Arriva da EW la comunicazione
ufficiale che Molly’s
Game, il film che segnerà il debutto alla regia di
Aaron Sorkin, ha una data d’uscita ufficiale: il
22 novembre prossimo.
Con un cast di prim’ordine, lo
sceneggiatore premio Oscar per The Social Network,
sarà in sala anche dietro la macchina da presa. Che aspettative ci
sono per questo atteso debutto?
Molly’s Game arriva al
cinema il 22 novembre
Idris Elba si
aggiunge a Jessica Chastain in Molly’s
Game, l’esordio alla regia del geniale sceneggiatore,
premio Oscar per The Social
Network, Aaron Sorkin.
Sorkin ha firmato la sceneggiatura
di Molly’s Game che è basato sulle memorie di Molly
Bloom. Anche in questo lavoro, Sorkin si è fatto
affiancare da Gordon, con cui ha scritto Steve
Jobs.
La Bloom era un giocatore di alto
livello che dopo aver fallito le qualificazioni alle Olimpiadi è
diventata un’organizzatrice di tornie di poker a Hollywood, per
star come Ben Affleck, Leonardo
DiCaprio e Tobey Maguire.
Successivamente è stata arrestata dall’FBI.
Nel 2014 ha pubblicato le sue
memorie dal titolo “Molly’s Game: From Hollywood’s Elite
to Wall Street’s Billionaire Boys Club, My High-Stakes Adventure in
the World of Underground Poker”.
L’attrice Molly
Ringwald ha partecipato al podcast “WTF” di Marc Maron e ha
rivelato di aver cercato di convincere la figlia ventenne a non
diventare un’attrice a causa di quanto sia difficile per le giovani
donne a Hollywood. La Ringwald, icona dei film adolescenziali degli
anni ’80 grazie ai ruoli in “The
Breakfast Club”, “Bella in rosa” e altri, ha
detto di essere stata sfruttata come giovane attrice e che è quasi
impossibile non esserlo a Hollywood. “Non mi sono mai sentita
parte di una comunità quando ero a Hollywood, solo perché ero così
giovane”, ha detto Ringwald.
“Non mi piaceva andare in giro
per locali. Mi sembra di essere più socievole ora di quanto non lo
fossi allora. Ero solo troppo giovane”. “Si sono
approfittati di me”, ha continuato poi Molly Ringwald.
“Non si può essere una giovane attrice a Hollywood e non avere
intorno dei predatori”. L’attrice ha dunque raccontato di
essersi trovata “sicuramente in situazioni discutibili” da
giovane attrice, ma di essersi affidata al suo “incredibile
istinto di sopravvivenza e a un superego piuttosto grande” per
“trovare un modo per proteggermi” dai predatori del
settore.
Molly Ringwald in Breakfast Club.
“Può essere straziante”, ha
aggiunto la Ringwald. “E ora ho una figlia di 20 anni che sta
per intraprendere la stessa professione, anche se ho fatto di tutto
per convincerla a fare qualcos’altro. Ed è difficile”. In
un’intervista al Times di Londra, Molly Ringwald
aveva invece raccontato di aver recentemente rivisto “Breakfast
Club” con la figlia e di aver notato che: “Ci
sono molte cose che amo davvero del film, ma ci sono elementi che
non sono invecchiati bene – come il personaggio di Judd Nelson,
John Bender, che essenzialmente molesta sessualmente il mio
personaggio”. “Sono contenta di poterlo guardare e di
poter dire che le cose sono davvero diverse ora”, ha
detto.
Sono iniziate le riprese di
Mollo tutto e apro un Chiringuito, il film
ideato in collaborazione con gli autori de Il Milanese Imbruttito,
regia di Pietro Belfiore, Davide Bonacina, Andrea Fadenti,
Andrea Mazzarella, Davide Rossi. Le riprese si svolgeranno
in Sardegna e a Milano e dureranno sei settimane. Protagonisti
Germano Lanzoni, Valerio Airò, Laura Locatelli, Leonardo
Uslengo,
Paolo Calabresi, Alessandro Betti, Michele e Stefano Manca
(Pino e gli anticorpi), Benito Urgu, Simonetta Columbu e
con la partecipazione straordinaria di
Claudio Bisio, Favij e Jake La
Furia.
La trama
Il Signor Imbruttito (Germano
Lanzoni), dirigente di spicco di una grande multinazionale, vive la
routine nella sua frenetica Milano seguendo fedelmente il mantra
della doppia F, F*** e Fatturato. A rompere questo equilibrio ci
pensa Brusini (Paolo Calabresi), eccentrico imprenditore a capo di
un impero economico, che per una ragione assurda fa saltare quello
che per l’Imbruttito è l’affare della vita. L’Imbruttito per la
prima volta accusa il colpo, cade in depressione, non riesce più a
trovare una ragione per svegliarsi al mattino. La svolta arriva da
Brera (Alessandro Betti) un amico di vecchia data, che propone
all’Imbruttito l’acquisto di un Chiringuito in Sardegna, per fare
business in infradito e poter finalmente dire: “Mollo
tutto e apro un Chiringuito”. L’affare è fatto e,
malgrado lo scetticismo del Nano (Leonardo Uslengo), il figlio
dodicenne, e la furia della moglie Laura (Laura Locatelli),
l’Imbruttito si lancia con entusiasmo in questa nuova avventura in
compagnia del fidato Giargiana (Valerio Airò), suo “stagista di una
vita”. Con l’arrivo in Sardegna però il sogno si trasforma presto
in un incubo: il chiringuito c’è e l’ambiente intorno è
paradisiaco, ma si trova in una zona a dir poco remota dell’isola e
gli abitanti del paese, Garroneddu, sono una comunità di semplici
pastori avversi a ogni novità. L’Imbruttito e i Sardi riusciranno a
trovare un modo per convivere pur essendo così diversi?
Per SheWants, agenzia creativa
dietro al progetto Il Milanese Imbruttito, uno dei fondatori,
Tommaso Pozza dichiara: “Otto anni fa siamo partiti creando una
pagina Facebook, quasi per gioco, quando ancora non esisteva nulla
di quello che è oggi il panorama attuale del social network. Oggi
iI Milanese Imbruttito conta una community di oltre 3M di persone.
Siamo orgogliosi di portare sul grande schermo un progetto frutto
di lavoro di squadra, sacrifici e tanta passione. TAAAC – Ah no,
CIAAAK” .
Per QMI il produttore
Giovanni Cova: “Grazie al cinema finalmente
vedremo “l’Imbruttito” allontanarsi dalla sua amata Milano per
intraprendere un’epica avventura in Sardegna. Vedremo anche grandi
volti della commedia italiana arricchire di personaggi il mondo del
“Milanese Imbruttito”. Così dichiara Ramaya Productions: “Siamo
felici di aver contribuito a riportare sul grande schermo la
comicità milanese nella doppia veste di registi e produttori. Un
progetto costruito in sette anni che finalmente approda al
cinema!”
Dopo il grande successo al
botteghino francese e la presentazione al 31° Torino
Film Festival, Molière in
bicicletta approderà nelle sale italiane dal 12
dicembre. La nuova commedia di Philippe Le Guay
riporta in scena con sottile ironia e delicatezza la prima parte
del I atto de Le Misanthrope di Molière, approfondendo e
sviscerando i personaggi di Alceste e Philinte.
In Molière in bicicletta Serge
(Fabrice Luchini) è un ex attore teatrale che da
quando si è ritirato dalle scene vive in solitaria in una cadente
villetta sull’Ile de Ré. Deluso e rigettato da un mondo che una
volta lo acclamava sta ancora smaltendo i segni di una profonda
depressione. Un giorno, il suo amico Gauthier (Lambert
Wilson), attore di grido di famigerati medical drama, viola la sua solitudine con
l’allettante ma sconcertante proposta di recitare insieme la
commedia di Moliére. Inizialmente restio, Serge acconsente a patto
di riuscire in pochi giorni a raggiungere quella sintonia in grado
di fargli ritrovare il coraggio di calcare di nuovo le scene. Chi
dei due sarà il misantropo Alceste? Un personaggio che Serge
considera il suo alter ego e che Gauthier vorrebbe interpretare per
dar prova del suo spessore professionale e difendere quella dignità
attoriale spesso svilita dalle performance televisive. Ogni giorno
sarà un testa o croce a stabilire i ruoli che di volta in volta si
scambieranno con naturale e coinvolgente passione.
