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Il superstite Trailer italiano

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Il superstite Trailer italiano

Guarda il Trailer italiano del film Il superstite diretto da Paul Wright con protagonisti Kate Dickie, Nichola Burley, George MacKay, Michael Smiley. Il film arriverà nelle sale italiane Giovedì 06 Marzo 2014 distribuito da Nomad Film.

il-superstite-posterTrama: Aaron, un giovane che vive in una comunità isolata in Scozia, è l’unico superstite di un incidente di pesca, che causò la morte di cinque uomini tra cui suo fratello maggiore. Spinti dalle vecchie leggende e superstizioni, gli abitanti del villaggio lo accusano di questa tragedia e lo rifiutano.

Il Superman di Henry Cavill è fondamentale per la crescita del DCU, parola di Dwayne Johnson

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Dopo l’uscita digitale di Black Adam questa settimana, Dwayne Johnson è andato su Twitter per condividere uno speciale videomessaggio sul futuro del suo franchise. Pur non rivelando spoiler o accenni a ciò che accadrà nei prossimi anni, Johnson ha parlato molto bene del Superman di Henry Cavill. L’attore di Black Adam ha chiarito che la versione del personaggio di Cavill è essenziale per rimpolpare il più grande DCU, poiché il suo coinvolgimento nel film è stato frutto di una grande battaglia.

“Dobbiamo riportare la forza più potente e inarrestabile di tutti i tempi in qualsiasi universo. Ragazzi, sapete di chi sto parlando, è Superman. Quello è Henry Cavill. Alla fine, lo studio non stava portando Henry indietro, inspiegabilmente e ingiustificatamente, ma non avremmo accettato un no come risposta, ci sono voluti anni per riportare Henry Cavill con conversazioni strategiche e non avremmo accettato un no come risposta. Unico modo logico per costruire l’universo DC senza la forza più potente e il più grande supereroe di tutti i tempi seduto in disparte, è impossibile da fare. Puoi fare un diagramma di Venn su questa cosa 90 volte ma tutto torna a “Dov’è Superman?” ‘ Devi avere Superman nel mix, ecco perché abbiamo lottato duramente per riportare in vita Superman”.

Black Adam – la recensione del film

Il cast completo di Black Adam, oltre a Dwayne Johnson nei panni dell’anti-eroe del titolo, annovera anche Noah Centineo (Atom Smasher), Quintessa Swindell (Cyclone), Aldis Hodge (Hawkman) e Pierce Brosnan (Doctor Fate). Insieme a loro ci saranno anche Sarah Shahi, che interpreterà Isis, e Marwan Kenzari, che sarà invece l’antagonista principale (anche se il personaggio non è stato ancora svelato).

Black Adam, che sarà diretto da Jaume Collet-Serra (già dietro Jungle Cruise, sempre con Johnson), ha dovuto far fronte a non pochi problemi durante il suo travagliatissimo sviluppo. Inoltre, la pandemia di Coronavirus ha ulteriormente complicate le cose e costretto la produzione del film all’ennesimo rinvio. L’uscita del film nelle sale americane è fissata per il 29 luglio 2022. Black Adam è uscito al cinema in Italia giovedì 21 ottobre 2022.

Il progetto originale della Warner Bros. su Shazam! aveva previsto l’epico scontro tra il supereroe e la sua nemesi, Black Adam appunto, una soluzione esclusa dalla sceneggiatura per dedicarsi con più attenzione al protagonista e alla sua origin story. A quanto pare, il film su Black Adam dovrebbe ispirarsi ai lavori di Geoff Johns dei primi anni duemila.

Il Suo Regno, recensione della serie Netflix

Il Suo Regno, recensione della serie Netflix

Il Suo Regno è una serie tv argentina marchiata Netflix arrivata alla seconda stagione e che è disponibile sulla piattaforma già a partire dal 22 marzo. Ideata e scritta da Claudia Piñeiro e Marcelo Piñeyro – che l’ha anche diretta – è stata inaugurata ad agosto 2021 e la sua fama è esponenzialmente cresciuta fino ad arrivare in 990 Paesi. Lei è una famosa scrittrice di libri thriller e lui un regista dall’esperienza decennale e avevano già collaborato nel 2009 proprio per la trasposizione di un romanzo scritto da lei: Le vedove del giovedì.

Il Suo Regno, la genesi

Un po’ di tempo fa erano stati entrambi contattati da un produttore che gli aveva proposto un progetto che però non era piaciuto a nessuno dei due. Ma la voglia di tornare a lavorare insieme ha mosso i due autori a farsi venire in mente un’idea che sarebbe valsa Netflix e il popolo argentino.

Così nasce Il Suo Regno (El Reino in lingua originale), la storia di una comunità cristiana evangelica di Buenos Aires il cui leader Emilio Vázquez Pena (Diego Peretti) si trova improvvisamente a dover valutare la proposta di una carriera politica. Intrighi, manipolazioni, giochi di potere e scandali sono dietro a ogni angolo, ma anche qualche piccolo, quasi irrisorio, accenno di dolcezza e una buona dose di grottesco.

Ruotando tutto principalmente attorno ai meccanismi della comunità religiosa, Claudia Piñeiro ha ricevuto non poche critiche da parte degli esponenti di tali congregazioni che in Argentina sono molto influenti ed estremamente diffuse. La scelta della tematica è infatti stata abbracciata da lei e Marcelo Piñeyro anche in virtù della recente rapida crescita di gruppi cristiani evangelici in tutto il continente americano e del loro ingente coinvolgimento all’interno di partiti politici di destra.

El Reino Season 2. (L to R) Mercedes Moran, Diego Peretti in El Reino Season 2. Cr. Marcos Ludevid / Netflix © 2023

Ed è esattamente questo che raccontano le due stagioni de Il Suo Regno. La Iglesia de la Luz vanta un numero di fedeli ampissimo che versano donazioni a palate permettendo il costoso stile di vita della famiglia del Pastore Emilio. Per quanto lui sia il predicatore, a tirare davvero i fili del comando e della gestione del loro impero è la moglie Elena (interpretata dalla bravura di Mercedes Morán) e nonostante i continui tentativi nell’insabbiare gli orrori compiuti, la forza della verità sarà come un’ondata inarrestabile.

Dal lato di chi cercherà di scoperchiare il vaso di Pandora c’è la dottoressa a capo delle indagini Roberta Candia (Nancy Dupláa) insieme al gruppo di giovani militanti vittime della Iglesia de la Luz composto da Julio (Chino Darín), Tadeo (Juan Pedro Lanzani) e Remigio (Nico García).

Un racconto trasudante verità

Il Suo Regno trasuda la storia vera del proprio Paese, quello nel quale si svolge. E ci si domanda talvolta quanta possa essere la distanza percepita dallo spettatore argentino tra i fatti narrati e quelli di cronaca e politica. Probabilmente molto poca. Ed è l’aspetto che turba e inquieta durante la visione, soprattutto percependo la familiarità a determinate svolte e soluzioni politiche che solo chi ha ripetitivamente vissuto può avere. Per un italiano rasenterebbe uno scenario distopico.

In ogni caso, la seconda stagione della serie di Claudia Piñeiro e Marcelo Piñeyro, risulta leggera e vaga nel modo in cui attraversa alcuni fatti – per quanto possa sembrare paradossale – perché non va nelle profondità degli abissi dei propri personaggi per poi far condurre gli eventi a partire da questi, ma fa il contrario. Sono i protagonisti a dover essere al servizio del racconto, con il risultato che viene sfiorato tutto senza però che nulla sia mai toccato davvero. L’effetto è un certo distacco nei confronti dell’emotività tirata fuori dagli attori, mentre ci si aggrappa a piccoli fili di trama che provano a intessere ma che spariscono quasi subito. È evidente, dunque, che a catturare l’attenzione debbano essere gli avvenimenti, i casi presentati. Quasi come se ci fosse l’eco di un bisogno di denuncia.

Il suo nome è Lattuada: la Retrospettiva di Locarno74

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Il suo nome è Lattuada: la Retrospettiva di Locarno74

La Retrospettiva della 74esima edizione del Locarno Film Festival (4-14 agosto), voluta dal nuovo direttore artistico Giona A. Nazzaro e curata da Roberto Turigliatto, sarà dedicata al regista Alberto Lattuada. Figura centrale, eppure spesso sottovalutata, ha attraversato nel corso della sua ricca e affascinante carriera oltre 40 anni di storia del cinema italiano, dall’esordio nel 1943 con Giacomo l’idealista, fino a Una spina nel cuore (1986). Nel primo dopoguerra, inoltre, il “formalista” Lattuada è riuscito a inserirsi nel cinema neorealista conservando però le radici colte e raffinate della sua formazione, coniugandole con il gusto per i generi e le narrazioni popolari.

Dopo le Retrospettive storiche dedicate in passato alla Lux e alla Titanus, il Locarno Film Festival torna dunque a esplorare la storia del cinema italiano, attraverso Alberto Lattuada, un regista che proprio in quelle due case di produzione ha lavorato nella prima parte della sua carriera. Grazie alla presentazione della sua filmografia completa (con molte opere ancora poco esplorate anche dagli addetti ai lavori) si proverà a fare nuova luce su un autore a tutt’oggi poco conosciuto, soprattutto fuori dall’Italia, apparso spesso eccentrico e inclassificabile, e invece artefice di un cinema di estrema modernità, colto e popolare al tempo stesso. Intellettuale, architetto, critico e fotografo negli anni della formazione, Lattuada è rimasto fedele al modernismo che caratterizzava il vivace contesto culturale milanese, restando sempre un osservatore lucido e anticipatore delle grandi trasformazioni collettive del secondo Novecento. Grande regista, ha lavorato con diversi degli attori italiani e internazionali più importanti del periodo ed è stato anche scopritore di molti interpreti talentuosi – in particolare, attrici come Jacqueline Sassard, Catherine Spaak, Nastassja Kinski e Clio Goldsmith.

Nulla è in grado di rivelare come il cinematografo i fondamenti di una nazione”: così Alberto Lattuada definiva ciò che per lui era la settima arte nel 1945 quando, con altri registi contribuiva a fare della sala cinematografica un luogo di partecipazione civile, politica e morale. La passione per il cinema era nata durante gli anni di studio, grazie alle collaborazioni in qualità di cinefilo e critico e all’organizzazione di rassegne cinematografiche. Esperienze che lo porteranno presto tra i promotori della raccolta di film che diventerà nel dopoguerra la Cineteca Italiana di Milano e a lavorare con autori come Soldati e Poggioli. Dopo l’esordio alla regia nel 1943 con Giacomo l’idealista, in Il bandito (1946) Lattuada ha dimostrato in un primo tempo un’adesione al neorealismo del tutto personale, aperta alle contaminazioni e alle influenze del cinema di genere hollywoodiano, con una particolare predilezione per il poliziesco e il mélo, come testimonia il successivo Senza pietà (1948). Allo stesso tempo, anche nelle molte opere di matrice letteraria come Il mulino del Po (1949), Lattuada ha saputo imprimere quell’attenzione all’individuo e alle sue connotazioni sociali che trascende dalla sensibilità neorealista. Negli anni Cinquanta, dopo la co-regia di Luci del varietà (1950) con Federico Fellini, il suo sguardo si è fatto più disincantato e attento all’umanità umiliata dalle dinamiche economiche di quegli stessi anni, tratteggiata con precisione in Il cappotto (1952), La spiaggia (1954) e Mafioso (1962). Allo stesso tempo, tuttavia, si è anche aperto al vitalismo e alla sensualità come scoperta di sé che caratterizza le protagoniste di Anna (1951), Guendalina (1957) e Dolci inganni (1960). La capacità di rinnovarsi con costante freschezza creativa ha portato Lattuada a mettere in scena altri adattamenti letterari, a solcare i territori della satira di costume, del giallo, del film di guerra, fino agli sceneggiati e ai film per la TV, come Cristoforo Colombo(1985) e l’ultimo lavoro, Mano rubata (1989).

Verso Lattuada e Locarno74

Per accompagnare il pubblico di Locarno verso la Retrospettiva, nel corso dei prossimi mesi sui canali ufficiali del Festival verranno pubblicate delle video pillole realizzate con alcuni degli studiosi e delle personalità del cinema italiano e internazionale che maggiormente si sono confrontati con Lattuada e la sua opera, andando così a comporre una collezione di spunti e punti di vista che apriranno il dibattito dal vivo che si svilupperà ad agosto. “Verso Lattuada”, questo il titolo dell’iniziativa, verrà inaugurata nel mese di febbraio con le riflessioni dei critici cinematografici italiani Paolo Mereghetti e Maurizio Porro, protagonisti delle prime due video pillole.

La Retrospettiva è organizzata dal Locarno Film Festival in collaborazione con la Cinémathèque suisse, la Cineteca Nazionale – Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia, la Fondazione Cineteca di Bologna, la Fondazione Cineteca Italiana e l’Istituto Luce-Cinecittà. Il progetto vede inoltre coinvolte prestigiose istituzioni svizzere e internazionali che assicureranno una circuitazione che farà viaggiare la Retrospettiva fino al 2022. Fra le istituzioni già confermate: Cinémathèque suisse; Cineteca Madrid; EYE Filmmuseum Amsterdam; Filmpodium Zürich; I Mille Occhi a Trieste; Les Cinémas du Grütli a Ginevra; Museo Nazionale del Cinema a Torino; National Gallery of Art a Washington.

La 74esima edizione del Locarno Festival si terrà dal 4 al 14 agosto 2021. Il team del Festival sta lavorando, nel pieno e rigoroso rispetto delle norme sanitarie, nell’ottica di realizzare un’edizione completa della manifestazione. Qualora le stesse norme lo imponessero, il Festival si riserva la possibilità di apportare delle modifiche organizzative, che verranno comunicate a tempo debito ai media e al pubblico.

