Ecco un nuovo video di
Wonder Woman in cui vediamo Etta Candy,
la segretaria di Steve Trevor interpretata da Lucy
Davis.
Nella breve clip, la Davis, con
totno leggero, racconta le gerarchie delle Amazzoni e un po’ della
storia di Temiscira, spiegando le origini di principessa di Diana
stessa.
Anche se non è stato ancora
ufficialmente annunciato, è molto probabile che Patty Jenkins torni
alla regia del film che vedrà ancora come protagonista Gal Gadot.
Il film sarà ambientato nell’Era moderna e la sceneggiatura è in
fase di scrittura, con Goeff Johns e Patty Jenkins a lavoro a
quattro mani.
Sta prendendo forma il cast del
biopic su Dick Cheney, vicepresidente degli
Stati Uniti durante l’amministrazione Bush, che vedrà protagonista
Christian Bale nei panni del politico del
titolo.
A interpretare George W.
Bush è stato chiamato Sam Rockwell,
stando a quanto riporta THR, che quindi
surclassa i frontrunner Edward Norton e
James Marsden.
Un trio di attori di alto profilo è
invece in gara per dare volto al Segretario di Stato Colin
Powell: si tratta di Giancarlo Esposito, Cuba
Gooding Jr. e Tyler Perry.
Il biopic sarà diretto da
Adam McKay, regista de La grande
Scommessa, in cui ha diretto sempre Bale, mentre al cast
si starebbe unendo una squadra di fuori classe, tra cui Amy
Adams, nei panni della la moglie di Cheney,
Lynne, e Steve Carrell che sarà
il Segretario della Difesa Donald Rumsfeld.
Sam Rockwell sarà George W.
Bush.
Il film racconterà dell’ascesa di
Cheney, fino al culmine al fianco di Bush. McKay ha dichiarato
a Deadline di essere affascinato dalla figura di Cheney:
“Nel momento in cui ho iniziato a scavare nella sua vita, sono
rimasto sconvolto scoprendo quanto abbia contribuito a formare
l’America moderna.”
Al momento la data d’uscita del film
è fissata per il 2018.
Dopo la Starkiller Base di
Star
Wars Il Risveglio della Forza, la produzione del
franchise ha dovuto immaginare un nuovo nome, ancora più
minaccioso, per la nave del Lord Supremo Snoke che vedremo in
Star Wars Gli Ultimi Jedi.
Di seguito potete dare il primo
sguardo alla Mega Star Destroyer, la nave di Snoke
nel prossimo capitolo della saga.
La sinossi: “In Star
Wars Gli Ultimi Jedi della Lucasfilm, la saga Skywalker continua
quando gli eroi de Il Risveglio della Forza si uniscono alle
leggende della galassia in un’epica avventura che svelerà i misteri
della Forza e le scioccanti rivelazioni del passato risalenti
all’Era antica. Star Wars Gli Ultimi Jedi arriverà nei cinema
USA il 15 dicembre 2017.”
FIRST LOOK –
Carrie Fisher in Star Wars Gli Ultimi Jedi
Il film sarà
diretto da Rian Johnson e arriverà al
cinema il 15 dicembre 2017. Il film racconterà le vicende
immediatamente successive a Il Risveglio della
Forza.
Dopo l’annuncio dei tre attori che
interpreteranno i Queen in Bohemian Rhapsody, al fianco di Rami
Malek che sarà invece Freddie Mercury, un
altro nome di aggiunge al cast del biopic diretto da Bryan
Singer.
Allen Leech, noto
per il ruolo di Tom Branson in Downton
Abbey, è entrato nel cast per
interpretare Paul Prenter, il manager di
Mercury, con cui però la star litigò, interrompendo per sempre la
loro collaborazione.
Bryan
May e Roger Taylor, membri
dei Queen, saranno i produttori esecutivi.
Questo coinvolgimento potrebbe portare dei problemi di lavorazione,
data la vicinanza emotiva dei due al materiale originale.
Il ruolo di Freddie
Mercury, per molto tempo passato dalle mani di
Sacha Baron Cohen a quelle di Ben
Wishaw, è arrivato adesso all’attore che forse riuscirà a
rendere giustizia alla grande personalità del cantante e musicista
prematuramente scomparso nel 1995. Rami Malek ha
raggiunto la notorietà grazie a Mr. Robot, serie
premiata e arrivata alla terza stagione.
Oltre a Rami Malek, che
interpreterà Freddie Mercury, in Bohemian
Rhapsody ci saranno Ben Hardy, che
sarà il batterista Roger Taylor, Gwilym
Lee il chitarrista Brian May e
Joe Mazzello sarà invece il bassista John
Deacon. Il film è diretto da Bryan
Singer.
Bohemian Rhapsody, recensione del film
con Rami Malek
È stato diffuso il primo trailer di
Chi m’ha visto, il nuovo film con protagonisti
Pierfrancesco Favino e Giuseppe
Fiorello, diretto da Alessandro Pondi. Il
film arriva in sala il 28 settembre.
“Chi m’ha visto”,
che si ispira con assoluta modestia al gusto della commedia
all’italiana degli anni ’60 dei Maestri Mario Monicelli, Dino Risi
e Luigi Comencini, racconta la storia rocambolesca, comica e
grottesca di Martino Piccione, un bravissimo
chitarrista che collabora con i più grandi divi della musica
leggera italiana, solo che nessuno se n’è accorto, perché lui è
quello che sul palco sta dietro e i riflettori sono tutti puntati
sul cantante famoso. D’altra parte il mondo dello spettacolo è
così: non conta quanto vali, conta quanto appari. E tutte le volte
che Martino ritorna a casa nel suo paesino in Puglia, deve subire
le ironie dei suoi concittadini che lo sfottono per la sua
ossessione di diventare un musicista famoso. E allora, con l’aiuto
del suo migliore amico Peppino, un “cowboy di paese” con pochi
grilli per la testa, decide di mettere in atto un piano strampalato
pur di attirare l’attenzione su di sé, e organizza la propria
sparizione. Ma questo gesto estremo porterà a conseguenze davvero
inaspettate…
Ambientata nella Puglia dei nostri
giorni ed ispirata ad una storia vera, la pellicola riflette
all’interno di un contesto allegro e spensierato l’ amara realtà in
cui viviamo: spesso in nome di una esagerata ed effimera apparenza,
dimentichiamo la sostanza delle cose.
Il film vede protagonisti anche
Mariela Garriga, Dino Abbrescia e la partecipazione di
Sabrina Impacciatore, insieme a quella di tantissimi altri
ospiti sorprendenti, eccezionalmente in prestito al cinema per
l’occasione.
Prodotta da Iblafilm,
R.O.S.A Production, Rodeo Drive con RAI CINEMA e distribuito
da 01 Distribution, la pellicola è stata realizzata
con il sostegno della Regione Lazio – Fondo regionale per il cinema
e l’audiovisivo e anche il contributo della Regione Puglia e
dell’Apulia Film Commission.
“Chi m’ha visto” rappresenta il
debutto alla regia di Alessandro Pondi, scrittore e sceneggiatore
che per il cinema ha firmato sia pellicole d’autore come “K il
bandito” di Martin Donovan, “Litium Cospiracy” di Davide Marengo,
“Mio papà” di Giulio Base, che commedie sentimentali come “Poli
Opposti” e film campione di incassi come “Natale a Beverly Hills” e
“Natale in Sud Africa”.
Dopo l’artwork completo oggi
arrivano online i ritratti singoli degli eroi
della Justice League, nell’atteso film
di Zack Snyder. Ecco su sfondo nero
Batman, Wonder Woman, Flash, Cyborg e Aquaman.
Ecco il primo
trailer di Justice
League dal Comic Con
Justice
League sarà diretto da Joss
Whedon, che ha sostituito alla fine della
produzione Zack Snyder, ed è previsto
per il 10 novembre 2017. Nel film vedremo
protagonista Henry
Cavillcome Superman, Ben Affleckcome
Batman, Gal
Gadotcome Wonder Woman, Ezra Millercome
Flash, Jason
Momoacome Aquaman, e Ray
Fishercome Cyborg. Nel cast confermati
anche: Amber Heard, Amy Adams, Jesse Eisenberg, Willem
Dafoe, J.K. Simmons e Jeremy
Irons. I produttori esecutivi del film
sono Wesley Coller, Goeff
Johns e Ben
Affleck stesso.
