Iniziano oggi le riprese di Il racconto dei
racconti (Tale of Tales), il nuovo film di Matteo
Garrone (due volte vincitore del Gran Prix a Cannes, nel
2008 perGomorra e nel 2011
per Reality). Il film è coprodotto da Archimede
s.r.l. e Le Pacte insieme a Jeremy Thomas
per Recorded Picture e con Rai
Cinema. Il
progetto ha ottenuto il sostegno del Ministero dei Beni e
delle Attività Culturali e del Turismo e
di Eurimages. HanWay Films si occuperà
delle vendite internazionali.
Girato
in lingua inglese, il film avrà per protagonisti star
internazionali del calibro di Salma Hayek, Vincent Cassel,
Toby Jones e John C. Reilly, insieme alla
partecipazione di Alba Rohrwacher e altri attori
italiani. Il direttore della fotografia è Peter
Suschitzky, considerato fra i più talentuosi del cinema
contemporaneo e storico collaboratore di David
Cronenberg. La colonna sonora sarà composta
da Alexandre Desplat, sei volte nominato all’Oscar,
alla sua seconda collaborazione con Garrone
dopo Reality. Le riprese, che dureranno circa quattro
mesi, interesseranno diverse regioni d’Italia, mostrando paesaggi
misteriosi e luoghi tuttora segreti, fra castelli, ville e giardini
ancora sconosciuti.
Il
soggetto del film è ispirato e liberamente tratto da Lo
Cunto de li cunti di Giambattista Basile, geniale
autore napoletano del XVII secolo le cui fiabe sono universalmente
riconosciute come antesignane di tutta la letteratura fiabesca dei
secoli successivi. Il progetto, al cui sviluppo ha partecipato lo
stesso Matteo Garrone, collaborando alla scrittura del soggetto e
della sceneggiatura insieme a Edoardo Albinati, Ugo Chiti e
Massimo Gaudioso, si propone come un grande affresco in chiave
fantastica del periodo barocco, raccontato attraverso le storie di
tre regni e dei loro rispettivi sovrani.
“Ho
scelto di avvicinarmi al mondo di Basile – afferma Garrone
– perché ho ritrovato nelle sue fiabe quella commistione
fra reale e fantastico che ha sempre caratterizzato la mia ricerca
artistica. Le storie raccontate ne Il racconto dei
racconti descrivono un mondo in cui sono riassunti gli
opposti della vita: l’ordinario e lo straordinario, il magico e il
quotidiano, il regale e lo scurrile, il terribile e il
soave”.
Il racconto dei racconti, che è stato
il primo film di Matteo Garrone girato in lingua inglese, si
divide in tre fiabe tratte dalla raccolta Lo cunto de li
cunti di Giambattista Basile, nota anche come
Pentamerone. Garrone è stato il primo, in Italia, a voler
adattare quest’opera, andando incontro a tutte le difficoltà del
caso, tra cui cercare di rendere moderne delle fiabe scritte nella
prima metà nel 1600 di carattere medievale.
Ecco dieci cose che, forse, non sapevate su Il racconto
dei racconti.
Il racconto dei racconti:
curiosità
1. Il racconto dei racconti ha ricreato un
quadro. Quando Viola, nella fiaba della Pulce, suona la
chitarra e canta una canzone, i suoi abiti, i capelli, la chitarra
e tutto quello che appare nella scena, ricorda un famoso dipinto di
Jan Vermeer,La suonatrice di
chitarra.
2. Il racconto dei racconti
doveva avere una scena più dinamica. La scena in cui il re
di Selvascura combatte con il drago marino, doveva essere molto più
dinamica, ma Matteo Garrone è dovuto ricorrere ad alcuni espedienti
(come il punto di vista del re) perché il drago si ruppe mentre lo
si stava mostrando al figlio di Garrone e ad alcuni suoi compagni
di scuola.
3. Il racconto dei racconti
è stato realizzato su alcuni film. Matteo Garrone ha
confessato che per realizzare Il racconto dei racconti, si è
ispirato alle estetiche del Casanova di Federico
Fellini, de L’Armata Brancaleone di Mario
Monicelli e di Uccellacci e Uccellini di
Pier Paolo Pasolini. Ma non solo: ha dichiarato di
essersi ispirato anche alla serie Il Trono di
Spade.
Il racconto dei racconti
libro
4. Il racconto dei racconti
è un adattamento. Il film di Matteo Garrone è un
adattamento cinematografico di Lo cunto de li cuntiovero lo trattenemiento de peccerille, una raccolta di 50
fiabe scritte da Giambattista Basile tra il 1634 e il 1636 a
Napoli. Su modello del Decameron di
Boccaccio, la fiabe vengono raccontate da 10
novellatrici nell’arco di 5 giorni. La cornica narrativa
costituisce il primo racconto e con l’ultimo si ritorna alla
vicenda principale. Da questa raccolta hanno attinto
Charles Perrault e i Fratelli
Grimm per fiabe come Il gatto con gli stivali,
Cenerentola o La bella addormentata nel bosco. I toni della raccolta
di Basile sono fiabeschi e popolari, con caratteristiche da novella
medievale, destinata ad un pubblico di adulti, data la complessità
delle tematiche.
Il racconto dei racconti:
locations
5. Il racconto dei racconti
è stato girato in Italia. Matteo Garrone, per girare Il
racconto dei racconti, ha deciso di girare il centro e il sud
Italia, alla ricerca di luoghi che potessero servire come sfondi
per il suo film fantastico, per dare un senso reale di magia e di
fascinazione, come se si fosse realmente dentro ad una fiaba.
Il castello di Donnafugata si trova in Sicilia, a
15 km da Ragusa: questo castello medioevale è in stile neogotico,
acquistato dal comune di Ragusa nel 1982, che si è occupato di
restaurare e aprire al pubblico. Quello di Donnafugata è il
castello della regina di Selvascura, contraddistinto dal labirinto
in pietra a secco, dove il personaggio di Salma
Hayek insegue il figlio Elias. Le Gole
dell’Alcantara, che si trovano nei pressi di Taormina,
fanno da cornice a John C. Reilly e al suo personaggio che va
alla ricerca del drago marino e del suo cuore che, cotto da una
vergine, può far restare incinta la moglie.
6. Il racconto dei racconti
si è sviluppato anche tra Lazio e Puglia. In alcune scene
realizzate con il re di Roccaforte, interpretato da
Vincent Cassel, è stata usata come location il
Bosco del Sasseto nell’alto Lazio, vicino ad
Acquapendente. Il bosco ha la particolarità di avere maestosi
alberi secolari, rami contorti, muschi e tutto quello che si possa
desiderare per ambientare una fiaba. In Puglia, invece, si sono
svolte le riprese della storia del Re di Altomonte. Per questa
fiaba è stato utilizzato il castello-fortezza ottagonale di
Castel del Monte, fatto costruire da Federico II.
Oltre a questo, si è usato come location anche il castello di
Gioia del Colle, situato in provincia di Bari. Ma
non è tutto: il castello di Sammezzato, vicino
Firenze, è stato usato per le scene in cui Cassel interpreta il re
di Roccaforte, mentre il paesino di Cave è stato
usato per fare da borgo alla due sorelle anziane che vogliono
tornare giovani.
Il racconto dei racconti:
significato
7. Il racconto dei racconti
è ricco di significati. Il colore rosso domina visivamente
tutte e tre le fiabe, dando rilievo, con forza, al sentimento della
passione e dell’ossessione. Adulti che non sanno mettere un freno
alle proprie ossessione, cercando di limitare le passioni delle
nuove generazioni. Ossessioni che si pagano a caro prezzo, trovando
la morte, abbandonando una figlia al proprio destino, tornando alla
paura di invecchiare. Ossessioni che, però, non riguardano solo il
momento del racconto ma che sono attuali, presenti nel qui ed ora,
scopi per i quali si sacrificherebbe qualsiasi cosa.
8. In Il racconto dei
racconti gli adulti sono deboli. Garrone mette in scena le
debolezze dell’animo umano; adulti, per i quali non esiste pietà né
moralità. Totalmente opposti ai loro figli, che colgono una
passione, affrontano coraggiosamente il mondo dei grandi facendo
valere le loro giuste ragioni e facendo apparire i grandi
grotteschi nella loro pomposità.
9. Il racconto dei racconti
racconta le ossessioni odierne. Le tematiche selezionate
da Garrone e successivamente elaborate, non fanno altro che
esplicitare una cerca modernità tematica: la paura di invecchiare,
di non procreare e di perdere il proprio figlio, la paura di
restare solo. Le fiabe costringono i personaggi a subire delle
metamorfosi non indifferenti, includendoli in un percorso di
crescita.
Il racconto dei racconti:
streaming
10. Il racconto dei
racconti è disponibile in streaming. Per chi volesse
rivedere il film di Matteo Garrone, è possibile guardarlo in
streaming sulla piattaforma Chili.
Arriva oggi, su Sky
Cinema, Il Racconto dei Racconti,
ultimo film di Matteo Garrone, vincitore di sei
David di Donatello,
tra cui miglior regia e, ovviamente per chi ha già avuto modo di
vedere il film, migliori effetti digitali. La magia e l’incanto dei
racconti del ‘600 di Giambattista Basile narrati
nel film sono state portate sul grande schermo da Makinarium,
la nuova frontiera italiana degli effetti
speciali. Abbiamo avuto modo di parlare con Leonardo
Cruciano, trai principali fautori di questa realtà
straordinaria, tutta italiana e protesa all’estero, per esportare
una visione, un lavoro artigianale e creativo unico nel suo genere.
Ecco cosa ci ha raccontato.
Riesci a definire in poche
parole l’immane lavoro svolto per Il Racconto dei
Racconti?
LC:“Per il
mio lavoro, Il Racconto dei Racconti è
un’opera molto significativa, mostra quello che è l’obiettivo di
Makinarioum perché combina la parte di design, progettazione,
pratica e digitale, e crea qualcosa che non esiste. Quel mondo che
vedete nel film è anche mio perché mostra qualcosa che ho
contribuito concretamente a creare”.
Gli effetti speciali e
visivi del film sono stati premiati con il David di
Donatello. Quanto e come cambia il lavoro dopo un premio così
prestigioso?
LC:“Non ho
mai pensato che un premio potesse valere qualcosa. Non credevo
potesse aiutare e ho sempre puntato tutto sul lavoro fatto bene,
sulla qualità del compito svolto giorno dopo giorno. Ora che però
ci sono cascato posso dire che è più bello. È il riconoscimento del
lavoro di 100 persone, di tutta la Makinarium, si
riconosce così la bontà di un lavoro anche a livello istituzionale.
Se continuiamo a dircelo solo tra noi che siamo bravi alla fine
conta poco ed è come se il mondo non ci capisse.”
Il film è uscito in USA il
22 aprile e arriverà anche nel Regno Unito il 17 giugno, oltre a
essere stato distribuito in Francia, Spagna, ma anche nel mercato
Asiatico e nel resto d’Europa. Cosa cambia da un punto di vista
professionale quando un lavoro del genere è visto così tanto in
così tanti Paesi?
LC:“Lavorativamente parlando il riscontro è stato immediato, la
ricaduta professionale istantanea. Il tam-tam mediatico, le
condivisioni sui social, tutto ha contribuito a far parlare di noi.
