La vita facile di
Lucio Pellegrini è una commedia che scava nella
profondità caratteriale dei due protagonisti, due borghesi che
hanno deciso di vivere in maniera completamente differente la loro
professione e di conseguenza la loro vita. Mario è l’italiano
medio, e come dice Favino stesso “C’è un Mario Tirelli in tutti
quelli che parcheggiano in doppia fila, in quelli che si accodano
alle ambulanze per sfruttare la scia, in quelli che se non chiedi
fattura sono 30 euro di meno, e che se vuoi la visita in ospedale è
fra sei mesi, a studio privato fra un’ora”. Luca invece ha preso
una strada completamente diversa: ha abbandonato questo mondo per
ricercare una nuova dimensione di sé, a livello professionale e
umano, e quale posto migliore dell’Africa?
La vita
facile è la vita vissuta da Mario, (Pierfrancesco
Favino) medico di una lussuosa villa privata,
residente nel centro di Roma, sposato con una donna, Ginevra
(Vittoria
Puccini), invidiata da tutti, persino dal suo migliore
amico. L’amico in questione si chiama Luca (Stefano
Accorsi), medico anche lui, ma che svolge la sua
professione in Africa e la sua non è una vita facile. Queste due
vite s’incrociano, un giorno, quando Mario dopo dodici anni, decide
di andare dal suo amico Luca in Kenya, perché vuole ritrovare se
stesso e il senso della vita che forse ha smarrito nel lusso e nel
benessere. Da quel momento in poi la loro vita subisce radicali
cambiamenti, alcuni positivi, altri totalmente inaspettati; il
peggio arriva quando Ginevra, stufa di stare sola a Roma ad
attendere il marito, decide di raggiungerli in Kenya. Luca, che
aveva abbandonato l’Italia, non solo spinto dalla vocazione, ma
anche dall’amore e dalla sofferenza che provava a vedere Ginevra
insieme a Mario, ne è sopraffatto e l’invasione della donna rompe
inevitabilmente il suo equilibrio.
Lucio Pellegrini
ha diretto un buon film che probabilmente è migliore anche grazie
alla sua principale ambientazione: il Nord del Kenya che con i suoi
scenari immensi, assume il ruolo di co-protagonista del film. Per
il resto è una commedia che scorre ma senza particolari eccellenze,
divertente grazie al modo spontaneo e rozzo con cui ha recitato
Favino, al quale vanno i principali meriti
della riuscita del film. Lo stesso vale per il personaggio di
Stefano Accorsi, assolutamente sincero nella
sua sensibilità verso una professione che ultimamente assomiglia
troppo a quella meccanica e utilitaristica svolta dall’amico. Il
personaggio che interpreta Vittoria Puccini invece è poco simpatico,
inadeguato, a tratti vuoto.
Il film uscirà nelle sale italiane
il 4 marzo 2011 ed è stato prodotto dalla Fandango
in collaborazione con Medusa Film, Sky
Cinema e Apulia Film Commission.
Ewan McGregor è in
trattative per unirsi al cast di Jack the Giant
Killer (da noi L’Ammazzagiganti), il nuovo film di
Bryan Singer per la New Line e
Legendary Pictures, almeno secondo quanto riferisce
Heat Vision.
L’ARP (società
degli Autori Registi e Produttori) ha lanciato una petizione per
salvare il Programma MEDIA. La commissione europea avrebbe deciso
di sopprimere, o includere all’interno di un programma più vasto,
il citato programma di finanziamento al cinema.
“Il mio film è come una
lasagna, ha diversi strati e diversi livelli di lettura”. Così
Gore Verbinski definisce il suo
Rango, piccolo gioiello di animazione (senza
stereoscopia) in uscita in Italia il prossimo 11 marzo.
A chi gli ha chiesto perché il film
fosse così pieno di citazioni, il regista di The
Ring ha risposto con questa bella metafora culinaria,
tutta all’italiana specificando che “Rango parla a pubblici
diversi e che il protagonista, essendo un camaleonte attore, è
anche un comico e conduce questa storia. La Live Action –
prosegue Verbinski – si tratta di orchestrare diversi elementi.
Ho lavorato 3 anni e mezzo sulla storia, ma le riprese vere e
proprie con il cast sono durate solo 20 giorni.” “E’ un lavoro
molto noioso – ha aggiunto Abigail Breslin,
venuta anche lei a Roma per presentare il film – ma Gore è
stato presente e per me vederlo mentre recitavo è stato molto
importante”.
– Prima Tim Burton che
trasforma Johnny Depp in un figurino in stop-motion, poi lei che lo
usa per la motion capture, cos’ha il bravo Johnny di
cartoonesco?
G.V.: “Io e Johnny siamo
semplicemente amici (i due hanno lavorato insieme per tutta la
saga di Pirati dei Caraibi, n.d.r.), è
importante che regista e attore abbiamo un rapporto. E con lui è
interessante lavorare perché crea sempre qualcosa di inaspettato.
Il personaggio di Rango è stato costruito pensando esattamente a
lui!”
– Com’è stato per gli
attori, narcisi per definizione, dover interpretare degli
animaletti tanto brutti?
A.B.: “E’ stata una bella
esperienza, è vero sono brutti, ma hanno anche una grande dolcezza
nei loro sguardi!”.
Per quanto riguarda la preziosa
collaborazione con Roger Deakins, Verbinski ha
elargito complimenti e ringraziamenti, soprattutto relativi alla
consulenza che Deakins ha offerto per le riprese, l’utilizzo della
luce nelle scene che avrebbero rappresentato le diverse ore
diurne.
– L’animazione per lei è un
mezzo non un genere, dal momento che lei ne ha adottati tanti
diversi, non pensa di usare la stereoscopia un giorno?
G.V.: “Per me è un trucchetto
per far lievitare costi e biglietti, per Rango se n’è parlato, ma
non era pertinente alla storia, quindi l’idea è stata
accantonata”. Inoltre il film, oltre ad essere farcito di
citazioni e di battute, costruisce un particolare equilibrio tra le
scene grottesche, quelle ironiche e quelle legate alla morte, molto
presente nel film che riprende le ambientazioni western in un
momento in cui, con Il Grinta dei fratelli
Coen, il genere sembra aver trovato nuova linfa. Secondo
Verbinski si tratta di ‘fame di spazio’, la tendenza che l’uomo
moderno ha attraverso il cinema di “colonizzare e di
idealizzare gli spazi ancora vuoti, come il deserto del western o
lo spazio interstellare di Star
Wars, in contrapposizione all’affollamento che ogni giorno
viviamo.”
Wolfgang Petersen,
che preferiamo ricordare per La Storia Infinita invece che per i
più recenti Troy e Poseidon, dirigerà l’adattamento cinematografico
del romanzo di fantascienza di John Scalzi Old Man’s War, i cui
diritti sono stati acquistati dalla Paramount.
Riccardo Scamarcio
ha appena dichiarato che trai suoi prossimi progetti lavorativi c’è
un film da produttore nel quale avrà anche un ruolo. A dirigere
questo film nientemeno che Valeria Golino che per
la prima volta passa alla regia.
James Franco super
impegnato! Aspetta la sua sorte alla serata degli Oscar (domenica)
che presenterà anche e intanto debutterà sabato presso la Gagosian
Gallery di Beverly Hills un’esibizione intitolata Unfinished, che
lo vede collaborare con il regista di Milk Gus Van Sant.
127 ore: Aron
Ralston è un ventiseienne appassionato di trekking, da sempre
esplora sentieri e percorsi montani. Un giorno decide di partire
per il Blue John Canyon dello Utah senza avvertire nessuno, né
amici né familiari….solo lui immerso nello splendido e assolato
paesaggio. Quando però sta per tornare a casa, Aron, smuove
inavvertitamente una roccia che cadendo gli blocca il braccio
destro….senza cibo e con poca acqua Aron non sa cosa fare.
