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Krokodyle Trailer!

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Krokodyle Trailer!

bessoni

E’ stato rilasciato il primo trailer ufficiale di Krokodyle, ultimo film di Stefano Bessoni. Il cast comprende Lorenzo Pedrotti Jun Ichikawa Franco Pistoni Francesco Martino e Orfeo Orlando ed è prodotto da Intezone Visions e Leonardo Cruciano Workshop.

Box Office ITA 11/04/2011

Box Office ITA 11/04/2011 – The Next Three Days debutta come prevedibile al primo posto, seguito dalle new entry C’è chi dice no e Drive Angry 3D. Incassi più dignitosi rispetto allo scorso weekend, ma i dati non sono comunque soddisfacenti.

Dopo quattro settimane, un film americano conquista la vetta della classifica italiana dei film più visti. Si tratta di The Next Three Days, l’ultimo film dell’acclamato Paul Haggis, che guadagna 999.969 euro. Il risultato sotto il milione non è particolarmente positivo, ma considerando il periodo di inizio fuga dalle sale italiane, prima dell’arrivo dei blockbuster estivi, occorre accontentarsi.

Secondo e terzo posto per altre due novità del fine settimana, ovvero C’è chi dice no, che ottiene 549.000 euro, e Drive Angry 3D, che esordisce con 381.000 euro. Nel primo caso, si potrebbe forse parlare di stanca per il genere, o almeno di un inizio. Nel secondo, il dato è tutt’altro che incoraggiante, visto che ancora una volta il 3D porta il pubblico a disertare pellicole non particolarmente attese e per le quali non si è disposti a pagare il biglietto maggiorato.

Nessuno mi può giudicare scende in quarta posizione, raccogliendo altri 376.000 euro per 7,1 milioni complessivi. Calo anche per Mia moglie per finta (298.000 euro) e Hop (261.000 euro), che giungono rispettivamente a 1 milione di euro e 879.000 euro.

Secondo weekend deludente per Boris – Il film, che precipita al settimo posto con altri 189.000 euro e 871.000 euro totali.
La fine è il mio inizio conferma una buona media nonostante i 139.000 euro conquistati negli ultimi tre giorni, con i quali giunge a quota 423.000 euro.

Amici, amanti e… arriva a 1,5 milioni con altri 119.000 euro, mentre Kick-Ass chiude la top10 e conferma il flop, raccogliendo altri 89.000 euro per 401.000 euro complessivi.

I diari della motocicletta

I diari della motocicletta è un film del 2004 diretto da Walter Salles sulle avventure del giovane Ernesto “Che” Guevara, ispirato dai diari di viaggio Latinoamericana (Notas de viaje) dello stesso Guevara e Un gitano sedentario (Con el Che por America Latina), del compagno di viaggio del “Che”, Alberto Granado. È stato presentato in concorso al 57º Festival di Cannes.

Alberto Granado ed Ernesto Guevara sono due giovani studenti universitari argentini prossimi alla laurea. Il primo, prima di compiere 30 anni, invita il secondo a risalire il Sud America in motocicletta (una Norton 500 M18 del 1939 soprannominata “Poderosa II”). Un’impresa ardua, che quando si è ancora giovani e spensierati non è proibitiva. Comincia così una straordinaria avventura, con la moto che si guasta già dopo qualche mese, ma i due non demordono e con vari passaggi di fortuna, e spacciandosi per due medici-ricercatori, attraversano il Cile, il Perù, la Colombia, fino ad arrivare in Venezuela. Conosceranno tanta disperazione popolare e ingiustizia sociale. Un’esperienza profonda che li farà maturare moltissimo, al punto che in Ernesto crescerà una gran voglia di rendersi utile per quella gente; anche al costo di rinunciare alle proprie ambizioni personali. Quelle motivazioni lo consegneranno alla storia come il “Che”.

Con I diari della motocicletta, il regista brasiliano Walter Salles traspone sul grande schermo una vera leggenda. L’entusiasmo dei due, spinti dall’incoscienza e dalla voglia di esplorare quel Mondo a loro fisicamente così vicino ma tanto lontano nella percezione, è forte al punto da superare le molte avversità che un siffatto viaggio presenta: il clima spesso ostico, una motocicletta decadente come mezzo di trasporto, il procurarsi da mangiare, l’asma di Ernesto. Un viaggio che gli farà conoscere non solo le bellezze paesaggistiche del Sud America, ma anche la disperazione popolare. Il viaggio è raccontato con naturalezza, privato di qualsiasi ricerca sofisticata nel montaggio o nell’inquadratura. Il volto della gente segnato dalle malattie o dalla disperazione, e i paesaggi mozzafiato latino americani, rendono molto più di qualsiasi trucco registico.

Durante i titoli di coda è possibile apprezzare foto autentiche di Alberto e Ernesto durante il viaggio. Alberto Granado è scomparso pochi giorni fa, all’età di 88 anni.

