Questa è la quarta volta che
Hayao Miyazaki
partecipa al festival spagnolo, ma è la prima volta che partecipa
alla selezione ufficiale. In precedenza ha partecipato alla
manifestazione nella sezione Velodrome con La città
Incantata e Ponyo e in Perlak con
Si alza il vento. Altri due film Ghibli sono stati
selezionati per la Perlak: La storia della Principessa
Splendente (2013) di Isao Takahata e
La tartaruga rossa (2016) di Michael Dudok
de Wit.
Il film è ispirato al libro
How Do You Live?, titolo originale del film, ma
piuttosto che essere un adattamento del libro stesso, è il libro
che appare effettivamente nel film in possesso di Maki. Il film
sembra condividere molti temi importanti cari a Miyazaki, come il
sentimento contro la guerra, l’idea di un mondo fantastico che
esiste accanto al nostro e le difficoltà di essere un bambino,
rendendolo una degna conclusione (?) della sua carriera
cinematografica.
Il lungometraggio animato disegnato
a mano è il primo lungometraggio del regista Miyazaki in 10 anni. E
a firmare la colonna sonora è stato chiamato un collaboratore di
lunga data di Hayao Miyazaki,
Joe Hisaishi. In una rottura con la tradizione, lo
Studio Ghibli ha distribuito il film in Giappone senza alcuna
promozione, materiale di marketing o descrizione del film,
consentendo al pubblico di scoprire il film da solo.
Lucky
Red è orgogliosa di annunciare che porterà al
cinema, dal 1 gennaio 2024, Il
ragazzo e l’airone (The Boy and the
Heron), il nuovo film del maestro
dell’animazione Hayao
Miyazaki, rinnovando il consolidato
rapporto di distribuzione con Studio Ghibli.
Arrivato nelle sale
giapponesi il 14 luglio, Il
ragazzo e l’airone (The Boy and the
Heron)ha conquistato il box
office fin dal primo weekend con 11,3 milioni di dollari e
battendo i record precedenti dello Studio Ghibli. A poco
più di un mese dall’uscita, ha incassato in patria
oltre 45 milioni di dollari. Il film sbarcherà a
settembre negli Stati Uniti, dove aprirà il Toronto Film Festival
con il titolo internazionale The Boy and the Heron.
A dieci anni dal suo
ultimo lungometraggio Si alza il vento e dopo aver
cresciuto generazioni di spettatori con capolavori come
Nausicaä della Valle del vento, Il mio vicino Totoro, Porco
rosso, La città incantata, Ponyo sulla scogliera e molti
altri, Miyazaki torna con un film che ha già conquistato il cuore
del pubblico e della critica che hanno avuto la fortuna di vederlo
in Giappone.
In attesa dell’arrivo del
film in Italia, continua al cinema “Un mondo di sogni
animati” la rassegna Lucky Red dedicata a Miyazaki e allo
Studio Ghibli: da domani 24 agosto e fino al 30 torna in sala Si alza
il vento, un’occasione per ripartire proprio
dall’ultimo film del regista, uscito in Italia nel 2013.
Quello del thriller erotico è un
genere che ha conosciuto la sua principale fortuna tra la metà
degli anni Ottanta e gli anni Novanta. Titoli come Basic
Instinct, 9 settimane e ½ e Attrazione fatale si sono
affermati come i più celebri ed esplicativi delle componenti
erotiche e thriller che caratterizzano questi titoli. A partire
dagli anni Duemila, il genere sembrava però aver esaurito il suo
fascino presso il grande pubblico. Nel 2015, tuttavia, un nuovo
film appartenente a questo genere ha suscitato tanto scalpore
quanto successo. Si tratta di Il ragazzo della porta
accanto (qui la recensione), diretto dal
regista Rob Cohen, noto per i film
Dragonheart e Fast and Furious.
Scritto da Barbara
Curry, il film nacque inizialmente con un ragazzo
problematico che crea scompiglio in una famiglia qualunque. Il
progetto, però, si trasformò ben presto in qualcos’altro, venendo
fortemente influenzato dal caso dell’insegnante Mary Kay
Letourneau, accusata di aver avuto un rapporto con un suo
studente minorenne. Il film si dotò così di una serie di elementi
scabrosi che però non mancarono di attirare l’attenzione degli
spettatori, confermando il successo che questo genere di opere
hanno. Tra sessualità e mistero, si svolge così una vicenda
particolarmente controversa e coinvolgente.
Prodotto dalla celebre
Blumhouse Productions, Il ragazzo
della porta accanto costò appena 4 milioni, arrivando poi ad
incassarne al box office oltre 50. Ancora oggi, a distanza di
qualche anno, è un perfetto esempio del suo genere, avendo
contribuito alla sua rivitalizzazione. Prima di intraprendere una
visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune
delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama e al cast di
attori. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
Il ragazzo della porta accanto: la trama del film
Protagonista del film è
Claire Peterson, insegnante di letteratura
invidiata da tutti per la sua bellezza. Questa però non è bastata a
salvare il suo matrimonio, dato che suo marito
Garrett l’ha a lungo tradita con la sua
segretaria. Dopo aver scoperto dell’infedeltà di lui, Claire ha
dunque chiesto il divorzio, trovandosi improvvisamente a dover
reinventare la propria vita e a dover gestire da sola il figlio
adolescente Kevin. Il ragazzo, particolarmente
timido, è infatti spesso vittima di bullismo. Ad aiutarla, per
fortuna, c’è l’amica di sempre nonché collega di lavoro
Vicky. Ben presto, però, i tentativi di una nuova
normalità di Claire verranno sconvolti nuovamente.
Nella casa accanto a quella della
donna, infatti, si trasferisce il giovane Noah
Sandborn, un ragazzo particolarmente avvenente e generoso,
il quale attira l’attenzione di Claire per la sua grande passione
verso la letteratura. In breve, il ragazzo diventa un angelo
custode tanto per lei quanto per suo figlio, facendosi benvolere
anche all’interno della loro casa. Proprio in questa, una notte,
Claire cederà alla passione con lui, pentendosene però poi
amaramente. Noah non sembra però disposto ad accettare un rifiuto e
inizia a spingersi sempre più in là, rivelandosi in tutta la sua
follia e pericolosità.
Il ragazzo della porta accanto: il cast del film
Ad interpretare l’affascinante
Claire vi è l’attrice e cantante JenniferLopez. Questa si interessò da subito al
personaggio, contribuendo alla sua costruzione fornendo anche
propri abiti. In particolare, la Lopez si disse entusiasta della
possibilità di interpretare un ruolo che non prevedeva i classici
stereotipi presenti nei confronti delle donne latinoamericane.
Maggiori difficoltà sono invece state riscontrate nel girare le sue
scene di sesso, per le quali però la Lopez si è rifiutata di
ricorrere ad una controfigura. Accanto a lei, nei panni di suo
maritò Garrett si ritrova John Corbett, mentre
Ian Nelson, noto per la serie Teen Wolf,
è il loro figlio Kevin.
Kristin Chenoweth
interpreta invece Vicky, l’amica e collega di Claire. Hill
Harper è Edward Warren, il preside della scuola dove
lavora la protagonista, mentre François Chau
ricopre il ruolo del detective Johnny Chou. Infine, nei panni del
seducente Noah vi è l’attore Ryan Guzman.
Anche noto per i film Ste Up Revolution, Tutti vogliono
qualcosa e a serie Pretty Little Liars, questi si è
trovato con Il ragazzo della porta accanto ad
affrontare diverse sfide. Si tratta innanzitutto del primo film
dove compare in scene di nudo, ma maggior imbarazzo è stato dato
proprio dal dover filmare delle scene di sesso con la Lopez,
riprese che lo hanno reso estremamente nervoso. Tra i due attori
intercorrono circa 18 anni di differenza.
Il ragazzo della porta
accanto: il trailer e dove vedere il film in streaming e in
TV
È possibile fruire del film grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Il ragazzo della porta
accanto è infatti disponibile nei cataloghi di
Rakuten TV, Chili, Google Play, Apple iTunes, Tim Vision e
Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un
dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è
inoltre presente nel palinsesto televisivo di sabato 10
dicembre alle ore 21:25 sul canale
Rete 4.
La star latinoamericana più famosa
e potente a Hollywood torna al cinema con Il ragazzo della
porta accanto, un sexy-thriller dai risvolti prevedibili,
la morale puritana e i sentimenti assuefatti alla mentalità comune,
concentrandosi principalmente sul corpo invidiabile e
desideratissimo della MILF per eccellenza, Jennifer Lopez.
Il ragazzo della porta
accanto ruota intorno a un peccato primordiale, o
meglio intorno a quello che nel film è considerato tale: la
debolezza, di una madre, ancora affascinante, separata e sola, di
fronte a un aitante ragazzo con la metà dei suoi anni che però
sembra saperla sedurre e concederle le attenzioni che lei desidera.
Nel momento in cui la donna rinsavisce, secondo i dettami bigotti
che governano il film, la storia va alla deriva, completamente, in
una escalation di violenza ingiustificata e sconclusionati colpi di
scena.
Il ragazzo della porta accanto: il film
Nelle intenzioni del regista
Rob Cohen, il film sembra voler essere un inno al
corpo indiscutibilmente sexy e attraente della Lopez, che si
propone come modello del desiderio per gli uomini, a 45 anni, molto
di più adesso che rispetto a quando ne aveva 20 o 30. Il risultato
è un pasticcio approssimativo, che trascende i rapporti di causa ed
effetto e si conclude nello scenario più classico e convenzionale
possibile.
Pur nascendo come film senza
pretese, il primo impatto con Il ragazzo della porta accanto è
interessante, costruito su una serie di flashback riassuntivi, che
spiegano in maniera efficacie la situazione della protagonista,
alternati, manco a dirlo, a dettagli dell’atletico e sensuale corpo
di questa donna, insegnante colta e intelligente ma sola e
abbandonata da un marito che appare completamente privo di
attrattive. Vero e proprio oggetto è anche il co-protagonista,
Ryan Guzman, giovanotto di bell’aspetto che ne
film viene addirittura introdotto con una loquace inquadratura del
suo bicipite, ancor prima che del suo volto. Esemplare perfetto,
anche troppo, di “ragazzo della porta accanto”, si rivelerà essere
molto diverso da quello che l’eccessivamente ingenua prof di
letteratura pensava che fosse.
Il ragazzo della porta
accanto è un film che da innocuo progetto destinato a
un pubblico non troppo targettizzato, si rivela essere un pasticcio
che non fa altro che mettere in evidenza quanto la bella
JLo sia un simbolo della sessualità contemporanea,
cosa che si evince comuqnue ad ogni sua uscita pubblica.
Guarda il Trailer italiano del film
Il Ragazzo della porta accanto, il
nuovo thriller con protagonisti Jennifer Lopez e Ryan Guzman
e diretto da Rob Cohen.
https://www.youtube.com/watch?v=-RzeeTSvEPQ
Il Ragazzo
della porta accanto, uscirà al cinema distribuoto da
Universal Pictures il 14 maggio 2015.
Jennifer Lopez conduce il cast de
Il Ragazzo Della Porta Accanto, un thriller psicologico che esplora
un’attrazione proibita che va troppo oltre. Regia di Rob Cohen
(Fast and Furious) e scritto da Barbara Curry, il film è
interpretato anche da Ryan Guzman, John Corbett e Kristin
Chenoweth.
Eagle Pictures ha diffuso il
trailer di Il Ragazzo Dai Pantaloni Rosa, il film
ispirato alla vera storia di Andrea Spezzacatena presentato alla
Festa di Roma, per
Alice nella Città.
Con
Claudia Pandolfi, Samuele Carrino, Sara Ciocca, Andrea Arru,
Corrado Fortuna. Diretto da Margherita Ferri, accompagnato dalle
note della dolcissima “Canta Ancora”, scritta e interpretata da
Arisa. Dal 7 novembre solo al cinema.
Il Ragazzo dai Pantaloni Rosa è una storia
drammatica e commovente che racconta la vita di Andrea
Spezzacatena, un quindicenne vittima di bullismo, che si tolse la
vita il 20 novembre 2012. La sua storia è diventata il primo caso
noto in Italia di suicidio di un minorenne causato da
bullismo.
Il film
uscirà il 7 novembre al cinema e sarà distribuito da Eagle Pictures
e Weekend Films. Diretto da Margherita Ferri e sceneggiato da
Roberto Proia ed interpretato da Claudia Pandolfi (Siccità, The Bad Guy),
Samuele Carrino (Il maledetto, Spaccapietre),
Andrea Arru (Diari, Eravamo bambini), Sara
Ciocca (Blanca, La dea Fortuna), e Corrado
Fortuna (Baaria, Anna). La vicenda narra di come un
semplice errore nel lavaggio dei jeans, che li fece diventare rosa,
scatenò una serie di atti di bullismo nei confronti di Andrea,
culminando con la creazione di una pagina Facebook offensiva che
aumentò ulteriormente le molestie. La madre di Andrea, Teresa Manes
(interpretata da Claudia Pandolfi), scoprì l’esistenza della pagina
solo dopo la tragica morte del figlio.
Eagle Pictures ha
diffuso un nuovo intenso spot di Il Ragazzo dai Pantaloni
Rosa, il film che
racconta la vita di Andrea Spezzacatena, un
quindicenne vittima di bullismo, che si tolse la vita il 20
novembre 2012. La sua storia è diventata il primo caso noto in
Italia di suicidio di un minorenne causato da bullismo. Il film
uscirà il 7 novembre al cinema e sarà distribuito da Eagle Pictures
e Weekend Films.