Ci hanno contattati produzioni europee, dalla Russia, ma anche
dall’Asia e dagli Stati Uniti. Si sono rivolti a noi per la ricerca
nel nostro lavoro, perché il risultato è qualcosa di mai visto,
molto distante dal lavori in CGI che siamo abituati a vedere e che
vengono dal mercato americano. La differenza si vede. Con il nostro
budget, che per noi è stato davvero importante, negli Usa fanno
B-Movie come Sharknado direttamente per l’home
video, per noi invece è stata un’operazione enorme, da
kolossal.”
Durante la promozione del
film, Garrone ha più volte ribadito la responsabilità che sentiva
dovendo gestire, per Il Racconto dei Racconti, un budget
per lui molto molto importante. Tu hai sentito la stessa
responsabilità?
LC:“Per
carattere non sento molto l’ansia. Quello che invece avverto come
pressione è l’esigenza di creare e coordinare con un’intera
squadra, ed è la cosa che mi preme. Sento la pressione
dell’organizzazione. Per Matteo il discorso era diverso, il film è
frutto di una sua follia, di un investimento anche personale, per
questo ha sentito maggiormente la pressione”.
La Makinarium è un
unicum nel nostro panorama perché si occupa di effetti
integrati, puoi spiegarci meglio cosa vuol dire?
LC:“In realtà
nasce tutto dalla mia visione che è anomala anche per questo
lavoro. Noi lavoriamo sul practical, sul visual, sull’illusione
ottica, non abbiamo limiti nella progettazione e nella creazione
dei nostri effetti, e per poterlo fare avevamo bisogno di una
squadra che fosse in grado di lavorare con tutti i mezzi possibili,
dal digitale agli animatronic, per miscelare tutto e avere
l’effetto desiderato. Oltre al lavoro vero e proprio, la cosa bella
di questa realtà è proprio il gruppo, le diverse competenze che
ognuno mette a disposizione per creare qualcosa, la
collaborazione.”
Al momento sei impegnato
sul set di Cruel Peter, nuovo film di Christian Bisceglia
e Ascanio Malgarini. Che coinvolgimento c’è da parte di
Makinarium in questo progetto?
LC:“Si tratta
di una fiaba gotica, con i toni del thriller e dell’horror, quindi
per noi si tratta di esplorare nuovi generi, ma con Cruel
Peter siamo anche di fronte alla nostra nuova anima,
perché Makinarium produce anche il film, insieme a TaaDaa e a Rai
Cinema, al cui collaborazione testimonia anche un riconoscimento da
parte delle istituzioni, una specie di apertura nei confronti di un
genere insolito. Il nostro lavoro è quello di ricostruire le scene,
l’atmosfera dell’inizio del 1900, a Messina, dopo il terremoto. Il
racconto parla di streghe e fantasmi, per cui avremo molto da fare
sotto questo punto di vista. Inoltre si tratta di ricreare una
realtà che per certi versi è esistita ma nessuno ha mai
rappresentato. Stiamo riportando in vita una Sicilia che era,
all’inizio del ‘900, ancora centro di scambi e commerci di altri
Paesi, dove convergevano anche tradizioni e culti folkloristici
stranieri, che in qualche modo sono attecchiti, importanti come si
importano le merci con il commercio. Il budget non è quello del
Racconto dei Racconti, ma è una bella sfida perché
si tratta di trasformare il nostro mondo visivo e virarlo sui toni
della fiaba gotica.”
Il tuo lavoro si è sempre mosso anche all’estero e di recente
l’Italia è stato il set di molte produzioni internazionali, in
quale di queste siete stati chiamati a collaborare?
LC:“La nostra
specializzazione ci permette di essere competitivi e bravi a
trovarci i lavori. Ovviamente quando siamo chiamati da produzioni
importanti abbiamo il ruolo di operai, apportiamo il nostro
contributo tecnico, come in Zoolander, dove
abbiamo lavorato alle protesi, o nel remake di Ben
Hur, dove ci siamo occupati della costruzione delle bighe.
Sembra tutto vero, realistico, fino a che non scopri i veri
materiali di cui sono fatti gli oggetti di scena. Il nostro lavoro
consiste proprio nel far scomparire gli effetti. Abbiamo lavorato
anche a Indivisibili di Edoardo De
Angelis, una storia che parla di due gemelle siamesi che
nella realtà siamesi non sono.”
Il Racconto dei
Racconti di Matteo Garrone, reduce
dal Festival
di Cannes e ancora nelle sale italiane, sarà distribuito negli
Stati Uniti dalla IFC Films, forte del successo di
Boyhood di Richard
Linklater, arrivato a un passo dagli Oscar che contano, e
dell’acquisizione sulla Croisette 2015 del titolo che ha –
seppure tra le polemiche – portato a casa la Palma d’Oro:
Dheepan di Jacques Audiard. La IFC Films
ha distribuito negli Usa anche La vita di
Adele di Abdellatif Kechiche,
Il vento che accarezza l’erba di
Ken Loach e 4 mesi, 3 settimane,
2 giorni di Cristian Mungiu.
Prende, quindi, slancio il percorso
internazionale de Il Racconto dei
Racconti, girato in lingua inglese da Matteo
Garrone, e che ha tutte le carte in regola per attrarre
il pubblico straniero grazie anche alla presenza di
interpreti quali Salma Hayek, Vincent
Cassel, John C.
Reilly, Toby Jones, Shirley
Henderson, Hayley Carmichael
e Bebe Cave.
Provate a pensare all’ultima volta
che avete visto un film fantasy; un film interamente
ambientato in un mondo verosimile ma inesistente popolato di
re e regine, draghi e orchi, bestie mitologiche e
gigantesche. Mettiamo nel calderone mentale anche le Serie
TV, che ormai hanno molto da spartire con il grande schermo, vi
torneranno di sicuro svariati titoli alla memoria. Ma cosa succede
alzando il livello alla difficoltà quasi estrema? Ovvero:
provate a pensare all’ultima volta che avete visto un film
fantasy ITALIANO, un prodotto di respiro internazionale
che non abbia nulla da invidiare ai più blasonati progetti
hollywoodiani.
Nella risposta vi è
la grandezza più esplicita de Il Racconto
dei Racconti, l’idea con la quale Matteo
Garrone è pronto a dare uno strattone violento al
nostro cinema da troppo tempo fossilizzato e piatto. A un mercato
che ormai produce in serie, con stampini alla
Didò, quasi ed esclusivamente commedie di dubbia
qualità. Pellicole sempre uguali con i medesimi volti noti e
destinate ad un mercato lineare: due, tre settimane al massimo in
sala e poi in loop eterno in televisione, su canali anch’essi tutti
identici fra loro. Un sistema che ha annientato la nostra gloriosa
tradizione di genere, basti ricordare gli spaghetti western di
Leone e Corbucci, i polizieschi
degli anni 70 con Tomàs Miliàn, il cinema horror
di Mario Bava o Ruggero Deodato.
Contesti in cui si poteva spingere oltre i confini la fantasia, si
poteva osare, divertire e sorprendere il pubblico. Dopo anni di
piattume, il terremoto Garrone scuote il terreno come un tappeto
impolverato e guarda nostalgicamente al passato, all’allegoria,
alla fiaba, alle origini del cinema stesso, pur essendo allo stesso
tempo proiettato al futuro come nessun altro, in Patria, abbia
fatto negli ultimi anni. Un passato arcaico e fittizio che
risplende nella meraviglia narrativa, nel rigore stilistico del
film, ma dov’è il futuro?
È nei mezzi, nelle nuove
maestranze digitali, nel “pensiero quadrimensionale” che trasforma
pareti verdi in mondi lontanissimi. L’universo degli
effetti visivi che in Italia vive ancora underground senza
riuscire ad esplodere in modo costante, mentre all’estero è pane
quotidiano (basta andare anche in Francia, senza oltrepassare
l’oceano). E non pensate sia questione di impreparazione, di
mancanza di mezzi o personale tecnico, esistono decine di studi
nostrani giovani e dinamici capaci di realizzare su schermo cose
straordinarie, il problema è che nessun produttore offre loro
possibilità concrete. Il massimo utilizzo di queste tecniche nel
nostro cinema, per ora, è fondamentalmente correttivo: microfoni da
cancellare, sfondi da modificare, elementi da spostare, folle da
moltiplicare. Come essere alla guida di una Ferrari e rimanere
incastrati nel traffico della Tuscolana a Roma, mentre gli altri
viaggiano su autostrade internazionali esenti da limiti di
velocità.
Il Racconto dei
Racconti è un tassello fondamentale del nostro
panorama attuale perché finalmente è un passo diverso,
probabilmente verso la giusta direzione. Un passo verso la
competitività, la speranza di un nuovo corso, di un’intera nuova
era digitale e senza limiti creativi. Ovviamente la strada verso la
maturità è ancora lunga, le prove generali si portano dietro anche
difetti fisiologici da migliorare. Le produzioni, non essendo
abituate ad affrontare prodotti colossali da costruire per gran
parte su computer, rischiano ora di sbagliare i tempi, di
affrettare eccessivamente i lavori e compiere qualche errore. Non
tutti gli effetti visivi del nuovo lavoro garroniano sono
credibili e bene mescolati nel contesto (si veda la resa di alcune
bestie come la pulce che cresce…). È però un prezzo necessario da
pagare, è l’imperfezione dei prologhi, è il neonato da lavare con
ancora il cordone ombelicale attaccato. Si può soltanto migliorare
affrontando ulteriori sfide del medesimo genere, ed è
un’opportunità che in questo preciso momento storico ed economico
il nostro Paese non può farsi scappare. Una nuova vita da allevare
in un mondo ormai sterile, un po’ alla Cuaròn e I Figli
degli Uomini, l’ultima speranza prima della (vera)
disperazione.
Il quinto stato siamo tutti noi,
che non ci stanchiamo di domandarci cosa succede dietro le cose che
ci raccontano, non ci stanchiamo di chiedere la verità.
Un’ottimistica conclusione per un racconto che sembra accaduto ieri
e che invece è già racconto cinematografico. Basandosi sui libri
Inside Wikileaks e Wikilieaks: la battaglia di Julian
Assangecontro il segreto di Stato, Il Quinto
Potere (The Fifth Estate) ci racconta l’ascesa di Julian
Assange, mente dietro Wikileaks, da profeta a criminale
internazionale.
Il racconto, condotto con
magistrale tocco da Bill Condon, ci trasporta negli anni di
fondazione del portale che ha rivoluzionato il sistema di
comunicazione mondiale, ai tempi in cui Assange (uno straordinario
Benedict Cumberbatch) incontrò e reclutò per la sua
causa Daniel Domscheit-Berg (Daniel
Brulh, ma dove è rimasto nascosto questo straordinario
attore fino ad ora?). I due danno così vita ad un sistema di
informazione senza censura, che avendo come punto cardine la
protezione della fonte, riesce a portare a galla tantissimi segreti
di importanti associazioni internazionali, di banche e dittature,
fino a scardinare la più grande potenza mondiale, il Governo degli
Stati Uniti. Implicazioni morali, desideri nascosti, ambizione,
contrasti, scrupoli di coscienza e culto della personalità si
fondono in questa storia complessa e ricca che ci racconta uno dei
più grandi stravolgimenti del nostro tempo.
