Bertand Bonello,
regista francese di culto, spesso presente sulla croisette di
Cannes, torna a dirigere con Coma,
viaggio nella mente di un’adolescente, a chiusura di quella che lui
stesso ha definito come una trilogia politica sui giovani, iniziata
con
Nocturama nel 2016 e proseguita poi con
Zombie Child nel 2019. Protagoniste,
Julia Faure e Louise Labeque.
Bertrand Bonello, cineasta tra
nouvelle vague e contemporaneità
Regista, sceneggiatore e compositore
francese, nato a Nizza nel 1968, con il suo secondo film
Le Pornographe, Bonello vince il premio
FIPRESCI al Festival di Cannes. Il
protagonista del film, Jean-Pierre Léaud, è
l’attore simbolo della nouvelle vague. Con L’Apollonide
– Souvenirs de la maison close, del 2011, ottiene
otto candidature ai premi César e vince quello per i migliori
costumi.
Saint Laurent del 2014, è la sua visione del
genio della moda, interpretato da
Gaspard Ulliel. Poi, Bonello dà il via alla trilogia
che ora arriva a compimento con Coma. In Nocturama, il cui
titolo è ispirato a un brano di Nick Cave, parla di terrorismo a
Parigi, protagonisti un gruppo di adolescenti. Mentre, con
Zombie Child affronta in modo originale il colonialismo.
Protagonista la giovane Louise Labeque, che
ritroviamo in Coma. Il suo nuovo lavoro
si è già aggiudicato il premio FIPRESCI (Encounters) al
Festival di Berlino 2022.
La trama di Coma
Coma è uno
di quei lavori che non seguono un filo narrativo, non hanno una
vera e propria trama. Si può dire però, che la protagonista,
Louise Labeque, è un’adolescente che trascorre il
tempo in casa, per la maggior parte nella sua stanza, durante il
periodo di confinamento dovuto al Covid. È sempre sola. È così che
inizia ad immaginare, ad esempio, i dialoghi tra le sue bambole
all’interno della loro casa giocattolo. Le voci dei vari Barbie e
Ken sono di
Laetitia Casta,
Gaspard Ulliel – questo è stato l’ultimo film
dell’attore prematuramente scomparso – Vincent
Lacoste,
Louis Garrel,
Anais Demoustier. A rompere l’isolamento della ragazza
sono solo qualche videochiamata con le amiche e il canale della
youtuber Patricia Coma, Julia Faure, che lei segue
sempre. Patricia Coma fa presa sui suoi ascoltatori con teorie
bislacche quanto affascinanti sulla possibilità di evadere dal
mondo circostante ed approdare a una dimensione di sospensione, che
chiama limbo. La mente della giovane protagonista comincia così a
vagare tra sogno e realtà, tra immaginazione e incubo, con esiti
imprevisti.
Coma, mescolanza di stili
visivi e linguistici
Coma è un
mix di stili diversi, innanzitutto visivi: live action, animazione
– curata da Josselin Facon – 3D digitale, stop
motion. Un linguaggio dinamico, che si avvicina ai giovani e cerca
un dialogo con loro. Bonello cerca di fare un gesto che li tocchi,
che li desti. Le immagini in continuo cambiamento, l’avvicendamento
veloce di stili visivi possono essere disorientanti, quanto sono
però accattivanti ed efficaci. Le immagini di apertura, ad esempio,
sono sgranate, la camera inquadra frammenti di una donna in
movimento veloce, dettagli di oggetti. Il regista si rivolge ad
Anna, sua figlia diciottenne, in un cortometraggio che poi è
divenuto parte di Coma, un film nel film. Bonello dedica a
sua figlia questo lavoro, come il precedente
Nocturama. Il suo invito a lei, come a
tutti i giovani, è a non soccombere alla corrente e resistere nei
momenti difficili, perché nella disperazione vi è il seme della
rinascita. Il film si concentra poi sulla protagonista,
Louise Labeque, evidenziandone isolamento e
alienazione, certo acuiti dal confinamento causato dalla pandemia,
ma in ogni caso metafora di una condizione di solitudine
esistenziale in cui si trovano oggi molti ragazzi. Qui il
linguaggio diventa quello degli schermi dei pc o dei cellulari, che
mediano le conversazioni con le amiche della protagonista.
