La bottega dei suicidi –
Una città grigia dove il sole non splende più, dove la gente è
triste e rassegnata, dove non si sa se è mattina o sera, se è oggi
o domani. Cosa fare allora se non suicidarsi?
J.J. Abrams non dirigerà Star Wars: Episode VII
Non sarà J.J. Abrams a dirigere Star Wars: Episode VII: a confermarlo è stato lo stesso regista, a causa dell’impegno nella saga concorrente di Star Trek.
Abrams ha affermato di essere un fan di Guerre Stellari, in particolare della prima trilogia, e l’idea che il tutto stia proseguendo è affascinante ed eccitante. Il progetto del resto è in buone mani: Kathy Kennedy è un’amica è non c’è produttore più capace, ha dichiarato Abrams.
Il regista ha affermato che effettivamente vi sono stati contatti, sebbene molto preliminari, ma che lui ha subito messo in chiaro che per il suo impegno su Star Trek, non avrebbe potuto dedicarsi al progetto. Abrams ha insomma declinato l’offerta quasi subito.
Fonte: ComingSoon.Net
Morto Charles Durning, storico caratterista di Hollywood
Si è spento nella notte di Natale nella sua casa di New York Charles Durning, uno dei più apprezzati caratteristi del cinema hollywoodiano.
Durning, 89 anni, esordì sugli schermi nel 1962 e ha continuano a lavorare fino al 2011, partecipando alla serie tv Rescue Me; mezzo secolo di carriera, in cui l’attore ha percorso in lungo e in largo praticamente tutti i generi cinematografici, dalla fantascienza (Countdown dimensione Zero) alla commedia (Tootsie), passando per pietre miliari come La stangata o Quel pomeriggio di un giorno da cani, fino a guadagnarsi l’apprezzamento dei fratelli Coen, che l’hanno voluto in Mr Hula Hoop e Fratello, dove sei?
In tempi più recenti, Durning aveva lavorato per numerose serie tv (tra l’altro offrendo la propria voce a quella del padre di Peter Griffin, nella quasi omonima serie animata). Numerosi i riconoscimenti ottenuti (tra cui l’onore di una stella a suo nome sulla Hollywood Walk of Fame), culminati con due nomination all’Oscar, come attore non protagonista.
Fonte: Empire
J.J. Abrams: nuovi particolari su Into Darkness – Star Trek
Dal momento in cui Benedict Cumberbatch è entrato a far parte del cast di Star Trek Into Darkness, si sono susseguite le supposizioni sul suo personaggio. Il regista J.J. Abrams ha a lungo tempo tenuto coperte le proprie carte, ma in una recente intervista ha cominciato a offrire qualche particolare in più.
Abrams ha spiegato che il suo nome (come già era noto) sarà John Harrison e che avrà l’aspetto di una persona comune: un uomo normale che lavora per un’organizzazione denominata Starfleet contro cui improvvisamente si rivolta a causa della sua storia e dei suoi obbiettivi personali. Dopo due violenti attentati, uno a Londra e uno negli Stati Uniti, i protagonisti lo inseguono e lo arrestano, ma le cose si faranno molto più complicate del previsto.
Per sapere se e quanto di vero ci sarà in tutto questo, dato che non sarebbe strano se Abrams avesse voluto offrire qualche elemento fuorviante, bisognerà aspettare il prossimo maggio.
Vi ricordiamo che il prossimo film Into Darkness – Star Trek uscirà nelle sale il 06 Giugno 2013. Nel cast del film Chris Pine, Zachary Quinto, Zoe Saldana, Benedict Cumberbatch, Simon Pegg, Karl Urban, John Cho, Bruce Greenwood, Alice Eve, Anton Yelchin. Tutte le news sul film le trovate nel nostro speciale: Star Trek 2.
Trama: Quando l’Enterprise è chiamata a tornare verso casa, l’equipaggio scopre una terrificante e inarrestabile forza all’interno della propria organizzazione che ha fatto esplodere la flotta e tutto ciò che essa rappresenta, lasciando il nostro mondo in uno stato di crisi. Spinto da un conflitto personale, il Capitano Kirk condurrà una caccia all’uomo in un mondo in guerra per catturare una vera e propria arma umana di distruzione di massa. Mentre i nostri eroi vengono spinti in un’epica partita a scacchi tra la vita e la morte, l’amore verrà messo alla prova, le amicizie saranno lacerate, e i sacrifici compiuti per l’unica famiglia che Kirk abbia mai avuto: il suo equipaggio.
Fonte: TotalFilm
Arnold Schwarzenegger parla di The Last Stand
Arnold Schwarzenegger ha parlato del suo imminente ritorno sugli schermi, dopo otto anni passati in politica, in The Last Stand nel corso di un’intervista rilasciata a Total Film magazine.
Parlando del film, Schwarzenegger ha detto che si tratta della storia di un ‘piccolo uomo’, sebbene nel suo caso la definizione risulti un pò strana. Il personaggio è un poliziotto sulla via del ritiro, circondato da giovani in una stazione non attrezzata per grandi pericoli; tuttavia improvvisamente la cittadina dove si svolge la storia viene invasa da una gang di criminali che stanno cercando di riportare di nascosto in Messico un boss del traffico di droga. La banda è composta da una ventina di elementi, tutti con un addestramento militare alle spalle.
Il film uscirà il prossimo 25 gennaio.
Fonte: TotalFilm
Django Unchained: parla Samuel L. Jackson
Tornato a lavora con Quentin Tarantino interpretando lo schiavo Stephen in Django Unchained, Samuel L. Jackson ha recentemente parlato dell’esperienza: l’attore ha rivelato di aver letto il copione tutto d’un fiato, di aver riso e pensato: tutto questo sarà divertente.
Jackson ha parlato anche del colloquio avuto successivamente con Tarantino, al quale ha chiesto: “bene, dato che il personaggio di Django è arrivato con quindici anni di ritardo per me, allora vuoi che interpreti il più odiato nero della storia del cinema, giusto? OK, per me va bene. Vediamo che succede”.
Jackson è assolutamente convinto che il pubblico detesterà il suo personaggio, suggerendo che il materiale eliminato nella versione definitiva avrebbe portato a delle reazioni ancora più forti.
Ironizzando sulla durata del film, Jackson ha poi detto che ci sarà da aspettarsi un director’s cut da cinque ore…
Fonte: TotalFilm
Poster ufficiale di After Earth di M. Night Shyamalan
E’ online il poster ufficiale del film After Earth di M. Night Shyamalan, con protagonisti Will Smith e Jaden Smith. La pellicola che ha già un primo teaser trailer si intitolerà in Italia After Earth – Dopo la fine del mondo e uscirà nelle sale italiane il 5 Giugno 2013. Nel cast anche David Denman, Isabelle Fuhrman e Kristofer Hivju.
Vi ricordiamo che il film intitolato in Italia, After Earth – Dopo la fine del mondo uscirà nella sale il 5 Giugno 2013. Tutte le info utili nella nostra scheda: After Earth. After Earth è diretto da M. Night Shyamalan, e tra il cast troviamo attori quali David Denman, Isabelle Fuhrman, Jaden Smith, Kristofer Hivju, Will Smith.
Ecco la sinossi ufficiale del film: In “After Earth”, mille anni dopo un cataclisma che ha costretto l’umanità a fuggire dalla Terra, Nova Prime diventa la nuova casa dell’umanità. Il leggendario Generale Cypher Raige (interpretato da Will Smith) ritorna da una lunga missione di lavoro dalla sua famiglia, pronto per essere un padre per suo figlio di 13 anni, Kitai (Jaden Smith). Quando un tempesta di asteroidi provoca dei danni all’aereo di Cypher e Kitai, i due si schiantano su una Terra poco familiare e pericolosa. Con il padre mortalmente ferito, Kitai deve scoprire un territorio ostile per cercare la salvezza. Kitai ha sempre voluto essere come suo padre e questa è la sua possibilità.