Nonostante la difficile situazione riesce a resistere per 5
giorni….127 ore terribili, dove il suo fisico e la sua psiche
vengono messi duramente alla prova. Durante quelle ore Aron ricorda
il suo passato, i suoi familiari e le due belle escursioniste
incontrate poco prima. Alla telecamera che porta con se confida i
suoi pensieri e il suo testamento finché, alla fine, riesce a
scoprire dentro di sé una forza di volontà e un coraggio che non
credeva di avere….riesce a liberarsi dalla stretta mortale della
roccia staccandosi il braccio con il coltellino che porta con sé, a
scendere dal Canyon per altri 20 metri e a percorrere 20 chilometri
fino a raggiungere la salvezza!
Basato su una storia realmente
accaduta “127 ore” è un film denso di emozioni nonostante
l’immobilità del protagonista e la sua solitudine. Danny Boyle ho
dato il meglio di sé come regista non lasciandosi trascinare dal
sentimentalismo, anzi inserendo anche dello humor nelle varie scene
in cui Aron dialoga con la videocamera che ha con se. A risaltare è
inoltre il protagonista, James Franco che riesce a riprodurre tutte
le contraddizioni, le paure, le ansie e il carattere del
personaggio .
Unknow – Senza
identità: il dottor Martin Harris, con la bellissima
moglie Elizabeth, si reca a Berlino per partecipare ad un convegno
scientifico dove dovrà esporre le sue scoperte. Una volta giunto
all’hotel Adlon Martin si accorge che una delle sue valigie è stata
dimenticata all’aeroporto, così decide di tornare indietro
lasciando la moglie in albergo. Lungo la strada verso l’aeroporto,
il taxi su cui viaggia ha un incidente e finisce in un fiume. Il
dottor Harris viene salvato dalla giovane donna che conduceva il
taxi e portato in ospedale dove rimane in coma per quattro giorni.
Al suo risveglio non ricorda granché della sua vita….solo che si
chiama Martin Harris e che sua moglie Elizabeth lo aspetta
all’hotel Adlon. Martin si reca all’hotel ma la moglie non lo
riconosce ed è addirittura accompagnata da un uomo che afferma di
essere il dottor Martin Harris! Le autorità ovviamente non credono
al dottore che si ritrova così a vagare in una città che non
conosce senza sapere cosa è accaduto. Determinato a scoprire la
verità si troverà ad affrontare molti pericoli aiutato dalla
tassista che lo ha salvato.
Jaume Collet-Serra dà vita ad un
film dove non esistono tempi morti. Tra inseguimenti, esplosioni e
colpi di scena lo spettatore viene coinvolto completamente nella
storia del dottor Harris interpretato ottimamente dal bravissimo
Liam Neeson.
Ladri di cadaveri –
Burke&Hare: William Burke e William Hare sono due
strani criminali che vivono ad Edimgurgo e che cercano in tutti i
modi di alzare qualche soldo. Quando tornando a casa scoprono che
il loro inquilino è morto decidono di liberarsi del
corpo…guadagnandoci! Ovviamente a quel tempo, 1820, la ricerca
medica era in fervente crescita e tutti i medici della città
cercavano cadaveri su cui poter fare il loro esperimenti,
soprattutto i due più famosi rivali: il dottor Knox e il dottor
Monroe. Mentre al secondo era stato concesso il diritto di prendere
i cadaveri “freschi” della città, il dottor Knox si doveva
accontentare dei cadaveri in putrefazione. Perciò Burke e Hare
decidono di vendere il corpo del loro inquilino al dottor Knox che
li ingaggia per avere sempre cadaveri “freschi”. Durante le loro
folli imprese i due conoscono una giovane attrice che ammalia il
romantico Burke il quale decide di cambiare metodo di
“lavoro”….meglio fare degli omicidi così da avere più cadaveri e
quindi più soldi! In tutto questo però la coppia dovrà fare i conti
con il boss del crimine locale, Danny McTavish, che pretende una
parte dei loro guadagni, e con l’autorità che è sempre più vicina a
scoprirli. Per risolvere i loro problemi Burke e Hare decidono così
di aprire una agenzia di pompe funebri…in questo modo i cadaveri
arrivano senza andare a cercarli!
John Landis da vita ad una commedia
macabra insieme a due protagonisti di eccezione: Simon Pegg e Andy
Serkis. Personaggi stravaganti e surreali, assassini si ma anche
amabili e divertenti che fanno dell’omicidio un impresa
capitalistica.
Shelter – identità
paranormali: Cara Jussep è una psichiatra forense che
crede poco nella malattia mentale della personalità multipla, anzi,
afferma che è solo una suggestione. Suo padre, il dottor Harding,
le sottopone il caso di David Bernburg, un uomo sulla sedia a
rotelle che è stato arrestato per vagabondaggio e sottoposto a cure
perché affetto da personalità multipla. Cara incontra David e
nonostante il suo scetticismo pian piano inizia a mettere in dubbio
le sue convinzioni. La dottoressa scopre che tutte le personalità
di David appartengono a persone morte brutalmente assassinate.
Coinvolta in una serie di strani eventi Cara cercherà di risolvere
il mistero di David.
Mans Marlind e Bjorn Stein dirigono
questo psycho-thriller dove la bella Julianne Moore interpreta la
dottoressa Cara e Jonathan Rhys-Meyers veste i panni del malato
David. La mente umana è la protagonista del film con tutte le sue
fragilità e paure, da una parte troviamo il malato con le sue varie
personalità e dall’altra una dottoressa inizialmente convinta delle
sue conoscenze scientifiche ed infine piena di dubbi….una
contrapposizione tra scienza e fede…la scienza spiega veramente
tutto?
Manuale d’Amore 3:
le diverse età dell’amore raccontate in tre episodi uniti dalla
voce conduttrice del giovane tassista Cupido. “Giovinezza” è il
primo episodio che racconta la vita di Roberto e Sara prossimi al
matrimonio e molto innamorati. Lui è un giovane avvocato desideroso
di fare carriera e quando il suo capo gli offre un incarico in
Toscana lui accetta senza timore. Giunto a Castiglion della
Pescaia, Roberto deve convincere un contadino a vendere la sua
proprietà a degli speculatori immobiliari. Tra vari personaggi e lo
splendido paesaggio, Roberto viene travolto dalla bellezza e dalla
simpatia di Micol cedendo alla tentazione e assaporando
l’inebriante sapore della giovinezza.
“Maturità”: qui si racconta la
storia di Fabio, un affermato anchorman egocentrico e sposato da
venticinque anni. Ad una festa incontra Eliana che afferma di
essere una psichiatra in procinto di scrivere un libro dove
vorrebbe parlare anche di Fabio. I due cominciano così a
frequentarsi fin quando Fabio scopre che in realtà Eliana è una
stolker affetta dalla sindrome bipolare…iniziano così i guai che
porteranno alla rovina del suo matrimonio.
“Oltre” è l’ultimo capitolo dove il
protagonista è un vecchio professore americano, Adrian, venuto in
Italia dopo la separazione dalla moglie e un trapianto di cuore.
Adrian conduce una vita appartata convinto che ormai il suo cuore
non batterà più per nessuna. Tutto cambia però quando incontra
Viola, la bella figlia di Augusto, il portinaio dello stabile in
cui vive Adrian e suo grande amico. Finalmente riesce ad uscire dal
suo guscio e, perdutamente innamorato, Adrian tenta di conquistare
la donna tenendo a bada Augusto.
Giovanni Veronesi torna al cinema
con il terzo capitolo della saga sull’amore, questa volta ci spiega
le varie stagioni dell’amore, con tutti i loro difetti e problemi.
Ovviamente ritroviamo Carlo Verdone nei panni di un nevrotico che
deve destreggiarsi con una pazza ben interpretata da Donatella
Finocchiaro. Tra gli altri protagonisti troviamo Monica Bellucci
che affianca Robert De Niro che riesce benissimo a recitare anche
in italiano.
