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Roma FF12, oggi il Ferrari: Race to Immortality 

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Roma FF12, oggi il Ferrari: Race to Immortality 

Sarà presentato oggi a Roma FF12 in sala Petrassi, alle ore 22.30, Ferrari: Race to Immortality di Daryl Goodrich, che racconta la storia degli amori e delle perdite, i trionfi e le tragedie dei più coraggiosi piloti Ferrari in un’epoca in cui durante la settimana era tutto una “Dolce Vita”, mentre nel weekend un lancio di moneta era sufficiente per stabilire se dovevano vivere o morire.

Anni Cinquanta. L’alba dell’iconica Scuderia Ferrari nel campionato del Mondo di Formula Uno e la fatale decade nella storia delle corse automobilistiche. Mentre le auto rappresentavano i limiti dell’ingegno umano, i piloti vivevano al limite tra la vita e la morte. Al centro di tutto c’era Enzo Ferrari, imponente figura delle corse automobilistiche e patriarca della Ferrari, che si era spinto a sognare la velocità come nessun’altro. Tra la rigida concorrenza all’interno della sua squadra, due delle sue stelle, Peter Collins e Mike Hawthorn, hanno deciso che la loro amicizia è importante quanto vincere la prossima gara.

FERRARI: UN MITO IMMORTALE sarà disponibile in DVD e Blu-ray dal 6 Dicembre distribuito da Universal Pictures Home Entertainment Italia.

Ferrari: Race to Immortality

Ferrari: Race to Immortality racconta la storia degli amori e delle perdite, i trionfi e le tragedie dei più coraggiosi piloti Ferrari in un’epoca in cui durante la settimana era tutto una Dolce Vita, mentre nel weekend un lancio di moneta era sufficiente per stabilire se dovevano vivere o morire.

In merito al film il regista ha commentato: provenendo dal mondo dello sport, ho voluto fortemente fare questo film. La fine degli anni ’50 è stato un periodo incredibile per il mondo delle corse automobilistiche – alimentato da adrenalina, passione, glamour, trionfo e infine tragedia. Il limite tra la vita e la morte era sottilissimo e questi immensi corridori vivevano la vita al massimo, e molti di loro hanno pagato questo scotto a caro prezzo.

Al centro di tutte queste storie, un personaggio enigmatico, un uomo guidato dal desiderio di conquistare a tutti i costi la sua stessa vita che è stata toccata dalla tragedia, un uomo che da solo ha saputo definire un’epoca – Enzo Ferrari. È senza dubbio uno degli uomini più influenti di quel tempo, nessun prezzo era troppo alto, nessuna vita troppo preziosa nella lotta per la vittoria, ma era anche un uomo colpito dal dolore, che possedeva molti lati oscuri che ebbero una certa importanza nel definire tutto il suo vissuto.

Ferrari – Race to Immortality non ha solo un grande protagonista, ma ben sei. Ognuno con storie impegnative e un elemento che le accomuna: tutte hanno a che fare con questa gra

#RomaFF12: Jake Gyllenhaal re del tappeto rosso – foto

#RomaFF12: Jake Gyllenhaal re del tappeto rosso – foto

Jake Gyllenhaal è la grande star del tappeto rosso della Festa del Cinema di Roma 2017 di questa terza giornata.

L’attore ha calcato il red carpet dell’Auditorium per presentare Stronger, film che racconta la straordinaria parabola umana di Jeff Bauman, che ha scritto l’omonimo romanzo biografico che racconta i fatti della Maratona di Boston del 2013, a causa dei quali Bauman ha perso le gambe.

Anche il protagonista della storia e scrittore del romanzo era presente alla Festa. Ecco le foto:

Segui il nostro speciale della #RomaFF12

#RomaFF12: Jake Gyllenhaal presenta Stronger

#RomaFF12: Jake Gyllenhaal presenta Stronger

Jake Gyllenhaal e Jeff Bauman hanno presentato alla Festa del Cinema di Roma il film di David Gordon Green, Stronger, concedendosi alla stampa con una piacevolissima chiacchierata a metà tra vita, esperienze e ciò che un film del genere può insegnarci.

Bauman perse le gambe nell’attentato alla maratona di Boston nel 2013 e la sua esperienza e la sua vita sono state riportate sullo schermo da Gyllenhaal, che per l’occasione ha anche prodotto il film.

“Quando la storia è arrivata tra le mie mani era ancora in una prima bozza e mi sono ritrovato a ridere verso la quarta pagina, che non era assolutamente la mia aspettativa, sapendo di cosa avrebbe trattato la storia e avendo conosciuto Jeff solo attraverso la famosa foto”, ha raccontato l’attore, “Penso che la cosa che mi ha spinto a voler far parte di questa storia così intensamente è stato che probabilmente avevo tanto da imparare da essa. La storia parla di resilienza e difficoltà ma alla fine anche dell’opportunità che abbiamo di riemergere dai momenti più duri della nostra vita. E’ un tipo di storia che ha avuto un grande impatto sulla mia vita e avevo una grande voglia di raccontarla.”

Complici, molto in confidenza, amici, Jeff e Jake si scambiano sguardi e battutine durante le domande e così ricordano il loro primo incontro, “E’ divertente ripensarci ora, perché eccoci qui ad avere la nostra conversazione tradotta in un altra lingua e non avrei mai pensato di ritrovarmi qui seduto” racconta Jake Gyllenhaal e Bauman aggiunge, “Il nostro primo incontro è avvenuto proprio in un ristorante italiano a North Boston, quindi è come se si fosse chiuso il cerchio così!”.

“Incontrare Jeff mi metteva paura: lo vedete per come è, come si comporta, lui è una luce. Ha certe qualità che non avevo mai visto in nessun’altro e mi era stato dato il compito di interpretarlo. Mentre camminavo verso il ristorante ricordo di aver pensato ‘Non ce la faccio, non posso fare questa parte, non ho la sua forza, non c’è in me, non ci posso riuscire, non ho assolutamente quello che ha lui e che lo ha fatto sopravvivere’ e poi invece sono entrato e gli ho stretto la mano ed era la più dolce e gentile persona che avessi mai conosciuto e allora ho pensato che forse ce l’avrei potuta fare.” spiega l’attore, “Ed è proprio quello che fa lui, la sua presenza, la sua storia, fa pensare alle persone che magari ce la potrebbero fare anche loro, gli fa credere. Ed è esattamente così che mi sono sentito e da quel momento siamo diventati amici”.

Jeff Bauman è diventato un simbolo della maratona ma non si sente e non vuole essere chiamato eroe, “Non mi piace il termine eroe, sono altri gli eroi nella mia vita, persone a cui mi rivolgo e che mi ispirano per andare avanti. Ero alla maratona per amore, amore per mia moglie e madre di mia figlia, anche se ancora non era nata. Ero lì per essere presente nella vita di una persona, era la mia prima maratona e avevo creato un cartellone davvero bello, che mi piacerebbe avere ancora. Non sarei potuto essere altrove, semplicemente volevo esserci e non sono quindi un eroe, ma sono un ragazzo normale”.

Il film è focalizzato molto sullo stress post traumatico di Jeff Bauman e Jake Gyllenhaal si è preparato lavorando con amici che ne hanno sofferto, militari o persone che hanno avuto situazioni drammatiche nella loro vita e parlando con loro ha potuto capire una parte di quello che avevano provato.

La parte che ho apprezzato di più del film è proprio questa, non il dolore fisico, le cose che puoi vedere, ma le cose che non puoi vedere, cose che io non ho raccontato.” ha confessato Bauman,“Penso che Jake le abbia capite attraverso il mio viso, cosa potevo aver provato. Il film mostra situazioni anche molto cupe, come ad esempio la scena della doccia: quel momento racconta davvero tanto di come possa essere soffrire di PTSD. Quando succede qualcosa di traumatico la tendenza è l’isolamento e per i primi due anni e mezzo circa ho iniziato a bere per scappare dalla realtà, da quello che stava succedendo nella mia mente e al mio fisico. Il modo in cui Jake è riuscito ad interpretare quei momenti è stato molto potente e mi ha fatto piangere. Ho fatto tantissimi errori e il film me li ha mostrati, ma oggi finalmente sto bene mentalmente, sono un bravo padre e marito.”

“Sia quando scrivevo il libro che durante la produzione del film il mio pensiero era mostrare alle persone che si può sopravvivere, andare avanti e sopratutto non sono soli nella lotta, non è capitato solo a loro. Ed era anche importante fargli capire che devono chiedere aiuto alle persone che gli sono intorno, che è stata la parte più difficile per me nella mia convalescenza, cercare di riconnettermi con le altre persone. Spero quindi che arrivi un messaggio positivo dalla mia storia” riflette Bauman sul messaggio del film, e Gyllenhaal continua, “Quello che mi è parso di capire dalla storia di Jeff è che in quei momenti lui cercava di ricalibrare il suo mondo fisico, il suo mondo emotivo e psicologico, che gli era stato spazzato via letteralmente in un minuto. C’era una grande confusione intorno a lui e quella confusione l’ha anche portato a diventare un simbolo, che in realtà lo ha rallentato ancora di più perché sopraffatto da questa enorme responsabilità. La cosa affascinante della storia di Jeff era che doveva contemporaneamente essere un simbolo e cercare di capire cosa gli era successo fisicamente e penso che le intenzioni di tutti erano buone ma era diventato molto difficile per lui… E questo perché lui è semplicemente un essere umano. E questo è il tipo di combinazione per cui facciamo film, per mostrare a tutti che non è tutto così semplice come sembra e la parte più bella della sua storia è che ora è riuscito ad incarnare questo simbolo e se hai l’onore di parlare con lui, sai certo che ti renderà felice. Fa sentire tutti meglio intorno a lui e mi ha insegnato qualcosa grazie a quasi tutte le interazioni che ha avuto davanti a me.”

