
Ben presto l’incontro con
Michael Nyman ha preso però una piega insolita e
la sua carriera da compositore è passata in secondo piano. Dopo
aver ricordato alcune delle sue colonne sonore più belle come
quella di Lezioni di Piano (1993),
Gattaca (1997), I misteri del giardino di
Compton House (1982), il compositore ha spostato
l’attenzione tutta sulla sua esperienza diretta dietro la macchina
da presa, una macchina in verità più simile ad una comune
fotocamera digitale. Nyman ha infatti confessato di portare sempre
con sé in giro un piccola camera compatta con cui è solito
riprendere la realtà che lo circonda e lo ispira.
“Solitamente faccio riprese ampie
di ciò che mi circonda ma capita spesso che mi focalizzi su
dettagli che ritengo più importanti e a quel punto utilizzo delle
zoommate […] Questo è evidente nei miei corti Witness I e Witness
II […] entrambi parlano dei deportati ad Auschwitz, descrivendo l’orrore
di quegli anni in modo assai sperimentale
[…]
In Witness I ho usato
fotografie di alcuni gipsy deportati nei campi di concentramento
nel 1942-43 […] Fare un film utilizzando delle foto è molto
complesso poiché, a causa della staticità delle immagini, è più
difficile fare arrivare il messaggio allo spettatore […] Ecco
perché, in fase di montaggio, per rendere il risultato più
dinamico, ho fatto in modo che le immagini comparissero,
scomparissero e si accavallassero come in una visione
[…]
Witness II, che è stato
mostrato al pubblico proprio ad Auschwitz, mostra ancora i volti di
alcuni deportati, dipinti che io ho filmato di nascosto al museo
dell’Olocausto […] A differenza del primo corto, Witness II non
mostra solo i ritratti di queste povere persone ma si concentra
anche su alcuni dettagli come ad esempio le date di nascita delle
vittime […] alcune di loro non avevano più di dodici anni […]
“
L’amore di Michael
Nyman per il cinema e soprattutto per la regia è nato
negli anni sessanta quando, in collaborazione con il grande
Peter Greenaway, ha girato il suo primo
film.
“Ho iniziato a girare nel
1967 a Londra. Il film si chiamava Love Love Love e trattava del
tema della legalizzazione della marijuana. Era in effetti in
montaggio di riprese fatte di manifestazioni contro la guerra in
Vietnam. Ricordo che portai tutto il materiale al mio amico Peter
Greenaway e lui mi disse ‘Michael il girato è una cosa ma il film è
tutt’altra cosa.Devi trovare una strada,
un punto di vista, un montaggio che sappia cogliere ciò che vuoi
dire’. E così ho fatto”.
Capelli ossigenati, sorriso timido,
ma sguardo furbo e sfacciato; si presenta così Xavier
Dolan alla Festa del Cinema di Roma. Protagonista di uno
degli Incontri Ravvicinati con il pubblico, il
regista canadese, bambino prodigio che vanta già sei film (e uno in
arrivo) a 28 anni, ha incantato la sala.
Arguto e buffo, umile anche se
sempre puntuale, capace di caricare di senso profondo affermazioni
che dalle labbra di qualcuno altro risulterebbero banali o frasi
fatte, Dolan ha raccontato il suo rapporto con il cinema in sei
momenti, ognuno corrispondente a uno dei suoi film. Ma prima, allo
sceneggiatore, attore, regista, produttore, montatore si chiede:
meglio la regia o la recitazione?
“Credo di preferire la
recitazione. Ma quando dirigo continuo a recitare, recito insieme a
degli attori che ammiro, questo tipo di recitazione non è però
gratificante come quando sono io a recitare, però per un paio di
anni ho fatto così, anche perché imparo tanto da ciò che vedo
davanti a me, dagli attori che si trasformano sotto i miei occhi.
Da loro posso imparare moltissimo, e recitare mi manca. Vorrei
farlo di più nei prossimi anni, sia per me che per altri.”
A 21 anni. Uno
dei motivi per cui il tuo cinema ha conquistato il mondo è perché
si sente da subit un’urgenza. Cosa ti ha spinto a girare questo
film?
“È stato il mio primo film. Non
avevo girato corti, non ho fatto una scuola di cinema, il mio nome
è impresso soltanto sul diploma del liceo. Quindi volevo iniziare a
recitare ma come attore ero disoccupato e così ho detto ‘Potrei
ingaggiarmi da solo per raccontare questa sceneggiatura che parla
della mia vita’. Non c’era competizione, ero l’unico contendente al
ruolo.
Poi però le cose si sono
complicate, ho dovuto investire tutti i miei soldi per produrlo e
nessuno credeva sarebbe stato possibile, nessuno tranne gli attori
che mi hanno aiutato. Tu parli di urgenza, necessità, io parlo di
problema. Il film lo racconto per risolvere un problema che vedo
nella mia vita e nella società. In questo caso ho deciso di
raccontare la mia vita, risolvendo il problema dell’iniziare la mia
vita come artista. Siccome gli altri non me lo permettevano me lo
sono permesso da solo.”
Les Amours
imaginaires, il piano sequenza e la tensione
Come mai hai
deciso di girare la scena (mostrata in sala al pubblico, ndr) in
piano sequenza senza stacchi?
“Anche se non posso parlare per
gli altri registi, sembra che dai film che ho visto, i registi
amano le inquadrature senza stacchi. La tensione che si crea con
questo espediente. Ma per il regista e per la troupe è una
grandissima sfida, perché tutte le persone che lavorano al film
vengono coinvolte. È una coreografia che richiede l’attenzione di
tutti. E poi dopo tanto lavoro la maggior parte delle volte non
funziona. Io però non voglio che queste scene prendano il
sopravvento e schiaccino il ritmo del film. Nessun idea può
prendere il sopravvento sulla storia che rimane al
centro.”
C’è stato un punto di
riferimento cinematografico nella tua formazione di
regista?
“Diciamo che ho visto qualche
film, ma non troppi. Vedo sempre la delusione nella faccia della
gente quando mi parlano di un film e poi scoprono che non l’ho
visto. Mi vergogno un po’ di questo. Ci sono dei buchi da riempire
nella mia cultura cinematografica, ma, ad esempio, nella scena che
abbiamo visto di J’ai Tué ma Mère il riferimento è
a Wong Kar-wai. La scena alla In the mood
for love è così evidente che se il regista la vedesse
potrebbe farmi causa. C’è una citazione da un libro, Steal like an artist, sulla
possibilità di diventare artisti, ti dà dei consigli se hai
potenziale. Qualcuno può pensare che sia superficiale ma io ci ho
trovato tanti suggerimenti. La mia citazione preferita è ‘Inizi che
sei finto, e poi diventi sei reale’.
Se leggerete questo libro,
vedrete che molti artisti dicono che il furto artistico è naturale
ed è spontaneo perché tu non sai chi sei fino a che non crei, con
il cuore, con l’anima. Lo puoi fare attraverso il furto, ad
esempio, sempre la scena in cui cito Wong Kai-wai:
chiaramente avevo visto altri rallenty prima in altri film, ma è
stato In the mood for love a farmi trovare la mia
idea. Ripeti delle idee fino a che non le fai tue. Il rallenty
adesso lo uso a modo mio. Credo di aver smesso questo lavoro di
prestito con Tom à la ferme. È stato lì che ho cominciato a capire
meglio mes tesso, ma puoi farlo solo dopo che hai creato. Il
processo di crescita è fatto da prestiti e cose che hai rubato ad
altri. Anche Coppola dice in questo film ‘Noi vogliamo che voi
rubiate da noi, rubate le nostre inquadrature, le nostre scene,
fino a quando arriverà il giorno che saranno gli altri a rubare da
voi’”
Laurence Anyways,
il rapporto tra felicità e libertà
I tuoi personaggi
sono sempre divisi tra libertà e felicità. Tutti cercano la libertà
di essere se stessi ma non tutti riescono poi a raggiungere la
felicità.
“Penso che ci siano tanti film
su persone che non hanno speranza e fortuna e non lottano per
averli. Per ottenere qualcosa, oppure lottano ma tutto gli è
contro. Sono film che sono molto popolari, li chiamano la
pornografia della povertà.in qualche modo amano parlare di persone
che non sono privilegiate, reietti che vivono ai margini della
società. Ma questi film non danno mai una vera possibilità ai
protagonisti.
Io invece amo i combattenti,
quelli che hanno speranza. Alla fine la vita è questo: cercare di
combattere per quello che sei, ma la società non lo apprezza perché
quando si è autentici si mettono le altre persone di fronte alla
falsità e ai fallimenti. Ci sono persone che si sono arrese, ma ci
sono anche tanti sognatori. I miei personaggi si portano dentro il
desiderio di combattere. Non sempre vincono, ma non sono mai dei
perdenti.I miei film parleranno sempre di persone che cercano di
trovare un loro spazio, ma se non ci riescono sarà sempre e solo
colpa della vita, mai del fatto che si sono arresi.”
Tom à la ferme, il
genere e i sogni in grande
In che genere
classificheresti il tuo quarto film?
“Un dramma psicologico, un
thriller psicologico, non saprei definirlo perché mi manca questo
tipo di linguaggio. Se mi chiedono che tipo di film è Titanic, per
esempio, potrei dire un dramma storico, ma non lo so. Direi però
che può essere un thriller psicologico, o almeno è quello che avrei
voluto fare.”
Non è la prima volta che
nomini Titanic. È vero che lo ami molto?
“Penso che sia una produzione
meravigliosa. Gli effetti visivi, gli attori, i costumi, tutto
fanno di questo film un capolavoro dell’intrattenimento moderno.
Non tutti sono d’accordo però. Due anni fa il mio agente mi porta a
una cena, a cui dice ‘parteciparanno solo pochi amici, una cosa
informale’. E mi ritrovo a tavola con Paul Thomas Anderson,
Ron Howard, Bennet Miller, Charlize Theron e altri. E Bennet
chiede qual è per noi il film che ci ha spinti a fare questo
lavoro, e c’erano persone che citavano film anni ’30, o di pittori,
o di quando erano in luoghi tipo l’Africa. E io ho pensato ‘E ora
questi che penseranno quando dirò Titanic?’.
Ovviamente non si tratta di un
film che in un contesto intellettuale si va a cercare, ma la
questione che era stata posta era non qual è il miglior film di
tutti i tempi, ma qual è il film che ti ha fatto venire voglia di
fare cinema. Qual è il tuo film preferito. A 8 anni ho visto
Titanic, e questo film mi ha detto ‘vola, pensa sempre in grande’.
Adesso non sono più insicuro nel parlare dei film che mi sono
piaciuti, sono questi i film che mi hanno reso quello che sono:
Mamma ho perso l’aereo, Jumanji, Titanic.”
Mommy, la regia
come mezzo per darsi un lavoro da attore
Come reagiscono i
tuoi genitori quando vedono i tuoi film?
“Non ne parliamo molto, ma sono
orgogliosi. Mia madre è venuta con me a Cannes alla proiezione di
E’ solo la fine del mondo. Ma non sono loro i personaggi dei film,
non hanno paura di riconoscersi nei miei film. Soltanto per il
primo, si capisce che è la mia vita.”
Qual è il momento in cui hai
deciso di fare il regista?