Quinto film per Walter Selles, il quale ha esordito con il drammatico Arte mortale (1991), originale storia di stampo poliziesco e dal ritmo serrato, a cui segue il malinconico Terra estrangeira (Terra straniera, 1995). Ben evidenti in queste due prime pellicole sono le tematiche care al regista: l’attento studio della sceneggiatura che cura in prima persona, lo sguardo pensoso sulla realtà del suo paese, la scelta di personaggi «scomodi» e poco simpatici, le opzioni narrative fuori dal comune. Il successo in campo internazionale arriva con il lirico e triste Central do Brasil (1998, Orso d’oro a Berlino), storia della ricerca di un padre e acuta riflessione sui sentimenti umani.

Le pellicole successive non ottengono lo stesso successo e tranne qualche raro esempio – come il documentaristico Midnight (1998) – non circolano neppure in Europa. Nel 2001 presenta a Venezia Disperato aprile, fosco melodramma di faide e vendette ambientato nelle praterie brasiliane degli anni ’10, tratto da un romanzo di I. Kadaré; mentre nel 2004 arriva I diari della motocicletta, film molto apprezzato.

David di Donatello: vince il Doc. “E’ stato morto un ragazzo”

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David di Donatello: vince il Doc. “E’ stato morto un ragazzo”

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È stato annunciato il vincitore della cinquantacinquesima edizione dei David di Donatello, per la sezione documentari: si tratta di “È stato morto un ragazzo”, di Filippo Vendemmiati, giornalista della Rai di Bologna, che ricostruisce la vicenda di cronaca che coinvolse Federico Aldrovandi, il 18enne studente ferrarese morto il 25 settembre del 2005 a Ferrara durante un intervento di polizia.

Box Office USA dell’11 aprile 2011

Box Office USA dell’11 aprile 2011

Questa settimana il box office statunitense ha nelle prime tre posizioni tre film con titoli monoparola: Hop, un nuovo innesto di film di animazione su film normale, resta in prima posizione, raggiungendo, con i 21 milioni di dollari di incasso di questa settimana, una cifra che arriva a 68 milioni di dollari, realizzata in sole due settimane di uscita.

Lo segue Arthur, remake del film del 1981 con Dudley Moore, le cui vesti ora sono indossate da Russell Brand, che viene affiancato da Jennifer Garner e Helen Mirren che ricopre il ruolo del maggiordomo del protagonista che al tempo fu di John Gielgud. Il film incassa 12 milioni di dollari. In terza posizione si ferma invece Hanna, film del regista di Espiazione, Joe Wright, che dá alla protagonista di Amabili resti di Peter Jackson, Saorsie Ronan la chance di mettersi alla prova in un action movie, al fianco di Eric Bana e Cate Blanchett.

In quarta posizione, troviamo Soul Surfer, basato sulla storia vera di una ragazza, appassionata di surf, che supera il trauma di aver perso un braccio a causa dell’attacco di uno squalo, e torna a cavalcare le onde superando pregiudizi, paure e difficoltá. Nel cast ci sono Dennis Quaid e Helen Hunt. In quinta posizione arriva Insidious un thiller realizzato l’anno scorso e non ancora uscito nelle sale in cui due genitori si trovano a combattere perché il loro figlio in coma non passi nell’aldilá. James Franco ritrova il regista di Pineapple Express, David Gordon Green, in Your Highness, nuovo film demenziale che nella prima settimana di uscita guadagna quasi 10 milioni di dollari, nel cast c’é anche Natalie Portman, in evidente necessitá di sfogarsi dopo il dramma psicologico interpretato ne Il cigno nero.

Il settimo incasso della settimana é Source code, nuovo film del regista di Moon, Duncan Jones, con Jake Gyllenhall che, presentando il film alla stampa in Italia ha dichiarato di essere perseguitato dai conigli, lavorativamente parlando: è diventato una star grazie a Donnie Darko in cui il protagonista era ossessionato da un coniglio gigante ed ora al botteghino si trova a scontrarsi con Hop, il cui protagonista è un altro roditore dalle lunghe orecchie. Con gli incassi di questa settimana, il film raggiunge quota 28 milioni di dollari di incasso. Limitless, con Bradley Cooper dotato di superpoteri, è in discesa nella classifica dei film più visti, lo troviamo infatti in ottava posizione ma con un incasso totale di 64 milioni di dollari. E’ seguito dalla commedia per teenager Diary of a Wimpy kid: Rodrick rules, mentre The Lincoln lawyer con Matthew McConaughey chiude la classifica.

La prossima settimana si attendono le uscite di alcuni film che dovevano uscire in questa settimana ma che sono stati evidentemente rimandati, come Henry’s crime con Keanu Reeves, Rio, il nuovo film di animazione del creatore de L’era glaciale, e anche il nuovo film di Robert Redford che racconta una sfaccettatura poco nota dell’assassinio del presidente Abraham Lincoln in The conspirator.