Il suo nome è Jones, Jessica Jones

Il suo nome è Jones, Jessica Jones

È da un mese che anche in Italia è arrivato Netflix. Per chi è malato di serie tv come me, è una benedizione/maledizione. La cosa che mi ha entusiasmata di più è stata vedere le serie tv targate Marvel e Netflix…una gioia per gli occhi, in pratica! Oggi uscirà Jessica Jones, e sicuramente ce la guarderemo tutta di un fiato! Ma la domanda che mi è stata fatta più volte in questi ultimi tempi è: ma chi diamine è questa Jessica Jones?

In questo articolo vi parlerò un po’ di lei nel mondo fumettistico, per farvi capire meglio chi è la protagonista di questa cupa serie Marvel.

Jessica è come se fosse un punto d’incontro di quasi tutti i più conosciuti supereroi Marvel. Suo padre lavora alle Stark Industries e cresce idolatrando i supereroi come se fossero divinità scese in terra. È compagna di classe di Peter Parker e ha una cotta per lui. Cerca di farsi avanti durante una gita scolastica, ma sapete com’è… una persona che è appena stata morsa da un ragno radioattivo non è molto lucida al momento. Ma attenzione, perché questo è solo l’inizio di una serie di sfortunati eventi! Il giorno seguente, Jessica e la sua famiglia si recano a Disney World, viaggio premio dato a suo padre da Tony Stark in persona! Jessica comincia a litigare con suo fratello e il padre, per farli smettere, si è distratto e ha fatto un frontale con un camion dell’esercito che trasporta materiale radioattivo. Tutta la sua famiglia muore, lei finisce in coma ma si risveglia dopo sei mesi grazie alle radiazioni cosmiche diffuse sulla Terra all’arrivo di Galactus.

krysten ritter Jessica JonesRimasta orfana e non ancora maggiorenne, finisce in un orfanotrofio e viene adottata dalla famiglia Jones. L’incidente, però, ha portato qualcosa di buono: ha acquisito superpoteri, ovvero resistenza sovrumana e capacità di volare. Se pensate che le cose andranno meglio, vi sbagliate di grosso.

Per qualche anno svolge la sua attività da supereroina con il nome di Jewel, fino a quando non incontra l’Uomo Porpora (interpretato da David Tennant, conosciuto più come il Decimo Dottore di Doctor Who) che la sottomette con i suoi poteri mentali. Viene tenuta prigioniera in un motel per otto mesi insieme ad altre ragazze come schiave del sesso, convincendola di essere protagonista di un fumetto. Stancatosi di lei, manda via la ragazza che, in stato confusionale, attacca Scarlet Witch e i Vendicatori, cadendo nuovamente in coma anche se per poco tempo. Risvegliandosi, viene fornita di una protezione psichica da Jean Grey nel caso che Killgrave (Uomo Porpora) dovesse rifarsi vivo. Le viene proposto di unirsi ai Vendicatori, ma lei rifiuta. Ritenta di prendere in mano l’attività da supereroina sotto lo pseudonimo di Knightress, ma si ritira dopo la prima notte di ronda, dopo essere stata ferita per sbaglio da Luke Cage e Pugno d’acciaio durante il combattimento contro il Gufo. Arrivata la polizia, Jessica deve svelare la sua identità per evitare che i bambini rapiti da il Gufo passino la notte in centrale.

Ritiratasi dall’attività di supereroe, apre un’agenzia investigativa dal nome Alias Investigation, che si occupa sia di casi ordinari e di indagini che colpiscono la comunità dei supereroi. Il suo primo cliente è Luke Cage, che vuole rintracciare suo padre dopo averne interrotto i rapporti. Grazie all’agenzia investigativa, viene a contatto con Vedova Nera, Ms. Marvel, Captain America, Ant-Man e Daredevil. Nel frattempo, l’Uomo Porpora, evaso di prigione, ricomincia a tormentarla, ma stavolta la nostra protagonista ha la possibilità di vendicarsi.

E da qui comincia la serie televisiva. Certo non è facile la storia di Jessica Jones, e in casa Marvel hanno già annunciato che sarà una serie a tinte molto dark rispetto alle serie o film Marvel che siamo abituati a vedere di solito. Ce ne hanno già dato un piccolo assaggio in Daredevil, il quale farà una comparsa al fianco di Jessica.

Mi incuriosisce molto come serie, soprattutto per il passato della protagonista. A questo punto non ci resta che chiudersi in casa, mettersi davanti al pc o al televisiore e vedersi tutta di un fiato questa serie che sarà sicuramente un successo. Vado a procurarmi i popcorn e le patatine, ci si vede la settimana prossima!

Il Sundance ha acquistato The Central Park Five

Il Sundance ha acquistato i diritti statunitensi per il nuovo documentario di Ken Burns The Central Park Five che ha diretto con la figlia Sarah Burns e suo marito

Il sud è niente recensione del film di Fabio Mollo

Il sud è niente recensione del film di Fabio Mollo

Il sud è niente recensione posterUn esordio deciso, convincente quello di Fabio Mollo alla regia di un lungometraggio, Il Sud è niente, già apprezzato dal pubblico e dalla critica al Festival di Toronto e accolto con favore anche nei successivi passaggi festivalieri, a Roma e a Torino. Un film efficace per la capacità di andare al cuore della vicenda raccontata, soffermandosi sullo spessore psicologico dei personaggi e sul tormento dell’anima che li caratterizza. Ma persuasivo anche per l’abilità di ritrarre in profondità una terra per certi versi maledetta, abbandonata e segnata dai crimini mafiosi, per loro stessa natura taciuti e occultati dai più. Si tratta della Calabria e, in particolare di Reggio Calabria: ovvero quella zona liminare, ai margini della Penisola, non soltanto da un punto di vista geografico bensì, soprattutto, economico e culturale. “Se le cose non le dici, non ti possono fare male” afferma la nonna (Alessandra Costanzo) di Grazia (Miriam Karlkvist), quest’ultima giovane protagonista della storia: parole forti, pronunciate con un senso di consapevole e tragica rassegnazione; e  ben presto seguite da una ancor più straziante verità: “Il Sud è niente e niente succede”, quasi a ribadire l’impotenza del punto di vista anagraficamente più maturo, su quello invece potenzialmente terapeutico della gioventù – di quella ideologicamente e moralmente sana – per quanto ancora troppo ingenuo e acerbo. Ed è proprio il personaggio di Grazia a rappresentarlo e a farsi promotrice, dietro un portamento, estetico e caratteriale, mascolino, del vero contro il falso, del coraggio contro l’omertà, dell’energia contro la debolezza: attraverso un percorso di crescita complesso e doloroso, degno del tipico romanzo di formazione. La giovane ha infatti un rapporto problematico e freddo con il padre, Cristiano (Vincio Marchioni), un pescatore alle prese con la realtà malavitosa e che evita in tutti modi di parlare alla figlia di quanto accaduto diversi anni prima: la morte di Pietro (Giorgio Musumeci), fratello maggiore di Grazia, scomparso in circostanze mai chiarite. Un’assenza destinata a scavare un vuoto irreparabile nella famiglia e, soprattutto, nella protagonista, per la quale diventa un costante motore di riflessione  e di azione: laddove per agire si intende la ricerca estenuante di qualche risposta che possa, finalmente, considerarsi autentica.

Un dramma costruito sui volti, sul sentire e sull’espressione, più che sulle parole; e accompagnato dalle musiche di Giorgio Giampà, evocative del “non detto” che caratterizza il substrato della narrazione, e descrittive di quella malinconia, dell’angoscia e della frustrazione che, inevitabilmente, ne deriva.

Il sud è niente recensione

Il successo teatrale “Agostino” diventa un film dal titolo: TUTTI CONTRO TUTTI.

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Iniziano oggi le riprese di TUTTI CONTRO TUTTI di Rolando Ravello. Il film, prodotto dalla Fandango di Domenico Procacci e distribuito da Warner Bros. Pictures Italia, vede l’esordio alla regia di Rolando Ravello, presente anche come protagonista del film nel ruolo di Agostino.

Il Sospetto: recensione del film di Thomas Vinterberg

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Il Sospetto: recensione del film di Thomas Vinterberg

Arriva al cinema Il Sospetto, l’acclamato film di Thomas Vinterberg, con Mads Mikkelsen e Thomas Bo Larsen. 

Una piccola comunità nel cuore della Danimarca. Gente pacifica, cordiale, rispettosa dei valori e dei sentimenti. Un luogo dove amicizia, amore, gentilezza e mutuo aiuto sembrano avere un significato vero, profondo. E’ qui che vive Lucas (Mads Mikkelsen), un ex-insegnante reimpiegato come maestro d’asilo, con un divorzio alle spalle e un rapporto difficile col figlio lontano.  L’appoggio e la comprensione dei suoi compaesani, soprattutto del suo migliore amico, Theo (Thomas Bo Larsen) sono ciò che gli permette di tirare avanti e di sorridere alla vita.

All’asilo i bambini lo adorano e la sua dolcezza naturale fa in modo che anche Nadia, una collega, si innamori di lui. Appena la vita di Lucas sembra riacquistare un senso, complice la decisione del figlio di trasferirsi a casa sua, una bambina della scuola, Klara (Annika Wedderkopp), racconta alla direttrice dell’istituto di essere stata molestata da lui.

La menzogna, appena accennata e subito ritirata, si innesta però come un virus nella mente della donna che, senza nemmeno interpellarlo, licenzia Lucas su due piedi e informa tutti i genitori dell’accaduto. E l’insegnante, quasi inconsapevole di ciò che gli sta accadendo, si trova ad affrontare un calvario, fatto di occhiatacce e minacce da parte dei suoi stessi amici, che lentamente si intensifica fino a sfociare nella violenza fisica.

Il Sospetto, il film

Il Sospetto recensione

Il Sospetto, ultima fatica del regista co-fondatore del movimento Dogma, Thomas Vinterberg, pone al suo centro un’azione apparentemente minuscola, una confessione di pochi secondi di una bambina di quattro anni, e mostra come, al pari di un sassolino gettato in uno specchio d’acqua, questa azione scateni delle reazioni enormi non solo nelle persone che la circondano, ma in tutti gli abitanti della comunità.

Vinterberg, magistralmente, porta al cinema la forza con cui una menzogna può insinuarsi nella mente e trasformare persone perbene in mostri disumani che ignorano la giustizia e accusano ciecamente, senza sapere e senza pensare, distruggendo così la vita di un uomo, Lucas, che giorno per giorno vede la sua esistenza andare a pezzi, sgretolarsi, scomparire.

La macchina da presa, vicinissima ai personaggi, cattura ogni espressione facciale, ogni cambio d’umore, ogni battito di ciglia. Cerca quasi di carpire i pensieri di Lucas, sempre più solo e sempre più disperato, la superficialità e la vitalità di Klara, troppo piccola per capire cos’ha scatenato la sua bugia, l’acredine e l’incredulità di Theo, amico fraterno confuso, incapace di giudicare, perso, e soprattutto l’ottusità delle persone che agiscono senza farsi domande, ignorando la verità.

La luce della Danimarca, calda e fredda allo stesso tempo, la perfezione della sceneggiatura (firmata da Tobias Lindholm), contemporaneamente drammatica e rigorosa, la recitazione misurata, senza sbavature e l’occhio di un regista decisamente geniale, fanno de Il Sospetto uno dei più bei film degli ultimi anni.

In due ore Vinterberg riesce a toccare tutte le emozioni dell’anima umana senza una goccia di sentimentalismo. Una lezione di vita e di cinema. Straziante e superbo.

Il Solista: recensione del film con Robert Downey Jr.

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Il Solista: recensione del film con Robert Downey Jr.

Con un po’ di ritardo rispetto all’effettiva data di produzione arriva anche in Italia Il Solista (The Soloist) trasferta americana del più britannico dei registi contemporanei, Joe Wright. 

La storia ruota intorno a Steve Lopez (Robert Downey Jr.), giornalista del L.A. Times, ed a Nathaniel Ayers (Jamie Foxx), ex studente della prestigiosa Juilliard e ora barbone mentalmente instabile che suona un vecchio violino a due corde per le strade della Città degli Angeli.

Una storia di incontro e di amicizia, di redenzione che forse sa di scontato ma che riesce a toccare lo spettatore, soprattutto e grazie alla  musica che copiosa sgorga dalle dita di Jamie Foxx (ormai quasi più musicista che attore). Viene alla mente Shine, splendido film con Goeffrey Rush protagonista; quando troppa dedizione e troppa passione conducono la mente a lacerarsi. E questo succede a Nathaniel, prodigio del violoncello senza la forza emotiva necessaria per riuscire a sopportare un tale dono. E così si riduce a fare il solista, lui che suona uno strumento nato per il concerto, si ritrova a suonare alla città con il solo applauso del volo dei piccioni. E poi arriva un giornalista, in cerca di una storia, e per sbaglio trova una possibilità di riscatto, la coglie e riesce a volgerla in un’occasione di crescita.

Il Solista robert downy jrLa sostanziale banalità della trama de Il Solista si dipana per i suoi 117 minuti coinvolgendo all’inizio ma rallentando decisamente troppo nella seconda parte.

Tuttavia il film ha un’eleganza formale notevole, firma ormai riconoscibile Wright, e si fregia di due degli attori più dotati del panorama odierno: Jamie Foxx che grazie alla musica ha già vinto un Oscar (per Ray) e Robert Downey Jr. che abbandonata ogni corazza e spavalderia fumettistica ci regala un ritratto sobrio e convincente del giornalista Lopez, da un libro del quale è tratto il soggetto originale del film.

Lunghi e lenti movimenti di macchina cavalcano le note di Beethoven, sulla città assolata e sui parcheggi deserti, un’intensità di immagine che solo la grande musica accostata al cinema riesce a dare, e non è un caso infatti che tutta la musica del film ha un imput diegetico per poi esplodere nell’extra-diegetico o comunque nell’oltre-fisico della mente del musicista schizofrenico. Sarà un caso ma la visione di colori che esplodono al ritmo di musica ricorda una delle più particolari sequenze di un famosissimo classico che fonda su musica e immagini la sua efficacia: Fantasia di Topolino.