Molière in bicicletta, il film
Attraverso l’incanto poetico di
Molière i due rivitalizzano un’amicizia ormai sfocata, con Serge
che sembra aver riacquistato la voglia riprendere contatto con una
vita reale e vissuta. Merito anche della conoscenza dell’attraente
italiana Francesca (Maya
Sansa), un incontro che però rimescolerà di nuovo le
carte di una ritrovata amicizia. Philippe Le Guay
nel suo Molière in bicicletta sceglie di far rivivere sul grande
schermo alcuni tra i più bei passi del teatro francese, volontà
sicuramente encomiabile per la sua originalità. Curioso, come solo
poche settimane prima lo stesso Polanski ci aveva rammentato
l’ebbrezza del palcoscenico teatrale con Venere in pelliccia. Il
cinematografo che ingloba il teatro, si nutre di esso per
restituircene una versione digeribile a tutti in un’epoca in cui
l’opera teatrale è sempre più nell’ombra. Philippe Le Guay gioca
con tre volti del misantropo: quello di Fabrice, a quanto pare
ispiratore del suo personaggio, quello di Serge e quello di
Alceste. Personalità nelle quali è possibile rintracciare, sebbene
a livelli differenti, l’odio per la convenzionalità di un mondo
fasullo dal quale è necessario evadere per confinarsi in un quieto
rifugio, al riparo da sordide verità.
Il personaggio di Francesca,
infine, rievoca una versione completamente personalizzata di
Célimene, la seduttrice amata da Alceste. Ma, mentre Célimene era
la cinica incarnazione di quel mondo frivolo detestato dal
misantropo, Francesca finisce per essere ancora più scorbutica di
Serge a causa delle sue pene d’amore. Molière in bicicletta è una
commedia che, alternando una sussurrata ironia intellettuale a un
umorismo più mainstream (dalla goffa versione di Serge della
canzone Il Mondo alle esilaranti cadute dalla bici), si presenta
come un piacevole divertissement, disinvolto nel parlarci del
divario tra verità e indulgenza, bucolico nell’ambientazione, ma
facile da dimenticare.
John Lasseter,
capo creativo della Pixar Animation Studios, Disney Animation
Studios e Disney Toon Studios, si è preso sei mesi di congedo dallo
studio, alla luce delle accuse di cattiva condotta. Lo scandalo
avviene in concomitanza con l’uscita del film d’animazione
Pixar, Coco.
Il tutto è partito dalla sceneggiatrice e attrice
Rashida Jones, chestava
lavorando alla sceneggiatura di Toy Story 4 con
Will McCormach. La Jones ha dichiarato di aver
lasciato il progetto a causa di avances indesiderate da parte di
Lasseter, anche se sia lei che McCormach sono accreditati nello
script del sequel. (Segue UPDATE)
The Hollywood
Reporter, che per primo riporta la notizia, parla anche di
comportamenti invadenti di Lasseter sul posto di lavoro, abbracci,
baci e commenti sugli attributi fisici dei dipendenti.
Un portavoce della Disney
dichiara:
“Vogliamo mantenere un clima in
cui tutti i lavoratori siano rispettati e incoraggiati a dare il
meglio. Apprezziamo la sincerità di John e lo sosteniamo durante il
suo congedo”.
John Lasseter ha inoltre diffuso un comunicato
ufficiale indirizzato ai suoi dipendenti.
John Lasseter si
scusa per i suoi “comportamenti inappropriati”
“Ho sempre voluto che i nostri
studi d’animazione fossero un ambiente dove i creatori potessero
esplorare le loro visioni con il supporto degli altri animatori e
sceneggiatori. Questo tipo di cultura creative deve essere
mantenuta. Si fonda su fiducia e rispetto e se qualcuno non viene
valorizzato, questa cultura creativa diventa fragile. Da leader è
mia responsabilità assicurare che questo non accada e adesso credo
di aver mancato di rispetto.
Recentemente ho avuto colloqui
difficili: affrontare i propri passi falsi non è stato facile ma è
l’unico modo per imparare da essi. Ho pensato molto al leader che
sono diventato e porto la mia attenzione sul fatto che ho ferito
dei sentimenti. Non è mai stata mia intenzione. Mi scuso dal
profondo del cuore se vi ho ferito. Mi voglio scusare con chiunque
abbia ricevuto un abbraccio non voluto o qualsiasi altro gesto
inappropriato. Non era mia intenzione. Tutti hanno il diritto di
stabilire i propri confini, confini che vanno
rispettati.
Nei miei colloqui con la Disney
siamo concordi nel considerare ogni interesse con serietà e in
maniera appropriata. Noi desideriamo rinforzare quella cultura,
vibrante e creativa che è la chiave del nostro successo. Il primo
passo in questa direzione è il mio congedo che mi darà modo di
riflettere sulle decisioni da prendere in futuro. Per me è
difficile allontanarmi da un lavoro che amo e da una squadra che
stimo. Mi auguro che questi sei mesi mi aiutino a riflettere a
ritornare con intuizioni e prospettive.
Sono orgoglioso di questa
squadra e sono sicuro che farà un ottimo lavoro anche in mia
assenza. Vi auguro buone vacanze e spero vivamente di tornare a
lavorare con voi nell’anno nuovo.
John”.
La Disney Pixar è
al momento impegnata nella promozione di Coco, il nuovo film
d’animazione che arriva oggi, 22 novembre, negli USA, e che invece
arriverà in Italia il 28 dicembre.
Alla luce del comunicato ufficiale
di Rashida Jones, teniamo a correggere quanto
riportato in precedenza. L’attrice e sceneggiatrice ha fatto sapere
che il report di THR non era esatto e che il suo volontario
allontanamento dal progetto di Toy Story 4 non è
stato dovuto a comportamenti inappropriati di Lasseter ma a
divergenze creative con lo Studio.
Nelle parole della Jones, il
chiarimento è necessario affinché coloro che hanno davvero una
storia di violenza o molestia da raccontare possano trovare spazio
e credibilità.
È stato presentato nella
serata di Pre-apertura di Venezia 77 ed è in sala dal 3
settembre Molecole, il nuovo lavoro del
regista veneto Andrea Segre. Autore di
lungometraggi come Io sonoLi e La prima
neve. Apprezzato regista di documentari che indagano
il rapporto tra luoghi e persone, con un’attenzione particolare al
suo Veneto, ma anche alle migrazioni e alle marginalità, da
La mal’ombra a Mare
chiuso, al più recente Il Pianeta in
Mare, Segre propone con
Molecole un lavoro documentaristico dalla
forma e dal contenuto inattesi, come inatteso è stato per lui e per
tutti il confronto con l’emergenza Covid 19 e il confinamento che
ne è scaturito.
Come nasce
Molecole
“Molecoleè sgorgato. Come l’acqua”. Queste le parole usate dal
regista per descrivere la genesi del lavoro. L’espressione rende
bene l’idea del suo carattere imprevisto e naturale. Altro era
infatti il progetto di Segre: un documentario che
trattasse due grandi questioni centrali per la Venezia di oggi: il
turismo di massa e l’acqua alta. Due fenomeni apparentemente molto
diversi, ma che pongono sfide alla città. Era tutto pronto, quando
è arrivato il Covid, che ha imposto il lockdown. E’ in questo nuovo
scenario, con una città svuotata, che Segre prova a riflettere sui
due temi di cui sopra. Una riflessione in absentia, dal
momento che, come ovvio, dei turisti non c’è l’ombra e sono giorni
di una bassa marea eccezionale.
Contestualmente, prende vita
l’altro filone che percorre il documentario: un dialogo per parole
e immagini col padre, Ulderico Segre, scomparso
dieci anni fa. Sono le parole delle lettere che il regista scriveva
al padre, ma è anche la sua voce off che spesso si rivolge
direttamente alla figura paterna con domande e osservazioni, e le
immagini, foto e filmati in Super 8 che il genitore girava in
gioventù, ritrovati nella casa di famiglia in cui il regista ha
trascorso il periodo del confinamento. Il dialogo è continuo, in
uno scambio padre-figlio che arricchisce il lavoro, grazie anche al
montaggio di Chiara Russo.