The Fifth Estate – Il Quinto Potere, il film
La sceneggiatura di Josh
Singer, che si profonde in tecnicismi informatici, ritrae un
Assange misterioso e convinto, un trascinatore che vuole tutta
l’attenzione di chi lo circonda, non privo di un’umanità sepolta
sotto spessi strati di ego, che lui stesso sembra faticare a
gestire. A fare da contraltare c’è Berg, ammiratore, spalla e amico
di un sognatore che ad un certo punto smarrisce la strada. Il
Quinto Potere racconta di questa genialità isolata, di questo
visionario che porta avanti un ideale e alla fine lo confonde con
se stesso. La sceneggiatura e la regia del film mettono la notizia
al centro del racconto, a partire da un’intro straordinaria che
ripercorre tutta la storia della comunicazione, il valore e il
potere che ha una notizia importante nel moderno mondo delle
comunicazioni, dove internet è la nuova democrazia e dove anche la
persona più ricca e potente può perdersi in un attimo. Eccellente è
la scelta di Condon di dare corpo materico ai file, ai dati, alle
notizie appunto, nella messa in scena concreta di quello che è in
realtà un mondo volatile e inconsistente.
The Fifth Estate – Il Quinto
Potere è una parabola classica e allo stesso tempo moderna
dell’ascesa e della caduta di un uomo e della rivoluzione
mediatica, così come la conosciamo oggi, che lui stesso ha
contribuito a portare avanti. Ottimamente scritto e girato, ancora
meglio interpretato.
Dopo The Social
Network di David Fincher, il
meraviglioso e inquietante mondo della rete cattura di nuovo
l’attenzione del grande schermo con Wikileaks – il Quinto
Potere (The Fifth Estate), pellicola diretta da
Bill Condon in arrivo nelle sale italiane il 24
ottobre 2013: il film, dedicato alla genesi del famigerato sito
divenuto nel giro di pochi anni un vero e proprio portale per la
divulgazione di scottante materiale classificato e un inno alla
libertà di informazione, racconterà gli eventi che più hanno
contraddistinto l’attività del sito (le violazioni dei diritti
umani perpetrate dal governo Kenyota, il crack della banca
islandese Kaupthing e soprattutto l’incontenibile fuga di documenti
classificati dell’esercito americano grazie alla talpa Bradley
Manning) attraverso gli occhi del suo carismatico fondatore Julian
Assange e di Daniel Domsheit-Berg, suo braccio destro e amico dal
2007 al 2010.
Basata sui libri “Inside
WikiLeaks. La mia esperienza al fianco di Julian Assange nel sito
più pericoloso al mondo” di Berg e “Wikileaks. La battaglia
di Julian Assange contro il segreto di stato” dei giornalisti
del Guardian Luke Harding e David
Leigh, la pellicola è stata subito osteggiata come
strumento di discredito e veicolo di falsità dal fondatore di
Wikileaks, ad oggi ancora barricato nell’ambasciata ecuadoregna a
Londra in veste di rifugiato politico: di contro, il regista e gli
attori hanno sempre difeso il valore del film come opera di
finzione e l’intenzione di proporre un affresco equilibrato e non
fazioso, fornendo al pubblico gli strumenti necessari per stimolare
un dibattito.
Tutti i problemi nell’interpretare
un personaggio vivente senza il consenso dello stesso non sono
ricaduti tanto su Daniel Bruhl (Rush),
chiamato a vestire i panni di Daniel Domsheit-Berg in un clima di
assoluta collaborazione quanto su Benedict Cumberbatch,
fortemente voluto dalla Dreamworks come protagonista del film, che
oltre ad essersi visto rifiutare categoricamente l’opportunità di
un incontro ha anche dovuto fare i conti la precisa richiesta
rivoltagli dall’attivista australiano di rinunciare al ruolo e
tirarsi subito fuori dal progetto: Cumberbatch, la cui stella
sembra nell’ultimo anno benedetta da un’ascesa inarrestabile, non
si è fatto intimidire e ha respinto le polemiche sostenendo di aver
tentanto di donare al personaggio la maggiore tridimensionalità
possibile, lavorando sull’infanzia dell’uomo e sul suo complicato
sodalizio con Berg per ricostruire i lati del suo carattere
nascosti alle apparizioni pubbliche.
Nel ricco cast, troviamo anche
familiari volti televisivi come Dan Stevens (Downton
Abbey) nel ruolo del giornalista del Guardian Ian Katz,
Carice van Houten (Game of Thrones) in quello
dell’attivista e membro del parlamento islandese Birgitta
Jónsdóttir e Peter Capaldi, scelto per prendere le redini
della serie cult britannica Doctor Who dopo l’abbandono di
Matt Smith; per seguire le tracce
dell’inafferrabile Assange, le riprese si sono svolte fra Islanda,
Belgio e Germania.
Titolo di apertura al TIFF,
The Fifth Estate ha subito generato
pareri contrastanti, ma nessuno ha comunque mancato di esaltare
l’eccellente lavoro svolto dai due protagonisti Cumberbatch e
Bruhl: per esprimere il nostro giudizio sull’operazione e conoscere
finalmente la verità, non dovremo fare altro che andare in sala a
cercarla noi stessi.
Guarda il Trailer
italiano dell’atteso film sullo scandalo WikiLeaks intitolato
Il Quinto Potere che vede
protagonista l’attore Benedict Cumberbatch nei
panni di Julian Assange:
Dando il via a un’era fatta di
segretezza assoluta, rivelazioni di notizie esplosive e traffico di
informazioni riservate, WikiLeaks ha cambiato per sempre il mondo
del giornalismo. Ora, un thriller drammatico basato su fatti
realmente accaduti, IL QUINTO POTERE rivela come è stato possibile
mettere in luce gli inganni e le corruzioni dei potenti, tanto da
rendere un sito Internet l’organizzazione più discussa del
ventunesimo secolo. La storia ha inizio quando il fondatore di
WikiLeaks Julian Assange (Benedict Cumberbatch) e il suo collega
Daniel Domscheit-Berg (Daniel Brühl) uniscono le loro forze per
diventare dei cani da guardia, in grado di controllare l’attività
dei potenti e dei privilegiati. Grazie a un piccolo budget, i due
creano una piattaforma online che consente ai loro informatori di
trasmettere in forma anonima delle notizie riservate, puntando così
i riflettori sui luoghi oscuri dove si nascondono i segreti
governativi e i crimini aziendali. In breve tempo, riescono a
svelare più notizie importanti di tutti i leggendari mass media
tradizionali messi insieme. Ma quando Assange e Berg mettono le
mani sulla maggiore raccolta di informazioni riservate nella storia
degli Stati Uniti, si scontrano tra di loro e devono rispondere a
una questione fondamentale nella nostra epoca: qual è il costo di
mantenere riservati i segreti in una società democratica.
“La verità è sotto i vostri occhi”:
ecco la locandina italiana de Il Quinto
Potere, il film basato sulla storia di WikiLeaks in
arrivo al cinema fra tre settimane.
Il Quinto Elemento
è il film del 1997 diretto da Luc Besson e con
protagonisti nel cast Bruce Willis, Milla Jovovic e
Gary Oldman.
Anno: 1997
Regia: Luc
Besson
Cast: Bruce
Willis, Milla Jovovic, Gary Oldman
Il Quinto Elemento –
Trama
Anno 2413, in una Manhattan che ha
trasformato i cieli in autostrade sfreccia col suo taxi Korben
Dallas uomo muscoloso senza mezze misure ex appartenente ai corpi
speciali. La sua quotidianità è sconvolta dall’arrivo della bella
guerriera Leeloo tornata in vita dopo 5000 anni per salvare la
Terra dai piani malvagi di Zorg. A proteggere il “quinto elemento”
sarà un ordine segreto di sacerdoti che custodiranno la
chiave della sua missione per salvare l’umanità dal sicuro
disastro…
Il Quinto Elemento –
Analisi
Costato 90 milioni di
dollari (è una delle pellicole più costose nella storia del cinema
francese) Il Quinto Elemento sceglie bene gli
ingredienti riuscendo quasi totalmente nel mixarli: azione,
scenografie barocche ma mai posticce dai colori saturi, umorismo
americano ed un pizzico di trash (che a volte stona): sono questi
gli ingredienti alla base della settima regia di Luc Besson,
che aveva sognato di realizzare fin da ragazzo per cui ha
scelto preziosi collaboratori, tra cui il geniale disegnatore
Moebius, recentemente scomparso, e Jean-Paul Gaultier. Un
film che sottolinea la sua scarsa attitudine ad adeguarsi
piattamente ai canoni cinematografici francesi confermandolo
attento osservatore di quanto di buono possa nascere dagli
States.
Un cast d’eccezione con
Zorg-mercante d’armi, interpretato da Gary Oldman,
già coprotagonista di Leon sempre assieme a
Besson, la strabiliante Leeloo ha il fascino dell’allora
giovanissima e meravigliosa Milla Jovovic capace
di convincere il pubblico e stregare il regista, divenuto suo
marito nello stesso anno, il protagonista Korben Dallas ha i
muscoli e la faccia del perennemente stanco ed arrabbiato
Bruce Willis, perfettamente in linea con una trama zeppa di morti,
sparatorie e fughe rocambolesche.
Anche se ormai vecchio di 14 anni
Il Quinto Elemento conserva una buona freschezza
ed una tenuta narrativa eccellente, un mega flipper le cui luci
continuano a scintillare ancora oggi.
La guerra tra vampiri e
licantropi non ha fine, e si prepara per il quarto episodio. ma non
stiamo parlando del teen movie per eccellenza, ovvero Twilight, ma
di Underworld
Prendendo in considerazione l’idea
che mai come adesso siamo di fronte ad una contaminazione fra due
tipologia di film ben differenti (Fiction e Doc), e fermo restando
che nella storia questa pseudo contaminazione era già avvenuta a
vari livelli sia da una parte che dall’altra, ecco ora siamo
davvero arrivati ad un inedita estensione di questa contaminazione
dove la realtà e la finzione si mischiano in maniera totalmente
angosciosa ed inquietante. Avevamo ampiamente avuto modo di vedere
esempi quali District
9 e Cloverfield, ma
Il quarto tipo è qualcosa che va oltre la
rappresentazione stessa della storia in modalità documentaristica,
qui siamo di fronte all’utilizzo vero e proprio di materiale
registrato dalla protagonista della storia che anch’essa appare nel
film intervistata dal regista stesso della pellicola e che nella
finzione è interpretata da Milla Jovovich.
Il quarto tipo, tra doc e
fiction
La storia è quella di una psicologa
americana – Abbey Tyler- che durante una ricerca su una serie di
disturbi del sonno che affliggevano alcuni abitanti della città di
Nome, in Alaska, si trovò di fronte a una serie di coincidenze
inspiegabili e fu vittima in prima persona di eventi
particolarmente traumatici.
Durante il suo studio la dottoressa
Tyler registrò molte delle sedute di ipnosi con supporti audio e
video che il regista abilmente e in maniera del tutto inedita,
monta ed accosta in modo diretto (tramite lo split screen) con la
ricostruzione cinematografica, quasi a voler creare una sorta di
parallelo fra il mondo reale e quello di finzione, in cui il labile
confine che divide i due mondi diventa pressoché inesistente. In
questo caso siamo di fronte ad un film che è visibilmente tratto da
una storia vera, senza nessun affabulazione di sorta. E la
sensazione è quella di non potersi dissociare dal film e dalla sua
rappresentazione, perché non è finzione.
Il risultato è un’opera che, a
prescindere dalle opinioni in merito al tema dei rapimenti alieni,
è profondamente inquietante e riesce ad aprire la porta a dubbi e
interrogativi che l’uomo e la nostra società bigotta cercano di
accantonare e di rimuovere o ancor peggio di nascondere. Sotto
l’aspetto linguistico, il film segue un buon ritmo sin dall’inizio,
veicolando abilmente (va detto)la tensione dello spettatore,
fortemente incuriosito (paurosamente) dal materiale della
psicologa, soprattutto dall’intervista con la vera Tyler che come
una voce narrante racconta gli accadimenti così come sono avvenuti.