Body: Chon è un
giovane che abita in casa della sorella minore, la sua vita è
stravolta da strani e terrificanti sogni. Una donna viene uccisa
brutalmente da un misterioso uomo che taglia la sua carne con
forbici e bisturi gettando poi tutto il resto nel water….questo è
il suo incubo ricorrente. Chon decide così di andare da una
psichiatra per cercare di risolvere i suoi problemi. Man mano che i
giorni passano le immagini del sogno prendono il controllo della
sua mente e alla fine Chon si convince che la donna del delitto gli
stia mandando dei messaggi per scoprire il suo assassino. Un po’
alla volta Chon scopre che l’uomo misterioso, lo spietato omicida,
è il marito della sua psichiatra !
Paween Purikitpanya riporta al cinema l’horror asiatico
ispirandosi ad un fatto di cronaca tailandese. Horror e thriller
psicologico mescolati insieme, un protagonista in continue
difficoltà che non riesce a capire cosa sta succedendo e non riesce
a farsi comprendere dagli altri, un misterioso e orribile omicidio
e terrificanti sogni….tutto questo rende il film capace di tenere
alta l’attenzione dello spettatore.
Amici, cinema e
barili – John Landis entra sorridente nella sala in cui
hanno appena proiettato il suo ultimo film, Ladri di
cadaveri una commedia nera in cui due compari sul
lastrico, accompagnati dalla moglie alcolizzata di uno dei due, si
inventano un modo per fare soldi: vendere cadaveri freschi ai
professori di anatomia della rinomata facoltà di Edimburgo. Il
regista ha appena compiuto sessant’anni e sostiene che sia merito
del tempo se i suoi film vengono apprezzati di più e lui stesso
venga ascoltato di più.
Johnny Depp dismessi i panni del camaleontico
Jack Sparrow
(già pronto a tornare per il quarto episodio) ha trovato il suo
nuovo alter ego nell’altrettanto istrionico
Rango, il camaleonte, a cui presta la
voce nella versione originale. Rango è il
protagonista dell’omonimo film d’animazione diretto proprio da
Gore Verbinski, il regista dei primi tre film
della saga dei Pirati dei Caraibi.
Uscirà in Italia l’11 Marzo ed è
uno tra i più riusciti film d’animazione degli ultimi tempi.
Destinato anche ad un pubblico adulto che ha oramai grande
confidenza con l’ironia di questi cartoons sul modello Shrek.
Rango è un giovane camaleonte costretto a
vivere nello spazio ristretto del suo terrario dove combatte la
solitudine a cui è destinato con generici sogni di celebrità.
Finirà sbalzato, dalla macchina che lo trasporta, nel mezzo del
deserto. Goffo e ingenuo ,ma anche pieno di fantasia e capacità
d’improvvisare, Rango saprà di volta in volta vincere tutte le
sfide dell’ostile mondo con cui dovrà confrontarsi. Diventerà la
sceriffo della cittadina Polvere afflitta dalla mancanza d’acqua.
Saprà essere sempre più furbo e coraggioso, in un mondo in cui è
più difficile di quel che sembra trovare i veri cattivi.
La trama, per chi se lo ricorda, ha
molte similitudine con Fievel conquista il west, divertente film
d’animazione prodotto nel 1991 da Steven Spielberg, ma al di là di
questo ha anche uno stile molto personale: grande ritmo e
avvincenti scene d’azioni unite a gag spesso originali e in alcuni
casi indirizzate proprio ai più grandi, soprattutto a quei cinefili
che non potranno non sorridere delle moltissime citazioni che
spaziano dai più classici western (da Il buono il brutto e cattivo
a I magnifici sette) ad una serie di cult, incluso l’autoironico
omaggio al Johnny Depp di Paura e Delirio a Las
Vegas. Al di là di alcune scelte più classiche, ma comunque ben
integrate nel contesto, Rango è un film divertente, ironico e
maturo, in grado anche di momenti di tensione e paura (soprattutto
per i più piccoli): sceglie di presentare una serie di personaggi
caratterizzate da forti deformazioni grottesche: rospi scontrosi,
conigli con orecchie mozze, ratti dallo sguardo torvo. Ma le
situazioni in Rango sono giocate sui veloci ribaltamenti che
trovano la risata del pubblico (senza distinzioni d’età) nel
capovolgere proprio i momenti di tensione.
Ottima la qualità delle animazioni
e la definizione dei particolari (personaggi curati fin nei
dettagli). Bellissimi i paesaggi e gli effetti di luce che li
immergono nel sole o in esotiche notti. La regia sa sfruttare
l’ottimo lavoro degli studi d’animazione ILM di George Lucas,
soprattutto in alcune sequenze molto pregevoli. Le scelte di regia
di Gore Verbinski, forti delle grandi prove
offerte con la saga dei Pirati dei Caraibi, riescono a seguire le
frenetiche vicende in cui Rango è coinvolto: spettacolari e
spassosi inseguimenti da action movies accompagnati
dall’altrettanto ironica e citazionistica colonna sonora di
Hans Zimmer (che già ha saputo dare brio alle
rocambolesche azioni di Jack Sparrow). Bellissimo l’ inseguimento
tra una flotta di talpe che pilotano pipistrelli e la contraerea
della carovana guidata da Rango e i suoi amici, con tanto di
Cavalcata delle valchirie ad accompagnare le epiche sequenze. In
una parola divertente!
And the Oscar goes
to … L’attesa per l’83esima edizione degli Academy Awards
sale sempre di più, I preparativi fervono e I nominate trepidano.
Quali saranno quest’anno i migliori, o meglio, i premiati?
Sappiamo chi si gioca la
possibilità di stringere fra le mani il piccolo e prezioso Oscar,
ma in giro si vocifera, si sussurra, si sa già chi è il favorito,
chi invece non ha speranze, e chi, a buona ragione, ha già l’Oscar
in tasca. I film che si dividono i premi più importanti, come al
solito, sono pochini, tra questi quelli più quotati c’è The
Social Network, che tra le altre nomination, potrebbe
portarsi a casa con tutta probabilità quella di miglior film, e
perché no, anche di miglior regia. Fincher
potrebbe così riscattarsi della bocca asciutta del 2008 quando
tante nomination e poche statuette per il suo Benjamin
Button lo mandarono a casa un po’ abbattuto. All’epoca
fece incetta di Oscar il collega, e ancora una volta rivale,
Danny Boyle, cha anche quest’anno è in lizza con
il suo 127 Ore.
Entrambi i registi hanno
confezionato un ottimo prodotto, lavorando su storie vere con
attori giovani e bravi, entrambi ‘rivali’ di Nomination,
James Franco (che conduce la serata!) e
Jesse Eisenberg. Ma trai due spunta fuori
l’illustre sconfitto dello scorso anno, quel’incredibile
Colin Firth, protagonista di una delle
interpretazioni più interessante ed emozionanti della stagione
cinematografica. Il suo Discorso del Re potrebbe
fare la differenza, avendo già conquistato 10 nomination, a pari
merito con Il Grinta, che pure ripropone il
vincitore dello scorso anno nella categoria per il miglior attore,
Jeff Bridges. Ma trai maschietti spunta anche lo
‘straniero’ Javier Bardem, che ha già vinto un
Oscar, ma perché accontentarsi?
Altro grande atteso agli Oscar è il
tanto discusso Cigno Nero, della premiata coppia
Aronofsky-Portman, riusciranno autore e musa a
portare a casa entrambi un premio? Se per la leggiadra e tormentata
Nina di Natalie ci sembra molto probabile, per
Darren il discorso è più complesso, e l’esito più
incerto. Vero è che Natalie si dovrà confrontare con la
straordinaria Jennifer Lawrence di Un
Gelido Inverno, altro film che concorre nella massima
categoria, e la rediviva Nicole Kidman, in una
performance che finalmente la restituisce al suo primo splendore,
nonostante il botox …
E poi ci sono le spalle, gli attori
non protagonisti, e quest’anno ne avremo delle belle tra lo
scanzonato Mark Ruffalo, il potente
Goeffrey Rush, il finalmente riconosciuto
dall’Academy Christian Bale, insieme a
Melissa Leo e Amy Adams per
The Fighter e le altre attrici di ‘supporto’. Come
lo scorso anno è accaduto con Up, tra i 10
candidati per il miglior film spicca un film d’animazione. E’ la
solita Pixar a realizzare l’ennesimo capolavoro,
Toy Story 3, che però ovviamente punta, più
verosimilmente, alla statuetta come miglior film d’animazione. Ma
attenzione! Quest’anno gli avversari della Pixar sono di tutto
rispetto: Dragon Trainer, made in DreamWork è un
capolavoro, e che dire del delicato e ‘antico’
Illusionista di Sylvain Chomet? La guerra è
aperta!