Notevole anche la scrittura soprattutto in fase di dialogo ed ottima la costruzione dei personaggi, delle loro caratteristiche, delle loro vicissitudini quotidiane, nel caso del giornalista, e del loro passato doloroso, nel caso del barbone/musicista. Ma Il Solista offre anche un ritratto impietoso di una città che agli occhi del mondo è solo la scintillante culla del cinema a stelle e strisce.

Un ventre malato che ospita barboni, folli e sfortunati che trovano nella strada la loro unica casa e nella follia la loro unica fuga. E così siamo costretti ad ammettere che per quanto la musica possa innalzare l’animo verso l’alto, la realtà è sempre pronta ad ancorare le persone al suolo, talvolta provando a tirare più giù.

Il solista di Joe Wright e la musica come liberazione

Il solista di Joe Wright e la musica come liberazione

Joe Wright non è solo il regista di Orgoglio e pregiudizio, Espiazione, o L’ora più buia. Non è solo maestro dell’estetica, ammaliato lui stesso dalla fascinazione dei film in costume e della ricostruzione d’epoca, come riesce ad ammaliare lo spettatore. Anche se questa sembra essere la sua cifra, ed è certo quella che gli ha dato fama internazionale, portando la sua musa Keira Knightley alla consacrazione e Gary Oldman al meritato Oscar proprio con il magistrale L’ora più buia, Wright sa anche tuffarsi nella contemporaneità e sa farlo con la stessa grazia. È ciò che accade quando, nel 2009, traspone sullo schermo il libro del giornalista americano Steve Lopez, che racconta il suo incontro e l’amicizia con Nathaniel Ayers, senzatetto e suonatore di violoncello nei bassifondi di Los Angeles. Non un romanzo ottocentesco, dunque, ma neppure un testo di finzione contemporaneo, bensì una storia vera, che lo porta a lasciare la sua Inghilterra per l’America e ad esplorare anche artisticamente territori nuovi. Così nasce Il solista.

Ne Il solista (The Soloist) Steve Lopez (Robert Downey Jr.) scrive per il Los Angeles Times, ma da tempo non ha una buona storia da raccontare. È separato dalla moglie Mary (Catherine Keener), che è anche il suo editore, e gli rimprovera di non essere capace di assumersi le proprie responsabilità. In più, un incidente in bicicletta gli ha temporaneamente sfigurato la faccia. L’incontro con Nathaniel Ayers (Jamie Foxx), un senzatetto affetto da schizofrenia che suona il violino con due sole corde ed ha un talento unico, adora Beethoven e da ragazzo ha frequentato la Juiliard, cambierà la vita di entrambi. Lopez scoprirà di aver trovato molto di più di una buona storia, entrerà in contatto con un mondo per lui nuovo e cercherà di aiutare Ayers. Sperimenterà quanto sia difficile farlo nel modo giusto, senza cedere alla tentazione di sentirsi un salvatore. Nathaniel tornerà a suonare con uno strumento integro e potrà dedicarsi pienamente alla sua passione per la musica, scoprendo anche una nuova vita che, in cambio di qualche limitazione alla libertà, offre alcuni innegabili vantaggi. Entrambi conosceranno il valore dell’amicizia e della condivisione.

La regia di Joe Wright

Il regista riesce con un sapiente uso delle inquadrature e dei colori a rendere il concetto della musica come qualcosa che unisce ed è profondamente liberatorio. In una delle sequenze più coinvolgenti del film, le note della musica di Beethoven sono viste da Nathaniel come un insieme di colori, le immagini esemplificano perfettamente come la musica dia colore al suo mondo. Nel cinema di Wright l’aspetto visivo è sorprendentemente evocativo. Qui rende bene quest’idea di superamento dei confini, di libertà e anche di pace data dalla musica. In ciò è coadiuvato dalla fotografia di Seamus McGarvey, dalle musiche di Dario Marianelli, Oscar nel 2007 per Espiazione e dal montaggio di Paul Tothill. Grazie al lavoro del regista britannico, la musica diventa l’emblema dell’anelito alla libertà che percorre tutto il film, assieme al riferimento ricorrente al volo degli uccelli. A Nathaniel non si può negare né l’esperienza della musica, né quella vita povera, ma libera da costrizioni che ha scelto di vivere.

Le note, però, fanno uscire anche Steve dai limiti angusti della propria realtà, mostrandogli che c’è molto altro al di fuori di essa e creando una reale comunione tra i due protagonisti – si veda la scena del sottopasso, in cui Ayers torna dopo molti anni a suonare il violoncello.

Il solista non è solo musica come liberazione e riconciliazione con il mondo. Il regista allarga lo sguardo a un discorso sul disagio mentale, col quale Ayers è in continua lotta e che lo ha relegato ai margini della società. Il tema diventa così anche sociale e politico, un discorso sugli ultimi, i senzatetto delle grandi metropoli occidentali. Ed è questo un focus importante del film: la condizione degli ultimi. La musica è il grimaldello per entrare in contatto emotivo profondo con questo mondo, per aprire una finestra su di esso. È quello che succede a Steve Lopez e per suo tramite, agli spettatori. I senzatetto sono l’altra faccia di Los Angeles, città del cinema. Wright cerca e trova l’autenticità soffermandosi sui volti e sui racconti di vita di veri senzatetto scelti per interpretare sé stessi nel film. Coloro che non sono mai sotto i riflettori nella città delle stelle.

L’abilità del regista sta anche nel saper rinunciare ad ogni forma di falso buonismo in favore di uno sguardo disincantato. Lopez si avvicina ad Ayers con uno scopo puramente utilitaristico e per buona parte del film è anche infastidito dai suoi modi e dalle sue eccentricità, dai risvolti difficilmente gestibili della sua malattia. È un giornalista che punta al successo sul lavoro, non un filantropo che vuole fare del bene. Solo in un secondo momento la relazione si trasforma in una vera amicizia.

Il solista Robert Downey Jr

Jamie Foxx e Robert Downey Jr. protagonisti de Il solista

La bravura dei due protagonisti è innegabile e ben si accompagna all’ampio respiro visivo del film. Jamie Foxx, che aveva ottenuto l’Oscar e il Golden Globe nel 2004 per la sua interpretazione di Ray Charles in Ray di Taylor Hackford,  interpreta Nathaniel Ayers con convincente trasporto, toccando vette di lirismo. L’attore è anche un buon pianista e per l’occasione ha preso lezioni di violoncello.

Robert Downey Jr mostra tutto il suo talento nell’interpretare personaggi in crisi che attingono a tutte le loro risorse per uscirne, vestendo ottimamente i panni del giornalista che riscopre il valore del proprio mestiere e torna in contatto con la parte migliore di sé grazie all’incontro con Ayers.

 Il solista secondo Wright e i suoi protagonisti

 Sono le stesse parole di Joe Wright  a chiarire in un’intervista la sua idea del film e il suo sentirsi, da britannico, un outsider rispetto ad una storia così “americana”: “Mi sono sempre interessato di salute mentale e del potenziale che ha il cinema di esprimere realtà soggettive anche molto estreme, ma non ero sicuro di avere l’autorità per fare un film che riguardasse così intrinsecamente l’esperienza americana”.  “Steve Lopez mi ha portato a conoscere i senzatetto e lì [al Lamp, un rifugio per persone affette da malattia mentale ndr. ] ho realizzato che questo era un film sugli outsider e che, essendo io stesso un outsider, potevo dare qualcosa al film”.

Sull’esperienza con gli homeless di Los Angeles e sul loro impiego come attori nel film il regista ha così commentato: “Ho trascorso molto tempo con la comunità dei senzatetto”.Ho incontrato persone davvero fantastiche e mi sono innamorato di tutti loro. Ero affascinato da loro e ho potuto impiegarli come attori”. “E’ stato molto importante che venissero a fare il film con noi”.

Jamie Foxx ha definito una vera sfida quella di interpretare un personaggio complesso come Nathaniel Ayers: “E’ stata un vera sfida, mi ha messo a dura prova. Questo accade soprattutto quando hai a che fare con questioni che riguardano la mente”. “Quando riesco a catturare un personaggio […], se riesco a  scomparire nel personaggio, allora sono bravo […]. Penso sia ciò per cui sono fatto: trovare questi personaggi ed essere completamente onesto nell’interpretarli”.Questo film è un punto di svolta per me. È molto intenso”.

Ecco il punto di vista di Robert Downey Jr. sull’ambientazione americana del film: “Penso che l’America abbia a che fare con il meglio e il peggio di tutto. […] Ecco perché è il posto giusto per raccontare una storia”.

Frasi significative de Il solista

  • Steve Lopez alle prese con la difficile relazione con Ayers: “E se quindici giorni di medicine, una finestra di quindici giorni su quella che potrebbe essere la sua vita, gli cambiasse la vita, la salvasse?”.
  • David: “Se tradisci quell’amicizia, distruggi l’unica cosa che ha a questo mondo”.
  • Steve Lopez:“Io non voglio essere la sua unica cosa”.
  • Due momenti che chiariscono l’anelito costante alla libertà di Ayers.
  • Nathaniel Ayers: “Questo posto è molto bello, perché suoni e i piccioni applaudono volando via. […] Mi basta alzare gli occhi e so dove sto: sono a Los Angeles, Los Angeles, California”.
  • “Los Angeles significa: angeli. Non puoi negare le ali agli angeli”.
  • Steve Lopez e l’insegnamento più importante di Nathaniel Ayers: “La sua fiducia nella forza della sua arte mi ha insegnato la dignità di essere fedeli a ciò in cui si crede, a non rinunciarvi mai. E soprattutto a credere, senza il minimo dubbio, che ci permetterà di sopravvivere”.

Il sole è anche una stella: trailer di Ry Russo-Young

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Il sole è anche una stella: trailer di Ry Russo-Young

Warner Bros Italia ha diffuso il trailer ufficiale di Il sole è anche una stella, il film diretto da Ry Russo-Young che arriverà al cinema dall’8 Agosto.

Può bastare un solo giorno per vivere l’amore della tua vita? Diretta da Ry Russo-Young (‘Before I Fall’), la pellicola ci porta nelle vite di Daniel Bae e di Natasha Kingsley. I due si incontrano e si innamorano nella turbolenta New York, nell’arco di una sola giornata, proprio quella che sembra essere l’ultima negli Stati Uniti per Natasha e per la sua famiglia. Sul set del film: Yara Shahidi, Charles Melton, Faith Logan.

https://youtu.be/YAdr9-GTTbc

Il sole è anche una stella, la trama

Il romantico universitario Daniel Bae e la pragmatica di origini Giamaicane Natasha Kingsley, si conoscono—e si innamorano—in una notte magica tra il fervore e il turbinio di New York. Tra i due sconosciuti, che forse non si sarebbero mai incontrati se il destino non ci avesse messo lo zampino, scatta immediatamente la scintilla dell’amore. Ma basterà il destino per far sì che il loro amore sia quello giusto? A poche ore da quello che sembra essere il suo ultimo giorno negli Stati Uniti, Natasha lotta tenacemente contro l’espulsione della sua famiglia così come per i suoi sentimenti verso Daniel, che allo stesso tempo tenta di convincerla che il loro destino è quello di stare insieme per sempre.

Una storia dei giorni nostri che racconta di un amore contro ogni probabilità, “Il sole è anche una stella” si domanda se le nostre vite siano determinate dal fato o dagli eventi casuali dell’universo.

Il sole a mezzanotte: trama, cast e libro del film con Bella Thorne

Dopo aver portato nuova linfa alla saga di Step Up con Step Up Revolution, il regista Scott Speer ha intrapreso un percorso attraverso un cinema di genere sentimentale che gli ha permesso di affermarsi a livello internazionale. Il primo titolo a riguardo è Il sole a mezzanotte – Midnight Sun, portato in sala nel 2018 con un cast di promettenti interpreti di Hollywood. La vicenda è quella di Katie, una spensierata adolescente con un unico problema: è affetta da una malattia chiamata xeroderma pigmetosum. Questa non le consente di poter prendere su di sé i raggi solari, ed è pertanto costretta a vivere di notte. L’incontro con un ragazzo cambierà però ogni cosa.

Contrariamente a quanto si pensa, il film non è tratto da un libro, bensì da un film omonimo giapponese distribuito nel 2006. Questo si era affermato come un grande successo in patria e all’estero, tanto da suscitare l’interesse degli studios americani. Vennero così acquistati i diritti per il remake, che consentirono a Speer di trovare un nuovo progetto a cui dedicarsi. Con le riprese svoltesi a Vancouver, in Canada, il progetto ottenne da subito le attenzioni di un pubblico di giovani, curiosi di questa nuova storia che mischia amore e malattia. Come già accaduto per Colpa delle stelle, Il sole a mezzanotte prometteva infatti grandi emozioni.

Al momento del suo arrivo in sala tale promessa venne mantenuta. Il film si rivelò un buon successo di pubblico, arrivando a guadagnare globalmente circa 27 milioni di dollari a fronte di un budget di soli 2. Sempre il pubblico consentì al film di ottenere ulteriore visibilità grazie alle quattro nomination ai Teen Choice Awards, dove vennero riconosciuti in particolare i due interpreti protagonisti. Prima di intraprendere una visione del film, può essere utile conoscere alcune delle principali curiosità legate al titolo. Proseguendo nella lettura, infatti, si ritroveranno ulteriori dettagli sulla trama e sul cast, scoprendo anche quali piattaforme consentono di vedere il film in streaming.

Il sole a mezzanotte: la trama del film

Protagonista del film è la giovane Katie Price, una diciassettenne con grandi sogni e aspirazioni costretta però a vivere sin dall’infanzia al riparo dalla luce del giorno. La ragazza è infatti affetta da una rara malattia che rende per lei particolarmente pericolosa l’esposizione alla luce diretta del sole. La sua vita viene così condotta in modo totalmente diverso e opposto rispetto a quella dei suoi coetanei. Per lei solo la notte è un luogo sicuro, durante il quale poter scoprire il mondo e le sue bellezze. Tale situazione la porta però ad essere inevitabilmente emarginata, possedendo pochissimi amici e contatti.