Logan Lerman racconta il suo D’Artagnan

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“Questa una versione più contemporanea, è una versione mai raccontata, in cui i Moschettieri sono esperti di armi”. Così Logan Lerman, nei panni di un giovanissimo D’Artagnan, parla dei Moschettieri di Paul W.S. Anderson

Elijah Wood parla del suo ritorno nella Terra di Mezzo

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Elijah Wood parla del suo ritorno nella Terra di Mezzo

Elijah Wood racconta a Comingsoon.net i dettagli riguardo al suo cammeo come Frodo Baggins nei film dello Hobbit. L’attore ha confessato di essere molto emozionato e impaziente.

“Io sto solo aspettando con impazienza di tornare in Nuova Zelanda e passare un po ‘di tempo lì. Ci saranno un sacco di amici di vecchia data che partecipano anche a questo film (dopo Il Signore degli Anelli ndr). In realtà mi immaginavo che i componenti di cast e troupe sarebbero stati in gran parte gli stessi. Quindi, in qualche modo penso che sarà un viaggio molto surreale. Sarà come viaggiare indietro nel tempo. Ma io sono eccitato. Ci sono un sacco di nuovi elementi in questo caso, a partire dalla Red Camera e dalle riprese che saranno in 3D. Punto su queste cose per rendere il mio soggiorno ancora più interessante”.

Fonte: theonering.net

Elijah Wood parla del suo ritorno nella Terra di Mezzo

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Elijah Wood racconta a Comingsoon.net i dettagli riguardo al suo cammeo come Frodo Baggins nei film dello Hobbit. L’attore ha confessato di essere molto emozionato e impaziente.

Michael Shannon è Zod in Superman

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Michael Shannon è Zod in Superman

Michael Shannon è ufficialmente entrato a far parte del cast del Superman di Snyder. Il film si intitolerà Man of Steel e le riprese inizieranno a Vancouver la prossima estate.  Shannon, una nomination agli Academy Awards per Revolutionary Road, interpreterà il Generale Zod.“Zod non è solo uno dei nemici più formidabili di Superman – ha commentato Snyder – ma anche uno dei più significativi perché capisce Superman come nessun altro. Michael è un attore di grande talento, che riesce a proiettare sia l’intelligenza che la malizia di questo personaggio, il che lo rende perfetto della parte.”

Già parte del film sono: Henry Cavill (The Tudors) sarà Superman/Clark Kent, Amy Adams sarà Lois Lane, Diane Lane sarà Martha Kent e Kevin Costner suo marito Jonathan. Il film ha un cast tecnico se possibile di qualità ancora superiore a quello artistico: Nolan compare come autore della storia e in veste di produttore, mentre la sceneggiatura è stata scritta di David S. Goyer.

Fonte: Badtaste

Teaser Trailer di The Woman in Black con Daniel RadCliffe!

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E’ stato diffuso il primissimo trailer del nuovo film con Daniel Radcliffe, ghost story ambientata nelle brume inglesi, tratta dal fortunato romanzo e pièce teatrale di Susan Hill, La donna in nero. Per vederlo…

Anche Orlando Bloom nello Hobbit!

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Manca ancora l’ufficialità dalla New Line Cinema ma in una nuova intervista Orlando Bloom ha svelato di aver ricevuto lo script dello Hobbit, e che ci sarà una parte per lui!

Addio a Sidney Lumet, regista di film “classici moderni”

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Il regista americano è morto oggi all’età di 86 anni nella sua casa di Manhattan, a New York, per un linfoma.

The twilight saga: Breaking dawn: foto abito da sposa Bella!

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Sono state diffuse le prime due immagini dell’abito da sposa di Bella, si tratta delle immagini illustrate dell’abito da sposa di Bella Swan che saranno pubblicate nella “Guida Ufficiale della Saga di Twilight” di Stephanie Meyer in uscita a breveNel frattempo il film è ancora in fase di riprese a Squamish, dove si sta giranto proproi la scena delle nozze. Ovviamente il set è blindatissimo, quindi niente foto dal set per ora.

Una notte da leoni 2: rimosso cameo Liam Neeson!

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Una notte da leoni 2: rimosso cameo Liam Neeson!

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Giunge notizie che il cameo dell’attore Liam Neeson in Una notte da leoni 2(The Hangover part II) è stato rimosso dal montaggio. Il piccolo ruolo dell’attore all’interno del film era quello di un tatuatore di Bangkok,ruolo un tempo soffiato a Mel Gibson.

The Dark Knight Rises: dentro anche Josh Pence!

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The Dark Knight Rises: dentro anche Josh Pence!

Nome nuovo per il cast di The Dark Knight Rises: l’Hollywood Reporter annungia che Josh Pence è stato ingaggiato dalla Warner Bros. per interpretare… niente meno che Ra’s al Ghul.

Ricordiamo che  Ra’s al Ghul per chi non lo sapesse è il personaggio interpretato da  Liam Neeson in Batman Begins.:Secondo la fonte in The Dark Knight Rises vedremo una serie di flashback ambientati tre decenni prima degli eventi del film.