Ma non solo attori e registi, anche
produttori, sceneggiatori, compositori e tutti gli altri
responsabili dei cosiddetti (a torto) ‘premi
minori’ trepidano e aspettano. Ognuno ha i suoi preferiti,
tutti noi tifiamo in silenzio per il film, l’attore o il montatore
che ha fatto meglio il suo lavoro, ma si sa, gli Oscar non sono mai
al più bravo, sarebbe un torto verso gli altri candidati (e perché
no, anche verso quelli che sono rimasti fuori dalle nomination!),
che comunque vengono apprezzati per il lavoro svolto. Meryl
Streep, lei che di Oscar e nomination se ne intende, ha
detto in passato che il premio più bello è la candidatura perché è
assegnata dai propri colleghi di categoria, e forse è vero, ma
provatelo a dire a chi il 27 notte stringerà in mano l’omino d’oro,
provate a chiedere ai vincitori se baratterebbe mai la vittoria con
altre 5 nomination … cosa potrebbero mai rispondere?
E allora apriamo le danze
incrociamo le dita e che vinca chiunque purché sia un bello
spettacolo. In fin dei conti, chi arriva su quel palco a
pronunciare il fatidico discorso ha già dato lo spettacolo
migliore, quello in sala.
Sembra proprio che Gabriele Muccino
non riesca a trovare il progetto giusto con cui ritornare sul
mercato americano. Saltato il film di fantascienza Passengers a causa
del budget troppo elevato, pare perà che sia in dirittura d’arrivo
con un nuovo progetto. Staimo parlando della commedia romantica
Playing ther Field che vedrà coinvolte tre star di grande impatto:
Gerard Butler, Uma Thurman e Jessica Biel.
Nonostante The tree of life di
Terrence Malick sia uno dei film più attesi, se non il più attesso
del 2011, ancora pochi dettagli si sanno. Ora arriva la notizia che
a quanto pare il film è ancora in fase di post-produzione, e
che a supervisionare la realizzazione degli effetti digitali nella
parte del film che riguarda la creazione del cosmo ci sia niente
meno che: Douglas Trumbull; già autore di pellicole come 2001:
Odissea nello spazio e Blade Runner.
Nuovi dettagli per Sherlock Holmes: a game of shadows, che a
dirla tutta stentano ad arrivare. Qui vi proponiamo una nuova foto
ripresa da un reportage di Collider. Il sequel del
fortunatissimo film di Guy Ritchie con Robert Downey, Jr. è ancora
in fase di riprese. Inoltre c’è un dettagliato resoconto della
scena a cui ha assistito il reporter.
In I Ragazzi Stanno
Bene – Nic e Jules sono una splendida coppia,
innamorate l’una dell’altra da molto tempo, entrambe cinquantenni,
sposate e con due figli adolescenti. Quando la più grande, Joni,
compie 18 anni, viene convinta dal fratello minore a contattare il
padre biologico, per poter finalmente sapere chi è. I due ragazzi
fanno così la conoscenza di Paul, aitante e scapestrato quarantenne
che vive a contatto con la sua natura passionale e ‘naturale’.
Quando le due mamme sapranno di
questo incontro, Paul entrerà per un po’ a far parte della
famiglia, diventando pietra i scandalo e portando alla luce tutti
quei piccoli problemi che in ogni coppia rendono la vita un po’
meno serena.
I Ragazzi Stanno
Bene di Lisa Cholodenko è un
perfetto esempio di quel cinema indipendente che sotto una veste
anticonformista (il nucleo familiare con due mamme, la coppia
omosessuale) non fa altro che mostrare la vita nella sua
eccezionale quotidianità, con i suoi momenti difficili, gli
scheletri nell’armadio ma anche la forza e l’affetto di mandare
avanti le cose nonostante tutto. La premessa narrativa, quella
della coppia lesbica, sempre rappresentare nient’altro che un
pretesto per un racconto per immagini che gode di un equilibrio e
di una freschezza davvero convincenti. I toni di commedia frizzante
e scanzonata si mescolano a riflessioni sulle dinamiche familiari,
sulla sincerità dei rapporti, sulla crescita e l’adolescenza, temi
che vengono spesso trattati con patine di retorica ma che qui
invece risultano sinceri e mai scontati.
I Ragazzi Stanno Bene, il
film
Come in ogni film che riesce a
raggiungere lo spettatore, anche in questo caso il merito è da
attribuire all’ottima orchestrazione delle parti in gioco. Se
quindi la regista e sceneggiatrice ha condotto con sobrietà e
ironia l’intera opera, il cast ha dato prova di una grande prova di
recitazione. La Cholodenko ha realizzato, insieme a Stuart
Blumberg, una sceneggiatura che accarezza ogni personaggio, lo
delinea e in qualche modo lo ama, rappresentandolo nella sua
interezza e complessità di essere umano.
Per quanto riguarda gli attori,
cominciamo dai giovani: Mia Wasikowska e Josh Hutcherson interpretano gli adolescenti
Joni e Laser, alle prese con una vita che per altri, e per lo
spettatore medio italiano soprattutto, potrebbe sembrare anomala,
ma che in molti paesi e nel contesto filmico sono assolutamente
naturali; a Mia e Josh va il merito di essere riusciti a tener
testa (la
Wasikowska più di
Hutcherson)ad un terzetto di attori con la A
maiuscola, inedito e ben assortito. Per Annette Bening, forte della sua
interpretazione di Nic, volitiva e severa, sono piovuti premi e
addirittura la nomination agli Oscar; alla più liberale Jules,
incarnata da una più che mai affascinante Julianne Moore, è toccato invece il compito di
genitore più flessibile, di donna più femminile e di essere umano
più dubbioso e complesso. Inutile dire che la Moore porta a casa
un’altra grande interpretazione.
Nota di merito va a Mark
Ruffalo, nei panni del papà biologico. Il suo Paul,
reso eccessivamente seducente da costumi e trucco casual e
intriganti allo stesso tempo ben si amalgama con il suo viso un po’
ruvido ma dal sorriso molto dolce. Un personaggio inedito anche per
lui, abituato si alla commedia ma quella un po’ più ‘composta’, e
che regala grandi momenti di divertimento. Una commedia di
intrattenimento, con un bel sotto testo impegnato, il tutto condito
da un occhio attento alla cura del dettaglio, I ragazzi
stanno bene è un bel film, che potrebbe anche fare
breccia nel difficile e a volte bigotto pubblico italiano.
Gli amanti del genere
Psycho-thriller troveranno dal prossimo weekend al cinema pane per
i propri denti. Shelter – Identità violate
(“Shelter” titolo originale), è infatti un film che sfrutta appieno
tutte le caratteristiche tipiche del genere, stuzzicando al massimo
l’emotività dello spettatore scuotendola mediante una trama carica
di suspence e colpi di scena. Non mancano altresì momenti di puro
Horror.
Protagonista di Shelter –
Identità violate è una donna tenace e capace, Cara Jessup,
psichiatra forense molto convinta delle sue idee, tra le quali c’è
quella che le personalità multiple non esistono realmente, ma sono
solo suggestioni. Suo padre, il dottor Harding, le sottopone così
il caso di David Bernburg, un giovane sulla sedia
a rotelle arrestato per vagabondaggio e messo sotto cure mediche
dato il suo labile stato psichico. Carla così scopre che David è in
grado di assumere più personalità, anzi pare che incarni persone
vittime di omicidi. Da qui comincia per lei un’avventura
mozzafiato, nella quale viene messa a rischio la sua vita e non
solo.