La sceneggiatura è firmata dallo stesso
Andrea Segre.
Lo sguardo di Andrea Segre
su Venezia
La Venezia che
interessa a Segre è nel vuoto da confinamento e
nei pochi elementi che lo popolano: concerti di gabbiani affamati,
canti di donne solitarie, sprazzi di un carnevale mai partito. Due
vogatrici si allenano in un canale della Giudecca deserto – sono
Elena Almansi e Giulia
Tagliapietra – e parlano a Segre della città che vivono e
di quella che vorrebbero. È vuoto e fragilità Venezia, incapacità
di controllare qualcosa che non si conosce, ma è anche la
grandiosità delle sue bellezze, la sua impressionante capacità di
adattamento, è resilienza. Veneziaè
per antonomasia città in costante dialogo con l’ineluttabile, in
equilibrio precario – un turismo che è vitale, ma che
spesso sembra soffocarla, un’acqua che è natura, ma sempre più
insidiosa per ciò che l’uomo ha costruito. Eppure Venezia e
la sua laguna per Segre non sono solo uno splendido luogo
che tutto il mondo ci invidia, esso stesso in bilico tra grandezza
e fragilità, emblema della condizione collettiva in cui la pandemia
ha gettato tutti, ma sono luoghi del cuore –
sebbene il regista affermi di avere con la città un rapporto
controverso – qui riscoperti. La Venezia di oggi, in costante
dialogo con quella di ieri, immortalata dai filmati paterni. Due
mondi sorprendentemente simili, a causa di una pandemia che ha
colto tutti di sorpresa, riportando però l’ambiente ad una
dimensione più autentica.
Dal punto di vista visivo, ciò è
reso con un’estrema cura del dettaglio, con inquadrature in cui
dominano due elementi: la nebbia e l’acqua, con la vastità vuota
della città. Immagini girate di giorno, ma anche, spesso, di notte.
Ombre, aloni, vetri appannati. Una fotografia
suggestiva, curata da MatteoCalore e dal regista.
Le musiche di
Teho Teardo accompagnano alla scoperta delle calli
veneziane, colte con prospettive non comuni, alimentando il mistero
di una città sospesa. Le atmosfere ricordano da vicino quelle di un
grande veneto, cultore del rapporto tra l’uomo e i suoi luoghi,
Carlo Mazzacurati.
Il proprio passato alla
luce del presente
È dunque un lavoro intimo
e personale Molecole, influenzato dal
confinamento, da quella nebbia che spinge a riflettere e a
guardarsi dentro, a riannodare i fili col
passato. Ulderico Segre, padre del regista,
era uno scienziato chimico-fisico, il cui oggetto di studio erano
appunto le molecole. Quelle particelle di cui
siamo fatti, che non vediamo e ci determinano. Era forse quello del
padre, riflette il regista, un tentativo di venire a patti, di
dialogare con ciò che non poteva controllare, quella parte fisica
di sé predeterminata che ne ha segnato il destino ed ha portato
alla sua prematura scomparsa. Sembra essere proprio questo
l’aspetto che il regista non aveva compreso fino in fondo della
figura paterna, e che oggi gli appare improvvisamente più chiaro,
mentre affronta l’incertezza di una pandemia contro la quale ci si
sente impotenti. È questo confronto con ciò che appare ineluttabile
che accomuna oggi le due figure, oltre all’essere entrambi padri,
consentendo al figlio di rinsaldare il legame con il genitore.
Si prende i suoi tempi
Molecole, ha l’incedere lento e ovattato
dell’atmosfera di quei giorni. E’ forse meno ricco di contributi di
confronti, ridotto all’essenziale, rispetto a quello che era il
progetto iniziale. Forse anche assai distante da quello, come era
inevitabile che fosse. Tuttavia, riesce ad evitare il
rischio di annoiare lo spettatore, cosa che poteva succedere con
un’opera dall’incedere così meditativo e riflessivo.
Merito della delicatezza poetica che Segre mette
nel racconto, ma anche di una giusta durata, 71
minuti, che rende agile il lavoro.
Tanti se ne vedranno, sulle città
svuotate dal Covid. Non tutti racconteranno qualcosa, oltre ad
essere cartoline da città deserte, che mai si sarebbe immaginato di
vedere così. Questo invece, lo fa. Perché non nasce a causa del
lockdown, ma è la rielaborazione durante il lockdown di un progetto
preesistente, che conserva una riflessione sui temi del turismo di
massa e dell’acqua alta nella città lagunare, forse anche
arricchita dalla prospettiva del confinamento. Inoltre, non è solo
un’occasione per riflettere sulla fragilità e precarietà
dell’esistenza e sull’impotenza umana di fronte a una natura che
non sembra si possa controllare, ma che si dovrebbe invece
rispettare di più. È soprattutto un viaggio
esistenziale a ritroso, nei ricordi, a riallacciare i fili di un
legame con un padre amato, ma non fino in fondo compreso. Un
viaggio che sa coinvolgere col suo incedere sentito e
poetico.
Prodotto da ZaLab
Film, con Rai Cinema, in associazione con
Vulcano e Istituto Luce
Cinecittà, in collaborazione con il Teatro Stabile
del Veneto Carlo Goldoni, distribuito da
ZaLab e Deckert Distribution
GMBH, Molecole è nelle sale dal
3 marzo.
Guarda il Trailer inglese
di Mojin The Lost Legend, il nuovo
film di Wu Ershan, acclamato
regista cinese che torna al cinema con la sua quarta
pellicola.
Dal 20 febbraio con
Lucky Red e BIM, rappresentante della Germania
agli Oscar 2025 e vincitore del premio speciale della Giuria al
festival
di Cannes 2024, Il Seme del Fico Sacro è il
nuovo film di Mohammad Rasoulof (Il
male non esiste), scappato dall’Iran dopo averlo
girato clandestinamente.
In occasione della presentazione del
film a Roma, il regista ha raccontato la particolare genesi del
film che fotografa, con grande lucidità e precisione, la situazione
sociale e politica dell’Iran contemporaneo. Come Jafar
Panahi, anche Rasoulof ormai è un esperto del “cinema in
remoto”, dal momento che non può fisicamente tornare in Iran ma ha
intenzione di continuare a raccontarne le
difficoltà. Come si continua a raccontare da lontano
il posto che ha lasciato?
Gli ultimi 46 anni della
storia dell’Iran, dall’avvento della Repubblica Iraniana, sono
pieni di eventi difficili che non sono stati ancora raccontati. Per
esempio durante i primi tempi della Repubblica, sono state
brutalmente uccise migliaia di persone e nessuno è ancora riuscito
a raccontarlo, quindi c’è un passato pieno di storie affascinanti e
terribili che è possibile raccontate. Circa 5 anni fa, quando ero
bloccato a Teheran, non avevo il passaporto e non potevo lasciare
il paese né girare per strada ho pensato di fare un film basandomi
su degli archivi con l’animazione.
Oggi, il mondo è
interconnesso grazie ai social e ci sono molti artisti iraniani in
esilio sin dall’inizio della repubblica. Questo mi dà speranza,
penso ci sia la possibilità di raccontare queste storie che possono
essere un punto di incontro la tra vita vera in Iran oggi e
questa realtà interconnessa al passo con il resto del
mondo.
Ci sono progetti concreti
sui suoi prossimi lavori?
Riguardo ai progetti
futuri, ho tre sceneggiature in mano che vorrei trasformare in
film, ma visto che sto promuovendo Il seme del Fico
Sacro e da quando ho lasciato l’Iran non mi sono fermato
un attimo, sto aspettando l’occasione buona e non vedo l’ora di
capire da dove cominciare, quale delle tre realizzare per
prima.
Ci sono state delle
ritorsioni su chi ha realizzato il film ed è rimasto a
Teheran?
Per quanto riguarda i
miei collaboratori, al momento l’unica che è in Iran e l’interprete
della madre, Soheila Golestani, gli altri sono riusciti a scappare
e lasciare il paese. La maggior parte della troupe che è ancora lì.
C’è un processo giudiziale in corso al momento, siamo accusati di
propaganda contro il regime, attentato contro la sicurezza pubblica
e diffusione della prostituzione e della corruzione sulla Terra. Io
verrò processato e giudicato in contumacia. Soheila ha già dovuto
passare dei giorni in prigione all’inizio della rivolta
Donna Vita Libertà, per un video che aveva
condiviso sui social. Quando l’abbiamo approcciata per il ruolo, ci
ha detto subito di sì.