Arriva dal set di Avengers 4 un nuovo video nel
quale possiamo vedere Ant-Man in azione e quello
che sembra essere una nuova variante del costume dell’eroe Marvel.
Avengers 4 è
ancora un grande mistero. Il film sarà diretto dai Fratelli Russo
ma non sappiamo ancora da chi sarà composto il cast né di cosa
parlerà il film. Le dichiarazioni di Kevin Feige
in merito hanno reso molto chiaro il fatto che il titolo ufficiale
del film rappresenta spoiler per Avengers Infinity
War, per cui non sarà rivelato fino all’uscita al cinema
del film che conclude la Fase 3 dei Marvel Studios.
Avengers
Infinity War arriverà al cinema il 4 Maggio
2018. Christopher Markus e Stephen
McFeely si occuperanno della sceneggiatura del film,
mentre la regia è affidata a Anthony e Joe
Russo.
Il cast del film al momento è
composto da Cobie Smulders, Benedict Cumberbatch,
Chris Pratt, Vin Diesel, Scarlett Johansson, Dave Bautista, Karen
Gillan, Zoe Saldana, Brie Larson, Elizabeth Olsen, Robert Downey
Jr., Sebastian Stan, Chris Hemsworth, Chris Evans, Tom Holland,
Bradley Cooper, Samuel L. Jacksson, Jeremy Renner, Paul Rudd, Peter
Dinklage, Mark Ruffalo, Josh Brolin, Paul Bettany, Benedict
Wong, Pom Klementieff e Chadwick
Boseman.
La Warner Bros ha
diffuso l’esperienza VR a 360° di IT, l’atteso
nuovo film di Andrés Muschietti e adattamento
dal libro più terrificante di Stephen
King.
È il momento di incontrare
Pennywise grazie al terrorizzante video di IT appena
svelato: “Esperienza VR a 360°”. Il thriller horror, tratto dal
romanzo di Stephen King, e diretto da Andrés Muschietti
(“Mama”) arriverà nelle sale italiane a partire dal 19 ottobre
2017. Il film ripercorre le vicissitudini della cittadina
di Derry nel Maine, dove un gruppo di bambini si trova ad
affrontare le sue paure incontrando un clown malvagio
chiamato Pennywise. Sul set del film, accanto a un nutrito
cast di giovani attori: Bill Skarsgård (“Allegiant”, “Hemlock
Grove” per la TV) che interpreta il cattivo su cui ruota la
storia.
l thriller horror della New Line
Cinema, diretto da Andrés Muschietti (“Mama”), è tratto
dal popolare romanzo omonimo di Stephen King, che terrorizza i
lettori da decenni.
Quando iniziano a scomparire i ragazzi della città di Derry,nel
Maine, un gruppo di bambini si trova faccia a faccia con le proprie
paure, facendo quadrato contro un clown maligno chiamato Pennywise,
la cui storia è costellata da secoli di omicidi e violenze.
Protagonista di è Bill Skarsgård (“Allegiant”, “Hemlock
Grove” per la TV) che interpreta il cattivo su cui ruota la storia,
Pennywise. Al suo fianco un nutrito cast di giovani attori, tra cui
Jaeden Lieberher (“Midnight Special”), Jeremy Ray Taylor (“Alvin
Superstar:Nessuno ci può fermare”), Sophia Lillis (“37”), Finn
Wolfhard ( “Stranger Things” per la TV), Wyatt Oleff
(“Guardiani della Galassia”), Chosen
Jacobs (l’imminente “Cops and Robbers”), Jack Dylan Grazer (“Tales
of Halloween”) e Nicholas Hamilton (“Captain Fantastic”).
Muschietti dirige da una sceneggiatura adattata da Chase
Palmer & Cary Fukunaga e Gary Dauberman. Dan Lin, Roy Lee, Seth
Grahame-Smith, David Katzenberg e Barbara Muschietti sono i
produttori, con Marty P. Ewing, Doug Davison e Jon Silk come
produttori esecutivi.
Il team creativo dietro la macchina da presa comprende il direttore
della fotografia Chung-Hoon Chung (“Quel fantastico peggior anno
della mia vita”), lo scenografo Claude Paré (“L’alba del pianeta
delle scimmie”), il montatore Jason Ballantine (“Il grande Gatsby”) e la costumista Janie
Bryant ( “Mad Men” per la TV).
O1 Distribution ha
diffuso due clip inediti di Valerian e la città dei mille
pianeti, il film di Luc Besson, il
visionario regista de Il quinto elemento e
Lucy che vede protagonisti Cara
Delevingne, Dane
DeHaan e Clive Owen.
Valerian e la città
dei mille pianeti, che uscirà il 21 settembre 2017, conta
nel cast anche John
Goodman, Ethan
Hawke, Clive
Owen, Rutger
Hauer e Rihanna.
Dane
DeHaan e Cara
Delevingne interpretanoValérian
e Laureline, due agenti speciali del governo operativo nei
territori umani nel 28esimo secolo, chiamati a mantenere
l’ordine nell’universo e a partecipare a un’impegnativa missione
sul pianeta intergalattico Alpha.
Nell’anno 2740, Valerian e
Laureline sono Corpi Speciali incaricati dal governo di mantenere
l’ordine in tutto l’universo. Seguendo gli ordini del loro
comandante, Valerian e Laureline si imbarcano per una missione
nella città intergalattica di Alpha, metropoli in continua
espansione e dimora di migliaia di specie diverse provenienti da
ogni angolo della Galassia. Questa importante e storica città, è
sotto l’attacco di un nemico sconosciuto. Valerian e Laureline
dovranno combattere contro il tempo per trovare l’origine di questa
forza maligna e fermarla prima che distrugga il nostro
universo.
Nel 2012, è stata annunciata
l’intenzione di Besson di realizzare un
adattamento cinematografico della serie a fumetti
francese Valérian and Laureline, pubblicata
per la prima volta nel 1967 e tradotta il 21 lingue. A maggio
2015 Besson, attraverso un tweet, ha
annunciato che Dane
DeHaan e Cara
Delevingne come protagonisti del film. Questo film
segna il ritorno del regista al genere space opera, venti anni
dopo Il quinto elemento.
Con un budget di circa 170 milioni
di dollari è diventato il film più costoso della storia del cinema
francese, record in precedenza detenuto da Asterix
alle Olimpiadi.
Di seguito la prima sinossi del
film: “Trent’anni dopo gli eventi del primo film, un nuovo
blade runner, l’Agente LAPD K (Ryan Gosling), dissotterra un segreto a
lungo sepoltoche
potrebbe avere il potere di gettare nel caos quello che
è rimasto della società. La scoperta di K lo guida in una ricerca
con lo scopo di trovare Rick Deckard (Harrison Ford), un ex blade
runner della LAPD che è rimasto nasconsot per 30
anni.”
Nel cast del film
figurano Ryan Gosling, Harrison Ford,
Robin Wright, Ana de Armas, Sylvia Hoeks, Carla Juri, Mackenzie
Davis, Barkhad Abdi, Dave Bautista, David Dastmalchian, Lennie
James, Hiam
Abbass e Jared
Leto.
La
sceneggiatura del sequel, ambientato diverse decadi dopo
l’originale pellicola del 1982, è affidata a Hampton
Francher e Michael Green e
segue la storia originale scritta da Francher e David
Peoples basata sul romanzo di Philip K.
DickIl Cacciatore di
Androidi.
Produttori esecutivi del film sono Frank Giustra
e Tim Gamble, CEO di Thunderbird Film. Lo stesso
Ridley Scott sarà produttore esecutivo della pellicola così come
Bill Carraro.
In Our Souls at
Night Addie Moore ha una singolare proposta da fare a
Louis Waters. Sono entrambi oltre l’età della pensione e vedovi da
qualche tempo. Entrambi vivono in una tranquilla città del Colorado
dove la cosa migliore è che tutti conoscono tutti. E la cosa
peggiore è che tutti conoscono tutti.
Anche se sono vicini di casa da
molto tempo, la loro conoscenza è poco più che casuale, finché un
giorno Addie propone a Louis di dormire insieme, solo per farsi
compagnia, per avere qualcuno con cui parlare al buio, per sentire
la presenza di un’altra anima accanto a sé, per favorire il sonno.
Quando Louis acconsente, Addie è allo stesso tempo sorpresa e
felice.