Il film, ispirato
alla storia vera di Andrea Spezzacatena, ha conquistato il primo
posto del botteghino di ieri con più di 200 mila euro al
boxoffice. Merito delle numerose
anteprime organizzate con le scuole, in programma, per
l’appunto, dal 4 al 6 novembre per proseguire il lavoro di
sensibilizzazione ed educazione sentimentale iniziato nel 2012 da
Teresa Manes, la mamma di Andrea.
https://youtu.be/kya5KKcdXCw
Gli studenti che
lo stanno vedendo hanno dichiarato di aver finalmente trovato un
faro nella lotta contro il bullismo, il cyberbullismo e la
discriminazione di ogni genere.
Il film diretto
dalla regista Margherita Ferri con Claudia Pandolfi,
Samuele Carrino, Sara Ciocca, Andrea Arru e Corrado
Fortuna, prodotto da Eagle Pictures e
Weekend Films con la sceneggiatura di
Roberto Proiauscirà nelle sale il 7
novembre.
“Volevamo fosse un film sulla
vita di Andrea, non sulla sua morte”. Con queste parole la
regista Margherita
Ferri (autrice anche di Zen sul ghiaccio
sottile e di un paio di episodi per le serie Zero e
Bang Bang Baby) ha messo da subito in chiaro gli
intenti di Il ragazzo dai pantaloni rosa, il film
che porta sul grande schermo la triste vicenda di Andrea
Spezzacatena, solo una delle tante vittime di bullismo e
cyberbullismo, problematiche purtroppo sempre più diffuse
nonostante la prevenzione che viene svolta a riguardo. È quello che
cerca di fare ora anche questo film, senza però l’intento di
proporre “una lezione di educazione civica“, come
affermato dallo sceneggiatore Roberto Proia.
Perché, appunto, l’intento primario
è quello di restituire la vitalità che era propria di Andrea – così
come la narra anche la madre Teresa Manes
(interrpretata da Claudia Pandolfi nel film) nel romanzo
Andrea oltre il pantalone rosa, da cui il film è
liberamente tratto – e che si è tragicamente spezzata il 20
novembre del 2012. Prima di arrivare a quel momento, però, c’è
stata la vita e Il ragazzo dai pantaloni rosa la
ripercorre tappa dopo tappa, cercando poi attraverso di esse non
tanto di comprendere le motivazioni di quanti hanno bullizzato
Andrea Spezzacatena – in ogni caso ingiustificabili – quanto di
ricercare il perché del suo silenzio. Un silenzio fattosi
assordante e asfissiante, che lo ha isolato portandolo a scelte
irreparabili.
La trama di Il ragazzo dai pantaloni rosa
Andrea Spezzacatena
aveva appena compiuto 15 anni quando decise di togliersi la vita.
Un ragazzo apparentemente solare, aveva ottimi voti a scuola e un
ottimo rapporto coi genitori. Il suo gesto fu quindi totalmente
inaspettato e rimase senza spiegazione finché sua madre dopo la sua
morte è entrata nel suo profilo Facebook e ha ricostruito l’inferno
che suo figlio stava passando tra atti di bullismo e cyberbullismo
a scuola. Il film, narrato dalla voce di Andrea dall’aldilà, ci
racconta come il ragazzo sia arrivato a pensare di non avere altra
via d’uscita e rappresenta un potente monito sulla pericolosità di
quelle parole e di quei gesti che in apparenza ci possono sembrare
innocui.
Andrea Arru e Samuele Carrino in Il ragazzo dai pantaloni
rosa
Un film in equilibrio
Il film ha dunque inizio con la
nascita di Andrea, che inizia così a raccontarci la sua storia fin
dai primi vagiti attraverso una particolare voice over. Particolare
perché sin da subito Andrea si dice consapevole di essere
probabilmente più noto per la sua fine che non per il suo inizio,
chiarendo così di parlare dall’aldilà, una scelta che certamente
mette sull’attenti ma che – almeno secondo il giudizio di chi
scrive – risulta di cattivo gusto. Andando però subito oltre questo
dettaglio, si compie un salto verso le scuole medie e poi verso il
liceo, assistendo dunque alla formazione caratteriale del
protagonista.
Il film in questo riesce ad offrire
un gradevole equilibrio sulla sua identità e la sessualità, senza
mai farlo pendere né da una parte né dall’altra ma lasciandolo
giustamente in quel limbo proprio di quell’età in cui tutto è
ancora in fase di esplorazione e definizione. Certo, ci sono
momenti in cui si scade in alcuni dettagli evitabili e anzi fin
troppo calcati, come Andrea che consola l’amico Christian
(Andrea Arru, visto in Di4ri) pogiandogli una mano sul braccio. Un gesto
assolutamente innocuo, il quale è però ripreso come se dovesse
enfatizzare un significato che non era necessario esplicitare.
Claudia Pandolfi in Il ragazzo dai pantaloni rosa
Il ragazzo dai pantaloni
rosa si muove dunque continuamente tra questi fronti,
dimostrandosi un ideale film per ragazzi (e non solo) attento alle
piccole sfumature e al mondo emotivo dei protagonisti, ma incline
ad una certa tendenza a semplificare certe dinamiche o conferirvi
un aspetto patinato, rischiando così di sfociare in un melò che non
rende giustizia alla vicenda trattata. Fortunatamente ciò avviene
solo in precisi momenti, mentre per il resto il film riesce
effettivamente a trasmettere la gioiosità di Andrea come anche
quell’ingenuità che sempre più – purtroppo – si trasforma, in una
società violenta come quella attuale, nella propria condanna.
Un racconto delicato che si rivolge a tutti
Ad ogni modo, Il ragazzo dai
pantaloni rosa è uno di quei film il cui fine porta a
chiudere un occhio davanti ad inevitabili inciampi di stile. La
materia trattata è quantomai delicata e traspare la volontà degli
autori e del cast di affrontarla come tale. Ancora Proia ha infatti
dichiarato: “Abbiamo volutamente lasciato che chiunque alla
fine del film si potesse guardare dentro e capire se, facendo dei
cambiamenti, rischia di rendere la vita di un altro un po’ più
sopportabile, un po’ più facile, un po’ più felice“. La
speranza è che il film possa realmente lasciare, specialmente nei
più giovani, riflessioni di questo genere e portare ad un mondo in
cui indossare dei pantaloni rosa non è motivo di scandalo.
Dopo la presentazione al
Giffoni Film Festival e alla Festa di Roma, nell’ambito di Alice
nella Città,
Il ragazzo dai pantaloni rosa è pronto per arrivare in
sala, dal 7 novembre con Eagle Pictures, preceduto da una
serie di proiezioni per le scuole che mirano a diffondere nella
maniera più accurata e “educativa” possibile il messaggio del
film.
Ma di cosa parla Il
ragazzo dai pantaloni rosa e come mai viene proiettato per le
scuole?
Il
film racconta la drammatica storia vera di Andrea
Spezzacatena, l’adolescente che decise di togliersi la vita
perché vittima di bullismo a scuola. Fu il primo caso del genere in
Italia che portò al suicidio di un minorenne: per
questo è importante che il film arrivi a quante più persone
possibile, giovani ma non solo, poiché la testimonianza e la
rappresentazione di una storia così ingiusta possano diventare
strumenti di sensibilizzazione, affinché non ci siano più ragazzi
che vengano trattati come è stato trattato Andrea. Soprattutto
affinché chi si trova nella situazione di Andrea non si senta
più così tanto solo da non avere intorno persone a cui
chiedere aiuto.
La storia vera
Il film, diretto da
Margherita Ferri, racconta di Andrea, l’adolescente vittima
di bullismo. Basato sul libro Andrea, Oltre il Pantalone
Rosa, edito da Graus e scritto dalla mamma del ragazzo,
Teresa, il film ci accompagna nella vita di un ragazzino
sensibile, con una madre e un padre presenti e attenti, che
tuttavia non sono riusciti a proteggere il figlio dal dolore e
dalla paura. Per questo, adesso Teresa ha dedicato la sua vita a
raccontare la storia del figlio, per aiutare altri ragazzi e i loro
genitori a non sentirsi soli.
Cosa significano i
“pantaloni rosa”?
Secondo le storia
raccontata prima nel libro e poi nel film, un giorno Andrea si
presentò a scuola con dei pantaloni stinti, erano rossi, ma un
lavaggio sbagliato li aveva fatti diventare rosa. Questa scelta di
indossare comunque i pantaloni per andare a scuola aveva generato
grande ilarità e commenti pungenti da parte dei compagni che
arrivarono addirittura a creare una pagina Facebook con quello che
è ora il titolo del film. Solo dopo la tragica fine del figlio, che
aveva condiviso con lei la password del suo account, Teresa scoprì
l’esistenza della pagina diffamatoria, identificata poi come il
primo scalino di una parabola discendente di dolore e solitudine
che Andrea cominciò a percorrere in solitudine, fino a quel tragico
20 novembre 2012, quando si tolse la vita, poco dopo il suo
quindicesimo compleanno.
Il Ragazzo dai Pantaloni Rosa – Samuele Carrino – Cortesia di Eagle
Pictures
Chi era Andrea
Spezzacatena?
Un ragazzo
apparentemente solare, Andrea aveva ottimi voti a scuola e un bel
rapporto coi genitori. Quando fu trovato senza vita, la famiglia e
la comunità rimasero doppiamente sconvolti, non solo per
l’irrimediabilità del gesto, ma anche perché arrivava da un ragazzo
che apparentemente sembrava molto sereno. Un mistero, insomma, che
trovò una spiegazione solo quando sua madre, dopo la sua morte,
entrò nel suo profilo Facebook e ricostruì l’inferno che suo figlio stava passando tra atti di
bullismo e cyberbullismo, a scuola.
Il film Il ragazzo
dai pantaloni rosa
Il film, narrato in
prima persona dalla voce di Andrea dall’aldilà, ci racconta come il ragazzo sia arrivato a
pensare di non avere altra via d’uscita e
rappresenta un potente monito sulla pericolosità di parole e di
gesti che possono sembrare scherzi innocui, addirittura simpatici,
da parte di chi li perpetra con leggerezza.
Claudia Pandolfi in Il ragazzo dai pantaloni rosa
Nel cast del film
troviamo Claudia Pandolfi nei panni di Teresa Manes, la mamma di
Andrea, e Corrado Fortuna che invece interpreta il papà del
ragazzo. Il protagonista che dà il volto ad Andrea è il
giovane Samuele Carrino, mentre Andrea Arru,
volto amatissimo dal pubblico giovane, è Christian, il bullo
della scuola. Reduce dal successo di Inside Out
2, in cui presta la voce alla protagonista, Sara
Ciocca completa il cast nei panni di Sara, la migliore amica di
Andrea.
Arisa per la
colonna sonora
A impreziosire di
emozione e significato Il ragazzo dai pantaloni rosa
c’è “Canta Ancora”,
canzone inedita che Arisa scrisse per sua madre e che
nel film diventa una lettera che Andrea dedica a Teresa. Il brano,
che si può ascoltare già nel trailer e accompagna l’uscita del
film, fa parte della colonna sonora ufficiale. Diretto dalla
regista Margherita Ferri (Zen – Sul ghiaccio sottile
prodotto da Biennale College, Bang Bang Baby) e prodotto da Eagle
Pictures e Weekend Films con la sceneggiatura di Roberto
Proia, Il ragazzo dai pantaloni rosa uscirà il 7
novembre distribuito da Eagle Pictures.
Dopo la
presentazione alla Festa di Roma, per
Alice nella Città, Il
Ragazzo dai Pantaloni Rosa è pronto a uscire al
cinema, il prossimo 20 novembre, con Eagle
Pictures. Il film è ispirato alla storia vera del
quindicenne Andrea Spezzacatena, che il 20 novembre del 2012 si
tolse la vita dopo aver subito atti di bullismo e cyberbullismo da
parte dei compagni di scuola.
In occasione della presentazione al
festival capitolino, è astato presentato anche “Canta Ancora”,
canzone inedita che Arisa scrisse per sua madre e
che nel film diventa una lettera che Andrea dedica alla madre,
appunto.
Di seguito, il videoclip
ufficiale:
Ad interpretare
il ruolo di Teresa Manes, mamma di Andrea, è l’attrice Claudia Pandolfi(Siccità, The Bad
Guy), mentre a vestire i panni del padre sarà
Corrado Fortuna(Baaria, Anna). Il
protagonista che dà il volto ad Andrea è il giovane e talentuoso
Samuele Carrino(Il maledetto,
Spaccapietre), mentre Andrea Arru (Diari,
Eravamo bambini) è Christian – il bullo della scuola – e
Sara Ciocca(Blanca, La dea Fortuna)
interpreta Sara, la migliore amica di Andrea.
Il Ragazzo dai Pantaloni Rosa – Samuele Carrino – Cortesia di Eagle
Pictures
Il film diretto
dalla regista Margherita Ferri (Zen – Sul
ghiaccio sottile prodotto da Biennale College, Bang Bang Baby)
e prodotto da Eagle Pictures e Weekend
Films con la sceneggiatura di Roberto
Proia (Trilogia “Sul più bello”, “Backstage –
Dietro le quinte”, “Hotspot- Amore senza rete”, serie tv
“Gloria”) – uscirà nelle sale il prossimo
autunno.
La trama di Il Ragazzo
dai Pantaloni Rosa
Andrea
Spezzacatena aveva appena compiuto 15 anni quando decise di
togliersi la vita. Andrea, un ragazzo apparentemente solare, aveva
ottimi voti a scuola e un ottimo rapporto coi genitori. Il suo
gesto fu quindi totalmente inaspettato e rimase senza spiegazione
finché sua madre dopo la sua morte è entrata nel suo profilo
Facebook e ha ricostruito l’inferno che suo figlio stava passando
tra atti di bullismo e cyberbullismo a scuola. Il film, narrato
dalla voce di Andrea dall’aldilà, ci racconta come il ragazzo sia
arrivato a pensare di non avere altra via d’uscita e rappresenta un
potente monito sulla pericolosità di quelle parole e di quei gesti
che in apparenza ci possono sembrare innocui.