Ma ancor più interessante è il fatto che di fronte a tutto ciò, il
film non cerca mai di giudicare o di prendere una posizione netta e
chiara. Per spiegare ciò la frase di chiusura è emblematica:
“Alla fine siete voi padroni di credere o non credere”.
Con quest’ultimo accenno, con astuzia e caparbietà,
Osunsanmi lascia a noi la facoltà di esprimerci,
rendendo il gioco ancora più indecifrabile e rendendo l’Audiance
tremendamente attivo.
In chiusura, il riferimento alla
pazzia o comunque al malessere interiore dei protagonisti e le
continue panoramiche sulle montagne innevate e l’ambientazione in
genere, rimandano a quelle “….montagne della follia” ed al genio
del suo autore, H.P. Lovecraft, padre
incontrastato di certa letteratura fantastica.
Se un incontro ravvicinato del III°
tipo corrisponde al contatto con extraterrestri o UFO, il
cosiddetto incontro del IV° tipo descrive esperienze di rapimento
subite dagli umani da parte di soggetti alieni. Proprio questo
secondo tipo di situazione è alla base del film del 2009
Il quarto tipo (qui la recensione), dove si
mescola fantascienza, horror e mistero. Scritto e diretto da
Olatunde Osunsanmi, celebre anche per titoli
“simili” come Falling Skies e Star
Trek: Discovery, questo lungometraggio porta gli
spettatori a vivere un’esperienza che tenta di proporre in chiave
documentaristica episodi la cui veridicità rimane ancora oggi di
difficile classificazione.
Il film è infatti a suo modo un
mockumentary che si offre come la drammatica rievocazione di eventi
veri accaduti a Nome, in Alaska. Affascinato dall’argomento,
Osunsanmi ha dunque condotto numerose ricerche a riguardo,
convincendosi di voler trattare l’argomento con un linguaggio
cinematografico che rendesse difficile distinguere il vero dal
falso, lasciando dunque allo spettatore il compito di credere o
meno a quanto visto. Al di là di ciò, obiettivo evidente del film è
anche quello di utilizzare la vicenda dei rapimenti alieni come
base di partenza per un horror che si distingua rispetto ad altri
titoli di questo genere.
Pur se accolto in modo tiepido
dalla critica e dal pubblico, negli anni Il quarto
tipo è diventato un titolo piuttosto ricercato,
specialmente dagli appassionati di fantascienza e di paranormale.
Pur con i suoi difetti, è infatti un film che offre un’interessante
rilettura di situazioni ad ogni modo realmente verificatesi. Prima
di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama, al
cast di attori e alla vera storia dietro
al film. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il titolo nel
proprio catalogo.
Il quarto tipo: la trama e il cast
del film
Protagonista del film è la
psicologa Abbey Tyler, la quale si occupa di
trattare pazienti affetti da disturbi del sonno. Il più delle
volte, questi sono causati da traumi avvenuti nel passato. C’è però
un elemento comune che torna continuamente nel racconto di ognuno
dei suoi pazienti. Tutti affermano infatti di aver visto un gufo
bianco osservarli di notte. Quando si imbatte in Tommy
Fisher, un nuovo problematico paziente che afferma questa
stessa cosa, Abbey inizia a comprendere che c’è qualcosa di strano
e decide di indagare. Più va a fondo nei traumi di Fisher, però,
più vedrà emergere realtà spaventose, inimmaginabili. La stessa
dottoressa avrà modo di sperimentare tutto ciò sulla propria
pelle.
Ad interpretare la dottoressa Abbey
Tyler vi è l’attrice Milla Jovovich,
rimasta particolarmente colpita dalla storia. All’inizio del film,
la Jovovich informa il pubblico che interpreterà un personaggio
basato su una persona reale di nome Abigail Tyler e che il film
conterrà filmati d’archivio della vera Tyler. La “Abigail Tyler”
vista nel filmato d’archivio è in realtà interpretata da
Charlotte Milchard e, in vari punti del film, le
scene del filmato d’archivio e le relative rievocazioni drammatiche
vengono presentate fianco a fianco. Nel ruolo di Tommy Fisher vi è
invece l’attore Corey Johnson, mentre
Elias Koteas è il dottor Abel Campos. Completano
il cast Hakeem Kae-Kazim nei panni del dottor
Awolowa Odusami e Will Patton in quelli dello
sceriffo August.
Il quarto tipo: la vera storia dietro al film
Per quanto il film costruisca un
racconto ispirandosi a vere testimonianze e sulla definizione di
“incontro del IV° tipo”, quella presentata nel film non è
propriamente una storia realmente accaduta. Il quarto
tipo, d’altronde, è classificabile come mockumentary, ovvero
un racconto realizzato con i mezzi espressivi del documentario per
dare sensazione di verità in quanto si mostra. In realtà è però
un’opera di finzione camuffata sotto questo stratagemma. Il
contenuto del racconto, tuttavia, trova delle basi in vere
testimonianze di persone che affermano di essere state vittime di
rapimenti alieni. Nella vera Nome, cittadina dell’Alaska, sono
infatti diverse le persone scomparse nel corso degli anni e di cui
non si sono più avute notizie.
Le interviste ingannevoli presenti
nel film hanno però fatto arrabbiare le famiglie delle vere persone
scomparse a Nome, in Alaska, per aver banalizzato la loro perdita.
Melanie Edwards, vicepresidente di Kawerak Inc.
(un’organizzazione che rappresenta i popoli indigeni dell’Alaska),
ha descritto il film come “insensibile ai familiari delle
persone scomparse a Nome nel corso degli anni“. La Universal
ha però rifiutato di discutere del film con quell’organizzazione o
con i giornalisti locali. Per evitare ulteriori fraintendimenti, i
titoli di coda del film non includono la solita sezione con la
scritta “Gli eventi e le persone raffigurati in questo film
sono fittizi...” né quella riportante “Il film è basato su
eventi reali…“.
Il quarto tipo: il
trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Il quarto tipo grazie alla sua presenza
su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Chili
Cinema, Google Play, Apple iTunes e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
venerdì 9 giugno alle ore 21:15
sul canale Italia 2.
Il quarto tipo in streaming è disponibile sulle
seguenti piattaforme:
Prendendo in considerazione l’idea
che mai come adesso siamo di fronte ad una contaminazione fra due
tipologia di film ben differenti (Fiction e Doc), e fermo restando
che nella storia questa pseudo contaminazione era già avvenuta a
vari livelli sia da una parte che dall’altra, ora con Il
quarto tipo siamo davvero arrivati ad un inedita
estensione di questa contaminazione dove la realtà e la finzione si
mischiano in maniera totalmente angosciosa ed inquietante.
Avevamo ampiamente avuto modo di
vedere esempi quali District 9 e Cloverfield, ma
questa operazione è qualcosa che va oltre la rappresentazione
stessa della storia in modalità documentaristica, qui siamo di
fronte all’utilizzo vero e proprio di materiale registrato dalla
protagonista della storia che anch’essa appare nel film
intervistata dal regista stesso della pellicola e che nella
finzione è interpretata da Milla Jovovich.
Il quarto tipo, il film
In Il quarto tipo
la storia è quella di una psicologa americana -Abbey Tyler- che
durante una ricerca su una serie di disturbi del sonno che
affliggevano alcuni abitanti della città di Nome, in Alaska, si
trovò di fronte a una serie di coincidenze inspiegabili e fu
vittima in prima persona di eventi particolarmente traumatici.
Durante il suo studio la dottoressa
Tyler registrò molte delle sedute di ipnosi con supporti audio e
video che il regista abilmente e in maniera del tutto inedita,
monta ed accosta in modo diretto (tramite lo split screen) con la
ricostruzione cinematografica, quasi a voler creare una sorta di
parallelo fra il mondo reale e quello di finzione, in cui il labile
confine che divide i due mondi diventa pressoché inesistente. In
questo caso siamo di fronte ad un film che è visibilmente tratto da
una storia vera, senza nessun affabulazione di sorta. E la
sensazione è quella di non potersi dissociare dal film e dalla sua
rappresentazione, perché non è finzione.
Il risultato è un’opera che, a
prescindere dalle opinioni in merito al tema dei rapimenti alieni,
è profondamente inquietante e riesce ad aprire la porta a dubbi e
interrogativi che l’uomo e la nostra società bigotta cercano di
accantonare e di rimuovere o ancor peggio di nascondere. Sotto
l’aspetto linguistico, Il quarto tipo segue un
buon ritmo sin dall’inizio, veicolando abilmente (va detto) la
tensione dello spettatore, fortemente incuriosito (paurosamente)
dal materiale della psicologa, soprattutto dall’intervista con la
vera Tyler che come una voce narrante racconta gli accadimenti così
come sono avvenuti. Ma ancor più interessante è il fatto che di
fronte a tutto ciò, il film non cerca mai di giudicare o di
prendere una posizione netta e chiara.
Per spiegare ciò la frase di
chiusura è emblematica: “Alla fine siete voi padroni di credere o
non credere”. Con quest’ultimo accenno, con astuzia e caparbietà,
Osunsanmi lascia a noi la facoltà di esprimerci,
rendendo il gioco ancora più indecifrabile e rendendo l’ Audience
tremendamente attivo.
In chiusura, il riferimento alla
pazzia o comunque al malessere interiore dei protagonisti e le
continue panoramiche sulle montagne innevate e l’ambientazione in
genere, rimandano a quelle “….montagne della follia” ed al genio
del suo autore, H.P. Lovecraft, padre incontrastato di certa
letteratura fantastica.
I
film horror o
di fantascienza “found footage” sono uno dei modi più
singolari per immergere il pubblico in una realtà inventata. Si
tratta di una magistrale illusione cinematografica che confonde i
confini tra realtà e finzione. The Blair Witch Project, il
famoso franchise di Paranormal Activity e Esp² – Fenomeni paranormali sono alcuni dei più noti
esempi di found footage horror che lasciano perplessi e fanno
riflettere anche dopo la fine dei titoli di coda. Accanto a questi
titoli si può citare anche l’horror fantascientifico Il
quarto tipo (qui
la recensione), diretto nel 2009 da Olatunde
Osunsanmi.
Questo, come gli altri film citati,
utilizzano la tecnica di mostrare una storia fittizia in uno stile
documentaristico ravvicinato, noto come mockumentary. Tuttavia, una
cosa che ha reso questi film affascinanti è la tecnica di
narrazione, che può convincere le persone a credere che quanto si
vede è reale. Motivo per cui giunti al finale si può essere
piuttosto confusi su ciò che si è visto e da una conclusione spesso
piuttosto ambigua. Ecco allora una spiegazione dettagliata di tutto
ciò che accade in Il quarto tipo, nel caso in cui
vi abbia confuso.
La trama di Il quarto
tipo: cosa angoscia la dottoressa Abigail Tyler?
Il quarto tipo
sostiene di essere basato su eventi reali che hanno come
protagonista una psicologa di nome Abigail Tyler,
che vive nella remota città di Nome, in Alaska. Il film mostra
filmati d’archivio della presunta vera Abigail Tyler e la sua
intervista con il regista, mentre allo stesso tempo mostra una
ricostruzione fittizia dell’incidente che l’ha coinvolta. La
dottoressa (interpretata da Milla Jovovich) ha da
poco perso il marito William, ucciso nel sonno. Un
collega psichiatra, il dottor Abel Campos, ha
inizialmente intervistato Abigail, che ha descritto l’omicidio del
marito, a cui ha assistito davanti ai suoi occhi.