Our Souls at Night trama
Nella penombra della notte
riportano alla luce storie rimaste a lungo sepolte, che si
raccontano a vicenda. È solo confessandosi il proprio passato che
possono liberarsi del senso di colpa per le occasioni perdute –
parole ed emozioni pensate ma mai espresse – e superare il
devastante effetto che la mancanza d’amore può avere sulla vita,
arrivando a provare l’effetto positivo che la riscoperta dell’amore
può avere sull’ultimo capitolo dell’esistenza.
Il regista RITESH BATRA ha
così commentato: L’opera di Kent Haruf ha sempre occupato
un posto speciale nel mio cuore per la sua onestà e specificità.
Sono stato onorato di adattare il suo ultimo romanzo per lo
schermo, e di collaborare con Robert Redford e Jane Fonda nel
raccontare questa storia di gente comune così marcatamente
specifica e locale: caratteristiche che la rendono
universale.
Abbiamo scelto gran parte del
cast a livello locale, e la storia ci ha dato la possibilità di
esplorare le specificità del Colorado orientale: il paesaggio che
spinge questi personaggi a stare insieme, le cose che piace loro
sentire alla radio, e il concetto senza tempo di famiglia “finta”.
Lavorare con questi attori e con questa terra per raccontare la
storia di Haruf su quel ciclo di amore e perdita che è la vita, ha
rafforzato la mia convinzione che la grande letteratura altro non
sia che la nostra vita quotidiana, come è sempre stato.
Sarà presentato in concorso a
Venezia
74West of Sunshine, il film
diretto da Jason Raftopoulos e con
protagonisti Damian Hill, Ty Perham, Kat Stewart, Tony
Nikolakopoulos, e Arthur Angel.
Trama – Separato dalla sua famiglia
e indebitato dopo essere caduto nel circolo vizioso del gioco
d’azzardo, Jim ha meno di un giorno per restituire un prestito a un
violento usuraio. La giornata si capovolge quando deve occuparsi
del figlio a casa da scuola per le vacanze. Il rapporto di Jim con
il figlio viene messo alla prova nel momento in cui i suoi piani
per ripagare il prestito falliscono. Quando il suo ultimo disperato
sforzo di saldare il debito mette a repentaglio la vita del figlio,
dovrà scegliere tra il proprio passato e una seconda possibilità
nella vita.
In merito al film il regista ha
commentato: “West of Sunshine è una storia di amore,
libero arbitrio e trauma intergenerazionale. L’amore viene
esplorato non solo come idea o sentimento ma sulla base delle
azioni che dobbiamo compiere. Nell’arco di un giorno, Jim impara a
mettere da parte il proprio trauma da abbandono e ad afferrare la
seconda possibilità che gli si offre davanti: essere un padre per
il proprio figlio. Sceglie di amare e essere amato.
Cinematograficamente, mi sono ispirato al cinema neorealista
italiano, documentando lo snodarsi degli eventi e anche giocando
con quello stile per amplificare i significati sottintesi nei
momenti chiave del film. In una società disgregata, lo scopo che
intendevo perseguire in questo film era celebrare semplici ma
fondamentali valori umani e familiari.”
Sarà presentato oggi a Venezia
74 fuori concorso – proiezione
speciale Casa D’altri di Gianni Amelio,
l’ultimo film del regista italiano con protagonisti nel
cast Emidio Bernardi, Mario Agostino, Francesco
Buonasorte, Francesca Coltellese, Elena D’Angelo, Fabio Magnifici,
Giorgia Moriconi, Claudia Quaranta e Valter Ranucci.
Casa D’altri di Gianni Amelio
Siamo entrati in “casa d’altri” col
timore di disturbare. Non volevamo invadere un territorio ferito
con l’occhio della curiosità fine a se stessa. I cittadini di
Amatrice, i pochi rimasti, ci hanno aperto la porta, ci hanno
accolto senza lacrime, ci hanno offerto ospitalità e affetto. A un
anno di distanza dal terremoto, il dolore si sta acquietando, si
pensa a ricostruire. Le macerie però non sono state rimosse, ci
vuole tempo, dicono. E il futuro, forse, è ancora lontano.
Sarà presentato in concorso a
Venezia 74Lean on pete, il
film inglese diretto da Andrew Haigh
e tratto dal romanzo Lean On Pete di Willy
Vlautin. Nel cast protagonisti Charlie Plummer, Steve
Buscemi e Chloë Sevigny che sarà presente al lido insieme
al regista.
Lean On
Petesegue le vicende di Charley Thompson,
quindicenne che sogna una casa, del cibo nel piatto e una scuola da
non dover cambiare in continuazione. Ma è difficile trovare un po’
di stabilità, se si è figli di un padre single che si arrangia con
lavori precari nei magazzini lungo il Pacifico nordoccidentale.
Con la speranza di iniziare una
nuova vita, i due si trasferiscono a Portland, in Oregon, dove
Charley trova un lavoro per l’estate presso un malconcio
addestratore di cavalli e diventa amico di un vecchio cavallo,
chiamato Lean on Pete.
Lean on pete Venezia 74
Il regista ha così
commentato: La ballata di Charley Thompson di Willy
Vlautin è un romanzo straordinariamente umano. Racconta la storia
di un ragazzo che si rifiuta di perdere la speranza e il coraggio,
nonostante la dura realtà del mondo in cui vive. L’ho trovato
immensamente toccante, tenero e mai sdolcinato. Volevo che il film
avesse lo stesso senso di purezza e guardasse la vita ai margini
della società con onestà e rispetto. All’inizio del romanzo di
Willy c’è una citazione di John Steinbeck che dice: “Èpur vero che
siamo fragili, brutti, meschini e litigiosi ma, se quel che siamo
fosse tutto qui, saremmo scomparsi dalla faccia della terra ormai
da millenni.” Durante le riprese del film, ho cercato di tenere
sempre presenti queste parole.
La Biennale di
Venezia e Jaeger-LeCoultre annunciano
che è stato attribuito al grande regista
inglese Stephen Frears (Philomena,
The Queen, Le relazioni pericolose) il
premio Jaeger-LeCoultre Glory to the
Filmmaker della 74.Mostra
Internazionale d’Arte Cinematograficadi
Venezia 2017, dedicato a una personalità che abbia
segnato in modo particolarmente originale il cinema
contemporaneo.
La 74. Mostra di
Venezia si tiene al Lido di Venezia dal 30 agosto al 9 settembre
2017, diretta da Alberto Barbera e organizzata dalla Biennale
presieduta da Paolo Baratta.
La consegna del premio
a Stephen Frears avrà luogo
domenica 3 settembre alle
ore 22.00 in Sala
Grande(Palazzo del Cinema), prima della proiezione Fuori
Concorso del suo nuovo film Victoria &
Abdul, in prima mondiale a Venezia. Il film è
ambientato alla fine dell’Ottocento, quando il giovane commesso
Abdul Karim si mette in viaggio dall’India per partecipare al
Giubileo d’oro dell’anziana Regina Vittoria. Arrivato a Londra,
Abdul si ritrova sorprendentemente nelle grazie della sovrana; i
due instaurano un’improbabile e devota amicizia, mostrando una
lealtà reciproca che la famiglia e la cerchia della sovrana cercano
di ostruire. Abdul diventa rapidamente insegnante, consigliere
spirituale e amico devoto della Regina, mentre il loro rapporto si
rafforza e Vittoria comincia a vedere il mondo con occhi diversi,
riscoprendo con gioia anche la propria umanità.
A proposito di
questo riconoscimento, il Direttore della
Mostra Alberto Barbera ha
dichiarato:
“Prolifico e
imprevedibile, eclettico e provocatorio, Stephen
Frears sembra sfidare la possibilità stessa di una
definizione monolitica del suo cinema. È tra le figure più vibranti
e rappresentative del cinema inglese contemporaneo (accanto a Ken
Loach e Mike Leigh), ma a differenza di molti non teme di apparire
contradditorio, passando con nonchalance dal
realismo sociale degli anni ’80 alle biografie, dalle commedie ai
drammi storici, alternando film inglesi e americani, produzioni a
basso costo e grandi budget, cinema e televisione, ogni volta a
proprio agio. È forse questo palese contrasto a costituire
l’aspetto più interessante del suo lavoro, insieme con le qualità
che tutti gli riconoscono: una sensibilità non comune nel dirigere
gli attori, l’abilità nel trarre il meglio dal rapporto con
scrittori affermati (Alan Bennet, Christopher Hampton, Hanif
Kureishi, Nick Hornby), l’apparente modestia che consiste nel
subordinare lo stile all’esigenze del materiale. Grande narratore
di storie, dalle quali emergono tematiche ricorrenti come
l’attenzione per personaggi di oppressi e marginali, Frears
possiede il dono non comune di offrire nei suoi film migliori un
ritratto della società Britannica aspro, pungente, non
convenzionale, capace di risultare allo stesso tempo disturbante e
divertente.”