I fratelli
Dardenne sono di casa a Cannes, dove, a dire la
verità, sono anche parecchio coccolati, e anche quest’anno hanno
scelto il Festival francese per presentare in Concorso il loro
ultimo film Il Ragazzo con la Bicicletta.
In Il ragazzo con la
bicicletta Cyril è un bambino rifiutato dal padre che
trova insperato (e all’inizio non capito) amore presso una donna,
Samantha, che lo accoglie in casa. Come spesso succede, il cinema
dei Dardenne non si basa su sofisticate trame, ma sulle immagini e
sulle emozioni che restituiscono, attraverso uno stile che richiama
il documentario con piani ravvicinati e una macchina molto mobile.
Ne Il Ragazzo con la Bicicletta i due registi fanno esattamente
quello che è tipico di loro: riescono a raccontare una storia
drammatica, struggente, in maniera molto delicata, mostrando per
quello che è la realtà le persone, i volti, su tutti quello del
giovane protagonista per la prima volta sul grande schermo,
Thomas Doret, che interpreta il piccolo Cyril
impersonandone perfettamente turbe e dolori inespressi.
Il ragazzo con la bicicletta, il
film
La sceneggiatura a tratti però
risulta forzata, interrompendo la fluidità del racconto e rivela
qualche crepa nella narrazione. Sicuramente le loro scelte
artistiche sono ragionate, ma i Dardenne dovrebbero aiutare di più
lo spettatore mostrando le ragioni dei personaggi, aiutandolo così
anche a seguire con più interesse la vicenda. Come accennato il
film resta fedelissimo all’impronta autoriale dei due, soprattutto
per quello che riguarda la dinamica padre/figlio, qui esplicata sul
doppio rapporto che intercorre tra Cyril e i due adulti che gli
ruotano intorno.
Molto vividi i colori che la bella
fotografia di Alain Marcoen ci regala,
permettendoci di seguire con piacere le lunghe corse di questo
ragazzino sempre in sella alla sua bicicletta, sempre di corsa
attraverso il piccolo mondo che ha intorno e sempre alla ricerca di
quell’amore dal quale scappa, ma che gratuitamente gli verrà
offerto. Interessante anche l’uso della musica, rarefatto ma
invasivo e fortemente evocativo in punti nevralgici del racconto, a
sottolineare l’emozione improvvisa, come una scarica elettrica che
colpendo nell’animo il protagonista, colpisce nei sensi anche lo
spettatore.
Occhi azzurri e broncio da eterno
ragazzino, Jake Gyllenhaal è entrato
nell’immaginario collettivo dando corpo a Donnie Darko, il
ragazzino un po’ asociale che tra disquisizioni pseudo dotte sul
sesso dei puffi e visioni inquietanti ha previsto la fine del mondo
nel 2001.
Dopo 10 anni di vita al cinema e
dopo aver interpretato numerosi personaggi importanti per la
filmografia mondiale a diversi livelli, Jake ritorna al cinema in
Source
Code, thriller fantascientifico magistralmente
diretto da Duncan Jones, lo stesso del
semisconosciuto e prodigioso Moon. In Source Code Jake mostra la sua padronanza
della scena, seppur claustrofobica, palesando agli occhi dello
spettatore che il ruolo del soldato è quello che gli si addice
maggiormente, infatti già Sam Mendes nel 2006 ne
aveva fatto un marines in Jarhead.
Una vita nel cinema: il nostro
giovane Jake nasce in una famiglia inserita nell’ambiente, padre,
Stephen Gyllenhaal, regista di origine svedese; madre, Naomi Foner,
sceneggiatrice ebraica e newyorkese; ha anche una sorella maggiore,
Maggie, splendida attrice cinematografica vista
accanto a lui in Donnie Darko, ma anche
in Secretary e soprattutto ne Il Cavaliere
Oscuro nei panni di Rachel, amica e amata di
Bruce Wayne/Batman. Non solo la famiglia ma anche la sua cerchia di
amici e (come spesso succede) amori gira intorno ad Hollywood:
fidanzato con Kirsten Dunst per due anni, poi con
Reese Witherspoon e per un po’ di tempo anche con
Taylor Swift; trai suoi migliori amici si contano
la bella e più volte compagna di set Anne
Hathaway, il compianto Heath Ledger,
anche lui collega nel discusso I Segreti di Brokeback
Mountain, ma anche il cigno Natalie
Portman e i componenti dei Maroon 5.
Il ragazzo che vide la fine del
mondo: Jake Gyllenhaal
Il giovane Jake
Gyllenhaal Inizia la sua carriera all’età di 5 anni
come protagonista nel video della canzone Lay It Down
della band rock Ratt, ma il suo vero debutto sul
grande schermo avviene nel 1991, all’età di 10 anni, nel film
Scappo dalla città – La vita, l’amore e le vacche di Ron
Underwood. Prima del diploma, l’unico film non diretto dal padre al
quale ha potuto partecipare è Josh and S.A.M., un film
d’avventura per bambini poco conosciuto. Dopo essersi diplomato
alla Harvard-Westlake High School di Los Angeles
nel 1998, si iscrive nel 2000 alla Columbia
University di New York per seguire un corso di Religioni
Orientali e Filosofia, ma dopo due anni abbandona gli studi per
concentrarsi sulla sua carriera d’attore.
Il primo ruolo da attore
protagonista ci sarà nel 1999 con il film Cielo d’ottobre
di Joe Johnston, nel quale interpreta la parte di
un figlio di minatori che, colpito dal lancio dello Sputnik, decide
di costruire un proprio razzo per lanciarlo nel cosmo. Il film
incassa 32 milioni di dollari e Jake riceve commenti molto positivi
dalla critica per la sua performance; il ragazzino dallo sguardo
imbambolato comincia a farsi notare e presto arriverà l’occasione
di una vita: Donnie Darko. La notorietà
internazionale e il plauso della critica arrivano infatti nel 2001
grazie al film cult di Richard Kelly. Presentato
al Sundance Film Festival il 19 gennaio del 2001, il film non
ottiene buoni incassi ma strega una solido gruppo d fan che ne
porteranno avanti il ‘mito’ e o faranno diventare un piccolo
cult. Elvis Mitcheel, giornalista del New York Times, dice:
«La performance di Gyllenhaal è particolarmente inquietante: è
probabilmente lontano solamente un paio di grandi ruoli dal
diventare una star».
Nello stesso anno incontra
Heath Ledger, con il quale partecipa al provino
per Moulin Rouge! di Baz Luhrmann. Come sappiamo
il ruolo fu poi affidato ad Ewan McGregor, ma
Heath e Jake divennero molto amici da allora, tanto che l’attore
prematuramente scomparso indicò proprio il nostro Jake quando si
trattò di scegliere un padrino per la sua primogenita
Matilda, nata dall’unione con Michelle
Williams. Dopo Donnie Darko partecipa a diversi
film più o meno indipendenti e recita accanto a Jared
Leto (attore e front man dei 30 Seconds to
Mars), Jennifer Aniston, Susan
Sarandon, Dustin Hoffman, oltre a
debuttare a teatro accanto a Hayden Christensen e
Anna Paquin in This Is Our Youth di
Kenneth Lonergan, che rimane in cartellone a
Londra per 8 settimane.
Nel 2004, arriva una grande
opportunità che purtroppo Jake non riesce a cogliere (non per suo
demerito). Infatti Tobey Maguire rimase
infortunato durante le riprese di Spider Man 2 e
Sam Raimi prende in considerazione Gyllenhaal come
sostituto di Tobey. Come sappiamo però Maguire si ristabilisce e
Jake può così partecipare al catastrofico The Day After
Tomorrow – L’alba del giorno dopo, del 2004, lavorando per
Roland Emmerich accanto a Emmy
Rossum e Dennis Quaid. Jake è Sam,
brillante studente in visita a New York per una competizione
insieme ad altri suoi compagni di scuola. In città, Sam rimarrà
prigioniero nella biblioteca attanagliato dal gelo di una
improvvisa, implacabile nuova Era Glaciale.
Ma il 2005 è l’anno del successo planetario:
il regista Ang Lee lo sceglie per interpretare
Jack Twist, mandriano che scopre l’amore in Ennis Del Mar,
interpretato dall’amico Heath Ledger. Il film è
I segreti di Brokeback Mountain e la performance dei due
attori protagonisti viene acclamata, forse anche per scongiurare
accuse varie di omofobia, all’unanimità da critica e pubblico: il
film ottiene, infatti, 71 premi e 52 nomination. Il Jack
interpretato da Jake è un uomo sensibile e innamorato, che non
accetta la ritrosia del suo compagno e vive una vita priva di
gioia, sempre in attesa che il suo Ennis faccia qualcosa per
potergli stare accanto. Per la sua interpretazione, Gyllenhaal
riceve numerosi riconoscimenti tra i quali un premio BAFTA, uno
Screen Actors Guild, in entrambi i casi nella categoria di “miglior
attore non protagonista” e un MTV Movie Award nella categoria
“miglior bacio” con il collega Heath Ledger.
Sempre nella categoria “Oscar al miglior attore non protagonista”
riceve una candidatura al Premio Oscar.
È in questo film che Jake incontra
anche Anne Hathaway, che interpreta Lureen
Newsome, ricca e un po’ rozza texana che sposerà Jack. La coppia
Gyllenhaal/Hathaway si è dimostrata vincente anche di recente al
cinema, con Amori e altri rimedi, firmata Edward
Zwick, dramma travestito da commedia, ridanciano e
scollacciato in cui i due giovani attori sono due amanti e fanno
bella mostra dei loro corpi belli e giovani. Lo stesso Zwick ha
sottolineato: “Eravamo tutti d’accordo nel dare autenticità a
questa relazione. Per quanto riguarda la mia esperienza, quando due
persone si mettono insieme trascorrono un sacco di tempo a letto.
Il letto diventa il loro mondo. Se Jake Gyllenhaal e Anne Hathaway
avessero tenuto le lenzuola fino al mento sarebbe stato
ridicolo”. Inoltre i due attori, amanti sul set, sono amici
‘di cucina’: sono soliti scambiarsi consigli e ricette culinarie; i
due si sono ritrovati a scambiarsi SMS per qualche consiglio
culinario, ma è soprattutto Jake – che è considerato un cuoco
provetto, ad Hollywood – ad aiutare la collega, che invece non è
particolarmente brava in questo campo. “Lei mi manda messaggi
quando ha dei dubbi in materia di cucina” – ha rivelato
Gyllenhaal – “L’altra sera Annie mi ha chiesto un consiglio su
come fare velocemente il pangrattato, e io le ho scritto tutte le
istruzioni, mettendoci 15-20 minuti. E lei mi ha risposto: “Ah sì,
ci pensato. Ma non funziona.”
Nel 2005, recita nella pellicola
del regista Sam Mendes sulla guerra del Golfo,
Jarhead, assieme al cognato Peter
Sarsgaard e in Proof – La prova di John
Madden, accanto a Gwyneth Paltrow e
Anthony Hopkins. Dopo una pausa di due anni,
David Fincher lo vuole sul set di Zodiac,
film che tratta dell’omonimo serial killer statunitense, mai
catturato. Gyllenhaal interpreta Robert Graysmith, vignettista
fanatico di parole crociate e rebus, che insieme all’ispettore
David Toschi (Mark Ruffalo) ed al giornalista
disfattista e alcolizzato Paul Avery (Robert Downey
Jr.) proveranno a dare la caccia al serial killer Zodiac.
Il ritmo dilatato del film di Fincher da ampio spazio alla prova
attoriale di Jake che si mostra all’altezza del regista e dei suoi
illustri colleghi.
Sempre nel 2007 esce Rendition
– Detenzione illegale di Gavin Hood, accanto
a Reese Witherspoon, Meryl Streep e di nuovo
Peter Sarsgaard. Ma presta anche la voce al
cortometraggio d’animazione The Man Who Walked Between the
Towers di Michael Sporn, in cui commenta
l’impresa dell’acrobata francese Philippe Petit che, il 7 agosto
1974, camminò su una fune da una Torre Gemella all’altra, venendo
poi “condannato” ad esibirsi al Central Park davanti ad un pubblico
di bambini. La stessa storia viene raccontata nel bellissimo
documentario premio Oscar Man on Wire, presentato in
anteprima mondiale al Festival di Roma del 2008.
Dal 6 luglio 2006 è tra i 120 nuovi
invitati a far parte della Academy, con diritto di voto per le
assegnazioni degli Oscar. La sua nomina, come le altre, è stata
ufficializzata il 20 settembre 2006 nel corso di una cerimonia
tenutasi al Fairbanks Center for Motion Picture Study di Beverly
Hills. Considerato un sex symbol nel mondo dello spettacolo, nel
2006 viene confermata la sua posizione dalla rivista People che lo
piazza nella classifica “50 Most Beautiful People” e in quella di
“Hottest Bachelors of 2006”, ma Jake in realtà si contraddistingue
proprio per la differenza tra la sua prestanza fisica, che si nota
soprattutto in Prince of Persia del 2008, e il suo viso, da eterno
ragazzo.
Del 2008 sono Brothers,
film di Jim Sheridan, con l’amica Natalie
Portman e l’ex ‘rivale’ Tobey Maguire, e
Prince of Persia: Le sabbie del Tempo, film tratto
dell’omonimo videogioco, in cui Gyllenhaal interpreta il principe
Dastan, accanto a Gemma Artenton. Per questo ruolo
Jake si è dovuto allenare molto, costruendosi una fisicità che
prima non aveva affatto in modo da poter fare il più possibile a
meno di controfigura e stun. Il 4 febbraio 2011 esce in Italia
Amore & altri rimedi, di cui abbiamo già parlato e per la
quale Jake ha ricevuto una candidatura ai Golden Globes.