Infine Jake ha reso omaggio alle scelte della sorella Maggie Gyllenhaal, quando gli è stato chiesto come ma sia lui che la sorella facevano scelte artistiche e di carriera molto interessanti e di qualità: “Siamo stati cresciuti proprio come è stato cresciuto Jeff: da due genitori incredibilmente complicati. Quello che è sempre stato importante per loro è stato insegnarci a credere che c’è sempre qualcosa da dire che è più importante di noi stessi e ancora oggi agiamo pensando a questo… Facendo cose belle, ma facendo anche qualche casino. Anche se crediamo magari in cose diverse, mia sorella mi ha insegnato tantissime cose. Essere una donna in questa industria è molto diverso rispetto ad essere un uomo e penso che lei stia facendo un lavoro incredibile con la sua carriera, in particolare ora che si sta affermando come filmmaker, sta facendo parte della parte produttiva nella narrazione delle storie e affronta tantissime sfide da attrice. Per lei la cosa più importante è sempre stata essere onesta con se stessa come donna, in particolare riguardo a cosa significa per lei il femminismo e penso che lei sia bellissima. Essendo la mia sorella più grande, mi ha ispirato in talmente tanti modi, che è per questo che ho cercato di essere anche io così ma darei il merito anche ai miei genitori. A volte abbiamo successo, a volte arriva il fallimento, ma questo è quello in cui crediamo.”

 

Detroit: recensione del film di Kathryn Bigelow

Detroit: recensione del film di Kathryn Bigelow

Presentato in anteprima al Festival di New York, Detroit, ultimo film di Kathryn Bigelow, fa parte della Selezione Ufficiale della Festa del Cinema di Roman 2017. Il film affronta la tematica della discriminazione razziale attraverso il racconto delle sanguinose rivolte che hanno coinvolto la città del Michigan.

Detroit, la trama: Luglio 1967. La città è teatro di rivolte, arresti a tappeto, lancio di sassi, saccheggi di vetrine e spari anche contro persone non armate. Il film si concentra su un fatto accaduto realmente: una sanguinosa e violenta retata della polizia in un hotel che coinvolge tre agenti e in cui rimangono uccisi tre afroamericani.

La sceneggiatura firmata da Mark Boal, consueto collaboratore della regista, si concentra anche sulla violenza verbale e psicologica, soprattutto a opera dei corpi armati ai danni delle vittime designate. Kathryn Bigelow  sceglie la macchina a mano per seguire i protagonisti che si trovano con le spalle al muro, senza mai perderle di vista. Le inquadrature insistono su primi e primissimi piani per evidenziare la disperazione degli interrogati e la durezza degli agenti coinvolti nella retata. Questo stile è in netto contrasto con la prima parte del film che invece adotta uno sguardo più ampio sulla città sotto assedio e la folla in rivolta.

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La violenza coinvolge sia masse che individui: la macchina da presa diventa un cacciatore, volto a scovare anche la preda più piccola e nascosta così da sterminarle tutte. A questo uso della macchina, la Bigelow associa anche filmati di repertorio: foto, articoli di giornale, materiale eterogeneo che risalgono a quell’anni, a quei giorni. I documenti fotografici reali esasperano ulteriormente le immagini già crude del film, mostrando i tragici effetti della violenza.

Protagonisti del film sono Will Poulter e John Boyega. Il primo, nel 2014 ha vinto il premio BAFTA dedicato ai giovani, e nel corso degli ultimi anni ha confermato il suo talento, sia con The Revenant – Redivivo di Alejandro G. Inarritu, che in questo caso, diretto dal premio Oscar Bigelow, per la quale interpreta Krauss, un agente di polizia particolarmente spietato. Al suo fianco Boyega, che presto vedremo alla guida di Gipsy Avengers in Pacific Rim: Uprising, e che ha trovato il successo nel ruolo di Finn per la terza trilogia di Star Wars. A Boyega è affidato un ruolo più delicato, quello dell’agente che testimonia la violenza sulla sua stessa “gente”, un personaggio sfaccettato che il giovane interprete porta a casa con successo.

Attraverso la narrazione di eventi avvenuti oltre 50 anni fa, la Bigelow riesce comunque a raccontare uno spaccato di tragica quotidianità in un’America ancora lontana, soprattutto nell’Era di Trump, dalla pace e dall’accettazione alla base di una convivenza civile.

La regista, si dimostra ancora una volta all’altezza di storie dure, con uno sguardo sempre curato e dettagliato, senza risparmiare o edulcorare le vicende narrate.

Abracadabra: recensione del film di Pablo Berger #RomaFF12

Abracadabra: recensione del film di Pablo Berger #RomaFF12

Una commedia nera in salsa aioli, l’intingolo che fa litigare le coppie. Un gazpacho sballato, come quello di Donne sull’orlo di una Crisi di Nervi, che mescola generi cinematografici e cita tanti autori, da Alex De La Iglesia a Pedro Almodovar, ma anche in maniera bizzarra e irriverente lo Scorsese di Taxi Driver,  o ancora  La Febbre del Sabato Sera e L’esorcista. O come la definisce il regista Pablo Berger, Abracadabra è una commedia ipnotica.

In un barrio popolare alla periferia di Madrid, Carmen e Carlos portano avanti in maniera stanca e senza un via di uscita il loro matrimonio. Hanno una figlia adolescente, fissata con Madonna e dai modi alquanto veraci. Carlos è un autentico bifolco, che fa del calcio una ragione di vita e che non degna Carmen neanche di uno sguardo. Lei è una bella donna, devota al marito, ma avrebbe certamente sognato una vita completamente differente. Un giorno, obbligato dalla moglie a partecipare a un matrimonio, Carlos si sottopone ad un esperimento di ipnosi. Si offre volontario per beffarsi del cugino di Carmen, Pepe, da sempre invaghito della donna e mentalista dilettante.

Durante lo spettacolo però succede qualcosa di totalmente  imprevisto, che movimenterà non poco la grigia esistenza di Carlos, Carmen e Pepe.

Pablo Berger è tra i nuovi registi spagnoli da tenere attentamente d’occhio. Il suo Blancanieves (2012), vincitore di dieci premi Goya, era un vero gioiello cinematografico, diverso dalle tante altre trasposizioni della fiaba dei Grimm. Completamente muto, con i sette nani toreri, in un bianco e nero annegante, che ricordava i chiaroscuri della Quinta del Sordo di Goya o le sue incisioni. Originale e colto, con riferimenti e suggestioni che andavano da Louis Bunuel a Guillermo del Toro.

Con Abracadabra Berger spiazza, perché la confezione è apparentemente assai simile a molte pellicole di Alex De La Iglesia, come La Comunidad o Crimen Perfecto. D’altronde aveva esordito proprio al fianco di De La Iglesia. Però mantiene poi una sua straniante originalità e organizza la baraonda cafona dei tanti personaggi con eleganza, puntellando il grottesco con inquadrature che lasciano interdetti, composte con una prospettiva particolare, una simmetria ricercata, inusuale a una commedia; arriva addirittura a inserire dei time-lapse sul traffico caotico di Madrid, per dare un’idea visiva dello scorrere del tempo.

Abracadabra è pieno di trovate e invenzioni bislacche, come i churros cosparsi di zucchero che divengono oggetto del desiderio, le mutande di superman infilate a forza ad un moribondo, la coppia erotomane che ricostruisce fedelmente le esposizioni dell’Ikea, l’agente immobiliare che inscena l’agghiacciante ricostruzioni di un omicidio.

Gli attori sono azzeccatissimi, ben concertati e caratterizzati alla perfezione, sia nei volti che nell’abbigliamento e sono inseriti in un contesto kitsch ormai divenuto stilema di una nuova onda di commedia grottesca iberica. Maibel Verdù spicca su tutti e riesce ad alternare una gamma infinita di registri recitativi, muovendosi con naturale disinvoltura dalla commedia al dramma, tuffandosi a capofitto anche nel sovrannaturale, senza mai perdere di credibilità.

Abracadabra è una baraonda chiassosa e colorata, che diverte etiene incollati allo schermo, talmente assurda e imprevedibile da non lasciare mai nulla per scontato. È autentico cinema “cabrón”, e funziona!

The Party: recensione del film di Sally Potter #RomaFF12

The Party: recensione del film di Sally Potter #RomaFF12

Un bianco e nero vivido ci accoglie in scena, con Kristin Scott Thomas che apre una porta e punta una pistola verso gli spettatori. Inizia così The Party, film scritto e diretto dalla regista inglese Sally Potter, presentato nella selezione ufficiale della Festa del Cinema di Roma 2017.

Ci ritroviamo subito dopo, qualche ora prima, in una modesta casa borghese inglese, durante i preparativi di una festa. Lei, Janet, in cucina prepara delle tartine, lui, Bill, è intento a mettere su un vinile e versarsi del vino rosso. Ma c’è qualcosa di strano: lei continua a ricevere telefonate di congratulazioni e lui sembra perso, fissa il vuoto e si lascia andare su una poltrona in salotto.

Lei è Kristin Scott Thomas, lui Timothy Spall, che iniziano ad accogliere uno ad uno gli amici. C’è la cinica migliore amica di Janet, April (Patricia Clarkson), con il suo partner che la fa innervosire, lo spirituale Gottfried (Bruno Ganz). C’è la collega e amica di Bill, Martha (Cherry Jones), insieme alla sua compagna molto più giovane di lei, Jinny (Emily Mortimer). E infine c’è l’affascinante Tom (Cillian Murphy), un banchiere che poco c’entra con il gruppo di amici, marito di una collega della coppia, che però lo raggiungerà in tempo per il caffè.

Ed è anche da lui, dalla sua entrata in scena in particolare, che si capisce che quella non sarà una serata come le altre: quella che era nata come una serata di festa per celebrare un traguardo lavorativo della padrona di casa, diventerà poco dopo un momento di incontro e scontro inevitabile, dove nessun personaggio riuscirà a nascondersi, affrontando le conseguenze di verità rivelate inaspettatamente.

The Party regge grazie a tre elementi principali, tutti e tre collegati tra di loro e che non potrebbero essere così forti, se non esistessero gli altri due. La sceneggiatura, la regia e la bravura dei suoi interpreti.

Sally Potter ha sviluppato una sceneggiatura quasi teatrale, improntata sul ritmo, le pause e l’equilibrio precario, ma ben riuscito, tra commedia e dramma. Le situazioni più comiche si scaturiscono dai momenti più tragici, le freddure migliori arrivano dopo le rivelazioni più shockanti e la risata è assicurata anche se la situazione è più amara che dolce e spinge alla riflessione. Su questo testo, la Potter non poteva sbagliare nella regia, facendosi aiutare anche dalla scelta di un intenso bianco e nero che non distrae dalle storie personali de gruppo di amici, ma anzi punta i riflettori sui particolari.