Milla Jovovich e Elias Koteas in Il quarto tipo
Tuttavia, anche dopo che l’incidente
traumatico l’ha scossa, non si prende alcuna pausa dal suo lavoro
di psicologa. Molti dei suoi pazienti di Nome vengono a partecipare
alle sue sedute di terapia, ma quasi tutti hanno problemi simili. I
suoi pazienti descrivono un tipo simile di disturbo del sonno che
li sveglia alle 3.33 del mattino con una sensazione molto negativa
dentro. Inoltre, capita che vedano un gufo fuori dalla finestra.
Abigail non può giungere a nessuna conclusione a causa della natura
casuale di questo disturbo. Decide però di condurre l’ipnoterapia
sui suoi pazienti.
Ma la situazione peggiora: uno dei
suoi pazienti, dopo essersi sottoposto all’ipnosi, diventa ostile e
si uccide insieme alla sua famiglia. Confusa e traumatizzata,
Abigail non riesce a trovare un senso alla vicenda.
Successivamente, conduce un’altra ipnoterapia, in cui uno dei suoi
pazienti levita e mostra comportamenti orribili come urla e
borbottii in un linguaggio incomprensibile. Man mano che la storia
procede diventa più chiaro che tutte queste persone hanno visto un
UFO nel cielo, che è il primo sintomo di questo disturbo del sonno
o allucinazione.
Che cos’è il “quarto tipo”?
Il film tratta dunque il concetto di
invasione aliena e il rapimento di esseri umani dalla città di
Nome, pur non mostrando mai esplicitamente creature aliene o UFO,
ma basandosi unicamente sulle testimonianze degli abitanti della
città, tra cui Abigail. Dopo l’ipnoterapia dei suoi pazienti,
Abigail viene a sapere che non solo i suoi pazienti hanno vissuto
questo incubo, ma che è successo anche a lei. Si rende conto che un
linguaggio incomprensibile mescolato alle sue urla disumane è stato
accidentalmente registrato sul suo nastro. Il giorno dopo, quando
ascolta la registrazione, sente delle lingue antiche e
incomprensibili.
Milla Jovovich in Il quarto tipo
Contatta subito uno storico ed
esperto di lingue antiche, il dottor Awolowa
Odusami, che identifica queste parole come antica lingua
sumera. Sostenuta da Odusami, Abigail si rende finalmente conto che
non si tratta di una psicosi di massa di cui tutti soffrono. Si
tratta di un’invasione aliena sulla Terra, caratterizzata da
quattro fasi. Il primo passo è l’avvistamento, cioè
l’individuazione dell’UFO nel cielo. Il secondo è la prova, e il
terzo è il contatto, che probabilmente è l’avvistamento del gufo.
Infine, il quarto tipo è il rapimento, quando queste creature
aliene entrano in casa e rapiscono gli esseri umani durante la
notte, causandone la scomparsa definitiva.
La spiegazione del finale: cosa è
successo ad Ashley e ad Abigail?
Il quarto tipo
approfondisce quindi questo caso di rapimento e mostra uno sviluppo
emozionante. Anche la dottoressa Tyler ha avuto un avvistamento
UFO, ma non è riuscita a convincere gli altri della cosa. Lo
sceriffo locale, August, molto sospettoso, non
accetta di fidarsi delle sue parole. Il dottor Campos suggerisce
quindi di sottoporre Abigail stessa a ipnoterapia. Abigail si
sottopone allora all’ipnosi nel tentativo di entrare in contatto
con gli esseri responsabili e di ricongiungersi con la figlia.
Ipnotizzata, ricorda di aver assistito al rapimento di Ashley e di
essere stata rapita a sua volta.
Elias Koteas e Milla Jovovich in Il quarto tipo
Una presenza aliena comunica poi con
Abigail, che implora il ritorno di Ashley. L’alieno afferma che
Ashley non tornerà mai prima di definirsi “Dio”. Quando l’incontro
termina, Campos e Odusami si precipitano sulla donna, ormai priva
di sensi, e notano qualcosa fuori dallo schermo. L’immagine si
distorce di nuovo mentre una voce urla “Zimabu Eter!” prima di
risolversi e mostrare che tutti e tre sono spariti. Abigail si
risveglia poi in ospedale con il collo rotto. È a quel punto che
riceve una notizia sconvolgente: il dottor Campos e August le
spiegano come è morto effettivamente suo marito.
August rivela infatti che William si
è suicidato e che la convinzione di Abbey che fosse stato ucciso
era un’illusione. Abigail non riesce però ancora a credere che il
marito sia in grado di fare una cosa del genere, quindi nega
continuamente la verità, convinta piuttosto che sia stato spinto ad
uccidersi dalle entità aliene. Data la sua crescente follia, ad
Abigail viene tolta la custodia del figlio maggiore,
Ronnie. In seguito, viene scagionata da tutte le
accuse a suo carico e lascia l’Alaska per la East Coast, dove la
sua salute si deteriora al punto da richiedere cure costanti.
Resta però vivo il dubbio se tutto
sia stato frutto di sua follia o sia accaduto davvero. Nel corso
del film non vengono fornite precise prove a sostegno dell’una o
dell’altra tesi. La teoria più convincente, però, sembra essere
quella per cui in seguito alla morte del marito Abigail avrebbe
sviluppato per via del troppo dolore una forma di psicosi con cui
cercare di camuffare quel trauma. Ogni elemento a favore della
presenza aliena sarebbe dunque solo un frutto della sua progressiva
follia.
Un quaderno in cui tre giovani
decidono di raccontare la loro vita privata è al centro
de Il Quaderno Nero dell’Amore,
che, diretto dall’artista Marilù S.
Manzini e tratto dal suo omonimo romanzo edito da
Rizzoli, arriverà al cinema dal 27
maggio, distribuito da Europictures.
Quel quaderno, col pretesto di documentare la loro quotidianità,
finirà per nascondere pensieri, follie, confessioni, segreti…forse
anche crimini. Nel cast Emilia Verginelli (Io,
Don Giovanni),Michele
Cesari (Come diventare grandi nonostante i
genitori) Martina Palmitesta
(Nour), Giulia di Quilio, Carmen
Giardina.
Il Quaderno Nero dell’Amore, la
trama
Due giovani donne e un loro
coetaneo, per gioco, si mettono ad annotare su un quaderno i
segreti indicibili delle loro vite private. Mavi, designer
d’interni, collezionista di odori, conserva sottovuoto indumenti
delle persone che li indossavano. Paola, aspirante starlet ha
difficoltà a realizzarsi. Riccardo, accanito amatore seriale, sta
conducendo alla rovina il locale alla moda che gestisce con
leggerezza. Seguiamo le vicende dei tre amici e il loro uso di quel
quaderno nero che, col pretesto di documentare e dare voti
principalmente ai rapporti sessuali, finisce per nascondere
pensieri, follie, confessioni, segreti, forse anche crimini. Tra
momenti di erotismo, altri drammatici, e altri ancora di commedia,
Mavi lascerà emergere le proprie frustrazioni e il suo desiderio di
riscatto. Paola verrà bloccata nelle sue aspirazioni artistiche da
una malattia che lei trasformerà poi nel proprio successo.
Riccardo, lasciato senza un soldo dalla nonna che lo aveva finora
finanziato, farà emergere un lato di sé molto oscuro…
Il Quaderno nero , proposto da
Mavì, inizia come un gioco, un gioco nel quale si condividono i
segreti intimi dei partecipanti. Questo Gioco ci permette di
entrare nelle vite dei protagonisti. Mavì, viziosa ma
sentimentalmente insoddisfatta. Riccardo, in mezzo alla sua
lussuria in cerca di un onda perfetta. Paola, assillata dalla
madre che vorrebbe vederla primeggiare come modella (nonostante non
abbia la presenza adatta). Ad un certo punto il Quaderno perde
quasi importanza davanti al capitolare delle loro storie, che
porterà i protagonisti in situazioni drammatiche. A questo punto si
capisce che di fatto il Film è una storia d’amore e i protagonisti
troveranno la loro riuscita in maniera diversa da quella che
cercavano. Nel film non ci sono giudizi morali su niente di ciò che
accade, è come una fiaba noir. L’utilizzo del green screen ,
con paesaggi stilizzati, rende i paesaggi simili a quelli che
troviamo nei libri di fiabe e accentuano il contrasto con la messa
in scena. Parlo di messa in scena perché il film ha
un’impostazione teatrale. tutto sembra girato e recitato sul
palcoscenico di un teatro.
Peter Jackson, produttore e cosceneggiatore di The Hobbit
(diretto da Guillermo del Toro) ha confermato al sito Moviefone che
la sceneggiatura del secondo film tratto dalla storia di Bilbo
Baggins è stata appena consegnata.
Peter Jackson, produttore e cosceneggiatore di The Hobbit
(diretto da Guillermo del Toro) ha confermato al sito Moviefone che
la sceneggiatura del secondo film tratto dalla storia di Bilbo
Baggins è stata appena consegnata.
Ciò significa che la MGM potrà finalmente completare il piano di
lavorazione, decidere il budget e trovare un momento per avviare
finalmente la produzione probabilmente per ottobre-novembre, almeno
secondo Jackson. Il copione a cui si riferisce Jackson è quello
scritto da lui stesso, sua moglie Frances Walsh e Philippa Boyens,
lo stesso trio premio Oscar per Il Ritorno del Re, al quale si è
aggiunto Del Toro.
Da oggi, 18 gennaio, arriva nelle
sale italiane il nuovo film di Marco Risi, Il punto di
rugiada, presentato in anteprima al Torino
Film Festival, con cui il regista di Fortapàsc torna a esplorare gli archi di giovani
protagonisti inseriti in contesti ostili. In questo caso, si tratta
di Carlo e Manuel, interpretati
rispettivamente da Alessandro Fella e
Roberto Gudese, che devono scontare un anno di
riabilitazione presso la casa di riposo Villa Bianca.
Il punto di rugiada, la
trama: incontro generazionale
Carlo
(Alessandro Fella), un giovane viziato e
sregolato, causa un grave incidente d’auto da ubriaco e viene
condannato a un anno di lavori socialmente utili presso una casa di
riposo. Manuel (Roberto Gudese),
un giovane spacciatore colto in flagrante, è assegnato alla stessa
struttura. Luisa, un’infermiera con anni di
esperienza nella casa di riposo, guida i due ragazzi in un mondo in
cui la condivisione, il conforto e l’accoglienza cambiano per
sempre la loro prospettiva sulla vita.
Tra gli ospiti della villa,
Pietro, un colonnello (Eros
Pagni) che non sembra aver avuto un gran rapporto con il
figlio; Dino Rimoldi (Massimo De
Francovich), un ex fotografo che vorrebbe morire e che non
a caso si chiama Dino e ha un cognome con la stessa R di Risi; un
poeta Federico (Luigi Diberti),
che sta perdendo la memoria, e una anziana ospite
Antonella (Erika Blank) piena di
vita nonostante l’età. Oltre agli ospiti di Villa Bianca, che
naturalmente vivono entro le mura della struttura, c’è anche il
personale che gestisce le loro complesse esigenze, come
Luisa (interpretata da Lucia
Rossi), un’instancabile infermiera che ora deve gestire
anche la condotta di Carlo e Manuel. Quello che accade tra chi ha
tutta la vita davanti e chi ne ha troppo poca è sicuramente un
cortocircuito ricco di implicazioni per entrambi.