Stephen Frears
Regista tra i
più versatili, capace di spaziare tra un’ampia varietà di stili,
tematiche e generi, Stephen
Frears (Leicester, Inghilterra, 1941) si costruisce
una solida reputazione lavorando per tutti gli anni settanta tra
episodi di serie tv e film televisivi. Esordisce al cinema nel 1984
con Vendetta, facendo scoprire al mondo il talento di
Tim Roth. Con il suo film successivo, il provocatorio My
Beautiful Laundrette (1985) con Daniel Day Lewis,
raggiunge il successo internazionale e ottiene una candidatura agli
Oscar per la sceneggiatura, mettendo per la prima volta in luce il
suo talento negli adattamenti letterari. Il film che lo consacra al
grande pubblico è Le relazioni pericolose (1988)
con John Malkovich, Glenn Close e Michelle Pfeiffer, che si
aggiudica tre Oscar tra cui quello per la miglior sceneggiatura non
originale, insieme a molti altri premi internazionali. Con il
successivo Rischiose abitudini (1990) riceve la
sua prima nomination agli Oscar come miglior regista, sancendo il
definitivo sodalizio con Hollywood, al quale continuerà sempre a
intervallare produzioni inglesi. Nel 1998 vince l’Orso d’argento
per la miglior regia a Berlino con The Hi-Lo Country,
mentre nel 2000 dirige Alta fedeltà ed è
presente per la prima volta in Concorso a Venezia
con Liam, per il quale l’attrice Megan Burns vince il
Premio Mastroianni. Due anni dopo torna in Concorso
con Piccoli affari sporchi e poi di nuovo nel
2006, quando riceve la sua seconda nomination agli Oscar per la
regia di The Queen, film sulla Regina Elisabetta II
per il quale Helen
Mirren vince la Coppa Volpi e l’Oscar come miglior
attrice protagonista. Con Philomena(2013)
vince il premio per la miglior sceneggiatura a Venezia e il film
viene candidato a quattro Oscar.
Il suo ultimo
film, Victoria & Abdul, sarà
presentato in anteprima mondiale Fuori Concorso a Venezia e segna
il ritorno di Frears all’ambientazione della corte britannica dopo
lo straordinario successo di The Queen e il
ritorno del Premio Oscar Judi Dench nei panni della regina
Vittoria. La sceneggiatura è firmata dal candidato agli Oscar Lee
Hall (Billy Elliot) ed è basata sul libro del giornalista
Shrabani Basu intitolato Victoria & Abdul: The True Story
of the Queen’s Closest Confidant. Victoria &
Abdul è un film presentato da Focus Features in
associazione con Perfect World Pictures e BBC Films ed è una
produzione Working Title in associazione con Cross Street
Films.
Jane Fonda e Robert Redford
riceveranno il 1 settembre alla 74. Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica, il Leone d’Oro alla carriera, la decisione è
stata presa dal Cda della Biennale di
Venezia presieduto da Paolo Baratta, su proposta del
Direttore della Mostra del Cinema Alberto Barbera.
La consegna dei premi avrà
luogo nella Sala Grande del Palazzo del Cinema (Lido
di Venezia), prima della proiezione Fuori Concorso del film di
NetflixOur Souls at Night, diretto
da Ritesh Batra e interpretato da Jane
Fonda e Robert Redford. Our Souls
at Night è prodotto da Redford e dalla sua società
Wildwood Enterprises, Inc. e da Finola Dwyer di Wildgaze
Films. Basato sul romanzo di Kent Haruf, adattato per lo schermo da
Scott Neustadter e Michael H. Weber (Colpa delle stelle),
il film Netflix Our Souls at Night comincia
quando la vedova Addie Moore (Jane Fonda) si presenta a sorpresa
dal suo vicino di casa, il vedovo Louis Waters (Robert Redford). In
quella cittadina in Colorado sono stati vicini per decenni, ma fino
a quel momento con pochi contatti. Il film verrà distribuito in
tutto il mondo da Netflix nel 2017.
Manifestazioni di odio e
intolleranza sono ormai all’ordine del giorno e spesso capita che
alcuni sconvolgenti fatti di cronaca entrino prepotentemente nelle
nostre case a rovinarci la giornata; che siano semplici episodi
circoscritti al nostro territorio nazionale o terribili attentati
poco al di là dei confini italiani, la guerra e il terrore riescono
sempre a sconvolgere le nostre vite. Ebbene, il nuovo film di
Ziad Doueiri è questo è molto di più. The
Insult racconta una storia apparentemente semplice, un
litigio tra due persone che, per la cocciutaggine di entrambe,
diventa un vero e proprio caso politico internazionale.
La trama di The Insult
In The Insult un
rifugiato palestinese di nome Yasser, capocantiere
di un’impresa edile, sta eseguendo dei lavori di ristrutturazione
in un quartiere popolare di Beirut quando si
imbatte in Toni, un meccanico libanese di
religione cristiana che, rifiutando l’aiuto degli operai, li
scaccia in malo modo. A causa quindi di un banale tubo difettoso
della grondaia di Toni, i due finiscono col discutere, iniziano a
volare parole grosse e la storia finisce nelle mani della polizia e
dei tribunali. Un comune litigio, che sarebbe potuto finire con
delle semplici scuse, a causa dell’orgoglio dei due uomini,
continua ad espandersi ed a coinvolgere sempre più persone, fino a
diventare una guerra tra fazioni religiose.
Di origini libanesi, il regista
Doueiri – autore già di alcuni lungometraggi di successo come
West Beirut, sua opera prima che vinse il Prix
François Chalais nel 1998 al Festival
di Cannes – può vantare tra le sue esperienze lavorative
anche alcuni anni passati al fianco di Quentin
Tarantino in qualità di suo assistente alla regia
per film celebri come Jackie Brown, Pulp Fiction, Dal Tramonto all’Alba e Le
Iene. Potrebbe sembrare l’ennesimo film sulla cosiddetta
questione palestinese ma The Insult, con la sua
immediata semplicità, riesce a scavare molto più in profondità,
regalandoci il ritratto di un’umanità che sembra non aver ancora
imparato dai propri errori.
Ad un occhio poco attento, Toni
(Adel Karam) e Yasser (Kamel El
Basha) possono sembrare persone molto diverse eppure c’è
qualcosa che in fondo li accomuna, qualcosa che è molto più
ingombrante del loro orgoglio smisurato: il dolore. Abituati sin da
piccoli a convivere con la guerra e con un futuro oscuro ed
incerto, hanno presto imparato a temere chi è diverso da loro e a
guardarlo con sospetto. Negli anni battaglie si sono succedute e
dittatori folli dell’una e dell’altra fazione hanno fatto strage di
poveri innocenti, nascondendosi dietro buoni propositi e finalità
religiose. Il dolore si è trasformato in rabbia e questa a sua
volta in odio; ma come sappiamo l’odio genere altro odio e questo,
come un fiume in piena, travolge tutto ciò che incontra sul suo
cammino. E così una semplice grondaia ha scatenato una serie di
reazioni a catena che hanno portato i nostri protagonisti al centro
di una guerra mediatica.
Nonostante le sue origini
mediorientali, Ziad Doueiri ci regala un film
dallo stile spiccatamente americano, tipico dei legal
drama. In breve tempo la disputa tra due uomini si trasforma
in una lotta tra mogli e mariti, padri e figlie, schieramenti
religiosi, avvocati senza scrupoli e partiti politici. Dopo un
inizio un po’ in sordina, The Insult acquista un
ritmo sostenuto che, grazie anche ai numerosi colpi di scena
durante il processo, riesce a mantenere vivo l’interesse dello
spettatore. I temi trattati sono veramente tanti; si parla di odio
e intolleranza tra popoli che condividono la stessa terra e
dell’inquietante relazione tra politica e religione. Durante il
processo i protagonisti, completamente in balia degli avvocati e
del relativo circo mediatico, sono costretti a condividere momenti
privati e dolorosi del proprio passato con degli estranei ai quali
interessa solo potersi servire della loro causa per creare
disordini e tirare l’acqua al proprio mulino.