“Ho deciso di fare il regista
per darmi una possibilità come attore. Forse quando ho visto
Titanic in me è rimasto qualcosa, ma non è che sono uscito dal
cinema e ho detto ‘Mamma farò il regista’. Le ho detto ‘Mamma
voglio scrivere una lettera a Leo DiCaprio’. Ma innanzitutto volevo
risolvere il mio problema di attore disoccupato. I miei amici
lavoravano, qualcuno faceva film, e io me ne stavo a casa, senza
lavoro e senza soldi. Sarei morto, ma dovevo fare qualcosa perché
avevo detto a tutti che avrei trovato la mia strada. La prima
ragione è stata quindi quella di recitare, ma già nei primi giorni
di riprese ho capito che non si trattava più solo di quello ma
anche del piacere di raccontare le storie.”
È solo la fine del
mondo, l’elogio del dolore
Parlando dei film
che hai amato, hai detto che uno dei titoli che maggiormente ti
hanno colpito di recente è un film italiano. Vorrei che lo
rivelassi e spiegassi perché ti ha colpito?
“Due settimane fa ho visto Call
me by your name, di Luca Guadagnino. È un film così tenero e
saggio, che cambia completamente il modo di guardare i film ma
anche di guardare l’amore. Non penso che siamo molti i film che
hanno questo potere. Non solo. Il film insegna molto anche sul
dolore. Cerchiamo spesso dei film che ci facciano ridere, che siano
di sollievo, a volte si dice ‘Ah, quel film era così deprimente!’.
Ma quando qualcuno ha sperimentato davvero l’esperienza del rifiuto
d’amore o di essere follemente innamorato di qualcuno e di
soffrirne, allora si capisce anche qual è la bellezza del dolore, e
questo film lo permette.
Non si trova spesso la
celebrazione della bellezza del dolore, perché è importante, è il
dolore che ti permette di creare, è da questo che sono nati molti
miei film, perché soffrivo per qualcuno di cui ero innamorato, o
quando avevo il cuore spezzato. Vedendo questo film mi sono sentito
profondamente compreso. Questo regista, come me, sa che il dolore
apre tante porte.”
Dakota Fanning è arrivata alla Festa
del Cinema di Roma per presentare il film “Please
Stand By” nella sezione dedicata ai giovani Alice
nella Città. La commedia, diretta da Ben
Lewin, tratta la storia di una ragazza autistica che
intraprende un viaggio contro tutti e contro le sue paure, per
realizzare il suo sogno di partecipare ad un concorso di
sceneggiature di Star Trek.
“Interpretare Wendy non è stata
una sfida maggiore rispetto a tanti altri ruoli, è sempre
difficile” ha raccontato la Fanning, “Certo è una ragazza
affetta da autismo, ma quella è solo una piccola parte di quello
che è lei, c’è molto altro di più e questa è la cosa che mi è
piaciuta di più di questo film e di questo personaggio. Vediamo le
sue difficoltà e di come queste influenzano la sua vita, ma vediamo
anche come lei riesce a superarle, come si ribella e come spinge se
stessa ad andare oltre e questo è davvero un aspetto interessante
del film. La sceneggiatura era scritta benissimo, piena di
dettagli, ed è stata essenziale per potermi calare bene nel
personaggio.”
Star Trek è una
parte importante del suo personaggio e così l’attrice ha
interpretato questa passione: “Wendy ha problemi di interazione
sociale, ha problemi con il mondo che la circonda e a quel punto si
serve di Star Trek, che la aiuta a superare diverse difficoltà. In
particolare il personaggio di Spok è come se la guidasse ed è come
se lei facesse passare le cose che non capisce del mondo
attraverso un ‘traduttore Star Trek’ che gliele rende più
comprensibili.” E il regista Ben Lewin
aggiunge “Le persone con autismo hanno un legame particolare
con Star Trek e possiamo definire forse Spok il primo eroe
autistico, perché anche lui è una persona che non riesce a gestire
le proprie emozioni”.
Oltre a presentare il film, Dakota
è anche stata protagonista di una Masterclass con i
giovani: “Questo è film sia per grandi che per piccoli
ed è stato bello poter lavorare ad un progetto del genere. Non
saprei che consigliare ai giovani che vogliono intraprendere questa
carriera, perché soprattutto in questo settore le esperienze sono
molto personali. Vorrei poter rispondere a tutte le domande… Ma
sono sincera, io non ho tutte le risposte!”
A soli 23 anni, Dakota
Fanning ha recitato in più di trenta film e una decina di
serie tv, avendo iniziato la sua carriera a soli 5 anni: a
differenza di tanti altri attori bambini però, il suo è sempre
stato un percorso molto tranquillo e non si pente di aver
sacrificato magari qualcosa della sua adolescenza per fare
l’attrice. “Amo il mio lavoro ed è sempre stato così” ci
ha detto la protagonista di Please Stand By,
“Fare l’attrice non ha avuto un impatto negativo sulla mia vita,
anzi, l’ha arricchita di esperienze uniche. A 9 anni ho vissuto per
5 mesi a Mexico City, a 14 anni ho vissuto ad Hong Kong per 3 mesi
e ho conosciuto nuove culture, nuove persone… E quante altre
persone possono dire la stessa cosa della loro vita? Mi sento
davvero grata di queste esperienze e fortunata di aver trovato una
cosa che mi piaceva fare così tanto ad un età così
piccola.”
Dakota Fanning ospite di Alice
nella Città
Riguardo a progetti futuri, Dakota non si sbilancia sul film che
vedrà il debutto alla regia di Kirsten
Dunst, che è ancora in sviluppo: “Non posso dire
ancora molto, ma è bello avere una amicizia, quasi un sentimento di
sorellanza con lei e poterci lavorare, come è successo anche con
altre registe donne in passato.”
Un argomento a lei caro, visto che
si sta laureando con una tesi su “La figura femminile nel cinema”,
molto attuale con il caso Weinstein:
“Sono una donna che fa parte di questa industria da tempo e
ovviamente sono interessata a queste questioni e a parlarne. Penso
che per le donne sia importante avere una voce, parlare, sentire di
avere potere e combattere per l’eguaglianza. Sono contenta di far
parte di un momento storico nel quale questo tipo di argomenti sono
al centro delle discussioni all’interno della società. Credo
più che mai che sia fondamentale che le donne si sentano in una
posizione di potere e che si sviluppi tra di noi questa
sorellanza”.
Dopo l’uscita della
Snyder Cut di Justice
League, è emersa online una nuova campagna:
#RestoreTheSnyderVerse. Il taglio di Zack Snyder è finalmente arrivato su HBO Max
(in Italia su Sky e NOW) lo scorso 18 marzo e la reazione da parte
di critica e pubblico è stato complessivamente molto positiva.
In seguito all’uscita della versione
theatrical di Justice
League, le richieste per la release del taglio originale
di Snyder sono diventate sempre più insistenti. Finalmente, a
maggio dello scorso anno, la Snyder
Cut è stata ufficialmente annunciata da Warner Media,
e lo scorso 18 marzo è diventata una realtà a tutti gli effetti. A
giudicare dall’accoglienza positiva riservata al film, i film sono
ansiosi di conoscere di vedere sul grande schermo quelli che erano
i piani originali di Snyder per il suo SnyderVerse e che sono stati poi riversati
nell’epilogo della Snyder
Cut.
Una nuova campagna social, lanciata
attraverso l’hashtag #RestoreTheSnyderVerse, ha
raccolto già un milione di tweet, come riportato da Discussing
Film. La nuova campgna ha preso piede non solo sulla scia
dell’entusiasmo generato dalla Snyder
Cut e della possibilità di vedere un sequel del
cinecomic, ma anche in occasione del quinto anniversario del
precedente film del DCEU direto da Zack Snyder, ossia Batman v Superman: Dawn of Justice del 2016,
scelta che ha indubbiamente contribuito ad attirare un’affluenza
massiccia.
#RestoreTheSnyderVerse: WB tornerà sui suoi passi?
La campagna
#RestoreTheSnyderVerse è stata supportata anche
dall’attore Ray Fisher, inteprete di Cyborg, anche se già
in passato lo stesso aveva dimostrato supporto nei confronti dello
SnyderVerse. Il CEO di Warner Bros., Ann Sarnoff, ha già dichiarato che non ci sono
piani per un sequel della Snyder
Cut o per altri progetti che vedano coinvolto Snyder,
ma la campagna #RestoreTheSnyderVerse dimostra che
l’entusiasmo dei fan per i piani originali del regista non è mai
svanito. Anzi, semmai è cresciuto in modo significato proprio
grazie alla release della Snyder
Cut.
La vera domanda è: Warner Bros.
tornerà sui suoi passi e cambierà rotta alla luce di questo
rinnovato entusiasmo? Ovviamente, è troppo presto per dire se gli
ultimi sforzi dei fan di Snyder porteranno gli stessi frutti che
hanno poi condotto alla Snyder
Cut. Inoltre, la Warner Bros. ha un’intera lista di nuovi
film DC in fase di uscita e/o sviluppo, e ciò non può certamente
essere ignorato. Non ci resta che attendere eventuali sviluppi.
Zack
Snyder’s Justice Leagueè uscito in streaming il
18 marzo 2021 su HBO Max in America e, in contemporanea, su Sky e
NOW TV in Italia. Il film ha una durata 242 minuti (quattro ore
circa) ed è diviso in sei capitoli e un epilogo.
Durante l’annuncio dell’arrivo della
piattaforma di streaming HBO Max in Europa, previsto tra il 2021 e
il 2022, si è parlato anche di
Zack Snyder’s Justice League, la versione originale
del cinecomic uscito nel 2017, quella che
Zack Snyder voleva inizialmente realizzare e che non ha mai
avuto la possibilità di portare a compimento.
In occasione dell’evento, è stata
mostrata una clip (che potete vedere cliccando
qui) dedicata ai numerosi contenuti a cui avrà accesso chi
deciderà di abbonarsi alla piattaforma. Naturalmente, un’attenzione
particolare è stata rivolta ai titoli del DCEU, in particolare alla
Snyder Cut di Justice
League, che è stata definita da Priya Dogra,
presidente di WarnerMedia, “un fenomeno globale”.
Naturalmente, è bastata questa
definizione per scatenare una nuova reazione da parte dei fan di
Zack Snyder, che in brevissimo tempo hanno fatto balzare
nuovamente l’hashtag #RestoreTheSnyderVerse in
tendenza su Twitter. L’hashtag in questione era stato lanciato la
prima volta subito dopo la distribuzione della
Snyder Cut, con l’intento di chiedere alla Warner Bros. di
ripristinare l’universo DC che Snyder aveva in mente di
realizzare.
Il ritorno dell’hashtag in tendenza
ha anche raccolto il favore di chi ha sempre sostenuto
pubblicamente la
Snyder Cut e la versione di
Zack Snyder, ossia Ray Fisher, l’interprete di Cyborg (primo
membro del cast a denunciare, tra l’altro, la condotta
antiprofessionale che il regista
Joss Whedon avrebbe assunto durante le riprese aggiuntive).
Zack Snyder aveva commentato così a nuova
campagna guidata dai suoi sostenitori attraverso i social media.