Nuovo trailer e poster internazionali di To the Wonder!
Arrivano online un nuovo trailer e tre
poster francesi di To the Wonder, il nuovo film di
Terrence Malick.
Into Darkness – Star Trek: foto e due cover di Empire
Ecco le due cover della rivista Empire dedicate a Into Darkness, il secondo episodio del franchise di Star Trek diretto da J.J. Abrams.
Protagonisti delle cover e delle due immagini inedite sono Chris Pine e Benedict Cumberbatch, new entry nel cast e villain del film, che qui appare in manette.
Vi ricordiamo che il prossimo film Into Darkness – Star Trek uscirà nelle sale il 06 Giugno 2013. Nel cast del film Chris Pine, Zachary Quinto, Zoe Saldana, Benedict Cumberbatch, Simon Pegg, Karl Urban, John Cho, Bruce Greenwood, Alice Eve, Anton Yelchin. Tutte le news sul film le trovate nel nostro speciale: Star Trek 2.
Trama: Quando l’Enterprise è chiamata a tornare verso casa, l’equipaggio scopre una terrificante e inarrestabile forza all’interno della propria organizzazione che ha fatto esplodere la flotta e tutto ciò che essa rappresenta, lasciando il nostro mondo in uno stato di crisi. Spinto da un conflitto personale, il Capitano Kirk condurrà una caccia all’uomo in un mondo in guerra per catturare una vera e propria arma umana di distruzione di massa. Mentre i nostri eroi vengono spinti in un’epica partita a scacchi tra la vita e la morte, l’amore verrà messo alla prova, le amicizie saranno lacerate, e i sacrifici compiuti per l’unica famiglia che Kirk abbia mai avuto: il suo equipaggio.
Prima foto di Sharlto Copley in Elysium
Ecco la prima foto di Sharlto Copley nel film Elysium pubblicata da Empire Magazine. L’attore è stato lanciato dal film District 9 e l’abbiamo visto nel film A-Team nei panni di Murdock; adesso Copley sarà il super villain Kruger. L’attore su Empire ha smentito le voci che volevano la sua interpretazione ispirata a quella del Joker di Heath Ledger.
“Un riferimento sbagliato. Intendevo dire che quella era stata l’ultima volta che avevo visto un villain che mi ispirava realmente qualcosa: qualcuno che aveva segnato un nuovo livello qualitativo. Non ci sono collegamenti tra quel Joker e il mio personaggio.”
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Fonte: Badtaste
James Franco presenta Samsung Galaxy Camera – Video Sponsorizzato
Damon Lindelof: niente Prometheus 2
Damon Lindelof non scriverà il seguito di Prometheus: lo sceneggiatore, già co-autore del primo film, ha annunciato che non si occuperà del sequel, ufficialmente per i troppi impegni concomitanti.
Sulla decisione tuttavia sembrano aver pesato le critiche negative giunte in occasione del primo capitolo. In una recente intervista, Lindelof ha spiegato come con Ridley Scott abbiano a lungo parlato dello sviluppo della storia nei capitoli successivi; tuttavia in seguito sono arrivate le critiche negative, che si sono sommate agli impegni dello sceneggiatore nella nuova saga cinematografica di Star Trek e ad altre idee, tra cui un altro film e un progetto per la tv.
Fonte: Empire
Matt Damon e John Krasinski scrivono Promised Land
Matt Damon torna al ruolo di sceneggiatore per la prima volta dai tempi di Will Hunting: ha infatti scritto Promise Land, che sarà diretto da Gus van Sant.
Damon ha collaborato nell’occasione con John Krasinski, conosciuto per il ruolo di Jim in “The Office“, il quale non è nuovo alle sceneggiatore, avendo già scritto e girato un film, tratto dal romanzo di David Foster Wallace Brevi interviste a uomini schifosi. I due saranno anche protagonisti del film.
Promise Land segue le vicende di Steve Butler (Damon) che per conto di una grande azienda va in una piccola città, cercando di convincere gli agricoltori locali a vendere la propria terra alla propria compagnia, che intende poi procedere alla ricerca di giacimenti di gas naturale.
Il protagonista, accompagnato da una partner più esperta (Frances McDormand) sembra inizialmente avere successo, anche dal punto di vista sentimentale, conquistando le attenzioni di una maestra del luogo (Rosemarie DeWitt), fino a quando non si trova ad affrontare l’ambientalista radicale Dustin (Krasinski), che farà di tutto per mettere l’intera città contro i due rappresentanti.
Promise Land doveva in origine essere anche diretto dallo stesso Damon, il quale poi ha dovuto rinunciarvi per i troppi impegni: la regia è passata allora a Gus Van Sant, rinnovando una collaborazione già sperimentata in Will Hunting e in Jerry.
Fonte: ComingSoon.Net
Box Office ITA del 24 dicembre 2012
Testa a testa al botteghino italiano tra Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato e I 2 soliti idioti. Incoraggiante l’apertura di Vita di Pi.
L’ultimo fine settimana pre-natalizio è stato una vera e propria lotta a due, fra il primo capitolo della nuova trilogia tolkeniana di Peter Jackson e la nuova demenziale commedia italiana.
A spuntarla per un soffio è
Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato,
che conferma la prima posizione al suo secondo weekend di
sfruttamento. Il film incassa 2.490.000 euro, arrivando al totale
di 8,1 milioni di euro in dieci giorni.
Dopo essere rimasto al primo posto giovedì e venerdì, Lo
Hobbit: Un viaggio inaspettato ha faticato sabato e domenica,
tallonato da
I 2 soliti idioti che alla fine, con
meno di mille euro di differenza, apre in seconda posizione con
2.489.000 euro.
Considerando che il film con Biggio e Mandelli disponeva di un
numero inferiore di sale (697 contro 417) e, in assenza di 3D, è
proprio quest’ultimo il vincitore morale del weekend, avendo
attirato più spettatori e fruttando una media migliore.
Sarà interessante vedere come nei prossimi giorni si evolverà lo
scontro tra Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato e I 2
soliti idioti.
Nel frattempo, le altre due commedie italiane delle feste continuano a farsi una concorrenza reciproca, con Tutto tutto niente niente che scende al terzo posto incassando 1,2 milioni. Il film con Antonio Albanese arriva così a quota 4,1 milioni, decisamente meglio di De Sica & Co: Colpi di fulmine raccoglie infatti 1,1 milioni e giunge a 2,8 milioni totali.
Ralph Spaccatutto apre in quinta
posizione con 869.000 euro incassati in oltre 450 copie, un
risultato non particolarmente positivo.
Più incoraggiante, invece, l’esordio dell’acclamato
Vita di Pi. Il film di Ang Lee
(presentato come “il nuovo Avatar” per attirare le folle) ottiene
742.000 euro in 238 sale, con una media che supera i tremila
euro.
Al settimo posto troviamo un’altra new entry, La regola del silenzio. Presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, il nuovo film di Robert Redford incassa 503.000 euro in meno di 200 copie a disposizione.
Seguono due pellicole d’animazione in calo, ovvero Le 5 Leggende (243.000 euro) e Sammy 2 (182.000 euro), giunti rispettivamente a 5,7 milioni e 612.000 euro.
La parte degli angeli conferma la decima posizione della scorsa settimana, raccogliendo altri 149.000 euro per un totale di 292.000 euro.