Non si tratta più infatti di
decidere chi ha ragione e chi torto ma di chiarire una volta per
tutte cos’è o non è accettabile fare in nome delle proprie
convinzioni. E’ giusto offendere un’altra persona solo perché
diversa o sferrare un pugno per un’offesa ricevuta? Quando si cade
e ci si sbuccia un ginocchio a volte basta un cerotto per tornare a
camminare mentre un orgoglio ferito è molto più difficile da
sanare.
A volte però basta un gesto
semplice come riattaccare il cavo della batteria di una macchina in
panne di un estraneo per realizzare che in fondo non è importante
quello che ci divide ma quello che ci accomuna. Tutti abbiamo
cicatrici nascoste e ricordi dolorosi stipati negli angoli più
remoti della nostra memoria ma basta riuscire a ricordare che
“nessuno ha l’esclusiva della sofferenza” e che,
nonostante il passato non si possa cambiare, soltanto insieme è
possibile andare avanti e voltare pagina.
La seconda serata di
Venezia 74 vede protagonisti tantissimi volti del
firmamento di Hollywood, dal premio Oscar Octavia
Spencer, alla giovane e talentuosa Amanda
Seyfried, fino alla giurata Rebecca Hall
e alla protagonista del film di Guillermo Del Toro, Sally
Hawkins. [nggallery id=3158]
Qual è la forma dell’acqua
(The Shape of Water)? In genere è quella del suo
contenitore, per definizione, trattandosi di un liquido, ma
Guillermo Del Toro, nel suo film, presentato in
Concorso a Venezia 74, ne dà un’altra definizione:
la forma dell’acqua è quella dell’amore.
The Shape fo Water trama
Elisa è una giovane donna muta e
solitaria, che per circostanze fortuite entra in contatto con una
creatura marina, catturata dal governo degli Stati Uniti e
utilizzata come cavia da laboratorio. Le due diversità,
l’incapacità di parlare di lei e la “mostruosità” di lui, ben
presto si incontrano ed entrano in un intimo contatto che diventerà
presto un amore coraggioso, puro e appassionato, che sfiderà tutto
e tutti per poter sopravvivere.
Con il linguaggio sospeso e tenero
della fiaba, Guillermo Del Toro racconta una
storia d’amore che ricalca la storia della Bella innamorata (e
ricambiata) della Bestia, con un linguaggio cinematografico esperto
e raffinato. Attraverso l’utilizzo sapiente di colori e luci, Del
Toro si conferma non solo fine narratore di “fatti”, ma anche
efficace fruitore di tutti gli strumenti che il cinema gli mette a
disposizione. In questo modo la luce e i colori, nel film, non sono
solo parte integrante della realtà raccontata, ma diventano a loro
volta un espediente narrativo che veicola senso con leggerezza e
passione.
Il magnifico cast di The
Shape of Water
Interprete perfetta del ruolo di
Elisa è Sally Hawkins: con sguardi, pochi gesti,
tanta azione, la donna costruisce per sé la sua felicità, fatta di
coraggio e rischio, ma anche di una tenerissima intesa con la
creatura. Al fianco della Hawkins ci sono Octavia Spencer, nel ruolo della collega e
amica, e Richard Jenkins in quello del vicino,
confidente, unico affetto della protagonista. Entrambi i ruoli,
complementari alla protagonista, compongono un quadro in cui quelli
che sembrano vinti e poveri riescono a compiere grandi gesti,
prevalentemente attraverso l’amore reciproco. Il messaggio sembra
quindi scontato e melenso, ma nelle mani di Del Toro diventa
naturale e abbatte il cinismo con cui ci siamo abituati a vedere il
mondo nel nostro quotidiano.
In contrasto con i personaggi
positivi di The Shape of Water, c’è invece il
villain di Michael Shannon. Un uomo di armi e di
violenza, che nelle ragioni della paura e dell’avversione nei
confronti della diversità trova la sua ottusa ragione. L’interprete
conferma la raffinatezza delle sue doti, tratteggiando rabbia e
prepotenza con vivido realismo.
Tra il bene e il male,
rappresentato dagli esseri umani, c’è la creatura, un mostro che
nel suo aspetto e nelle sue intenzioni manifesta l’ossimoro della
sua esistenza. Questo misterioso essere rappresenta la diversità
per eccellenza, diversità fondamentale per abbracciare a pieno il
messaggio di Del Toro: la paura genera l’odio e la risposta è
l’amore. Di fronte alla banalissima realtà di questo messaggio lo
spettatore si trova però disarmato da quanto autentico questo
appaia nel corso degli eventi, senza mai cedere il passo alla
retorica dei buoni contro i cattivi.
La sensualità
dell’acqua
Mantenendo fede ai toni fiabeschi,
con The Shape of Water il regista non esita a
raccontare una storia d’amore a tutto tondo, che comprende anche la
sensualità del rapporto. L’abbraccio acquatico trai due
protagonisti si carica quindi di una sensualità autentica e
viscerale ma mai torbida, una passione gioiosa, nonostante la
condizione di pericolo che la storia suggerisce.
Maestro del racconto
cinematografico, Del Toro ricrea sullo schermo le suggestioni di
una fiaba per adulti, con un finale delicato, che sa di
predestinazione e magia e che ci ricorda che alla paura è sempre
meglio preferire l’amore, che sia per un’altra persona, per la
vita, o anche, come nel suo caso, per il grande cinema.
Si chiama Mozimánia la rivista
ungherese che ha dedicato una nuova cover a Star
Wars Gli Ultimi Jedi in cui compare Luke Skywalker
(Mark Hamill) in una inedita veste “oscura”. Ecco
di seguito la cover:
La sinossi: “In Star
Wars Gli Ultimi Jedi della Lucasfilm, la saga Skywalker continua
quando gli eroi de Il Risveglio della Forza si uniscono alle
leggende della galassia in un’epica avventura che svelerà i misteri
della Forza e le scioccanti rivelazioni del passato risalenti
all’Era antica. Star Wars Gli Ultimi Jedi arriverà nei cinema
USA il 15 dicembre 2017.”
FIRST LOOK –
Carrie Fisher in Star Wars Gli Ultimi Jedi
Il film sarà
diretto da Rian Johnson e arriverà al
cinema il 15 dicembre 2017. Il film racconterà le vicende
immediatamente successive a Il Risveglio della
Forza.
Dopo la presentazione a Venezia 74
in anteprima mondiale, ecco il teaser trailer di Downsizing,
nuovo film di Alexander Payne con Matt
Damon, diffuso da Paramount.
Venezia 74: Downsizing recensione del film
con Matt Damon
Downsizing
segue le avventure di Paul Safranek (Matt Damon), un uomo ordinario
di Omaha che, insieme alla moglie Audrey (Kristen Wiig), sogna una
vita migliore. Per rispondere alla crisi mondiale causata dalla
sovrappopolazione, gli scienziati hanno sviluppato una soluzione
radicale che permette di rimpicciolire gli essere umani a pochi
centimetri d’altezza. Le persone presto scoprono che i loro
risparmi valgono di più in un mondo più piccolo e, con la promessa
di uno stile di vita lussuoso oltre ogni loro aspettativa, Paul e
Audrey decidono di correre il rischio di sottoporsi a questa
pratica controversa, imbarcandosi in un’avventura che cambierà le
loro vite per sempre.
“È importante costruire delle
narrazioni che siano alternative a quelle che sono più diffuse, e
raccontarle attraverso l’invenzione narrativa di un personaggio che
si trova a vivere il conflitto tra quello che gli chiede il dovere
istituzionale e le riflessioni suscitate dal confronto a tu per tu
con degli esseri umani di cui non capisce il dramma.”Alba Bonetti, vice presidente nazionale di
Amnesty International Italia, ha così parlato in
relazione a L’ordine delle cose, il film di
Andrea Segre che racconta il dramma dei migranti
dal punto di vista di un Funzionario del Ministero degli Esteri che
si occupa di stipulare accordi internazionali a tutela della grande
crisi che sta vivendo il Mediterraneo e tutta l’Europa.