Shelter – Identità
violate riprende un leitmotiv più volte sfruttato dal
cinema: quello di una psichiatra o uno psichiatra, i quali, curando
un paziente, ne scoprono aspetti inquietanti latenti, magari
paranormali. Il film inizia con le migliori premesse, poi perde un
po’ di brillantezza, rischiando di diventare quasi confusionario e
scontato. Il risultato complessivo è comunque valido.
Shelter – Identità violate è stato girato tra il
2008 e il 2009 a Pittsburgh, Pennsylvania. Il primo Paese a
distribuire Shelter – Identità violate nelle sale
cinematografiche è stato il Giappone il 27 marzo 2010;
successivamente è stato distribuito in Irlanda e nel Regno Unito il
9 aprile dello stesso anno. Qui e negli Usa dal 25 febbraio.
I registi sono Måns Mårlind
e Björn Stein, svedesi, al loro film d’esordio.
Attualmente stanno anche lavorando al quarto episodio di Underworld
– “Underworld 4: New Dawn” – lungometraggio sull’eterna lotta tra
vampiri e licantropi, la cui uscita nelle sale è prevista per il
2012. Gli attori protagonisti sono
Julianne Moore e Jonathan Rhys-Meyers. La prima, sinuosa
attrice americana dai capelli rossi e dall’invidiabile forma fisica
malgrado abbia ormai superato i 50 anni, interpreta ovviamente i
panni della psichiatra e detective improvvisata Cara Jessup. Vanta
una carriera che l’ha vista oscillare dai ruoli tipici della
commedia sentimentale a quella sensuale, finanche a quelli del
genere fantascientifico. Il secondo indossa invece i panni dello
psicopatico David Bernburg. Attore-modello,
Rhys-Meyers vanta già 24 film all’attivo a 34
anni. Il film che lo ha consacrato al grande pubblico è stato
“Match point” (2005) di Woody Allen.
Dakota Fanning non
è più una bambina, lontani sono i tempi di Mi chiamo Sam,
ma a quanto pare l’unica cosa a non essere cambiata è il talento
della bionda attrice che continua a cimentarsi in ruoli sempre
diversi.
Continuerà a vestire il ruolo Jane,
vampira del clan dei Volturi, nella saga di Twilight (The Twilight
Saga: Breaking Dawn arriverà in sala il 16 novembre prossimo), e
dopo aver interpretato il ruolo di Cherie Currie, vocalist
bella e dannata del gruppo The Runaways, nell’omonimo film accanto
alla star di Twilight Kristen Stuart, prossimamente la giovane
attrice affiancherà Stephen Dorff (co-protagonista accanto alla
sorella Elle in Somewhere di Sofia Coppola) ed Emile Hirsch
nell’adattamento dell’omonimo romanzo di Willy Vlautin The Motel
Life, in cui si racconta la lunga fuga di due fratelli dalla stanza
di un motel in cui è avvenuto un tragico incidente. Ancora, finite
le riprese del progetto dei fratelli Alan e Gabriel Polsky, si
sposterà sul set del caper movie Mississippi Wild, nel quale
Dakota sarà un’adolescente in fuga che, insieme a un amico (Ryan
Donowho), tenta di sfuggire al gangster al quale ha rubato un
prezioso carico di diamanti.
Danny Boyle è il regista che agli
Oscar del 2009 aveva conquistato la ribalta con The
Millionaire ( otto premi, tra cui miglior regia, miglior film
e miglior montaggio ). Ha uno stile “sporco” da cinema
indipendente alla base, a cui accompagna un eclettismo e
un’originalità nelle scelte visive tali da permettergli di
destreggiarsi tra tonalità diverse a seconda della storia con cui
sceglie di confrontarsi. Altrettanta originalità lo caratterizza
nello scegliere i suoi soggetti.
Le nuove uscite della settimana
dominano la parte alta della classifica del botteghino USA. Il
nuovo film con Liam Neeson, Unknown, infatti,
balza immediatamente in prima posizione, con un incasso di quasi 22
milioni di dollari. A seguire, un’altra nuova uscita: il film di fantascienza per pubblico
adolescente I am number four, con al timone
dell’operazione Steven Spielberg e Michael Bay.
Nel post San Valentino resiste
ancora in terza posizione il film animato della Disney
Gnomeo and Juliet, con Emily Blunt e James McAvoy
che prestano le voci ai personaggi protagonisti. In quarta
posizione scivola Just go with it, con Adam
Sandler e Jennifer Aniston, ancora una volta in un ruolo di futura
“scaricata”. Con l’incasso di questa settimana, il film raggiunge
un totale di 60.8 milioni di dollari. Le nuove avventure
dell’agente dell’FBI
Malcolm Turner che effettua le sue investigazioni travestito
da grassa signora, ossia Big Mommas:Like father like
son guadagna la quinta posizione nella classifica degli
incassi con 17 milioni di dollari.
Justin Bieber: Never say
never si ferma in sesta posizione, forse gli animi delle
quindicenni si sono placati. Il film raggiunge quota 48 milioni di
dollari di incasso alla seconda settimana di uscita. Unico
sopravvissuto in classifica tra i favori ti agli Oscar, The
king’s speech resiste in settima posizione e,
arrivato quasi al secondo mese di uscita, raggiunge un totale di
103 milioni di dollari.
Chiudono la classifica il thriller
The Roommate in ottava posizione, con quasi 33
milioni di dollari totali di incasso, il film di ambientazione
storica di Kevin McDonald, The eagle che
dall’uscita non si è spostato dalla zona bassa della classifica, e
infine la commedia con Natalie Portman e Ashton Kutcher, No
strings attached, diretta da Ivan Reitman. Tra le uscite
della prossima settimana troviamo Uomini di Dio,
film francese che ha vinto a Cannes, un nuovo film con Nicolas Cage
che cerca vendetta per sua figlia: Drive Angry 3D. Hall
pass, il nuovo film dei fratelli Farrelly che gioca
sull’idea che il tradimento è divertente solo se non lo si subisce,
è tra le altre uscite attese insieme con Shelter,
un thriller in cui la vita della psichiatra Julianne Moore è
minacciata da una delle personalità di un paziente.
Questo finesettimana pre-Oscar
vedrà al cinema diverse soluzioni per passare il proprio tempo,
dall’horror al thriller fino all’amore secondo Veronesi di Manuale
d’Amore 3. Ecco quello che ci aspetta dal 25 febbraio nelle sale
italiane.
127 Ore: il film racconta la storia
dell’escursionista Aron Ralston (interpretato da James Franco) e
della sua incredibile disavventura. Bloccato in uno stretto canyon
nello Utah, con un braccio schiacciato da un masso distaccatosi
dalla roccia, Ralston ricorda gli amici, le amanti (Clémence
Poésy vista in Harry Potter e i Doni della morte e in In Bruges),
la famiglia e le due escursioniste (Amber Tamblyn e Kate Mara)
incontrate poco prima e, nel corso di cinque giornate, combatte
contro gli elementi e i suoi stessi demoni, fino a scoprire di
avere il coraggio e la volontà di sopravvivere e liberarsi.
Attesissimo film di Danny Boyle che concorre ai prossimi Oscar con
diverse candidature.
Ladri di Cadaveri:
John Landis torna al cinema con una storia divertente e grottesca.
La storia vera di Burke e Hare, assassini per necessità che
vendevano i corpi delle loro vittime alla scienza nella Edimburgo
del 1820. A prestare il volto ai due storici mascalzoni, Simon Pegg
e Andy Serkis. Inutile dire che anche la storia più macabra, con lo
zampino di Landis, diventa divertente. Al cinema dal 25 febbraio
dopo la presentazione al Festival di Roma lo scorso ottobre.
Manuale D’Amore 3:
dopo il successo dei primi due capitoli, Veronesi torna al cinema
con le storie d’amore più disparate. Questa volta si tratta di tre
storie con il ‘solito’ super cast più una guest star d’eccezione,
Robert De Niro. “Giovinezza” racconta la storia di Roberto
(Riccardo Scamarcio), giovane e ambizioso avvocato, prossimo alle
nozze con Sara (Valeria Solarino), e del suo travolgente incontro
con Micol (Laura Chiatti), bellissima, provocante e misteriosa. In
“Maturità”, Fabio (Carlo Verdone), un affermato anchorman
televisivo, marito fedelissimo da 25 anni, viene travolto da un
incontro imprevisto e fatale. In “Oltre”, Adrian (Robert De Niro) è
un professore americano di storia dell’arte che da qualche anno,
dopo il divorzio dalla moglie, ha scelto di vivere a Roma.