La sua vita prende una piega inaspettata nel momento in cui si imbatte in Charlie, ragazzo di cui lei ha sempre avuto una cotta. I due hanno finalmente l’occasione per conoscersi meglio, finendo inevitabilmente con l’innamorarsi l’uno dell’altra. Il sentimento verso Charlie è talmente forte che spinge Katie a commettere delle trasgressioni circa la sua malattia, che potrebbero però rivelarsi fatali. Prima che sia troppo tardi, la ragazza dovrà confessare la propria malattia a Charlie, spaventata però dalla reazione che lui potrebbe avere. Per sconfiggere la malattia, l’amore potrà essere tutto ciò di cui Katie ha bisogno, ma perché ciò avvenga dovrà imparare a fidarsi e lasciarsi andare.

Il sole a mezzanotte cast

Il sole a mezzanotte: il cast del film

Per dar vita ad un film con una storia d’amore tanto complessa e appassionante, era necessario trovare degli interpreti che sapessero restituire la bellezza e le tante sfumature dei personaggi protagonisti. Per il ruolo di Katie è così stata scelta Bella Thorne. Divenuta celebre grazie a film come Insieme per forza, La babysitter e Assassination Nation, l’attrice si preparò al ruolo studiando approfonditamente la malattia di cui il suo personaggio è affetto, avendo così la possibilità di risultare più realistica nella sua rappresentazione di questa. Tale ruolo da protagonista si è poi rivelato decisivo per lei, divenuta grazie a Il sole a mezzanotte particolarmente popolare e richiesta per altre produzioni.

Il personaggio di Charlie è invece interpretato da Patrick Schwarzenegger, figlio del celebre Arnold Schwarzenegger. Il ragazzo si era già fatto notare grazie a film come Un weekend da bamboccioni 2 e Dear Eleanor. Quello in Il sole a mezzanotte è però il suo primo ruolo da protagonista, che gli ha consentito di ottenere maggior notorietà nell’industria. Nel ruolo di Jack Price, padre di Katie, si ritrova invece l’attore Rob Riggle, noto per i suoi ruoli comici in film come Una notte da leoni, Scemo & più Scemo e Fratellastri a 40 anni. L’attrice Quinn Shephard, nota anche per La diseducazione di Cameron Post, è invece Morgan, la migliore amica di Katie.

Il sole a mezzanotte: il libro, il trailer e dove vedere il film in streaming

Come si accennava in apertura, Il sole a mezzanotte non è tratto da un romanzo. Tuttavia, parallelamente all’uscita in sala del film è stato pubblicato anche un libro omonimo basato sulla storia narrata nella pellicola. L’autrice di tale volume è la scrittrice Trish Cook, che si è dunque occupata di riportare su carta quanto visibile nel film, potendo però arricchire il tutto di quelle peculiarità dei libri non traducibili al cinema. Si possono così ritrovare i pensieri dei protagonisti, come anche una maggior descrizione dei loro stati d’animo e delle loro reazioni agli eventi che gli capitano. Il libro si può ritrovare facilmente in tutti i principali store online come anche nelle librerie fisiche.

Prima di gettarsi in tale lettura, per gli appassionati del film è possibile fruirne grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Il sole a mezzanotte è infatti disponibile nel catalogo di Chili Cinema, Apple iTunes, Tim Vision e Amazon Prime Video. Per vederlo, basterà sottoscrivere un abbonamento generale o noleggiare il singolo film. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si ha soltanto un determinato periodo di tempo entro cui vedere il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di mercoledì 11 novembre alle ore 21:20 sul canale Rai 2.

Fonte: IMDb

Il Soldato d’Inverno: diversi look per Bucky Barnes – concept

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Il Soldato d’Inverno: diversi look per Bucky Barnes – concept

Arrivano da Reddit nuovi concept art che raffigurano il Soldato d’Inverno, ovvero Bucky Barnes, protagonista del Marvel Cinematic Universe e trai possibili “successori” di Steve Rogers al ruolo di Captain America.

Winter Soldier Concept Art from marvelstudios

Vedremo il personaggio, interpretato da Sebastian Stan, in Avengers Infinity War.

Avengers Infinity War: il primo teaser dal Comic Con [LEAK]

La sinossi: Mentre gli Avengers continuano a proteggere il mondo da minacce troppo grandi per un solo eroe, un nuovo pericolo emerge dalle ombre cosmiche: Thanos. Despota di intergalattica scelleratezza, il suo scopo è raccogliere le sei gemme dell’Infinito, artefatti di un potere sconfinato, e usarle per piegare la realtà a tutto il suo volere. Tutto quello per cui gli Avengers hanno combattuto ha condotto a questo punto – il destino della Terra e l’esistenza stessa non sono mai state tanto a rischio.

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Avengers Infinity War: 15 villain che potrebbero venire dopo

Avengers Infinity War arriverà al cinema il 4 Maggio 2018. Christopher Markus e Stephen McFeely si occuperanno della sceneggiatura del film, mentre la regia è affidata a Anthony e Joe Russo.

Il cast del film al momento è composto da Cobie Smulders, Benedict Cumberbatch, Chris Pratt, Vin Diesel, Scarlett Johansson, Dave Bautista, Karen Gillan, Zoe Saldana, Brie Larson, Elizabeth Olsen, Robert Downey Jr., Sebastian Stan, Chris Hemsworth, Chris Evans, Tom Holland, Bradley Cooper, Samuel L. Jacksson, Jeremy Renner, Paul Rudd, Peter Dinklage, Mark Ruffalo, Josh Brolin, Paul Bettany, Benedict Wong, Pom Klementieff e Chadwick Boseman.

Il soldato d’inverno di Sebastian Stan sarà un membro del Congresso in THUNDERBOLTS*

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Non si è parlato molto del fatto che il Bucky Barnes di Sebastian Stan sfoggiasse un abito grigio su misura nelle foto del set di maggio di Thunderbolts* dei Marvel Studios.

Tuttavia, dobbiamo guardarle sotto una nuova luce, poiché al SDCC è stato rivelato che Bucky è ora un membro del Congresso.

Se ricordate, in The Falcon and the Winter Soldier, Barnes era incerto su cosa avrebbe dovuto fare nella vita. Con i Vendicatori sciolti e Steve Rodgers invecchiato e uscito di scena, Bucky è stato lasciato alla deriva.

Tuttavia, in un’intervista al SDCC con Wyatt Russell (Agente degli Stati Uniti) e Stan, è stato rivelato che il Soldato d’Inverno indossa abiti più raffinati in questi giorni perché è un legislatore che lavora a Capitol Hill.

Quando si è scherzato sul fatto che Bucky lava il suo braccio di vibranio nella sua lavastoviglie (cosa che avviene davvero secondo il filmato mostrato al SDCC), Russell e Stan hanno scherzato sul fatto che è perché Bucky non ha molto tempo libero.

Sebastian Stan
Sebastian Sten sul red carpet del Festival di Cannes – Foto di Luigi De Pompeis © Cinefilos.it

A un certo punto bisogna assicurarsi che le cose vengano pulite, e questo è un modo molto efficiente di farlo velocemente”, ha scherzato Stan a Comicbook. “Usa anche molta meno acqua, molta meno acqua nella lavastoviglie”.

A questo punto Russell si è lasciato sfuggire che Bucky è un membro del Congresso, un dettaglio che probabilmente non doveva essere ancora rivelato.

In base a questa rivelazione, sarà interessante vedere se i Thunderbolts* sono una squadra autorizzata dal governo che lavora per Bucky.

Dato che il tema del film sembra essere quello di dare ai suoi membri una seconda possibilità di redenzione, forse il suo roster è formato da Bucky che vuole dare agli altri la stessa possibilità che Steve ha dato a lui?

Thunderbolts* è un film della Fase 5 del MCU in uscita il 5 maggio 2025. Il film è attualmente destinato a chiudere la Fase 5 del MCU.

Tutto quello che sappiamo su Thunderbolts*

Durante il panel dei Marvel Studios al D23 2022, il presidente dei Marvel Studios  Kevin Feige ha svelato il cast del prossimo film Thunderbolts*, che sarà una squadra composta principalmente da supercriminali e antieroi. Comprende la Contessa Valentina Allegra de Fontaine (Julia Louis-Dreyfus), Red Guardian (David Harbour), Ghost (Hannah Jon-Kamen), US Agent (Wyatt Russell), Taskmaster (Olga Kurylenko), Yelena Belova/Black Widow (Florence Pugh) e Il Soldato d’Inverno (Sebastian Stan).

Secondo quanto appreso la contessa Valentina Allegra de Fontaine metterà insieme la squadra e potrebbe anche essere parzialmente responsabile della creazione di Sentry. Thunderbolts* è attualmente previsto nelle sale il 2 maggio 2025. Il film sarà diretto da Jake Schreier, la cui storia come regista non è estremamente ampia, avendo lavorato solo a Robot & Frank del 2012, Paper Towns del 2015 e alla versione filmata del 2021 di Chance the Rapper’s Magnificent Coloring World Tour.

Il sol dell’avvenire: trailer del nuovo film di Nanni Moretti

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Il sol dell’avvenire: trailer del nuovo film di Nanni Moretti

01 Distribution ha diffuso il trailer di Il sol dell’avvenire, il nuovo film di Nanni Moretti che con ogni probabilità vedremo al prossimo Festival di Cannes. Protagonisti Nanni Moretti,  Margherita Buy, Silvio Orlando, Mathieu Amalric, Barbora Bobulova. Tra i temi del film ci sono il cinema, il circo, gli anni ’50.

Il sol dell’avvenire, recensione del film di Nanni Moretti

Il sol dell’avvenire, recensione del film di Nanni Moretti

Dopo Tre piani, Nanni Moretti torna dietro – e davanti – la macchina da presa con Il sol dell’avvenire, che tra commedia e dramma rappresenta una summa del Moretti regista, della sua concezione di cinema e del rapporto con gli attori, ma anche del Moretti uomo dai saldi principi, faticoso nei rapporti, scaramantico, con le sue idiosincrasie, sarcastico e tagliente – metaforicamente e letteralmente. Il Moretti che tutti conoscono, dai tempi di Ecce Bombo, insomma. Il film, che sarà in concorso al prossimo Festival di Cannes, accanto a Bellocchio e Rohrwacher, rappresenta anche un momento di autocritica e riflessione su sé stesso, soprattutto per quel che riguarda affetti e relazioni. Senza tralasciare la passione politica che ha sempre contraddistinto il regista.

La trama de Il sol dell’avvenire

Giovanni, Nanni Moretti,  è un regista alle prese con un film ambientato nel ’56, al tempo dell’invasione russa in Ungheria. In questo film, Silvio Orlando interpreta Ennio, un giornalista de L’Unità, animatore di una sezione del Pci al Quarticciolo. Accanto a lui, Barbora Bobulova veste i panni di Vera, una sarta, attivista del medesimo circolo. Proprio nei giorni in cui i carri armati entrano in Ungheria, la sezione romana ospita il circo ungherese Budavari. Ennio e Vera si trovano, come tutti i militanti del Pci, a dover prendere posizione riguardo ai fatti di Ungheria. Lo spettatore segue Giovanni e la sua troupe sul set, alle prese con i problemi quotidiani. Intanto, Giovanni sta pensando anche a un altro suo progetto cinematografico: un film incentrato sulla storia d’amore tra due ragazzi, con colonna sonora di canzoni italiane anni ’60. Nella vita privata del protagonista, poi, sta per succedere qualcosa di inatteso: sua moglie, Margherita Buy, che è anche la sua produttrice, vuole lasciarlo da tempo e sta cercando il modo giusto per dirglielo, mentre sua figlia, Valentina Romani, intraprende una relazione sentimentale con un uomo molto più grande di lei. Le certezze di Giovanni sembrano crollare e lui si trova spaesato.

Il sol dell’avvenire, summa morettiana

Il sol dell’avvenire sembra una summa di tutti i lavori più iconici di Moretti: da Ecce Bombo a Sogni d’oro, da La messa è finita, a Palombella rossa. Un florilegio, un amarcord – con il richiamo felliniano del circo – pieno di citazioni dei suoi film precedenti. Si parte dal nome del protagonista, Giovanni, e dalla coperta di Sogni d’Oro, per arrivare alla sua passione per i dolci, alle disquisizioni sulle scarpe – imperdibile il monologo sui sabot – al monopattino che prende il posto della storica vespa, a tante altre che lo spettatore più appassionato potrà divertirsi a scovare. Complice un finale rigorosamente top secret, il film sembra la chiusura di una fase, se non di una carriera – cosa fermamente smentita dal regista. Ne Il sol dell’avvenire c’è il Moretti che piace alla follia o si odia. Quello che i detrattori dicono noiosamente egoriferito e chi lo ama non vede l’ora di vedere. Perché si riconosce nel suo spirito tagliente e condivide parecchie delle sue considerazioni, ne apprezza la franchezza e la coerenza con cui tiene fede alla propria identità, nonostante le critiche.

Coerenza e coesione ne Il sol dell’avvenire

Nonostante la struttura complessa – due film nel film – le sceneggiatrici Federica Pontremoli, Valia Santella e Francesca Marciano hanno fatto, insieme con Nanni Moretti, un ottimo lavoro. Non era facile tenere tutto assieme, ma ci sono riusciti senza annoiare, dando dinamicità e riuscendo al tempo stesso a mantenere chiari i diversi filoni narrativi. Il sol dell’avvenire è un film estremamente coeso e coerente. Si può dire che i due film, uno girato e l’altro immaginato dal regista, rappresentino un po’ i due filoni lungo i quali Moretti si è sempre mosso: quello dei rapporti umani, privato, e quello politico, da regista e da uomo politicamente e socialmente impegnato quale è sempre stato. Entrambi confluiscono nel prodotto finale, restituendo un quadro completo della personalità del regista e del suo cinema. La durata, poi, non è eccessiva, e ciò fa sì che il lavoro non si disperda e diluisca in rivoli poco proficui, risultando anzi, anche poetico in alcuni momenti.