“Questo, per noi di Amnesty
International è importante dal punto di vista culturale e della
diffusione di una maggiore comprensione di quello che sta
succedendo – ha continuato la Bonetti – cioè ragionare non
su numeri e statistiche ma su delle vite, perché stiamo parlando di
diritti umani e di vite. Non si tratta di un’invasione perché l’86%
degli immigrati censiti sta fuori dall’Europa. Non è l’Europa
invasa dai migranti, è l’Europa che sta collassando sotto il peso
di politiche irresponsabili e incapaci di dimostrare quella
solidarietà che 70 anni fa ha permesso all’Europa stessa di venire
fuori dalla gigantesca crisi degli immigrati della Seconda Guerra
Mondiale.”
L’ordine delle cose è stato presentato al Festival di Venezia 2017 nell’ambito
degli Eventi Speciali della Mostra.
Ragazzi, sono veramente esausto. È
stata un’edizione intensa e interessante ma in fondo sono contento
che sia arrivata finalmente l’ora di tornare a casa e riposare il
mio stanco membro. Ma sento una vocina. Forse è il Demonio di padre
Amorth e Friedkin, che occasionalmente ha deciso di possedere un
poro cristo di giornalista invece che la solita architetta
ciociara. ‘Ang, per mille forconi! Ma che cazzo dici? Stai solo
al secondo giorno’. ‘Ma porco di quel… (inserire bestemmie a
scelta, possibilmente in ciociaro. Perché sì, la ‘lingua
sconosciuta’ che parlava la tizia, ve lo assicuro, era ciociaro
stretto. Non aramaico, non antico accadico. Ciociaro). E
probabilmente sempre dal Demonio di cui sopra dipende
l’incontrovertibile tendenza del mio pass a girarsi sempre dal lato
sbagliato, quello bianco, provocando la diffidenza degli addetti
alla sicurezza per cui ‘pass fasullo + barba lunga + borsa carica
di Toradol equivale a ‘pericoloso terrorista’, se me portano ar
gabbio portatemi le arance, o almeno una bottiglia di Fiuggi, che
devo bere). Ieri sera – crepi l’avarizia – festicciola. Ho tenuto a
bada Fankulius (il demone sumero dell’asocialità festivaliera) per
ben 30 minuti. Un record, ma capitemi, andavo a mohito
analcolico.
Torno mentre Vì e i capi supremi di
CinefilosChiara Guida e
Francesco Madeo arrivano, tutti belli ed eleganti
tranne me, come cantava Vendittius, il demone iraniano della
vecchiaia. Li aspetto sulla panchina e li saluto al volo evitando
di cedere alle lusinghe di Tornaindietroevieniallafestaconnoius, il
demone armeno della dissennatezza. Così almeno oggi sono in grado
di presentarmi alla proiezione di The Shape of
Water di Del Toro in discreta Shape pure io, che ci
tengo. Il film è bellissimo,
pochi cazzi, ed è una di quelle storie che se la davi in mano a uno
che vuole spiegare le cazzate insite nel cinema di sogno e
fantasia, tipo Christopher Nolan, veniva fuori un disastro. In mano
a Del Toro pure la storia di una povera disgraziata, cessa e muta,
che si innamora del Mostro della Laguna Nera scorre liscia e prende
un riflesso meraviglioso. Questo è veramente in grado di dare la
forma all’acqua, ma pure all’aria e pure ai rutti se ci prova, ne
sono convinto, e visto il tema dire che in questa Laguna è Del Toro
il mostro – ovviamente di bravura – non è solo l’abituale cazzata
giornaliera dovuta all’abbacinamento da Festival. Risate grasse
almeno quanto lui.
Per il resto c’è per me il ritorno
di un mostro assai più spaventoso – altro che demoni mediorientali
e uomini pesce dal cuore d’oro – ovvero la tumulazione alla
Settimana Orizzontale degli Autori, triste
reminiscenza dello scorso anno. Che significa tipo diciotto
interviste one-to-one di fila a gente diversamente famosa, che poi
per carità, è anche caruccia e intellettualmente stimolante, ma mi
chiedono costantemente autografi e selfie e quindi mi stressa. Come
del resto mi stressa pure stare un’ora sotto il sole per farmi un
selfie con Del Toro, ma anche se ora puzzo peggio di una capra l’ho
fatto, e ne vado orgoglioso. Mica solo per lui, per quanto lo
stimi, ma anche e soprattutto per poter sparare la cazzata
‘Guillermo e Guillermino’ (per i non avvezzi: Guglielmino è il mio
cognome, per gli amici Ang) che in effetti sta furoreggiando su
facebook. Lui ci sta alla grande e si presta a grandi pacche sulle
spalle e capisce: ‘El pequeno Guillermo’.
Ang
Certo che sto film di Del Toro è una
bella paraculata verso il genere femminile. Donne: chi di voi nella
sua vita non si è mai innamorata del genere mostro che magna
proteine, non parla e quando se fa la doccia schizza tutto? Certo,
non vi nascondo che vederlo nella versione Barbie, cioè privo degli attributi, mi ha fatto un po’
vacillare. Ma vuoi mettere, quando scopri che ha l’optional ‘pigia
il tasto, apri la botola e srotola?’ Dovremmo rinunciare a fa
quelle elegantissime battute da signorine perbene ‘hai un coniglio
nella tasca o sei solo contento di vedermi?’, ma i vantaggi
estetici sono tanti. Comunque il film – anche per me – è
bellissimo, e mi ha fatto dimenticare un po’ di brutture di ieri
sera, tipo che anche ai Leoni lo Spritz non è accompagnato dalle
solite chips, ma te fanno ubriaca’ a stomaco vuoto e strisciare
dopo in sala. In più non sono riuscita a vedere il film che
sicuramente vincerà (First Reformed) perché,
nonostante la nostra super puntualità, la sala era piena.
E non lo dico per i commenti post
sala di illustri colleghi, che come al solito sono sempre cauti e
morigerati (Capolavoro! Leone subito! Premi supplementari! Borghi!
Marinelli! – così, a cazzo – Sai com’è siamo al secondo giorno di
festival e di La La Land ce ne è uno solo, forse
anche ma menomale), ma perché non l’hanno visto nemmeno Ang e
Chiara, e se c’è una cosa che i festival ci insegnano, a parte che
se sei con la Carducci, trovi sempre un pasto caldo, è che loro
storicamente non vedono mai la pellicola premiata. Ad ogni modo
prima di andare al fantastico party, abbiamo ripiegato su un altro
film della sezione Orizzonti, pur di non saltare una proiezione. Il
film in questione è Espèces menacées, in una sala
casinò fredda come le vetrine de sushi dei supermercati. Per onestà
mi duole dire che abbiamo googlato il titolo, un po’ perché il
francese lo parlo e sto titolo me suonava malissimo (tipo trappola
esorcistica dello scorso anno) un po’ perché non volevamo roba da
presa a male. Primo risultato: un panda. Annamo bene. Con tutto il
rispetto per questo delizioso animaletto, l’idea di passare due ore
in una cella frigorifera a guardare un documentario su come i panda
falliscono nel riprodursi era veramente troppo da sopportare. Poi
abbiamo deciso di aggiungere ‘film’+‘venezia’, e abbiamo scoperto
invece una pellicola interessante, se non fosse per quei fastidiosi
personaggi che dopo un po’ te facevano venì voglia di pigliare a
capocciate lo schermo. D’altronde come rimanere inerme davanti a un
padre che vede la figlia gonfiata come na zampogna dal marito
stronzo e strafottente e non fa una mazza di concreto se non nel
finale, e pure sul finale riesce a farsi odiare? Ma questo è un
blog cazzone, e le tematiche serie le lasciamo agli altri sennò ci
arrabbiamo, qua invece (sempre se la mia vicina di casa ce lo
permette, vedi post precedente) ce piace ride. In chiusura vi
segnalo che ieri mentre facevo pipì nei cessi dell’Excelsior, che
mi ha insegnato Ang, essere terra franca dai germi dove ancora vige
questa regola civilissima del classismo e riesco a non prendermi
tipo la malaria, ho incrociato Zucchero. Il perché
ce lo chiediamo tutti, sarebbe interessante se Nolan ci sviluppasse
attorno un soggetto. Forse è un gran cinefilo, anche se fonti certe
l’hanno sentito mentre rilasciava la seguente dichiarazione
‘soccia quanta figa’. Premi supplementari e
collaterali anche per lui. Noi invece ci vediamo domani.
Durante la conferenza stampa di
presentazione, al Festival di Venezia, di The Shape
of Water, Guillermo Del Toro ha avuto
modo di commentare anche lo stato di produzione del suo film in
stop-motion su Pinocchio.