E’ attualmente in fase di post
produzione Nailed, commedia romantica che vede Jake
Gyllenhaal recitare accanto di Jessica Biel e
James Marsden. Nel film una giovane cameriera di
una piccola città, in seguito ad un incidente, subisce sbalzi di
comportamento. A Washington un giovane senatore la prende sotto la
sua ala protettrice, ma l’amore ci metterà lo zampino. Alla regia
il ritrovato David O. Russel reduce dal successo
del suo The Fighter. Source Code, nelle sale
italiane dal 29 aprile, aprirà il prossimo Southwest Film
Festival.
Molto legato alla sua famiglia, ha
più volte dichiarato di essere di fede ebraica, religione
professata dalla madre e, all’età di 13 anni, ha celebrato il suo
Bar mitzvah. Jake Gyllenhaal, come gli altri membri della sua
famiglia, è impegnato in numerosi progetti che promuovono la
cultura, l’educazione, i diritti umani, la non-violenza e la difesa
dell’ambiente. È sostenitore dell’ACLU (Unione Americana per le
Libertà Civili), dell’associazione Not in Our Name che promuove un
patriottismo pacifico, e del College Summit, un’organizzazione
no-profit che aiuta, anche economicamente, l’ingresso al college
degli studenti poco abbienti. Nel 2004 ha partecipato alla campagna
elettorale di John Kerry, candidato democratico alla presidenza
USA. In occasione della 78ª Notte degli Oscar, si è recato al Kodak
Theater di Los Angeles su una macchina che produce l’80% in meno di
emissioni inquinanti, aderendo con vari altri candidati e
presentatori all’iniziativa Red Carpet, Green Cars.
L’attore, inoltre, sostiene le attività della CarbonNeutral Company
in difesa dell’ambiente, e nel 2010 è entrato a far parte della
campagna Stand Up To Cancer insieme ad altre star di Hollywood.
CURIOSITA’
Madrina di Jake è l’attrice Jamie
Lee Curtis, mentre il suo padrino è Paul Newman. Il fascinoso
attore dagli occhi di ghiaccio, che è un grande appassionato di
motori, ha dato a Jake le prime lezioni di guida.
Jake Gyllenhaal ha rivelato che
suo cognato Peter Sarsgaard gli ha fatto conoscere la comodità di
correre a piedi nudi, o quasi. Jake infatti ha detto che non
indossa normali scarpe da ginnastica, perchè le trova scomode, e
preferisce quelle con una suola molto sottile, che gli garantiscono
comodità e al tempo stesso gli impediscono di farsi male quando
corre in città.
Il buio oltre la siepe è il libro
preferito di Jake Gyllenhaal, tanto che l’attore ha chiamato i suoi
due cani Boo e Atticus, come due personaggi principali del romanzo
di Harper Lee.
Uno dei docenti di Jake Gyllenhaal
ai tempi in cui frequentava la Columbia University, era Robert
Thurman, padre di Uma Thurman.
Jake è inoltre discendente di
Johan Abraham Gyllenhaal, geologo e mineralogista, uno dei membri
della famiglia nobile svedese dei Gyllenhaal. Il cognome
Gyllenhaal, in svedese, potrebbe significare “salone d’oro”.
Il mito di
Excalibur ha dato vita a una filmografia
incredibile, nel corso degli anni, dal classico d’animazione
La spada nella roccia, a film e serie tv sulle
leggende di Merlino e Artù, fino anche alla parodia all’italiana
con Superfantozzi, e con Il Ragazzo che diventerà
Re, il mito si fonde con il cinema d’avventura e regala al
giovane pubblico una nuova versione dei fatti.
Il film racconta di Alex, nuovo
Artù, che si trova ad affrontare il male incarnato dalla strega
Morgana, affiancato dai suoi cavalieri e da una stramba versione di
Merlino. Un racconto ingenuo e tutto in superficie, senza
sottotesti ma forse un invito a permettere ai più giovani di
godersi la storia, l’avventura, con toni giocosi e con ottime scene
d’azione.
Joe Cornish,
autore della regia e della sceneggiatura, smaschera da subito la
sua intenzione: il prologo in animazione, recitato in rima in voice
over ricorda le pagine dei grossi toni intarsiati che aprivano
alcune delle fiabe Disney più famose (La spada nella
roccia e La bella addormentata, per
esempio). Il regista ci indica da subito il pubblico di
destinazione del film.
Oltre alla mitologia che ne
fornisce il contenuto, Il Ragazzo che diventerà Re
deve il suo tono e il suo stile a quel filone di cinema per ragazzi
fiorito negli anni ’80 e che è stato un po’ abbandonato di recente.
Quel cinema si avvaleva di giovanissimi protagonisti e storie
avventurose e si faceva portatore di valori quali l’amicizia e il
coraggio, tutto declinato in chiave umoristica.
In questo senso, il film si fa
perfetto erede di titoli come Stand By Me o
I Goonies, e, seppure non si tratta di un prodotto
memorabile, riesce comunque a porsi con grazia di fronte al suo
pubblico. Per Cornish i giovani sono il futuro, giovani che devono
ereditare un mondo distrutto e rimetterlo in piedi usando le
proprie forze e il proprio animo puro. Come fa Alex nel film e come
dovranno fare i giovani del nostro mondo, ai quali la generazione
dei padri lo ha consegnato inquinato, diviso, arrabbiato.
Che siano i valori della cavalleria
a guidare le gesta di chi ci governerà domani? In maniera schietta
e onesta, Joe Cornish sembra augurarsi proprio
questo.
È stato diffuso un nuovo spot tv de
Il ragazzo che diventerà re, il nuovo film per ragazzi che
segna il ritorno dietro la macchina da presa di Joe
Cornish (regista di Attack the Block e
sceneggiatore di Ant-Man).
Ecco il nuovo spot ricco
d’azione:
https://www.youtube.com/watch?v=sMQ3RbYbp-4
Nel cast del film ci sono:
Louis Ashbourne Serkis, Rebecca Ferguson, Tom Taylor,
Patrick Stewart.
Il ragazzo che diventerà
re, il film diretto da Joe Cornish, vede
protagonista il giovane Alex (Louis Ashbourne Serkis), uno studente
inglese di 12 anni che scopre la mitica spada di Excalibur. Da quel
momento la sua vita cambia per sempre: i problemi di ogni giorno
diventano insignificanti. Con la più potente spada nella storia
nelle sue mani, Alex diventa il protagonista di un’epica avventura
in compagnia dei suoi amici costretti a fare i conti con Morgana
(Rebecca Ferguson), decisa a distruggere il mondo.
In questa moderna versione della
leggenda di Re Artù, a interpretare il mago Merlino è Patrick
Stewart.
Is it the future or is
it the past? Con David Lynch non ne siamo mai
certi: i bordi si sfumano, le maglie si allargano, lo spaziotempo e
ogni sua logica esplodono in un Big Bang di intuizioni e
suggestioni. Raccontare tale caos primigenio come se fosse un sogno
è l’obiettivo di questa disamina del terzo capitolo dell’iconico
Twin Peaks, una lettura metaforica che ne esplora
il simbolismo con l’ausilio della critica cinematografica e della
filosofia, della religione e della psicologia. Provando a fare
ordine, a comprenderlo quanto più possibile senza
annullarne del tutto il
mistero. Perché forse è proprio lì, nella sua perturbante
indeterminatezza, che si annida il fascino visionario del regista
di Missoula.
BIOGRAFIA.Ilaria Mainardi risiede a
Pisa, sua città d’origine. Qui ha visto maturare l’amore per il
cinema, scrutato col rispetto e la sospensione incredula che si
deve a ciò che è al tempo stesso familiare e misterioso. Con Les
Flâneurs Edizioni ha pubblicato il romanzo La quarta dimensione
del tempo (2020). Collabora con il sito di critica
cinematografica www.spietati.it.
E’ ormai uscito da due settimane il
film Il Racconto dei Racconto di
Matteo Garrone e nonostante sia uscito senza premi
da Cannes 2015, oggi vi sveliamo le favolose foto
del dietro le quinte del film:
Ambientato in diverse regioni d’Italia, tra paesaggi
misteriosi e luoghi tuttora segreti, il film – girato in inglese –
si avvale di un cast internazionale: SALMA
HAYEK, VINCENT CASSEL, TOBY
JONES e JOHN C. REILLY, con SHIRLEY
HENDERSON, HAYLEY CARMICHAEL, BEBE
CAVE, STACY MARTIN, CHRISTIAN
LEES, JONAH LEES, GUILLAUME DELAUNAY,
con la partecipazione di ALBA
ROHRWACHER e MASSIMO CECCHERINI.
«Ho scelto di avvicinarmi al
mondo di Basile – spiega Garrone – perché ho
ritrovato nelle sue fiabe quella commistione fra reale e fantastico
che ha sempre caratterizzato la mia ricerca artistica. Le storie
raccontate ne “Il racconto dei
racconti” descrivono un mondo in cui sono riassunti gli
opposti della vita: l’ordinario e lo straordinario, il magico e il
quotidiano, il regale e lo scurrile, il terribile e il
soave».
La sceneggiatura del film è firmata
dallo stesso MATTEO GARRONE con EDOARDO
ALBINATI, UGO CHITI e MASSIMO
GAUDIOSO; la fotografia è di PETER SUSCHITZKY,
storico collaboratore di David Cronenberg, le musiche del premio
Oscar ALEXANDRE DESPLAT (alla sua seconda
collaborazione con Garrone dopo Reality), il montaggio
di MARCO SPOLETINI, le scenografie di DIMITRI
CAPUANI e i costumi di MASSIMO CANTINI
PARRINI.
IL RACCONTO DEI
RACCONTI è prodotto da MATTEO
GARRONE, JEREMY
THOMAS, JEAN e ANNE-LAURE LABADIE: una
co-produzione ARCHIMEDE e LE PACTE,
con RAI CINEMA, e con RECORDED PICTURES,
con il sostegno del MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ
CULTURALI E DEL TURISMO – DIREZIONE GENERALE CINEMA e
di EURIMAGES, APULIA FILM
COMMISSION e REGIONE LAZIO – FONDO REGIONALE PER
L’AUDIOVISIVO, in associazione con, ai sensi delle norme sul
tax credit, GAMENET, BANCA POPOLARE DI VICENZA,
MORATO PANE, AMER, GRUPPO BARLETTA, CINEFINANCE. Executive
Producers: ALESSIO LAZZARESCHI, PETER
WATSON, NICKI HATTINGH,ANNE
SHEEHAN, SHERYL CROWN.
Guarda il Trailer ufficiale del film in concorso al
Festival
di Cannes 2015, Il racconto dei
racconti di Matteo Garrone.
Ambientato in diverse
regioni d’Italia, tra paesaggi misteriosi e luoghi tuttora segreti,
il film – girato in inglese – si avvale di un cast
internazionale: SALMA HAYEK, VINCENT
CASSEL, TOBY JONES e JOHN C.
REILLY, con SHIRLEY HENDERSON, HAYLEY
CARMICHAEL, BEBE CAVE, STACY
MARTIN, CHRISTIAN LEES, JONAH
LEES, GUILLAUME DELAUNAY, con la partecipazione
di ALBA ROHRWACHER e MASSIMO
CECCHERINI.
«Ho scelto di avvicinarmi al
mondo di Basile – spiega Garrone – perché ho
ritrovato nelle sue fiabe quella commistione fra reale e fantastico
che ha sempre caratterizzato la mia ricerca artistica. Le storie
raccontate ne “Il racconto dei
racconti” descrivono un mondo in cui sono riassunti gli
opposti della vita: l’ordinario e lo straordinario, il magico e il
quotidiano, il regale e lo scurrile, il terribile e il
soave».
La sceneggiatura del film è firmata
dallo stesso MATTEO GARRONE con EDOARDO
ALBINATI, UGO CHITI e MASSIMO
GAUDIOSO; la fotografia è di PETER SUSCHITZKY,
storico collaboratore di David Cronenberg, le musiche del premio
Oscar ALEXANDRE DESPLAT (alla sua seconda
collaborazione con Garrone dopo Reality), il montaggio
di MARCO SPOLETINI, le scenografie di DIMITRI
CAPUANI e i costumi di MASSIMO CANTINI
PARRINI.
IL RACCONTO DEI
RACCONTI è prodotto da MATTEO
GARRONE, JEREMY
THOMAS, JEAN e ANNE-LAURE LABADIE: una
co-produzione ARCHIMEDE e LE PACTE,
con RAI CINEMA, e con RECORDED PICTURES,
con il sostegno del MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ
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L’AUDIOVISIVO, in associazione con, ai sensi delle norme sul
tax credit, GAMENET, BANCA POPOLARE DI VICENZA,
MORATO PANE, AMER, GRUPPO BARLETTA, CINEFINANCE. Executive
Producers: ALESSIO LAZZARESCHI, PETER
WATSON, NICKI HATTINGH,ANNE
SHEEHAN, SHERYL CROWN.
La fiaba per bambini che incontra
il racconto macabro e grottesco per gli adulti e si trasforma in
immagini piene di colore e di luce. Il racconto dei
racconti di Matteo Garrone porta sul
grande schermo una fiaba antica, nata nella letteratura del ‘600
napoletano e approdata poi, in innumerevoli variazioni, nei
racconti di tutto il mondo.
Tre storie si dipanano in
Il racconto dei racconti, toccandosi
senza intrecciarsi: la prima racconta di una regina che non riesce
ad avere un figlio; la seconda di un re, che non ha occhi che per
sua figlia, fino a che non adotta una pulce come fosse un animale
domestico; la terza storia racconta un re che viene travolto dal
desiderio nei confronti di una donna della quale ha sentito solo la
voce.