Leggi anche: Sally Potter presenta il suo film The Party in conferenza stampa

The PartyMa The Party non avrebbe avuto lo stesso risultato se Sally Potter non avesse scelto un mix di amici vecchi e nuovi ad interpretare i suoi personaggi. La scena viene spesso rubata dalla verve comica della coppia Patricia Clarkson e Bruno Ganz, dall’inquietudine che traspare dagli occhi di Cillian Murphy e dall’apatia di Timothy Spall, ma le performance intense della Scott Thomas e degli altri, confermano la bravura di un certo tipo di attore che non ha bisogno di nascondersi e riesce ad esprimere se stesso attraverso il fisico, uno sguardo o una semplice battuta, anche se bloccato nello spazio ristretto del salotto di una festa.

Il film verrà distribuito in Italia da Academy Two a Febbraio 2018 e speriamo riceva l’attenzione dovuta anche dal pubblico in sala che non si pentirà di aver passato 71 minuti in compagnia della Potter e dei suoi attori.

Sense8: le foto dal set sulla Costiera Sorrentina – ESCLUSIVA

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Sense8: le foto dal set sulla Costiera Sorrentina – ESCLUSIVA

Continuano le riprese del finale di Sense8 e dopo il set parigino, la troupe e il cast al completo si è spostato a Napoli e in particolare sulla Costiera Sorrentina, dove sono state scattate queste immagini esclusive dal set.

Alcuni membri del cast hanno anche posato insieme ai fan. Nelle foto, che ritraggono Max Riemelt, Brian J. Smith, Naveen Andrews e Toby Onwumere in una pausa dalle riprese, si può notare anche Lana Wachowski.

Foto di © Cinefilos.it
Foto di © Cinefilos.it
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sense8
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Sense8
Foto di © Cinefilos.it
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Dopo la chiusura dello show dopo due stagioni, la piattaforma Netflix ha dato il via libera a un episodio finale. Nel cast dell’episodio conclusivo torneranno Tuppence Middleton, Brian J. Smith, Doona Bae, Aml Ameen, Max Riemelt, Tina Desai, Miguel Ángel Silvestre e Jamie Clayton.

#RomaFF12: Go Nagai racconta il suo Mazinga Z Infinity

#RomaFF12: Go Nagai racconta il suo Mazinga Z Infinity

La Festa del Cinema di Roma 2017, in collaborazione con Alice nella città, presenta in anteprima mondiale Mazinga Z Infinity, il nuovo film del robot gigante creato da Go Nagai 45 anni fa e ancora amatissimo.

Proprio il maestro Nagai è arrivato a Roma per raccontare il nuovo film e il futuro del personaggio.

Qual è il rapporto di Mazinga Z e di Go Nagai con l’Italia?

“Quando l’ho pensato, ho indirizzato la mia creatura ai bambini giapponesi. Non immaginavo assolutamente che avrebbe attraversato l’oceano e il mondo, quindi il fatto che i temi scelti, questo robot, abbiano superato il mare e siano arrivati fino a qui, mi rende molto felice.”

I temi del manga sono sempre stati più duri e crudi di quelli dell’animazione, ma adesso questa differenza è stata appianata. Oggi, Mazinga Z parla sempre ai bambini o a un pubblico di adulti?

“Gli stessi protagonisti della storia sono cresciuti e affrontano temi più complicati adesso, ma l’assunto di base è sempre lo stesso, si combatte contro il male. Resta completamente attuale.”

Il film racconta di un nuovo inizio di Mazinga Z. È corretto interpretarlo in questi termini?

“Per la prima volta una storia di Mazinga Z non parte da un’ambientazione giapponese, quindi, sì, c’è un’apertura, un nuovo inizio che speriamo possa dare nuovi frutti. Sicuramente ci saranno nuove strade. Io ho sempre puntato sul futuro e lo stile nuovo del nuovo personaggio preannuncia nuove battaglie.

Il futuro sarà quello che porta in direzione di un universo condiviso in cui si riuniscono le sue creazioni e che dovrebbe ricalcare quello realizzato da Marvel al cinema.”

Il Dottor Inferno dice di essere tornato perché gli umani, i politici sono stati incapaci di gestire la pace. Il nuovo Mazinga Z riflette su questo aspetto?

“Era importante che si parlasse di valori condivisi. I protagonisti si riuniscono per avere uno scopo, un obbiettivo comune. Era importante anche che i temi trattati venissero attualizzati. Nella società moderna, la diversità di pensiero può essere qualcosa di pericoloso, nel senso che se non si ha uno scopo comune è difficile affrontare le difficoltà.”

Come sta vivendo il nuovo conservatorismo in Giappone?

“La situazione politica giapponese va verso la chiusura, certo io non mi andrò ad esporre per quello che penso in merito. Ma da persona sono preoccupato per quelle che possono essere le relazioni con i Paesi che ci stanno intorno, e vorrei che venisse data la priorità alla coesistenza pacifica.”

#RomaFF12: Caterina Murino sul red carpet, foto

#RomaFF12: Caterina Murino sul red carpet, foto

Caterina Murino, attrice italiana che ha fatto innamorare James Bond (è stata una Bond Girl in Casino Royale), è stata protagonista del red carpet della Festa del Cinema di Roma 2017, dove ha presentato Cinque, il cortometraggio di cui è protagonista.

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Chris Hemsworth e Mark Ruffalo intagliano zucche a tema Thor

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Chris Hemsworth e Mark Ruffalo intagliano zucche a tema Thor

In attesa che finalmente Thor Ragnarok debutti negli USA, i protagonisti Chris Hemsworth e Mark Ruffalo si sono divertiti ad intagliare zucche che richiamano i loro personaggi nel Marvel Cinematic Universe. Il video è molto divertente perché i due iniziano una sfida all’ultima zucca intagliata a tema Thor Ragnarok:

 

LEGGI ANCHE: Thor: Ragnarok, Taika Waititi su una scena eliminata dal film

Thor: Ragnarok – il trailer italiano

Thor: Ragnarok è diretto da Taika Waititi. Nel cast del film Chris Hemsworth sarà ancora Thor; Tom Hiddleston il fratello adottivo di Thor, Loki; Il vincitore del Golden Globe e Screen Actors Guild Award Idris Elba sarà la sentinella di Asgard, Heimdall; il premio Oscar Sir Anthony Hopkins interpreterà nuovamente Odino, signore di Asgard.

Nelle new entry invece si annoverano il premio Oscar Cate Blanchett (Blue Jasmine, Cenerentola) nei panni del misterioso e potente nuovo cattivo Hela, Jeff Goldblum (Jurassic Park, Independence Day: Resurgence), che sarà l’eccentrico Grandmaster, Tessa Thompson (Creed, Selma) interpreterà Valkyria, mentre Karl Urban (Star Trek, il Signore degli Anelli: il ritorno del re) aggiungerà la sua forza nella mischia come Skurge. Marvel ha anche confermato che Mark Ruffalo riprenderà il suo ruolo di Bruce Banner / Hulk nel sequel. La data d’uscita è prevista per il 3 novembre 2017.

La trama di Thor: Ragnarok – “In Marvel Studios’ Thor Ragnarok, Thor è imprigionato dall’altro lato dell’universo senza il suo formidabile martello e si trova in una corsa contro il tempo per tornare a Asgard per fermare il Ragnarok, la distruzione della sua casa e la fine della civiltà asgardiana, dalle mani di una nuova e potente minaccia, la spietata Hela. Ma prima deve sopravvivere a una mortale lotta tra gladiatori che lo metterà contro uno dei suoi amici Avengers, l’incredibile Hulk.

Black Panther: rivelate le action figure Marvel Legends

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Black Panther: rivelate le action figure Marvel Legends

Mentre l’entusiasmo sul film Black Panther cresce dopo aver visto il primo trailer, oggi sono state rivelate le prime foto della linea ufficiale di action figure sui protagonisti del prossimo film Marvel Studios targate Hasbro. Trai i personaggi oltre al protagonisti anche Erik Killmonger e Nakia.

A rivelarle è stato il THR. 

Le action figure sono acquistabili negli USA con la versione premium che comprende anche una serie di armi in dotazione e il prezzo è di 19.99 dollari.

Marvel Comics rivela il nuovo look di Thor Odinson

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Marvel Comics rivela il nuovo look di Thor Odinson

Marvel Comics ha rivelato i primi concept del nuovo look di Thor Odinson firmati dal fumettista Russell Dauterman. Il Vice President & Executive Editor di Marvel ha così commentato: “”Questo design di Thor Odinson di [Russell Dauterman] è fantastico”:

Questo nuovo design dà a Thor un nuovo costume con ornamento d’oro che si abbina al suo braccio e martello. Inoltre ripristina anche il casco alato di Thor, ma mantiene i suoi capelli corti e la barba, forse per rendere il personaggio più coerente con la versione cinematografica recente di Chris Hemsworth.

Vi ricordiamo che al cinema Thor è tutt’ora protagonista del terzo film dedicato al dio del tuono Thor: Ragnarok, diretto da Taika Waititi. Nel cast del film Chris Hemsworth sarà ancora Thor; Tom Hiddleston il fratello adottivo di Thor, Loki; Il vincitore del Golden Globe e Screen Actors Guild Award Idris Elba sarà la sentinella di Asgard, Heimdall; il premio Oscar Sir Anthony Hopkins interpreterà nuovamente Odino, signore di Asgard.

Nelle new entry invece si annoverano il premio Oscar Cate Blanchett (Blue Jasmine, Cenerentola) nei panni del misterioso e potente nuovo cattivo Hela, Jeff Goldblum (Jurassic Park, Independence Day: Resurgence), che sarà l’eccentrico Grandmaster, Tessa Thompson (Creed, Selma) interpreterà Valkyria, mentre Karl Urban (Star Trek, il Signore degli Anelli: il ritorno del re) aggiungerà la sua forza nella mischia come Skurge. Marvel ha anche confermato che Mark Ruffalo riprenderà il suo ruolo di Bruce Banner / Hulk nel sequel. La data d’uscita è prevista per il 3 novembre 2017.

La trama di Thor: Ragnarok – “In Marvel Studios’ Thor Ragnarok, Thor è imprigionato dall’altro lato dell’universo senza il suo formidabile martello e si trova in una corsa contro il tempo per tornare a Asgard per fermare il Ragnarok, la distruzione della sua casa e la fine della civiltà asgardiana, dalle mani di una nuova e potente minaccia, la spietata Hela. Ma prima deve sopravvivere a una mortale lotta tra gladiatori che lo metterà contro uno dei suoi amici Avengers, l’incredibile Hulk.