Questa notizie certamente da fondamento alla possibilità che Talia al Ghul possa essere veramente una delle villain, come rumoreggiato da tempo.
Le riprese inizieranno a Pittsburgh tra qualche settimana. Nel cast di The Dark Knight Rises, oltre a Christian Bale, Michael Caine, Morgan Freeman e Gary Oldman, anche Tom Hardy (Bane), Anne Hathaway (Selina Kyle/Catwoman), Juno Temple. L data d’uscita del film è il 20 luglio 2012.

 

The Dark Knight Rises: dentro anche Josh Pence!

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The Dark Knight Rises: dentro anche Josh Pence!

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Nome nuovo per il cast di The Dark Knight Rises: l’Hollywood Reporter annungia che Josh Pence è stato ingaggiato dalla Warner Bros. per interpretare… niente meno che Ra’s al Ghul.

Ben Affleck in The Great Gatsby

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ben affleck

Ben Affleck è in trattative per unirsi al cast all-star di Baz Luhrmann per The Great Gatsby, che il regista australiano sta realizzando per la Warner Bros. Leonardo DiCaprio sarà il ricco e misterioso Jay Gatsby, mentre Tobey Maguire potrebbe interpretare Nick Carraway, che nel romanzo è il narratore.

Malavoglia: recensione del film

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Malavoglia: recensione del film

Come si legge nella cartella stampa, Pasquale Scimeca affronta una prova non facile: mettere in scena uno dei romanzi basilari della nostra cultura, lo abbiamo studiato tutti infatti e soprattutto doversi confrontare con una messa in scena precedente di grande prestigio: quella che ha dato alla storia del cinema La Terra trema di Luchino Visconti. La storia della famiglia Malavoglia che vive in un paese della provincia di Ragusa, è però attualizzata ai giorni nostri, e Ntoni è un ragazzo che vorrebbe fare il dj, Lia si innamora di un uomo sospetto che guida un Suv, mentre Mena intreccia una relazione con un ragazzo immigrato, Alef che viene ribattezzato Alfio una volta arrivato sul suolo italico.

La famiglia cade in disgrazia dopo che la barca con la quale si procuravano il pesce da vendere affonda portandosi in mare il capofamiglia, Bastianazzo. I Malavoglia si indebitano, riparano la barca, ma la sorte avversa gliela distrugge. La famiglia deve così affrontare diverse difficoltà  per sopravvivere. Scimeca decide di affrontare la storia in modo decisamente sperimentale, pensando un po’ forse ad altri film che hanno affrontato i classici della letteratura con un piglio moderno.

Notevole è la resa fotografica della pellicola, il film è stato girato con telecamere RED, che quindi consentono di avere una qualità full hd, ma che permettono anche di lavorare con altri contributi in digitale come le immagini degli sbarchi di clandestini e l’introduzione, girata in qualità diversa. Ma segue le tracce di Visconti sulla scelta del cast, che è composto da veri pescatori o giovani al primo film, fatta esclusione per l’attore protagonista, già presente in un altro lavoro del regista Rosso Malpelo. Il tema universale della storia di Verga, ossia che le vicissitudini della vita sono sempre le stesse in qualsiasi epoca si viva, vengono inserite nel contesto dell’Italia contemporanea, con le sue difficoltà e contraddizioni.

A collaborare con Scimeca alla stesura della sceneggiatura c’è anche Tonino Guerra, storico sceneggiatore di Michelangelo Antonioni, e la sua mano si avverte in più punti. Aldilà di una certa difficoltà in alcune rappresentazioni dei “giovani d’oggi”, il film si regge in bilico tra poesia e racconto filmico, di cui restano delle emozionanti immagini del mare in tempesta, a simbolo dell’imprevedibiltà degli eventi. Malavoglia esce il prossimo 29 Aprile, è stato riconosciuto di interesse nazionale ed è distribuito da Cinecittà Luce.

Duncan Jones per il sequel di Wolverine?

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Duncan Jones, apprezzato regista di fantascienza per il suo Moon (tra le migliori opere prime degli ultimi dieci anni)  e a breve nelle sale italiane con Source Code con Jake Gyllenhaal,  è stato  pesatemente avvicinato a The Wolverine…

Sembra prprio che Hugh Jackman sia intenzionato a voler affidare a lui la regia superando di slancio l’altro pretendente, David Slade. Se Jonee accettasse la regia del sequel di Wolverine, The Wolverine, certamente innalzerà nuovamente l’interesse a torno  al film che dopo l’abbandono di Aronofsky a seriamente indebolito il suo il suo fascino. Ricordiamo che Jones aveva già sfiorato la regia del reboot di Superman (passato ora a Zack Snyder). Che sia la volta buona di passare ad un film non “indipendente”? ….

Fonte:comingsoon

The Lords of Salem di Rob Zombie: prima foto!

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Rob Zombie ha rilasciato in rete la prima immagine ufficiale di The Lords of Salem, il suo horror low budget prodotto da Jason Blum, Steven Schneider, e Oren Peli, lo stesso team artefice del successo di Paranormal Activity.

Anne Karenina di Joe Wright: che cast!