Box Office USA del 24 Dicembre 2012
La classifica di Natale
del box office USA non riserva molte sorprese, The
hobbit è infatti saldo in prima posizione con un incasso
settimanale di quasi 37 milioni per un totale di 150, che lo
distanzia decisamente dal secondo in classifica, il nuovo film con
Tom Cruise alle prese con un serial killer: Jack Reacher incassa quasi 16 milioni di
dollari.
Il terzo posto è occupato da This is 40, nuova
prova questa volta registica oltre che produttiva di Judd Apatow,
la miniera d’oro della commedia americana recente, a cui si devono
molti dei titoli con Katharine Heigl ad esempio. Questo film vuole
infatti essere una sorta di seguito di Molto incinta, per cui
vediamo i protagonisti del film qualche anno dopo. Il film incassa
12 milioni.
Scende in quarta posizione Rise of the guardians,
con un incasso settimanale di quasi 6 milioni di dollari, per un
totale di quasi 80 milioni.
A metà classifica rimane stabile e granitico Lincoln che incassa 5
milioni di dollari per un totale di 117.
La regista di un’altra pellicola con la Heigl occupa con il suo
film, ovviamente una commedia romantica che vede riuniti Seth Rogen
e Barbra Streisand, The Guilt trip, fa il suo
esordio al sesto posto con un incasso di 7 milioni di dollari.
La riedizione di Monsters &Co. della Pixar
rifatto in 3D per l’occasione, incassa 6 milioni di dollari e si
ferma in settima posizione, l’ottavo posto è invece occupato da
Skyfall, in caduta libera ormai, ma dopo aver
raggiunto un incasso totale di 280 milioni di dollari. La nona
posizione è per Vita di Pi, che scende dopo 5
settimane di classifica e un incasso di quasi 4 milioni di dollari
questa settimana, per un totale di 76.
Chiude la classifica Breaking Dawn parte 2, che
con i 2 milioni incassati questa settimana raggiunge un totale di
282 milioni.
La prossima settimana usciranno dei grossi titoli: Django unchained di Quentin Tarantino, probabilmente il titolo più atteso dell’inverno, seguito da Les misèrables altro titolo musicale e con grande casta che ipoteca grandi incassi ancora prima di uscire.
Guardians of the Galaxy: due nomi per Starlord
Django Unchained: Spike Lee contro Quentin Tarantino
Spike Lee vs Quentin Tarantino – Atto Secondo: dopo aver duramente polemizzato col proprio collega ai tempi di Jackie Brown – allora l’oggetto del contendere era stato l’ampio utilizzo del termine nigger nel film – Spike Lee torna alla carica in occasione di Django Unchained.
Al centro dell’attacco del regista di Atlanta, vi è stavolta il tema della schiavitù e il mondo in cui Tarantino lo ha affrontato nel suo ultimo lavoro: in una recente intervista, Spike Lee ha affermato di non avere alcuna intenzione di andare a vedere il film poiché lo considera offensivo nei confronti dei propri avi, che erano schiavi.
Lee ha portato al termine il proprio attacco attraverso twitter, dichiarando che la schiavitù non fu come uno spaghetti western di Sergio Leone: fu un Olocausto; Lee ha concluso ricordando che i propri antenati erano schiavi, deportati dall’Africa, che lui continuerà ad onorare.
Fonte: Cinema Blend
Zero Dark Thirty: parla il direttore della CIA
Anche un X-Man apparirà in Wolverine
Dopo la comparsata di un giovane Ciclope in X-Men Origins: Wolverine, Hugh Jackman conferma che anche nel prossimo film dedicato al mutante artigliato comparirà uno degli ‘uomini-X’.
Jackman ha dato la notizia nel corso di una recente intervista rilasciata a Parade Magazine: l’attore ha confermato che la vicenda di Wolverine si svolgerà successivamente alla conclusione di X-Men: Conflitto finale, e che nel film diretto da James Mangold vi sarà posto per un cameo di uno dei vecchi X-Men: alcuni sono pronti a scommettere che si tratterà di Jean Grey, anche perché nei mesi scorsi si è vociferato della presenza sul set di Famke Janssen, che ha appunto interpretato la telepate nella prima trilogia dedicata al supergruppo mutante.
Fonte: Cinema Blend
Bradley Cooper e Jennifer Lawrence in Silver Linings Playbook, diretti da David O. Russell
Pat Solitano ama il
cinema, e ama i film a lieti fine. Crede che la sua vita sia un
film prodotto da Dio e che debba assolutamente finire con un
lieto-fine … da film, appunto. Per avere questo lieto-fine, Pat è
convinto che gli basterà recuperare la forma fisica perduta e
riacquistare il suo equilibrio emotivo, così da poter far finire il
“periodo di lontananza” dalla moglie Nikki.
Daniel Day-Lewis : l’arte dell’immedesimazione nel personaggio
“C’è la mia vita e ci sono le altre, quelle che prendo a prestito ogni volta che interpreto un film, e che finiscono per diventare altrettanto reali della mia. Il problema è che devo imparare a dare priorità alla mia vita, invece che a quella dei miei personaggi”. A parlare è Daniel Day-Lewis, straordinario attore che ha segnato il firmamento hollywoodiano con le sue straordinarie performance e che dopo due Oscar, quattro nomination e innumerevoli titoli di grande spessore, non è ancora stanco della recitazione e si prepara a stregare il suo pubblico con un altro eccezionale ruolo, quello di Abraham Lincoln, il Presidente USA per eccellenza, nel film di Steven Spielberg Lincoln, già designato come la pellicola protagonista della prossima stagione dei premi.
La sua turbolenta vita, il suo voler rimanere britannico senza rinunciare alle radici paterne che affondano in terra d’Irlanda, la sua totale abnegazione al suo lavoro e il suo innegabile fascino, conservato anche ora a 55 anni, ne fanno uno degli attori più amati, rispettati e ammirati del panorama mondiale, sia dal pubblico popolare sia da quello di nicchia, più esigente e schizzinoso.
Daniel Day-Lewis, biografia
Daniel Day-Lewis è nato a Londra, britannico DOC, il 29 aprile 1957, da padre con origini irlandesi, il poeta Cecil Day-Lewis, e da madre attrice di teatro, Jill Balcon, proveniente da una famiglia ebrea di origini lettoni e polacche. La sua vocazione artistica si può dunque rintracciare nella sua famiglia, e così il giovane Daniel cresce in un ambiente stimolante e sembra quasi ovvio che la sua vocazione si rivelerà essere altrettanto artistica. Si butta a capofitto nella recitazione e, strano a dirsi, il suo debutto al cinema si rivela essere un fiasco, si tratta del film Domenica, maledetta domenica (1971) diretto da John Schlesinger, al quale poi succederà un periodo piuttosto incerto, principalmente vissuto sulle tavole del palcoscenico teatrale, dove Day-Lewis affina la sua tecnica e dove, possiamo dire, nasce il vero ‘animale’ che il buon Daniel diventa ogni volta che ha a che fare con un nuovo personaggio.