“Dirò soltanto questo: è un movimento che credo mostri rispetto
nei confronti del mio lavoro.Ad ogni modo, qualunque sarà
il risultato, io non ne ho assolutamente idea. Molto probabilmente
non porterà a nulla… La venerazione per il mio lavoro è qualcosa
che non potrei mai rigettare o non rispettare. Naturalmente, darei
tutto il mio impegno per sostenere la causa. Se qualcuno mi
dicessi, indipendentemente da chi fosse: ‘Ho amato davvero quello
che hai fatto, vorrei che ne facessi un altro’, personalmente… non
sono una di quelle persone che potrebbe mai rispondere: ‘Non ci
pensare. Dimenticatelo’. Penso sia una cosa davvero
scortese.”
Chissà se Warner Bros. deciderà di
tornare sui suoi passi e cambiare rotta alla luce di questo
rinnovato entusiasmo dei fan nei confronti
dello SnyderVerse. Ovviamente, nessuno può
sapere se questi rinnovati sforzi dei fan di Snyder porteranno gli
stessi frutti che hanno poi condotto allaSnyder
Cut. Inoltre, la Warner Bros. ha un’intera lista di
nuovi film DC in fase di uscita e/o sviluppo, e ciò non può
certamente essere ignorato. Non ci resta che attendere eventuali
sviluppi.
Zack
Snyder’s Justice Leagueè uscito in streaming il
18 marzo 2021 su HBO Max in America e, in contemporanea, su Sky
e TV in Italia. Il film ha una durata 242 minuti (quattro ore
circa) ed è diviso in sei capitoli e un epilogo.
Rolling Stone ha
pubblicato un rapporto scottante sulla campagna online
#ReleaseTheSnyderCut. La scoperta sorprendente è che circa il
13% degli account che hanno preso parte alla campagna dedicata alla
Zack Snyder’s Justice League sono falsi, il
che rappresenta un aumento considerevole rispetto al 3-5% di
account falsi standard per qualsiasi altro argomento di tendenza, e
suggerisce che potrebbe esserci stata una manipolazione forzata che
alla fine ha portato ad anni di incessanti molestie online da parte
dei detrattori di Zack Snyder o del suo
lavoro.
Tuttavia, ancora più dannose sono
alcune rivelazioni sul controverso regista che dipingono un quadro
notevolmente diverso da quello che siamo stati portati a credere, e
potrebbero potenzialmente suggerire il suo coinvolgimento in alcuni
degli attacchi più mirati. C’è molto di cui discutere, quindi
analizziamo insieme nel dettaglio i segreti dietro alla campagna
#ReleaseTheSnyderCut.
Zack Snyder avrebbe minacciato di
rovinare la carriera di Geoff Johns e Jon Berg
In seguito all’annuncio
della sua director’s cut della Justice League nel 2020,
Snyder sarebbe stato deciso a rimuovere i nomi di
due produttori del film – Geoff Johns e
Jon Berg – che riteneva avessero influito
negativamente sulla sua perdita del controllo creativo della DC
Films.
Secondo il rapporto, è arrivato
persino a minacciare un dirigente del reparto di post-produzione
dello studio, dicendo: “Geoff e Jon stanno mettendo mano sul
mio montaggio. Ora li distruggerò sui social media“.
Almeno il 13% degli account di
#ReleaseTheSnyderCut erano falsi
Sono trapelati due rapporti
distinti commissionati da WarnerMedia, secondo i
quali almeno il 13% degli account di
#ReleaseTheSnyderCut erano falsi.
Si tratta di un aumento drastico
rispetto al 3%-5% di account falsi che gli esperti informatici
trovano di solito su qualsiasi argomento di tendenza. Anche
Q5id e Graphika hanno
identificato l’attività sospetta in modo indipendente, mentre
un’altra società, la Alethea Group, ha scoperto
che forsnydercut.com era stato registrato da una
persona che gestiva un’agenzia pubblicitaria che prometteva di
portare “traffico Avatar istantaneo ed economico al vostro sito
web“.
Gli studios rivali sono rimasti
perplessi da questo tipo di intervento per mesi, ma dopo l’uscita
del film è diventato chiaro che qualcosa non quadrava. Un dirigente
del marketing digitale ha spiegato il bizzarro fenomeno: “Basta
guardare il calo: [quell’hashtag era] in tendenza con un
milione di tweet al giorno per quando volevano rilasciare la
Snyder Cut. Ed è sceso a 40.000 in pochi giorni. Non si è mai
visto un calo del genere in modo organico”. Invece, secondo il
dirigente, si tratta di un classico esempio di “reclutamento
per avviare un movimento“.
Zack Snyder sospettato di essere
coinvolto nella manipolazione
Una rivelazione ancora più
scioccante è che molte delle venti persone con cui Rolling Stone ha
parlato sospettano che sia stato Snyder stesso a
lasciarsi coinvolgere nella campagna
#ReleaseTheSnyderCut e che ne abbia manipolato gli eventi,
potenzialmente anche finanziandola.
Snyder scarica la
colpa sulla Warner Bros. e sostiene che lo studio
stava “cercando di sfruttare la mia base di fan per aumentare
gli abbonamenti al loro nuovo servizio di streaming“. Sebbene
Rolling Stone non accusi Snyder di esserne stato
totalmente coinvotlo, sembra suggerire che probabilmente sapeva più
di quanto non abbia lasciato intendere, e una delle sue fonti ha
dipinto un quadro piuttosto negativo del regista: “Zack era
come un Lex Luthor che portava
scompiglio“.
Le minacce di violenza hanno
spinto la Warner Bros. ad agire
Quando una foto delle teste
decapitate di Geoff Johns, del presidente della DC
Films Walter Hamada e dell’ex presidente del
Warner Bros. Pictures Group Toby Emmerich è
diventata virale sui social media, WarnerMedia ha preso
provvedimenti e si è rivolta a una società di cybersicurezza per
analizzare la crescente quantità di trolling.
Il loro rapporto si concludeva
così: “Dopo aver analizzato le conversazioni online sull’uscita
del
film di Snyder, in particolare gli hashtag ‘#ReleaseTheSnyderCut‘
e ‘RestoreTheSnyderVerse’ su Facebook, Twitter e Instagram,
[gli analisti] hanno rilevato un aumento dell’attività negativa
creata da autori sia reali che falsi“.
Una comunità identificata era
composta da autori veri e falsi che diffondevano contenuti negativi
su WarnerMedia per non aver ripristinato lo
“SnyderVerse”. Inoltre, all’interno della scansione degli autori su
Twitter, Facebook e Instagram sono stati identificati tre leader
principali, uno per ogni piattaforma. Questi leader hanno ricevuto
la maggior quantità di engagement e hanno ottenuto molti follower,
il che ha dato loro la possibilità di influenzare l’opinione
pubblica.
Rolling Stone ha
svolto ricerche indipendenti sulla questione, chiedendo ad altre
tre società di cybersecurity e social media intelligence di
indagare. L’analisi di Q5id ha rilevato che
“non c’è dubbio che i bot fossero coinvolti“, e
Becky Wanta, CIO e CTO, ha spiegato: “Ci sono
alcuni schemi tipici dei bot e che abbiamo visto in questo caso.
Arrivano quasi contemporaneamente e in gran numero. E molte volte
l’origine di migliaia o addirittura milioni di messaggi può essere
ricondotta a un’unica fonte o due. A volte possono essere
ricondotti a server insoliti in paesi remoti. E il loro contenuto
sarà esattamente simile“.
Zack Snyder avrebbe ingaggiato una
società di marketing digitale per aumentare il coinvolgimento dei
fan di Batman v Superman in seguito a recensioni negative
Una fonte sostiene che, in
seguito all’accoglienza negativa da parte della critica di Batman v Superman: Dawn of Justice nel 2016,
Snyder abbia assunto una società di marketing
digitale per aumentare il coinvolgimento dei fan. Pur avendo
guadagnato 874 milioni di dollari a livello globale, il film è
stato considerato una delle più grandi delusioni dell’anno e ha
sostanzialmente fatto deragliare l’universo cinematografico della
DC prima ancora di iniziare.
Snyder ha mostrato
la sua prima versione di Justice League ai dirigenti della WB
quasi esattamente un anno dopo, all’inizio del 2017, ed è stato
accolto da una risposta tiepida, con Kevin
Tsujihara e i presenti che l’hanno giudicato un
“disastro” contorto e un “fallimento totale“. Di
lì a poco avrebbero cercato Joss Whedon come
sceneggiatore e consulente.
Zack Snyder è stato umiliato con
la nuova aggiunta di Joss Whedon
Nove giorni dopo,
Snyder ha proiettato un altro montaggio che
superava ancora le due ore. Whedon fornì le sue
note, ma Snyder non fu molto ricettivo. Nel marzo
dello stesso anno, Snyder ha vissuto una tragedia inimmaginabile
quando la figlia ventenne si è suicidata, ma ha continuato a
lavorare al film. Lo studio, nel frattempo, ha deciso di far
intervenire Whedon per cercare di alleggerire il tono del film.
Poi, a maggio,
Snyder ha proiettato la sua versione finale per i
responsabili dello studio, con una durata ragionevole di 2 ore e 18
minuti, ma anche questa è stata accolta negativamente, con una
fonte che ha affermato che era “inguardabile” e “priva di gioia”.
Dopo quella disastrosa proiezione, Snyder ha annunciato che avrebbe
abbandonato il progetto e, contemporaneamente, la morte di sua
figlia.
Justice League di Whedon è uscito a novembre
e, come prevedibile, ha ricevuto una risposta negativa da parte
della critica e dei fan. Con l’uscita della Snyder Cut, la Warner Bros. stava già
guardando al futuro e aveva già in mente di sostituire sia
Ben Affleck che Henry Cavill.
Zack Snyder ha rubato gli hard
disk dalla Warner Bros.
Secondo il rapporto,
Snyder ha mandato uno dei suoi montatori alla
Warner Bros. per recuperare gli hard disk che contenevano le sue
riprese di Justice League. Poiché si trattava di
proprietà dello studio, gli hanno chiesto di restituire gli hard
disk, ma lui si è rifiutato.
Il regista sostiene di essere
obbligato per contratto a recuperare tutti i file collegati al film
e di non essere stato interpellato. La sicurezza è stata informata
della questione, ma non è stato preso alcun provvedimento poiché il
film era già uscito e nessuno pensava che avrebbe cercato di
mettere insieme un montaggio alternativo.
Mentre la campagna
#ReleaseTheSnyderCut
attirava sempre di più l’attenzione, con attacchi ai dirigenti e ai
critici che si aggravavano di giorno in giorno, le persone estranee
a questo fenomeno hanno iniziato a chiedersi chi esattamente stesse
finanziando alcune delle trovate pubblicitarie di più alto profilo,
tra cui un annuncio a Times Square (del valore di oltre 50.000
dollari) e un aereo che sorvolava il San Diego Comic-Con con uno
striscione personalizzato. Invece di richiamare i suoi sostenitori,
Snyder ha solo aggiunto benzina al fuoco postando una foto di
contenitori di pellicola con il titolo dell’allora famosa
director’s cut.
Gli addetti ai lavori sono rimasti
sconvolti dalla sua ultima trovata: “Si è rifiutato di
restituire gli hard disk, che erano di proprietà dello studio.