Thor: Ragnarok – la recensione

Thor: Ragnarok, Taika Waititi su una scena eliminata dal film

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Thor: Ragnarok, Taika Waititi su una scena eliminata dal film

ATTENZIONE – L’ARTICOLO POTREBBE CONTENERE SPOILER SU Thor: Ragnarok

thor ragnarok Thor: Ragnarok

Taika Waititi, regista di Thor: Ragnarok, aveva già commentato la scelta di sostituire la location della distruzione del Martello di Thor per mano di Hela. Da un vicolo di New York, la scena è stata infatti spostata all’aria aperta, come si vede già nei contenuti promozionali del film.

Ma parlando con CBM, il regista ha commentato un’altra scelta per il cut finale del film, una scelta che riguarda il personaggio di Odino. Durante la lavorazione di Thor: Ragnarok, abbiamo visto delle foto che ritraevano Anthony Hopkins nei panni di un barbone per le strade di New York. La scena doveva rappresentare Odino esiliato da Asgard a opera di Loki, come si vede nel finale di Thor: The Dark World.

La decisione di togliere la scena è stata così spiegata:

“Odino era originariamente a New York, e le persone non capivano perché. Semplicemente non sembrava realistico avere Odino in giro per la città. Lui è uno degli esseri viventi più potenti dell’universo e perché mai dovrebbe girare per New York sperduto. Quello che volevamo fare era onorare il potente re che era stato e portarlo in Norvegia, su quella scogliera, ci è sembrato più degno che farlo morire a New York.”

Questa scelta, e quella di cambiare location alla distruzione del Martello, sono precisamente legate, dal momento che le due scene, la morte di Odino e la distruzione del Mjöllnir, sono consequenziali.

Thor: Ragnarok – il trailer italiano

Thor: Ragnarok è diretto da Taika Waititi. Nel cast del film Chris Hemsworth sarà ancora Thor; Tom Hiddleston il fratello adottivo di Thor, Loki; Il vincitore del Golden Globe e Screen Actors Guild Award Idris Elba sarà la sentinella di Asgard, Heimdall; il premio Oscar Sir Anthony Hopkins interpreterà nuovamente Odino, signore di Asgard.

Nelle new entry invece si annoverano il premio Oscar Cate Blanchett (Blue Jasmine, Cenerentola) nei panni del misterioso e potente nuovo cattivo Hela, Jeff Goldblum (Jurassic Park, Independence Day: Resurgence), che sarà l’eccentrico Grandmaster, Tessa Thompson (Creed, Selma) interpreterà Valkyria, mentre Karl Urban (Star Trek, il Signore degli Anelli: il ritorno del re) aggiungerà la sua forza nella mischia come Skurge. Marvel ha anche confermato che Mark Ruffalo riprenderà il suo ruolo di Bruce Banner / Hulk nel sequel. La data d’uscita è prevista per il 3 novembre 2017.

La trama di Thor: Ragnarok – “In Marvel Studios’ Thor Ragnarok, Thor è imprigionato dall’altro lato dell’universo senza il suo formidabile martello e si trova in una corsa contro il tempo per tornare a Asgard per fermare il Ragnarok, la distruzione della sua casa e la fine della civiltà asgardiana, dalle mani di una nuova e potente minaccia, la spietata Hela. Ma prima deve sopravvivere a una mortale lotta tra gladiatori che lo metterà contro uno dei suoi amici Avengers, l’incredibile Hulk.

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Deathstroke: Joe Manganiello pubblica una foto della maschera

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Deathstroke: Joe Manganiello pubblica una foto della maschera

Come molti di voi sapranno Joe Manganiello doveva interpretare Deathstroke nel film di Batman scritto da Ben Affleck e Geoff Johns ma quel progetto non ha mai avuto luce per le ragioni che tutti conosciamo.

Da quando è poi subentrato Matt Reeves sembrava che il personaggio fosse destinato a non apparire più nell’universo. Soprattutto dopo che abbiamo appreso che il personaggio che in precedenza sarebbe dovuto apparire alla fine di Justice League fu tagliato dal montaggio del film.

Beh sembra proprio che Slade Wilson vivrà per combattere ancora un altro giorno, come abbiamo appreso all’inizio di questa settimana. Infatti, Gareth Evans prenderà il timone di un film standalone proprio sul personaggio che sarà interpretato ancora da Joe Manganiello.

Al momento quando esattamente il film sarà lanciato non lo sappiamo ma l’attore ha diffuso su twitter un’immagine che ritrae la maschera di Deathstroke danneggiata, che è un chiaro riferimento al fatto che il personaggio sta per fare il suo debutto nell’universo cinematografico DC.

 

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Deathstroke (noto anche come Deathstroke the Terminator), il cui vero nome è Slade Wilson, è un personaggio dei fumetti DC Comics creato da Marv Wolfman e George Pérez, apparso per la prima volta sulle pagine di The New Teen Titans vol. 1 n. 2 del dicembre 1980. Deathstroke si è classificato al 32º posto nella classifica dei più grandi cattivi nella storia dei fumetti

#RomaFF12, Xavier Dolan: sognare in grande e abbracciare il dolore

Capelli ossigenati, sorriso timido, ma sguardo furbo e sfacciato; si presenta così Xavier Dolan alla Festa del Cinema di Roma. Protagonista di uno degli Incontri Ravvicinati con il pubblico, il regista canadese, bambino prodigio che vanta già sei film (e uno in arrivo) a 28 anni, ha incantato la sala.

Arguto e buffo, umile anche se sempre puntuale, capace di caricare di senso profondo affermazioni che dalle labbra di qualcuno altro risulterebbero banali o frasi fatte, Dolan ha raccontato il suo rapporto con il cinema in sei momenti, ognuno corrispondente a uno dei suoi film. Ma prima, allo sceneggiatore, attore, regista, produttore, montatore si chiede: meglio la regia o la recitazione?

“Credo di preferire la recitazione. Ma quando dirigo continuo a recitare, recito insieme a degli attori che ammiro, questo tipo di recitazione non è però gratificante come quando sono io a recitare, però per un paio di anni ho fatto così, anche perché imparo tanto da ciò che vedo davanti a me, dagli attori che si trasformano sotto i miei occhi. Da loro posso imparare moltissimo, e recitare mi manca. Vorrei farlo di più nei prossimi anni, sia per me che per altri.”

J’ai Tué ma Mère, primo film di Xavier Dolan

A 21 anni. Uno dei motivi per cui il tuo cinema ha conquistato il mondo è perché si sente da subit un’urgenza. Cosa ti ha spinto a girare questo film?

“È stato il mio primo film. Non avevo girato corti, non ho fatto una scuola di cinema, il mio nome è impresso soltanto sul diploma del liceo. Quindi volevo iniziare a recitare ma come attore ero disoccupato e così ho detto ‘Potrei ingaggiarmi da solo per raccontare questa sceneggiatura che parla della mia vita’. Non c’era competizione, ero l’unico contendente al ruolo.

Poi però le cose si sono complicate, ho dovuto investire tutti i miei soldi per produrlo e nessuno credeva sarebbe stato possibile, nessuno tranne gli attori che mi hanno aiutato. Tu parli di urgenza, necessità, io parlo di problema. Il film lo racconto per risolvere un problema che vedo nella mia vita e nella società. In questo caso ho deciso di raccontare la mia vita, risolvendo il problema dell’iniziare la mia vita come artista. Siccome gli altri non me lo permettevano me lo sono permesso da solo.”

Les Amours imaginaires, il piano sequenza e la tensione

Come mai hai deciso di girare la scena (mostrata in sala al pubblico, ndr) in piano sequenza senza stacchi?

“Anche se non posso parlare per gli altri registi, sembra che dai film che ho visto, i registi amano le inquadrature senza stacchi. La tensione che si crea con questo espediente. Ma per il regista e per la troupe è una grandissima sfida, perché tutte le persone che lavorano al film vengono coinvolte. È una coreografia che richiede l’attenzione di tutti. E poi dopo tanto lavoro la maggior parte delle volte non funziona. Io però non voglio che queste scene prendano il sopravvento e schiaccino il ritmo del film. Nessun idea può prendere il sopravvento sulla storia che rimane al centro.”

C’è stato un punto di riferimento cinematografico nella tua formazione di regista?

“Diciamo che ho visto qualche film, ma non troppi. Vedo sempre la delusione nella faccia della gente quando mi parlano di un film e poi scoprono che non l’ho visto. Mi vergogno un po’ di questo. Ci sono dei buchi da riempire nella mia cultura cinematografica, ma, ad esempio, nella scena che abbiamo visto di J’ai Tué ma Mère il riferimento è a Wong Kar-wai. La scena alla In the mood for love è così evidente che se il regista la vedesse potrebbe farmi causa. C’è una citazione da un libro, Steal like an artist, sulla possibilità di diventare artisti, ti dà dei consigli se hai potenziale. Qualcuno può pensare che sia superficiale ma io ci ho trovato tanti suggerimenti. La mia citazione preferita è ‘Inizi che sei finto, e poi diventi sei reale’.

Se leggerete questo libro, vedrete che molti artisti dicono che il furto artistico è naturale ed è spontaneo perché tu non sai chi sei fino a che non crei, con il cuore, con l’anima. Lo puoi fare attraverso il furto, ad esempio, sempre la scena in cui cito Wong Kai-wai: chiaramente avevo visto altri rallenty prima in altri film, ma è stato In the mood for love a farmi trovare la mia idea. Ripeti delle idee fino a che non le fai tue. Il rallenty adesso lo uso a modo mio. Credo di aver smesso questo lavoro di prestito con Tom à la ferme. È stato lì che ho cominciato a capire meglio mes tesso, ma puoi farlo solo dopo che hai creato. Il processo di crescita è fatto da prestiti e cose che hai rubato ad altri. Anche Coppola dice in questo film ‘Noi vogliamo che voi rubiate da noi, rubate le nostre inquadrature, le nostre scene, fino a quando arriverà il giorno che saranno gli altri a rubare da voi’”

Laurence Anyways, il rapporto tra felicità e libertà

I tuoi personaggi sono sempre divisi tra libertà e felicità. Tutti cercano la libertà di essere se stessi ma non tutti riescono poi a raggiungere la felicità.

“Penso che ci siano tanti film su persone che non hanno speranza e fortuna e non lottano per averli. Per ottenere qualcosa, oppure lottano ma tutto gli è contro. Sono film che sono molto popolari, li chiamano la pornografia della povertà.in qualche modo amano parlare di persone che non sono privilegiate, reietti che vivono ai margini della società. Ma questi film non danno mai una vera possibilità ai protagonisti.