Mohammad Rasoulof
è stato arrestato due volte, e tenuto nello stesso carcere in cui è
stata trattenuta Cecilia Sala.
Innanzitutto vorrei
commendare Cecilia per essersi presa il rischio di andare in Iran
di persona, per raccontare la condizione delle donne oggi. Io ho
passato due periodi nella stessa prigione e posso ben immaginare
cosa sia stato per lei. Penso che per un europeo sia ancora più
complicato, perché non è preparato a quel tipo di dinamiche come
qualcuno che, come me, è nato e cresciuto in Iran.
Nel film, ho provato a
raccontare quello che avviene in prigione di riflesso nella
dimensione della famiglia, portando così a un pubblico più ampio
questa mia esperienza personale.
Il film è
costellato da inserti di video ripresi con il cellulare, video
degli scontri e delle proteste, come le ha inserite e come le ha
raccolte?
Come sapete il
giornalismo in Iran è un mestiere difficile, non è permesso ai
giornalisti documentare le proteste. Così sono i cittadini
manifestanti che diventano testimoni e filmano quello che succede,
per testimoniare a loro volta, e anche per far arrivare all’estero
la violenza del regime su chi si espone.
Io ero in prigione da
vari mesi quando sono cominciate le proteste del movimento
Donna Vita Libertà e provare a capire cosa
succedeva dal carcere era impossibile, così quando sono uscito ho
cercato di recuperare tutto il materiale e i video che non avevo
potuto vedere mentre ero dentro, in questo modo ho avuto la
possibilità di vederne moltissimi. Poi sapevo che avrei fatto un
film clandestino e c’era il problema di dover ricreare le proteste
senza avere i permessi per girare il film, ambientato
principalmente in un piccolo appartamento. Infine, mi pareva
importante anche riconoscere il ruolo dei social nel rendere più
forti e coesi gli attivisti e nel dare loro coraggio e voglia di
scendere in piazza. Ma in un mondo ideale in cui potevo ricreare
quelle scene sapevo che non avrei mai potuto replicare quella
violenza. Così ho pensato di inserire quelle scene riprese dal
vivo.
Cosa pensa che accadrà in
futuro in Iran?
Non credo che la
liberazione passi per la violenza e la caratteristica più
importante della rivolta delle donne è proprio perché rigetta la
violenza. Nel finale del film si può vedere che l’unico violenza
che si verifica è una reazione, è generata dal regime, che si
confronta con persone che non sono certo passive. Credo che alla
fine il regime annegherà, sprofonderà nella tomba che si è scavato
da solo. E l’esempio ce lo dà la cronaca: qualche giorno fa due dei
più famigerati giudici iraniani, che hanno eseguito un sacco di
condanne e hanno messo a morte moltissime persone innocenti, sono
stati uccisi da un ufficiale di basso rango. Lo ha raccontato anche
la tv iraniana, e non possiamo sapere quali siano i fatti reali
perché non c’è mai una narrazione veritiera con la tv di stato, ma
se le cose sono andate davvero così, questo dimostra che chi semina
vento raccoglie tempesta.
C’è differenza tra il modo
di protestare degli uomini e quello delle donne?
La lotta per i diritti
delle donne ha radici molto antiche e questa rivolta nata nel 2022,
Donna Vota Libertà, è solo l’ultimo anello in una lunga catena. Ci
tengo a sottolinearne che questa rivolta non porta avanti solo
richieste per i diritti delle donne, ma richieste per i diritti
umani in senso ampio. E non ci sono solo donne a protestare in
maniera non violenta, ma anche uomini, ci sono anche io. E quello
che sta succedendo adesso è che c’è un movimento civile per
cambiare la situazione a vantaggio dei cittadini, in un modo
assolutamente pacifico, per quanto possibile. Se ne vedono già i
successi. La situazione attuale in Iran vede una guerra quotidiana
che va avanti tra la società civile da una parte e la Repubblica
Iraniana.
Arriva oggi, 12 aprile 2017, in sala
Moglie e Marito, la nuova commedia diretta
da Simone Godano con protagonisti
Pierfrancesco Favino e Kasia
Smutniak.
Moglie e Marito da oggi al
cinema
Andrea
(Pierfrancesco Favino) e Sofia
(Kasia Smutniak) sono una bella coppia, anzi lo
erano. Sposati da dieci anni, in piena crisi, pensano al divorzio.
Ma a seguito di un esperimento scientifico di Andrea si ritrovano
improvvisamente uno dentro il corpo dell’altra. Letteralmente.
Andrea è Sofia e Sofia è Andrea. Senza alcuna scelta se non quella
di vivere ognuno l’esistenza e la quotidianità dell’altro. Lei nei
panni di lui, geniale neurochirurgo che porta avanti una
sperimentazione sul cervello umano, lui nei panni di lei, ambiziosa
conduttrice televisiva in ascesa.
Una commedia graffiante e
rocambolesca che racconta il viaggio incredibile e sorprendente che
Sofia e Andrea saranno costretti a fare nella vita del partner;
esperienza che li cambierà per sempre, facendogli ritrovare quel
senso di empatia reciproca e vera connessione, indispensabile per
amare veramente qualcuno.
Il film è distribuito dalla Warner
Bros in Italia.
La Marvel ha modificato un piccolo
dettaglio del finale di Ms. Marvel che costituiva un
errore di continuità con Spider-Man: No Way Home.
La Statua della Libertà, che nella serie appariva verde, per
l’ossidazione del rame (com’è nella realtà), doveva invece essere
color rame, come visto nel terzo film da solista di Tom
Holland.
Così, lo studio ha usato il suo
pennellino per ridipingere Miss Liberty nella puntata finale di Ms.
Marvel. Inoltre, la statua non
compare con lo scudo di Captain America, come sarebbe dovuta essere
stando ai modelli visti in Spider-Man: No Way
Home.
A continuity error with the Statue of
Liberty in the
#MsMarvel finale has been digitally altered on Disney+ recently
The statue is shown in the opening shot and end credits of
Episode 6
It is now the same copper colour as seen in Spider-Man: No Way
Home! pic.twitter.com/EBqoMtokJb
The
Marvels, il sequel del cinecomic Captain
Marvel con protagonista il premio Oscar Brie
Larson che ha incassato 1 miliardo di dollari al
box office mondiale, sarà sceneggiato da Megan McDonnell,
sceneggiatrice dell’acclamata serie WandaVision.
Sfortunatamente, Anna
Boden e Ryan Fleck, registi del
primo film, non torneranno dietro la macchina da presa: il sequel,
infatti, sarà diretto da Nia DaCosta, regista
di Candyman. Nel
cast ci saranno anche Iman Vellani (Ms.
Marvel, che vedremo anche
nell’omonima serie tv in arrivo su Disney+)
e Teyonah Parris (Monica Rambeau, già
apparsa in WandaVision). L’attrice Zawe
Ashton, invece, interpreterà il villain principale, del
quale però non è ancora stata rivelata l’identità.
Nessun dettaglio sulla trama del
sequel è stato rivelato, ma l’ambientazione del film dovrebbe
spostarsi dagli anni ’90 ai giorni nostri.
Naturalmente, Brie
Larson tornerà nei panni di Carol Danvers. Il
sequel di Captain
Marvelarriverà il 28 luglio 2023.
Johnny Depp è
pronto a tornare dietro la macchina da presa per
Modi, biopic sul famoso pittore e
scultore italiano Amedeo Modigliani. Per l’attore
si tratta del ritorno alla regia dopo molti anni dal suo debutto in
tale ruolo, avvenuto nel 1997 con Il
coraggioso. In quell’occasione Depp era
anche protagonista del film, accanto all’amico Marlon
Brando, mentre ad essere protagonisti di Modi è
stato ora annunciato che saranno l’attore italiano Riccard
Scamarcio e il premio Oscar Al Pacino.
Mentre Scamarcio ricoprirà il ruolo
del protagonista, interpretando dunque un altro artista dopo essere
stato Caravaggio in L’ombra di Caravaggio,
Al Pacino avrà invece il ruolo del collezionista d’arte
Gangnat. Questo nuovo film, inoltre, segnerà una
nuova collaborazione tra Depp e Pacino dopo che i due avevano
condiviso la scena in Donnie Brasco del 1997.