Daniel Day-Lewis, filmografia
Dopo una serie di piccole partecipazioni a film più o meno importanti, tra cui citiamo Il Bounty di Roger Donaldson accanto a Mel Gibson e Anthony Hopkins, arriva il 1985 anno chiave per la carriera dell’attore. È questo infatti l’anno di due collaborazioni con registi di alto livello come Stephen Frears e James Ivory: per il primo, My Beautifull Laundrette, Day-Lewis si trasforma in un giovane e squattrinato dipendente di una lavanderia, amante del proprietario dell’esercizio, che deve affrontare insieme al compagno le complicazioni di un rapporto interraziale, omosessuale e tra dipendente e titolare, un ruolo complesso e controverso che mette in luce da subito il talento istrionico di Daniel. Per l’Ivory di Camera con Vista invece Day-Lewis è il freddo Cecil, rampollo di rango che cerca di strappare dalle braccia del suo vero amore una giovane Helena Bonahm-Carter. Per quanto diversi i due ruoli mettono già in luce due sfumature importanti che compongono il composito mosaico che costituisce l’istrionismo di Daniel Day-Lewis.
Come poi ci ha abituati,
l’attore britannico ritorna al cinema dopo qualche anno ed è solo
la fine degli anni ’80 che lo rivede protagonista, prima nel 1988
con L’insostenibile leggerezza dell’essere, basato
sull’omonimo e complesso romanzo di Milan Kundera, diretto da
Philip Kaufman e interpretato insieme all’attrice francese
Juliette Binoche, poi con un paio di film di scarso spessore
(Un gentleman a New York del 1988 e Fergus
O’Connel, dentista in Patagonia del 1989).
Daniel Day-Lewis chiude infine gli anni ’80 con uno straordinario, eccezionale e commovente ritratto di Christy Brown, scrittore e pittore irlandese, condannato all’immobilità totale del suo corpo, fatta eccezione per il suo piede sinistro. Il film in questione è appunto Il Mio Piede Sinistro, è diretto da Jim Sheridan e consegna definitivamente Daniel Day-Lewis all’Olimpo dorato di Hollywood. Per impersonare al meglio il suo personaggio, Day-Lewis ha passato tantissimo tempo alla scuola di Gene Lambert, fotografo e pittore a sua volta paralizzato, imparando a sua volta a scrivere con le dita del piede sinistro.
Pauline Kael del New Yorker ha scritto della performance (facendo riferimento alla scena chiave del film: “Puo’ essere il momento più emotivamente devastante che io abbia mai vissuto al cinema. La grandezza della performance di Daniel Day-Lewis è questa: ci trascina all’interno della frustrazione e della rabbia di Christy, e della sua sete infinita”. Il lavoro di simbiosi con il personaggio diventa così una caratteristica fondamentale del suo lavoro d’attore, riconoscibile e apprezzabile in tutti i suoi ruoli a seguire. Lui stesso dichiarerà: “Ho un’unica ossessione, quella di rendere giustizia a personaggi che mi affascinano, proprio perché attraversano esperienze molto diverse dalle mie. Per questo quando mi trovo sul set faccio il possibile per rimanere in carattere anche fra una ripresa e l’altra. D’altra parte, penso che la mia capacità di concentrazione sia la mia, principale virtù”. Ma la performance di Daniel Day-Lewis in Il Mio Piede Sinistro non gli valse solo le lodi della critica, suoi sono stati quell’anno anche i riconoscimenti più importanti del mondo del cinema internazionale, a partire dal Bafta per la migliore interpretazione, fino all’Oscar al miglior attore protagonista, dove Daniel concorreva con Tom Cruise (per Nato il 4 luglio), Robin Williams (per L’attimo fuggente), Morgan Freeman (per A spasso con Daisy) e Kenneth Branagh (per Enrico V).
Dopo un tale successo si ci aspetterebbe ingaggi e titoli a profusione, invece Daniel Day-Lewis si ritira dalle scene fino al 1992, quando guidato da Michael Mann da vita al suo personaggio che più di tutti è entrato nel cuore dei fan, e soprattutto delle sue fan. Infatti se fino ad ora l’attore aveva mostrato abilità straordinarie di mimetismo e dedizione al ruolo, con L’ultimo dei Mohicani Daniel sfodera uno straordinario sex appeal che aiuta a costruire la sua giganteggiante figura di mohicano bianco di grande statura morale e fisica, completamente integrato con il suo ambiente, appassionato, feroce e combattivo.
Anche per interpretare
questo ruolo l’attore si è dato anima e corpo al personaggio,
Hawkeye, e per diversi mesi prima delle riprese ha
vissuto nella natura, nutrendosi esclusivamente di ciò che riusciva
a cacciare. Il film è un epico affresco di scontro tra razze che
aumenta di spessore anche grazie alla colonna sonora, divenuta
leggendaria, realizzata da Randy Edelman e Trevor
Jones.
Il 1993 è un anno molto particolare per Daniel Day-Lewis, infatti l’attore ottiene la doppia cittadinanza, britannica e irlandese, quasi a simboleggiare la sua natura elegante e ribelle allo stesso tempo. Dal punto di vista professionale è questo l’anno di due pellicole di diversa natura: la prima sigla la collaborazione di Daniel con Martin Scorsese, regista che rincontrerà poi nella sua carriera, con L’Età dell’innocenza, in cui recita con Michelle Pfeiffer e Winona Ryder; la seconda invece replica la sua collaborazione con Sheridan che gli affida un ruolo da protagonista ne Nel Nome del Padre, film in cui il nostro interpreta un ribelle irlandese, Gerry Conlon, ruolo che gli vale la sua seconda nomination all’Oscar che però va a Tom Hanks per Philadelphia.
Altro periodo sabbatico per Daniel Day-Lewis e poi rieccolo ancora dopo tre anni, nel 1996, a lavorare accanto ad Arthur Miller che curò la sceneggiatura de La seduzione del male, tratto proprio da un suo racconto. Nel film Day-Lewis interpreta un uomo felicemente sposato oggetto delle attenzioni insistenti e più volte respinte dell’adolescente Winona Ryder, che ritrova qui dopo L’Età dell’innocenza. Fu Arthur Miller in persona, sul set del film a presentargli la figlia, Rebecca Miller, che diventò alla fine di quell’anno sua moglie. Un bel passo per Daniel, che fino ad allora aveva mostrato una tendenziale reticenza a stringere legami sentimentali duraturi (lasciò infatti l’attrice Isabelle Adjani alla notizia della gravidanza di lei e gli sono stati attribuiti flirt conWinona Ryder e Julia Roberts).
Dopo la sua partecipazione nel 1997 a The Boxer, film che chiude la trilogia della sua collaborazione con Jim Sheridan, arriva l’ennesimo periodo di riposo durante il quale l’attore anglo-irlandese decide di trasferirsi in Italia, a Firenze, e di diventare apprendista calzolaio. Sarà nella sua bottega nei pressi di piazza Santo Spirito che Martin Scorsese lo andrà a pescare per convincerlo a partecipare al suo nuovo film. È anche questo il periodo in cui Daniel Day-Lewis rifiuta il ruolo di Aragorn ne Il Signore degli Anelli per portare avanti il suo progetto da artigiano. Dove Peter Jackson fallì, riuscì Scorsese, che coinvolse l’attore nel suo film sulle origini di New York. È il 2002 e esce al cinema Gang of New York. Il film, che vede protagonista Leonardo DiCaprio, da a Daniel un’altra possibilità di mostrare il suo enorme talento, tanto da conferirgli la sua terza nomination agli Oscar (vinto poi da Adrien Brody per Il Pianista) e da regalare ai suoi fan una bellissima interpretazione di Bill il macellaio, personaggio divenuto celeberrimo trai fan dell’attore e del regista.