Io invece amo i combattenti, quelli che hanno speranza. Alla fine la vita è questo: cercare di combattere per quello che sei, ma la società non lo apprezza perché quando si è autentici si mettono le altre persone di fronte alla falsità e ai fallimenti. Ci sono persone che si sono arrese, ma ci sono anche tanti sognatori. I miei personaggi si portano dentro il desiderio di combattere. Non sempre vincono, ma non sono mai dei perdenti.I miei film parleranno sempre di persone che cercano di trovare un loro spazio, ma se non ci riescono sarà sempre e solo colpa della vita, mai del fatto che si sono arresi.”

Tom à la ferme, il genere e i sogni in grande

In che genere classificheresti il tuo quarto film?

“Un dramma psicologico, un thriller psicologico, non saprei definirlo perché mi manca questo tipo di linguaggio. Se mi chiedono che tipo di film è Titanic, per esempio, potrei dire un dramma storico, ma non lo so. Direi però che può essere un thriller psicologico, o almeno è quello che avrei voluto fare.”

Non è la prima volta che nomini Titanic. È vero che lo ami molto?

“Penso che sia una produzione meravigliosa. Gli effetti visivi, gli attori, i costumi, tutto fanno di questo film un capolavoro dell’intrattenimento moderno. Non tutti sono d’accordo però. Due anni fa il mio agente mi porta a una cena, a cui dice ‘parteciparanno solo pochi amici, una cosa informale’. E mi ritrovo a tavola con Paul Thomas Anderson, Ron Howard, Bennet Miller, Charlize Theron e altri. E Bennet chiede qual è per noi il film che ci ha spinti a fare questo lavoro, e c’erano persone che citavano film anni ’30, o di pittori, o di quando erano in luoghi tipo l’Africa. E io ho pensato ‘E ora questi che penseranno quando dirò Titanic?’.

Ovviamente non si tratta di un film che in un contesto intellettuale si va a cercare, ma la questione che era stata posta era non qual è il miglior film di tutti i tempi, ma qual è il film che ti ha fatto venire voglia di fare cinema. Qual è il tuo film preferito. A 8 anni ho visto Titanic, e questo film mi ha detto ‘vola, pensa sempre in grande’. Adesso non sono più insicuro nel parlare dei film che mi sono piaciuti, sono questi i film che mi hanno reso quello che sono: Mamma ho perso l’aereo, Jumanji, Titanic.”

Mommy, la regia come mezzo per darsi un lavoro da attore

Come reagiscono i tuoi genitori quando vedono i tuoi film?

“Non ne parliamo molto, ma sono orgogliosi. Mia madre è venuta con me a Cannes alla proiezione di E’ solo la fine del mondo. Ma non sono loro i personaggi dei film, non hanno paura di riconoscersi nei miei film. Soltanto per il primo, si capisce che è la mia vita.”

Qual è il momento in cui hai deciso di fare il regista?

“Ho deciso di fare il regista per darmi una possibilità come attore. Forse quando ho visto Titanic in me è rimasto qualcosa, ma non è che sono uscito dal cinema e ho detto ‘Mamma farò il regista’. Le ho detto ‘Mamma voglio scrivere una lettera a Leo DiCaprio’. Ma innanzitutto volevo risolvere il mio problema di attore disoccupato. I miei amici lavoravano, qualcuno faceva film, e io me ne stavo a casa, senza lavoro e senza soldi. Sarei morto, ma dovevo fare qualcosa perché avevo detto a tutti che avrei trovato la mia strada. La prima ragione è stata quindi quella di recitare, ma già nei primi giorni di riprese ho capito che non si trattava più solo di quello ma anche del piacere di raccontare le storie.”

È solo la fine del mondo, l’elogio del dolore

È solo la fine del mondoParlando dei film che hai amato, hai detto che uno dei titoli che maggiormente ti hanno colpito di recente è un film italiano. Vorrei che lo rivelassi e spiegassi perché ti ha colpito?

“Due settimane fa ho visto Call me by your name, di Luca Guadagnino. È un film così tenero e saggio, che cambia completamente il modo di guardare i film ma anche di guardare l’amore. Non penso che siamo molti i film che hanno questo potere. Non solo. Il film insegna molto anche sul dolore. Cerchiamo spesso dei film che ci facciano ridere, che siano di sollievo, a volte si dice ‘Ah, quel film era così deprimente!’. Ma quando qualcuno ha sperimentato davvero l’esperienza del rifiuto d’amore o di essere follemente innamorato di qualcuno e di soffrirne, allora si capisce anche qual è la bellezza del dolore, e questo film lo permette.

Non si trova spesso la celebrazione della bellezza del dolore, perché è importante, è il dolore che ti permette di creare, è da questo che sono nati molti miei film, perché soffrivo per qualcuno di cui ero innamorato, o quando avevo il cuore spezzato. Vedendo questo film mi sono sentito profondamente compreso. Questo regista, come me, sa che il dolore apre tante porte.”

#RomaFF12: Cabros de mierda, recensione del film di Gonzalo Justiniano

Un delicato e struggente ritratto della vita durante la feroce dittatura di Augusto Pinochet, che si impadronì del governo in Chile l’11 settembre del 1973, con un colpo di stato. Pinochet si macchiò di crimini contro l’umanità di crudeltà inaudita, tanto che ancora oggi si fa fatica a stimare realmente le cifre dello sterminio di massa che mise freddamente in opera.

Siamo in una baraccopoli di Santiago del Chile, nel 1983, ancora molto distanti dall’11 settembre del 1990, quando finalmente cadde la dittatura. La dolce ma forte Gladys vive assieme a sua madre e a sua figlia, entrambe con lo stesso nome, all’interno di una povera comunità che nasconde sovversivi comunisti che non riescono e non possono accettare l’oppressione militare di Pinochet. Con le tre Gladys vive anche un tenero bambino occhialuto, dell’età di tredici anni e chiamato Vladi. Il padre del bimbo è un oppositore che vive nascosto sotto falso nome.

Un giorno giunge nella comunità Samuel Thomson, un missionario che cerca di diffondere la parola di Dio, ma che probabilmente deve lui stesso trovare delle certezze. Samuel è appassionato di fotografia e documenta con la sua fotocamera e la sua cinepresa S8 la vita, l’oppressione e i tentativi di ribellione delle persone che comincia a conoscere e amare sempre di più, giorno dopo giorno.

Samuel dovrà fare i conti con la passione, con l’amore, con la fede, con l’ideologia e purtroppo anche con la spietata polizia militare.

Gonzalo Justiniano riesce con semplicità a costruire un racconto corale, che descrive teneramente, dall’interno, il lungo periodo della dittatura in Chile. Orchestra bene i registri del racconto, passando dai toni allegri e scanzonati della commedia, fino al dramma più nero, costringendo a riflettere e facendo dimenticare che si tratta solamente di un film. Questo grazie anche a fotografie e filmati di repertorio, giustificati narrativamente dal lavoro di documentazione di Samuel.

Registicamente parlando, non siamo troppo distanti da quanto visto in Detroit di Kathryn Bigelow, ma il suo tono energico è totalmente “Gringos”, a differenza della poesia, della passionalità e della voglia di vivere che Gonzalo Giustiniano riesce a infondere in ogni fotogramma. Un manipolo di attori bravissimi rende impossibile non amare i personaggi interpretati con immensa sincerità. Su tutti spiccano Nathalia Aragonese (Gladys) passionale, determinata, autentica e il piccolo Elías Collado (Vladi) tenero, ironico ai limiti del sarcastico.

I cabros de mierdas del titolo sono i bambini quando si comportano male. Così a volte viene chiamato Vladi, ma anche i biechi torturatori della polizia militare quando vengono riconosciuti dalle donne che li avevano cresciuti, dalle proprie maestre, dai vicini di casa. Forse anche Gladys, Samuel, e tutti i loro amici oppositori potrebbero essere definiti in questo modo, perchè che il loro gioco non è troppo distante da quello dei bambini, visto che si limitano a sbeffeggiare Pinochet, con caricature e scritte sui muri. Certo, non mancano momenti di ribellione armata, ma è nulla, una bazzecola a confronto della violenza inaudita della controparte.

Cabros de Mierdas è un film semplice, sincero, onesto, ma importante, insieme a tanti altri, per ricordare e riflettere su un dramma immane dei nostri giorni. Un piccolo tassello per non dimenticare i desaparecidos persi nelle fredde acque dell’oceano.

Shazam: Zachary Levi sarà il protagonista [Ufficiale]

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L’annunciato adattamento Shazam ha trovato finalmente il suo protagonista. Infatti da quanto apprendiamo dal THR l’attore Zachary Levi è stato ingaggiato per interpretare Shazam, l’eroe DC Comics per il prossimo film dell’universo cinematografico della DC.

Zachary Levi, noto per aver interpretato Chuck nell’omonima serie tv, e per aver preso parte a Thor: The Dark World e Thor: Ragnarok interpreterà Billy Batson che si trasforma al grido Shazam in un supereroe che con ogni probabilità si scontrerà con Dwayne “The Rock” Johnson che interpreterà Black Adam. Anche se su quest’ultimo dettaglio non ci sono conferme.

Shazam sarà diretto da David F. Sandberg (Annabelle: Creation) e si baserà su una sceneggiatura scritta da Henry Gayden e Darren Lemke. Il film che farà parte dell’Universo Cinematografico DC dovrebbe essere pronto per debuttare al cinema nell’aprile 2019. Le riprese cominceranno il prossimo febbraio.

#RomaFF12: Luca Marinelli e il cast di Una Questione Privata sul red carpet

Luca Marinelli, Lorenzo Richelmy e Valentina Bellé hanno sfilato sul red carpet della Festa del Cinema di Roma 2017 per presentare, in Selezione Ufficiale, Una Questione Privata, film basato sul romanzo di Beppe Fenoglio e diretto dai fratelli Taviani. Sul tappeto rosso anche uno dei due registi, Paolo:

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RomaFF 12: Jake Gyllenhaal presenta Stronger

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RomaFF 12: Jake Gyllenhaal presenta Stronger

Terzo giorno per la Festa del cinema di Roma, e terza star del cinema di Hollywood. Infatti l’attore Jake Gyllenhaal sfilerà sul red carpet per presentare al pubblico di Roma, Stronger, sua ultima fatica.

Diretto da David Gordon Green e scritto da John Pollono Stronger vede protagonisti oltre a  Jake Gyllenhaal, anche Tatiana Maslany, Miranda Richardson, Clancy Brown, Lenny Clarke.