Riservato e solitario frequenta poche persone tra cui Augusto
(Michele Placido), il portiere dello stabile in cui vive. Il
fulminante incontro con la figlia di quest’ultimo, Viola (Monica
Bellucci), sconvolgerà la sua tranquilla esistenza.
Unknow – senza
identità: il Dott. Martin Harris (Liam Neeson) è vittima
di un incidente stradale a bordo di un taxi. Dopo quattro giorni di
coma si risveglia, per scoprire che un altro uomo ha assunto la sua
identità e che persino sua moglie, in viaggio con lui, afferma di
non conoscerlo. Ignorato dalle autorità e braccato da un misterioso
assassino, Martin trova nella tassista del suo incidente un alleato
per scavare a fondo in un mistero che mette in gioco la sua
identità e la sua sanità mentale.
Body: il film
thailandese racconta di Chon, un ragazzo che ha problemi di
insonnia causata da incubi ricorrenti. Lui prova a non dormire
poichè spaventato da una ragazza che incontra spesso nei suoi
sogni. In questi, lei urla in cerca di aiuto prima che venga uccisa
in modo cruento. Ae, la sorella di Chon è preoccupata riguardo ciò
che il fratello vede nei suoi sogni, così gli presenta uno
psichiatra. Chon cerca di provare che quello che vede non è
soltanto un illusione. Finalmente scopre di avere ragione quando
alcuni indizi nei suoi incubi lo spingono verso l’obitorio numero
19. A metà tra il thriller e l’horror il film di Paween
Purikitpanya del 2007 ha finalmente trovato distribuzione in
Italia.
Shelter – identità
paranormali: l’ennesimo thriller psicologico a sfondo
orrori fico vede convolti la psichiatra Julienne Moore e il
paziente affetto da personalità multiple Jonathan Rhys Meyers. Il
fatto inquietante è che tutte le personalità dell’uomo sembrano
essere state vittime di brutali assassinii. Fenomeno
soprannaturale? Allucinazioni? Cara dovrà scoprirlo velocemente,
prima che il suo tempo finisca.
Tom Hardy ha
rilasciato alcune dichiarazioni riguardo il suo ruolo in
The Dark Knight Rises, il nuovo film di
Christopher Nolan nel quale interpreterà il
villain Bane. Hardy parlando a Channel 4 di Alam Carr ha parlato
della precedente apparizione del suo personaggio nei precedenti
film, dissociandolo da quest’ultimi:
Interpreti un villain di nome Bane.
Ora, diversi villain in Batman sono un po’ camp, non trovi? E’
abbastanza minaccioso secondo te? Hai visto il film di Joel
Schumacher Batman e Robin? Non sembra molto minaccioso, vero?
Sì, forse non è un buon esempio,
non dovrai indossare una maschera di cuoio, vero? Beh,
solo se mi piacerà. Scherzo, no, Christopher Nolan, come detto,
reinventerà tutto quanto, quindi non starei a pensare a Batman e
Robin di Joel Schumacher. Inoltre, devo mettere su un mucchio di
peso, perché le riprese inizieranno a maggio. Devo tornare a quelle
dimensioni ancora, devo arrivare ad almeno novanta chili, e adesso
ne peso meno di ottanta: ho tre mesi per arrivare a quel
punto.
Ricordiamo che del cast fanno parte
anche oltre a Christian Bale, Michael Caine, Morgan Freeman
e Gary Oldman, anche lo stesso Tom Hardy (Bane) e Anne
Hathaway (Selina Kyle/Catwoman). Il film verrà girato a partire da
maggio, e uscirà il 20 luglio 2012.
Protagonisti della commedia che
arriverà venerdì 25 febbraio sui nostri schermi sono Carlo Verdone,
Monica Bellucci, Michele Placido, Riccardo Scamarcio, Laura
Chiatti, Valeria Solarino, Donatella Finocchiaro e Robert De Niro.
In attesa di vedere il film sul grande schermo possiamo guardarci
il full trailer.
Sembrerebbe che Kevin Costner,
premio Oscar per Balla coi lupi,sia vicino ad entrare nel cast del
prossimo Superman diretto da Zack Snyder.
Nulla si sa su quale ruolo potrebbe interpretare: tra i ruoli
scoperti di primo piano ci sarebbe quello del Generale Sam Lane,
padre dell’amata di Clark Kent, Lois. Ricordiamo che riguardo
Superman è già stato deciso il protagonista, Henry Cavill.
Anteprima romana di “Il loro
Natale” di Gaetano Di Vaio alla Casa del Cinema – Mercoledì 23
febbraio 2011 alle ore 17.30 verrà presentata l’anteprima romana
del film documentario “Il loro natale” diretto da Gaetano Di Vaio
alla Casa del Cinema a Villa Borghese, Largo Marcello Mastroianni,
1 in sala Deluxe. L’anteprima del film inaugura la rassegna di
documentari italiani “In Questo Paese” curata da Maurizio Di
Rienzo.
L’ultima notizia arrivata in ordine
di tempo sull’imminente realizzazione di un nuovo rifacimento del
delizioso Pinocchio di Carlo
Collodi, inevitabilmente pone noi italiani in una
posizione che ci faccia quantomeno riflettere. Questo Pinocchio si
aggiunge a quei progetti internazionali che continuano a trarre
fonte d’ispirazione nella nostra tradizione letteraria (o
fumettistica come accade per l’imminente uscita del film targato
Warner Bros su Dylan Dog)…come se Hollywood abbia
esaurito i film da (ri)fare e i suoi romanzo da trasporre e inizi a
buttare l’occhio su altre strade percorribili, lasciate opzionabili
dalle mancanze dei legittimi proprietari. Sempre più opere italiane
vengono portate sul grande schermo da molti “stranieri” e sempre
meno progetti italiani hanno il coraggio di assumersi delle
responsabilità doverose e rendere giustizia ad un’italianità
letteraria e fumettistica che ci appartiene.
Qualcuno potrebbe nuovamente
iniziare a nascondersi dietro alle differenti dimensioni economiche
che intercorrono fra le due realtà produttive, il che è vero ma non
deve costituire un alibi dietro il quale nascondersi, soprattutto
in un momento così fiorente per i nostri incassi. Ma forse, il
punto nevralgico intorno a cui ruota questo nostro ormai storico
difetto è che a noi manca il coraggio. Manca il coraggio di sapersi
assumere dei rischi, di saper ricercare nuovo modelli produttivi,
di saper individuare quelle realtà visionarie che in altri paesi
riescono ad emergere, come quest’anno è successo a L’illusionista
di Sylvain Chomet, incantevole film d’animazione francese che
concorre agli Oscar per il miglior film d’animazione. Dove sono i
nostri coraggiosi e intrepidi produttori? … Riusciamo ad avere
successo, ma sempre seguendo la stessa formula, ormai esausta e
limitativa. Nonostante la chiarezza di questa situazione, qualcuno
tenterà di nascondersi dietro ad un secondo alibi, ovvero quello
dello spettatore italiano che vuole andare al cinema soltanto per
ridere e divertirsi. Anche questo assioma è destinato a crollare
sotto i numeri di una miriade di spettatori che sempre più premia
la qualità, il coraggio, la novità, come dimostra l’inesorabile
sconfitta di un certo cinema natalizio che sta iniziando a subire
battute d’arresto. Forse lo spettatore inizia finalmente a
mostrarsi intelligente. Allora perché non sfidarlo in un impeto
coraggioso e sorprenderlo, riuscire finalmente a dare una risposta
concreta ad un mercato sempre più ben disposto alla novità?
A questo proposito abbiamo sentito
uno degli autori più coraggiosi e “anomali” del panorama italiano:
Stefano Bessoni; che ci regala un affascinante e suggestiva sua
impressione sul tema.
