E’ stato presentato oggi alla
stampa italiana, presso il Cinema Adriano in Piazza Cavour, a Roma,
Ti ricordi di me?, il secondo film da
regista dell’attore romano Rolando Ravello, che
arriva a più o meno un anno di distanza dal precedente Tutti contro
tutti. Presenti alla conferenza stampa del film, oltre al regista,
anche gli interpreti Ambra Angiolini, Edoardo Leo, Paolo
Calabresi e Pia Engleberth, insieme al
produttore Marco Belardi.
Quanto è stato difficile portare
questa storia dal teatro al grande schermo?
“La prima telefonata l’ho fatta
proprio ad Ambra e ad Edoardo – esordisce Rolando
Ravello – Avevo il terrore, dato il grande successo
dello spettacolo teatrale, che loro si fossero in qualche modo
incancreniti in quei personaggi. Ho sempre visto la storia in un
altro modo. Per me era molto importante l’aspetto emotivo. Abbiamo
lavorato tutti insieme sulla sceneggiatura e, soprattutto,
sull’emotività del film. Per me è stato naturale allontanarmi dallo
spettacolo teatrale, perché avevo le idee abbastanza chiare sul
film. Sto scoprendo che questo è il mio modo di vedere le cose e lo
sento coerente con il mio primo film. Il modo in cui ho raccontato
questa storia è molto simile al modo in cui ho raccontato Tutti
contro tutti. È solo pancia. Una regia tecnica, probabilmente, non
saprei farla”.
“L’esigenza di portare
questa storia sul grande schermo era anche nostra – continua
Edoardo Leo – E’ un film che ha un percorso
molto particolare, rispetto magari ad altri prodotti. Non ci è
stato proposto. Si tratta di una storia che noi, io e Ambra, dopo
averla portata in tournée per due anni, abbiamo deciso di
presentare a Marco Belardi. Dopo aver scritto la sceneggiatura,
opera mia, di Paolo Genovese e di Edoardo Falcone, avevamo bisogno
di uno sguardo ancora nuovo. Dovevamo affidarci alla visione di un
regista e pensavamo che Rolando fosse la persona ideale. È molto
tenero, guarda le cose in maniera estremamente sentimentale. Quando
poi trovi, come è successo nel nostro caso con Rai Cinema, qualcuno
che crede nel tuo progetto, il cerchio si chiude ed è allora che il
film viene fuori”.
“La differenza tra recitare
questa storia a teatro e riproporla poi per il cinema è stata
notevole – prosegue Ambra Angiolini – A
teatro avevamo altri toni, più adatti a quel tipo di ambiente. Nel
film, invece, Rolando mi ha tolto tutte le certezze che avevo. Ho
cercato di lavorare andando nella sua direzione e devo ammettere
che all’inizio non è stato facile. Ogni giorno dovevo togliere
qualcosa a ciò che in due anni avevo costruito da sola con Sergio
Zecca. Dopo la prima settimana ho chiamato Rolando, dicendogli che
non riuscivo a capire esattamente cosa stessi facendo. Facevo
fatica ad immaginarmi la nuova Bea. Avevo quindi bisogno del suo
aiuto per ricreare al meglio la Bea così come se l’era immaginata,
senza correre il rischio di portare cose che fossero sbagliate o
addirittura esagerate”.
Quanta storia e quanta favola
c’è in questo film? Quanto avete voluto tirar fuori dalla vita di
tutti i giorni questo racconto?
“L’approccio alla storia è
appunto quello della favola – risponde il regista – Credo
che l’emozione legata ai personaggi, invece, sia radicata nel
reale. Siamo sempre a metà, anche nello stile delle inquadrature,
tra la favola e il realismo. È possibile muoversi su questo
confine. Tutti gli attori hanno lavorato molto sull’emotività.
Questo ha fatto sì che il lavoro sul film, alla fine, risultasse
come un grande viaggio costruito insieme, in onestà”.
“Abbiamo fatto una scelta –
aggiunge Paolo Genovese – Quando abbiamo
scritto il film ci siamo posti delle domande. Ci sono molto cose
tecniche che abbiamo ignorato, ma volutamente. È una favola, una
storia d’amore, quindi non ci interessavano tutti i tecnicismi del
caso. È un tipo di film che ha una linea narrativa tale per cui se
lo spettatore crede nei personaggi dall’inizio, non li molla più.
Senza stare a chiedersi il perché o il per come di determinati
avvenimenti. È un film di pancia, di pure emozioni, che ti conduce
fino alla fine senza farti fare domande”.
Domanda per Ambra Angiolini:
come descriveresti il tuo personaggio?
“I protagonisti di questo film
hanno molti elementi in comune. Nella vita reale sarebbero due
emarginati, con tutte le loro patologie, i loro tic, con tutte le
cose scomode che li contraddistinguono. La cosa speciale è che in
questa storia tutto ciò che nella vita reale potrebbe metterti al
margine, diventa invece un punto di forza. Roberto e Bea sono due
pezzi unici che diventano una cosa sola. È abbastanza raro, ma può
accadere. Sono due persone che restano piene di difetti in un mondo
giusto, che è poi quello che ognuno di noi si augura per sé quando
incontra qualcuno. Tutti vorremo trovare qualcuno che renda nobile
quello che ci sembra sbagliato di noi stessi”.