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Il cast del nuovo adattamento di Anna Karenina di Tolstoj diretto da bravo Joe Wright inizia ad entrare nel vivo della pre-produzione e il casting diventa sempre più ricco e interessante. Recentemente interpellato ha confermato la presenza di Keyra Knightley, mentre dice di attendere risposte da James McAvoy e Saoirse Ronan…

 

Un regista per il remake de Il Corvo!

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Un regista per il remake de Il Corvo!

Il reboot di Il Corvo, The Crow, famoso film del 1994 soprannominato “film maledetto” per la morte sul set del suo protagonista Brandon Lee, ha  trovato finalmente un regista. Si tratta di Juan Carlos Fresnadillo autore di 28 settimane dopo.

Il reboot The Crow, (Il Corvo) si concentrerà sul personaggio principale, Eric Drevin, e la sceneggiatura sarà scritta dallo stesso Fresnadillo. La trama sarà presa dal fumetto firmato da James O’Barr: l’inizio delle riprese è previsto per l’autunno.

Fonte:comingsoon.it

Rasputin secondo Louis Nero

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“Il mio Rasputin è diverso da quello che la storia ci ha tramandato” . Così difende il suo protagonista Louis Nero, oggi alla conferenza stampa di presentazione del suo ultimo film Rasputin – la verità supera la leggenda, “la sua vita è stata una ricerca della verità e della resistenza al peccato che lui si poneva sempre davanti agli occhi per potervi resistere. Con lui ho anche raccontato uno spaccato di quella Russia che di lì a poco si sarebbe trasformata completamente e avrebbe trasformato il mondo intero”.

Rasputin – la verità supera la leggenda: recensione

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Rasputin – la verità supera la leggenda: recensione

Rasputin – la verità supera la leggenda – La sua storia è avvolta nella leggenda, nella diceria e soprattutto in quello che la Storia ha permesso si sapesse di lui fino a questo momento: stregone, diabolico monaco, lussurioso e abbietto, ma magico taumaturgo. Questo è Rasputin. Ma cosa succede se si va ad indagare la vera natura del personaggio storico, al di là della leggenda?

Rasputin – la verità supera la leggendaLo ha fatto Louis Nero, che con il suo ultimo film Rasputin – la verità supera la leggenda, ha raccontato in maniera personale e forse sperimentale una storia che nessuno prima aveva mai raccontato. Le origini contadine, il percorso personale legato all’esoterismo, la continuità nel mettersi alla prova davanti alla tentazione, la grande amicizia con i Romanoff e l’omicidio che l’ha visto annegare nel fiume Neva nel 1916.

Tutti i passaggi della sua vita sono rispettati, raccontati attraverso lo strumento narrativo del flashback e utilizzando un sistema visivo raffinato e pop allo stesso tempo, ovvero l’introduzione nel quadro di vere e proprie finestre temporali che ci aiutano ad intersecare i piani narrativi ed ha sentire tutti i punti di vista relativi a chi conobbe Rasputin in vita. L’estetica del film, che per certi versi ricorda il Greenaway di Rembrant J’accuse, si rifà ad una tradizione pittorica che dai russi arriva fino a Rembrant (appunto!) e Caravaggio, prediligendo il piano sequenza fisso e la suggestione che questa figura così complessa e misteriosa proietta ancora oggi sulla spettatore e sulla storia stessa.

Rasputin – la verità supera la leggenda

altFrancesco Cabras interpreta il monaco siberiano, prestando il suo viso emaciato e spigoloso al ruolo e provocando vera e propria inquietudine con il suo sguardo in macchina, ghiacciato ed incavato, ad indagare dentro lo spettatore e sempre rivolgendosi per primo a lui e poi agli interlocutori diegetici. Rasputin è un film spiegato al pubblico, raccontato dagli stessi personaggi che ci raccontano dalle loro finestre aperte sul passato, una vita misteriosa anche per coloro che l’hanno condivisa con il nostro protagonista, e che con il passare del tempo si è oscurata ancora di più fino a rasentare la leggenda. 

Voce narrante, che ipnotizza lo spettatore ancor più dello sguardo di ghiaccio del protagonista, è quella di Franco Nero, anche co-produttore, che ci permette di addentrarci nelle lande siberiane fotografate di blu dallo stesso Luois, e di accoccolarci negli angoli degli interni che invece si tingono del rosso della passione, del sangue, ma anche della misteriosa vita che viene raccontata.

Certo non si può parlare di un film tradizionale, come già accennato siamo ai limiti dello sperimentalismo, e sicuramente quindi il filma avrà vita difficile, ma questo Rasputin riesce comunque a farsi apprezzare se non altro per il tentativo da parte del regista di rimettere in discussione questo personaggio e per la straniante sensazione che il film lascia nello spettatore.

Anonymous di Roland Emmerich che trailer!

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Anonymous di Roland Emmerich che trailer!