Questa è stata solo un’altra stronzata orchestrata da Zack“.
Forsnydercut.com è
stato uno dei suoi più accesi sostenitori, lanciando il famigerato
hashtag, ma non è chiaro chi ci fosse effettivamente dietro il
sito. Da allora si è scoperto che il film era registrato a nome di
un uomo di nome Xavier Lannes che, secondo LinkedIn, era il
titolare di una società di pubblicità digitale con sede a Los
Angeles chiamata MyAdGency, che prometteva di portare “traffico
istantaneo ed economico di Avatar al vostro sito web“.
L’azienda è ora scomparsa.
Zack Snyder ha ricevuto 60 milioni
di dollari per finire la sua director’s cut e ha girato
segretamente scene durante la pandemia
Il nuovo amministratore
delegato della WarnerMedia Jason Kilar e il
dirigente della HBO Max Bob Greenblatt sono stati
coloro he hanno dato il via libera alla Snyder Cut e sembra che Snyder li abbia
leggermente ingannati affermando che non sarebbero state necessarie
nuove riprese. Tuttavia, la sua versione non era affatto vicina al
completamento e lo studio ha finito per dare a Snyder 60 milioni di
dollari aggiuntivi per completare la post-produzione e l’ampio
lavoro sugli effetti speciali, una cifra molto più alta rispetto ai
20-30 milioni di dollari di cui si vociferava.
Snyder ha anche
girato delle scene nel suo giardino durante l’apice della pandemia,
a quanto pare senza rispettare i protocolli COVID o le linee guida
del sindacato. Snyder ha confermato le due
riprese, ma afferma di aver seguito i protocolli e sostiene che una
delle riprese è stata autorizzata dallo studio. Ha inoltre
richiesto allo studio altri 13 milioni di dollari, che non facevano
parte dell’accordo, dal momento che non avrebbe dovuto girare alcun
filmato extra.
Zack Snyder e Ray Fisher
potrebbero aver lavorato insieme
Le cose sono andate di male
in peggio per la Warner Bros. durante la campagna
#ReleaseTheSnyderCut, quando sono emerse accuse schiaccianti
contro Joss Whedon e una delle star del film, Ray Fisher, ha
iniziato a inveire pesantemente contro i produttori Geoff Johns e
Jon Berg.
Secondo l’articolo, “quasi
tutti gli addetti ai lavori intervistati da Rolling Stone affermano
di ritenere che Fisher e Snyder lavorassero inseme, sulla base dei
tweet di Fisher che arrivano direttamente sulla scia delle
richieste dietro le quinte di Snyder”. Snyder definisce
l’accusa “totalmente falsa”; Fisher ha rifiutato un commento a
Rolling Stone. Per quanto riguarda le accuse di razzismo mosse da
Fisher, un’indagine esterna non ha trovato “alcun supporto
credibile” all’esistenza di animosità razziale e ha scagionato Toby
Emmerich, Jon Berg e Geoff Johns da qualsiasi accusa di ingiustizia
razziale.
Martian Manhunter non avrebbe mai
dovuto essere nel film
Martian
Manhunter non avrebbe dovuto essere presente in Justice League di Zack Snyder
e la sua inclusione ha lasciato lo studio completamente spiazzato
perché non era presente nella sceneggiatura. Inoltre, ha
interferito con i piani dello studio di utilizzarlo in un progetto
separato e non volevano che il personaggio fosse sprecato in due
scene a caso. Secondo quanto riferito, Snyder
avrebbe minacciato di cancellare altre riprese dal film se non
avesse avuto la meglio, nello stesso momento in cui Ray
Fisher ha alzato i toni su Walter Hamada,
che era il principale oppositore di Snyder e che
aveva chiesto la rimozione di Martian
Manhunter.
Hamada è stato
anche assolto da qualsiasi illecito durante l’indagine esterna e
stava lavorando in un’altra filiale della WM
quando è uscito Justice League, quindi le affermazioni di
Fisher erano prive di fondamento. Jason Kilar ha
scavalcato il team e ha permesso la presenza di Martian
Manhunter, cosa che ha fatto arrabbiare molti addetti ai
lavori. A Snyder sono stati concessi altri 13 milioni di dollari
per terminare il film, portando la produzione a 73 milioni di
dollari. I costi di marketing hanno portato il film a superare i
100 milioni di dollari.
Secondo Samba TV, 1,8 milioni di
famiglie americane hanno guardato almeno i primi cinque minuti del
film.. Tuttavia, solo un terzo ha terminato il film in una sola
seduta e, alla fine della prima settimana, è stato visto solo da
2,2 milioni di famiglie, con solo il 36% che lo ha terminato in una
sola seduta. Circa 4 milioni di famiglie statunitensi lo hanno
visto dopo quasi 40 giorni. Si ritiene che sia l’ottavo film più
trasmesso in streaming del 2021, ma è ben lontano dal successo che
alcuni dei suoi più accesi sostenitori avevano previsto.
Il regista di Godzilla vs Kong
Adam Wingard avrebbe chiesto a Zack Snyder di dire ai suoi fan di
smettere di bombardare le recensioni del suo film, ma Snyder non ha
fatto nulla
Johanna
Fuentes e Tatiana Siegel hanno attirato
l’ira dei sostenitori di SnyderCut all’inizio del 2021, e Snyder ha
persino detto a quest’ultima di modificare una storia sull’ingaggio
di Kiersey Clemons in The
Flash: “Ti sto solo dicendo cosa faranno i fan.
Fidatevi di me, sono molto, molto, molto violenti“. Quando il
giornalista ha rifiutato, i suoi fan sono stati pronti ad
attaccare.
Godzilla vs. Kong
di Adam Wingard è stato una delle tante vittime
del movimento Snyder Cut, con i sostenitori che
hanno bombardato il film sul MonsterVerse a causa della sua
vicinanza con Justice League di Zack
Snyder. Secondo quanto riferito, Wingard avrebbe persino
contattato Snyder per chiedergli di porre freno alla carica
violenta dei suoi seguaci, ma lui ha rifiutato. Afferma che non è
stata fatta alcuna richiesta e osserva timidamente: “Inoltre,
non controllo i miei fan. Hanno la loro volontà e le loro opinioni;
mi date davvero troppo credito“. Wingard ha rifiutato
ulteriori commenti.
La Warner Bros. è
riuscita a esercitare pressioni su IMDb per eliminare gli autori
delle recensioni di Godzilla vs Kong. Le cose
hanno preso un’altra piega quando la folla ha preso di mira
The Suicide Squad di James
Gunn, una mossa che sembra aver costretto
Snyder a rilasciare una dichiarazione,
riconoscendo finalmente la natura tossica della sua fanbase. Sia
Godzilla vs. Kong che The Suicide
Squad hanno finito per superare ampiamente Justice League di Zack Snyder
su HBO Max, con il primo che si è anche classificato come l’ottavo
film di maggior incasso del 2021 al botteghino.
Zack
Snyder è passato a Netflix, dopo aver ultimato Army of the Dead l’anno scorso, e sta
attualmente lavorando al progetto in due parti dal titolo
Rebel Moon, dove Ray Fisher
interpreta un combattente della resistenza chiamato Blood
Axe. La Warner Bros. non ha piani futuri
per la DC con nessuno dei due.
Walter Hamada, che
ha sostenuto The Batman di Matt Reeves,
dovrebbe rimanere a bordo, così come Geoff Johns,
che è dietro a Stargirl di The CW, e Jon
Berg, che è nelle prime fasi di sviluppo di una serie di
progetti DC non annunciati.
La dichiarazione di Zack
Snyder
In una dichiarazione finale
rilasciata su Rolling Stone, il regista ha affermato: “Come
artista è stato appagante poter finalmente vedere realizzata la mia
visione della Justice League dopo un periodo così difficile della
mia vita e che sia stata accolta così bene. Sono grato sia alla
community che alla Warner Bros. per aver permesso che ciò
accadesse. Soffermarsi sulla negatività e sulle voci non serve a
nessuno“.
Un disastroso precedente
Resta da vedere se questa
saga continuerà o se la Warner Bros. preferisce
che tutto questo trovi una sua naturale conclusione,
indipendentemente dalla potenziale colpevolezza di
Snyder.
In ogni caso, la manipolazione
dilagante dei social media è preoccupante non solo per Hollywood,
ma per il mondo in generale. Wanta di
Q5id avverte: “Questa è la mia preoccupazione
per la manipolazione che sta avvenendo all’interno di queste
campagne tossiche, come
#ReleaseTheSnyderCut, con conseguenze che portano al
condizionamento del tribunale dell’opinione pubblica. Bisogna
affrontarlo, perché peggiorerà prima di migliorare“.
Secondo quanto riferito, la campagna
#ReleasetheSnyderCut che chiedeva l’uscita della
versione di Zack Snyder di Justice League è stata spinta e guidata da
account falsi, i cosiddetti bot. La Warner Bros. ha assunto il
regista Zack Snyder all’inizio degli anni 2010 per guidare il suo
franchise di supereroi interconnesso, a partire da Man of Steel del 2013. Il regista
ha inventato un arco narrativo in cinque parti che avrebbe dovuto
concludersi con Justice League 3, ma a metà, la
risposta divisiva del pubblico ha fatto sì che lo studio si
spostasse in una nuova direzione. Per questo motivo, oltre a una
tragedia familiare, Snyder è stato tristemente sostituito da
Joss Whedon durante la produzione del primo
Justice League.
Non è un segreto che la produzione
di Justice League fosse piena di problemi. Tra
riscritture affrettate e problemi sul set, è forse il film con la
produzione più controversa degli ultimi anni. Dopo che è stato
chiaro che il montaggio cinematografico di Justice League
2017 era significativamente diverso dai piani di Snyder, i
fan del regista hanno avviato una campagna online chiedendo alla
Warner Bros. di “rilasciare lo Snyder Cut”,
#ReleasetheSnyderCut appunto.
Conosciuta come una delle community
di fan più devote online, la loro richiesta è stata finalmente
ascoltata quando nel 2021
Zack Snyder’s Justice League è stato distribuito
come film di quattro ore su HBO Max. Ora,
tuttavia, sembra che siano emerse nuove informazioni su come siamo
arrivati ad avere in streaming il film.
La Warner Bros. ha commissionato due
report che esaminano quanto fosse organica la campagna
#ReleasetheSnyderCut.Rolling Stone li ha ottenuti di
recente e ha appreso che una parte significativa degli account sui
social media che hanno promosso la Snyder Cut – il 13%, in
particolare – sono stati ritenuti falsi. Questo è al di sopra del
tipico 3-5% di account falsi che gli esperti informatici vedono di
solito. Mentre ci sono stati veri fan che si sono dedicati a
sostenere questo programma, il loro messaggio è stato
“amplificato da un numero sproporzionato di account
fasulli”. L’outlet ha anche citato specificamente un report
intitolato “SnyderCut Social Media Presence” datato aprile
2021, un mese dopo la premiere di
Zack Snyder’s Justice League. In questo si legge:
“Dopo aver studiato le
conversazioni online sulla distribuzione della versione di Snyder
della Justice League, in particolare gli hashtag
‘ReleaseTheSnyderCut’ e ‘RestoreTheSnyderVerse‘
su Facebook, Twitter e Instagram, [gli analisti] hanno rilevato un
aumento dell’attività negativa creata sia da reali che falsi
autori. Una comunità identificata era composta da autori veri e
falsi che diffondevano contenuti negativi su WarnerMedia per non
aver ripristinato lo “SnyderVerse”. Inoltre, sono stati
identificati tre leader principali all’interno degli autori
scansionati su Twitter, Facebook e Instagram: un leader su ciascuna
piattaforma. Questi leader hanno ricevuto il massimo impegno e
hanno molti seguaci, il che dà loro la capacità di influenzare
l’opinione pubblica”.