Tratto dall’omonimo romanzo di Jeff Bauman & Bret Witter, il film racconta la vicenda di un uomo comune che ha appassionato il mondo intero e lo ha reso un simbolo di speranza dopo l’attentato del 2013 alla maratona di Boston. Il percorso eroico e profondamente personale di Jeff metterà alla prova i suoi legami familiari, definirà l’orgoglio di una comunità e gli darà il coraggio per superare enormi avversità, mentre tenterà di ricostruire la sua vita al fianco della compagna Erin.

La sfida di questo film è stata per me creare qualcosa che risultasse reale e sincero. Rimanere rispettoso della verità, ma non limitarmi ad una semplice ricostruzione. Voglio che il pubblico si senta catapultato nella vita di queste persone, che si innamori di loro. Credo che le persone saranno inspirate dal complesso percorso di Jeff e dall’incredibile amore e sostegno che ha ricevuto da Erin, dalla sua famiglia e da tutte le persone di Boston. E se guardando il film si renderanno conto che c’è gente che si prenderà cura di loro nel momento in cui una tragedia o una grossa delusione colpirà le loro vite, questo mi renderà felice.

RomaFF 12: Last Flag Flying di Richard Linklater

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RomaFF 12: Last Flag Flying di Richard Linklater

Sarà proiettato nella terza giornata della Festa del cinema di Roma, Last Flag Flying di Richard Linklater. Per il suo ultimo film, il regista, considerato uno dei più importanti autori del nuovo cinema statunitense, si è ispirato all’omonimo romanzo di Darryl Ponicsac: nel 2003, trent’anni dopo aver servito insieme in Vietnam, l’ex medico della marina Larry “Doc” Shepherd incontra di nuovo i suoi compagni, l’ex marine Sal Nealon e il reverendo Richard Mueller, per dare degna sepoltura al figlio di Doc, un giovane marine rimasto ucciso nella guerra in Iraq. Con l’aiuto dei suoi vecchi amici, Doc intraprende un viaggio verso la East Coast per riportare il figlio a casa.

Last Flag Flying, il film

In merito al film il regista ha rivelato. Ricordo chiaramente le mie prime impressioni, 12 anni fa, dopo la lettura del romanzo “Last Flag Flying” di Darryl Ponicsac. Subito pensai “ma questo è un film!”. In quel momento la guerra in Iraq si era già rivelata un disastro e il libro batteva molto sui paralleli tra il Vietnam e l’Iraq. Quello che mi colpì di più però erano questi tre personaggi, Doc, Sal e Mueller. Amavo questi ragazzi e avevo voglia di scavare nelle loro vite per creare un ritratto di questi tre veterani del Vietnam di mezza età. Feci un primo tentativo di adattare il libro per il grande schermo nel 2006, ma quella prima versione, ambientata nel 2005, non funzionò.

C’era un problema di tempistiche. La cultura di allora non era pronta ad affrontare la questione della guerra in Iraq, che avevamo tutti davanti agli occhi e di cui non si vedeva la fine. Quando pensi alla storia dei film di guerra, realizzi che i migliori di solito arrivano dopo molti anni, quando la gente è pronta a esaminare i fatti. Quando fu chiaro che il film non sarebbe stato realizzato, ricordo di aver detto a Darryl “prima o poi lo faremo”. Alla fine abbiamo ripreso in mano il progetto un paio di anni fa, riscrivendo gran parte della sceneggiatura.

Ricordo di aver pensato “invece di trattare l’attualità, potremmo strutturarlo come un film storico, ambientandolo nel dicembre del 2003, ai tempi della caccia a Saddam Hussein”. Pensammo che la gente ricordasse quel momento, così che la storia si fondasse su una realtà condivisa, che era proprio l’intento originale del libro.

#RomaFF12: Sally Potter presenta il suo film The Party

#RomaFF12: Sally Potter presenta il suo film The Party

Nel secondo giorno della Festa del Cinema di Roma, la regista e sceneggiatrice inglese Sally Potter è arrivata all’Auditorium Parco della Musica per presentare il suo film The Party, un dramma comico in bianco e nero, che ha per protagonisti Kristin Scott Thomas, Timothy Spall, Bruno Ganz, Patricia Clarkson, Emily Mortimer, Cherry Jones e Cillian Murphy.

Come mai ha deciso di fare questo film in bianco e nero?
In un certo senso il bianco e nero è coloratissimo, perché forza l’immaginazione a perdersi nelle ombre e nelle luci e riempirle con sentimenti. Il bianco e nero è alle radici del cinema e inoltre non è vero che la gente non guarderebbe le cose in bianco e nero, perché sempre più registi giovani creano video musicali in bianco e nero perché pensano sia più eccitante.

Una delle cose più interessanti del film è questo delicato equilibrio tra il dramma e la commedia, quanto è difficile a livello di scrittura e quanto invece magari influisce l’armonia sul set e complicità tra gli attori nel trovare il tono giusto?
Il 95% della commedia è nella scrittura e tutti gli attori possono confermare: se non hanno il testo è un altro tipo di commedia. Il testo ti da il senso, il sub-testo, il ritmo e il significato e solo allora gli attori possono, attraverso il corpo, portare in scena il tempismo comico. Si può dire che questa sia una commedia fisica, con il cuore di una tragedia. Tecnicamente è stata una sfida a livello di scrittura, perché devi immaginare come reagirà il pubblico a questi tempi comici, ma devo ammettere che lavorare con gli attori su questo testo è stata una vera gioia, abbiamo riso tantissimo insieme.

Ha filmato in ordine cronologico, come ha lavorato con gli attori?
Ho lavorato individualmente con ogni attore. Sono andata da loro e abbiamo iniziato insieme a lavorare lentamente e nei dettagli sul testo, sull’aspetto, sulla scena, sulla voce, sui movimenti, su tutto… Quindi quando è arrivato il momento di incontrarli tutti insieme, erano già molto sicuri a livello individuale sulla loro parte. Abbiamo fatto solo due o tre giorni di prove e poi due settimane di riprese: una cosa davvero veloce e intensa.

Leggi anche: The Party, recensione del film di Sally Potter

Il tema centrale della storia è sembrato “la verità”, è corretto?
Sì, esatto. La verità è al centro e tutto gli gira intorno e anche quando le persone pensano di dire la verità, gradualmente realizzano che stanno omettendo qualcosa oppure scoprono qualcosa che non sanno, perché si trovano in situazioni di crisi e si comportano in maniera diversa rispetto alla loro precedente immagine di loro stessi. In questa storia si tratta di capire quale sia il divario tra chi penso di essere e quello che effettivamente faccio in un momento di crisi.

Nonostante sia stato scritto molto prima, questo film riflette anche sulla situazione Brexit rispetto alla politica e la società: secondo lei quanto di quegli aspetti ci sono nel film?
Il referendum sul Brexit in realtà è avvenuto proprio a metà delle nostre due settimane di riprese e posso dirle che erano tutti molto tristi la mattina dopo sul set perché il cast e la crew erano estremamente internazionali, l’esempio vivente di una vita senza confini. Designer argentini, troupe del suono francesi, cinematografi russi, un editor danese, direttore delle luci irlandese… e potrei andare avanti con la lista. Per noi quello era il modo giusto di essere e di lavorare, mentre con la Brexit si va esattamente nella direzione opposta. Isolazione invece che cooperazione. Quando ho iniziato a scrivere non c’era discussione a riguardo, è tutto uscito dal niente, come un terremoto. Quindi forse mentre scrivevo sentivo inconsciamente questa sensazione di imminente divisione nella cultura che nella storia si è tradotta in divisione tra gli individui.

Il film è molto attuale e tratta anche l’argomento delle donne e il potere: qual’è il suo commento a riguardo, anche alla luce dei fatti di cronaca recenti?
Intende il caso Harvey Weinstein? Quello che è accaduto è qualcosa che è diventato visibile ma prima era semplicemente nascosto, ma accade ovunque, non solo nel mondo del cinema. Non solo tra un potente produttore e un attore che ha bisogno di un lavoro, ma ovunque ci sia uno squilibrio di potere. Tra uomini e donne, ma anche tra uomo e uomo. Ad esempio lui aveva anche la reputazione di essere molto severo con altri uomini nella compagnia ed anche questo non veniva raccontato molto. Anche questo fa parte di quella cultura che salva spesso i bulli, ma anche quello è solo un microcosmo di un più grande situazione politica dovuta ad uno squilibrio di potere in uno sistema patriarcale e capitalista, dove la gente viene bullizzata per fare soldi o altro. Questa situazione di Harvey Weinstein probabilmente sta però portando al pubblico a capire la nozione che non è ok umiliare o molestare qualcuno, non è assolutamente un modo giusto di comportarsi e questa è una cosa buona.

#RomaFF12: Luca Marinelli presenta Una Questione Privata dei fratelli Taviani

Ad aprire questa seconda giornata della Festa del Cinema di Roma sono i fratelli Paolo e Vittorio Taviani con la loro ultima fatica cinematografica, Una Questione Privata, melodramma ambientato nell’Italia fascista con Luca Marinelli, Lorenzo Richelmy e Valentina Bellé.

Tratto dall’omonimo romanzo di Beppe Fenoglio, scrittore e partigiano morto nel 1963, quello dei Taviani è il primo film italiano della selezione ufficiale del festival, un’opera assai complessa e piena di elementi contrastanti.

In Una Questione Privata va in scena il tipico dramma da triangolo amoroso, una storia vista centinaia di volte al cinema, all’epoca però della Seconda Guerra Mondiale. Si parla infatti di amore, gelosia, tradimento e follia ma in contesto assai ingombrante. Uno dei registi, Paolo Taviani, ha spiegato perché la scelta del soggetto del film è ricaduta proprio sulla storia di Fenoglio.

“Io e mio fratello abbiamo sempre amato Beppe Fenoglio ma non eravamo mai riusciti a fare un film utilizzando una delle sue storie. Ogni volta che leggevamo qualcosa di suo e provavamo ad acquistarne i diritti, scoprivamo che qualcuno ci aveva già preceduto.

Siamo sempre arrivati tardi [ride] Anni più tardi poi mi è capitato di leggere Una Questione Privata e quelle pagine mi hanno commosso profondamente […] Così ho telefonato per cercare di acquistare subito i diritti per un film e dall’altro capo del telefono qualcuno mi ha detto che mio fratello Vittorio aveva già telefonato per lo stesso motivo“.

una questione privata paolo taviani

Questa è la genesi di Una Questione Privata raccontata dal regista che ha anche fatto qualche precisazione riguardo l’importanza del contesto storico.