Scegliendo un linguaggio che gli
appartiene ma spersonalizzando il suo caratteristico stile di
ripresa, Matteo Garrone arriva finalmente al
genere che aveva corteggiato dagli inizi della sua carriera, il
fantasy puro. In questo film si esplicita infatti la sua vena,
sempre accennata, tipicamente fantastica, con tanto di mostri,
castelli, magia e incantesimi.
In un tempo sospeso e in un luogo
incantato, che non è altri che il magnifico che esiste davvero in
Italia, Garrone riesce a trasportare lo spettatore in un mondo
parallelo, in cui, attraverso un linguaggio a cui il moderno non è
più abituato, i desideri viscerali si palesano in mille aspetti
dello stesso profondo impulso primordiale, il desiderio.
La trasformazione, il mostruoso,
che spesso abbiamo visto nei film del regista romano, passano tutti
attraverso il corpo umano, ma soprattutto attraverso un grande
senso della vita, dell’impulso alla sopravvivenza e alla
realizzazione del proprio essere. Il comparto tecnico è senza
dubbio fondamentale per la realizzazione dell’atmosfera fiabesca
del film, con una quantità massiccia di riferimenti pittorici, cari
alla formazione di Matteo.
Il racconto dei
racconti mostra tuttavia i suoi limiti in un
adattamento dall’originale che pur affascinando non riesce a dare
una mano uniforme a tutta la storia, peccando di inadeguatezza
forse proprio perchè di fronte a un testo di partenza, quello di
Basile, che presenta complessità e riferimenti fuori dalla portata
del nostro tempo.
Dettagli a parte, Garrone dimostra
di essere un grande direttore d’orchestra, che alla sua prima prova
generale non sbaglia intonazione, pur non lasciandosi andare a
troppo virtuosismi. Il racconto dei
racconti è un lavoro prezioso, tanto più valido
perché realizzato nel nostro paese e forse in grado di riportare al
cinema un pubblico più bendisposto nei confronti dell’Italia
cinematografica.
Tra draghi marini, mostri e orchi,
lo spettatore si lascia trasportare in un mondo sconosciuto e
nuovo, che facendo leva sulle passioni comuni al genere umano,
rappresenta per tutti una specie di piccolo ritorno a casa,
all’infanzia, a quel tempo in cui i mostri e la magia esistevano
davvero.
Ecco il poster de
Il racconto dei racconti, il nuovo film
diretto da Matteo Garrone e che sarà in concorso
al prossimo Festival
di Cannes.
Ambientato in diverse
regioni d’Italia, tra paesaggi misteriosi e luoghi tuttora segreti,
il film – girato in inglese – si avvale di un cast
internazionale: SALMA HAYEK, VINCENT
CASSEL, TOBY JONES e JOHN C.
REILLY, con SHIRLEY HENDERSON, HAYLEY
CARMICHAEL, BEBE CAVE, STACY
MARTIN, CHRISTIAN LEES, JONAH
LEES, GUILLAUME DELAUNAY, con la partecipazione
di ALBA ROHRWACHER e MASSIMO
CECCHERINI.
«Ho scelto di avvicinarmi al
mondo di Basile – spiega Garrone – perché ho
ritrovato nelle sue fiabe quella commistione fra reale e fantastico
che ha sempre caratterizzato la mia ricerca artistica. Le storie
raccontate ne “Il racconto dei
racconti” descrivono un mondo in cui sono riassunti gli
opposti della vita: l’ordinario e lo straordinario, il magico e il
quotidiano, il regale e lo scurrile, il terribile e il
soave».
La sceneggiatura del film è firmata
dallo stesso MATTEO GARRONE con EDOARDO
ALBINATI, UGO CHITI e MASSIMO
GAUDIOSO; la fotografia è di PETER SUSCHITZKY,
storico collaboratore di David Cronenberg, le musiche del premio
Oscar ALEXANDRE DESPLAT (alla sua seconda
collaborazione con Garrone dopo Reality), il montaggio
di MARCO SPOLETINI, le scenografie di DIMITRI
CAPUANI e i costumi di MASSIMO CANTINI
PARRINI.
IL RACCONTO DEI RACCONTI è
prodotto da MATTEO GARRONE, JEREMY
THOMAS, JEAN e ANNE-LAURE LABADIE: una
co-produzione ARCHIMEDE e LE PACTE,
con RAI CINEMA, e con RECORDED PICTURES,
con il sostegno del MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ
CULTURALI E DEL TURISMO – DIREZIONE GENERALE CINEMA e
di EURIMAGES, APULIA FILM
COMMISSION e REGIONE LAZIO – FONDO REGIONALE PER
L’AUDIOVISIVO, in associazione con, ai sensi delle norme sul
tax credit, GAMENET, BANCA POPOLARE DI VICENZA,
MORATO PANE, AMER, GRUPPO BARLETTA, CINEFINANCE. Executive
Producers: ALESSIO LAZZARESCHI, PETER
WATSON, NICKI HATTINGH,ANNE
SHEEHAN, SHERYL CROWN.
E dopo aver visto le prime immagini diYouth – La
giovinezzadiPaolo
Sorrentino ora tocca a un altro attesissimo film di
uno dei più grandi registi italiani: Matteo
Garrone. Infatti in un servizio andato in onda durante il
TG1 abbiamo potuto vedere le primissime esclusive immagini di
Il Racconto dei Racconti, il suo nuovo
film in uscita il 14 maggio che verrà presentato presumibilmente al
Festival
di Cannes che ha sempre avuto per il regista
un’attenzione particolare infatti con
Gomorra e
RealityGarrone ha vinto
due volte il Gran Premio della Giuria.
Scritto da Garrone
con Edoardo Albinati, Ugo Chiti e
Massimo Gaudioso, Il Racconto dei
Racconti, liberamente tratto dalla raccolta di fiabe
di Giambattista Basile intitolata Lo
Cunto de li cunti pubblicata a Napoli tra il 1634 e
il 1636, sarà distribuito da 01 Distribution e vanterà nel cast
star internazionali del calibro di Salma
Hayek, Vincent Cassel, Toby
Jones, John C. Reill, oltre alla
partecipazione di Alba Rohrwacher e altri attori
italiani. La colonna sonora è firmata dal premio Oscar
Alexandre Desplat.
Un vero e proprio trailer uscirà
nelle prossime ore, ma se proprio non riuscite ad attendere, e vi
capiamo, potete cliccare QUI per
visionare il servizio del TG1. Buona visione.
Ecco le clip in italiano tratte da
Il racconto dei racconti, il film di
Matteo Garrone in concorso al Festival
di Cannes con protagonisti Salma Hayek, Vincent
Cassel e Toby Jones.
Ambientato in diverse
regioni d’Italia, tra paesaggi misteriosi e luoghi tuttora segreti,
il film – girato in inglese – si avvale di un cast
internazionale: SALMA HAYEK, VINCENT
CASSEL, TOBY JONES e JOHN C.
REILLY, con SHIRLEY HENDERSON, HAYLEY
CARMICHAEL, BEBE CAVE, STACY
MARTIN, CHRISTIAN LEES, JONAH
LEES, GUILLAUME DELAUNAY, con la partecipazione
di ALBA ROHRWACHER e MASSIMO
CECCHERINI.
«Ho scelto di avvicinarmi al
mondo di Basile – spiega Garrone – perché ho
ritrovato nelle sue fiabe quella commistione fra reale e fantastico
che ha sempre caratterizzato la mia ricerca artistica. Le storie
raccontate ne “Il racconto dei
racconti” descrivono un mondo in cui sono riassunti gli
opposti della vita: l’ordinario e lo straordinario, il magico e il
quotidiano, il regale e lo scurrile, il terribile e il
soave».
Stacy Martin
La sceneggiatura del film è firmata
dallo stesso MATTEO GARRONE con EDOARDO
ALBINATI, UGO CHITI e MASSIMO
GAUDIOSO; la fotografia è di PETER SUSCHITZKY,
storico collaboratore di David Cronenberg, le musiche del premio
Oscar ALEXANDRE DESPLAT (alla sua seconda
collaborazione con Garrone dopo Reality), il montaggio
di MARCO SPOLETINI, le scenografie di DIMITRI
CAPUANI e i costumi di MASSIMO CANTINI
PARRINI.
Il racconto dei racconti – Salma Hayek e John C.
Reilly
IL RACCONTO DEI RACCONTI è
prodotto da MATTEO GARRONE, JEREMY
THOMAS, JEAN e ANNE-LAURE LABADIE: una
co-produzione ARCHIMEDE e LE PACTE,
con RAI CINEMA, e con RECORDED PICTURES,
con il sostegno del MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ
CULTURALI E DEL TURISMO – DIREZIONE GENERALE CINEMA e
di EURIMAGES, APULIA FILM
COMMISSION e REGIONE LAZIO – FONDO REGIONALE PER
L’AUDIOVISIVO, in associazione con, ai sensi delle norme sul
tax credit, GAMENET, BANCA POPOLARE DI VICENZA,
MORATO PANE, AMER, GRUPPO BARLETTA, CINEFINANCE. Executive
Producers: ALESSIO LAZZARESCHI, PETER
WATSON, NICKI HATTINGH,ANNE
SHEEHAN, SHERYL CROWN.
Mentre cresce l’attesa per il
debutto al Festival
di Cannes 2015, oggi arrivano nuove spettacolari
foto de Il racconto dei racconti, il nuovo film di
Matteo Garrone:
Ambientato in diverse
regioni d’Italia, tra paesaggi misteriosi e luoghi tuttora segreti,
il film – girato in inglese – si avvale di un cast
internazionale: SALMA HAYEK, VINCENT
CASSEL, TOBY JONES e JOHN C.
REILLY, con SHIRLEY HENDERSON, HAYLEY
CARMICHAEL, BEBE CAVE, STACY
MARTIN, CHRISTIAN LEES, JONAH
LEES, GUILLAUME DELAUNAY, con la partecipazione
di ALBA ROHRWACHER e MASSIMO
CECCHERINI.
«Ho scelto di avvicinarmi al
mondo di Basile – spiega Garrone – perché ho
ritrovato nelle sue fiabe quella commistione fra reale e fantastico
che ha sempre caratterizzato la mia ricerca artistica. Le storie
raccontate ne “Il racconto dei
racconti” descrivono un mondo in cui sono riassunti gli
opposti della vita: l’ordinario e lo straordinario, il magico e il
quotidiano, il regale e lo scurrile, il terribile e il
soave».
La sceneggiatura del film è firmata
dallo stesso MATTEO GARRONE con EDOARDO
ALBINATI, UGO CHITI e MASSIMO
GAUDIOSO; la fotografia è di PETER SUSCHITZKY,
storico collaboratore di David Cronenberg, le musiche del premio
Oscar ALEXANDRE DESPLAT (alla sua seconda
collaborazione con Garrone dopo Reality), il montaggio
di MARCO SPOLETINI, le scenografie di DIMITRI
CAPUANI e i costumi di MASSIMO CANTINI
PARRINI.
IL RACCONTO DEI
RACCONTI è prodotto da MATTEO
GARRONE, JEREMY
THOMAS, JEAN e ANNE-LAURE LABADIE: una
co-produzione ARCHIMEDE e LE PACTE,
con RAI CINEMA, e con RECORDED PICTURES,
con il sostegno del MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ
CULTURALI E DEL TURISMO – DIREZIONE GENERALE CINEMA e
di EURIMAGES, APULIA FILM
COMMISSION e REGIONE LAZIO – FONDO REGIONALE PER
L’AUDIOVISIVO, in associazione con, ai sensi delle norme sul
tax credit, GAMENET, BANCA POPOLARE DI VICENZA,
MORATO PANE, AMER, GRUPPO BARLETTA, CINEFINANCE. Executive
Producers: ALESSIO LAZZARESCHI, PETER
WATSON, NICKI HATTINGH,ANNE
SHEEHAN, SHERYL CROWN.
Il nuovo film di Matteo
Garrone, Il Racconto dei
Racconti è ancora in programmazione nelle sale
d’Italia e oggi ne parliamo con Leonardo Cruciano,
supervisor SFX del film e co-fondatore
di Makinarium (società che ha curato gli
effetti del film) e ad Angelo Poggi, Business
Development Manager
di Makinarium.
Come sei arrivato fino a
Garrone, o come lui è arrivato fino a te?
L.C.:Ho
conosciuto Matteo Garrone ai tempi di Reality: allora avevamo
realizzato qualche piccolo effetto per il film ma, istintivamente,
abbiamo subito instaurato un rapporto creativo molto stimolante.
Garrone, oltre a essere un regista già affermato, è anche stato un
pittore, cosa che traspare in ogni suo film; io invece, oltre che
artigiano degli effetti speciali, porto avanti le mie ricerche da
illustratore. E così, tra disegni e racconti, abbiamo iniziato un
bel dialogo. Da subito ci siamo accorti di avere caratteri
diversissimi, ma l’empatia creatasi, la sincronia, ci hanno portato
a condividere delle visioni.
Qual è stato il processo
per la creazione delle creature?
L.C.: Garrone
aveva in mente di realizzare esplicitamente una favola, in tutta la
sua essenza di racconto primordiale; anche negli altri suoi film ne
esistevano le componenti, ma questa volta, anche visivamente, la
pittoricità di un mondo magico di castelli e creature doveva andare
in scena con tutto lo sporco, la matericità, la carne del “vero”.
Così mi ha coinvolto al concept delle creature, poi alla loro messa
in scena; ho iniziato quindi a studiare come adattare le soluzioni
di effetti Speciali ed effetti Visivi alla narrazione e al suo
stile di regia, così unico, cercando di non penalizzarlo nel
compromesso con le loro dinamiche.