È stato anche detto che c’erano
grandi quantità di account che molestavano i vertici della Warner
Bros., tra cui il presidente della Warner Bros. Ann
Sarnoff e il produttore Geoff Johns.
Questa non è la prima volta che la presenza e la portata dei fan di
Snyder sono state messe in discussione.
Nel maggio 2022,
un report differente afferma che i risultati degli Oscar
‘Best Cheer Moment e Fan Favorite Movie
del 2021, che sono stati votati dai fan, erano truccati. I
riconoscimenti sono andati rispettivamente a Justice
League e Army of the Dead e,
presumibilmente, lo hanno fatto con l’aiuto di account online
automatizzati. Dopo entrambe queste affermazioni, sarà interessante
vedere se la Warner Bros. parlerà pubblicamente della legittimità
dei suoi studi commissionati. Sebbene la
Zack Snyder’s Justice League sia già stata
distribuita, si tratta di una questione ancora rilevante poiché la
spinta per Restoring the SnyderVerse è ancora in
corso. Da parte sua, Snyder è stato al fianco dei suoi fan,
aggiungendo: “Sono grato sia alla comunità dei fan che alla
Warner Bros. per aver permesso che ciò accadesse. Soffermarsi sulla
negatività e sulle voci non serve a nessuno”.
Sembra che un nuovo Dpcm debba
essere diffuso nelle prossime ore, forse già domani, un nuovo
documento che potrebbe mettere definitivamente la parola fine alla
sala. Secondo le prime notizie non ufficiali, sembra che il testo
del decreto riporti le seguenti affermazioni:
Sono sospese le attività di sale giochi, sale scommesse e
sale bingo e casinò. Sono sospesi gli spettacoli aperti al pubblico
in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in
altri spazi anche all’aperto.
Questo significherebbe che le sale
cinematografiche, insieme a tutte le altre attività di
intrattenimento e spettacolo dal vivo, si troverebbero ad
affrontare un nuovo periodo di chiusura che ne sancirebbe, forse
per sempre, la morte. Senza contare che chiudere i cinema non solo
mette in ginocchio la struttura-sala, ma anche l’industria a tutti
quelli che ci lavorano, e non si parla di attori e registi famosi,
ma di tecnici, elettricisti, macchinisti, manovalanza numerosa che
necessita di lavorare, perché se il cinema non è una priorità il
lavoro lo è per tutti.
La situazione sanitaria italiana sta
precipitando nella tenaglia della seconda ondata di contagi,
tuttavia i dati relativi alle attività legate al cinema sono stati
più che positivi, registrando un timido ritorno alla normalità e
un’incidenza pari a zero rispetto ai nuovi contagi. Nella sale, nei
teatri, il flusso di pubblico è controllato, è tracciabile, è
sicuro.
Il settore intero, da chi il cinema
lo crea, lo produce, lo fruisce, fino anche a chi lo racconta
(anche Cinefilos.it fa parte di questa filiera) scongiura una nuova
chiusura: #NonChiudeteICinema.
L’hashtag
#MakeTheBatfleckMovie è ufficialmente in tendenza
su
Twitter. Dopo la distribuzione della
Snyder Cut di Justice
League, i fan di Zack Snyder hanno prima chiesto che l’universo
DC ipotizzato dal regista venisse ripristinato, e ora vogliano che
la Warner Bros. si decida a dare il via libera al film sull’Uomo
Pipistrello mai realizzato da Ben Affleck.
Quel film, che Affleck avrebbe
dovuto dirigere, scrivere, interpretare e produrre, è poi passato
nelle mani di Matt Reeves, che lo ha trasformato
nell’attesissimo The
Batman con Robert Pattinson che vedremo nel 2022. Al
momento né Affleck né WB hanno commentato la nuova richiesta da
parte dei fan, ma sappiamo già che lo studio non è interessato a
proseguire né con un sequel di Justice
League né con un altro progetto che potrebbe, in
qualche modo, portare avanti l’universo che Snyder aveva immaginato
diversi anni fa.
Per quanto riguarda Affleck,
sappiamo che il principale motivo per cui l’attore ha deciso di
abbandonare il DCEU è a causa delle costanti pressioni che lo
stesso ha dovuto sopportare quando ha deciso di interpretare
l’iconico eroe sul grande schermo, situazione che è andata
peggiorando in seguito alla turbolenta esperienza delle riprese
aggiunte di Justice
League, quando Snyder è stato sostituito da Joss Whedon.
I dettagli sul film di Batman mai realizzato da Ben
Affleck
Ad oggi, i dettagli sul Batman di
Affleck mai realizzato sono emersi più e più volte, soprattutto
durante la recente promozione della Snyder
Cut, con Joe Manganiello – interprete di Deathstroke –
che ha più volte parlato di come sarebbe dovuto essere il film.
Dopotutto, nel taglio di Snyder è stata ripristinata la versione
originale della scena post-credits della versione cinematografica
di Justice
League in cui avviene l’incontro tra Lex Luthor e
Deathstroke: se nella versione theatrical quella scena lascia
intendere che Luthor e Slade Wilson uniranno le forze per creare la
Injustice League, nell’epilogo della Snyder
Cut quella scena apre la strada al film in solitaria di
Batman in cui avremmo dovuto vedere proprio Deathstroke sulle
tracce del Crociato di Gotham.
Zack
Snyder’s Justice Leagueè uscito in streaming il
18 marzo 2021 su HBO Max in America e, in contemporanea, su Sky
e TV in Italia. Il film ha una durata 242 minuti (quattro ore
circa) ed è diviso in sei capitoli e un epilogo.
Solo: A Star Wars Story, il secondo spin-off della
saga di Star
Wars, non è stato propriamente un successo, tanto che la
Lucasfilm, dopo l’uscita nelle sale del film di Ron
Howard, ha deciso di accantonare ufficialmente l’idea
della serie antologia (iniziata con Rogue
One) e di concentrarsi, almeno per ora, sul futuro
“televisivo” della saga (con la seconda stagione di The
Mandalorian annunciata ufficialmente e una serie
dedicata a Obi-Wan Kenobi che dovrebbe entrare in
produzione quanto prima).
Nonostante
Solo abbia avuto una produzione travagliatissima
(Ron Howard è subentrato a Phil
Lord e Chris Miller dopo il loro
licenziamento a causa di alcune “divergenze creative”) e sia stato
un vero flop al box office, il fandom di Star
Wars sembra comunque essere molto legato al film: in
molti, infatti, vorrebbero vedere cosa è successo a Han,
Chewbacca e Qi’ra tra gli eventi di
Solo e quelli di Una Nuova Speranza (soprattutto
a causa di quel sorprendente cameo di Darth Maul
nel film).
Adesso, a due anni esatti
dall’uscita del film al cinema (negli Stati Uniti è uscito il 25
maggio del 2018), su Twitter (come riportato da
CBM) è esploso nuovamente l’hashtag
#MakeSolo2Happen, che esorta la Lucasfilm a
realizzare il sequel dello spin-off. Il fatto che l’hashtag sia
tornato in trend-topic dimostra ancora una volta quanto il fandom
di Star
Wars sia legato al film e quanto vorrebbe vedere il
ritorno del giovane Han sul grande schermo. Con il lancio di
Disney+,
si potrebbe anche pensare ad un eventuale sequel da lanciare
direttamente sulla piattaforma di streaming o magari ad una serie
tv che continui la storia del contrabbandiere e del suo gruppo di
amici.
#MakeSolo2Happen: i fan di Star
Wars tornano a farsi sentire su Twitter e chiedono il sequel di
Solo
Almeno per il momento, non sembra
che la Lucasfilm sia intenzionata a realizzare un sequel di
Solo,
quindi molte delle domande lasciate dal film sono destinate ancora
a non avere una risposta. Tuttavia, se c’è una cosa che abbiamo
imparato dal movimento #ReleaseTheSnyderCut in
merito alla Snyder Cut di Justice League
(che il prossimo anno arriverà ufficialmente su HBO Max), è che le
case di distribuzione possono davvero ascoltare i fan se lo
vogliono…
Solo: A Star Wars Story è un film del 2018 diretto da
Ron Howard con Alden
Ehrenreich, Woody
Harrelson, Emilia
Clarke, Donald Glover e
Thandie Newton. Attraverso una serie di audaci bravate
nel profondo di un mondo criminale oscuro e pericoloso, Han Solo fa
amicizia con il suo futuro possente copilota Chewbacca e incontra
il famigerato giocatore d’azzardo Lando Calrissian, in un viaggio
che determinerà il futuro di uno degli eroi più improbabili della
saga di Star
Wars.
A dieci anni dal capolavoro di
Ang Lee, I Segreti di Brokeback
Mountain, e dopo la storica decisione della Corte
Suprema americana di legalizzare ilmatrimonio omosessuale in tutti
e 50 gli Stati, sembra doveroso e dovuto offrire un riepilogo delle
più belle storie d’amore gay raccontate dal grande schermo. Eccone
10:
[nggallery id=1818]
#LoveWins
Molti dei film selezionati sono
recenti, Carol per esempio non ancora
uscito nei cinema in Italia, tutti però hanno in qualche modo
segnato la storia del cinema, quale più quale meno, per
l’incredibile potenza del sentimento che esprimono, molto più che
per una o due scene che possono attirare una pruriginosa
attenzione.
Quell che resta, dopo la visione,
dopo anni, è solo la grande potenza dell’arte che celebra l’amore.
#LoveWins
Ecco una clip esclusiva dal film
#IoSonoQui, l’attesa nuova commedia di
Eric Lartigau, regista del film campione di
incassi La famiglia Bélier, in arrivo nei cinema dal
14 ottobre.
OFFICINE UBU è liete di rilasciare
il trailer italiano di #IoSonoQui, l’attesa nuova commedia di Eric
Lartigau, regista del film campione di incassi La famiglia Bélier,
in arrivo nei cinema dal 14 ottobre.
#IoSonoQui racconta di un insolito
viaggio, dai Paesi Baschi fino alla splendente Corea del Sud,
all’inseguimento di quell’incontro che potrebbe cambiare per sempre
il proprio destino. Il protagonista di questa favola romantica è lo
chef di successo Stéphane (interpretato dal regista e attore Alain
Chabat, noto per Mood Indigo, L’arte del sogno, Prestami la tua
mano, Asterix et Obelix: Missione Cleopatra) che conduce una vita
tranquilla ma priva di stimoli. Un giorno conosce su Instagram una
misteriosa donna coreana che riesce a riaccendere in lui quella
scintilla da tempo assopita. Deciso a conoscere dal vivo Soo
(interpretata da Doona Bae, nota per Cloud Atlas, la serie Sense8 e
per le sue interpretazioni nei film di Bong Joon-ho, Hirokazu
Kore-eda e Park Chan-wook), Stéphane intraprenderà un avventuroso
viaggio dall’altra parte del mondo, pieno di scoperte e imprevisti,
per poter conoscere un nuovo grande amore… e se stesso. Perché a
volte perdersi, è il miglior modo per ritrovarsi.