“Nel film si parla di una semplice storia d’amore, un classico triangolo amoroso visto e rivisto […] ma raccontato da un altro punto di vista […] Questa è una storia che il pubblico può amare perché più o meno l’ha vissuta. Il protagonista per colpa dell’amore per un attimo si dimentica della guerra e della sua missione di partigiano […] Quanto al fascismo, beh, non è un tema così antico e dimenticato […] “

Leggi anche: Una Questione Privata, recensione del film dei fratelli Taviani

Parlando di fascismo come concetto astratto e confinato solo ai libri di scuola, Paolo Taviani ha commentato il recente episodio che ha visto coinvolti alcuni tifosi della Lazio che hanno utilizzato l’immagine di Anna Frank in un fotomontaggio per degli striscioni poi esposti allo stadio durante il derby contro la Roma.

“I fascisti sono tornati ma non sono come li conoscevamo […] L’episodio della Lazio mi ha indignato. Non è ammissibile che al giorno d’oggi ci siano persone capaci di commettere simili indecenze […] E’ tutta colpa della scuola che non insegna ai giovani d’oggi l’importanza del passato.

In un certo senso questi ‘nuovi fascisti’ sono incolpevoli perché non sanno, non conoscono la storia dell’Italia […] Gli adulti sono quello che sono, ormai, nel bene e nel male ma adesso è sui bambini che bisogna lavorare per cambiare il mondo. Conoscere la storia a scuola dovrebbe essere una priorità come oggi lo è l’insegnamento dell’inglese. Bisogna fare qualcosa, mettere un argine […] “

Parole dure ma giuste quelle di Paolo Taviani condivise anche dagli attori, soprattutto dal protagonista Luca Marinelli che ha raccontato della sua esperienza sul set.

una questione privata luca marinelli

“Ovviamente non ho mai vissuto la guerra né tantomeno l’epoca del fascismo ma questo film mi ha aiutato a vedere le cosa da un inedito punto di vista. Per me un film è principalmente un’esperienza fisica e vedere sessanta persone sul set, ragazzi di vent’anni prendere parte alle riprese fingendo di essere dei partigiani accampati nelle tende, è stato molto forte e traumatico […] Tutti dicono che i giovani d’oggi non hanno ideali in cui credere e non hanno più valori ma non credo che sia così.

Grazie al rapido accesso ai socila media, vengono costantemente bombardati dalla verità che li circonda, possono leggere il tempo reale notizie da tutto il mondo quindi sono convinto che sappiano riconoscere quali sono i valori che contano e che ci sono persone disposte a morire per i propri ideali. I valori non si sono perduti ma sono soltanto meno chiari”.

Il fascismo è un tema tutt’oggi molto scottante e difficile da trattare che, nel film dei Taviani, ha un ruolo decisamente marginale. La guerra è infatti solo la cornice della storia d’amore tra Fulvia, Milton e Giorgio, tema che è tuttavia impossibile da ignorare.

una questione privata photocall

Ma se realizzare un film come Una Questione Privata crea dibattito ora, che reazione avrebbe suscitato dieci o anche venti anni fa? Per rispondere a questa domanda, Paolo Taviani ha raccontato un piccolo aneddoto legato all’uscita del primo film diretti con suo fratello Vittorio e con Valentino Orsini.

Il film in questione è Un Uomo Da Bruciare, datato 1962, liberamente tratto dalla vita di Salvatore Carnevale, sindacalista socialista di origini siciliane.

“Io e Vittoria abbiamo sempre fatto parte del Partito Comunita e quando abbiamo presentato il film al partito non abbiamo ricevuto pareri entusiastici. Ricordo che Mario Alicata [parlamentare comunista, partigiano nonché critico letterario] si alzò dopo la proiezione e ci disse che avevamo oltraggiato con il nostro film la memoria di Carnevale […]

Quello stesso anno presentammo il film alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia dove fu accolto molto bene da pubblico e critica […] Il giorno dopo andammo a leggere ansiosi le recensioni sui giornali e ci accorgemmo che alcune di loro non erano esattamente positive […]

Quello stesso pomeriggio incontrammo Amendola [si riferisce a Ferruccio Amendola] sulla spiaggia e fu proprio lui a farci ragionare sul fatto che le recensione negative non sono poi così importanti poiché i giornali non sono organismi autonomi ma vengono sempre influenzati dalle linee di partito”.

#RomaFF12: Xavier Dolan sul red carpet dell’Auditorium

#RomaFF12: Xavier Dolan sul red carpet dell’Auditorium

Xavier Dolan, regista prodigio canadese, è stato ospite alla Festa del Cinema di Roma 2017, incontrando il pubblico dell’Auditorium. Di seguito gli scatti dal red carpet.

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Una Questione Privata: recensione del film dei fratelli Taviani

Una Questione Privata: recensione del film dei fratelli Taviani

A più di cinquant’anni dalla pubblicazione postuma del romanzo Una Questione Privata di Beppe Fenoglio, scrittore e partigiano, i fratelli Paolo e Vittorio Taviani portano sul grande schermo un piccolo spaccato di storia d’Italia. Questo film, tuttavia, non è semplicemente l’ennesima rappresentazione cinematografica dell’epoca fascista italiana ma bensì la storia di un amore conteso e tormentato. Si parla dunque di un triangolo amoroso nel bel mezzo della resistenza, di un sentimento così forte da offuscare la mente del nostro protagonist, spingendolo a considerare anche gesti estremi.

Ne Una Questione Privata è l’estate del 1943 quando l’estroversa Fulvia (Valentina Bellè) incontra due giovani studenti, il mite Milton (Luca Marinelli) e l’affascinante Giorgio (Lorenzo Richelmy). I tre ragazzi passano mesi a giocare nei boschi, ad ascoltare musica e in generale a godere della reciproca compagnia. Ma mentre la civettuola Fulvia tiene sulle spine entrambi i ragazzi, nel mondo scoppia la Seconda Guerra Mondiale e i nazifascisti invadono l’Italia. E così un anno dopo ritroviamo Milton, ormai arruolato nei partigiani, in balia tra i ricordi di quella spensierata estate e l’orrore della sua quotidianità in trincea.

Una Questione Privata: il melodramma dei Fratelli Taviani al Festiva di Roma

Una Questione Privata

Quello dei Taviani è il vero e proprio dramma interiore di un uomo pazzo d’amore e di gelosia, alla disperata ricerca di una verità che sembra continuamente sfuggirgli dalle mani. La camera da presa segue infatti pedissequamente il protagonista della storia che si muove tra i boschi e le campagne piemontesi infestati dalla nebbia, come un fantasma in una casa stregata.

La storia è quindi molto semplice, quasi elementare, un classico triangolo amoroso, che però non fa che scontrarsi con una regia eccessivamente rigorosa e affettata. Tutto, dalla fastidiosissima nebbia digitale, al look fin troppo curato dei partigiani che tornando da uno scontro a fuoco, alla recitazione appesantita della Bellè e di Marinelli – molto lontano dalle glorie dello Zingaro di Lo Chiamavano Jeeg Robot -, contribuisce ad affossare un impianto narrativo debole e una sceneggiatura fin troppo scarna e ripetitiva.

Più vicina allo stile teatrale che a quello cinematografico, Una Questione Privata finisce purtroppo col sembrare invece una banale fiction televisiva, sovraccarica di inutili sentimentalismi, primo su tutti l’ossessiva ripetizione di Somewhere Over The Rainbow, leitmotiv dell’intera opera. I flashback, che dovrebbero fornire importanti informazioni sul passato dei tre protagonisti, non sono funzionali alla storia che sembra seguire le ‘regole’ del nonsense narrativo. L’esercizio di stile dei fratelli Taviani si traduce quindi, purtroppo, in un film assurdo e farraginoso, estremamente difficile da seguire e godere.

The Breadwinner, recensione del film prodotto da Angelina Jolie

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The Breadwinner, recensione del film prodotto da Angelina Jolie

Le donne, il burqua, l’inferiorità, la cultura e la tradizione. The Breadwinner, film d’animazione diretto da Nora Twomey e prodotto da Angelina Jolie, affronta con lo strumento dell’animazione argomenti delicati e terribilmente attuali, offrendosi sotto forma di cartone animato, con tanto di risvolto fantastico, a un pubblico di giovani e giovanissimi, occidentali, iniziati così a determinati aspetti delle culture dall’altra parte del mondo. Il film è basato sul romanzo omonimo best-seller di Deborah Ellis.

La storia è quella di Parvana, una ragazzina che vive a Kabul con il padre che ha perso una gamba in guerra, la madre, la sorella maggiore in età da marito e un fratellino molto piccolo. Parvana, in quanto donna, non può uscire di casa da sola, non può acquistare prodotti al mercato, non può imparare a leggere o a scrivere. Fortuna che il padre è un maestro e la inizia alle lettere, ma quando l’uomo viene arrestato, Parvana diventa l’unica a essere in grado di provvedere alla famiglia. Tagliati i capelli e indossati gli abiti di suo fratello maggiore, misteriosamente morto, si finge uomo e comincerà a portare il cibo in casa, sperando sempre di riuscire a riportare il padre in famiglia.

La storia di The Breadwinner si sviluppa parallela al racconto di un eroe, alter ego della protagonista

La Twoney ha un approccio bilanciato al racconto: affronta una storia difficile, in una realtà violenta, ma lo fa ad altezza di bambino, regalando equilibrio alla brutalità della guerra con la narrazione, le storie e il loro potere di arricchire, regalando profondità e spessore alla vita, trasformandola.

The Breadwinner

Narrativamente il pregio del film è proprio quello di creare un parallelo che si sviluppa in crescendo tra la protagonista e l’eroe di un racconto inventato, mentre la prima cerca i modi per portare in salvo la famiglia e il padre e il secondo per affrontare magiche e feroci creature e mettere in salvo il suo villaggio.

La tecnica di animazione ricalca la dicotomia della storia, diventando un vero strumento visivamente prezioso che regala anche una varietà cromatica ed emotiva al film che comunque vive di un messaggio sotteso relativo all’emancipazione femminile, non solo in Afganista. In una società, anche Occidentale, dove la parità non è ancora raggiunta, è sempre utile (anche se forse troppo facile) ricordare che ci sono ancora tante battaglia da combattere e tante menti da aprire.