Lo stupore negli occhi

Un elemento che rimane impresso anche dopo la visione de Il sol dell’avvenire ed è ricorrente nel film, è lo sguardo stupito, esterrefatto del regista di fronte ad alcune cose del mondo, ad alcuni cambiamenti, talvolta derive, attuali, ma anche ad alcuni aspetti del carattere o dei gusti altrui, che lo lasciano, appunto basito. Valga ad esempio il gustosissimo colloquio con i dirigenti di Netflix. È da apprezzare questo coraggio di stupirsi, di essere ancora esterrefatti, se è il caso, di indignarsi, anziché farsi scivolare tutto addosso, come assuefatti. Questo, Moretti riesce ancora a farlo e forse invita anche lo spettatore a ritrovare lo stupore, perché, come afferma, “due o tre principi bisogna pure averli”.

Moretti cineasta intransigente ne Il sol dell’avvenire

Il Moretti regista si descrive qui come lo si immaginava, e forse anche peggio, nel suo essere dispotico e impositivo: l’ascolto, e il canto delle canzoni sul set per prepararsi a girare, l’attrice che deve obbedire, altrimenti viene cacciata, a costo di ricominciare da capo il film. Ma anche un’idea di cinema chiarissima e difesa a spada tratta, come nella godibilissima e surreale sequenza del film violento che Moretti interrompe. È un’estremizzazione, ma risponde a un’etica del cinema, a una visione reale, a un rifiuto categorico della violenza come forma di intrattenimento fine a sé stessa: “Comincerete a piangere perché vi renderete conto di quello che avete combinato”, dichiara il protagonista al suo giovane collega. Sulla propria visione del cinema Moretti non ha tentennamenti e non la mette in discussione, come non mette in discussione l’istituzione della sala, verso cui dichiara, anche da esercente, amore incondizionato.

Autocritica privata

Ciò su cui invece il regista pare riflettere anche in maniera autocritica è il sé privato. Forse è un segno dei tempi, rappresenta un elemento nuovo. Così, la convinzione iniziale di essere “delizioso” lascia il posto al dubbio, alla messa in discussione di sé, alla consapevolezza di un carattere non facile e a un tentativo di ammorbidimento di alcuni aspetti, alla ricerca di un dialogo, per andare incontro a degli affetti che non vuole perdere.

Qualcosa di sinistra ne Il sol dell’avvenire

Da un regista politico, nel senso più ampio del termine, per cui ogni inquadratura e sfumatura è un atto politico, non ci si poteva poi non attendere un riferimento alla politica in senso stretto, alla sinistra, verso cui, da elettore e cittadino, Moretti è sempre stato critico in maniera costruttiva. Basti pensare alla famosa scena di Aprile in cui esortava l’allora segretario del PDS D’Alema a dire “una cosa di sinistra” in un dibattito televisivo. Qui Moretti richiama sarcasticamente “il sol dell’avvenire” garibaldino prima e partigiano poi, non ancora apparso all’orizzonte, e pensa bene di intervenire direttamente, come non sveliamo. Compie però un gesto a suo modo rivoluzionario, contrario al realismo del “la storia non si fa coi se”. Il gesto poetico di un sognatore che vuole vedere in qualche modo realizzata l’utopia in cui ha creduto, che, superato il mezzo del cammin della propria vita, pensa bene di realizzarsela da sé. Forse proprio la sua coerenza, il non vergognarsi mai della propria identità, l’orgoglio nel rivendicarla che c’è ne Il sol dell’avvenire, una visione non solo del cinema, ma anche della società, propria di Moretti, che può insegnare molto alla sinistra italiana. Una visione su cui si può dibattere, dissentire, discutere, ma pur sempre una visione, che forse i partiti di sinistra hanno perso da tempo. Una visione in cui anche il dialogo con le nuove generazioni è importante, per spiegare cosa è stato a chi non lo sa, non lo ha vissuto.

Il cast de Il sol dell’avvenire

Infine il cast de Il sol dell’avvenire: un insieme ben assortito di certezze e nuovi ingressi, come Barbora Bobulova, perfettamente integrata nel gruppo. Dal canto suo, Margherita Buy, al quinto film con Moretti, riesce ancora a creare un bilanciamento perfetto con il regista e attore, facendo da contrappeso alla sua figura ingombrante, ricavandosi anche uno spazio più ampio. Silvio Orlando, che torna a collaborare con Moretti a diciassette anni di distanza da Il caimano, interpreta sé stesso ed Ennio con la consueta misura, ma anche con dei guizzi espressivi degni di nota. Nel cast anche Mathieu Amalric nel ruolo di un eccentrico amico finanziatore, e una serie di giovani attori. Valentina Romani è reduce dal successo di Mare Fuori e qui sa calarsi in un personaggio totalmente diverso. Altri giovani offrono buone prove, come Blu Yoshimi, molto intensa ed efficace, e Giuseppe Scoditti. A completare il lavoro, una colonna sonora in cui ritroviamo il Franco Battiato caro a Moretti – in un momento davvero poetico del film – ma anche altri classici della canzone d’autore italiana, come De André o Luigi Tenco, accanto a Noemi e Aretha Franklin. Il sol dell’avvenire, prodotto da Sacher Film e Fandango, con Rai Cinema e Le Pacte, è in sala dal 20 aprile.

Il Sol dell’Avvenire, ecco il poster del nuovo film di Nanni Moretti, al cinema dal 20 aprile

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È stato diffuso il primo poster de Il Sol dell’Avvenire, il nuovo film di Nanni Moretti che arriverà al cinema il prossimo 20 aprile e che vede nel cast, oltre allo stesso Moretti, anche Margherita Buy, Silvio Orlando, Mathieu Amalric, Barbora Bobulova. 

Il film è ambientato tra gli anni ’50 e ’70 nel mondo del circo e del cinema. Girato a Cinecittà, prodotto dalla Sacher Film e da Fandango con Rai Cinema, il film sarà distribuito da 01 Distribution.

Il Sol dell’Avvenire, il poster

Il sol dell’avvenire al cinema Corallo introdotto da Federica Pontremoli

Il nuovo film di Nanni Moretti, Il sol dell’avvenire, in gara al Festival di Cannes 2023, a Genova esce giovedì 20 aprile al cinema Corallo (via Innocenzo IV 13, tel. 010 8687408), dove alle 21 sarà introdotto da Federica Pontremoli, autrice del soggetto e della sceneggiatura insieme a Francesca Marciano, Valia Santella e lo stesso Moretti. Protagonista della commedia è l’attore e regista francese Mathieu Amalric, che recita accanto a un cast guidato da Margherita Buy e Silvio Orlando, con Barbora Bobulova, lo stesso Nanni, Elena Lietti, Jerzy Stuhr, Laura Nardi, Beniamino Marcone, Rosario Lisma, Flavio Furno, Francesco Brandi. Girato a Cinecittà, è prodotto da Moretti con Sacher Film, da Domenico Procacci di Fandango con Rai Cinema.

Poco si sa della trama del film, se non che il protagonista Giovanni (lo stesso Moretti) è un regista che sta girando un film sui fatti d’Ungheria, che Moretti anziché andare per le strade di Roma in Vespa come faceva in Caro diario qui inforca un monopattino elettrico, che a un certo punto arriva un circo ungherese e la scena si sposta sotto il tendone, che c’è uno psicanalista, che si parla anche di amori, separazioni, calcio, streaming, Stalin e Trotsky, che si canta e si balla, e che il finale è allegro: una rivincita del cinema sulla politica e dell’arte sulla storia.

Federica Pontremoli, genovese, laureata in Lettere moderne, si diploma in sceneggiatura nel 1993 presso il Centro sperimentale di cinematografia di Roma. Nel 2001 dirige il suo primo lungometraggio, Quore, di cui ha scritto anche soggetto e sceneggiatura. Nel 2003 è tra i vincitori del Premio Sacher, indetto dalla casa di produzione di Nanni Moretti, per il soggetto del cortometraggio Baci da Varsavia. Per questo motivo viene poi scelta da Moretti come coautrice della sceneggiatura di Il caimano. Da allora collabora con numerosi registi, tra cui Silvio Soldini per Giorni e nuvole, Giuseppe Piccioni per Giulia non esce la sera, Francesca Comencini per Lo spazio bianco. Nel 2011 torna a lavorare con Nanni Moretti in Habemus Papam, firmando la sceneggiatura insieme a Moretti e Francesco Piccolo. Nel 2012 scrive, insieme a Ferzan Özpetek, la sceneggiatura di Magnifica presenza. Nel 2021 collabora nuovamente con Moretti per il film Tre piani. Gli altri film di cui ha firmato la sceneggiatura sono Generazione 1000 euro di Massimo Venier (2009), Meno male che ci sei di Luis Prieto (2009), la miniserie tv Nel bianco di Peter Peter Keglevic (2010), Il giorno in più di Massimo Venier (2011) e Ho ucciso Napoleone di Giorgia Farina (2015).

Il Sogno di Aegon modifica la storia de Il Trono di Spade? La spiegazione completa

Il Sogno di Aegon il Conquistatore, da lui chiamato Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, viene rivelato in House of the Dragon, una svolta sorprendente che riconcilia i fan con Il Trono di Spade e riformula la sconfitta degli Estranei. House of the Dragon è ambientata molto prima de Il Trono di Spade, circa 172 anni prima della morte del Re Folle e della nascita di Daenerys Targaryen. Ma ciò non significa che i due show sono indipendenti e che non possano avvenire casi di “retcon”, ovvero di cose che accadono nel prequel che in qualche modo correggono o modificano cose già accadute nella “serie madre”.

Il Sogno di Aegon delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco è stato una grande rivelazione nella stagione 1 di House of the Dragon, e ha continuato a influenzare lo show e la Danza dei Draghi. Non solo cambia ciò che si sapeva sulla storia di Casa Targaryen, ma ricostruisce anche Il Trono di Spade e significa che alcuni eventi, in particolare della stagione 8, possono essere visti sotto una luce diversa. Grazie a ScreenRant, ecco un’analisi approfondita del Sogno di Aegon e di cosa significa sia per la serie prequel sia per l’originale.

Cosa significa veramente il Sogno di Aegon delle Cronache del ghiaccio e del fuoco?

Come la profezia è legata agli Estranei

L’episodio 1 della stagione 1 di House of the Dragon si è concluso con Re Viserys I Targaryen che ha nominato Rhaenyra, sua figlia, erede al Trono di Spade. Quella è stata una decisione fondamentale per la storia della serie, ma c’era molto di più. Essendo nominata sua erede, Rhaenyra deve essere messa a parte del segreto che tutti i Re Targaryen (e ora l’aspirante Regina) hanno custodito: del Sogno di Aegon Targaryen, che Viserys racconta:

“Aegon aveva previsto la fine del mondo degli uomini. Comincerà con un terribile inverno, che si scaglierà dal lontano Nord. Aegon vide l’oscurità assoluta cavalcare quei venti, e qualunque cosa vi albergherà, distruggerà il mondo dei vivi. Quando questo grande L’inverno arriverà, Rhaenyra, tutto Westeros deve opporsi ad esso. E se il mondo degli uomini vuole sopravvivere, un Targaryen deve essere seduto sul Trono di Spade, un Re o una Regina abbastanza forte da unire il regno contro il freddo e l’oscurità. Aegon chiamò il suo sogno ‘Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco.'”

Il Sogno di Aegon è qualcosa che dovrebbe essere familiare agli spettatori de Il Trono di Spade, perché predice l’arrivo degli Estranei e la seconda Lunga Notte. Il terribile inverno, l’oscurità e la minaccia che rappresenta un rischio per il mondo intero sono una buona sintesi dell’Esercito dei Morti del Re della Notte, anche se quel sogno non si sarebbe avverato per circa 300 anni dopo aver conquistato Westeros.

La profezia di Aegon aggiunge nuova profondità a Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, dandole un significato più letterale: Ghiaccio = Estranei e Fuoco = Targaryen e i loro draghi. Riformula la Conquista di Aegon, da un atto di pura ambizione e potere a uno atto con uno scopo più nobile.

La profezia di Aegon è nei libri delle Cronache del ghiaccio e del fuoco?

George R.R. Martin introdurrà il sogno nei suoi romanzi?

Il Sogno di Aegon Targaryen non è menzionato ne Il Trono di Spade, né la sua profezia de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco appare nella serie di libri da cui prende il nome. Si tratta di informazioni nuove di zecca offerte da House of the Dragon, ma non sono troppo dissimili da altre profezie riguardanti gli Estranei e il modo in cui verranno sconfitti.

Si dice che Azor Ahai sia un grande eroe che brandirà la spada infuocata, Portatrice di Luce; si parla della profezia del Principe che fu Promesso, che spesso viene considerata in modo intercambiabile rispetto a quella di Azor Ahai, e che contenga “un canto di ghiaccio e fuoco”. Entrambi, significativamente, sono radicati nella stessa idea della dualità del ghiaccio e del fuoco alla fine del mondo.

Ovviamente è troppo tardi perché il Sogno di Aegon sia ne Il Trono di Spade, ma potrebbe ancora essere nei libri Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R.R. Martin. L’autore ha ancora due romanzi da finire – la data di uscita di The Winds of Winter è tanto attesa quanto ritardata, e a questo si spera seguirà A Dream of Spring – e ha impostato gli Estranei come minaccia principale.

Martin dedica molto più tempo alle profezie rispetto a Il Trono di Spade, e con Daenerys ancora in arrivo a Westeros, ci sono buone probabilità che alcune cose vengano rivelate nel testo ad un certo punto. In particolare, Martin ha co-creato House of the Dragon e ha dato la sua approvazione per il racconto del Sogno, il che supporta ulteriormente l’idea che ne farà un libro canonico.