#IoSonoQui, diretto da Eric Lartigau, arriverà nei
cinema italiani dal 14 ottobre distribuito da Officine UBU.
#IoSonoQui – la trama
Stéphane, uno chef di successo,
conduce una vita tranquilla nei Paesi Baschi, circondato
dall’affetto dei figli e dal supporto della ex-moglie. Eppure
l’unica cosa che lo fa sentire vivo è Soo, una giovane donna
coreana che ha conosciuto su Instagram. I due parlano di arte e di
ciliegi in fiore e sembrano instaurare un solido rapporto,
nonostante la lontananza. In uno slancio emotivo, Stéphane decide
di partire per Seoul e incontrare Soo. Al suo arrivo però, lei non
si presenta e Stéphane inizia a vagare per l’aeroporto e per la
città, dove la ricerca di Soo lo porterà a riscoprire se stesso.
Riusciranno i due a incontrarsi?
Arriva al cinema dal 14 ottobre
#IoSonoQui, l’attesa nuova commedia di Eric Lartigau,
regista del film campione di incassi La famiglia Bélier.
#IoSonoQui racconta di un insolito viaggio, dai Paesi Baschi
fino alla splendente Corea del Sud, all’inseguimento di
quell’incontro che potrebbe cambiare per sempre il proprio destino.
Il protagonista di questa favola romantica è lo chef di successo
Stéphane (interpretato dal regista e attore Alain Chabat,
noto per
Mood Indigo, L’arte del sogno, Prestami la tua mano, Asterix et
Obelix: Missione Cleopatra) che conduce una vita tranquilla ma
priva di stimoli. Un giorno conosce su Instagram una misteriosa
donna coreana che riesce a riaccendere in lui quella scintilla da
tempo assopita.
Deciso a conoscere dal vivo Soo
(interpretata da Doona Bae, nota per Cloud Atlas, la serie Sense8 e per le sue
interpretazioni nei film di Bong
Joon-ho, Hirokazu Kore-eda e Park Chan-wook), Stéphane
intraprenderà un avventuroso viaggio dall’altra parte del mondo,
pieno di scoperte e imprevisti, per poter conoscere un nuovo grande
amore… e se stesso. Perché a volte perdersi, è il miglior modo per
ritrovarsi.
#IoSonoQui, diretto da
Eric Lartigau, arriverà nei cinema italiani dal 14
ottobre distribuito da Officine UBU.
Stéphane, uno chef di successo,
conduce una vita tranquilla nei Paesi Baschi, circondato
dall’affetto dei figli e dal supporto della ex-moglie. Eppure
l’unica cosa che lo fa sentire vivo è Soo, una giovane donna
coreana che ha conosciuto su Instagram. I due parlano di arte e di
ciliegi in fiore e sembrano instaurare un solido rapporto,
nonostante la lontananza. In uno slancio emotivo, Stéphane decide
di partire per Seoul e incontrare Soo. Al suo arrivo però, lei non
si presenta e Stéphane inizia a vagare per l’aeroporto e per la
città, dove la ricerca di Soo lo porterà a riscoprire se stesso.
Riusciranno i due a incontrarsi?
Il 26 ottobre 2020 è la data che ha
segnato la chiusura di tutti i cinema italiani. Questa nuova
interruzione, dettata dall’ultimo Dpcm, segna anche l’inizio di un
nuovo assetto per il mondo dell’esercizio cinematografico.
Se gli investimenti fatti per
trasformare le sale in luoghi sicuri; il rigoroso rispetto dei
nuovi protocolli imposti dall’emergenza sanitaria; gli sforzi
intrapresi per rimettersi in gioco e scommettere su un futuro
(sempre incerto) appaiano oggi più che mai sensati e necessari, il
presente impone un ulteriore sforzo di consapevolezza e un
ulteriore imperativo di resistenza.
Ecco perché il cinema di
qualità non si ferma e riparte immediatamente dalla
rete. Ed ecco perché torna in
scena #iorestoinSALA, il circuito
nazionale di sale cinematografiche di qualità, che raggruppa
ora più di 40 cinema del territorio
italiano.
Il progetto, lanciato lo scorso
maggio grazie alla collaborazione tra un gruppo di
esercenti e un gruppo di distributori, è ora
nuovamente ai blocchi di partenza: sabato 31
ottobresarà operativo
online,conun ricco
calendario di prime visioni, anteprime, eventi, live streaming e
incontri digitali con i filmmaker, per non privare il
nostro Paese del proprio immaginario collettivo e della possibilità
di varcare i confini del quotidiano.
Il compito di aprire le danze su
www.iorestoinsala.it, il 31 ottobre,
spetta a Cosa sarà di Francesco
Bruni, seguito da Nomad: in cammino con Bruce
Chatwin di Werner Herzog. Il 2
novembre, a 45 anni esatti dalla morte del poeta, sarà
quindi la volta di In un futuro aprile – Il
giovane Pasolini di Francesco Costabile e
Federico Savonitto. Sarà invece disponibile dal 5
novembreMi chiamo Francesco
Totti di Alex Infascelli.
Protagonisti collegati in diretta
streaming dalle stanze virtuali di Zoom saranno sabato 31
ottobre alle 20.30 Francesco Bruni moderato da Gian
Luca Farinelli, per introdurre Cosa
sarà, e lunedì 2 novembre alle
20.30 Francesco Costabile e Federico Savonitto per
presentare In un futuro aprile.
Se in marzo i cinema
di #iorestoinSALA avevano immaginato e
tracciato insieme il nuovo orizzonte web per
le sale italiane di qualità, ora gli stessi cinema sono certi di
intraprendere quella che non sarà più solo una avventura
estemporanea ma una autentica rivoluzione, uno scenario possibile e
proseguibile oggi e nell’immediato futuro.
La proposta si rinnova, dunque, mantenendo saldo l’obiettivo
primario: difendere la cultura del cinema in
sala anche attraverso il web. E rinsaldare così il
rapporto con la comunità di spettatori anche – e soprattutto – in
un periodo in cui viene negata la possibilità dell’esperienza di
arricchimento culturale e sociale “sul grande schermo”.
Alla luce di questo, il
carattere interattivo di #iorestoinSALA sarà potenziato rispetto al
progetto iniziale: in occasione degli incontri in
streaming con gli autori, gli spettatori potranno infatti
interagire, ponendo domande e commentando in diretta. Si andrà così
a creare non solo un network tra spettatori accomunati dalla
passione per il cinema e dalla stessa esperienza di fruizione –
come accade all’interno di una sala cinematografica – ma anche un
canale diretto di comunicazione con i protagonisti.
Dal 31 ottobre in poi
#iorestoinSALA permetterà, quindi, ai cinema, anche
in una prossima e tanto desiderata situazione di normalità, di
proporre percorsi tematici, rassegne e live
stream e di completare sul web la proposta del grande
schermo. Una coesistenza pacifica e complementare.
DOVE?
Per lo spettatore abituato a frequentare il cinema della propria
città o del proprio quartiere, non cambierà nulla! Lo
spettatore acquisterà il biglietto dal sito internet della sua sala
cinematografica di riferimento e riceverà quindi un codice e un
link per accedere alla sala virtuale. Dal primo click sono 48
le ore a disposizione per completare la
visione.
QUANTO?
I prezzi dei biglietti sono calibrati in base alle tariffe
esistenti sulla rete e vanno, cioè, da un minimo di
€ 3,00 ad un massimo di € 7,90. La prevendita avrà inizio sabato 31 ottobre
#iorestoinSALA,
il circuito digitale cui
aderiscono più di 50 cinema
italiani prosegue nella sua missione! L’obiettivo è
quello di arricchire e rendere più completa l’offerta di qualità
portando nelle case del pubblico italiano non solo i film ma anche
gli autori del nostro cinema. Il nuovo incontro/live streaming sarà
quindi con il regista Andrea Adriatico e l’attore
Nicola Di Benedetto che introdurranno martedì 17 alle 20.30 il loro
film GLI
ANNI AMARI (distribuito da I
Wonder Pictures).
Il film, evento di pre-apertura della Festa del Cinema di Roma,
ripercorre la vita e i luoghi di Mario Mieli, tra i fondatori del
movimento omosessuale italiano nei primi anni 70. Nato nel 1952 a
Milano e morto suicida nel 1983, prima dei trentun anni, Mario fu
attivista, intellettuale, scrittore, performer, provocatore, ma
soprattutto pensatore e innovatore dimenticato.
Figlio di genitori benestanti e
penultimo di sette figli, vive una vita intera in un rapporto
complicato con il padre Walter e la madre Liderica.
Secondo il regista Andrea Adriatico GLI ANNI AMARIè l’attraversamento di
un’epoca, di quei vitali,
difficili, creativi,
dolorosi e rimossi anni ’70.È anche la rievocazione di un necessario
movimento per i diritti, come
quello omosessuale, che doveva inventare
forme nuove per farsi riconoscere. Ed è soprattutto il ritratto di
un ragazzo la cui genialità, la cui libertà interiore e la cui
gioia di vivere erano troppo intense per il mondo che lo
circondava. Gli anni amari è tutto questo, o almeno cerca di
esserlo.
GLI ANNI AMARI
di Andrea Adriatico, Italia 2019, 112’ #IORESTOINSALA 17 novembre ore 20.30 Biglietto €6,90
In occasione
della Notte dei ricercatori e delle
ricercatrici, venerdì 27 novembre alle
20.30, nelle sale aderenti al
circuito #iorestoinSALA arriva MARIE
CURIE, il film scritto e diretto da Marie Noëlle,
interpretato da Karolina Gruszka, distribuito
da Valmyn.
La proiezione sarà preceduta da
un’introduzione di illustri donne che, come Marie Curie, hanno
dedicato la loro vita alla scienza: Maria Rita
Gismondo, direttrice Microbiologia Clinica, Virologia e
Bioemergenze, Polo Univ Sacco – Milano; Gabriella
Greison, scrittrice, fisica e performer teatrale; e con un
intervento di Ilaria Capua, direttrice del
One Health Center of Excellence dell’Università della Florida.
Le introduzioni in streaming
potranno essere seguite in diretta sulle pagine Facebook di tutte
le sale aderenti. Presenta l’incontro Michele Crocchiola della
Fondazione Niels Stensen di Firenze, in rappresentanza di
#iorestoinSALA.
Di Marie Curie sappiamo che, grazie
una fulgida intelligenza e un grande talento, riuscì a farsi strada
ed ebbe successo in un ambiente scientifico dominato dagli uomini.
Ma era anche una donna forte, passionale e moderna. Questo film,
racconta la sua storia.
Il film racconta gli anni più
turbolenti della vita di Marie Curie, quelli compresi tra il 1903,
anno in cui Marie e Pierre Curie si recano a Stoccolma per ricevere
il Premio Nobel per la scoperta della radioattività, e il 1911,
quando le venne assegnato il suo secondo Nobel. Nel mezzo, la morte
di Pierre, il nuovo amore con il matematico Paul Langevin, lo
scandalo.