Moltissime sono le curiosità relative alle riprese del film che coinvolgono in prima persona l’attore: durante una scazzottata, DiCaprio ruppe realmente il naso a Daniel, che però continuò a recitare noncurante del dolore; anche tra un ciak e l’altro Day-Lewis continuava a parlare con lo strano accento che usava durante le riprese per interpretare il suo Bill, confermando, qualora ce ne fosse stato bisogna, anche la sua abilità con gli accenti e le lingue; l’attore si ammalò gravemente durante le riprese per essersi rifiutato di indossare come costume una giacca più calda, adducendo come scusa il fatto che giacche di quel materiale non esistevano ancora all’epoca dei fatti raccontati nel film. Dopo tre anni, nel 2005, recita, diretto dalla moglie Rebecca Miller, in La storia di Jack & Rose accanto a Camilla Belle, da noi uscito direttamente in home video.
Il 2007 è per Daniel Day-Lewis un anno di trionfi e riconoscimenti. È sua, per la seconda volta, la statuetta dorata dell’Academy per la migliore interpretazione maschile da protagonista battendo la concorrenza di George Clooney (per Michael Clayton), Johnny Depp (per Sweeney Todd), Viggo Mortensen (per La promessa dell’assassino) e Tommy Lee Jones (per Nella valle di Elah) e il primo Golden Globe in carriera. Il film è Il Petroliere e il regista che dirige il nostro è Paul Thomas Anderson. Day-Lewis ha rilasciato dichiarazioni totalizzanti relativamente a questo ruolo, dichiarando di essersi letteralmente abbrutito per interpretare il Daniel Plainview scritto da Anderson in sceneggiatura: “Non è stato facile calarsi in quei panni. Perché Plainview è un uomo violento, ambizioso. Ho cercato di capire le dinamiche del lavoro nelle miniere, lo stato d’animo dei minatori che scavano nel buio come dannati, vivendo come animali. È stato faticoso. Io sono convinto che per recitare la vita di un altro bisogna sporcarsi le mani, bisogna viverla. Così mi sono trasformato in un essere brutale”. Anche su questo set Daniel si ha messo tutto se stesso, letteralmente, arrivando a rompersi una costola durante le riprese per la ferma volontà di non avere controfigure. La sua interpretazione straordinaria probabilmente va al di là dei premi e dei riconoscimenti ricevuti. Daniel Day-Lewis ha dimostrato ancora una volta di essere un attore di rara natura, dedito al ruolo, completamente preso dalla parte, con i risultati inevitabili di offrire performance fuori dalla norma.
Quando un attore è così grande è difficile incappare in brutte performance, capita però che l’attore in questione reciti in film di discutibile riuscita. È il caso di Nine, film del 2009 diretto da Rob Marshall, basato sull’omonimo musical a sua volta tratto dall’ 8½ di Federico Fellini. Nel film Daniel è Guido Contini, regista di successo, nevrotico e insicuro, circondato da tutte le sue donne, un parterre di attrici di prim’ordine: Sophia Loren, Marion Cotillard, Nicole Kidman, Penélope Cruz, Judi Dench, Kate Hudson, Stacy Ferguson.
Arriviamo però all’attualità, al 2012, anno in cui l’America tutta ha già acclamato la grandissima performance di Daniel Day-Lewis nei rispettabili e impegnativi abiti di Abraham Lincoln negli ultimi quattro mesi del suo mandato. A dirigere il film, intitolato Lincoln, Steven Spielberg, forse il regista statunitense più atteso per questo suo progetto che va avanti da diversi anni e che insieme a Daniel Day-Lewis vede protagonisti Sally Field, David Strathairn, Tommy Lee Jones, David Strathairn e Joseph Gordon-Levitt. Anche per questo ruolo la dedizione di Daniel è stata totale, tanto che l’attore ha passato ore intere con il trucco e la barba che ogni giorno lo trasformava nel Presidente, appoggiato nel suo lavoro di trasformismo anche da Spielberg stesso che sul set lo ha chiamato per tutto il periodo delle riprese Signor Presidente, chiamando di conseguenza l’attrice Sally Field, che interpreta la consorte del Presidente, Signora Lincoln e adeguandosi alla situazione indossando sul set sempre un abito elegante. Il film si annuncia come protagonista dei prossimi mesi cinematografici, e mentre ha già raccolto lodi oltreoceano noi dovremmo aspettare il 24 gennaio per vederlo in Italia.
Con
Lincoln, siamo sicuri, Daniel Day-Lewis ha
aggiunto un altro capolavoro alla sua collezione di grandi
interpretazioni, e confermando, così come altri pochi colleghi, che
a 55 anni un attore del suo calibro ha appena cominciato. Sembra
quindi che il coperchio del suo vaso di Pandora sia stato appena
smosso e che la sua grande abilità, la sua dedizione, il suo
trasformismo intimo e efficace, la sua grande passione possano
regalarci ancora tanti ritratti di uomini indimenticabili.
Il trailer delirante di Small Apartment
Ecco il trailer di Small Apartment, commedia delirante e assurda che vede protagonista il comico britannico Matt Lucas attorniato da una serie di volti noti
Chad Michael Murray in Left Behind
Altri character poster per Il Grande Gatsby
Dopo Joel Edgerton e Isla Fisher, ecco altri character poster per Il Grande Gatsby di Baz Luhrmann. Protagonisti di queste nuove immagini sono Tobey Maguire, Elizabeth Debicki e la protagonista femminile Carey Mulligan. Ecco i tre poster:
Il Grande Gatsby, il film
Il Grande Gatsby è diretto da Baz Luhrmann e vede nel cast Leonardo DiCaprio, Tobey Maguire e Carey Mulligan e che vedremo in apertura al Festival di Cannes 2013.
Il Grande Gatsby uscirà il prossimo 16 maggio al cinema. Tutte le info sul film le trovate nella nostra scheda: Il Grande Gatsby. Il sito ufficiale del film qui.
Il film racconta la storia di un aspirante scrittore, Nick Carraway che lasciato il Midwest Americano, arriva a New York nella primavera del 1922, un’epoca in cui regna la dubbia moralità, la musica jazz e la delinquenza. In cerca del suo personale Sogno Americano, Nick si ritrova vicino di casa di un misterioso milionario a cui piace organizzare feste, Jay Gatsby, ed a sua cugina Daisy che vive sulla sponda opposta della baia con il suo amorevole nonché nobile marito, Tom Buchanan. E’ allora che Nick viene catapultato nell’accattivante mondo dei super-ricchi, le loro illusioni, amori ed inganni. Nick è quindi testimone, dentro e fuori del suo mondo, di racconti di amori impossibili, sogni incorruttibili e tragedie ad alto tasso di drammaticità.
Vin Diesel aggiorna sul suo progetto dedicato ad Annibale
Risale al 2007 il progetto di Vin Diesel di portare sullo schermo le avventure di Annibale, il leggendario condottiero cartaginese che spaventò la potenza romana nascenta attraversando le Alpi con i suoi elefanti da guerra. Nelle dichiarazioni iniziali il film doveva essere completamente recitato in punico antico e avrebbe visto nel ruolo del protagonista proprio Diesel.
Nel 2010 l’attore ha rivlato che Tony Scott sarebbe stato coinvolto nel progetto come regista e che anche Denzel Washington avrebbe partecipato al film, aggiungendo che l’intera storia si sarebbe sviluppata nell’arco di una trilogia.
Adesso Vin Diesel ha aggiornato il suo stato di Facebook con delle interessanti novità riguardanti il suo progetto.
Così ha scritto oggi l’attore: <<Quando un sogno nasce in te quando sei un bambino … quando passi un decennio a far crescere in te quel desiderio … Il giorno, in cui un dirigente di uno studio dice “Voglio fare tutti e tre i film della tua trilogia di Annibale!” ci mette un minuto epr entrarti dentro, e sta ancora entrando>>.
Si conferma quindi il ruolo di Diesel in quello di Annibale, resta però da vedere chi sarà a dirigere i tre film, senza escludere che sia lo stesso Diesel ad affrontare anche questo impegno.