Un burattino conteso
Guillermo Del Toro
è da molti anni uno di miei maggiori punti di riferimento nel
panorama cinematografico odierno, perché ritengo che abbia saputo
trovare un misurato compromesso tra una forte esigenza autoriale ed
una naturale commerciabilità. I suoi film sono avvincenti,
godibili, visivamente mirabolanti e al tempo stesso intrisi di un
proprio mondo poetico, nonché disseminati di stilemi personali
immediatamente riconoscibili.
Sapere quindi che da qualche tempo
Del Toro sia impegnato in un progetto per portare
Pinocchio sullo schermo in versione dark non può che darmi grande
piacere, soprattutto apprendendo che la colonna sonora sarà curata
da Nick Cave, altro mio grande chiodo fisso. Tuttavia Del Toro non
ne sarà il regista, ma solamente il produttore; il film sarà
infatti diretto da Gris Grimly, autore di un fumetto del 2002 su
cui si baserà la trasposizione cinematografica e da Mark Gustafson,
regista esperto in animazione stop-motion, tecnica con cui sarà
interamente realizzato. La produzione sarà invece della Jim Henson
Company.
Ma passato l’entusiasmo iniziale,
dovuto anche al fatto che il progetto sembra essere finalmente
partito, mi prende invece un grande sconforto. Perché direte voi?
Beh, semplicemente perché sono vent’anni che lavoro su Pinocchio e
perché vorrei tanto farne una mia trasposizione oscura e macabra.
Allo stesso tempo sono altrettanti anni che mi sento dire dai
produttori che è una cosa che non vende, che non interessa a
nessuno, che è un progetto fallito in partenza. Poi improvvisamente
arriva qualcuno dall’estero, come Del Toro appunto, che ci mette le
mani sopra e con grande gusto ed intelligenza ci lavora, e quelle
stesse persone gridano “Colpo di genio”, “perché non ci abbiamo
pensato noi?”, o peggio “Noi certe cose non le sappiamo proprio
fare”.
Sarebbe un discorso lungo da
approfondire in questa sede, un discorso che comunque mi ripropongo
di affrontare per riuscire a capire il perché oggi non si riesca
più a fare nulla in Italia, o quantomeno per avere una valvola di
sfogo e raccontare quello che un autore è costretto a subire nel
suo tentativo di costruire una personale forma di espressione
cinematografica in un panorama divenuto a dir poco
agghiacciante.
Comunque, torniamo al nostro caro
Pinocchio.
Ho amato il libro di Collodi fin da
quando ho memoria, poi, nel 1972, arrivò lo straordinario
sceneggiato televisivo di Luigi Comencini, che assieme alle
strabilianti illustrazioni di Enrico Mozzanti della prima edizione
del 1883, hanno formato immagini indelebili nella mia mente.
Ricordo che ero così colpito dalle gesta del burattino che il “mi
babbo”, per dirla alla Collodi, passò giornate intere sul terrazzo
di casa a fabbricarmi un Pinocchio in legno a grandezza naturale
con il quale condividere i miei giochi. Ho sempre odiato invece la
versione della Disney, con la sua ambientazione tirolese, con tanto
di calzoncini con le bretelline e orologi a cucù. Peccato che per
molti bambini sia diventata proprio quella l’immagine del “vero”
Pinocchio, vittima innocente insieme alla povera Alice di una bieca
quanto insensata forma di revisionismo fiabesco.
Quando iniziai a voler fare cinema cominciai a progettare una mia
versione del Pinocchio e ne 1997 feci un lavoro televisivo, molto
sperimentale, una sorta di video-teatro dal titolo “Pinocchio
apocrifo”, dove contaminavo la fiaba collodiana con influenze
lombrosiane e shelleyane. Il mio Pinocchio era una sorta di piccola
creatura muta ed infelice che portava su di se le stigmate
anatomiche del “Criminale nato” di Cesare Lombroso e la perturbante
diversità del Frankenstein. Nonostante il lavoro di allontanamento
dalla favola per ragazzi ricevetti addirittura il patrocinio della
Fondazione Collodi ed il lavoro ebbe un ottimo riscontro in molti
festival.
Certo si trattava di una cosa molto
sperimentale, forse un po’ troppo intellettuale, ma proprio
quell’esperienza mi spinse a cercare di trovare un compromesso più
commerciale per cominciare a pensare ad una mia trasposizione
cinematografica che potesse arrivare ad un pubblico più ampio.
Cominciai così a buttare giù idee e disegni, cercando appoggi
produttivi e strade valide per far partire il progetto.
Ma un bel giorno arrivò
Roberto Benigni, che in preda a suggestioni felliniane si approprio
di Pinocchio e ne fece una sua versione, sicuramente fedele allo
spirito originale, ma discutibile e bislacca per alcune scelte. Il
nostro Benigni era assolutamente più pinocchiesco in alcune
ispirate inquadrature de “La voce della luna” che nel film in
questione. D’altronde fu proprio Fellini ad instillare nell’attore
toscano il primo germe dell’idea di lavorare sulla realizzazione di
una nuova versione de “Le avventure di Pinocchio”; diceva sempre
che Roberto incarnava lo spirito di due grandi italiani: Giacomo
Leopardi e Pinocchio.
Così abbandonai l’idea,
riproponendomi di far passare qualche anno per far decantare la
questione e poi ricominciare a ripensare alla mia rivisitazione in
chiave macabra in un momento più adatto. Furono anni non del tutto
tranquilli, perché qua e là si riaffacciava ogni tanto qualche
Pinocchietto strambo, come quello del bel fumetto di Ausonia
“Pinocchio – Storia di un bambino” o dello spiazzante film
giapponese intitolato “964 Pinocchio”.
Ora Guillermo Del Toro ha dato nuovamente inizio al gioco. Che
fare? Beh, prima di tutto auguro tutta la fortuna possibile al
nuovo Pinocchio, rimanendo in fremente attesa di poter vedere
presto il risultato. Ed poi farò decantare ancora un po’ la cosa,
aspetterò altri anni, continuando a buttare giù idee e schizzi. Ma
nel frattempo mi dedicherò ad un altro progetto che parte anch’esso
da suggestioni lontane nel tempo, suggestioni arrivate da un opera
letteraria sicuramente meno famosa di Pinocchio, ma per me
altrettanto importante: I Galgenlieder (Canti della forca) dello
scrittore tedesco Christian Morgenstern.
Stefano Bessoni
La storia di Stefano (Bessoni) è
come poche, l’occasione mancata che colpisce chi invece
sarebbe pronto a coglierla ma che viene ostacolato da ciò che di
più meschino c’è al mondo: il denaro. Denaro che purtroppo serve
per realizzare sogni, ma che viene forse speso per qualcosa di più
simile al reale, qualcosa che non spaventa e non stimola
l’immaginazione. Meno male che ancora qualcuno c’è che non ha paura
di sognare e di lottare per un sogno. Forse, se ci fossero state
più persone come Stefano, Dylan Dog non sarebbe uscito dal nostro
paese, né avrebbe subito le mutilazioni di cui è stato vittima
nella prossima scialba trasposizione Made in Usa. Noi ci rivolgiamo
principalmente a quelli che materialmente possono fare qualcosa,
per aiutare questi pensieri, questi progetti, e ci auguriamo che
questa “lunga notte” finisca presto.
Femmine contro
Maschi si conferma ancora una volta primo, seguito
dagli ottimi esordi di Amore e altri
rimedi e Il cigno nero. A
eccezione de Il grinta, pessimi risultati
per le altre new entry.
Quello appena trascorso può essere
definito un weekend “di qualità”, considerando alcune nuove uscite:
è il caso delle pellicole nominate agli Oscar, rispettivamente
Il grinta, Il cigno nero e Un gelido
inverno. Ma a cantar vittoria sono in pochi.