Scrive la regista: «Chi era
Marie Curie? Una brillante scienziata, come tutti sanno. La sua
biografia è qualcosa di leggendario. Scoprendo il radio, questa
donna eccezionale ha dato un considerevole contributo alla
battaglia dell’umanità contro il cancro. Ma chi era la donna dietro
la mitica icona della scienza che nel corso del tempo è diventata?
La vita la mise di fronte a molte sfide che dovette affrontare con
coraggio e perseveranza. È stata la prima docente donna alla
Sorbona, la prima donna a vincere il Premio Nobel per la Fisica e –
a tutt’oggi – la sola donna ad aver vinto due Nobel in due
categorie diverse. Tuttavia non le fu permesso di manifestare i
propri sentimenti».
Martedì 24 novembre alle ore
20.30 nuovo imperdibile appuntamento
firmato #iorestoinSALA,
il circuito digitale cui
aderiscono più di 50 cinema italiani: il
regista Antonio Padovan,
l’attore Stefano Fresi e il
fumettista Leo Ortolani presenteranno in
diretta streaming la divertente commedia lunare IL
GRANDE PASSO! A introdurre
l’incontro Antonio Capellupo per
#iorestoinSALA, modera Andrea Plazzi, editor,
traduttore e curatore del progetto di divulgazione scientifica
“Comics&Science” del CNR – Consiglio Nazionale delle
Ricerche.
Durante la presentazione online –
che ricordiamo sarà visibile anche sulle pagine Facebook di ognuna
delle oltre 50 sale del circuito www.iorestoinsala.it – si parlerà di
cinema ma anche e soprattutto dell’amore per lo
“spazio” e dell’adorazione per la
“luna”, fedele compagna di tante notti e avamposto
stellare di sogni e miraggi.
Il fumettista Leo Ortolani, autore
di due volumi che trattano proprio di queste due passioni, non
poteva che essere l’interlocutore ideale! In “C’è spazio per tutti”
(Panini Comics) e “Luna 2069” (Feltrinelli Comics), Ortolani
racconta viaggi “interstellari” e itinerari spaziali, disegnando
personaggi inevitabilmente e fatalmente attratti dalla luna. Della
stessa magnifica ossessione soffre Giuseppe Battiston nei panni di
Dario, fratello Mario (Stefano Fresi) nella commedia
surreale IL
GRANDE PASSO.
Due inediti “fratelli
cinematografici” che, al di là delle apparenze, non potrebbero
essere più diversi: impetuoso e geniale il primo, ossessionato
dall’idea di raggiungere dal Nordest Italiano la luna a bordo di un
razzo, e placido e divertito il secondo, che gestisce un negozio di
ferramenta nella capitale. Tutto funziona bene, finché le loro
strade non s’incrociano…
«Raccontando questa storia –
commenta Padovan – ho voluto rendere
omaggio a due mondi del cinema che amo e che vivono dentro di me.
Quello americano, un po’ infantile e sentimentalista, con cui sono
cresciuto da bambino: il cinema di sognatori
come Steven Spielberg. E quello
silenzioso e sincero, il cinema della mia terra, creato
da artigiani come Carlo Mazzacurati. Questi
due mondi s’incontrano e si scontrano in una storia che parla del
sogno di andare sulla luna, e di due fratelli che imparano a
conoscersi».
Con Elio (Elio e le storie tese) e
Gianluca Nicoletti (Cervelli Ribelli), continuano gli eventi
speciali firmati #iorestoinSALA! La nuova diretta
“streaming” è fissata per mercoledì 2 dicembre alle ore 20.30 con la
presentazione di THE SPECIALS – FUORI DAL COMUNE.
Entrambi genitori di figli affetti
da autismo e da anni impegnati in prima linea nelle
campagne di sensibilizzazione e nella
diffusione di informazioni sulla
neuro diversità, Elio e
Gianluca Nicoletti introdurranno il film assieme a
Michele Crocchiola per #iorestoinSALA.
E proprio di questo parla la
commedia agrodolce firmata
da Olivier Nakache e Éric Toledano (Quasi
Amici) con protagonisti Vincent
Cassel e Reda Kateb. Nei panni di Bruno e Malik, amici e
colleghi, i due sono entrambi impegnati in organizzazioni
non-profit differenti, responsabili dell’educazione di bambini e
adolescenti affetti da autismo.
La storia del film s’ispira a due
persone reali, Stéphane Benhamou, fondatore di Le silence des
justes, Daoud Tatou, direttore di Le relais IDF,
associazioni specializzate nella cura dei giovani autistici, in
particolare quelli provenienti da contesti svantaggiati.
«I nostri film raccontano sempre
incontri inverosimili. – spiegano i registi – Questo
ha una dimensione particolare: parla di come persone che comunicano
poco, o affatto, e che sono considerate anormali, riescano comunque
a far sì che delle persone considerate “normali”, che nella nostra
società non comunicano più, possano comunicare. In queste
associazioni si ritrova un’armonia e una miscela di culture,
religioni, identità e passati atipici che dovrebbero essere
d’ispirazione per molti…»
L’introduzione sarà come di consueto
visibile anche sulle pagine Facebook di ognuna delle oltre 50 sale
italiane che aderiscono al circuito www.iorestoinsala.it.
In occasione della Giornata
Europea del Cinema d’Essai, promossa da Europa Cinemas e
Cicae (Confederazione Internazionale dei Cinema d’Arte e d’Essai),
domenica 8 novembre sugli schermi virtuali di
#iorestoinSALA – il circuito digitale cui
aderiscono più di 50 cinema italiani – arriva ROUBAIX. UNE LUMIÈRE, noir
francese firmato da Arnaud Desplechin e
magnificamente interpretato da Lea Seydoux e da Roschdy Zem
(vincitore del premio César 2020 per il Miglior Attore).
Ambientato a Roubaix, appunto, città
natale del regista, il film prende spunto da una storia vera, un
episodio di cronaca già raccontato da uno sconvolgente documentario
televisivo trasmesso nel 2008 su France 3 e a cui Desplechin si è
dichiaratamente ispirato. Un commissario e un giovane agente
sono chiamati ad indagare sull’omicidio di un’anziana donna: le
indiziate sono le due giovani vicine…
Desplechin realizza un thriller
sociale teso, febbrile e spirituale, animato dall’intensità
teatrale dei suoi attori. Un noir che trascende elegantemente le
strutture di genere per scandagliare gli abissi dell’essere umano e
la miseria del mondo di oggi. “Per la prima e unica volta nella
mia vita – spiega il regista – ho solidarizzato con due
criminali: ho voluto riconsiderare le parole crude delle vittime e
delle colpevoli come la più pura delle poesie”. Il film
sarà disponibile in streaming in versione originale francese con
sottotitoli in italiano.
Si chiama Ice Bucket
Challenge ed è una moda che sta impazzando ad Hollywood: farsi
bagnare da acqua gelida e sfidare amici e colleghi famosi a fare lo
stesso. Lo scopo non è solo divertimento e risate da parte di chi
guarda e di chi partecipa, ma è ovviamente più alto: si tratta di
una raccolta fondi contro la SLA a cui stanno aderendo in
tantissimi dal mondo del cinema, della musica e dello spettacolo in
generale.
Da Robert Downey Jr a Oprah
Winfrey, tutti si stanno prestando al gioco! Ecco qualche
video!
Si chiama Ice Buket
Challenge ed è una moda che sta impazzando ad
Hollywood: farsi bagnare da acqua gelida e sfidare amici e colleghi
famosi a fare lo stesso. Lo scopo non è solo divertimento e risate
da parte di chi guarda e di chi partecipa, ma è ovviamente più
alto: si tratta di una raccolta fondi contro la SLA a cui stanno
aderendo in tantissimi dal mondo del cinema, della musica e dello
spettacolo in generale.
Dopo Chris Pratt, Robert Downey Jr. e tantissimi altri, oggi
tocca anche a Chris Hemsworth e Tom
Hiddleston, che hanno subito raccolto la sfida e nominato,
a loro volta, Jeremy Renner, Mark Ruffalo e Chris Evans (Hemsworth) e Benedict Cumberbatch e
Luke Evans (Hiddleston).
In attesa di vedere nuovi Ice
Bucket Challenge video, godiamoci Chris Hemsworth
e Tom Hiddleston sotto l’acqua gelida:
Benedict
Cumberbatch e Chris Evans hanno ceduto e hanno
accettato la sfida dell’Ice Bucket Challenge, che ormai vede
coinvolti praticamente tutti i divi intorno al Mondo e che sta
prendendo piede anche in Italia.
I due attori si sono prestati alla
secchiata d’acqua ghiacciata, ma lo hanno fatto a modo loro. Evans
ha optato per un vero e proprio manuale dell’ #IceBucketChallenge,
mentre Cumberbatch ha subito il gavettone in maniera stoica e
abbastanza particolare. Ecco i video:
Piano piano
tutte le star di Hollywood si stanno prestando all’ Ice Bucket
Challenge, e dopo Ben Affleck (qui), anche gli altri protagonisti di
Batman v Superman Dawn of
Justice si prestano alla secchiata d’acqua gelida
contro la SLA (secchiata che ci auguriamo sia accompagnata da una
bella donazione).
Di seguito potete vedere Amy
Adams e Henry Cavill, con addosso i costumi di
Lois Lane e di Superman, prendere la loro dose di acqua ghiacciata,
e per Superman questa dose pare proporzionata ai suoi super
poteri.
Continua la personale campagna di
ammenda di Shia LaBeouf, come già saprete,
avevamo segnalato tempo fa (leggi qui) che l’attore voleva
allestire una sorta di evento in cui chiedeva scusa per la storia
dei suoi plagi. Ebbene, pare proprio che la cosa è andata avanti
tanto da arrivare dal THR il primo video dal primo
evento in cui vediamo l’attore all’opera. L’evento rimarrà una
settimana in una galleria sulla Beverly Boulevard di Los
Angeles, e si chiamerà #IAmSorry.
Dopo il trionfale discorso di
fronte alle Nazioni Unite, Emma Watson sta
proseguendo con il suo supporto alla campagna #HeForShe,
movimento che si prefigge di sensibilizzare ‘lui’ a sostenere i
diritti di ‘lei’, ovvero un’iniziativa in favore della parità di
genere.
L’attrice, calorosamente applaudita
in sede ONU, è stata poi sostenuta, nel corso degli ultimi giorni,
da un considerevole numero di colleghi, che con foto, tweet, post
su facebook e instagram, hanno dimostrato di supportare
#HeForShe.
Si tratta principlamente di attori
e personaggi dello spettacolo che hanno avuto a che fare in passato
con la Watson. Tra questi c’è la sua co-star in Harry Potter,
Matthew Lewis, oppure Eddie
Redmayne e Logan Lerman, che pure hanno
recitato accanto a lei (il primo in
Marilyn e il secondo in Noi
Siamo Infinito e in Noah).
Ma ancora Russel Crowe, Ben
Barnes,Tom Hiddleston e Peter
Gallagher non hanno voluto far mancare all’impegnata Emma
il loro supporto.