La storia del film sembra alla
fine diventare una delle favole improbabili che scrive il
personaggio di Edoardo Leo, Roberto. Si potrebbe interpretarla
così?
“È una possibile lettura,
sicuramente – afferma Ravello – Credo che lo spettacolo
teatrale e il film siano due cose completamente diverse. Questo è
un film che come tale vuole averne tutta la dignità. Usa il
linguaggio del cinema in tutto: nella scelta delle inquadrature,
nel racconto della storia, nella recitazione dei personaggi. Il
teatro rimane lo spunto da qui è partita la storia, ma sono
veramente due cose diverse”.
Quanto è stato difficile trovare
un finale non banale, considerando che il film poteva rischiare di
chiudersi in modo banale? Visto il respiro internazionale del film,
si parla già di possibili vendite all’estero?
“Abbiamo ragionato tantissimo
sul finale – confessa Ravello – Avevano una lista di
ipotetici finali. Alla fine ne erano rimasti solo due. Uno era
stato partorito da me, ed era un finale diverso rispetto a quello
che si vede nel film. Paolo, invece, aveva immaginato il vero
finale del film, quello che poi abbiamo girato. Alla fine,
ragionandoci su, gli ho dato ragione e abbiamo scelto il suo
finale”.
“Sono molto affezionato a questo
progetto – dichiara Marco Belardi – Avevo
anche prodotto lo spettacolo teatrale. Quando ho letto la storia ho
subito pensato che si trattasse di un qualcosa che davvero poteva
essere venduto ovunque. È una storia, è una favola, che può essere
tranquillamente venduta anche all’estero. In questo momento ci
stiamo concentrando sul film, quindi sul lancio e sulla promozione.
Aspettiamo di vedere quello che succederà”.
Quali sono i motivi per cui
Ambra Angiolini ed Edoardo Leo funzionano così bene sullo
schermo?
“Io e Ambra non ci frequentiamo
nella vita di tutti i giorni – risponde Edoardo
Leo – Neanche quando eravamo in tournée ci
frequentavamo. Non abbiamo mai discusso o litigato sul set.
Evidentemente, abbiamo una visione comune del lavoro. C’è un
profondo rispetto e rigore per il teatro e per il cinema. Forse è
questo che ci fa andare così d’accordo professionalmente”.
“Credo che si tratti di pura
alchimia, non c’è un vero perché – continua Rolando
Ravello – Senza nulla togliere al personaggio di
Edoardo, credo che il ruolo più complesso fosse quello di Ambra.
Non era facile quello che le ho chiesto di fare. E’ vittima di
grossi cambiamenti all’interno del film. Non è facile per
un’attrice spogliarsi in un film, senza alcuna protezione. Lei
invece l’ha fatto, anche con grande coraggio”.
Ad Ambra e ad
Edoardo è stato chiesto qual è il loro rapporto con la
psicoanalisi…
“Ho sempre pensato che la
psicoanalisi fosse qualcosa che esistesse solo nei film –
dichiara Edoardo Leo – Non sono mai andato in analisi. Forse ne
avrei bisogno, ma mi ostino a non andarci”.
“Ho frequentato diversi
analisti – dice Ambra Angiolini – Credo che
sia normale”.
Domanda per Edoardo Leo e
Rolando Ravello: muovendovi nell’ambito della commedia-non
commedia, come vedete il vostro futuro al cinema? Che tipo di
originalità vorreste donare al panorama italiano di oggi?
“Penso che questo sia un anno
importante per il cinema italiano – ammette Leo – Hanno
avuto molto successo film che non erano delle commedie pure, come
ad esempio La mafia uccide solo d’estate di Pif o Tutta colpa di
Freud di Paolo Genovese. Ma ci sono state tante altre operazioni
diverse, come La mafia uccide solo d’estate o Smetto quando voglio.
Credo che il significato di tutto ciò sia che si possa osare ancora
un po’. Se ne stanno accorgendo sia i produttori sia i distributori
che si possono fare dei passi in avanti. A breve inizierò le
riprese di un nuovo film, un film sulla camorra, che non è un
commedia pura, ma va in quella direzione. Credo che ognuno debba
seguire, per quanto il mercato lo consenta, la propria idea di
cinema. Non è semplice, però si può fare”.
“In questo momento ho perso
completamente interesse per la recitazione – afferma Ravello –
Mi interessa ancora recitare in teatro, ma non al cinema o in
televisione. La regia mi sta insegnando tanto cose. Mi sta
liberando e mi fa divertire. È un mondo che voglio continuare ad
esplorare. Ho già alcune idee per un prossimo progetto. Voglio
continuare a fare questo per ora. Il mio sogno in questo momento
sarebbe quello di riuscire a fare teatro come attore e cinema come
regista”.
Ti ricordi di
me? uscirà al cinema il 3 Aprile e sarà distribuito in
300 copie dalla 01 Distribution.