Non era poi così certo che
Femmine contro Maschi si confermasse
anche questa volta al primo posto della classifica italiana; ma la
commedia italiana vi riesce per neppure 100.000 euro di differenza:
il film raccoglie infatti 1.347.000 euro, per un totale di 9,8
milioni, contro 1.274.000 euro incassati da Amore e
altri rimedi, la new entry più ‘forte’ della
settimana.
Segue il buonissimo debutto de
Il cigno nero, che ottiene 1.098.000
euro: merito di certo della curiosità nei confronti dell’ottima
performance della protagonista Natalie Portman, Oscar praticamente
annunciato.
Il grinta
registra un risultato simile, incassando 1.041.000 euro: il film
dei Coen è stato però distribuito in un maggior numero di copie
rispetto a Il cigno nero, ma bisogna anche ricordare che
il western non è un genere molto amato in Italia.
Sanctum
scende così al quinto posto, raccogliendo altri 712.000 euro per
2,4 milioni totali. Segue Immaturi,
arrivato a quota 14,1 milioni con altri 690.000 euro.
Il discorso del
re scende al settimo posto con 563.000 euro e arriva
all’ottimo totale di 4,3 milioni.
Sono il numero
quattro segna un esordio alquanto soddisfacente con i
suoi 526.000 euro. Seguono due pellicole in calo: I
fantastici viaggi di Gulliver (503.000 euro) e
Qualunquemente (286.000 euro), che
giungono rispettivamente a 2,8 e 15,6 milioni complessivi.
Da segnalare infine i pessimi
risultati delle altre novità del fine settimana: Il
padre e lo straniero (sedicesimo) raccoglie 71.000
euro, mentre Come lo sai? (diciottesimo)
incassa 64.000 euro in un numero di copie pari alla metà del film
diretto da Ricky Tognazzi.
Deludente anche il ventesimo posto de Un gelido
inverno, che ottiene solo 63.000 euro nelle 19 sale
in cui ha debuttato, ma con una media migliore rispetto a queste
new entry.
Harry A Pezzi è il
film del 1997 di Woody Allen con protagonisti oltre a
Woody Allen anche Billy Crystal, Demi Moore, Amy Irving,
Robin Williams e Stanley Tucci.Harry A
Pezzi (titolo originale “Deconstructing Harry”) è il 28°
film del maestro della commedia Woody Allen. Un regista che con i
suoi film è capace di auto-psicanalizzarsi ed essere molto
auto-ironico, cercando però al contempo di analizzare la società
contemporanea soprattutto nei suoi difetti.
Veniamo alla trama di Harry
A Pezzi. Harry Block è uno scrittore sessantenne in piena
crisi creativa (chissà, magari il cognome scelto da Allen per il
suo personaggio non è casuale), alla quale si somma la crisi nella
vita “reale” con le donne e gli amici. Ed ecco che Harry va
letteralmente a pezzi, e comincia a mescolare la realtà con le
storie dei suoi libri; i personaggi reali con quelli immaginari.
Tanto che per lo spettatore diventa impossibile capire quali sono i
personaggi di fantasia e quali sono quelli della realtà.
Anche in questo film, Woody Allen ironizza sull’amore e
sull’amicizia, ma soprattutto sul sesso e sui tradimenti. Dinamico
e divertente, questo lungometraggio vuole essere un messaggio
chiaro di Allen al pubblico: la sua frizzantezza, la sua voglia di
mettere in gioco le proprie idee, i suoi disastri sentimentali, i
suoi atteggiamenti buffi, non si sono assopiti. Tanto che negli
anni successivi, fino ai giorni nostri, proporrà altre commedie
gradevoli. Tra una gag e l’altra, intrecci esilaranti, disastri
amorosi vari, rapporti sessuali occasionali, il film scorre
piacevolmente, in una sorta di psico-analisi per Allen, in chiave
divertente, frizzante, autoironica.
Harry A Pezzi è
stato uno dei candidati al premio Oscar 1998 per la migliore
sceneggiatura originale, dopo essere stato anche presentato fuori
concorso al Festival di Venezia il 26 agosto 1997. E’
stato girato principalmente nella città di New York, scenario
frequente, come altre grandi metropoli, dei suoi film. Tra le
location vi è il Central Park e la West End Avenue, nel distretto
di Manhattan, e la Drew University a Madison, nel New Jersey.
Il cast di Harry A
Pezzi è di tutto rispetto: tra gli altri compaiono, oltre
che ovviamente Allen, anche Demi Moore, Amy Irving,
Robin Williams, Billy Crystal, Elisabeth Shue, e Tobey
Maguire.
Una Storia Veraè il film del 1999 di David Lynch con Richard Farnsworth e
Sissy Spacek.
“Una storia vera” (titolo originale
“The Straight Story”) è un film del 1999 diretto da David Lynch. Il
lungometraggio è un inno alle cose semplici della vita,
dell’importanza della famiglia. Fattori che la frenesia quotidiana
della vita moderna ci ha fatto ormai dimenticare. Non manca nemmeno
l’ironia
La trama racconta un fatto
realmente accaduto. Alvin è un 73enne che vive con una figlia
diventata un po’ ritardata dopo che le furono sottratti i figli a
seguito di un incendio, del quale non aveva neppure colpa. Venuto a
conoscenza che il fratello Lyle ha avuto un infarto, decide di
andarlo a trovare, benché i due non si parlino da molti anni. E
decide di farlo con un trattore, il mezzo che usava per lavorare
essendo un contadino, sebbene i due siano divisi da decine di
migliaia di Km. Alvin si trova nell’Iowa mentre Lyle nel Wisconsin.
Il viaggio sarà anche un modo per ripercorrere la propria vita,
oltre che confrontarsi con i nuovi valori dominanti nella società.
Evidente infatti la differenza tra il suo modo di vivere lento e
pacato da un lato e la frenesia del Mondo che lo circonda
dall’altro. Bella la metafora legata ai due fratelli meccanici che
litigano tra loro, che egli riprende facendogli notare l’importanza
dell’essere fratelli.
Una commedia piacevole, distensiva,
che ci mostra un’America solidale raramente vista nei film.
Piacevole anche la colonna sonora che accompagna la storia, scritta
da Angelo Badalamenti, basata soprattutto sulla fisarmonica.
Badalamenti palesa chiare origini italiane, benché ci tenga a
sottolineare che non ha parentele con il noto Boss. A rendere il
film distensivo, oltre che la musica, ci pensano anche le immense
praterie sullo sfondo. Un verde che nelle nostre grigie città
vediamo sempre meno. Si basa su un fatto realmente accaduto e
racconta la storia di Alvin Straight, un contadino dell’Iowa che
nel 1994, a 73 anni di età, intraprese un lungo viaggio a bordo di
una motofalciatrice per andare a trovare il fratello reduce da un
infarto. Straight coprì in 6 settimane la distanza di 240 miglia
(386 chilometri circa), viaggiando a 5 miglia all’ora (8 km/h).
Il titolo originale, “The Straight
Story”, contiene un gioco di parole, poiché vuol dire “La storia di
Straight” (il protagonista del film), ma anche “La storia dritta”,
che indica la linearità del viaggio effettuato da Alvin Straight
per raggiungere il fratello e, metaforicamente, la linearità della
vita. È stato presentato in concorso al 52º Festival
di Cannes.
Un film alquanto inusuale per il
regista David Lynch, giacché egli ha proposto solitamente film
“visionari” e/o che propongo il lato più oscuro e inquietante delle
cittadine americane. Tra i suoi film si ricordano “Velluto blu”,
“Strade perdute”, “Mulholland Drive”; ma anche il malinconico e
toccante “The Elephant man”, descrizione della vita difficile di un
uomo deformato. O ancora, la serie tv che sconvolse una generazione
a cavallo tra gli anni ’80 e ’90: “Twin Peaks”.
L’attore protagonista, Richard
Farnsworth, si suicidò nel 2000 ad un anno dall’uscita del film,
all’età di 80 anni. Si sparò all’interno del suo ranch in Lincoln,
nel Nuovo Messico. Prima del film, gli era stato diagnosticato un
cancro alle ossa in fase terminale. Si narra che girò questo film
soffrendo. Farnsworth aveva ancora tanta voglia di vivere.