I Targaryen di Il Trono di Spade erano a conoscenza della profezia degli Estranei di Aegon?

Non c’è alcun suggerimento che Daenerys o Jon Snow ne fossero a conoscenza

Emilia Clarke DaenerysI principali Targaryen di Il Trono di Spade non conoscevano Il Sogno di Aegon in merito agli Estranei, anche se questo di per sé ha senso. La dinastia Targaryen finì prima ancora che Daenerys nascesse, mentre Viserys stesso era solo un bambino piccolo e pochi sapevano che Jon Snow era un Targaryen.

È possibile che maestro Aemon Targaryen fosse a conoscenza del sogno di Aegon: era il figlio di un re e un più che plausibile candidato al trono, mentre si sa che suo fratello, Daeron, sognava i draghi. Aemon è certamente a conoscenza della profezia del Principe che fu Promesso contenuta nei libri, ed è possibile che questi possano essere collegati o essere stati fusi nel corso degli anni.

Rhaegar Targaryen, invece, era ossessionato dalla profezia del Principe che fu Promesso; credeva che potesse essere lui o suo figlio. In quanto erede del Re Folle, Aerys II, è possibile che lo abbia saputo da suo padre (se il segreto fosse sopravvissuto lungo la dinastia Targaryen, è probabile che Aerys lo abbia tramandato a suo figlio come Viserys con Rhaenyra in House of the Dragon). Parla, però, della canzone del ghiaccio e del fuoco, come sente Daenerys nelle sue visioni della Casa degli Immortali nella seconda stagione de Il Trono di Spade, dove dice: “Aegon. Quale nome migliore per un re… Lui è il principe promesso, e la sua è la canzone del ghiaccio e del fuoco.”

È plausibile che anche Rhaegar fosse a conoscenza del sogno delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, o ne avesse sentito abbastanza da poterlo intrecciare con la profezia del Principe che fu Promesso, e forse pensava anche che il bambino dovesse chiamarsi Aegon, il che potrebbe anche spiegare perché per Jon Snow sia stato scelto proprio il nome di Aegon Targaryen.

La profezia di Aegon è la stessa del Principe che fu Promesso?

Le due profezie sono collegate

Come accennato, c’è una certa sovrapposizione nel tema e nello scopo tra le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco del Sogno di Aegon e la profezia del Principe che fu Promesso de Il Trono di Spade. Ciò avviene per una buona ragione, dato che i due sono indissolubilmente legati, come confermato dall’episodio 4, stagione 1 di House of the Dragon. Osservando l’iscrizione sulla lama d’acciaio di Valyria che diventerà nota come pugnale a spada, si scopre: “Dal mio sangue proviene il principe che fu promesso, e suo sarà il canto del ghiaccio e del fuoco”.

È incredibilmente simile a quello che Rhaegar dice a Daenerys, il che suggerisce che potrebbe averlo saputo lui stesso dal pugnale, che avrebbe potuto appartenergli prima della fine della dinastia Targaryen. La profezia del Principe che fu Promesso predice un leader o un eroe che ha “una canzone di ghiaccio e fuoco” ed è tipicamente usata in modo intercambiabile con quella di Azor Ahai. In poche parole, il Principe Promesso, Azor Ahai e il Sogno di Aegon riguardano la sconfitta degli Estranei.

House of the Dragon sembra suggerire che il Principe che fu Promesso sia in realtà parte del Sogno di Aegon, piuttosto che una profezia separata, e che il Targaryen che siederà sul Trono di Spade quando arriverà l’oscurità sarà quel salvatore. Poiché la parola “principe” è di genere neutro in Alto Valyriano, significa anche che potrebbe essere una donna, come Rhaenyra o Daenerys.

Sebbene sia probabile che Martin aggiunga il Sogno di Aegon ai libri, non può essere che questa profezia si confonda completamente con quella del Principe che fu Promesso, come nota Melisandre in Una Tempesta di Spade il salvatore fu profetizzato migliaia di anni fa. Tuttavia, è possibile che Aegon ne abbia sentito parlare e, dopo il suo sogno, si sia convinto che il principe promesso sarebbe stato un Targaryen.

Come il Sogno di Aegon ha cambiato la Danza dei Draghi

Ha un impatto importante sulla guerra civile dei Targaryen in House of the Dragon

Alicent Viserys House of the Dragon episodio 9Il Sogno di Aegon non esiste solo per predire eventi futuri, ma modella anche la narrativa in corso della serie prequel. Ciò è accaduto in entrambe le stagioni 1 e 2, con importanti ramificazioni sulla relazione tra Rhaenyra Targaryen e Alicent Hightower e sulla famiglia Targaryen nel suo insieme.

In House of the Dragon stagione 1, episodio 8, Viserys confuso e morente racconta la storia del sogno di Aegon ad Alicent, confondendola per sua figlia Rhaenyra. Dato che Alicent non aveva alcuna conoscenza preliminare della profezia, interpretò il racconto farfugliato come una nomina di suo figlio, sempre Aegon, come suo erede al posto di Rhaenyra, portandola così a sostenere la sua pretesa e a farlo incoronare re. La guerra civile sarebbe forse scoppiata comunque, ma il sogno di Aegon ha portato direttamente alla Danza dei Draghi.

Nella seconda stagione, nell’Episodio Il Mulino in fiamme, Alicent viene a conoscenza del suo errore riguardo alle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco. Tuttavia, a quel punto è “troppo tardi” per lei per cambiare qualcosa: il sangue è stato versato da entrambi i lati, gli stendardi gridano e il regno è stato diviso. La profezia del Conquistatore ha reso l’intera storia un tragico malinteso.

In che modo la profezia delle Cronache del ghiaccio e del fuoco di Aegon cambia la sconfitta degli Estranei

Il sogno non risolve esattamente i problemi della stagione 8 di Il Trono di Spade

La rivelazione del Sogno di Aegon da parte di House of the Dragon serve effettivamente a ricostruire lo show madre, nella misura in cui non è mai stato detto prima, e cambia il modo in cui vengono inquadrati gli eventi che portano alla fine di Il Trono di Spade. Se Daenerys e Jon avessero conosciuto anche le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, le loro azioni sarebbero state diverse? Forse.

Parte dello scopo delle profezie ne Il Trono di Spade è che spesso si autoavverano, spingendo le persone a compiere azioni che altrimenti non avrebbero potuto compiere. Daenerys voleva comunque Il Trono di Spade, ma ha interrotto la sua missione per aiutare a combattere l’esercito della Notte; non è del tutto irragionevole pensare che quegli eventi avrebbero potuto essere invertiti se lei avesse saputo del Sogno di Aegon.

Indipendentemente da tutto, il sogno di Aegon ha alcune conseguenze sfortunate su Il Trono di Spade. Non cambia la storia, ma cambia la percezione in cui si sono svolti gli eventi della stagione 8.

Il software Siri geloso di Scarlett Johansson

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Scarlett Johansson Siri geloso A quanto pare la bellezza di Scarlett Johansson non fa solo girare la testa gli uomini e morire d’ividia le donne. Adesso sembra che anche Siri, la voce ‘assistente’ dell’iPhone, abbia qualcosa da ridire contro la bella e brava attrice.

Sappiamo che la Johansson è reduce da una straordinaria performance in Her, film di Spike Jonze, in cui interpreta appunto una intelligenza artificiale, una voce che assiste il protagonista come fosse una segretaria virtuale e che riesce a modificarsi e ad evolversi in base alle interazioni con questo suo proprietario (interpretato da uno straordinario Joaquin Phoenix).

LEGGI LE RECENSIONE DI HER

Ma cosa c’entra Siri geloso? A quanto pare, se le viene chiesto qualcosa in merito al film, la voce artificiale avrà solo commenti negativi per la voce di Scarlett…e pensare che secondo noi si tratta della migliore interpretazione dell’attrice!

I commenti di Siri variano dal vago “Nella mia opinione, da un brutto nome ad un’intelligenza artificiale” al più deciso “Il ritratto di una intelligenza artificiale in Her è oltre l’artificiale”.

SCARLETT JOHANSSON ESCLUSA DAI GOLDEN GLOBE

Che ne pensate? Provate ad ascoltare il vostro Siri e a vedere cosa vi dice!Fonte: JJ

Il socio: trama e cast del film con Tom Cruise

Il socio: trama e cast del film con Tom Cruise

I cosiddetti legal thriller sono certamente una delle sottocategorie più affascinanti di quel vasto e sfaccettato genere che è il thriller. Numerosi sono i titoli che nel corso degli anni hanno fatto la fortuna di questo, portando le storie di avvocati, processi o questioni legate al mondo giudiziario a ritagliarsi il proprio posto di rilievo nel mercato cinematografico. Titoli come Il rapporto Pelican, Michael Clayton e Il cliente sono solo alcuni dei titoli più famosi. Tra questi si annova anche Il socio, film del 1993 diretto da premio Oscar Sydney Pollack.

Si tratta dell’adattamento dell’omonimo romanzo scritto da John Grisham e pubblicato nel 1991. Il libro si affermò come un best seller e diede popolarità internazionale al suo scrittore, oggi tra i più popolari in quanto a racconti di genere thiller giudiziario. Il socioe, in qualche modo, offre uno spaccato di quella parte dell’avvocatura votata soltanto al profitto, senza riguardo all’interesse per la legalità o la giustizia, anche a costo di compromessi con la malavita organizzata, mantenendo, tuttavia, sempre una apparenza pubblica ipocritamente integerrima.

Affermatosi come un grande successo, con un incasso globale di oltre 270 milioni di dollari, il film tratto da questo racconto è ancora oggi considerato uno dei thriller più entusiasmanti e importanti degli anni Novanta. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Il socio: la trama del film

Protagonista del film è Mitch McDeere, un ambizioso giovane appena laureato in legge a pieni voti ad Harvard. Dopo tanti sacrifici, egli viene contattato da un piccolo ma facoltoso studio legale, il Bendini, Lambert & Loke, che gli propone un posto da associato. Mitch ha infatti tutti i requisiti in regola per entrare a far parte del team e le condizioni offerte sono talmente allettanti che Mitch e la sua giovane moglie Abby non tardano a trasferirsi nella tranquilla Memphis. Il giovane si tuffa così a capofitto nel lavoro, sotto la supervisione di un socio più anziano, Avery Tolar, ma qualcosa di strano inizia ben presto ad avvenire. Mitch, infatti, si accorge che ci sono strani misteri in quello studio.

Un paio di soci muoiono in un incidente misterioso e alcune parcelle piuttosto ambigue iniziano a girare tra le scrivanie. Le sue intuizioni vengono poi confermate dall’FBI, che lo contatta per svelagli che si trova in grave pericolo a lavorare in quello studio. Tutte le aspettative di Mitch crollano rapidamente e perfino la sua amata moglie, esasperata dagli eventi, decide di abbandonarlo. Quello che doveva essere l’inizio di un sogno si trasforma in un incubo sempre più complesso. Mitch, incastrato tra FBI, la mafia e la sua società, decide di cominciare le sue indagini alla ricerca della verità.

Il socio cast

Il socio: il cast del film

Ad interpretare il ruolo del giovane avvocato Mitch McDeere vi è l’attore Tom Cruise. Egli, quando venne a conoscenza del progetto, era anche intenzionato a ricoprire il ruolo di regista, il che avrebbe fatto di Il socio il suo debutto dietro la macchina da presa. Cruise preferì però rinunciare a questa, concentrandosi sul suo personaggio. Per prepararsi al meglio, egli approfondì le materie giuridiche e incontrò diversi avvocati da cui poter apprendere le basi della professione. Accanto a lui, nel ruolo di sua moglie Abby vi è invece l’attrice Jeanne Tripplehorn, qui al suo secondo ruolo dopo il film Basic Instinct. Ad interpretare il mentore di Mitch, Avery Tolar, vi è invece il premio Oscar Gene Hackman. L’attore entrò a far parte del film soltanto poche settimane prima dell’inizio delle riprese.

La sua partecipazione su però per molti una sorpresa, poiché il nome dell’attore non compariva sulla locandina del film. Ciò era dovuto ad una clausola presente nel contratto di Cruise, per cui il nome di quest’ultimo doveva essere l’unico a trovarsi sopra il titolo. Non potendo ricoprire quella posizione, Hackman preferì non far comparire il suo nome. Nel film si ritrovano poi gli attori Hal Holbrook nel ruolo di Oliver Lambert e Gary Busey in quello del detective Eddie Lomax. Ed Harris è invece l’agente Wyane Terrance, mentre l’attrice Holly Hunter è Tammy Hemphill, la segretaria di Eddie. Quest’ultima ottenne una nomination agli Oscar come attrice non protagonista pur comparendo nel film per appena 5 minuti e 59 secondi.

Il socio: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Il socio è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili, Google Play, Apple TV+ e Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di martedì 25 febbraio alle ore 23:35 sul canale TV8.

Fonte: IMDb

Il sociale raccontato con stile: Matteo Garrone

Il sociale raccontato con stile: Matteo Garrone

La notizia ufficiale apparirà soltanto il 19 aprile, ma l’ultimo film di Matteo Garrone, Big House, sembra avviato verso la selezione ufficiale del 65 festival di Cannes. Il regista italiano, divenuto famoso grazie a Gomorra e già premiato con il Gran Prix Speciale della Giuria nel 2008, ha scelto come tema del suo ultimo film il mito dei reality show e il modo in cui questi influiscono sulla vita di determinate persone. La scelta di tale soggetto, un fenomeno tipico del mondo contemporaneo, conferma l’interesse di Garrone per il tessuto sociale e materiale in cui viviamo e la sua necessità di scandagliare situazioni reali e concrete.

Il regista, classe 1968, già dai suoi esordi manifesta infatti un forte interesse per le dinamiche sociali, accompagnato da uno stile peculiare di fare cinema. Egli, infatti, dopo essersi diplomato al Liceo Artistico nel 1986, si dedica per molti anni soltanto alla pittura, imparando così tutto il potere delle immagini e la loro forza prima di avventurarsi nel mondo del grande schermo.