Attraverso lo schermo di un pc passa anche la youtuber Patricia
Coma, col suo linguaggio accattivante. Efficace l’interpretazione
di Julia Faure, capace di rendere le molteplici
sfaccettature del personaggio. Ad introdurre alla dimensione
onirica o inconscia della protagonista, vi sono inserti in bianco e
nero in cui si parla del potere oscuro dei sogni. Il mondo onirico
della ragazza, poi, è buio, inquietante, ma anche un rifugio per
lei. Un luogo che la spaventa, ma la attrae allo stesso tempo. Lì
si sente libera dal giudizio proprio e altrui. Si tratta però di un
rischio, perché può portarla ad allontanarsi progressivamente dalla
realtà. Ed ecco che, più prosegue questo percorso, più l’immagine
si trasfigura, la protagonista si trasforma.
Un puzzle anarchico, ma
coerente
Coma è
dunque una sorta di patchwork, un puzzle con tanti pezzi.
Bertrand Bonello – anche sceneggiatore, creatore
delle scenografie, compositore della colonna sonora originale e
produttore del film – più che spiegare, dà degli input e poi lascia
che sia lo spettatore ad elaborarli. Il lavoro può apparire
confusionario e in diversi momenti non è forse facile seguirlo, ma
lo si fa più agevolmente se si abbandona l’idea classica di
narrazione e ci si lascia catturare da uno stile multiforme, che
segue i meccanismi della mente. Si vede così che Coma ha
una sua coerenza interna. Si tratta di suggestioni, visioni,
spunti. Il montaggio di Gabrielle Stemmer segue le
associazioni di idee della protagonista. Il reale è oscurato e il
personaggio, chiuso in uno spazio senza finestre sull’esterno,
sprofonda in una sorta di delirio onirico. Bonello non mira a dare
una linearità, piuttosto incolla, come in un’opera di Rotella,
produce una stratificazione. È lo spettatore che, guardando il film
nel suo insieme, trova un senso.
Le atmosfere di Coma
Il film è pervaso da un senso di
angoscia, di suspense, anche grazie alle musiche originali dalle
sonorità elettroniche, composte da Bonello, e alla scelta di non
mostrare ciò che si immagina cruento. Il regista lo lascia fuori
scena, facendone arrivare allo spettatore solo i suoni. Si sentono
pianti e urla fuori campo. Sta allo spettatore mettere in moto la
propria immaginazione. Ciò rende il racconto inquietante. I pochi
momenti di leggerezza sono musicalmente affidati ai brani
interpretati da Andrea Laszlo De Simone, già autore di diverse
musiche per film.
La dimensione politica
Infine, c’è una dimensione politica
in Coma, come in altri lavori del regista. Il film è
punteggiato di ironia e sarcasmo, non manca una critica sulla
gestione della pandemia. Non è questo però il cuore del lavoro,
quanto il concetto di libertà, basti pensare alla riflessione che
si fa sul libero arbitrio. È questa libertà che i giovani – e non
solo loro – sono invitati a recuperare. Libertà di sognare, di
vivere a pieno e non solo in mondi virtuali o immaginari. Libertà
di esprimersi senza lasciarsi fiaccare dalle proprie paure,
nonostante questi tempi difficili, di disastri naturali e minacce
incombenti. Anche nei momenti peggiori, sembra dire il regista, si
può rinascere e ripartire, magari dal margine, dal confine del
buio. Coma di Bertrand Bonello si fa
apprezzare come prodotto di una mente anarchica, libera e
originale, un’evasione dal mainstream che recupera il valore
dirompente delle immagini. Prodotto dal regista con Justin
Taurand, il film arriva nelle sale dal 10 luglio, solo per
tre giorni, distribuito da Wanted Cinema.