Fonte: WP
Aftershock: il trailer del film scritto e prodotto da Eli Roth
Il sito Worstpreviews ci presenta oggi il trailer di Aftershock, un thriller simil apocalittico co-scritto, prodotto e interpretato dal tarantiniano Eli Roth, che ha come
Trailer italiano di Cercasi Amore Per La Fine Del Mondo
Guarda il trailer italiano del film Cercasi Amore Per La Fine Del Mondo di Lorene Scafaria con Steve Carell e Keira Knightley. Nel cast anche: Adam Brody, Connie Britton,
E’ morto il regista Emidio Greco
Giuseppe Tornatore e la magia del cinema
Il cinema è molte cose: è la magia del suo farsi, è la possibilità per chi guarda di sognare una realtà diversa dalla propria, è la speranza per chi crea di poterla realizzare e racchiudere in un’unità perfetta e coerente. Può essere un rifugio, un modo di fuggire la vita, o piuttosto uno strumento, un veicolo di memoria e consapevolezza. È un mestiere da artigiani, certosino, quello di stupire e commuovere con le immagini, di saper trasmettere emozioni attraverso una forma rigorosa, far convivere istinto e stile, e far sì che tutto funzioni, come in una danza, o in una partitura musicale.
Tra i registi italiani d’oggi, quello che forse più di tutti ha voluto e saputo raccontare il fascino del cinema e il potere delle immagini, facendone al contempo strumento d’indagine della realtà e dell’individuo, è Giuseppe Tornatore. I suoi sono racconti di grande respiro, anche magniloquenti, grandi affreschi di spazi circoscritti – i paesini della sua terra d’origine, la Sicilia, protagonista di tante pellicole, amata, ma al tempo stesso esposta nelle sue contraddizioni e amaramente criticata; oppure contesti chiusi come il commissariato di polizia di Una pura formalità, o la nave Virginian de La leggenda del pianista sull’oceano -ma dal valore universale. Per questo le sue opere sono apprezzate anche all’estero e Tornatore può vantare tra i premi vinti la famigerata statuetta dell’Academy di Hollywood, ottenuta col suo secondo film Nuovo Cinema Paradiso. Inoltre, ad aumentare l’appeal del suo lavoro a livello internazionale, c’è sicuramente lo sguardo aperto del regista verso quel mondo e quel cinema, che ben volentieri ha coniugato più volte col nostro, scegliendo di dirigere attori di fama internazionale come Ben Gazzara, Philippe Noiret, Gérard Depardieu, Tim Roth e ora, nel suo ultimo film in uscita il 1 gennaio 2013, La migliore offerta, Geoffrey Rush, Donald Sutherland e Jim Sturgess. Una carriera partita dal teatro, proseguita come documentarista e per il grande schermo, dove in quasi trent’anni con una produzione piuttosto contenuta – una decina di lungometraggi – ha imposto il suo nome nel panorama italiano e internazionale, senza tuttavia essere risparmiato da critiche e attacchi, come è accaduto con Baarìa, non molto apprezzato dalla critica, quasi per nulla premiato, al centro di polemiche per gli alti costi di produzione, solo in parte ripagati dagli incassi.
Giuseppe Tornatore nasce a Bagheria il 27 maggio del 1956. Come il personaggio di Totò in Nuovo cinema paradiso, la cui storia contiene diversi elementi autobiografici, Tornatore inizia presto (a dieci anni) a lavorare nell’ambito del cinema, facendo il proiezionista. Dunque non certo dalla parte delle “star”, bensì come artigiano del mestiere. Ma è l’immagine in tutte le sue forme ad interessare il futuro regista, così comincia anche ad approfondire la fotografia. Ed è proprio grazie ai servizi fotografici che mette da parte i primi risparmi. Questi gli consentono di acquistare la prima attrezzatura da documentarista. Il suo documentario d’esordio, Le minoranze etniche in Sicilia, è premiato e fa da trampolino di lancio verso una collaborazione con la Rai. Seguono infatti diversi lavori per l’emittente nazionale: il documentario Diario di Guttuso e due regie televisive: Ritratto di un rapinatore: incontro con Francesco Rosi, Scrittori siciliani e il cinema: Verga, Pirandello, Brancati e Sciascia.
L’esordio per il grande schermo risale al 1986, quando Tornatore dirige Il camorrista, in cui racconta il mondo della camorra attraverso un suo personaggio di spicco dell’epoca. La figura del protagonista, il Professore di Vesuviano, magistralmente interpretato da Ben Gazzara, si ispira infatti a Raffaele Cutolo – il film è tratto da un romanzo di Giuseppe Marrazzo ispirato proprio a Cutolo. Per questo lavoro il regista siciliano è subito premiato col Nastro d’Argento come miglior esordiente. Della pellicola Tornatore è anche sceneggiatore, come accadrà per diversi lavori successivi (qui assieme a Massimo De Rita). Inizia anche la sua collaborazione col fotografo Blasco Giurato, mentre le musiche sono di Nicola Piovani. Nonostante sia solo all’esordio, Tornatore mostra di saper ben padroneggiare il mezzo, realizzando un film avvincente, ricco di pathos drammatico, ma al tempo stesso senza fronzoli, coadiuvato dalle ottime interpretazioni del cast. Per quel che riguarda la materia, poi, non si limita certo a parlare di camorra come di un fenomeno locale e circoscritto, ma ne dà una visione più ampia che non manca di coinvolgere livelli politici e istituzionali nazionali e internazionali.
Due anni dopo è di nuovo dietro la macchina da presa per dirigere quello che a oggi è considerato il suo capolavoro: Nuovo Cinema Paradiso, di cui è anche sceneggiatore. Torna a lavorare con Blasco Giurato e chiama attorno a sé un ricco cast: Philippe Noiret, Pupella Maggio, Isa Danieli, Leopoldo Trieste, Antonella Attili, Enzo Cannavale e Agnese Nano, oltre a confermare la collaborazione con Leo Gullotta e Nicola Di Pinto. Ma oltre a Noiret, che interpreta Alfredo, il proiezionista del Cinema Paradiso nella Sicilia post bellica, il protagonista del film è Salvatore (da bambino, Salvatore Cascio, da adolescente, Marco Leonardi, da adulto, Jaques Perrin): la piccola peste che ama il cinematografo e vuole rubare al burbero Alfredo i segreti del mestiere, Salvatore che più tardi lascerà l’isola per Roma, dove diverrà un affermato regista. Il film è la storia di una grande amicizia, ma è innanzitutto un atto d’amore incondizionato per il cinema visto dalla parte della gente comune – quella che affollava le sale nel dopoguerra, quella come Alfredo che rendeva possibile tutto ciò stando dietro al proiettore – il cinema come mestiere artigianale dalla insostituibile funzione sociale, ma anche come mezzo per recuperare memoria di sé e della propria storia. Poi c’è il tema del coraggio e dell’emancipazione rispetto a una realtà chiusa – quella dell’isola siciliana – che si ama ma che può diventare ostacolo alla realizzazione delle proprie aspirazioni e talenti.