L’esordio di Garrone come regista, nel 1996, non passa inosservato: con il cortometraggio Silhouette vince il Sacher Festival organizzato da Moretti e, l’anno successivo, è già in grado di girare il suo primo lungometraggio, Terra di Mezzo. Questo film, diviso in tre parti, racconta tre storie di immigrazione (una delle quali è ripresa dal corto Silhouette) ambientate nella città di Roma e ha già in nuce quel particolare stile, il fondere insieme la fiction e il documentario, la storia e la forza dell’immagine reale, che Garrone porterà avanti lungo tutta la sua filmografia.

Negli anni 1997/1998 gira due documentari: il primo a New York, Bienvenido espiritu santo e il secondo a Napoli, Oreste Pipolo, fotografo di matrimoni. Il 1998 è un anno particolarmente produttivo per il regista, poiché prima firma, insieme a Massimo Gaudioso e Fabio Nunziata, il cortometraggio Un caso di forza maggiore e poi, da solo, il suo secondo lungometraggio, Ospiti, presentato alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. Questa pellicola, che racconta la storia di due ragazzi albanesi arrivati da poco a Roma, tratta il tema dell’immigrazione da un punto di vista originale e prosegue il filone iniziato con Terra di Mezzo: le riprese sembrano quasi da documentario, viene utilizzata molto la telecamera a spalla e la realtà entra nella storia in maniera prepotente, sia per le ambientazioni reali e per il suono in presa diretta, che per l’impiego di attori non professionisti. Il cinema per Garrone non deve essere solo spettacolo, ma un mezzo al servizio della realtà. Un mezzo forte che, grazie, alle immagini, possa non tanto denunciare determinate dinamiche, ma riportarle, comunicarle e quasi trascenderle attraverso le immagini.

Il suo stile, che deriva dalla combinazione sapiente di elementi di assoluta improvvisazione e da un’attenta ricerca formale, è diverso da quello di chiunque altro e giunge a maturazione nel suo terzo lungometraggio, Estate Romana. Questo film, una fiction che si avvicina molto al genere della commedia, è girato con uno stile documentaristico e vede come perno narrativo la città di Roma in attesa del Giubileo. Una Roma non solo impacchettata e ribaltata da cantieri e palazzi in costruzione, ma soprattutto percorsa da eccentrici protagonisti che testimoniano nuovamente i disagi esistenziali che Garrone aveva accennato nei suoi film precedenti.

Inoltre il suo modo di concepire il cinema e l’originalità tipica dell’autodidatta si concretizzano in produzioni molto particolari: la sua troupe è sempre numericamente ridotta, quasi una famiglia, lui stesso spesso e volentieri è l’operatore di macchina, proprio per quell’esigenza di cogliere gli attimi di realtà che entrano nella finzione, per essere sicuro di riuscire a rendere quell’insinuarsi della vita vera nell’interpretazione attoriale. Fino a questo momento, però, i film di Garrone non riscuotono alcun successo di pubblico. Il suo nome, infatti, circola solo tra i critici e all’interno dei festival.

La svolta nella sua carriera si ha solo nel 2002, quando l’Imbalsamatore, presentato anche a Cannes, vince il David di Donatello per la miglior sceneggiatura. Questo film, prodotto dalla Fandango di Domenico Procacci, attraverso il rapporto a tre che si instaura tra un nano imbalsamatore, il suo assistente e la ragazza di quest’ultimo, disegna un triangolo ambiguo di individui perdenti, egoisti e borderline, in lotta tra loro nella ricerca disperata di un legame affettivo durevole e profondo. Il noir di Garrone, nonostante il budget consistente messo in campo dalla casa di produzione, mantiene fede al suo stile originario: ogni orpello e arricchimento viene messo da parte, l’attenzione per lo scorrere della realtà resta comunque preponderante, così come la ricerca formale. Ciò che interessa al regista è la rivelazione dell’essenziale, l’equilibrio effimero tra la realtà e l’astrazione pittorica.

Tale tendenza stilistica prosegue nel 2004 con l’uscita nelle sale di Primo Amore, in concorso alla 54°Berlinale, la storia drammatica di un orafo che impone alla sua ragazza una dieta rigidissima perché si avvicini il più possibile al suo modello di donna ideale. Una storia di amore folle e perverso che Garrone prova a registrare oggettivamente, sospendendo ogni giudizio. Questo film, così come i precedenti, non vuole essere una denuncia sociale. Il regista, infatti, nonostante metta in scena personaggi apparentemente ossessivi e malati, dà sempre l’impressione di voler restare al di fuori delle loro vicende. Garrone non critica, non dà certezze, né risposte, ma opera una costante ricerca all’interno delle pieghe dell’animo umano.

Ricerca che incontra finalmente il successo di pubblico con Gomorra nel 2008. Il film, che prende titolo e tema dall’omonimo libro di Roberto Saviano, non cerca infatti di dare conto della complesse vicende della camorra napoletana, ma segue, con la consueta sete di reale tipica di Garrone, le vicende di cinque soggetti, cinque personaggi immersi nella delinquenza ordinaria che guida le loro vite. Anche qui le ambientazioni non sono ricostruite e il regista dà conto dell’atmosfera labirintica delle Vele di Scampia girando dentro l’edificio, segue i protagonisti con la telecamera in spalla cercando di avvicinarsi il più possibile a loro senza però poter entrare nelle loro psicologie, nelle loro teste, riporta l’orrore quotidiano senza fronzoli, senza facili spiegazioni.

Il film, vincitore a Cannes e vincitore nelle sale italiane, oltre ad avere il merito di denunciare le insopportabili condizioni di vita che la camorra impone a parte della popolazione partenopea, ha anche il pregio di aver finalmente portato al successo Matteo Garrone dopo dieci anni di carriera. Personaggi del suo calibro, infatti, non solo garantiscono una rivalutazione del cinema italiano all’estero, ma aprono la strada ad una nuova poetica filmica, in grado di unire ricerca stilistica e sostanza narrativa.

Il Sindaco del Rione Sanità: recensione del film

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Il Sindaco del Rione Sanità: recensione del film

Adattamento dell’omonimo testo teatrale di Eduardo De Filippo, Il Sindaco del Rione Sanità è il nuovo film di Mario Martone, in Concorso a Venezia 76. Modificando alcuni elementi dell’originale, il regista tenta di dare una nuova attualità all’opera, avvalendosi di giovani attori del panorama teatrale partenopeo e di alcuni volti molto noti del cinema, trai quali spicca Massimiliano Gallo, sempre in grande forma.

Antonio Barracano, “uomo d’onore” che sa distinguere tra “gente per bene e gente carogna”, è “Il Sindaco” del rione Sanità. Con la sua carismatica influenza e l’aiuto dell’amico medico amministra la giustizia secondo suoi personali criteri, al di fuori dello Stato e al di sopra delle parti. Chi “tiene santi” va in Paradiso e chi non ne tiene va da Don Antonio, questa è la regola. Quando gli si presenta disperato Rafiluccio Santaniello, il figlio del fornaio, deciso a uccidere il padre, Don Antonio, riconosce nel giovane lo stesso sentimento di vendetta che da ragazzo lo aveva ossessionato e poi cambiato per sempre. Il Sindaco decide di intervenire per riconciliare padre e figlio e salvarli entrambi. Nei panni di Antonio Barracano c’è Francesco Di Leva, di trent’anni più giovane di Eduardo, quando mise in scena la prima volta il testo nello stesso ruolo. Uno spostamento, e soprattutto un cambiamento di look, laddove l’incarnazione anziana era elegante e quella giovane è appariscente, che sono sintomatiche del lavoro di spostamento verso una contemporaneità in cui i boss non diventano vecchi, oppure lo sono già a 40 anni.

Il Sindaco del Rione Sanità, il film

Il testo di Eduardo al cinema è inizialmente forzato, ostico, teatrale nel senso negativo del termine perché sembra non sposarsi con i ritmi di un racconto filmato, ma man mano che entriamo nella vicenda, ci abituiamo all’enfasi e scopriamo cosa qual è il racconto principale, dove va a parare e soprattutto che razza d’uomo è questo signorotto un po’ sgradevole nei modi autoritari, con un fine nobile però, tanto che arriva a sacrificare la sua vita, più o meno volontariamente, per la pace nel suo rione. Martone trasla i tre atti su grande schermo, e si avvale di interpreti efficaci e dedicati, così che la sua messa in scena de Il Sindaco del Rione Sanità, al netto dello spostamento del testo originale, riesce comunque a restituire il contenuto altissimo che Eduardo aveva dato alle parole di Barracano. Certo, l’effetto straniante rimane, ma la potenza delle parole travalica il tempo.

Il Sindaco del Rione Sanità: il primo trailer del film di Mario Martone

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Nexo Digital ha diffuso il primo trailer del film evento diretto da Mario Martone, Il Sindaco del Rione Sanità, film che sarà presentato in concorso a Venezia 76.

Antonio Barracano, “uomo d’onore” che sa distinguere tra “gente per bene e gente carogna”, è “Il Sindaco” del rione Sanità. Con la sua carismatica influenza e l’aiuto dell’amico medico amministra la giustizia secondo suoi personali criteri, al di fuori dello Stato e al di sopra delle parti. Chi “tiene santi” va in Paradiso e chi non ne tiene va da Don Antonio, questa è la regola. Quando gli si presenta disperato Rafiluccio Santaniello, il figlio del fornaio, deciso a uccidere il padre, Don Antonio, riconosce nel giovane lo stesso sentimento di vendetta che da ragazzo lo aveva ossessionato e poi cambiato per sempre. Il Sindaco decide di intervenire per riconciliare padre e figlio e salvarli entrambi.

Con Il Sindaco del rione Sanità Mario Martone partecipa per la seconda volta di seguito in concorso ufficiale alla 76. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Dopo aver messo in scena a teatro, nel 2017, il capolavoro di Eduardo De Filippo dirigendo Francesco Di Leva nei panni del Sindaco e gli attori della Compagnia del Nest di Napoli, Martone ne realizza l’adattamento cinematografico, dando vita a un film di forte attualità e capace di raccontare l’eterna lotta tra il bene e il male.

Nel cast Francesco Di Leva, Massimiliano Gallo, Roberto De Francesco, Adriano Pantaleo, Daniela Ioia, Giuseppe Gaudino, Gennaro Di Colandrea, Lucienne Perreca, Salvatore Presutto, Viviana Cangiano, Domenico Esposito, Ralph P, Armando De Giulio, Daniele Baselice, Morena Di Leva, con l’amichevole partecipazione di Ernesto Mahieux.

Il Sindaco del rione Sanità è una produzione INDIGO FILM con RAI CINEMA e MALÌA in collaborazione con ELLEDIEFFE SRL – TEATRO STABILE DI TORINO – NEST, con il contributo della GIUNTA REGIONALE DELLA CAMPANIA L.R.28/2018, con la collaborazione della FILM COMMISSION REGIONE CAMPANIA e con il patrocinio del COMUNE DI NAPOLI.

Sarà distribuito in esclusiva nelle sale italiane come evento speciale da Nexo Digital solo il 30 settembre, 1 e 2 ottobre (elenco cinema a breve su www.nexodigital.it). A seguire, debutterà il “Sindaco del Rione Sanità in tour” che proporrà il film in programmazione all’interno di alcune sale selezionate in tutta Italia.

Il sindaco del rione Sanità: dal cast alla storia vera, le curiosità su film di Mario Martone

Affermatosi come uno dei grandi nomi del teatro italiano, il regista Mario Martone ha in diverse occasioni compiuto anche il passaggio dietro la macchina da presa, realizzando alcuni tra i film più apprezzati e premiati del panorama cinematografico italiano. Tra i più recenti si annoverano Il giovane favoloso e Capri-Revolution, mentre del 2019 è il suo Il sindaco del rione Sanità (qui la recensione) da lui scritto e diretto e basato sull’omonimo testo teatrale, che Martone aveva già portato sul palcoscenico nel 2018.

Il film è dunque la trasposizione cinematografica della commedia in tre atti scritta dal grande Eduardo De Filippo nel 1960. Presentato in concorso alla 76ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il lungometraggio si è affermato come uno dei maggiori titoli italiani del suo anno, all’interno del quale veniva riadatta in chiave contemporanea una storia in realtà da sempre attuale. Per realizzare il film, Martone si è avvalso di splendide location come Massa di Somma, il più piccolo dei Comuni del Parco Nazionale del Vesuvio.

Dopo essere stato accolto con grande successo al Lido, Il sindaco del rione Sanità è poi in seguito arrivato in sala per soli tre giorni come evento speciale. Grazie al successo di pubblico ottenuto, però, la sua permanenza si è prolungata ben oltre, confermando il fascino esercitato dal film. Prima di intraprendere una visione del titolo, sarà certamente utile approfondire ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast. Proseguendo qui nella lettura sarà possibile scoprire tutto ciò, come anche le piattaforme dove è possibile ritrovare il film in streaming per una comoda visione casalinga.

Il sindaco del rione Sanità cast

La trama di Il sindaco del rione Sanità

Ambientato nei pressi di Napoli, nella campagna vesuviana, il film ha per protagonista Antonio Barracano, una figura temuta e rispettata proveniente dal rione Sanità. Qui egli è noto come “il Sindaco”, e si occupa di dirimere le liti e amministrare la giustizia secondo i propri criteri, talvolta ricorrendo a metodi anche particolarmente brutali. In tali attività egli è aiutato anche dal suo braccio destro, noto come “il Dottore“. Nel corso delle sue giornate, sono molte le persone che si recano presso di lui, che assume il ruolo di giudice di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Un giorno, però, si presenta al suo cospetto un giovane di nome Rafiluccio Santaniello.