Ecco cosa ha raccontato alla
gremita sala conferenze del palazzo del Casinò: “Ho i
pupazzi e i concept pronti ma mancano i soldi. È anche vero che
tendo a complicarmi la vita da solo, perché quando volevo fare
Hellboy a nessuno piaceva l’idea di un film di supereroi, per
Pacific Rim nessuno voleva vedere robot giganti combattere contro
mostri e per il Labirinto del Fauna, nessuno voleva produrre un
film su quel periodo della storia di Spagna. Ammetto che volendo
raccontare la storia di un Pinocchio anti-fascista durante l’ascesa
di Mussolini, anche io non mi rendo la vita facile. Mi servono 35
milioni di dollari. Se li aveste voi fareste di me un messicano
contento.”
New entry e volto noti compongono
la foto di gruppo di
Kingsman: il Cerchio d’Oro che è stata scattata da
People Magazine e che potete vedere di seguito.
Da sinistra verso destra:
Pedro Pascal, Halle Berry, Channing Tatum, Taron Egerton,
Mark Strong, Colin Firth, Jeff Brodges, Julianne Moore e
Elton John.
La sinossi
di Kingsman: Il Cerchio
d’Oro
Kingsman The Secret Service ci
ha introdotti al mondo dei Kingsmen, un’agenzia indipendente
internazionale che opera ad altissimi livellidi discrezione, il cui
obbiettivo ultimo e tenere il mondo al sicuro.
In Kingsman
Il Cerchio d’Oro, i nostri eroi affrontano una
nuova sfida. Quando le loro basi vengono distrutte e il mondo è
preso in ostaggio, il loro viaggio li porta a scoprire una alleata,
un’agenzia americana chiamata Statesman. Nella nuova avventura che
mette alla prova le loro forze, queste due associazioni devono
fronteggiare un nemico senza scrupoli per salvare il mondo, una
cosa che per Eggsy sta diventando quasi un’abitudine…
Ecco una versione retrò, corretta ad
hoc, del trailer di Justice League, in cui al fianco di
Batman e Flash, vediamo RoboCop, Xena e persino l’eroe con le
branchie di Kevin Costner in Woterworld.
Ecco il primo
trailer di Justice
League dal Comic Con
Justice League sarà
diretto da Joss Whedon, che ha sostituito
alla fine della produzione Zack
Snyder, ed è previsto per il 10 novembre 2017. Nel
film vedremo protagonista Henry Cavillcome
Superman, Ben
Affleckcome Batman, Gal Gadotcome
Wonder Woman, Ezra Millercome
Flash, Jason
Momoacome Aquaman, e Ray
Fishercome Cyborg. Nel cast confermati
anche: Amber Heard, Amy Adams, Jesse Eisenberg, Willem
Dafoe, J.K. Simmons e Jeremy
Irons. I produttori esecutivi del film
sono Wesley Coller, Goeff
Johns e Ben
Affleck stesso.
Trai titoli più attesi di Venezia
74, The Shape of
Water ha segnato il ritorno di Guillermo Del
Toro ad atmosfere congeniali, a una storia semplice, alla
fiaba macabra, al suo amore, puro e cristallino, per il cinema.
Accompagnato dal suo cast
(Sally Hawkins, Octavia Spencer e Richard
Jenkins), il regista messicano ha definito il suo film un
antidoto al cinismo dei nostri giorni, proprio grazie alla sua
genuina natura di fiaba. “Dovremmo scegliere l’amore al posto
della paura. La paura sta prendendo il sopravvento nel nostro
mondo.”
D’altronde la fiaba è sempre stato
il modo prediletto per raccontare grandi storia secondo Del Toro,
che aggiunge: “Il cinema di oggi è fissato nelle indicazioni di
tempo e luogo, nella fiaba invece c’è il ‘C’era una volta’ e questo
la rende indeterminato e per questo sempre attuale.”
La musica di The Shape of Water
L’ambientazione del film è quella
dell’America degli anni ’60, tuttavia un miscuglio di atmosfere,
musiche e colori conferisce alla storia una atemporalità sospesa,
che è stata ottenuto con il lavoro congiunto di una fotografia
meticolosa insieme allo spettacolare lavoro di composizione
musicale di Alexander Desplat.
“Il colore è importantissimo
nel film. Bisogna avere sempre un’idea chiara di quello che si
vuole, ma poi si deve anche lavorare a ciò che viene dalla
collaborazione e dal confronto. Tutto ciò che circonda Eliza è
verde e azzurro, come fosse una presenza sottomarina, mentre il
rosso non c’è mai, ma rappresenta l’amore e lo vediamo nelle sue
scarpe, nel vestito, nelle poltrone del cinema, ma non prima. Il
lavoro con la luce è stato meticoloso. La scena della vasca, ad
esempio, ha richiesto sei ore solo per l’illuminazione.”
Le musiche invece sono state
costruite sull’esempio, tra gli altri, del lavoro di Nino
Rota, sull’onda delle emozioni. Lo stesso Desplat ha
registrato di sua propria bocca un fischio, scelto come “strumento”
che riuscisse a cavalcare l’onda delle emozioni veicolate dal film
stesso.
La Bella e la Bestia
Nell’ambito della fiaba, Del Toro
spiega: “Il film ripercorre La Bella e la Bestia, ma ci sono due
versioni di quella storia, una casta e romantica, l’altra violenta
e torbida. A me non interessava nessuna delle due, io volevo
raccontare una via di mezzo, perché la realtà è estremamente più
complicata di così. La stessa Eliza è un personaggio completo, una
donna normale che vive normalmente la sua sessualità, esiste ed è
normale che sia così.”
Per quanto riguarda l’ambientazione
invece, il regista ha spiegato: “Credo si tratti di
quell’America piena di promesse a cui si riferisce chi dice di
voler renderen ‘l’America grande di nuovo’. Era un periodo ricco di
promesse e aspettative, c’erano molte cose belle ma non erano per
tutti. La creatura rappresenta quell’alterità che io conosco bene
da messicano che lavora anche in America. Si tratta di un mondo
difficile in cui solo l’amore può essere una cosa abbastanza forte
da salvare le persone. Sembra una frase assurda nel mondo cinico di
oggi ma lo dicevano i Beatles e lo diceva Gesù, e credo sia
difficile che si siano sbagliati entrambi.”
Hawkins, Spencer e Jenkins
A interpretare la protagonista, una
donna orfana e muta, c’è Sally Hawkins, che con un
lavoro magistrale consegna al cinema uno dei suoi migliori
personaggi femminili degli ultimi anni. “Guillermo è molto
generoso e alcune cose accadono esattamente quando devono accadere.
Come l’incontro con lui, ad esempio. Io stavo scrivendo una storia
su una donna che non sa di essere una sirena, e di punto in bianco
arriva la chiamata del mio agente, che mi propone di lavorare a una
storia, non ancora scrittza, pensata da Guillermo Del Toro, in cui
si parla proprio di uomini pesce. Le idee si sono sovrapposte. È
molto raro quando le cose coincidono in questo modo.”
Per Octavia
Spencer, che nel film è Zelda, una donna delle pulizie, si
è trattato di tornare indietro al personaggio che le ha regalato
l’Oscar in The Help. L’attrice però ha spiegato:
“Minni era una donna molto intelligente che però non aveva la
sua voce. Con Zelda ho ritrovato un personaggio che pur essendo più
disciplinato di Minni, ha una voce propria, e la utilizza per darla
anche alla sua coraggiosa migliore amica, Eliza.”
A completare il novero degli
ospiti, Richard Jenkins è intervenuto lodando in
particolar modo lo script di The Shape of Water.
L’attore è il vicino di Eliza; artista solitario e problematico, ma
anche lui in cerca di affetto. “Tutto ciò che di buono ho fatto
per il personaggio era nella sceneggiatura. Guillermo mi ha mandato
la sceneggiatura e mi ha detto ‘dimmi se ami questo personaggio
quanto lo amo io’, e il risultato è stato amore a prima
lettura.”
Del Toro è famoso per scrivere
delle biografie per i suoi personaggi e The Shape of
Water non fa differenza: “Ho scritto delle biografie
per ognuno di loro, tranne che per il personaggio di Sally e per la
creatura. Con Sally ho lavorato gomito a gomito, abbiamo creato
insieme Eliza. Per la creatura invece ho fatto un lavoro diverso.
Se ci fate caso non ha neanche nome, e questo perché per ognuno
rappresenta una cosa diversa, una specie di Teorema di
Pasolini.”