Una realtà da cui è necessario essere lontani per comprenderla, ma a cui tornare per comprendere fino in fondo sé stessi. Un rapporto complesso quello di Tornatore con l’isola natale che, ha affermato, “è stata a lungo il mio tema ricorrente”. Nel personaggio di Salvatore troviamo poi una caratteristica che sarà tipica anche di altri personaggi creati dal regista, un duplice aspetto: da un lato possiedono un’indubbia capacità, un talento, una grandezza in un certo campo – Salvatore, ad esempio, è un affermato regista – dall’altro, rivelano grandi debolezze, sono impauriti e fragili nell’affrontare il passato, l’essenza più profonda di sé a lungo rimossa, oppure il mondo esterno con le sue insidie, le difficili relazioni umane, l’ignoto, la morte. Il film, prodotto da Franco Cristaldi, ha una strana fortuna: la sua prima versione, di 167 minuti, viene scarsamente presa in considerazione dal pubblico e passa sotto silenzio.
La seconda invece, accorciata a 118 minuti, rinunciando al racconto dell’incontro tra Salvatore e il suo amore di gioventù ormai adulti, ha un enorme successo sia nel nostro paese che all’estero, dove Tornatore riceve i riconoscimenti più prestigiosi, che lo lanciano nel firmamento delle star internazionali come erede della grande tradizione cinematografica italiana: innanzitutto l’Oscar, il Golden Globe e il BAFTA come miglior film straniero – quest’ultimo premio va anche a Philippe Noiret e Salvatore Cascio come migliori attori, protagonista e non, allo stesso Tornatore in veste di sceneggiatore e ad Ennio Morricone per le splendide musiche. Ma i premi non arrivano solo dal mondo anglosassone. Tornatore si aggiudica anche lo European Film Award, e il Festival di Cannes gli assegna il Premio Speciale della Giuria. È un successo internazionale enorme, cui si aggiunge il David di Donatello ottenuto in patria per la colonna sonora di Ennio Morricone.
Nel ’90 il regista di Bagheria ha l’occasione di dirigere Marcello Mastroianni, che in Stanno tutti bene offre una delle sue ultime intense interpretazioni nei panni di un anziano che gira l’Italia alla ricerca dei suoi figli. La pellicola riceverà il Nastro d’Argento per la sceneggiatura – opera dello stesso regista assieme a Tonino Guerra e Massimo De Rita – e il premio della Giuria Ecumenica al Festival di Cannes. Nel 2009 l’americano Kirk Jones ne ha tratto un remake, affidando a Robert De Niro la parte che fu di Mastroianni.
L’anno dopo, Tornatore vuole ancora Philippe Noiret come protagonista de Il cane blu, episodio da lui diretto facente parte del film La domenica specialmente.
Nel ’94, cambia genere e stile con Una pura
formalità. Sceglie infatti le atmosfere cupe di un noir
claustrofobico, che ruota attorno alla sfida ad alta tensione fra i
due protagonisti: Gérard Depardieu e Roman
Polanski. Entrambi offrono delle ottime interpretazioni:
il primo è il noto scrittore Onoff, che si trova a vagare in un
bosco nel mezzo della notte. Raggiunto dai gendarmi, è condotto in
commissariato per accertamenti come presunto autore di un omicidio
(a stendere il verbale dell’interrogatorio che segue è un giovane
Sergio Rubini). Il secondo è il commissario che cerca di farlo
confessare, sebbene Onoff dichiari di non ricordare nulla. La
chiave del film è appunto il ricordo – Ricordare è anche il
titolo del brano cantato dallo stesso Depardieu sui titoli di coda,
con testo scritto da Tornatore e musica di Andrea ed Ennio
Morricone – che porterà a svelare il mistero e a dare al
film nella sua seconda parte una svolta e un significato del tutto
diversi da quelli inizialmente intesi.
Sfruttando la dicotomia tra sogno (incubo) e realtà, la pellicola si trasformerà infatti da giallo classico in riflessione sul tema della morte, dell’angoscia dell’uomo di fronte a quest’evento, dell’inconsapevolezza con cui lo affronta. Qui Tornatore è lontano dai grandi affreschi storico sociali dell’Italia, preferisce il sano distacco di un’oscura ambientazione europea e uno stile registico più scarno, funzionale all’ambiente chiuso e ristretto in cui si svolge gran parte dell’azione. Certo meno vistosi dei grandi “kolossal” diretti dal regista, questo tipo di film, che pure occupano una parte non trascurabile della sua produzione, hanno una serie di pregi: offrono uno sguardo inedito, sono aperti alla sperimentazione e meno sentimentali – in essi manca quel romanticismo nostalgico presente nelle pellicole legate all’Italia, e in particolare alla Sicilia. È proprio alla terra d’origine che il regista di Bagheria sceglie di tornare artisticamente col suo successivo lavoro – oltre che col documentario Lo schermo a tre punte – a dimostrare come i due aspetti convivano nella sua carriera.
Nel ’95
infatti, sceglie ancora il binomio Sicilia-cinema per L’uomo
delle stelle, in cui dirige Sergio
Castellitto. Siamo negli anni ’50 e il Joe Morelli
interpretato dall’attore romano è un cialtrone, un truffatore che
sbarca in Sicilia per vendere agli abitanti di un piccolo paesino
il sogno del cinema, della fama e del successo attraverso finti
provini. Un film sul cinema come sogno, ma con un lato amaro e un
disincanto assai più marcati rispetto a Nuovo cinema
Paradiso, perché qui il cinema è assieme momento di verità
su sé stessi (durante i provini gli aspiranti attori mettono a nudo
la loro parte più autentica), ma anche una grande truffa, un
raggiro e la miriade di caratteristiche facce sicule che Morelli
scova appartiene a una massa di italiani creduloni, pronti a farsi
raggirare davanti al miraggio della fama, del successo.
Morelli stesso, appunto, è a sua volta un disgraziato, ma anche un vigliacco truffatore. È esterno a quell’ambiente, che vive e legge da romano, con la tipica concretezza, il disincanto, il sarcasmo e una buona dose di cinismo. Ne esce la fotografia di un’Italia non certo edificante, in cui l’aspetto romantico, lo sguardo indulgente del regista si stemperano, pur essendo presenti. Attraverso quei volti segnati, quegli individui disposti a tutto pur di coltivare una speranza, il regista ci racconta comunque un sud che ama profondamente, con le sue ferite: arretrato, in perenne difficoltà, costretto a vivere di sogni, di miti, abbandonato a sé stesso. La pellicola riceve una buona accoglienza da parte di pubblico e critica e diversi riconoscimenti: David e Nastro d’Argento a Tornatore come miglior regista, Nastro d’Argento anche a Sergio Castellitto come miglior attore e a Leopoldo Trieste come non protagonista, oltre che alla fotografia di Dante Spinotti e alla scenografia di Francesco Bronzi; mentre a Venezia il film ottiene il Premio Speciale della Giuria.
Il 1998 è l’anno della trasposizione del monologo
teatrale di Alessandro Baricco, Novecento,
che diventa nelle mani di Tornatore La leggenda del pianista
sull’oceano. Potenti uomini e mezzi lo affiancano in
quest’impresa di respiro internazionale, che vede protagonista nei
panni del pianista Danny Boodman T. D. Lemon, detto Novecento –
abbandonato su una nave e lì cresciuto, diventato un portentoso
pianista e mai sceso – un Tim Roth in grande spolvero. Se già il
monologo di Baricco era toccante, intimo, ricco di piani lettura e
sfumature, capace di veicolare emozioni universali, tale ricchezza
viene resa perfettamente dal film, che aggiunge l’elegante
magniloquenza delle immagini, degli scenari e della musica,
quest’ultima opera ancora una volta del Maestro Morricone, al suo
meglio. Il film è ricco di momenti e scene che restano impressi
nella memoria dello spettatore, poiché è questo il cinema che piace
al nostro regista, quello che lascia lo spettatore stupito, a bocca
aperta di fronte alle immagini. Si disegna qui in maniera egregia
la figura di un uomo vissuto da sempre in un universo limitato,
quello del transatlantico Virginian, e abituato a valicare i
suoi confini solo con la fantasia e attraverso la magia delle note,
della musica che ha imparato a suonare alla perfezione sui tasti
del pianoforte. Dunque, come già in altri film di Tornatore, c’è
l’idea di uno spazio chiuso, di un universo circoscritto e della
difficoltà ad uscirne, a trovare il coraggio di affrontare il mondo
esterno. Questa difficoltà è spinta qui alle estreme conseguenze. E
come in altre opere del regista, a questa debolezza e fragilità del
protagonista fa da contraltare una straordinaria capacità, un
talento in un dato ambito. Sembra una fiaba, o appunto, una
leggenda, ma c’è nel personaggio di Novecento un’umanità in cui
tutti si possono riconoscere. Tornatore ottiene per questo lavoro
il Ciack d’Oro, il David di Donatello e il Nastro d’Argento
per la miglior regia. Con quest’ultimo è premiato anche per la
sceneggiatura. Mentre Ennio Morricone riceve il
Golden Globe per la colonna sonora.