L’acclamato attore francese Pierre Niney, noto per
film come Yves Saint Laurent e Frantz, è stato
invece scelto per il ruolo di Utrillo, pittore francese
contemporaneo di Modigliani. Il film, basato su un’opera teatrale
di Dennis McIntyre e adattato per lo schermo da
Jerzy e Mary Kromolowski,
racconterà la vita dell’artista italiano durante il suo soggiorno a
Parigi, nel 1916.
Nel corso di 48 ore che lo vedono in
fuga dalla polizia per le strade e i bar della Parigi devastata
dalla guerra, incontreremo Modigliani in preda al desiderio di
porre fine prematuramente alla sua carriera e lasciare la città.
Tale sua volontà viene però respinta dai colleghi bohémien:
l’artista francese Maurice Utrillo, il bielorusso Chaim
Soutine e la sua musa e amante inglese, Beatrice
Hastings. Modi chiede consiglio al suo mercante d’arte
polacco e amico Leopold Zborowski, ma il caos
raggiungerà un crescendo quando si troverà di fronte a un
collezionista che potrebbe cambiargli la vita. Le riprese
inizieranno a Budapest questo autunno, mentre ad ora non è indicata
una possibile data di uscita in sala.
Nel 1997 un giovane Johnny Depp debutta dietro la macchina da
presa per dirigere Il coraggioso, film che lo vede
recitare accanto all’amico Marlon Brando nei panni di un nativo americano
che prende parte ad uno snuff movie. Quella sua opera prima venne
accolta in modo molto negativo, cosa che sembrò stroncare sul
nascere la carriera come regista di Depp. Per 27 anni ciò è stato
vero, ma ora eccolo di nuovo dietro la macchina da presa per
Modì – Tre giorni sulle ali della follia, film che
– insieme a Jeanne Du
Barry: La favorita del re – rappresenta un po’ il suo
“ritorno in auge” dopo le turbolente vicende personali.
Il film, scritto da Jerzy
Kromolowski e Mary
Olson-Kromolowski a partire dall’opera teatrale
Modigliani: A play in three acts di Dennis
McIntyre, sembrò da subito essere il progetto giusto per
il ritorno di Depp alla regia. Modigliani – che trova in Riccardo Scamarcio l’interprete ideale – e la
sua turbolenta vita possono per lui essere non solo uno specchio
della propria attività come artista ma anche l’occasione per
sbizzarirsi con una serie di idee registiche di vario genere. Così
facendo il film acquista una natura decisamente insolita,
certamente espressione della personalità del suo regista e del suo
protagonista, ma anche profondamente respingente.
La trama di Modì – Tre giorni sulle ali della
follia
Il film offre un viaggio di
settantadue ore nella vita dell’artista bohémien Amedeo
Modigliani, Modi per i suoi amici. Una serie caotica di
eventi attraverso le strade di una Parigi dilaniata dalla guerra
nel 1916. In fuga dalla polizia, con il desiderio di porre fine
alla sua carriera e lasciare la città, respinto dai suoi colleghi
artisti e dalla sua musa, Beatrice Hastings
(Antonia Desplat). Modi chiede consiglio al suo
mercante d’arte e amico, Leopold Zborowski, e,
dopo una notte di allucinazioni, il caos nella sua mente raggiunge
il culmine quando si trova di fronte a un collezionista americano,
Maurice Gangnat (Al
Pacino), che ha il potere di cambiargli la vita.
Si diceva della natura respingente
del film. Difficile non pensarlo quando ci si ritrova davanti ad
un’opera così rocambolesca, ricca di elementi, particolarità, cambi
di registro e di genere. Si passa infatti con grande nonchalance
dalla comicità scurrile al horror, passando per il romanticismo,
esaltando talora una certa impostazione teatrale, attraversando
inserti (superflui) da commedia slapstick dell’epoca del mutuo,
dotandosi di una colonna sonora farsesca e fino a giungere ad
alcune sequenze oniriche e surreali. Sfortunatamente non tutti
questi elementi funzionano come dovrebbero e spesso e volentieri
mal si incastrano gli uni con gli altri, generando quella certa
difficoltà ad accogliere il film.
Certo, in mezzo a questo grande e
incontrollato caos ci sono una serie di considerazioni da fare che
possono, se non rendere più gradevole il film, quantomeno fornire
una possibile spiegazione di questa sua natura così strampalata.
Come si diceva in apertura, Modì – Tre giorni sulle
ali della follia è un film che ci si aspetterebbe da
una personalità larger than life quale è Depp,
che si abbandona dunque a tutta una serie di vezzi, dettagli e
virtuosismi che a loro modo lo rappresentano. Dall’alto lato,
seguendo la sceneggiatura, egli sembra intenzionato a dar vita ad
un film sregolato ed eccessivo proprio come era Modigliani. Un
film, dunque, che il pittore avrebbe potuto apprezzare.
Si può allora scegliere se accettare
o meno queste possibili letture del film, che rimane in ogni caso
zoppicante sotto molti punti di vista, a partire dal fatto che
della personalità di Modigliani non sempre riesce ad emergere
qualcosa, talvolta schiacciata proprio da quegli orpelli che
dovrebbero raccontarla ma che finiscono in realtà per essere una
distrazione. Fortunatamente, si testimonia anche la presenza di
sequenze, scene o anche solo inquadrature particolarmente riuscite,
come il finale o l’incontro tra Modigliani e Gagnat. Qui, ad
esempio, Depp sembra calmare il proprio estro, asciugandosi nei
toni e permettendo alla scena di vivere grazie al dialogo dei due
protagonisti.
Riccardo Scamarcio e Luisa Ranieri in Modì – Tre giorni sulle ali
della follia. Photo Credits: Be Water Film
Un omaggio agli artisti di tutto il mondo
In generale, chi si aspettava un
biopic su Modigliani potrebbe rimanere estremamente deluso, perché
pur narrando tre giorni di un preciso momento della vita
dell’artista – e tutto il contesto che lo circonda, a partire dalla
Grande guerra in corso -, il film si concentra principalmente sulla
sua fame di arte, sulla sua ricerca di un riconoscimento tanto
agognato e sui compromessi che si possono o non possono accettare
per la fama. Riccardo Scamarcio, dopo aver dato recitato in
L’Ombra
di Caravaggio, si cimenta dunque con un altro pittore
diviso tra genio e sregolatezza, fornendo stavolta ancor di più una
prova attoriale particolarmente convincente nel suo essere sopra le
righe.
Ma evidentemente – come si accennava
– l’intento di Depp non era quello di raccontare Modigliani. Il
pittore diventa un pretesto per raccontare la figura dell’Artista,
sregolato e passionale, sognatore e capace di accogliere in sé
sacro e profano. Nel Modigliani di Depp si possono ritrovare molti
degli iconici personaggi da lui interpretati nel tempo, cosa che
ancor di più permette di considerarlo un suo vero e proprio alter
ego. “Volevo raccontare una storia universale di amore, arte e
rifiuto affinché chiunque possa trovare qualcosa per cui lottare,
qualcosa a cui associarsi e connettersi, in quell’infinito
groviglio che è la vita, l’esistenza, il risultato stesso della
creazione“, ha infatti affermato Depp.
Il suo modo di farlo è attraverso un
film che, come già detto, dimostra tutti i suoi interessi
artistici, qui riuniti anche a discapito di tutto e tutti. Viene da
pensare – con le ovvie differenze – a Megalopolis, il film di Francis Ford
Coppola che tanto sta dividendo per la sua natura
altrettanto caotica e tutt’altro che conciliante. L’arte non deve
esserlo, mai, ma probabilmente c’è modo e modo e con Modì –
Tre giorni sulle ali della follia, Depp ci consegna
un’opera della quale sembra aver perso il controllo, col dubbio
però che potesse essere proprio questo il suo intento. Alla luce di
ciò, si sceglierà di amarla od odiarla proprio in virtù di questo
suo essere totalmente anarchica.