Il futuro e
Pinocchio
Nonostante al Lido The
Shape of Water sia stato acclamato come il grande ritorno
di Del Toro, il regista ha altri progetti estremamente nelle sue
corde in cantiere, come il film in stop-motion su
Pinocchio. “Ho i pupazzi e i concept pronti ma
mancano i soldi. È anche vero che tendo a complicarmi la vita da
solo, perché quando volevo fare Hellboy a nessuno piaceva l’idea di
un film di supereroi, per Pacific Rim nessuno voleva vedere robot
giganti combattere contro mostri e per il Labirinto del Fauna,
nessuno voleva produrre un film su quel periodo della storia di
Spagna. Ammetto che volendo raccontare la storia di un Pinocchio
anti-fascista durante l’ascesa di Mussolini, anche io non mi rendo
la vita facile. Mi servono 35 milioni di dollari. Se li aveste voi
fareste di me un messicano contento. ”
Ad un anno di distanza da
chiacchierato Dog Eat
Dog, il regista Paul Schrader torna
ad interrogarsi sulla natura umana e sui vizi e le virtù dell’uomo
di oggi. La sua ultima fatica cinematografica dal titolo
First Reformed, segue le vicende del pastore
Toller, magistralmente interpretato da Ethan Hawke, in preda ad una violenta crisi di
fede.
Sconvolto dalla morte del figlio e
dalla conseguente distruzione della sua famiglia, Toller cerca di
andare avanti meglio che può e di essere sempre un punto di
riferimento per i suoi parrocchiani. Ma l’improvviso suicidio di un
giovane attivista scatenerà in lui una forza oscura e distruttiva
che lo spingerà a prendere decisioni pericolose ed estreme.
Ancora una volta quindi
Paul Schrader, pur non prendendo posizione, ci
racconta la sua visione del mondo contemporaneo e della pericolosa
condizione dell’essere umano costretto a vagare per la terra senza
più punti di riferimento. “Non credo che l’umanità abbia ancora
tanti secoli davanti. Se avete speranza vuol dire che non prestate
attenzione”. Queste sono le ultime lapidarie parole del
regista durante la conferenza stampa, parole che hanno gelato il
sangue dei presenti ma che hanno anche chiarito il suo punto di
vista; per Schrader l’uomo è destinato all’estinzione e non c’è
proprio nulla che si possa fare per invertire il processo.
First Reformed, il film
In un mondo in cui il caos regna
sovrano e l’essere umano sembra aver perso ogni speranza e
certezza, la missione di redenzione del pastore Toller sembra
destinata al fallimento. Da anni a capo di un’antica chiesetta di
periferia, Toller (Ethan
Hawke) sembra attraversare una sorta di crisi mistica
ed esistenziale; così mentre la sue fede vacilla, si ritrova a
dover aiutare una coppia di giovani sposi in crisi. Ma l’incontro
con Mary (Amanda
Seyfried) e Michael spingerà il pastore verso una
strada senza ritorno.
Il grande regista Paul
Schrader torna ad incantare il suo pubblico presentando un
film che è un vero e proprio dramma in crescendo. Attraverso il
diario segreto del pastore Toller entriamo in un mondo fatto
rimpianti e sensi di colpa ma soprattutto di dolore, una sofferenza
celata per troppo tempo dall’abito nero e dal colletto bianco che
adesso scalpita per uscire allo scoperto. Non si tratta infatti
solo di un pastore la cui fede viene a mancare ma di un uomo troppo
pieno di rabbia e frustrazione, deluso dalla vita, alla ricerca
della salvezza. Il dolore per la perdita del figlio durante la
guerra in Iraq e il successivo abbandono della moglie, hanno
trasformato l’ex militare e pastore in una vera e propria bomba ad
orologeria. Senza fede e speranza dalla sua parte Toller sembra
aver perso la bussola e vaga per il mondo alla ricerca di una nuova
missione, un nuovo e più alto scopo che ridia senso alla sua
vita.
Questa opportunità di riscatto gli
viene offerta da Mary che, come una dolce tentazione, lo spinge a
considerare cose che prima non avrebbe mai neppur osato immaginare.
Così mentre il pastore tenta (invano) di aiutare Michael a
ritrovare la retta via, riscopre alcune piccole voglie sopite e si
abbandona a piaceri e pulsioni terreni. Le atmosfere sono cupe e
silenziose, lo spazio circoscritto e quasi claustrofobico, i tempi
lenti e dilatati, tutti elementi che mirano ad esasperare il rigore
estetico di Schrader che questa volta risulta funzionale alla
storia. Sin dalla prima inquadratura – un bellissimo piano sequenza
della First Reformed all’alba, avvolta da una
leggera nebbia – si percepisce un’atmosfera carica di tensione che
accompagna lo spettatore per tutta la durata del film e che
raggiunge il suo culmine in un finale però un po’ deludente e non
all’altezza delle aspettative. Nonostante infatti il regista ci
fornisca un ritratto decisamente pessimistico della condizione
umana, le sue convinzioni non trovano corrispondenza nella
conclusione un po’ troppo leziosa e buonista. Ma in effetti è
proprio questo il messaggio del regista; per Schrader come per
Toller non esistono mezze misure e le uniche due vie di fuga sono
la morte e l’espiazione dei peccati attraverso la forza
dell’amore.
Un film duro quello di Paul
Schrader che non conosce mezze misure e che non ha bisogno
di servirsi di inutili sovrastrutture estetiche per promuovere il
suo messaggio nefasto; i pessimisti si lasceranno cullare dalle
atmosfere spettrali di First Reformed e gli
inguaribili ottimisti vedranno nel finale un barlume di
speranza.
The Hollywood
Reporter ci informa che Lily Collins è entrata
a far parte del biopic su Tolkien (e
al momento così intitolato), nei panni di Edith
Bratt, la moglie del Professore.
I due sono seppelliti vicini, e
sulle loro tombe, a imperitura memoria del loro amore, sono incisi
i nomi di Beren e Luthien, l’uomo e l’elfa che si amarono e che
diedero vita alla stirpe di Aragorn e Arwen.
A interpretare Tolkien è stato
confermato Nicholas Hoult.
J.R.R. Tolkien: in lavorazione un nuovo biopic diretto da Dome
Karukoski
Diretto da Dome Karukoski, il film
biografico sarà incentrato sugli anni formativi del Professore,
noto ai più per aver creato la Terra di Mezzo. Il film è stato
scritto da David Gleeson e Stephen
Beresford e racconterà gli anni della formazione, in cui
J.R.R. Tolkien incontra
l’amicizia, l’amore e l’ispirazione per la letteratura, prima della
Prima Guerra Mondiale.
A produrre la Chernin
Entertainment insieme alla Fox
Searchlight.
Con Casa d’altri,
in una manciata di minuti, Gianni Amelio
costruisce un suo affresco personale per ricordare il terremoto di
Amatrice, avvenuto esattamente un anno fa e sensibilizzare così il
pubblico, invitandolo a riflettere, a non speculare e soprattutto a
non dimenticare.
Tra personaggi costruiti, frutto di
fantasia, e testimonianze reali, il regista si muove tra le macerie
di un paese ormai morto, fatto solo di rovine e di persone che si
aggirano come fantasmi, alla ricerca di un passato spazzato via in
una notte, nel giro di pochi secondi. Compie dei lunghi
camera car tra i detriti ammucchiati, si sofferma sulla costruzione
delle casette in legno ancora non terminate e consegnate, punta il
dito sulla nuova terribile moda del turismo catastrofico, verso
quelle persone prive di sensibilità che anelano a scattarsi un
selfie davanti a una casa crollata o a una nave da crociera
affondata.
Vediamo terremotati che non hanno
più nulla, una maestra d’asilo che racconta come i bambini
immaginino sia morire schiacciati e soffocati tra le macerie della
propria casa, chi invoca e pretende comprensione e rispetto, chi fa
un paragone con quanto vissuto in Africa, riuscendo a stento a
trattenere le lacrime.
La casa d’altri è
un documento importante per ricordare una delle tante, troppe
catastrofi di casa nostra, enormemente rilevanti appena accadute,
quanto poi subito dimenticate dopo poco tempo. Forse, dal punto di
vista cinematografico non spicca per scelte stilistiche originali o
caratterizzazioni autoriali che avrebbero potuto rendere il
cortometraggio di Amelio ancora più convincente.