Oltre ai mostri veri e
propri, quale altro aspetto della realizzazione del film è stato
particolarmente interessante o difficile?
L.C.:La sfida
vera non è mai stata il drago, o la pulce, o le creature; che si
trattasse di paesaggi in matte painting o trucchi prostetici su
attori, avevamo una buona pianificazione per risolvere qualsiasi
problema, in un modo o nell’altro. Credo invece che la sfida sia
stata proprio mantenere la loro coerenza visiva senza che si
scollassero dal film.
Come si è sviluppata la
collaborazione con la CGI? Dove finisce il tuo lavoro e comincia il
loro?
L.C.:Abbiamo
messo su un sistema creativo basato sulla visione unitaria, una
factory integrata di effetti visivi e fisici: Special Make-up,
Props Making, Mechanical, Animatronics, 3D Set Scanning, Visual
Effects. Molti effetti erano piuttosto complicati data la delicata
cifra stilistica che dovevamo mantenere.
Secondo me l’unica maniera per
riuscirci era creare un gruppo unico, un’unica visione più vicina
possibile a quella del suo autore, Garrone, calibrando e variando
le soluzioni tecniche di Sfx e Vfx con il crescere del
progetto.
Il film di Garrone a oggi
rappresenta un unicum con un budget così alto. Che prospettive ci
sono per una replica dello stesso calibro in Italia?
A.P.:Le
prospettive non sono entusiasmanti, infatti stiamo guardando al
mercato internazionale. A Cannes abbiamo presentato la nostra
società alle maggiori case di produzione americane con risultati
molto incoraggianti e ci siamo posti come un gruppo che può anche
coprodurre, andare oltre il service, e gestire la produzione
esecutiva totale di progetti stranieri che ben si sposano con le
location italiane. L’obiettivo è diventare un riferimento
internazionale non solo per gli Stati Uniti ma anche per altri
mercati molto importanti come quello asiatico. Noi portiamo il
nostro stile autentico, la nostra visione originale dell’illusione
ottica e diamo la possibilità a ogni produzione di personalizzare
l’effetto visivo, dando così un’interpretazione e mood diverso per
ogni film, evitando quell’appiattimento sugli effetti visivi che si
è notato in questi ultimi anni, a parte qualche grande
progetto.
Che cosa bolle nei
pentoloni della tua officina? Cosa farai adesso?
L.C.:
Makinarium è coinvolta in diversi film, serie europee e
hollywoodiane, solo con uno o due reparti realizzativi per volta;
magari in uno siamo presenti solo con lo special make-up, in un
altro con il props making e in altri con il Vfx, come accade ora
per Ben Hur, Zoolander 2 e il nuovo film di Daniele
Luchetti.
A.P.Il nostro
programma prevede nei prossimi mesi l’ampliamento dell’organico di
Makinarium, lavorando a una maggiore strutturazione aziendale per
affrontare le sfide internazionali; il trasferimento nella nuova
sede dei Cinecittà Studios; l’esportazione del nostro brand e
modello di business (Formazione – Produzione – Innovazione),
fondato sull’altissima qualità artistica dei creativi italiani, nei
rigogliosi mercati asiatici e del middle east che, nonostante la
diffusa percezione di pessimismo che si vive nel nostro paese,
vedono l’Italia come un concentrato di eccellenze da cui apprendere
e imparare.
In
ESCLUSIVA Cinefilos.it ha intervistato
Bruno Albi Marini il supervisore degli effetti
visivi che ha reso possibile , insieme ad altre eccellenze
italiane, la realizzazione de Il Racconto dei
Racconti di Matteo Garrone, film in
concorso che durante la sua proiezione al Festival
di Cannes ha raccolto numerosi consensi tra critica
internazionale e pubblico.
Ha una lunghissima carriera
piena di titoli molto diversi tra loro, com’è stato l’approccio al
lavoro con Matteo Garrone e come, in base agli effetti, sono state
girate le scene?
Ho conosciuto Matteo
lavorando per il film Reality. Lavorare
con lui è una bella sfida per chi fa il nostro mestiere, perché è
un regista che della realtà ama le imperfezioni, le sporcature, le
casualità mentre il digitale nasce perfetto, pulito e preordinato.
Bisogna quindi abbandonare tutto quello che rappresenta il digitale
dichiarato e fine a se stesso e mettersi completamente al servizio
del film.
E’ vero che anche io, e mi rendo conto di quanto sia paradossale per un
supervisore vfx, ritengo che il digitale vada usato lo stretto
indispensabile, che sia talvolta “un male necessario” nel cinema, e
che non debba mai prevaricare in maniera prepotente le immagini, ma
la nostra formazione visiva resta comunque molto distante.
Mi piace comunque pensare che siano proprio le piccole differenze
fra i nostri mondi che ci hanno permesso di arricchirci
reciprocamente e di creare un risultato interessante e in qualche
maniera inedito.
Per quel che riguarda le scene del film direi che si possono
suddividere in due macroaree: le scene girate in location reali e
le scene girate interamente in teatro (Drago, Pipistrella e
Crepaccio Gravine).
Se da un certo punto di vista è vero che quelle girate in teatro
sono state le più complesse come post produzione, è anche vero che avevamo un
environment ideale con green a 360°. In esterni invece abbiamo
spesso faticato di più per allestire ed organizzare, tecnicamente parlando, la
scena sul set (green marker etc).
Effetti speciali e effetti
visivi sono due componenti diverse e importantissime di un film,
che spesso vengono confuse. Dov’è il confine tra il suo lavoro e
quello di Leonardo Cruciano che ha curato gli effetti speciali del
film?
E’ una
domanda a cui mi fa piacere rispondere perché spesso in Italia si
fa confusione fra le due categorie. Gli effetti speciali
sono effetti meccanici e prostetici realizzati direttamente
sul set per simulare tutto quello che non è riproducibile
utilizzando la realtà.
Gli effetti visivi, pur avendo lo stesso scopo, sono invece
realizzati in post produzione digitale mediante l’utilizzo del
computer. Uno dei grandi equivoci italiani è quello che
queste due tecniche siano un alternativa, mentre In realtà per un
risultato ottimale è necessario l’utilizzo di entrambe senza alcuna
prevaricazione dell’una sull’altra, anzi sfruttando i punti di
forza di entrambe.
La collaborazione fra me e Leonardo Cruciano (va
sottolineato che nel progetto in questione oltre ad aver curato gli
sfx è anche supervisore artistico ed ideatore di tutte le creature)
che va avanti ormai da molti anni, nasce proprio da questo
presupposto, ed è confluita, grazie anche a questo film, nella
creazione del gruppo Makinarium insieme a
Nicola Sganga (Vfx Supervisor) e ad
Angelo Poggi (Business
Development Manager).
Ma vorrei fare un
esempio pratico. La pulce gigante (che si vede anche nel Trailer) è
stata interamente realizzata come creatura fisica in dimensione
reale.
Al suo interno era presente una puppetteer (Antonia D’amore)
ed era anche animata mediante tecniche animatroniche. Alcuni
movimenti che però risultavano difficili da realizzare
meccanicamente (respiri rantoli etc.) sono stati successivamente
implementati in digitale, così come in post produzione abbiamo
lavorato anche sulla resa fotografica della pelle.
Lo scopo era quello di avere un risultato finale che fosse troppo
fisico per essere digitale e troppo complesso per essere meccanico
e di conseguenza riuscisse a spiazzare e meravigliare lo
spettatore.
Per chiudere l’argomento vorrei fare una battuta. Molti stanno
scrivendo che il film funziona bene perché c’è poco digitale mentre
in realtà noi sappiamo che ci sono circa 300 shot lavorati in vfx.
Questo al contempo per noi è il miglior complimento ed anche la più
grande condanna.
In sostanza quando fai questo mestiere la cosa migliore che ti
possa capitare è che nessuno si accorga di te. E’ per questo motivo
che ironicamente abbiamo ribattezzato il nostro gruppo di lavoro:
“Invisibili”.
Andiamo sullo specifico,
nella scena della grotta in cui Jonah è aggredito dal pipistrello,
quali sono state le sfide più difficili?
Le prime complessità che
ha presentato la scena sono state di tipo pratico. C’era uno
stuntman all’interno della creatura (David Ambrosi), la
visibilità sotto la maschera era ridotta, faceva un gran caldo e
gli spazi nella grotta erano molto stretti, quindi la recitazione è
stata estremamente complessa. In post produzione abbiamo
scurito molto l’ambientazione per rendere il look molto più
“caravaggesco” e la creatura più minacciosa. In alcune inquadrature
la creatura è stata sostituita in digitale oppure parzialmente
integrata, è stata anche modificata la struttura della grotta per
rendere più credibile il disagio del mostro nell’inseguimento.
Inoltre ci sono state da rimuovere le gambe dell’attore visto che
la creatura non aveva forma antropomorfa nella metà inferiore, e
sono stati aggiunti i bulbi oculari, poichè durante la post
produzione è emerso che la creatura non aveva abbastanza
espressività senza. Molto di questa scena si deve al lavoro di
Dennis Cabella e Marcello Ercole.
Discorso a parte va fatto per il finale della scena invece. Era una
situazione molto delicata e l’ho seguita personalmente in ogni sua
fase. Non voglio svelare troppo ma la sfida più grande è stata
trovare il giusto compromesso fra fisicità e pittoricità. In questo
senso importantissimi sono stati i confronti continui con il
regista grazie ai quali speriamo di essere riusciti a trovare la
giusta strada e di aver dato il giusto peso evocativo, magico e
pittorico a quel momento così importante nel film. Fondamentale in
questa fase è stato il lavoro di Gabriele Chiapponi che si è
occupato di tutte le simulazioni fisiche e particellari.
Per la scena del drago
all’inizio del film, le foto di scena ci hanno fatto supporre che
l’acqua sia stata realizzata in digitale. È corretto? Se sì, quanto
è stato difficile?
Comincerei dicendo che per questa scena
è stato fatto un mastodontico lavoro dal gruppo degli SFX della
Makinarium. E’ stato realizzato un drago animatronico lungo quasi
10 mt, perfettamente credibile e semovente.
Inizialmente si era pensato di realizzare l’intera scena in un
environment subacqueo. Le difficoltà ed i costi sul set sarebbero
però stati enormi
ed anche tecnicamente la realizzazione dell’animatronica del Drago
dovedo funzionare sott’acqua sarebbe stata ancor più complessa e
costosa. Inoltre avremmo avuto un controllo estetico molto minore
in fase di post produzione.
Abbiamo quindi deciso, daccordo con Nicola Sganga, di girare
l’intera scena in studio e di ricostruire successivamente
l’environment sottomarino.
Il look dela scena è cambiato molto dai primi concept. In principio
l’ambientazione doveva essere molto più nitida, descrittiva e
pittorica, ma successivamente ho sentito l’esigenza di proporre a
Matteo un look molto più torbido ed angosciante, dove lo spazio
diventava un concetto relativo e la solitudine e l’angoscia del re
venivano emotivamente sottolineate dalla scarsa visibilità. Il
Regista si è dimostrato entusiasta di questa scelta estetica e l’ha
sposata fino alla fine.
Ci siamo in un certo senso ispirati alla scena in cui i due gemelli
giocano sott’acqua nel lago (girata davvero in una piscina alle
terme) che appariva molto suggestiva.
Al di la di tutto questo in alcuni shot il drago è stato
completamente sostituito o parzialmente integrato (pinne, branchie) con un
modello 3D perché doveva svolgere azioni altrimenti impossibili con
l’animatronica. La cosa interessante di questo approccio è che il
Drago reale aiuta a rendere più credibile quello digitale e
viceversa.
Inoltre sono state inserite nuvole di sabbia digitale per dare la
sensazione di un fondo sabbioso che reagisse ai movimenti di attore
e creatura.
Importantissimo in questa scena l’apporto del gruppo di lavoro
costituito da Matteo Petricone e Claudia Coppa,
coadiuvati dal reparto 3D (Luigi Nappa, Alessandro
Contenta, Gian Paolo Fragale, Andrea
Salvatori)
Quindi rispondendo a proposito della difficoltà posso dire che il
lavoro di post produzione ha avuto un grado di difficoltà
elevatissimo a fronte di una notevole semplificazione delle cose
sul set.
Per la realizzazione dei
campi larghi, quanto c’è di reale, di green screen e di fondali
dipinti (se sono stati usati)?
Dividerei la lavorazione
sui fondali in tre aree principali.
– Ripulitura di location reali da contaminazioni moderne,
sostituzioni di cieli ed adattamento alle esigenze registiche
– Realizzazione da zero di fondali miscelando varie fotografie di
paesaggi,tecniche di 3D e compositing. In questa fase è stato
fondamentale il lavoro di Amedeo Califano coadiuvato dai
Matte Painte ArtistsTommaso Ragnisco e
Giorgio Iovino
– Discorso a parte farei per la scena del Crepaccio Gravine (quella
con l’orco sulla fune). Quella scena costituita da quasi 60
inquadrature è interamente girata in teatro con due piccoli speroni di roccia
e una corda. Tutto il resto del mondo è stato immaginato,
ricostruito ed allestito in digitale, sempre sfruttando però
immagini e fotografie reali, grazie anche al prezioso lavoro svolto
da Luca Bellano aiutato da Sara Ciceroni e Korinne
Cammarano. E’
stato un lavoro enorme. Li chiamavamo il Team Ninja ed è un nome
che si sono meritati davvero sul campo!