Anonymous

La Columbia Pictures ha rilasciato il trailer di Anonymous di Roland Emmerich, con Rhys Ifans, Vanessa Redgrave, Joely Richardson, David Thewlis, Xavier Samuel, Sebastian Armesto, Rafe Spall, Edward Hogg, Jamie Campbell Bower e Derek Jacobi. Le immagini non fanno altro che aumentare l’attesa per questo film non-catastrofico del regista segreto.

Carrie-Anne Moss e Malcom McDowell in Silent Hill:revelation 3D!

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Carrie-Anne Moss e Malcom McDowell in Silent Hill:revelation 3D!

Carrie-Anne Moss (La Trilogia di MatriX, Memento) e Malcom McDowell (Arancia Meccanica) entrano a far parte del cast di SILENT HILL: REVELATION 3D, il film diretto da Michael J. Bassett che Moviemax distribuirà nel 2012.

La Moss e McDowell affiancheranno Adelaide Clemens, Kit Harington, Radha Mitchell, Sean Bean e Deborah Kara Unger, proprio in questi giorni impegnati a Toronto sul set del film.

Samuel Hadida, produttore del film ha dichiarato: “Carrie ha mostrato il suo enorme talento in tutti i generi – dalla Trilogia di Matrix a Memento – e siamo molto felici che lei sia entrata a fare parte del mondo di Silent Hill. Certamente porterà ulteriore eccitazione tra i fan della franchise di videogiochi. ”

Il regista, Michael J. Bassett, ha dichiarato: “Malcolm è semplicemente un’icona del cinema moderno e sono un suo fan da quando ero un adolescente, quando sono riuscito a vedere Arancia Meccanica. Ha una straordinaria capacità di portare nuove e inaspettate dimensioni ai suoi personaggi e so che porterà qualcosa di unico e inquietante a Silent Hill “.

Sinossi
SILENT HILL: REVELATION 3D è basato sulla celebre serie di videogiochi survival horror della Konami ed uscirà nel 2012 a 6 anni di distanza da SILENT HILL diretto da Christophe Gans.
Per anni, Heather Mason (Adelaide Clemens) e suo padre sono stati in fuga. Ora, alla vigilia del suo 18 ° compleanno, tormentato da incubi terrificanti e dalla scomparsa del padre, Heather scopre che lei non è chi pensa di essere. La rivelazione la porta ad essere risucchiata in un mondo demoniaco che minaccia di intrappolarla a Silent Hill per sempre.

Fonte Moviemax

Johnny English Reborn Trailer!!!

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Johnny English Reborn Trailer!!!

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L’Universal ha rilasciato il primo Trailer di Johnny English reborn, divertente commedia di anni fa di discreto successo con Rowan Atkinson(Mr.Bean). Il nuovo film è diretto da Oliver Parker e nel cast ci sono oltra ad Atkinson, Gillian Anderson, Dominic West, Rosamund Pike e Daniel Kaluuya.

Marco Bellocchio: un cinema spiazzante

Marco Bellocchio: un cinema spiazzante

È sempre in cerca di novità, di approcci originali, il suo cinema non dà mai nulla per scontato, e questa è certo una delle sue migliori doti, affatto scontata a sua volta, visto che a settant’anni suonati (classe 1939), dopo una lunga e fruttuosa carriera, avrebbe potuto tranquillamente riposare sugli allori o darsi a un cinema auto celebrativo. Ma chiunque conosca almeno in parte il lavoro di Marco Bellocchio sa che un simile atteggiamento non è nelle sue corde.

Marco Bellocchio, la filmografia

Col suo film d’esordio I pugni in tasca (1965), a soli 26 anni suscitò scalpore, mettendo a nudo senza sconti l’universo di una tranquilla famiglia borghese, dietro le cui apparenze si celano legami malati, costrizioni, rancori, desiderio di ribellione e quella vena di follia che, più o meno marcata, ritroviamo in quasi tutti i suoi film.

E sulla famiglia si sofferma spesso il suo lavoro (Nel nome del padre, Salto nel vuoto, La balia, L’ora di religione, Sorelle, Sorelle Mai). Istituzione fondante – e si direbbe “sacra” – della nostra società, essa però costringe, ingabbia l’individuo e può, talvolta, impedirne il sano sviluppo psicofisico, a meno che da quei legami non si abbia il coraggio di emanciparsi, intraprendendo un cammino indipendente. Oggetto di critica da parte del regista di Bobbio sono poi tutte le altre istituzioni costrittive  o tese a creare un effetto di “intorpidimento”  dell’individuo: le forme di religiosità cieca e bigotta, i mass media se usati per manipolare fatti e opinioni, la cattiva politica (a prescindere dagli schieramenti). Un cinema d’impegno e di denuncia, mai superficiale,che non teme di scavare nell’individuo e nella società, e di dire tutto ciò che c’è da dire, con coraggio, ma senza pretendere adesione da parte dello spettatore, che si vuole vigile e attento alle tematiche proposte, ma non asservito al punto di vista del regista.