Un dialogo a più voci e omaggio alla figura paterna
Il punto di rugiada funziona,
soprattutto, come omaggio al padre del regista, Dino
Risi. “Sono circa tredici anni che penso a questo film
sugli anziani e, nel frattempo, si può dire che lo sono
diventato“, ha raccontato Marco Risi. Sono, in effetti, molti
i riferimenti al padre che si trovano in quest’opera, a partire da
uno degli anziani protagonisti del film che si chiama Dino e che
riprende molti dei tratti della figura paterna, compresa la
passione per i collage realizzati con fotografie prese da riviste o
scattate personalmente. Non è un caso che, parallelamente allo
sviluppo del film, Risi abbia anche scritto un libro che ha a che
fare con il rapporto con suo padre, “Forte respiro rapido”.
Erika Blanc,
Eros Pagni, Luigi Diberti,
Elena Cotta, Maurizio Micheli e
Massimo De Francovich sono solo alcuni dei grandi
nomi che raccontano questa storia in cui il conflitto principale è
quello generazionale, da non intendere necessariamente come un
punto di scontro, piuttosto come un dialogo a più voci scandito da
momenti di delicata poesia e riflessione. Il punto di
rugiada è un film nostalgico, ma anche di grande
apertura verso le nuove generazioni: in tutti questi protagonisti
anziani, c’è una forte curiosità verso questi giovani e, viceversa,
anche questi iniziano a capire che possono dare qualcosa agli
anziani.
Quella di Villa
Bianca non è una casa di riposo triste, anzi, è un luogo
abbastanza elegante e fuori dal comune, dove si respira comunque
solitudine e dolore. Ci troviamo di fronte a un film sul tempo che
passa molto velocemente per gli ospiti, e molto lentamente per i
giovani che sono costretti a stare li. Nonostante ciò, la
controparte giovanile, che ha una consapevolezza diversa del valore
del tempo, apprenderà qualcosa, allontanandosi sempre di più dalla
supponenza con cui si erano presentati all’inizio a Villa Bianca.
Pian piano, cominciano a entrare nei rapporti umani, guidati
dall’infermiera che cerca di fargli capire l’importanza del
rapporto con gli ospiti anziani.
Aprirsi all’ascolto in un luogo isolato dal mondo
La sceneggiatura del film di
Marco Risi evita di focalizzarsi sul viaggio di un
unico protagonista, abbracciando un parterre di personaggi
variopinti che, attraverso le loro esperienze di vita, danno
accesso a innumerevoli sfumature dell’animo umano ed emozioni. A
Villa Bianca convivono molte esistenze e, proprio
in virtù dell’età avanzata degli ospiti, questi possono donare
grande saggezza ai due ragazzi, che appaiono inizialmente come
sprovveduti e chiusi nella tipica arroganza giovanile, che presto
si scontra con la ricchezza intellettuale degli anziani.
In particolare, la passione
artistica si manifesterà agli occhi dei ragazzi tramite il
personaggio di Dino (Massimo De
Francovich), che ha sempre a fianco una macchina
fotografica con cui immortala scatti di quotidianità e che vengono
poi completamente rimodellati in collage fantasiosi e onirici,
sbarazzandosi di ogni associazione logica. D’altra parte,
Manuel scopre nelle poesie di
Federico qualcosa che non pensava di possedere
nell’animo, parole che risuonano con lui e gli rivelano qualcosa
sulla vita; si addentrerà così nell’universo della composizione
poetica, trovando un nuovo slancio per esistere tramite un arte che
mette in primo piano l’emotività umana.
Proprio nella messa in scena di
questi rinnovati legami interpersonali, Il punto di
rugiada si mostra nella sua sincerità narrativa,
proponendo un’analisi nostrana sul rapporto tra anziani e giovani
anche dal punto di vista pedagogico; interessante notare che la
stessa tematica è al centro di un altro film in uscita proprio oggi
nelle sale, The Holdovers – Lezioni di vitadi Alexander Payne. Purtroppo, una chiusa finale
raffazzonata va a minare le intenzioni del film, così come
l’ambiguità della sorte dei due giovani protagonisti, da cui ci
discostiamo progressivamente e forse un po’ troppo forzatamente,
dato che il loro sguardo viene introdotto come principale ponte su
un’altra età dell’esistenza.
Cinefilos.it offre
la possibilità di vedere al cinema gratis Il
punto di rugiada, in sala dal 18 gennaio con
Fandango e Rai Cinema. Il film è diretto da
Marco Risi e vede protagonisti Massimo De
Francovich, Alessandro Fella, Eros Pagni, Lucia Rossi, Luigi
Diberti.
Ecco le città in cui sarà possibile partecipare alle
proiezioni:
ROMA
CINEMA LUX
giovedì 18 gennaio – 10 biglietti
venerdì 19 gennaio – 10 biglietti
sabato 20 gennaio – 10 biglietti
domenica 21 gennaio – 10 biglietti
CINEMA EURCINE
giovedì 18 gennaio – 10 biglietti
venerdì 19 gennaio – 10 biglietti
sabato 20 gennaio – 10 biglietti
domenica 21 gennaio – 10 biglietti
TORINO
CINEMA ROMANO
giovedì 18 gennaio – 10 biglietti
venerdì 19 gennaio – 10 biglietti
sabato 20 gennaio – 10 biglietti
domenica 21 gennaio – 10 biglietti
BOLOGNA
CINEMA ODEON
giovedì 18 gennaio – 10 biglietti
venerdì 19 gennaio – 10 biglietti
sabato 20 gennaio – 10 biglietti
domenica 21 gennaio – 10 biglietti
MILANO
ANTEO PALAZZO DEL CINEMA
giovedì 18 gennaio – 10 biglietti
venerdì 19 gennaio – 10 biglietti
sabato 20 gennaio – 10 biglietti
domenica 21 gennaio – 10 biglietti
NAPOLI
MODERNISSIMO
giovedì 18 gennaio – 10 biglietti
venerdì 19 gennaio – 10 biglietti
sabato 20 gennaio – 10 biglietti
domenica 21 gennaio – 10 biglietti
I biglietti saranno validi per il
primo spettacolo serale da giovedì 18 gennaio a domenica 21
gennaio e potranno essere richiesti inviando una email
a [email protected].
Per questioni legate
all’organizzazione degli eventi, sarà necessario inviare la
richiesta dei biglietti entro e non oltre il prossimo giovedì 17
gennaio. I
biglietti potranno essere ritirati direttamente alla cassa dei
cinema presentando la email di conferma ricevuta unitamente ad un
documento di identità.
Guarda il trailer de Il punto di Rugiada
Leggi la trama del film
Carlo, un ragazzo viziato e
sregolato, una notte provoca da ubriaco un grave incidente d’auto
per il quale viene condannato a scontare un anno di lavori
socialmente utili in una casa di riposo. Insieme a lui a Villa
Bianca arriva anche Manuel, un giovane spacciatore colto in
flagrante. Luisa, infermiera che lavora da anni nella struttura,
guiderà i due ragazzi in un mondo senza età dove condivisione,
conforto e accoglienza cambieranno per sempre il loro sguardo sul
mondo e sulla vita.
Di ieri è la notizia che
Simon Pegg sarebbe tornato nel sequel di
Star Trek. Oggi invece si parla di Bruce
Greenwood, il quale nel primo film di J.J.Abrams
interpretava il capitano Christopher Pike, che ha rivelato qualcosa
iguardo alla lavorazione del sequel: comincerà all’inizio del
prossimo anno. “So che il piano di riprese è previsto per gennaio,
ma più di questo non posso dire.”
Ha commentato l’attore, aggiungendo
che spera di avere un ruolo anche nella seconda puntata. Come noto
Roberto Orci ed Alex Kurtzman, sceneggiatori
fidati di Abrams, stanno lavorando al copione del sequel. Il cast
composto anche da John Cho, Chris Pine, Zachary Quinto, Zoe
Saldana, Karl Urban e Anton Yelchin dovrebbe tornare nei
rispettivi ruoli. Il film uscirà nelle sale americane il 29 giugno
del 2012.
A poco meno di due mesi dall’arrivo
della seconda stagione di Squid
Gamesu Netflix, la serie ha in serbo un’importante
espansione con un regista candidato all’Oscar al timone. Deadline riporta che un nuovo show in lingua inglese è
in lavorazione sulla piattaforma di streaming da parte di
David Fincher, mente di Se7en. Al momento i dettagli sono
tenuti strettamente nascosti, anche se si prevede che questa serie
sarà il suo prossimo grande progetto nell’ambito del contratto in
corso con il servizio, a meno che non venga annunciato un altro
film. Si prevede che l’autore dedicherà gran parte del 2025 allo
sviluppo della serie, il che significa che il progetto potrebbe
essere avviato piuttosto rapidamente.
La serie di Fincher sarebbe la
prima vera e propria estensione del franchise al di là del
terrificante show originale sudcoreano di Hwang
Dong-hyuk. Netflix ha già all’attivo il controverso
reality show Squid
Game: The Challenge, oltre a un videogioco, ma questa sarebbe
una frontiera completamente nuova che potrebbe potenzialmente
aprire la competizione di sopravvivenza distopica al mondo al di là
della Corea del Sud. Se qualcuno è in grado di creare un’aggiunta
in lingua inglese, Fincher sarebbe una buona scommessa, data la
sua inclinazione per i thriller oscuri, da Zodiac a Gone Girl.
La premessa di Squid Game,
una gara di vita o di morte che consiste in giochi per bambini per
un premio in denaro, non sarebbe un concetto estraneo a Fincher,
visto che il suo thriller del 1997 The Game, interpretato da
Sean Penn, affrontava un gioco contorto che si
evolveva in una più ampia cospirazione che coinvolgeva la vita di
un ricco banchiere d’investimento.
Con Fincher che ora prende le
redini di uno dei più grandi universi di blockbuster di Netflix, la
piattaforma continuerà a raccogliere i benefici di un accordo
globale con il decorato regista. Finora ha già prodotto due film in
streaming, Mank e The Killer dell’anno
scorso, oltre a una serie molto amata e spesso richiesta con
Mindhunter. Ha anche prodotto e
diretto l’acclamata serie animata Love, Death +
Robots di Tim Miller e ha avuto
un ruolo nell’ascesa di Netflix come produttore esecutivo di
House of Cards. Le voci tra gli addetti
ai lavori lo collegavano a Squid Game da tempo e, non
avendo nulla in programma dopo il film diretto da Michael
Fassbender, ha lasciato la porta aperta per affrontare
finalmente la serie vincitrice dell’Emmy.
Squid Game torna finalmente su
Netflix a dicembre
La visione di Netflix è quella di
continuare a costruire sul successo di Squid Game, dopo
che la prima stagione è diventata la serie più vista dello streamer
con un ampio margine, con oltre 2,2 miliardi di ore viste
finora. Per il momento, però, l’attenzione è rivolta all’arrivo
della seconda stagione il 26 dicembre. Con il ritorno di
Lee Jung-jae nel ruolo del Giocatore 456,
Gi-hun, la nuova stagione riprende tre anni dopo la sua prima
vittoria nei giochi. Con la sua nuova ricchezza, Gi-hun è determinato a chiudere l’oscura organizzazione
che si cela dietro questa contorta competizione e che si approfitta
delle classi meno abbienti della Corea del Sud. Tuttavia, il
percorso per porre fine ai giochi è irto di ostacoli e alla fine lo
costringe a tentare nuovamente la fortuna come concorrente per
raggiungere i piani alti. Ci si aspetta l’ingresso
di molti volti nuovi nella mischia, tra cui
Yim Si-Wan, Kang Ha-Neul, Park Sung-hoon e
Yang Dong-geun .