Dopo essere stato presentato nella
sezione Grand Public della Festa del
Cinema di Roma, Modi – Tre Giorni sulle Ali della
Follia (qui
la nostra recensione), sarà distribuito nelle sale italiane a
partire dal 21 novembre 2024. Il film segna il
ritorno alla regia di Johnny Depp (dopo venticinque anni dal
suo esordio dietro la macchina da presa con Il coraggioso)
e ha come protagonista
Riccardo Scamarcio, affiancato da Luisa
Ranieri e da un cast internazionale composto da
Antonia Desplat (The French Dispatch,
Operation Finale), Bruno Gouery
(Emily in Paris, The White Lotus), Ryan
McParland (Kissing Candice, Halo),
Stephen Graham (Gangs of New York,
This is England) e Al Pacino.
Prodotto da Barry Navidi
Productions, IN.2 Film & ILBE
S.p.A., Modi– Tre Giorni sulle Ali
della Folliasarà distribuito in Italia da Be Water
Film, in collaborazione con Maestro
Distribution e Medusa Film.
La trama di Modi – Tre
Giorni sulle Ali della Follia
Settantadue ore nella vita
dell’artista bohémien Amedeo Modigliani (Riccardo Scamarcio) –
“Modi” per gli amici – in cui si susseguono un vortice di eventi
nella Parigi del 1916, dilaniata dalla guerra. In fuga dalla
polizia, il desiderio di Modi di porre fine alla sua carriera e
abbandonare la città è ostacolato dai suoi colleghi Maurice Utrillo
(Bruno Gouery) e Chaim Soutine (Ryan McParland) e dalla sua musa
Beatrice Hastings (Antonia Desplat). Modi chiede così consiglio al
suo amico e mercante d’arte Leopold Zborowski (Stephen Graham).
Tuttavia, dopo una notte di allucinazioni, il caos nella mente di
Modi raggiunge il culmine quando si trova di fronte a un
collezionista americano, Maurice Gangnat (Al Pacino), che ha il
potere di cambiare la sua vita.
Stamattina, al museo Maxxi di Roma,
è stato presentato il film Una Storia
Sbagliata, sesto lungometraggio del regista
Gianluca Maria Tavarelli, insieme al produttore
Palomar (insieme a Rai Cinema)
Carlo Degli Esposti e agli attori Isabella
Ragonese, Francesco Scianna e Mehdi Dehbi.
Il film ha debuttato lo scorso anno
al festival di Montreal, per uscire nelle sale il prossimo 4
Giugno.
La prima domanda è
rivolta al produttore, vista la particolare sinergia produttiva: il
film uscirà al cinema insieme ad un passaggio su una piattaforma
on Demand supportata da MyMovies.it; secondo Degli Esposti
la pellicola- distribuita in 50 copie, frutto di un esperimento
della Palomar– insieme alla collaborazione con una
piccola produzione ha deciso di lanciarsi in quest’impresa,
ispirato dall’occupazione del cinema America a Roma: rimasto
colpito dal nuovo modo di fruire il cinema, all’insegna della
partecipazione attiva in sala, ha preso la decisione di distribuire
l’ultimo lungometraggio di Tavarelli- che ha “produttivamente”
corteggiato per molto tempo- senza esitazioni ha finalmente avuto
la sua occasione, grazie ad una storia convincente, drammatica e
sentimentale che colpisce prima ai sentimenti, poi induce alla
riflessione; forte di tutto ciò, è riuscito a firmare un accordo
tra Palomar e le sale basandosi su un tornaconto
economico per quest’ultime: la sala stessa diventa un
“distributore” nelle proprie zone di competenza, in base a tutti i
mezzi di sfruttamento messi a disposizione (supporti rigidi- dvd- e
distribuzione on Demand).
L’attenzione si sposta su Tavarelli,
che riconferma il suo entusiasmo riguardo alla sperimentale
modalità produttiva che coinvolge pellicole che altrimenti non
avrebbero una forza produttiva autonoma così forte; trovare nuovi
canali e nuove piattaforme permette di allargare il bacino di
utenza degli spettatori, cercando di portare all’avanguardia questo
settore.
Riguardo invece alla storia narrata
nel film, la riflessione sulla guerra nasce dal fatto che questa
realtà è ovunque intorno a noi: così, una piccola storia d’amore si
può trovare, all’improvviso, proiettata nel mondo e negli scenari
internazionali. Per questo era importante, per lui, mettere al
centro dell’azione una donna, forte, tenace, che scopre un mondo
abbandonando la sua realtà di provincia, calandosi in una realtà
distante- e distinta- per scoprire delle verità su di sé e sul suo
compagno, per scoprire- e capire- le ragioni più profonde.
Era interessante analizzare anche il
ritorno a casa, ciò che si vede dopo una guerra: le emozioni e le
sensazioni, le angosce, che si provano tornando a casa dove non ce
si sente più a proprio agio, ci si sente estranei. Questa
esperienza nasce dopo un viaggio con l’associazione ONLUS
Operazione Sorriso, compiuto insieme agli sceneggiatori: un viaggio
che li ha cambiati illuminandoli e spingendoli a raccontare una
storia sfaccettata in un modo diverso.
La Ragonese, riguardo al personaggio
di Stefania, ammette di averlo percepito subito come un ruolo
“vero”, realistico, a maggior ragione a causa di una
sovrapposizione tra la vera Isabella e Stefania: anche lei ha
vissuto quei luoghi, e credeva che tornandoci avrebbe avuto meno
pregiudizi rispetto alla protagonista del film, spinta a partire da
rancori e dolori causati dall’elaborazione di un lutto.
Ammette che anche durante le piccole
guerre di ogni giorno, si cerca sempre di non vedere la verità e di
tirare avanti, mentre invece Stefania cerca delle risposte, spinta
da un istinto recondito, forse alla ricerca di una verità che il
marito Roberto non è riuscito a spiegare. La sua attenzione era
legata piuttosto al percorso conoscitivo, a cercare di colmare quel
gap tra oriente e occidente, perché in fondo tutti i sud del mondo
hanno qualcosa di simile e familiare tra loro, in una sorta di
gioco di specchi e rimandi dove l’importante, alla fine, è
riconoscersi.
Oggi affrontare e conoscere quei
luoghi non è così facile, per questo esiste il cinema nella sua
funzione conoscitiva.
Per Scianna, invece, il personaggio
di Roberto è stata una vera sfida: la difficoltà era restituire il
momento, preciso, durante il quale il suo personaggio si è perso:
da un lato c’era la difficoltà del segreto militare, inviolabile e
segreto anche per chi gli vive intorno, dall’altra c’è quel senso
di totale smarrimento di chi si ritrova a vivere una vita lontana
dalla sua, che lo spinge a vedere cose lontane dalla propria realtà
quotidiana, ad affrontare delle assurdità logiche che non vengono
nemmeno afferrate.
Il suo intento era quello di rendere
questo smarrimento di chi si è perduto, aiutato in questo dal
regista Tavarelli e dalla protagonista Ragonese, sua vecchia
conoscenza. La morale del film è che alla fine, secondo lui,
l’amore riesce a colmare le assurdità delle dinamiche di
guerra.
Una domanda riguarda il regista
Tavarelli e i luoghi dove hanno girato: nel 2009 hanno fatto i
primi sopralluoghi con Emergenza Sorriso, anche se già da prima
volevano girare sui luoghi dell’ospedale di Nassyria, intavolando i
primi contatti burocratici con le ambasciate per sbrogliare la
difficile situazione. A causa di un attentato hanno dovuto
rimandare ulteriormente le riprese, per spostarsi nel sud della
Tunisia (un’area meno calda). Insieme alla troupe sono riusciti a
calarsi in una realtà completamente diversa dalla nostra, calata in
una sorta di “ritorno al medioevo” (come dichiara la Ragonese) che
ha segnato un cambiamento negativo per queste realtà
mediorientali.
Per quanto riguarda invece Debhi,
anche lui si è avvicinato ad una realtà diversa che conosceva ma
non troppo: ha da sempre questa sensazione di contraddizione tra il
desiderio di partire e l’amore incondizionato per il proprio
territorio, un conflitto interiore peggiore della voglia di
scappare dalla propria terra in guerra.