Marco Bellocchio, gli inizi

Il percorso artistico di Marco Bellocchio inizia al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, nel 1959. Qui tre anni dopo ottiene il diploma di regia, per poi partire alla volta di Londra, dove continuerà a studiare cinema. Al suo ritorno, nel ’65, come s’è detto, il suo folgorante esordio I pugni in tasca, che gli vale subito riconoscimenti: la stampa non fatica a rintracciare in lui un indubbio talento, coraggioso e dissacrante e il film si aggiudica il Nastro d’Argento per il Miglior Soggetto e la Vela d’Argento al Festival di Locarno per la Miglior Regia. Lou Castel nei panni di Alessandro e Paola Pitagora in quelli di Giulia, sono perfetti protagonisti di questo dramma familiare: due dei cinque componenti di questo nucleo malato che è la famiglia al centro della pellicola, in cui la rabbia e il rancore sempre covati nascostamente da Alessandro, alla fine esplodono nel gesto più estremo. Il tutto è accompagnato dalle musiche di Ennio Morricone, mentre al montaggio  c’è Silvano Agosti, che collaborerà ancora con Bellocchio.

Dopo la famiglia, Marco Bellocchio sceglie la politica ipocrita e trasformista come bersaglio della sua ficcante analisi in La Cina è vicina (1967), protagonista il professore e aspirante assessore Vittorio Gordini Malvezzi/Glauco Mauri, assieme al ragioniere Carlo/Paolo Graziosi, che lo aiuta nel suo tentativo di ascesa sociale e politica all’interno del PSU (Partito Socialista Unificato). Accanto a questo, però, ancora una volta non manca il sarcasmo verso l’ipocrisia in ambiente familiare (Carlo diverrà amante e poi marito, suo malgrado, della sorella di Vittorio, il quale sposerà l’ex fidanzata di Carlo, unitasi a lui per vendetta verso il suo precedente compagno). Ancora musiche di Ennio Morricone, mentre il montaggio è stavolta affidato a Roberto Perpignani. E ancora premi: Nastro d’Argento per il Soggetto (dello stesso Bellocchio) e la Fotografia di Tonino Delli Colli, Premio Speciale della giuria a Venezia. Nel ’69 il regista partecipa, assieme a nomi del calibro di Bertolucci, Lizzani, Pasolini e Godard, al film Amore e Rabbia, di  cui dirige l’episodio Discutiamo, discutiamo. Nel ’72 dirige Nel nome del padre, film ispirato in parte a vicende autobiografiche, relative agli anni dell’educazione religiosa del regista, avvenuta presso i Salesiani.

Il film è ancora una volta un feroce attacco, stavolta rivolto alle istituzioni religiose e alla loro volontà di controllo e repressione. La vicenda è ambientata alla fine degli anni ’50 e il protagonista, Angelo Transeunti/Yves Beneyton, è un giovane indisciplinato e recalcitrante alle regole costrittive, che entra in un collegio religioso. Qui fa valere la sua forte personalità, scontrandosi continuamente con l’autorità (il vicerettore Corazza/Renato Scarpa) e le ferree regole della “repressione cattolica”, che denigra. La volontà di ribellione culminerà in due rivolte, entrambe fallite, e forse presaghe di altri fallimenti reali. Non manca poi, intrecciato al tema principale, quello della costrizione dei legami familiari. Al film partecipa anche Gisella Burinato, già attrice teatrale, qui per la prima volta sul grande schermo. Dall’unione tra attrice e regista nascerà, due anni dopo, il figlio Pier Giorgio.

Dello stesso anno invece, è Sbatti il mostro in prima pagina. Qui Marco Bellocchiosi concentra sulla “repressione mediatica”, ovvero sul potere dei mezzi di comunicazione di influenzare le menti degli spettatori, di “intorpidirle”, di distrarle. È quello che avviene  nel film dove un cinico e straordinario Gian Maria Volonté (memorabile la sua “lezione di giornalismo” all’ingenuo neoassunto Roveda), direttore di un noto quotidiano, orchestra una campagna stampa ad hoc su un sanguinoso fatto di cronaca, per poi strumentalizzarlo politicamente.

Marco Bellocchio, il 70′

Nel ’75 Marco Bellocchio, che nei suoi film si occupa spesso di psiche e di instabilità mentale, dirige con la consueta passione, assieme a Silvano Agosti, Stefano Rulli e Sandro Petraglia, il documentario Nessuno o tutti – Matti da slegare, che punta il dito contro l’istituzione manicomiale italiana, denunciandone abusi e storture, aggiungendovi una personale analisi che rintraccia nella società l’origine del disagio psichico. Occorre dire che la passione documentaristica lo accompagna fin dal 1969, quando firmò Il popolo calabrese ha rialzato la testa (Paola) e vi tornerà spesso.