Questi rivela a Barracano la sua volontà di uccidere suo padre Arturo, ricco panettiere napoletano. L’uomo è colpevole di aver diseredato e cacciato di casa il figlio in seguito alla morte della madre. Rafiluccio chiede dunque il benestare del Sindaco per tale criminosa azione, ma Barracano vuole prima andare a fondo a quella storia. Egli rivede infatti nel giovane lo stesso sentimento di vendetta che da ragazzo lo aveva ossessionato e cambiato per sempre. Spinto dal desiderio di salvare l’animo del ragazzo, egli tenta di farlo riappacificare con il genitore. Andando a fondo a quella triste vicenda, però, emergeranno segreti inconfessabili del passato.

Il cast del film

Per dar volto ai personaggi principali della storia, Martone ha ricercato interpreti particolarmente carismatici, che potessero apportare ulteriore fascino al racconto. A interpretare Antonio Barracano è l’attore Francesco Di Leva, già popolare per il film Una vita tranquilla. Egli ha poi raccontato di essersi trovato davanti ad una grande sfida nell’interpretare Antionio Barracano, protagonista del film. In quanto attore, un ruolo del genere fu per lui un’occasione magnifica, ma come uomo lo ha disprezzato fortemente. Per lui è stato dunque complesso non giudicare il personaggio, ma limitarsi a dargli vita in modo oggettivo. Per la sua interpretazione, Di Leva è poi stato candidato come miglior attore ai principali premi del cinema italiano, tra cui il David di Donatello.

Accanto a lui, nel film, si ritrovano attori più o meno noti ma tutti in grado di rendere memorabili i rispettivi personaggi. Ad interpretare Il Dottore, braccio destro di Barracano, vi è Roberto De Francesco, visto in numerose opere tra cinema e televisione e che aveva già lavorato con Martone in precedenti film di questi. Massimiliano Gallo, il quale vanta anch’egli una lunga carriera al cinema, è invece presente nei panni di Arturo Santaniello, il ricco panettiere odiato dal figlio. Ad interpretare Rafiluccio Santaniello è Salvatore Presutto, qui al suo primo ruolo cinematografico dopo essere comparso in un episodio della serie Gomorra. Sono poi presenti gli attori Adriano Pantaleo nei panni di Catiello, e Gennaro Di Colandrea in quelli di Pascale ‘o Nasone.

Il sindaco del rione Sanità storia vera

La storia vera dietro il film

Come racconta lo stesso Eduardo, il personaggio centrale del dramma è stato da lui ripreso dalla vita reale: “Si chiamava Campoluongo. Era un pezzo d’uomo bruno. Teneva il quartiere in ordine. Venivano da lui a chiedere pareri su come si dovevano comporre vertenze nel rione Sanità. E lui andava. Una volta ebbe una lite con Martino ‘u Camparo, e questo gli mangiò il naso. Questi Campoluongo non facevano la camorra, vivevano del loro mestiere, erano mobilieri. Veniva sempre a tutte le prime in camerino. “Disturbo?” chiedeva. Si metteva seduto, sempre con la mano sul bastone. “Volete ‘na tazza ‘e cafè?”. Lui rispondeva “Volentieri”. Poi se ne andava“. (tratto da M.Giammusso, Vita di Eduardo, Mondadori, Milano 1993).

Il trailer di Il sindaco del rione Sanità e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile vedere o rivedere tale film grazie alla sua presenza su una delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete.Il sindaco del rione Sanità è infatti disponibile nel catalogo di Rai Play. Per vederlo, basterà semplicemente iscriversi, in modo del tutto gratuito alla piattaforma. Si avrà così modo di guardare il titolo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film sarà inoltre trasmesso in televisione il giorno sabato 7 settembre alle ore 21:10 sul canale Rai Movie.

Fonte: IMDb

Il Sindaco del rione Sanità prosegue la sua programmazione

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Il Sindaco del rione Sanità prosegue la sua programmazione

Dopo la calorosa accoglienza di pubblico e critica in 300 sale italiane nei 3 giorni di uscita evento dedicata al film, da domani Il Sindaco del rione Sanità di Mario Martone prosegue la sua programmazione in molte città italiane (elenco completo su www.nexodigital.it).

Raccogliendo 30.000 spettatori in tre giorni e posizionandosi anche ieri terzo sul podio del box office, Il Sindaco del rione Sanità, tratto dal capolavoro di Eduardo De Filippo con Francesco Di Leva nel ruolo del protagonista, ha entusiasmato le platee italiane e dato vita a un appuntamento cinematografico capace di unire generazioni diverse di fronte a un film di forte attualità capace di raccontare l’eterna lotta tra il bene e il male.

Continua anche il tour di Mario Martone per presentare il film in sala e incontrare il pubblico. Domani, 4 ottobre, alle 20.30 sarà al cinema Farnese di Roma insieme a Massimiliano Gallo per ritirare il Premio Francesco Pasinetti 2019 (Miglior film, Miglior attore protagonista per Francesco Di Leva e Miglior attore non protagonista per Massimiliano Gallo), riconoscimenti assegnati a Venezia durante la 76ª Mostra del Cinema di Venezia dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani (SNGCI).

Sabato 5 ottobre alle 20.30 il regista saluterà a Pisa il pubblico del cinema Arsenale e lunedì 7 sarà la volta di Castelfiorentino, il mattino con le scuole e la sera con il pubblico.

Il Sindaco del Rione Sanità, recensione del film di Mario Martone #Venezia76

Dopo aver messo in scena a teatro, nel 2017, il capolavoro di Eduardo De Filippo dirigendo Francesco Di Leva nei panni del Sindaco e gli attori della Compagnia del Nest di Napoli, Martone ne ha realizzato l’adattamento cinematografico, presentato in concorso ufficiale alla 76. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Nel cast Francesco Di Leva, Massimiliano Gallo, Roberto De Francesco, Adriano Pantaleo, Daniela Ioia, Giuseppe Gaudino, Gennaro Di Colandrea, Lucienne Perreca, Salvatore Presutto, Viviana Cangiano, Domenico Esposito, Ralph P, Armando De Giulio, Daniele Baselice, Morena Di Leva, con l’amichevole partecipazione di Ernesto Mahieux.

Il Sindaco del rione Sanità è una produzione INDIGO FILM con RAI CINEMA e MALÌA in collaborazione con ELLEDIEFFE SRL – TEATRO STABILE DI TORINO – NEST, con il contributo della GIUNTA REGIONALE DELLA CAMPANIA L.R.28/2018, con la collaborazione della FILM COMMISSION REGIONE CAMPANIA e con il patrocinio del COMUNE DI NAPOLI.

Il Simpatizzante: teaser della serie HBO thriller con Robert Downey Jr.

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HBO e SKY hanno diffuso il teaser trailer di Il simpatizzante, un thriller di spionaggio con note ironiche e una forte connotazione interculturale. Una storia tratta dall’omonimo libro vincitore del premio Pulitzer scritto da Viet Thanh Nguyen. Il Simpatizzante è la nuova miniserie targata HBO e Sky Exclusive, in arrivo prossimamente in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW.

Un cast d’eccezione a partire dalla vincitrice del premio Emmy  Sandra Oh (Grey’s Anatomy, Killing Eve) e il premio Oscar Robert Downey Jr. (Iron Man, The Avengers, Sherlock Holmes) che interpreta diversi ruoli nella serie. Con loro Hoa Xuande (L’ultimo boss di Kings Cross), Fred Nguyen Khan (Madre!), Toan Le (Bigfoot), Phanxine, Vy Le, Ky Duyen, Kieu Chinh, Duy Nguyen e Alan Trong. 

Park Chan-wook è co-showrunner, produttore esecutivo, sceneggiatore e regista (episodi 1-3); Don McKellar è co-showrunner, produttore esecutivo e sceneggiatore; Robert Downey Jr. è produttore esecutivo e interprete, Susan Downey è produttrice esecutiva insieme ad Amanda Burrell per Team Downey,  Niv Fichman per Rhombus Media, Kim Ly, Ron Schmidt, Viet Thanh Nguyen (anche autore del libro), Jisun Back per Moho Film.

Alla regia Fernando Meirelles (episodio 4), Marc Munden (episodi 5-7). Mark Richard, Naomi Iizuka, Maegan Houang, Anchuli Felicia King, Tea Ho sono sceneggiatori della serie.

Il Simpatizzante è una coproduzione tra HBO, A24 e Rhombus Media, prodotta in associazione con Moho Film e Cinetic Media.

La trama di Il Simpatizzante

Basato sull’omonimo romanzo di Viet Thanh Nguyen, vincitore del Premio Pulitzer, IL SIMPATIZZANTE è un thriller di spionaggio e una satira interculturale sulle lotte di una spia comunista metà francese e metà vietnamita durante gli ultimi giorni della guerra del Vietnam e della sua nuova vita da rifugiato a Los Angeles, dove scopre che i suoi giorni da spia non sono finiti.

Il Silenzio degli Innocenti: in vendita la casa di Buffalo Bill

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Il Silenzio degli Innocenti: in vendita la casa di Buffalo Bill

La proprietà che fungeva da residenza di Buffalo Bill ne Il Silenzio degli Innocenti è ufficialmente in vendita. Oltre ad essere stato uno dei film di maggior incasso del 1991, il celeberrimo thriller del compianto Jonathan Demme è universalmente riconosciuto come uno dei più grandi film mai realizzati.

È stato il terzo film a vincere tutti i “Big Five” in occasione degli Oscar, e ad oggi è l’unica pellicola dalle venature horror ad aver vinto l’ambita statuetta come miglior film. Inoltre, l’iconico psichiatra/serial killer Hannibal Lecter – interpretato nel film da un monumentale Anthony Hopkins – continua ad essere ancora oggi uno dei personaggi più popolari di sempre, a quasi tre decenni dall’uscita del film al cinema.

Anche se Buffalo Bill non è mai più apparso dopo Il Silenzio degli Innocenti, l’eredità del suo personaggio è altrettanto inquietante quanto quella di Hannibal Lecter. Nel film e nell’omonimo libro di Thomas Harris, Buffalo Bill è un altro serial killer noto per la sua ossessione nei confronti delle donne sovrappeso. Una delle scene più inquietanti del film coinvolge proprio una delle sue vittime, che viene imprigionata in una grande fossa nel seminterrato di casa sua, e in cui viene recitata la memorabile battuta: “Si strofina la lozione sulla pelle.”

Adesso, i fan accaniti del film, hanno la possibilità di fare un’offerta per l’iconica casa degli orrori di Buffalo Bill. Come riportato da Screen Rant, la casa a tre piani in stile vittoriano, situata al numero 8 di Circle Street a Perryopolis (in Pennsylvania), è ora in vendita, giusto in tempo per i festeggiamenti di Halloween. La casa si estende su quasi due acri di terreno lungo il fiume Youghiogheny e dispone di ben quattro camere da letto ed è quotata per $ 298.500.

Un tour virtuale nella vera casa di Buffalo Bill ne Il Silenzio degli Innocenti

Tuttavia, i fan del film potrebbero rimanere delusi nello scoprire che non c’è alcuna fossa gigante nel seminterrato incompiuto della casa, poiché quelle scene sono state girate in uno studio di registrazione. Gli agenti immobiliari dell’agenzia The Sisters Sold It hanno reso disponibile attraverso il loro canale YouTube un vero e proprio tour virtuale alla scoperta delle varie aree della casa presenti anche nel film, tra cui la cucina e la cantina. Potete ammirarlo di seguito:

Il signore delle mosche: il remake di Luca Guadagnino sarà un film “horror psicologico”

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L’imminente remake de Il Signore delle Mosche che sarà diretto da Luca Guadagnino si baserà fortemente su una rivisitazione “horror psicologico”, a rivelarlo è stata la produttrice Lindsey Anderson Beer. Parlando con Collider, Beer ha anticipato cosa Luca Guadagnino ha in serbo per gli spettatori con il suo prossimo remake de Il Signore delle Mosche., che come l’originale si baserà sul romanzo Lord of the Flies dello scrittore britannico William Golding. Il libro ha come protagonisti un gruppo di ragazzi britannici bloccati su un’isola disabitata e racconta il loro disastroso tentativo di autogovernarsi.

Si appoggia moltissimo all’horror psicologico ed è così ricco di drammaticità, come ci si aspetterebbe da qualcuno come [Guadagnino]“, ha detto Beer. “Ma è spaventoso. Ti dà molto disagio leggerlo, e penso che attinga a una versione più attuale di quella che abbiamo visto prima.

Il signore delle mosche di Guadagnino sarà ‘fresco’ e ‘rinfrescante’

Beer ha continuato: “Penso che alcune persone abbiano provato ad affrontare quella proprietà in un modo che non ha più risonanza oggi, e penso che l’intero approccio sia stato molto fresco e rinfrescante.” Basato sull’iconico romanzo omonimo del 1954 di William Golding, Il signore delle mosche di Luca Guadagnino è stato annunciato a luglio 2019. Le notizie sul progetto sono state poche da allora, anche se è stato annunciato nel 2020 che lo scrittore di A Monster Calls e Chaos Walking Patrick Ness sta scrivendo la sceneggiatura.

Finora Il signore delle mosche ha avuto tre semplici adattamenti cinematografici; tuttavia, la storia ha ispirato numerosi titoli cinematografici e televisivi nel corso degli anni, tra cui Yellowjackets di Showtime e Ladyworld del 2018. Peter Brook ha diretto un film Il signore delle mosche nel 1963, così come Harry Hook nel 1990. Lupita A. Concio, nel frattempo, ha adattato la storia in un film del 1975 intitolato Alkitrang Dugo.

Guadagnino è noto per aver diretto A Bigger Splash del 2015, Chiamami col tuo nome del 2017, il remake di Suspiria del 2018 e Bones and All del 2022 . Il suo ultimo film, Challengers, vede protagonisti Zendaya, Mike FaistJosh O’Connor. L’uscita del film era originariamente prevista per il 15 settembre 2024; tuttavia, è stato ritardato fino all’aprile 2024 a causa dello sciopero degli attori. Sta anche dirigendo un film d’epoca intitolato Queer con Daniel Craig, Drew Starkey, Lesley Manville e Jason Schwartzman.