Per quanto possa sembrare assurdo
ai fan dei fumetti più integralisti, sta succedendo davvero, tanto
che l’hashtag #GiveCaptainAmericaABoyfriend è diventato
trend topic in poche ore. Per coloro che si stessero chiedendo cosa
vuol dire e da dove viene questa cosa, serve un brevissimo viaggio
nel tempo. Qualche settimana fa, allo scopo di provare a portare un
personaggio LGBT nel mondo Disney, la rete si era mossa affinchè
Elsa, protagonista di Frozen, avesse nel sequel una fidanzata.
L’hashtag del caso era #GiveElsaAGirlfriend. Adesso la
stessa cosa si chiede per Cap, dal momento che si è discusso molto
dell’introduzione in un personaggio non eterosessuale nell’universo
del cinecomics (eventualità che ha trovato riscontro
positivo presso i Marvel Studios).
Chiaramente il favorito dai fan ad
assumere il titolo di Fidanzato di Cap è Bucky, tuttavia,
considerando il personaggio di Rogers, una relazione omosessuale
sarebbe davvero fuori parte, senza considerare poi che ha avuto una
relazione con Peggy Carter, un discontinuo flirt con Vedova Nera, e
adesso una relazione nascente con Sharon Carter.
In seguito all’omicidio
di George Floyd, negli Stati Uniti continuano
a moltiplicarsi le manifestazioni e le prese di posizione contro il
razzismo e l’omicidio delle persone di colore da parte della
polizia, che hanno poi condotto alla nascita del movimento
internazionale #BlackLivesMatter. Ecco 10
film che trovate comodamente in streaming e che possono aiutare a
capire meglio quanto sta accadendo in America:
I Am Not Your Negro, 2016 (Chili)
I Am Not Your
Negro è un documentario del 2016 diretto da Raoul
Peck e candidato all’Oscar nel 2017 per il miglior
documentario. Racconta il pensiero di James
Baldwin partendo da un’opera dello scrittore statunitense
rimasta incompiuta (che di fatto figura anche come sceneggiatore,
nonostante sia scomparso nel 1987).
Il pensiero di Baldwin è
fondamentale per capire la questione razziale che ancora oggi
attanaglia gli Stati Uniti. Il documentario, disponibile in
streaming su
Chili, è una lezione di storia e di etica che,
attraverso il linguaggio innovativo di uno dei più importanti,
empatici e lucidi scrittori della storia americana, aiuta a
comprendere con maggiore consapevolezza il mondo che ci
circonda.
BlackKklansman, 2018 (Prime Video)
BlacKkKlansman,
disponibile su
Prime Video, è un film del 2018 diretto da Spike
Lee, presentato in anteprima al Festival di Cannes e
vincitore del premio Oscar alla migliore sceneggiatura non
originale.
Adattamento cinematografico
dell’omonimo libro scritto dall’ex poliziotto Ron
Stallworth (nel film interpretato da John David Washington), il film racconta la
storia vera dello stesso Stallworth, primo poliziotto nero nella
storia di Colorado Springs ad essersi infiltrato nel Ku Klux Klan.
Servendosi di uno stile assolutamente innovativo, Lee manifesta
tutta la sua rabbia nei confronti di una situazione sociale,
politica e culturale profondamente radicata tanto nell’America del
passato quanto in quella di oggi.
Invictus, 2009 (Prime Video)
Invictus – L’invincibile è un film del 2009
diretto dal maestro Clint Eastwood. Ispirato a fatti realmente
accaduti, la storia – basata su un romanzo di John
Carlin – ruota attorno ad una serie di eventi che ebbero
luogo in occasione della Coppa del Mondo di rugby del 1995,
tenutasi in Sudafrica poco tempo dopo l’insediamento
di Nelson Mandela come presidente della nazione.
Nel film, disponibile su
Prime Video, Mandela (interpretato da Morgan Freeman) è appena diventato il primo
presidente sudafricano di colore. Dopo la caduta del regime
dell’apartheid, si ritrova a guidare la nazione in un periodo
storico particolarmente delicato. Il suo obiettivo è quello di
riconnettere la popolazione sudafricana, ancora fortemente divisa
dall’odio fra la maggioranza nera e la minoranza bianca.
XIII emendamento, 2016
(Netflix)
XIII emendamento è
un documentario del 2016, diretto da Ava DuVernay,
regista che aveva già ampiamente affrontata il tema del razzismo
nel bellissimo Selma – La strada della libertà del 2014. Il
documentario ha vinto il premio Emmy nel 2017 nella categoria di
appartenenza.
Il documentario, disponibile su
Netflix,
non sceglie la via della sovversione o della rivoluzione, e non
racconta unicamente del razzismo di matrice “ideologica”:
XIII emendamento, infatti, passa in
rassegna tutta una serie di questioni e di avvenimenti che nel
corso degli anni sono passate inosservate, sia per negligenza che
per ignoranza.
Mudbound, 2017 (Netflix)
Mudbound
è un film del 2017 diretto da Dee Rees.
Adattamento dell’omonimo romanzo di Hillary Jordan, il film venne
presentato in anteprima al Sundance Film Festival e ricevette
quattro candidature ai premi Oscar, inclusa quella alla migliore
attrice non protagonista per la celebre cantante Mary J.
Blige.
Disponibile su Netflix,
il film è un’epopea inarrestabile ed emozionante che, pur
rifacendosi agli stilemi più abusati del cinema classico, riesce
con sguardo innovativo a raccontare le luci e le ombre del Sogno
Americano infrantosi tra l’inizio e la fine della Seconda Guerra
Mondiale.
The Birth of a Nation, 2016 (Google Play)
The
Birth of a Nation, disponibile su Google Play, è un film del 2016 scritto e
diretto da Nate Parker, che nella pellicola si è
anche ritagliato il ruolo del protagonista principale, Nat Turner,
uno schiavo afroamericano che nell’agosto del 1831 guidò la rivolta
degli schiavi nella Contea di Southampton, in Virginia.
Il film, il cui titolo è un
riferimento ironico al controverso film del 1915 Nascita di
una nazione, che descriveva la nascita – appunto – del Ku
Klux Klan, ha vinto il gran premio della giuria e il premio del
pubblico al Sundance Film Festival. Un film che, attraverso feroci
sequenze dall’impatto emotivo straordinario, ci ricorda come il
peso della Storia non faccia sconti a nessuno.
LA 92, 2017 (Netflix)
LA 92 è un
documentario del 2017 diretto da Daniel Lindsay e
T. J. Martin che racconta, a 25 anni di distanza
dai fatti accaduti, le proteste e le rivolte che sconvolsero la
città di Los Angeles nel 1992.
Il documentario, che ha debuttato
in anteprima al Tribeca Film Festival e che ha anche vinto un Emmy,
è disponibile su Netflix.
Include immagini di repertorio relative alle rivolte del quartiere
di Watts del 1965, all’elezione di Tom Bradley del 1973, alla
promozione di Daryl Gates nel 1978, alla sparatoria di Latasha
Harlins, alle violenze perpetrate dalla polizia americana ai danni
di Rodney King e alle successive rivolte e violenze scoppiate dopo
l’assoluzione degli ufficiali coinvolti nel pestaggio.
Fa’ la cosa giusta, 1989 (Chili, Google Play, iTunes)
Fa’ la cosa giusta
è probabilmente uno dei film più celebri di Spike
Lee, considerato da molti il capolavoro del regista
statunitense. All’epoca della sua uscita in sala, nel 1989, fu al
centro di grosse polemiche, perché secondo alcuni la storia
raccontata nel film istigava i giovani afro-americani alla
rivolta.
Candidato a due premi Oscar e
trainato da una colonna sonora tanto irresistibile quanto
fortemente critica nei confronti della società statunitense, il
film (che prende spunto da alcuni fatti di cronaca realmente
accaduti, tra cui il famoso “Howard Beach Incident”) è ancora oggi
considerato uno dei migliori della storia del cinema. Lo trovate in
streaming su
Chili,
Google Play e iTunes.
The Help, 2011 (Rakuten Tv, Chili)
The Help è un film del 2010 diretto da
Tate Taylor e basato sull’omonimo romanzo di
Kathryn Stockett, amica d’infanzia del regista. Il cast è
assolutamente di prim’ordine:
Emma Stone, Viola
Davis, Bryce
Dallas Howard, Jessica
Chastain, Allison Janney, Sissy Spacek e Octavia Spencer, che per il suo ruolo riuscì
anche ad ottenere un Oscar come migliore attrice non
protagonista.
The Help, disponibile su Rakuten Tv e
Chili, è una commedia drammatica a tratti divertente,
ma anche amara e sinceramente toccante, che racconta un periodo
oscuro della storia dell’uomo, profondamente caratterizzato da
segregazione e razzismo.
When They See Us, 2019 (Netflix)
When They See Us è
una miniserie tv diretta da Ava DuVerny, già
acclamata per Selma – La strada della libertà e per il già
citato documentario XIII emendamento. Disponibile su
Netflix, la serie ricostruisce il caso della jogger
di Central Park, una donna bianca che nel 1989 venne aggredita
durante una sessione di allenamento all’interno del celebre parco
di New York.
In seguito al tragico accaduto,
cinque giovani ragazzi, quattro di colore e uno ispanico, furono
condannati per il reato nonostante l’assenza di prove. Nel 2002,
quando il vero colpevole confessò il reato, i cinque vennero
scagionati e liberati. Una miniserie spaventosamente toccante che
mette in luce le falle di un sistema giudiziario che, nel corso
della sua storia, ha troppo spesso ignorato i principi fondamentali
di giustizia e uguaglianza, a favore di un’ossessiva ricerca del
colpevole.
La
#10YearsChallenge ha attecchito anche nei
Marvel Studios, tanto che
i canali social ufficiali della produzione hanno condiviso la loro
personale “sfida dei 10 anni”. Nelle foto di seguito infatti potete
vedere come erano 10 anni fa i protagonisti del Marvel Cinematic
Universe in confronto a come sono invece adesso.
Ovviamente, la challenge non è
precisissima, dal momento che alcuni personaggi sono comparsi sul
grande schermo dopo o prima il 2009, come Tony Stark/Iron Man, che
ha debuttato nel 2008, o Thor e Clint Barton che invece sono
arrivati nel 2011.
Due casi particolari sono invece
Nick Fury e Phil Coulson, che nelle immagini a seguire sono stati
confrontati con le loro versioni ringiovanite che vedremo in
Captain Marvel il prossimo maggio. Ecco di seguito la
#10YearsChallenge Marvel edition!
Gli appuntamenti con i
Marvel Studios nel 2019 saranno 3. Il primo in
ordine cronologico è quello di marzo, con l’esordio in sala di
Captain Marvel; ad
aprile sarà la volta di Avengers: Endgame, che
chiuderà definitivamente la Fase 3. A luglio, in
apertura della Fase 4 (ancora molto misteriosa),
arriverà al cinema Spider-Man: Far From
Home, di cui abbiamo visto di recente il primo trailer ufficiale.
La
#10YearsChallenge è la moda del momento sui
social, secondo le quale devono essere messe a confronto due foto,
una di 10 anni fa e un’altra dell’anno in corso. Tra vip, celebrità
e pagine social buffe, la challenge sta prendendo il controllo
(momentaneo) della rete e sta assumendo sfumature di parodia in
alcuni casi molto divertenti.