Nella sua risoluzione felice e allo stesso tempo malinconica, The Breadwinner riesce a toccare lo spettatore a più livelli, rivelandosi un film facile ma prezioso.

Justice League: le incredibili foto dal set

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Justice League: le incredibili foto dal set

La Warner Bros ha diffuso incredibili foto da set di Justice League, l’attesissimo film che vedrà riuniti gli eroi DC Comics.

LEGGI ANCHE: Justice League, incassi: previsto un debutto “epico”

 

Justice League: il trailer finale

CORRELATI:

La trama:

Sulla scia della morte di Clark Kent/Superman per mano di Doomsday, il vigilante Bruce Wayne/Batman rivaluta i suoi metodi estremi e comuncia la ricerca di straordinari eroi per assemblare una squadra di combattenti contro il crimine per difendere la Terra da ogni tipo di minaccia. Insieme a Diana Prince/Wonder Woman, Batman trova l’ex star del football al college, ciberneticamente migliorato, Vic Stone/Cyborg, il velocista Barry Allen/The Flash e un guerriero atlantideo, un re, Arthur Curry/Aquaman. Insieme si schierano contro Steppenwolf, l’araldo e il comandante in seconda dell’alieno signore della guerra Darkseid, incaricato da Darkseid stesso di trovare tre manufatti nascosti sulla Terra.

Ecco il primo trailer di Justice League dal Comic Con

Justice League è stato diretto da Zack Snyder, mentre Joss Whedon è entrato nella produzione solo a fine lavoro ed è previsto per il 16 novembre 2017. Nel film vedremo protagonista Henry Cavill come Superman, Ben Affleck come Batman, Gal Gadot come Wonder Woman, Ezra Miller come Flash, Jason Momoa come Aquaman, e Ray Fisher come Cyborg. Nel cast confermati anche: Amber Heard, Amy Adams, Jesse Eisenberg, Willem Dafoe, J.K. Simmons e Jeremy Irons. I produttori esecutivi del film sono Wesley CollerGoeff Johns e Ben Affleck stesso.

Justice League, incassi: previsto un debutto “epico”

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Justice League, incassi: previsto un debutto “epico”

L’attenzione sulla Justice League cresce sempre di più man mano che ci avviciniamo alla data di uscita del film, e oggi arrivano anche le prime previsione su potenziale incasso del film.

Infatti secondo quanto apprendiamo dai primi sondaggi fatti negli USA, Justice League dovrebbe incassare una cifra trai 110 e i 120 milioni di dollari, dunque confermato quello che potrebbe essere un debutto epico del film. Considerato che le previsione sia per Batman v Superman che per Wonder Woman sono state sempre ampiamente superate, p possibile che il film raccolga anche una cifra superiore a quella prevista.

Quello che è certo è che probabilmente il film supererà l’incasso d’apertura del film con Gal Gadot che fu di 103,2 milioni di dollari e l’incasso potrebbe essere ulteriormente influenzato in positivo anche dalla scia del successo di Thor Ragnarok, aumentando la voglia degli spettatori medi di vedere più film di supereroi.

Justice League: il trailer finale

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La trama:

Sulla scia della morte di Clark Kent/Superman per mano di Doomsday, il vigilante Bruce Wayne/Batman rivaluta i suoi metodi estremi e comuncia la ricerca di straordinari eroi per assemblare una squadra di combattenti contro il crimine per difendere la Terra da ogni tipo di minaccia. Insieme a Diana Prince/Wonder Woman, Batman trova l’ex star del football al college, ciberneticamente migliorato, Vic Stone/Cyborg, il velocista Barry Allen/The Flash e un guerriero atlantideo, un re, Arthur Curry/Aquaman. Insieme si schierano contro Steppenwolf, l’araldo e il comandante in seconda dell’alieno signore della guerra Darkseid, incaricato da Darkseid stesso di trovare tre manufatti nascosti sulla Terra.

Ecco il primo trailer di Justice League dal Comic Con

Justice League è stato diretto da Zack Snyder, mentre Joss Whedon è entrato nella produzione solo a fine lavoro ed è previsto per il 16 novembre 2017. Nel film vedremo protagonista Henry Cavill come Superman, Ben Affleck come Batman, Gal Gadot come Wonder Woman, Ezra Miller come Flash, Jason Momoa come Aquaman, e Ray Fisher come Cyborg. Nel cast confermati anche: Amber Heard, Amy Adams, Jesse Eisenberg, Willem Dafoe, J.K. Simmons e Jeremy Irons. I produttori esecutivi del film sono Wesley CollerGoeff Johns e Ben Affleck stesso.

Justice League: l’esclusiva clip dedicata a Wonder Woman

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Justice League: l’esclusiva clip dedicata a Wonder Woman

La Warner Bros ha diffuso un contributi inedito sulla Justice League dedicato completamente a Wonder Woman, il personaggio interpretato dalla bella Gal Gadot.

 

LEGGI ANCHE, Justice League: il film sarà più corto di quello che si pensa

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La trama:

Sulla scia della morte di Clark Kent/Superman per mano di Doomsday, il vigilante Bruce Wayne/Batman rivaluta i suoi metodi estremi e comuncia la ricerca di straordinari eroi per assemblare una squadra di combattenti contro il crimine per difendere la Terra da ogni tipo di minaccia. Insieme a Diana Prince/Wonder Woman, Batman trova l’ex star del football al college, ciberneticamente migliorato, Vic Stone/Cyborg, il velocista Barry Allen/The Flash e un guerriero atlantideo, un re, Arthur Curry/Aquaman. Insieme si schierano contro Steppenwolf, l’araldo e il comandante in seconda dell’alieno signore della guerra Darkseid, incaricato da Darkseid stesso di trovare tre manufatti nascosti sulla Terra.

Ecco il primo trailer di Justice League dal Comic Con

Justice League è stato diretto da Zack Snyder, mentre Joss Whedon è entrato nella produzione solo a fine lavoro ed è previsto per il 16 novembre 2017. Nel film vedremo protagonista Henry Cavill come Superman, Ben Affleck come Batman, Gal Gadot come Wonder Woman, Ezra Miller come Flash, Jason Momoa come Aquaman, e Ray Fisher come Cyborg. Nel cast confermati anche: Amber Heard, Amy Adams, Jesse Eisenberg, Willem Dafoe, J.K. Simmons e Jeremy Irons. I produttori esecutivi del film sono Wesley CollerGoeff Johns e Ben Affleck stesso.

Black Widow: Taika Waititi vorrebbe stravolgere il tono del personaggio

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E’ finalmente al cinema in Italia Thor Ragnarok e in questi giorni il regista Taika Waititi è letteralmente preso d’assalto con domante in merito a tutto il Marvel Cinematic Universe e al suo potenziale coinvolgimento con altri personaggi.

Proprio in merito a ciò gli è stato chiesto durante una recente intervista quale personaggio vorrebbe approfondire in un nuovo film, e per la gioia dei fan ha rivelato che sarebbe molto interessato a Black Widow, Vedova Nera interpretata da Scarlet Johansson.

Thor: Ragnarok, recensione del film con Chris Hemsworth

“In tutta onestà credo che probabilmente potrei portare qualcosa di piuttosto unico in tutti i franchise, quindi mi piacerebbe molto vedere Black Widow. Vorrei vederla in modo unico e con qualcosa di pazzesco tra le mani, un po’ più divertente di quanto ci si aspetta da lei. Conosciamo la sua storia ed è molto oscura e il suo passato è molto dark. Ma qual è la visione più divertente del personaggio e di quella storia?”

E’ interessante come l’approccio del regista si sposi alla perfezione con i toni e le intenzioni dell’universo Marvel, anche se considerato il passato di Black Widow, non è propriamente nelle sue corde. Tuttavia sarebbe comunque interessante vederla in un film standalone che ormai tutti quanti chiedono a gran voce.

LEGGI ANCHE: Thor: Ragnarok, le esclusive foto dietro le quinte

Thor Ragnarok è diretto da Taika Waititi. Nel cast del film Chris Hemsworth sarà ancora Thor; Tom Hiddleston il fratello adottivo di Thor, Loki; Il vincitore del Golden Globe e Screen Actors Guild Award Idris Elba sarà la sentinella di Asgard, Heimdall; il premio Oscar Sir Anthony Hopkins interpreterà nuovamente Odino, signore di Asgard.

Nelle new entry invece si annoverano il premio Oscar Cate Blanchett (Blue Jasmine, Cenerentola) nei panni del misterioso e potente nuovo cattivo Hela, Jeff Goldblum (Jurassic Park, Independence Day: Resurgence), che sarà l’eccentrico Grandmaster, Tessa Thompson (Creed, Selma) interpreterà Valkyria, mentre Karl Urban (Star Trek, il Signore degli Anelli: il ritorno del re) aggiungerà la sua forza nella mischia come Skurge. Marvel ha anche confermato che Mark Ruffalo riprenderà il suo ruolo di Bruce Banner / Hulk nel sequel. La data d’uscita è prevista per il 3 novembre 2017.

La trama di Thor Ragnarok – “In Marvel Studios’ Thor Ragnarok, Thor è imprigionato dall’altro lato dell’universo senza il suo formidabile martello e si trova in una corsa contro il tempo per tornare a Asgard per fermare il Ragnarok, la distruzione della sua casa e la fine della civiltà asgardiana, dalle mani di una nuova e potente minaccia, la spietata Hela. Ma prima deve sopravvivere a una mortale lotta tra gladiatori che lo metterà contro uno dei suoi amici Avengers, l’incredibile Hulk.

New Mutants: due affascianti teaser inediti

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New Mutants: due affascianti teaser inediti

La 20th Century Fox dopo il trailer ufficiale ha diffuso due nuovi affascinanti teaser inediti di The New Mutants, l’atteso nuovo film sui mutanti targati Marvel Comics.

 

I due contributi pur essendo molto brevi ma le immagini e il testo che li accompagna hanno suscitato molte speculazioni in quanto potrebbero riferirsi a Rahne Sinclair, Aka Wolfsbane, personaggio interpretato da Maisie Williams, noto per essere Arya Stark di Game of Thrones.

Rahne infatti è una ragazza che ha condotto una vita molto protetta ed è profondamente religiosa e le frasi “Peccati del nostro passato” , il crocifisso e “Alcune cose non possono essere ingabbiate” sono un chiaro riferimenti alla Bestia che Sinclair può diventare quando è la sua rabbia si scatena.

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