Tavarelli risponde ad una domanda
riconfermando il carattere volutamente “politico” della prima parte
del film: con il racconto della realtà di Gela, ha cercato di
accomunare le vicende del sud nostrano (i problemi
dell’inquinamento petrolchimico e le ripercussioni sulla salute
della gente, soprattutto i bambini) con l’Iraq di oggi in guerra,
con delle similitudini evidenti e le stesse contraddizioni anche
tra la gente. Il film per questo nasce come una storia d’amore-
anche a livello distributivo, questo è il primo impatto per lo
spettatore- per poi mescolarsi con la politica e la guerra.
Modern
Love è una rubrica del New York Times che da 15 anni
allieta, con cadenza settimanale, i lettori del famoso giornale. La
rubrica è diventata nel tempo un podcast, e ora è una serie, per
Prime
Video, disponibile sulla piattaforma dal 18 ottobre.
La rubrica originale prevede dei
racconti di storie d’amore più o meno lunghi che, pur romanzando la
vita e raccontando sempre dinamiche di coppia, hanno come filo
rosso il fatto che si tratta di storie vere. Questo stesso criterio
è stato adottato per le serie in otto episodi da 30 minuti, otto
pillole di romanticismo e amore in diverse sfumature, che si
impreziosiscono di un cast estremamente ricco e riconoscibile.
Modern Love è una serie antologica
Come ogni serie antologica, ci sono
gli episodi più riusciti e quelli meno riusciti, quelli che
mantengono una peculiarità di sguardo e racconto e quelli che si
standardizzano su dinamiche più convenzionali. Quello che le
accomuna è l’immediatezza di linguaggio e la scelta, sicuramente
conscia, che tutti gli attori presenti sono chiamati a rivestire un
ruolo che in genere non hanno mai interpretato.
Inoltre, ogni storia, scegliendo un
registro più o meno comico, tragico o realistico (alcuni sfociano
addirittura nel musical), mantiene un linguaggio immediato e
semplice, che porta dritti al cuore della vicenda, senza divagare,
ottimizzando quindi il formato ridotto di 30 minuti.
Come accennato, ci sono episodi più
riusciti e alcuni meni efficaci, resta sempre vivo l’interesse
verso le diverse dinamiche dell’amore, che si scontra con
l’abbandono, la malattia, gli strascichi della fine di una storia e
l’euforia dell’inizio di una nuova, si dimena tra vecchi e giovani,
etero e gay, sempre con la stessa vitalità che ha l’unica cosa che
riesce a mantenere vivo l’essere umano.
L’amore è solo per i ricchi?
Tuttavia, per Modern
Love, sembra che l’amore sia un “problema” da ricchi,
visto che tutti quelli che vivono queste storie sono o sembrano
personaggi dell’alta borghesia newyorkese, benestanti che sembrano
non avere altri problemi al mondo che quello di trovare il vero
amore. E chissà che non sia anche questo un messaggio, amaro, per
lo spettatore: soltanto chi non ha altri problemi, più seri e
pratici, può permettersi di affliggersi e preoccuparsi per
amore!
Era l’ottobre 2019
quando il mondo faceva la sua conoscenza con Modern
Love, la serie originale Amazon Prime
Video basata sull’omonimo podcast e a sua volta basato
sulla rubrica del New York Times che va avanti da
oltre 15 anni, e che racconta storie d’amore e di vita, ognuna con
un cuore e una unicità, come le persone stesse che la
raccontano.
Modern Love – stagione 2, stesso format ma visione
ampliata
Numerose sono le
differenze di questa seconda stagione rispetto
alla prima. Pur mantenendo lo stesso format, otto episodi da 30
minuti circa autoconclusivi, la seconda stagione di Modern
Love sembra aver imparato dagli errori della prima,
de-borghesizzandosi e abbracciando uno spettro sociale più ampio,
ma andando a raccontare anche storie che non sono confinate nel
perimetro, seppure variopinto e versatile, di New York. Ancora una
volta, le storie d’amore raccontate non rispondono a parametri
rigidi a fasce d’età, di orientamento sessuale o di colore. Il cast
multietnico fa a meno delle star di prim’ordine che aveva sfoggiato
nella prima stagione e si concentra su volti meno noti, con poche
eccezioni, volti intensi, limpidi, che raccontano storie che si
possono condividere con facilità, perché raccontate con
immediatezza e vivacità, siano esse dolorose, come quella con
protagonista Minnie Driver, o con un finale
aperto, come l’ultimo episodio che ha come protagonista Kit Harington e che si concede lo sfizio di
lasciar fare ai suoi protagonisti delle battute su Game of Thrones,
o ancora giovanili.
Modern Love – stagione 2
fa uno sforzo in più rispetto al primo ciclo, concedendosi delle
invenzioni narrative ardite, che impreziosiscono il più banale dei
racconti: ad esempio, quanto è diverso il ricordo di una serata
trascorsa insieme da due punti di vista differenti? Oppure, come
cambia la percezione di sé e dell’altro nel corso del tempo? O
ancora come affronta un’imprevisto di coppia un uomo abituato a
pianificare ogni singolo momento della sua vita?
Il tocco delicato di John Carney
Il tocco fresco e
delicato che John Carney aveva proposto al cinema,
con Begin Again e Sing Street, si replica in questa idea
semplicissima eppure che offre tanti e tanti modo per raccontare
l’amore, perché in fondo è una cosa che accomuna tutti gli esseri
umani, che si incontra e si scontra di continuo con la
quotidianità, con l’imprevisto, con quello che accade mentre siamo
presi da altro.
Trai
migliori protagonisti della seconda stagione di Modern
Love, oltre ai citati Driver e Harington, citiamo il
redivivo Garrett Hedlund, che in concerto con Anna Paquin si esibisce in uno degli episodi
più sofferenti e tormentati, con le idee visive migliori, la
carismatica Dominique Fishback, che con orgoglio e
dignità dà vita alla regina di tutte le friend-zone, Zhoe
Chao e la rappresentazione della sua insolita e complicata
malattia.
L’amore in tutte le sue
forme è una parte fondamentale dell’esistenza umana, questa serie,
nella sua immediatezza, ce lo ricorda offrendocene ad ogni episodio
un aspetto diverso, e poco importa se la storia raccontata entra in
contatto con la singola realtà di ognuno, l’immediatezza con cui la
si racconta, l’emozione che lascia scorrere, la precisione con cui
ne tratteggia gli esiti appartiene al genere umano,
indistintamente.
Si intitolerà She
Crazy, Modern Family 7×04, la quarta puntata della
settima stagione della serie televisiva Modern
Family, che andrà in onda sul network americano
ABC.
https://youtu.be/2a2uzGFtZNw
In Modern Family
7×04 Phil è totalmente assorbito dal suo
progetto legato alle anatre e Lily è l’unica
felice di aiutarlo; nel frattempo, Claire è
particolarmente preoccupata dal dover mostrare le sue idee a
Jay ed al suo team creativo ed ha delle buone
ragioni per esserlo ed infine Gloria e
Manny si aiutano con le loro rispettive cotte e
Cameron sviluppa un attaccamento morboso per i
ragazzi della confraternita tanto da affittare l’intera unità
abitativa dove vivono.
Si intitola Crying Out
Loud, Modern Family 6×23, il
ventitreesimo episodio della sesta stagione dello show di successo
targato CBS.
In Modern Family
6×23 la famiglia è determinata a far passare
ad Alex il suo giorno di di vacanza. Phil,
Luke eHaley la portano fuori ma
c’è una deviazione inaspettata. Claire è
combattuta quando ottiene un posto in una catena di hotel, ma si
sente oppressa quando non riesce a capire se Jay è
felice se lei resta o se ne va. Manny è sotto
l’effetto di farmaci antidolorifici a causa dell’estrazione del
dente del giudizio. Gloria coglie il momento per
mettere in moto un piano per far lasciare Manny e
la fidanzata.
Si intitola Spring Break, Modern Family 6×18,
il diciottesimo episodio della sesta stagione dello show di
successo targato CBS.
In Modern Family 6×18
nello spring break vediamo Claire fare le pulizie
di primavera, mentre Phil deve fare i conti con
l’età che avanza quando Luke lo batte praticamente
sempre. Haley porta Alex a un
festival di musica per distrarsi dal college,
Gloria e Jay si sfidano a vicenda
per smettere rispettivamente di vedere telenovelas e fumare sigari.
Anche se quando Gloria accompagna Cameron al suo
talent show nella facoltà, lei proietta una delle sue soap in una
serie di filmati della squadra rivale. Il Señor
Kaplan, e Jay accompagnano
Mitchellvanno tutti a prendere
Lily al camping così Jay può fumare di
nascosto.