Il prossimo film di Star
Wars, The Mandalorian and Grogu, ha
ufficialmente terminato le riprese, e sembra che il suo piccolo
eroe verde abbia un futuro davanti a sé all’interno della storia.
The
Mandalorian and Grogu è stato annunciato nel gennaio 2024
come la continuazione della storia della serie televisiva The
Mandalorian, che vedrà Din Djarin e Grogu lavorare per conto
dei ranger della Nuova Repubblica, mentre il Mandaloriano
accompagnerà il figlio appena adottato nel suo viaggio di
apprendistato. Per quanto riguarda i dettagli, si conosce solo una
parte limitata del cast di The Mandalorian and Grogu, e questi
segreti sono sopravvissuti alla produzione.
Ciò significa che i segreti e le sorprese che attendono il
pubblico in The Mandalorian e in Grogu sono davvero sotto stretto
controllo. Filoni, tuttavia, ha anche fatto qualche piccolo accenno
al futuro di Grogu, parlando dell’evoluzione del personaggio – sia
nell’universo che dietro le quinte – e insistendo sul fatto che “è
diventato una star”.
Cosa significano i commenti di Dave Filoni per Star Wars
Per coloro che sono pronti a vedere Star Wars di nuovo
sul grande schermo, questa è una notizia entusiasmante, poiché è il
primo film di Star Wars a completare la produzione e a prepararsi
per un’uscita sul grande schermo dopo Star Wars: The Rise of
Skywalker del 2019. Dopo anni di progetti cinematografici di
Star Wars abbandonati, The Mandalorian and Grogu sta finalmente
facendo un altro passo verso il debutto sul grande schermo,
diventando molto più di una semplice idea sulla carta. L’attesa per
un nuovo film di Star Wars è quasi finita e sembra che ci sia molto
in serbo per i suoi personaggi.
Il
prossimo film di Martin Scorsese potrebbe essere stato
svelato grazie a un nuovo aggiornamento sulle riprese da parte di
Dwayne Johnson. Nel febbraio 2025, è stato
riferito che l’ottantaduenne regista stava sviluppando un film
drammatico senza titolo descritto come una sorta di
Goodfellas incontra The Departed ambientato alle
Hawaii, con
Dwayne Johnson, Leonardo DiCaprio ed Emily Blunt nel cast. Il progetto avrebbe
scatenato un’aggressiva guerra di offerte tra diversi studi
cinematografici, con la 20th Century Studios della Disney che
sembrava averla spuntata. Tuttavia, Scorsese ha molti film in
cantiere, quindi non è chiaro quale sarà il suo prossimo
progetto.
Ora, il prossimo film di Scorsese
potrebbe essere stato appena svelato. Durante una recente
apparizione al The Pat McAfee Show, Dwayne Johnson ha condiviso un
aggiornamento sulle riprese del film senza titolo di Scorsese
ambientato alle Hawaii, dicendo che sarà girato entro il
prossimo anno. L’attore ha anche espresso il suo entusiasmo per
il fatto di recitare in una potente storia di gangster mai
raccontata prima, diretta da Scorsese, che è stato profondamente
ispirato dalla sua profondità culturale e dai temi del recupero del
patrimonio culturale. Leggi i suoi commenti completi o guarda il
video qui sotto:
Abbiamo dato il via al progetto.
Abbiamo chiamato Scorsese e abbiamo avuto un incontro con lui, gli
abbiamo presentato l’idea e lui l’ha adorata. È rimasto sbalordito
dal fatto che questa storia non fosse mai stata raccontata… L’idea
di raccontare questa storia con Scorsese; nessuno fa film di
gangster meglio di Martin Scorsese. È il migliore in assoluto. È
sul Monte Rushmore insieme ai grandi registi.Nessuno lo fa
meglio di lui. Ma penso che ciò che lo ha davvero stimolato in
questo progetto sia l’idea di un uomo che si ribella: sì, un
gangster, sì, un padrino, e sì, spietato, ma che si ribella anche
per rivendicare ciò che gli è stato rubato, ovvero la cultura e la
terra.
Cosa significa questo per il
prossimo film di Martin Scorsese
Da quando Killers of the Flower Moon è
uscito nelle sale nell’ottobre 2023, Martin Scorsese ha esplorato una serie
di possibilità per il suo prossimo film, a partire da A Life
of Jesus, basato sul libro di Shūsaku Endō, e da un film
biografico su Frank Sinatra con DiCaprio, entrambi i quali
avrebbero incontrato degli ostacoli. Più recentemente, il film
Devil in the White City sarebbe stato ripreso dalla 20th
Century Studios, seguito da un adattamento di Gilead in fase
di sviluppo presso la Apple, con Scorsese e DiCaprio impegnati
nella regia e nella recitazione di entrambi.
Tuttavia, considerando i commenti
di Dwayne Johnson, sembra che il film poliziesco ambientato alle
Hawaii sarà il prossimo film di Scorsese. Secondo quanto
riferito, il progetto ha scatenato una guerra di offerte a cinque
tra diversi studi, tra cui Amazon, Apple, Warner Bros. e Netflix, con la 20th Century Studios della Disney che
sembra aver avuto la meglio alla fine. Ora, se le riprese
inizieranno entro il prossimo anno, come afferma Johnson, il film
potrebbe uscire alla fine del 2026 o all’inizio del 2027.
Il prossimo film di
Jordan Peele è stato aggiunto nel calendario delle
uscite della Universal Pictures, con l’uscita fissata per il 25
dicembre 2024.Variety ha riferito che il film, che al
momento non ha titolo o dettagli sulla trama, uscirà il giorno di
Natale del 2024, cinque giorni dopo gli attesissimi sequel
Sonic the Hedgehog
3 e Avatar
3.
Allo stesso modo, un film
senza titolo di Monkeypaw Productions era stato
fissato per il 27 settembre 2024. Monkeypaw Productions è la
società di produzione di Jordan Peele, che ha
prodotto film recenti comeCandyman del
2021 e il film d’animazione del
2022 Wendell &
Wild diretto da Henry Selick eThe Nightmare Before Christmas.
Il film più recente di Peele è
stato Nope,
che ha scritto e diretto. È stato interpretato dal premio
Oscar Daniel Kaluuya, che si è riunito con Peele
dopo l’uscita di successo diGet Outdel 2017. Al
suo fianco nel cast anche Keke Palmer
(Hustle)
e il candidato all’Oscar
Steven Yeun (Minari)
mentre interpretano i residenti in una gola solitaria
dell’entroterra californiano che sono testimoni di un’agghiacciante
scoperta. Nope era
una produzione di Monkeypaw Productions e Universal Pictures ed è
stato prodotto da Peele e Ian Cooper.
E’ stato finalmente
annunciato il programma ufficiale del 65esimo Festival di Cannes, che vi ricordiamo avrà inizio il
prossimo 16 di maggio. Presidente di Giuria come già anticipato
qualche mese fa sarà Nanni
Moretti. Per gli l’Italia, come era prevedibile Reality di
Matteo Garrone,
E’ stato diffuso il programma
dell’Area Movie del Lucca Comics & Games,
edizione 2022 a cura di QMI. Tra gli eventi vi
segnaliamo l’attesissima anteprima di Dampyr,
l’anteprima di One Piece
Film: Red e l’attesissimo arrivo di Tim Burton.
VENERDI 28 OTTOBRE
CINEMA ASTRA
h. 14:30
Crunchyroll e Toei Animation presentano: One
Piece la serie – Aspettando RED! Puntata 1029 – Un ricordo
distante. Rufy e Uta, la figlia del Rosso Puntata 1030 – La
promessa di una nuova genesi! Rufy e Uta Episodio Speciale – Il log
appartenuto a una leggenda! Shanks il Rosso! (v.o. sub ita, 70’,
JP)
h. 16:30 Slim Dogs Production presenta: Nostos
di Mauro Zingarelli (20’, Ita) Modera: Gabriella Giliberti Saranno
presenti: Mauro Zingarelli, Marco Cioni e Cydonia
h. 20.00 Eagle Pictures, Sergio Bonelli Editore e Brandon Box
presentano: Dampyr.
Prima mondiale (110’, ITA) Saranno presenti gli attori: Stuart
Martin, David Morrissey, Luke Roberts, e il regista Riccardo
Chemello.
SABATO 29 OTTOBRE
CINEMA ASTRA
h. 11.30
SABATO 29 OTTOBRE
Paramount Pictures presenta:“Dungeons &
Dragons – L’onore dei Ladri”
Incontro con i registi Jonathan Goldstein, John Francis Daley, e il
produttore Jeremy Latcham.
Contenuti in anteprima. Modera Cristina Scabbia.
h. 15.30 Anime Factory e Toei Animation presentano:
One Piece
Film: Red – Anteprima italiana (v.o., 115’, JP)
Introducono l’evento gli ospiti d’eccezione Goro Taniguchi e
Masayuki Sato. *Ingresso con prenotazione e biglietto del
festival.
h.10.30 Sergio Bonelli Editore, Rai Kids, Power Kids e NexusTV
presentano: Dragonero. I Paladini – Anteprima Mondiale. I primi 4
episodi della serie animata. Con Luca Enoch e Stefano Vietti.
h. 18.00 Disney+ presenta: La serie
Lucasfilm: Andor –
Episodio 8
(53, US) A seguire: Incontro con Denise Gough
(“Dedra Meero”) e speciali sorprese per tutti i fan
CINEMA CENTRALE
h.14.30 Nexo Digital e Bim presentano: Cut!
Zombi contro Zombi – Anteprima italiana (115’,
FR)
TEATRO DEL GIGLIO
h.11.00 Prime Video presenta:
Il
Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere – incontro
con il cast. Saranno presenti: Cynthia Addai-Robinson, Ismael Cruz
Córdova e Sophia Nomvete Modera: Emanuele Vietina *Ingresso con
prenotazione e biglietto del festival.
LUNEDì 31 OTTOBRE
CINEMA MODERNO
h.20.00 Netflix presenta:
Mercoledì – European Fan Screening Episodio 1 (v.o. sub ita)
Introduce Tim Burton. Modera Gianmaria Tammaro.
*Ingresso con biglietto gratuito speciale ritirabile dalle ore
08.30 alle ore 17:00 del giorno dell’evento, alla biglietteria di
Piazzale Verdi, SOLO per i possessori di biglietto LC&G
Sabato 20 gennaio 2018 a Rimini,
nella data in cui Federico Fellini avrebbe compiuto 98 anni,
inaugurerà, dopo un importante intervento di ristrutturazione
durato 6 anni e realizzato nell’ambito del progetto del Museo
Fellini, il Cinema Fulgor, ridisegnato dal premio
Oscar Dante Ferretti, che sarà presente alla festa
inaugurale. Un’apertura molto attesa, tanto da essere citato ancora
prima del taglio del nastro ufficiale come luogo di interesse per
l’anno nuovo in un recente articolo del New York Times
dedicato ai luoghi turistici top del 2018 a livello mondiale. Il
Fulgor, destinato a divenire presidio culturale e centro d’impulso
intellettuale per l’intera Regione, proietta così l’Emilia-Romagna
fra le destinazioni migliori per un turismo culturale in grado di
generare valore per l’intero territorio.