Dopo questo
successo internazionale, il regista torna all’Italia, e alla “sua”
Sicilia con Malèna, che segue la vicenda
esistenziale di un’affascinante e disinibita donna (Monica
Bellucci) in un paesino della provincia siciliana in tempo
di guerra, vittima di una mentalità bigotta e ipocrita, considerata
puro oggetto di desiderio dagli uomini e d’invidia e rancore dalle
donne. L’unico che sembra nutrire per lei un sentimento autentico è
l’adolescente Renato (Giuseppe Sulfaro). Malèna
dovrà sopportare una serie di traversie, conoscere umiliazioni e
violenze, ma faticosamente e a caro prezzo sarà poi accettata.
Ancora un premio alle musiche di Morricone, il Nastro d’Argento, e
uno alla fotografia di Lajos Koltai, il David.
A questo punto della carriera, Tornatore si concede una sosta per poi riprendere nel 2006 con quel filone noir, thriller intrapreso anni addietro con Una pura formalità. Riprende però anche, in un cero senso, il tema di Malèna. La sconosciuta infatti, ci porta nel territorio oscuro della suspense, ma la sua protagonista, Irena/Ksenia Rappoport, vive una condizione per alcuni versi non dissimile da quella di Malèna. È cambiata l’epoca, qui siamo all’attualità, e Irena è una donna ucraina venuta in Italia per lavorare, che invece finisce a fare la prostituta per conto di un inquietante protettore di nome Muffa. Una donna che diventa oggetto, viene usata dagli uomini.
Qui ci si spinge ancora oltre rispetto a Malèna, perché Irena è per di più schiava dell’abbietto Muffa e viene usata non solo come prostituta, ma anche come fattrice di bambini da vendere alle facoltose famiglie del nord Italia che non possono avere figli. Tutto questo però si scopre solo gradualmente durante il film perché svelato poco alla volta da sapienti flashback. All’inizio infatti, Irena è “la sconosciuta” che fa di tutto per guadagnarsi un posto a servizio in casa Adacher. Scopriremo poi il suo doloroso passato e quali conti con esso lei voglia chiudere. Qui il regista, ancora coadiuvato dal Maestro Morricone, sostenuto da un ottimo cast che vede accanto alla talentuosa Rappoport, volti noti del cinema nostrano come Alessandro Haber, Piera Degli Esposti, Michele Placido, Margherita Buy, Claudia Gerini e Pierfrancesco Favino, dà una convincente ulteriore prova della sua grande abilità registica riuscendo a orchestrare un noir che tiene alta la tensione e vivo l’interesse dello spettatore per tutta la sua durata, con un mistero che si svela pian piano e che unisce abilmente una storia di rivincita, un tentativo di riappropriarsi della propria vita e dignità, con la denuncia di una tragedia sociale che si consuma nelle società occidentali. Il film otterrà quattro David, fra cui quello come miglior pellicola e miglior direzione, tre Nastri d’Argento e uno European Film Award.
Tre anni dopo Tornatore si dà alla realizzazione di quello che lui stesso ha definito “il film della mia vita”, ovvero Baarìa, in cui racconta uno spaccato di vita della sua città natale, Bagheria (Baarìa), a partire dagli anni ‘30 e nel suo dipanarsi attraverso tre generazioni. Il film può dirsi davvero corale: se infatti i protagonisti sono Peppino Torrenuova/Francesco Scianna e Mannina Scalia/Margareth Madè con le rispettive famiglie, una miriade di interpreti – quasi tutti siciliani, il che ha permesso di farne una versione in siciliano stretto e una doppiata dagli stessi attori e destinata alla fruizione fuori dall’isola – si muovono attorno a loro a comporre un affresco poetico ed epico di grande raffinatezza estetica, come solo Tornatore sa fare.
Il regista è anche autore del soggetto e della sceneggiatura. Le musiche sono come sempre affidate a Ennio Morricone, mentre la fotografia è di Enrico Lucidi. Il film porta con sé grandi aspettative, sia da parte del suo autore, che si è mosso sul terreno a lui più caro con un grande impegno registico, sia da parte del pubblico, che ormai conosce la maestria di Tornatore e si aspetta sempre da lui cinema ai massimi livelli. L’impegno non viene però suffragato dai riconoscimenti sperati: nonostante le molte candidature, il film porta a casa solo il David alla miglior colonna sonora, il David Giovani e il Nastro dell’anno. Altrettanta delusione per quanto riguarda i premi internazionali: è candidato all’Oscar ma non arriva alla cinquina finale, e neppure la nomination al Golden Globe va a buon fine. Per quel che riguarda l’accoglienza da parte del pubblico, il film incassa, sì, più di 10 milioni di euro, a fronte però di un impegno produttivo di 25 milioni da parte di Medusa. Addosso al regista piovono così molte critiche, cui si aggiungono quelle degli animalisti per la sequenza dell’uccisione di un bovino, girata in un mattatoio tunisino. Un’esperienza con luci e ombre, dunque, questa di Baarìa, di cui però Tornatore resta nel complesso soddisfatto e orgoglioso.
Dal 1 gennaio
2013, invece, nelle sale italiane ci sarà l’ultima fatica del
regista siciliano, di nuovo un tuffo nel giallo, come lui stesso lo
ha definito: “con una tessitura narrativa un po’ misteriosa, da
giallo classico, un po’ thriller, anche se nel film non ci sono
morti, assassini, assassinati o investigatori”. Il film si
avvale ancora una volta di un cast internazionale: Geoffrey
Rush, Donald Sutherland, Jim Sturgess, Sylvia Hoeks, ed ha
in comune con La sconosciuta l’ambientazione in una
città mitteleuropea. L’azione si svolge nel mondo delle aste: il
protagonista è infatti Virgil Oldman/Geoffrey
Rush, un battitore d’asta che si trova alle prese con una
particolare cliente (Sylvia Hoeks). Molteplici
saranno le chiavi della storia, che è anche e soprattutto una
storia d’amore, come dichiarato dallo stesso Tornatore. La
produzione stavolta è affidata a Paco Cinematografica e Warner
Bros.
Mentre, per chi è già oltre e si sta chiedendo quali siano i programmi futuri di uno dei registi più apprezzati del nostro cinema, pare stia cercando di concretizzare un suo vecchio progetto: un kolossal sull’assedio nazista di San Pietroburgo che dovrebbe intitolarsi Leningrado. Al lavoro sull’aspetto produttivo di un progetto da cento milioni di dollari dovrebbe esserci l’americano Avi Lerner. Per il momento però, non c’è nulla di certo.