Si intitola Rash
Decisions, Modern Family 6×13, il tredicesimo episodio della
sesta stagione di Modern Family.
In Modern Family 6×13
Phil (Ty Burrell) inizia a sentirsi snobbato da
Luke (Nolan Gould) e con Andy
(Adam DeVine) che esce sempre più spesso, inizia a sentirsi di
nuovo come un assistente. Nel frattempo, Gloria
(Sofia Vergara) e i dottori sospettano che Joe
possa essere allergico a Stella e questo porta Jay
(Ed O’Neill) a una decisione dura, Mitchell (Jesse
Tyler Ferguson), poi, sta facendo del lavoro legale come freelance
nella compagnia di Jay, mentre Claire (Julie
Bowen) diventa un’esperienza fondamentale per entrambi.
Si intitola The Day We Almost
Died, Modern Family 6×11,
l’undicesimo episodio di Modern Family di
successo trasmessa dal network americano della ABC.
In Modern Family
6×11 mentre sono fuori a comprare la colazione, i Dunphys insieme a
Manny hanno un incidente molto grave e per questo
ripensano alle loro vite. Claire finisce per
essere più divertente e meno rigida, Haley e
Alex decidono di smetterla di litigare, Manny non
guiderà più un auto, Luke ripensa alla lista delle
cose da fare prima di morire, Phil decide di fare il duro e il
resto della famiglia deve sopportare i loro nuovi
comportamenti.
Si intitola Haley’s 21st
Birthday, Modern Family 6×10, il decimo episodio della sesta
stagione di Modern
Family,serie televisiva di
successo trasmessa dal network americano ABC.
In Modern
Family 6×10 Haley si prepara a compiere 21 anni e
l’intera famiglia la porta al bar per festeggiare.
Claire vorrebbe che Haley la
iniziasse a vedere come un’amica piuttosto che come una madre
severa, Mitch e Cam scoprono che
non sono così fighi come pensavano, mentre la fermata di
Jay e Phil per prendere il regalo
di Haley, una nuova auto, si tramuta in un
disastro. A casa, Alex, Luke e Manny fanno da babysitter a Lily che
chiede loro: “Da dove nascono i bambini?”.
Modern Family è una
serie televisiva statunitense realizzata con la tecnica del falso
documentario. Creata da Christopher Lloyd e Steven Levitan e
prodotta dalla 20th Century Fox Television, la sitcom racconta le
vicende di una famiglia allargata che non corrisponde ai canoni
tradizionali, offrendo un realistico scorcio sulla figura, in
costante cambiamento, della famiglia occidentale contemporanea, con
la rappresentazione di personaggi contraddistinti da diversità
caratteriali, sessuali, etniche e culturali. Trasmessa dal 23
settembre 2009 sul network ABC, la serie ha ottenuto fin
dall’esordio un ampio consenso di critica e di pubblico, ricevendo
anche numerosi riconoscimenti.
Si intitola
Three Turkeys , Modern Family 6×08 ’ottavo episodio
della sesta stagione di Modern Family,
serie trasmessa dal network americano della CBS.
In Modern Family 6×08
Phil (Ty Burrell) si occupa del Ringraziamento e
nomina Luke come suo vice-chef, ma Claire (Julei
Bowen) – segretamente – prepara un altro tacchino visto che non si
che non crede che riescano a portare a termine il lavoro. Nel
frattempo, i piani per le vacanze di Jay (Ed
O’Neill) e Gloria (Sofia Vergara) falliscono, i due si
pentono per non averlo detto a nessuno, mentre
Cameron
(Eric Stonestreet) trova un’idea bizzarra per fare
indossare a Lily un vestito elegante.
Si intitola Halloween 3:
Awesome Land, Modern Family
6×06, la sesta puntata della serie televisiva di
enorme successo trasmessa dal network americano della ABC.
In Modern
Family 6×06 anche se Halloween è la festa preferita
di Claire, permette
a Phil di prendere le redini
dell’organizzazione del party di quest’anno, dunque, invece del
tema legato alla paura che lei ama, lui opta per trasformare casa
sua in Awesomeland. Gloria prende i
vestiti daFiona e
da Shrek per lei e Jay,
ma Jay decide che vuole essere vestito
da Principe Azzurro completo con una
folta capigliatura bellissima e con i capelli per lui arriva tutto
un nuovo senso di sicurezza.
Altrove, Cameron si fa prendere la mano
dalle troppe attività eMitchell ha gli ottimi
argomenti per concludere un caso e non aiuta che la stenografa sia
vestita da ragno.
Si intitola
Marco Polo, Modern Family 6×04, la quarta
puntata della sesta stagione della serie
televisiva Modern Family, che andrà
in onda sul network americano ABC.
In Modern Family
6×04 i Dunphys si
trasferiscono in un hotel diroccato quando la loro casa dev’essere
trattata per liberarla dalla muffa
e Phil la vede come un’opportunità per
stare insieme, ma Claire ed i ragazzi la
pensano diversamente; intanto, Gloria è
in ansia quando Manny inizia ad uscire
con una persona più grande e Cameron si
sentirà sotto pressione mentre cerca di mantenere alto il numero di
vittorie del suo team.
Si intitola The
Cold, Modern Family 6×03, il terzo episodio del sesto ciclo di
puntate della serie di successo trasmessa dal network americano
della ABC.
In Modern Family
6×03 Phil sta assemblando il video del
matrimonio
di Mitch e Cam per
una proiezione speciale in famiglia, ma quando le immagini mostrano
che è lui il responsabile per un raffreddore che ha colpito tutta
la famiglia, deve montare il video in modo molto
creativo. Jay e Gloriaaiutano Manny in
modo diverso per sopravvivere allo stress dovuto alla squadra di
football del liceo, mentre il
coach Cam sta ancora decidendo se
metterlo o no in panchina. E,Mitchell diventa
molto competitivo con la nuova amica di Lily, Sydney, che è un
genio.
Si intitolerà Do Not
Push, Modern Family 6×02, la seconda puntata della
sesta stagione della serie televisivaModern
Family, che andrà in onda sul network
americano ABC
In Modern Family
6×02, Jay e Gloria non
riescono a decidersi su che regalo farsi per il loro anniversario;
intanto, i Dunphy si recano
a Caltech per scegliere quale college
dovrà frequentare Alex e
mentre Claire cerca di convincere il
ragazzo a scegliere una scuola vicino a casa, Phil,
Luke e Haley partecipano
ad uno strano esperimento ed
infine, Mitche Cam decidono
di appendere un nuovo ritratto di famiglia,
ma Lily non è particolarmente d’accordo
con questa scelta.
Il network americano della CBS ha
diffuso una nuova clip ufficiale di Modern Family
6×19, il diciannovesimo episodio che si
intitola “Grill, Interrupted”:
Modern
Family è una serie televisiva statunitense realizzata con
la tecnica del falso documentario. Creata da Christopher Lloyd
e Steven Levitan e prodotta dalla 20th Century Fox Television, la
sitcom racconta le vicende di una famiglia allargata che non
corrisponde ai canoni tradizionali, offrendo un realistico scorcio
sulla figura, in costante cambiamento, della famiglia occidentale
contemporanea, con la rappresentazione di personaggi
contraddistinti da diversità caratteriali, sessuali, etniche e
culturali.
Trasmessa dal 23 settembre 2009 sul
network ABC, la serie ha ottenuto fin dall’esordio un ampio
consenso di critica e di pubblico, ricevendo anche numerosi
riconoscimenti.
Si intitola The Big
Guns, Modern Family 6×12, il dodicesimo episodio della serie
di successo trasmessa dal network americani della CBS.
In Modern Family
6×12 Claire è furiosa con i suoi vicini Ronnie e Amber perché
hanno lasciato una barca nel loro cortile e questa diventerà presto
una guerra quando Phil chiama gli esperti in suo aiuto (suo padre
Frank e tutti i suoi amici in pensione per dare loro lo stesso
trattamento. Altrove, Jay sta provando a insegnare a Joe a usare il
vasino, ma Gloria crede che lui non sia ancora pronto, Cam porta in
segreto Lily alla scuola dei clown di nascosto da Mitchell.