La programmazione:
rassegne, classici restaurati e anteprime italiane, come Made
in Italy, l’ultimo film di Luciano Ligabue (22
gennaio)
La programmazione del Cinema Fulgor
sarà curata dalla società Khairos srl, i cui
fondatori operano nel mondo della cinematografia da 50 anni:
un’azienda familiare allargata (fra collaboratori e soci), unita
dal suo amore per il cinema, che già porta avanti con successo la
gestione del Cinema Settebello di Rimini. Tante le partnership
attivate per portare a Rimini il meglio del cinema italiano e non
solo, con rassegne, retrospettive, e naturalmente anteprime
italiane. Si inizia già lunedì22
gennaio alle ore 21.00 quando verrà proiettato in
anteprima nazionale l’ultimo film di
Luciano LigabueMade in
Italy, in uscita nella sale italiane dal 25 gennaio.
Il film, che si ispira all’omonimo album del cantante di Correggio
uscito nel novembre 2016, sarà presentato in sala alla presenza
dello stesso regista e del produttore Domenico
Procacci. Sempre in anteprima italiana martedì 23
e mercoledì 24 gennaio dalle ore 21.00 verrà proiettato
Fabrizio De André. Principe Libero, la
mini serie in due puntate dedicata al grande cantautore genovese
co-prodotta da Rai Fiction e Bibi Film. La biopic a lui dedicata
sarà visibile sul grande schermo in tutta Italia solo in queste due
giornate, mentre approderò su Rai 1 il 13 e 14 febbraio, in
concomitanza con i due anniversari che ne racchiudono il viaggio:
quello della scomparsa, l’11 gennaio 1999, e quello della nascita,
il 18 febbraio 1940. La proiezione sarà preceduta dal concerto
omaggio a Fabrizio De Andrè del cantautore santarcangiolese Andrea
Amati, collaboratore di Francesco Baccini e Cristiano De André.
Ovviamente, accanto all’ossatura
della programmazione, rappresentata da una selezione dei migliori
film di qualità di nuova uscita, una parte importante della
proposta cinematografica del Fulgor sarà dedicata al “Maestro”. Non
solo con le retrospettive dedicate alla sua vasta cinematografia,
ma allargando la prospettiva di partenza e puntando su tre
linee temporali. La prima è quella dei film, dei registi e
delle correnti che hanno influenzato o che erano particolarmente
apprezzate da Fellini (come Roberto Rossellini, John Ford, Charlie
Chaplin, il cinema hollywoodiano, i fratelli Marx, Alfred
Hitchcock, Luis Buñuel e molti altri); la seconda invece include
quei registi a lui contemporanei, in particolar modo Michelangelo
Antonioni, Ingmar Bergman e Akira Kurosawa, con cui il Maestro si
confrontava; infine la terza sarà dedicata a tutti quei registi che
da lui sono stati maggiormente influenzati, da Stanley Kubrick a
Martin Scorsese. Tutto questo sarà possibile grazie alle
collaborazioni con importanti enti di produzione e distribuzione,
come la Cineteca di Bologna e Wanted Cinema, che permetteranno di
avere al Fulgor anche anteprime nazionali.
La ricca programmazione
cinematografica dei prossimi mesi vedrà al Fulgor la
proiezione de La Febbre dell’oro (1925), fra le prime
pellicole mute di Charlie Chaplin; Alla ricerca di Van
Gogh, distribuito in Italia dalla Wanted Cinema; una rassegna
dedicata alla Nouvelle Vague; il documentario La lucida follia
di Marco Ferrari, realizzato a vent’anni dalla scomparsa del
grande regista e presentato all’ultima Mostra del Cinema di
Venezia; una selezione di classici restaurati provenienti dal
Cinema Ritrovato di Bologna, documentari sull’arte che raccontano
le straordinarie vite di artisti come Caravaggio e Bosch,
performance teatrali, come quella di Roberto Mercadini dedicata
proprio a Federico Fellini, e la proiezione in anteprima di LA
SCUOLA: un’indagine sul ‘300 riminese diretto da Davide
Montecchi e prodotto da Meclimone produzioni cinematografiche,
Francesca Manno per Summerside International ed Elena zanni per
Khairos srl. Il documentario è una ricognizione personale alla
scoperta delle principali opere eseguite dagli allievi riminesi di
Giotto nei primi decenni del ‘300.
L’obiettivo è quello di rendere il
Fulgor in un luogo di cultura eterogeneo: il
cinema infatti è fatto di scrittura, disegno, musica, intreccia e
comprende in sé tutte le arti. In quest’ottica il Cinema Fulgor
sarò aperto tutti i giorni dal pomeriggio, e spesso anche la
mattina con proiezioni diurne dedicate alle scuole e alle
famiglie.
Gli eventi
collaterali
Questa linea si rispecchia anche
nelle idee principali che ispirano la progettazione degli eventi
paralleli a quelli della programmazione delle due sale
cinematografiche del Fulgor. Verrà offerto dunque un ricco
ventaglio di eventi che comprendano, oltre a prime visioni,
dialoghi con autori, registi ed attori, la presenza e gli
interventi formativi di persone che lavorano nel settore. A questo
proposito la società di gestione Khairos ricerca uno sviluppo
ulteriore dei progetti già imbastiti da diversi anni con le scuole
e l’Ateneo cittadino. Per farlo è stata richiesta la collaborazione
– fin dalla prima ora piena ed entusiasta – del Dipartimento di
Scienza della Qualità della Vita dell’Alma Mater, in particolare
con Roy Menarini, Docente di Cinema e Industria
culturale dell’Università di Bologna, Campus di Rimini
Tra i più conosciuti, apprezzati e
seguiti critici cinematografici italiani, Menarini da marzo sarà
colui che guiderà i primi corsi di approfondimento
che il Cinema Fulgor offrirà alla città. Saranno corsi per
appassionati e cinefili, volti a far scoprire aspetti più
approfonditi dei linguaggi cinematografici, dalle note di regia a
spunti di riflessione sulla fotografia, sulla composizione testuale
delle sceneggiature, fino ad arrivare all’analisi dei nuovi
linguaggi cinematografici sollecitati dalle serie tv.
Le sale del Fulgor inizieranno in
questa maniera ad intessere una prima ibridazione dello spazio in
cui si collocano: sì sala cinematografica ma anche salotto della
città e polo regionale di scambio e dialogo sulla cultura filmica e
delle immagini.
Sempre con l’università, e in
rapporto con operatori del settore, si vuole realizzare un grande
sogno: riportare a Rimini una delle esperienze di Festival
cinematografici tra i più apprezzati in Italia. La tensione di
tutto lo staff e la struttura sono fin da ora tese a costruire
l’ossatura per riuscire quanto prima a riattivare quella importante
esperienza culturale, capace – già dagli anni Novanta – di portare
uno spirito non solo europeo, ma mondiale. Nella rassegna di
Rimini Cinema, fin dagli anni Ottanta, era dato
grande risalto alle esperienze della cinematografia sia delle
culture medio orientali che di quelle del Sud Est asiatico e
centrale.
Approdato sulla piattaforma
streaming statunitense il 21 settembre, il
profumiere è un thriller diretto dal regista tedesco Nils
Willbrandt. Il soggetto è tratto dal bestseller Profumo. La storia di un
assassino, romanzo di Patrick Suskind del 1985. Già una
pellicola prima de Il profumiere aveva portato
questa storia sul grande schermo: si tratta di Profumo- storia di
un assassino, film del 2006 diretto da Tom Tykwer, con
Dustin Hoffman ed
Alan Rickman. Nel cast del recente adattamento Netflix ritroviamo invece i tedeschi Emilia Schule,
Ludwig Simon e l’austriaco Robert Finster.
La ricerca di un profumo
d’amore
“questa storia ha inizio nell’oscurità, parla di bellezza e
parla di ferocia, della ricerca della felicità e del costo per
averla”
Con quest’incipit, la voce narrante
apre il sipario de Il profumiere. Una giovane
detective viene trasferita in una nuova stazione di polizia, dove
sembra aver trovato la felicità e l’amore in un suo collega. Il
loro però è un rapporto debole, essendo lui sempre sospinto verso
la sua vecchia vita con l’ex moglie ed i figli.
Parallelamente, due serial killer
continuano a mietere vittime: si tratta di giovani donne
brutalmente uccise ed a cui vengono estratte le ghiandole
sudoripare. Il profumiere Dorian, con l’ausilio della sua aiutante
Rex, vuole realizzare un profumo che induca all’amore, un profumo
nato dall’odore umano. Queste due storie sono destinate ad
incrociarsi: la detective userà uno dei profumi di Dorian per
mantenere con sé il suo amato, per poi chiedere aiuto al profumiere
per poter sentire nuovamente gli odori. Avendo perso l’olfatto
all’età di sette anni successivamente ad un grave raffreddore, lei
brama di riacquistare la facoltà di sentire i profumi del
mondo.
Dorian, il profumiere
Il profumiere: un film che parla ai
sensi
Il profumiere è in
sé un film molto interessante da vedere, da un’esperienza visiva
differente da molte altre pellicole. Pur avendo una trama molto
semplice, ed in alcuni tratti neanche sviluppata al massimo, il
film garantisce allo spettatore una serie di emozioni che vanno al
di la della mera vicenda. La stessa voce narrativa svolge un
duplice compito: oltre che accompagnare il pubblico nel corso delle
vicende, lo indirizza verso tutte delle riflessioni e sensazioni,
specialmente riguardo, ovviamente, gli odori. La percezione del
mondo attraverso l’olfatto diventa il centro dell’esperienza
sensoriale che è questo film: l’importanza che i profumi hanno sia
per la detective, che impara solo ora a conoscerli, sia per Dorian,
il quale collega il sentimento dell’amore ad un profumo inebriante
e misterioso che vuole scoprire.
Questo sentirsi avvolgersi nel film
però, non avviene solamente attraverso il profumo. Ne il
profumiere si ha un interessante utilizzo di primi piani
che mettono maggiormente in contatto lo spettatore con lo stato
d’animo dei personaggi. A questo si unisce anche uno scarso
utilizzo di sottofondi musicali: nel silenzio, tutto il focus è sui
protagonisti e sulle loro emozioni. Anche nei momenti in cui è
presente un background musicale, vengono utilizzati brani classici
e soffusi.
“L’amor che move il sole e l’altre
stelle”
Pur non essendo il sommo poeta
coinvolto in alcun modo ne Il profumiere, questa
citazione del canto XXXIII del Paradiso sembra esprimere alla
perfezione una delle tematiche chiave del film: cosa si sarebbe
disposti a fare per amore? Quale grande forza può esercitare
l’amore sulle scelte di una persona? I due protagonisti del film
dimostrano in più occasioni di voler sacrificare quasi tutto per
esso. La detective finisce per usare costantemente il profumo di
Dorian per mantenere il suo amato, aggrappandosi all’illusione che
i suoi siano sentimenti autentici. Il profumiere invece, non
essendo mai stato realmente amato da nessuno, rincorre questo
sentimento da tutta la vita, con la convinzione che un profumo
possa portare le altre persone ad amarlo.
Un racconto dai tratti
irrealistici
Un occhio più critico e più
razionale potrebbe facilmente andare a riscontrare ne Il
profumiere delle incongruenze nella stessa vicenda. Prima
di tutto il profumo viene trasformato in una sorta di pozione che
può influenzare le scelte e le azioni degli esseri umani. Ad ogni
modo, è facile comprendere la necessità di questa sorta di elemento
magico, il quale diviene effettivamente il fulcro del film. Più
illogico risulta essere il rapporto che si instaura tra la
detective e Dorian: pur avendo moltissime occasioni per arrestare
questo pericoloso serial killer, lei lo mantiene libero ed
addirittura si rivolge a lui per curare il suo olfatto.