Qualcuno ha detto che per
quanto è fatto bene, il film sembra americano. Noi invece abbiamo
notato che il film ha una pasta vivida, carnale e realistica, molto
lontana dai prodotti patinati made in USA, e proprio per questo di
valore ancora maggiore. Un magnifico prodotto italiano, fatto in
Italia, che non imita l’estero, ma crea, strizzando l’occhio al
passato, il nuovo linguaggio della fiaba al cinema. Quanto è stato
importante per gli effetti visivi l’esigenza, espressa da Garrone
stesso in conferenza, di creare qualcosa di fantastico che
sfociasse nel reale?
E’ un osservazione
giustissima e sono contento di avere la possibilità di rispondere.
Non abbiamo mai preso come modello le megaproduzioni americane, e
non perché non volessimo metterci in competizione con loro o per
motivi di budget differenti, ma proprio perché il nostro
gusto estetico ed espressivo era differente.
I nostri modelli di riferimento sono stati alcuni film di Guillermo
Del Toro, alcuni aspetti della trilogia del Signore degli Anelli e,
come già osservato da Garrone, in parte Games of
Thrones.
Volevamo la pasta lo sporco e la fisicità del mondo reale ma non
volevamo, al contempo, rimanere schiacciati da questa scelta. Per
questo partendo dalla realtà ci siamo poi presi alcune licenze
estetiche. Lo scopo era insomma che ogni “quadro” fosse
interessante come immagine e contemporaneamente non troppo distante
dalla realtà.
Speriamo che il pubblico apprezzi e percepisca in maniera positiva
gli sforzi fatti in questa direzione.
A parte Matteo Garrone,
qual è il regista italiano a cui deve di più e con cui lavorerebbe
di nuovo volentieri? Ne vorrei citare due in
particolare. Il primo è
Stefano Bessoni, un creativo con la C
maiuscola che meriterebbe di trovare molto più spazio di quello che
gli conceda la macchina produttiva cinematografica italiana. Ho
lavorato con lui per “Imago
Mortis”, un progetto visivamente
interessantissimo, e successivamente per
“Krokodyle”. “Imago
Mortis” è stata fra l’altro la prima
occasione in cui ho conosciuto Leonardo Cruciano e
si potrebbe dire che il nostro sistema di lavorazione con effetti
integrati sia nato grazie a Bessoni.
L’altro è Renato De Maria. Ho lavorato
recentemente con lui all’interessantissimo e visionario “La Vita
Oscena”. Un regista di cui ricordo l’enorme entusiasmo, il gusto
artistico e il grande rispetto per la professionalità altrui.
Inoltre il suo film essendo un film molto surreale, mi ha permesso
per una volta di abbandonare i tecnicismi e di dedicarmi quasi
esclusivamente all’aspetto artistico. E’ stato un lavoro più simile
alla video-arte che non ai classici vfx per il cinema e,
personalmente, è stato anche per me un modo per avvicinarmi al
mondo artistico pop che ha portato in Italia mio zio,
l’indimenticato gallerista napoletano Lucio Amelio.
Permettetemi di chiudere citando le
restanti persone che hanno lavorato ai vfx ma che non sono riuscito
a citare nell’articolo in quanto non direttamente coinvolte nelle
scene prese in esame:Miriam Pavese, Giuseppe Motta,Rita Torchetti, Gianluca De
Pasquale,Ubaldo Boni, Alessandro Rullo, Davide Cutrone,Andrea Schiavone, Soryn Voicu. Ci tengo
molto a citarli tutti perché sono loro che hanno permesso con il
loro amore e la loro dedizione di realizzare questa piccola
impresa.
Il logo della Makinarium è una nave
volante con dei misteriosi ingranaggi al suo interno. Mi
piace pensare che ognuno di questi ragazzi sia stato uno di quegli
ingranaggi. Noi supervisori abbiamo indicato la rotta da seguire ma
se anche un singolo ingranaggio non avesse funzionato questo nave
non sarebbe arrivata a destinazione.
Mentre cresce l’attesa per la
proiezione ufficiale al Festiva di Cannes 2015 del
fantasy Il Racconto dei Racconti di
Matteo Garrone oggi vi segnaliamo i primi concept art del film,
realizzati da Leonardo Cruciano
e Makinarium.
Ambientato in diverse
regioni d’Italia, tra paesaggi misteriosi e luoghi tuttora segreti,
il film – girato in inglese – si avvale di un cast
internazionale: SALMA HAYEK, VINCENT
CASSEL, TOBY JONES e JOHN C.
REILLY, con SHIRLEY HENDERSON, HAYLEY
CARMICHAEL, BEBE CAVE, STACY
MARTIN, CHRISTIAN LEES, JONAH
LEES, GUILLAUME DELAUNAY, con la partecipazione
di ALBA ROHRWACHER e MASSIMO
CECCHERINI.
«Ho scelto di avvicinarmi al
mondo di Basile – spiega Garrone – perché ho
ritrovato nelle sue fiabe quella commistione fra reale e fantastico
che ha sempre caratterizzato la mia ricerca artistica. Le storie
raccontate ne “Il racconto dei
racconti” descrivono un mondo in cui sono riassunti gli
opposti della vita: l’ordinario e lo straordinario, il magico e il
quotidiano, il regale e lo scurrile, il terribile e il
soave».
La sceneggiatura del film è firmata
dallo stesso MATTEO GARRONE con EDOARDO
ALBINATI, UGO CHITI e MASSIMO
GAUDIOSO; la fotografia è di PETER SUSCHITZKY,
storico collaboratore di David Cronenberg, le musiche del premio
Oscar ALEXANDRE DESPLAT (alla sua seconda
collaborazione con Garrone dopo Reality), il montaggio
di MARCO SPOLETINI, le scenografie di DIMITRI
CAPUANI e i costumi di MASSIMO CANTINI
PARRINI.
IL RACCONTO DEI
RACCONTI è prodotto da MATTEO
GARRONE, JEREMY
THOMAS, JEAN e ANNE-LAURE LABADIE: una
co-produzione ARCHIMEDE e LE PACTE,
con RAI CINEMA, e con RECORDED PICTURES,
con il sostegno del MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ
CULTURALI E DEL TURISMO – DIREZIONE GENERALE CINEMA e
di EURIMAGES, APULIA FILM
COMMISSION e REGIONE LAZIO – FONDO REGIONALE PER
L’AUDIOVISIVO, in associazione con, ai sensi delle norme sul
tax credit, GAMENET, BANCA POPOLARE DI VICENZA,
MORATO PANE, AMER, GRUPPO BARLETTA, CINEFINANCE. Executive
Producers: ALESSIO LAZZARESCHI, PETER
WATSON, NICKI HATTINGH,ANNE
SHEEHAN, SHERYL CROWN.
Iniziano oggi le riprese di Il racconto dei
racconti (Tale of Tales), il nuovo film di Matteo
Garrone (due volte vincitore del Gran Prix a Cannes, nel
2008 perGomorra e nel 2011
per Reality). Il film è coprodotto da Archimede
s.r.l. e Le Pacte insieme a Jeremy Thomas
per Recorded Picture e con Rai
Cinema. Il
progetto ha ottenuto il sostegno del Ministero dei Beni e
delle Attività Culturali e del Turismo e
di Eurimages. HanWay Films si occuperà
delle vendite internazionali.
Girato
in lingua inglese, il film avrà per protagonisti star
internazionali del calibro di Salma Hayek, Vincent Cassel,
Toby Jones e John C. Reilly, insieme alla
partecipazione di Alba Rohrwacher e altri attori
italiani. Il direttore della fotografia è Peter
Suschitzky, considerato fra i più talentuosi del cinema
contemporaneo e storico collaboratore di David
Cronenberg. La colonna sonora sarà composta
da Alexandre Desplat, sei volte nominato all’Oscar,
alla sua seconda collaborazione con Garrone
dopo Reality. Le riprese, che dureranno circa quattro
mesi, interesseranno diverse regioni d’Italia, mostrando paesaggi
misteriosi e luoghi tuttora segreti, fra castelli, ville e giardini
ancora sconosciuti.
Il
soggetto del film è ispirato e liberamente tratto da Lo
Cunto de li cunti di Giambattista Basile, geniale
autore napoletano del XVII secolo le cui fiabe sono universalmente
riconosciute come antesignane di tutta la letteratura fiabesca dei
secoli successivi. Il progetto, al cui sviluppo ha partecipato lo
stesso Matteo Garrone, collaborando alla scrittura del soggetto e
della sceneggiatura insieme a Edoardo Albinati, Ugo Chiti e
Massimo Gaudioso, si propone come un grande affresco in chiave
fantastica del periodo barocco, raccontato attraverso le storie di
tre regni e dei loro rispettivi sovrani.
“Ho
scelto di avvicinarmi al mondo di Basile – afferma Garrone
– perché ho ritrovato nelle sue fiabe quella commistione
fra reale e fantastico che ha sempre caratterizzato la mia ricerca
artistica. Le storie raccontate ne Il racconto dei
racconti descrivono un mondo in cui sono riassunti gli
opposti della vita: l’ordinario e lo straordinario, il magico e il
quotidiano, il regale e lo scurrile, il terribile e il
soave”.
Il racconto dei racconti, che è stato
il primo film di Matteo Garrone girato in lingua inglese, si
divide in tre fiabe tratte dalla raccolta Lo cunto de li
cunti di Giambattista Basile, nota anche come
Pentamerone. Garrone è stato il primo, in Italia, a voler
adattare quest’opera, andando incontro a tutte le difficoltà del
caso, tra cui cercare di rendere moderne delle fiabe scritte nella
prima metà nel 1600 di carattere medievale.
Ecco dieci cose che, forse, non sapevate su Il racconto
dei racconti.
Il racconto dei racconti:
curiosità
1. Il racconto dei racconti ha ricreato un
quadro. Quando Viola, nella fiaba della Pulce, suona la
chitarra e canta una canzone, i suoi abiti, i capelli, la chitarra
e tutto quello che appare nella scena, ricorda un famoso dipinto di
Jan Vermeer,La suonatrice di
chitarra.
2. Il racconto dei racconti
doveva avere una scena più dinamica. La scena in cui il re
di Selvascura combatte con il drago marino, doveva essere molto più
dinamica, ma Matteo Garrone è dovuto ricorrere ad alcuni espedienti
(come il punto di vista del re) perché il drago si ruppe mentre lo
si stava mostrando al figlio di Garrone e ad alcuni suoi compagni
di scuola.
3. Il racconto dei racconti
è stato realizzato su alcuni film. Matteo Garrone ha
confessato che per realizzare Il racconto dei racconti, si è
ispirato alle estetiche del Casanova di Federico
Fellini, de L’Armata Brancaleone di Mario
Monicelli e di Uccellacci e Uccellini di
Pier Paolo Pasolini. Ma non solo: ha dichiarato di
essersi ispirato anche alla serie Il Trono di
Spade.
Il racconto dei racconti
libro
4. Il racconto dei racconti
è un adattamento. Il film di Matteo Garrone è un
adattamento cinematografico di Lo cunto de li cuntiovero lo trattenemiento de peccerille, una raccolta di 50
fiabe scritte da Giambattista Basile tra il 1634 e il 1636 a
Napoli. Su modello del Decameron di
Boccaccio, la fiabe vengono raccontate da 10
novellatrici nell’arco di 5 giorni. La cornica narrativa
costituisce il primo racconto e con l’ultimo si ritorna alla
vicenda principale. Da questa raccolta hanno attinto
Charles Perrault e i Fratelli
Grimm per fiabe come Il gatto con gli stivali,
Cenerentola o La bella addormentata nel bosco. I toni della raccolta
di Basile sono fiabeschi e popolari, con caratteristiche da novella
medievale, destinata ad un pubblico di adulti, data la complessità
delle tematiche.
Il racconto dei racconti:
locations
5. Il racconto dei racconti
è stato girato in Italia. Matteo Garrone, per girare Il
racconto dei racconti, ha deciso di girare il centro e il sud
Italia, alla ricerca di luoghi che potessero servire come sfondi
per il suo film fantastico, per dare un senso reale di magia e di
fascinazione, come se si fosse realmente dentro ad una fiaba.
Il castello di Donnafugata si trova in Sicilia, a
15 km da Ragusa: questo castello medioevale è in stile neogotico,
acquistato dal comune di Ragusa nel 1982, che si è occupato di
restaurare e aprire al pubblico. Quello di Donnafugata è il
castello della regina di Selvascura, contraddistinto dal labirinto
in pietra a secco, dove il personaggio di Salma
Hayek insegue il figlio Elias. Le Gole
dell’Alcantara, che si trovano nei pressi di Taormina,
fanno da cornice a John C. Reilly e al suo personaggio che va
alla ricerca del drago marino e del suo cuore che, cotto da una
vergine, può far restare incinta la moglie.
6. Il racconto dei racconti
si è sviluppato anche tra Lazio e Puglia. In alcune scene
realizzate con il re di Roccaforte, interpretato da
Vincent Cassel, è stata usata come location il
Bosco del Sasseto nell’alto Lazio, vicino ad
Acquapendente. Il bosco ha la particolarità di avere maestosi
alberi secolari, rami contorti, muschi e tutto quello che si possa
desiderare per ambientare una fiaba. In Puglia, invece, si sono
svolte le riprese della storia del Re di Altomonte. Per questa
fiaba è stato utilizzato il castello-fortezza ottagonale di
Castel del Monte, fatto costruire da Federico II.
Oltre a questo, si è usato come location anche il castello di
Gioia del Colle, situato in provincia di Bari. Ma
non è tutto: il castello di Sammezzato, vicino
Firenze, è stato usato per le scene in cui Cassel interpreta il re
di Roccaforte, mentre il paesino di Cave è stato
usato per fare da borgo alla due sorelle anziane che vogliono
tornare giovani.
Il racconto dei racconti:
significato
7. Il racconto dei racconti
è ricco di significati. Il colore rosso domina visivamente
tutte e tre le fiabe, dando rilievo, con forza, al sentimento della
passione e dell’ossessione. Adulti che non sanno mettere un freno
alle proprie ossessione, cercando di limitare le passioni delle
nuove generazioni. Ossessioni che si pagano a caro prezzo, trovando
la morte, abbandonando una figlia al proprio destino, tornando alla
paura di invecchiare. Ossessioni che, però, non riguardano solo il
momento del racconto ma che sono attuali, presenti nel qui ed ora,
scopi per i quali si sacrificherebbe qualsiasi cosa.
8. In Il racconto dei
racconti gli adulti sono deboli. Garrone mette in scena le
debolezze dell’animo umano; adulti, per i quali non esiste pietà né
moralità. Totalmente opposti ai loro figli, che colgono una
passione, affrontano coraggiosamente il mondo dei grandi facendo
valere le loro giuste ragioni e facendo apparire i grandi
grotteschi nella loro pomposità.
9. Il racconto dei racconti
racconta le ossessioni odierne. Le tematiche selezionate
da Garrone e successivamente elaborate, non fanno altro che
esplicitare una cerca modernità tematica: la paura di invecchiare,
di non procreare e di perdere il proprio figlio, la paura di
restare solo. Le fiabe costringono i personaggi a subire delle
metamorfosi non indifferenti, includendoli in un percorso di
crescita.
Il racconto dei racconti:
streaming
10. Il racconto dei
racconti è disponibile in streaming. Per chi volesse
rivedere il film di Matteo Garrone, è possibile guardarlo in
streaming sulla piattaforma Chili.
Arriva oggi, su Sky
Cinema, Il Racconto dei Racconti,
ultimo film di Matteo Garrone, vincitore di sei
David di Donatello,
tra cui miglior regia e, ovviamente per chi ha già avuto modo di
vedere il film, migliori effetti digitali. La magia e l’incanto dei
racconti del ‘600 di Giambattista Basile narrati
nel film sono state portate sul grande schermo da Makinarium,
la nuova frontiera italiana degli effetti
speciali. Abbiamo avuto modo di parlare con Leonardo
Cruciano, trai principali fautori di questa realtà
straordinaria, tutta italiana e protesa all’estero, per esportare
una visione, un lavoro artigianale e creativo unico nel suo genere.
Ecco cosa ci ha raccontato.
Riesci a definire in poche
parole l’immane lavoro svolto per Il Racconto dei
Racconti?
LC:“Per il
mio lavoro, Il Racconto dei Racconti è
un’opera molto significativa, mostra quello che è l’obiettivo di
Makinarioum perché combina la parte di design, progettazione,
pratica e digitale, e crea qualcosa che non esiste. Quel mondo che
vedete nel film è anche mio perché mostra qualcosa che ho
contribuito concretamente a creare”.
Gli effetti speciali e
visivi del film sono stati premiati con il David di
Donatello. Quanto e come cambia il lavoro dopo un premio così
prestigioso?
LC:“Non ho
mai pensato che un premio potesse valere qualcosa. Non credevo
potesse aiutare e ho sempre puntato tutto sul lavoro fatto bene,
sulla qualità del compito svolto giorno dopo giorno. Ora che però
ci sono cascato posso dire che è più bello. È il riconoscimento del
lavoro di 100 persone, di tutta la Makinarium, si
riconosce così la bontà di un lavoro anche a livello istituzionale.
Se continuiamo a dircelo solo tra noi che siamo bravi alla fine
conta poco ed è come se il mondo non ci capisse.”
Il film è uscito in USA il
22 aprile e arriverà anche nel Regno Unito il 17 giugno, oltre a
essere stato distribuito in Francia, Spagna, ma anche nel mercato
Asiatico e nel resto d’Europa. Cosa cambia da un punto di vista
professionale quando un lavoro del genere è visto così tanto in
così tanti Paesi?
LC:“Lavorativamente parlando il riscontro è stato immediato, la
ricaduta professionale istantanea. Il tam-tam mediatico, le
condivisioni sui social, tutto ha contribuito a far parlare di noi.
Ci hanno contattati produzioni europee, dalla Russia, ma anche
dall’Asia e dagli Stati Uniti. Si sono rivolti a noi per la ricerca
nel nostro lavoro, perché il risultato è qualcosa di mai visto,
molto distante dal lavori in CGI che siamo abituati a vedere e che
vengono dal mercato americano. La differenza si vede. Con il nostro
budget, che per noi è stato davvero importante, negli Usa fanno
B-Movie come Sharknado direttamente per l’home
video, per noi invece è stata un’operazione enorme, da
kolossal.”
Durante la promozione del
film, Garrone ha più volte ribadito la responsabilità che sentiva
dovendo gestire, per Il Racconto dei Racconti, un budget
per lui molto molto importante. Tu hai sentito la stessa
responsabilità?
LC:“Per
carattere non sento molto l’ansia. Quello che invece avverto come
pressione è l’esigenza di creare e coordinare con un’intera
squadra, ed è la cosa che mi preme. Sento la pressione
dell’organizzazione. Per Matteo il discorso era diverso, il film è
frutto di una sua follia, di un investimento anche personale, per
questo ha sentito maggiormente la pressione”.
La Makinarium è un
unicum nel nostro panorama perché si occupa di effetti
integrati, puoi spiegarci meglio cosa vuol dire?
LC:“In realtà
nasce tutto dalla mia visione che è anomala anche per questo
lavoro. Noi lavoriamo sul practical, sul visual, sull’illusione
ottica, non abbiamo limiti nella progettazione e nella creazione
dei nostri effetti, e per poterlo fare avevamo bisogno di una
squadra che fosse in grado di lavorare con tutti i mezzi possibili,
dal digitale agli animatronic, per miscelare tutto e avere
l’effetto desiderato. Oltre al lavoro vero e proprio, la cosa bella
di questa realtà è proprio il gruppo, le diverse competenze che
ognuno mette a disposizione per creare qualcosa, la
collaborazione.”
Al momento sei impegnato
sul set di Cruel Peter, nuovo film di Christian Bisceglia
e Ascanio Malgarini. Che coinvolgimento c’è da parte di
Makinarium in questo progetto?
LC:“Si tratta
di una fiaba gotica, con i toni del thriller e dell’horror, quindi
per noi si tratta di esplorare nuovi generi, ma con Cruel
Peter siamo anche di fronte alla nostra nuova anima,
perché Makinarium produce anche il film, insieme a TaaDaa e a Rai
Cinema, al cui collaborazione testimonia anche un riconoscimento da
parte delle istituzioni, una specie di apertura nei confronti di un
genere insolito. Il nostro lavoro è quello di ricostruire le scene,
l’atmosfera dell’inizio del 1900, a Messina, dopo il terremoto. Il
racconto parla di streghe e fantasmi, per cui avremo molto da fare
sotto questo punto di vista. Inoltre si tratta di ricreare una
realtà che per certi versi è esistita ma nessuno ha mai
rappresentato. Stiamo riportando in vita una Sicilia che era,
all’inizio del ‘900, ancora centro di scambi e commerci di altri
Paesi, dove convergevano anche tradizioni e culti folkloristici
stranieri, che in qualche modo sono attecchiti, importanti come si
importano le merci con il commercio. Il budget non è quello del
Racconto dei Racconti, ma è una bella sfida perché
si tratta di trasformare il nostro mondo visivo e virarlo sui toni
della fiaba gotica.”
Il tuo lavoro si è sempre mosso anche all’estero e di recente
l’Italia è stato il set di molte produzioni internazionali, in
quale di queste siete stati chiamati a collaborare?
LC:“La nostra
specializzazione ci permette di essere competitivi e bravi a
trovarci i lavori. Ovviamente quando siamo chiamati da produzioni
importanti abbiamo il ruolo di operai, apportiamo il nostro
contributo tecnico, come in Zoolander, dove
abbiamo lavorato alle protesi, o nel remake di Ben
Hur, dove ci siamo occupati della costruzione delle bighe.
Sembra tutto vero, realistico, fino a che non scopri i veri
materiali di cui sono fatti gli oggetti di scena. Il nostro lavoro
consiste proprio nel far scomparire gli effetti. Abbiamo lavorato
anche a Indivisibili di Edoardo De
Angelis, una storia che parla di due gemelle siamesi che
nella realtà siamesi non sono.”
Il Racconto dei
Racconti di Matteo Garrone, reduce
dal Festival
di Cannes e ancora nelle sale italiane, sarà distribuito negli
Stati Uniti dalla IFC Films, forte del successo di
Boyhood di Richard
Linklater, arrivato a un passo dagli Oscar che contano, e
dell’acquisizione sulla Croisette 2015 del titolo che ha –
seppure tra le polemiche – portato a casa la Palma d’Oro:
Dheepan di Jacques Audiard. La IFC Films
ha distribuito negli Usa anche La vita di
Adele di Abdellatif Kechiche,
Il vento che accarezza l’erba di
Ken Loach e 4 mesi, 3 settimane,
2 giorni di Cristian Mungiu.
Prende, quindi, slancio il percorso
internazionale de Il Racconto dei
Racconti, girato in lingua inglese da Matteo
Garrone, e che ha tutte le carte in regola per attrarre
il pubblico straniero grazie anche alla presenza di
interpreti quali Salma Hayek, Vincent
Cassel, John C.
Reilly, Toby Jones, Shirley
Henderson, Hayley Carmichael
e Bebe Cave.
Provate a pensare all’ultima volta
che avete visto un film fantasy; un film interamente
ambientato in un mondo verosimile ma inesistente popolato di
re e regine, draghi e orchi, bestie mitologiche e
gigantesche. Mettiamo nel calderone mentale anche le Serie
TV, che ormai hanno molto da spartire con il grande schermo, vi
torneranno di sicuro svariati titoli alla memoria. Ma cosa succede
alzando il livello alla difficoltà quasi estrema? Ovvero:
provate a pensare all’ultima volta che avete visto un film
fantasy ITALIANO, un prodotto di respiro internazionale
che non abbia nulla da invidiare ai più blasonati progetti
hollywoodiani.
Nella risposta vi è
la grandezza più esplicita de Il Racconto
dei Racconti, l’idea con la quale Matteo
Garrone è pronto a dare uno strattone violento al
nostro cinema da troppo tempo fossilizzato e piatto. A un mercato
che ormai produce in serie, con stampini alla
Didò, quasi ed esclusivamente commedie di dubbia
qualità. Pellicole sempre uguali con i medesimi volti noti e
destinate ad un mercato lineare: due, tre settimane al massimo in
sala e poi in loop eterno in televisione, su canali anch’essi tutti
identici fra loro. Un sistema che ha annientato la nostra gloriosa
tradizione di genere, basti ricordare gli spaghetti western di
Leone e Corbucci, i polizieschi
degli anni 70 con Tomàs Miliàn, il cinema horror
di Mario Bava o Ruggero Deodato.
Contesti in cui si poteva spingere oltre i confini la fantasia, si
poteva osare, divertire e sorprendere il pubblico. Dopo anni di
piattume, il terremoto Garrone scuote il terreno come un tappeto
impolverato e guarda nostalgicamente al passato, all’allegoria,
alla fiaba, alle origini del cinema stesso, pur essendo allo stesso
tempo proiettato al futuro come nessun altro, in Patria, abbia
fatto negli ultimi anni. Un passato arcaico e fittizio che
risplende nella meraviglia narrativa, nel rigore stilistico del
film, ma dov’è il futuro?
È nei mezzi, nelle nuove
maestranze digitali, nel “pensiero quadrimensionale” che trasforma
pareti verdi in mondi lontanissimi. L’universo degli
effetti visivi che in Italia vive ancora underground senza
riuscire ad esplodere in modo costante, mentre all’estero è pane
quotidiano (basta andare anche in Francia, senza oltrepassare
l’oceano). E non pensate sia questione di impreparazione, di
mancanza di mezzi o personale tecnico, esistono decine di studi
nostrani giovani e dinamici capaci di realizzare su schermo cose
straordinarie, il problema è che nessun produttore offre loro
possibilità concrete. Il massimo utilizzo di queste tecniche nel
nostro cinema, per ora, è fondamentalmente correttivo: microfoni da
cancellare, sfondi da modificare, elementi da spostare, folle da
moltiplicare. Come essere alla guida di una Ferrari e rimanere
incastrati nel traffico della Tuscolana a Roma, mentre gli altri
viaggiano su autostrade internazionali esenti da limiti di
velocità.
Il Racconto dei
Racconti è un tassello fondamentale del nostro
panorama attuale perché finalmente è un passo diverso,
probabilmente verso la giusta direzione. Un passo verso la
competitività, la speranza di un nuovo corso, di un’intera nuova
era digitale e senza limiti creativi. Ovviamente la strada verso la
maturità è ancora lunga, le prove generali si portano dietro anche
difetti fisiologici da migliorare. Le produzioni, non essendo
abituate ad affrontare prodotti colossali da costruire per gran
parte su computer, rischiano ora di sbagliare i tempi, di
affrettare eccessivamente i lavori e compiere qualche errore. Non
tutti gli effetti visivi del nuovo lavoro garroniano sono
credibili e bene mescolati nel contesto (si veda la resa di alcune
bestie come la pulce che cresce…). È però un prezzo necessario da
pagare, è l’imperfezione dei prologhi, è il neonato da lavare con
ancora il cordone ombelicale attaccato. Si può soltanto migliorare
affrontando ulteriori sfide del medesimo genere, ed è
un’opportunità che in questo preciso momento storico ed economico
il nostro Paese non può farsi scappare. Una nuova vita da allevare
in un mondo ormai sterile, un po’ alla Cuaròn e I Figli
degli Uomini, l’ultima speranza prima della (vera)
disperazione.