Nel 1976 dirige Marcia Trionfale, in cui bersaglio della sua critica è il mondo militare machista e repressivo, protagonisti il giovane soldato Paolo Passeri/Michele Placido e il suo severo superiore Asciutto/Franco Nero. L’impeccabile regia di Bellocchio gli vale il David di Donatello. Il ’77 lo vede invece impegnato nell’adattamento de Il gabbiano di Anton Čechov. Il 1978 è l’anno dell’incontro con lo psichiatra Massimo Fagioli, da cui nascerà un’intensa collaborazione, che darà i suoi frutti negli anni a venire. Intanto, il regista di Bobbio torna ad occuparsi di universi familiari malati e instabilità mentale. Lo fa con la solita lucidità e pregnanza in Salto nel vuoto (1980). Al centro della pellicola, la storia di due fratelli, Mauro Ponticelli/Michel Piccoli e Marta/Anouk Aimeé.

Mauro, convinto che la sorella sia sull’orlo della follia, architetta un piano per spingerla al suicidio, con la complicità di un piccolo delinquente, Giovanni Sciabola/Michele Placido. Il piano però fallisce e anzi, Marta riesce finalmente ad emanciparsi dal perverso legame che la teneva avvinta al fratello, anche grazie alla sua relazione con Sciabola. Alla fine, a compiere il “salto” sarà Mauro.

Nello stesso anno, Marco Bellocchio torna, dopo I pugni in tasca, ai luoghi natii, col documentario Vacanze in Val Trebbia, che vede protagonista lui stesso, accanto a Gisella Burinato e al figlio Pier Giorgio, all’esordio davanti alla macchina da presa. Nel 1982, Bellocchio torna a dirigere Lou Castel, già protagonista de i pugni in tasca e poi ritrovato in altre pellicole firmate dal regista.

Qui è di nuovo protagonista, nei panni di Giovanni Pallidissimi, attore, alle prese con la risoluzione di nodi nei suoi rapporti familiari, in particolare con la madre e con Wilma, fidanzata del fratello morto suicida. Stavolta, però, a differenza di quanto accadeva ne I pugni in tasca, tutto si risolve positivamente, in un’ideale percorso di maturazione e crescita. Sceneggiato con Vincenzo Cerami, si avvale delle musiche di Nicola Piovani (come già numerosi altri lavori del regista, a partire da Nel nome del padre). Segue l’adattamento per il grande schermo del dramma pirandelliano Enrico IV, protagonista Marcello Mastroianni. Ancora una volta, i temi cari a Bellocchio: potere, religione, ipocrisia, follia. Accanto a Mastroianni, Claudia Cardinale, Leopoldo Trieste e Paolo Bonacelli, musiche di Astor Piazzolla.

A metà anni ’80 vede la luce il primo lavoro ispirato dal sodalizio con Fagioli, i cui frutti saranno visibili in tre pellicole: Diavolo in corpo (1986), La condanna (1991), Il sogno della farfalla (1994). Tra questi, la pellicola che avrà maggior fortuna è senz’altro La condanna, che otterrà il Gran Premio della Giuria al Festival di Berlino, protagonisti Vittorio Mezzogiorno e Claire Nebout.

Terminata la collaborazione con lo psichiatra Fagioli, Marco Bellocchio si rifà a un testo teatrale, che decide di portare sullo schermo. Si tratta de Il principe di Homburg (1997), fedele trasposizione dell’omonimo dramma di Kleist. Nel ’99 il regista di Bobbio attinge ad un’altra fonte letteraria: la novella pirandelliana La balia. Protagonisti Valeria Bruni Tedeschi e Fabrizio Bentivoglio, coppia alto borghese d’inizio Novecento, la cui tranquilla esistenza subisce un brusco mutamento con la nascita di un figlio, con il quale la madre non riesce a stabilire un legame affettivo. Il neonato viene così affidato alle cure di una balia (Maya Sansa al suo esordio cinematografico), che invece entra subito in sintonia con il bambino, ma ciò provoca ulteriori tensioni. Dunque, è ancora una volta l’universo familiare ad essere scandagliato dall’analisi di Bellocchio, sulla scorta della fonte letteraria. L’affresco storico sociale resta sullo sfondo, in favore dell’aspetto esistenziale ed intimo. Nel cast anche Michele Placido e Pier Giorgio Bellocchio.

Il nuovo millennio di Marco Bellocchio

Nel nuovo millennio, il regista torna ad occuparsi di religione e famiglia in L’ora di religione (2002), non rinunciando a svelarne ipocrisia e opportunismo. Protagonista della vicenda, genialmente surreale, è Ernesto Picciafuoco/Sergio Castellitto (ultimo di una lunga serie di indovinati nomi parlanti, cari a Bellocchio), pittore, che conduce da anni la sua vita, rigorosamente laica, lontano dal resto della blasonata famiglia.

Tutto cambia, quando viene informato dell’imminente canonizzazione della madre, ordita da una zia (una Piera degli Esposti splendidamente cinica) nella speranza di un ritorno economico che rinverdisca le finanze familiari. Perché il processo vada in porto c’è bisogno della collaborazione di tutti, in special modo dei figli della donna: Ernesto, Ettore/Gigio Alberti, Erminio/Gianfelice Imparato ed Egidio/Donato Placido. La canonizzazione è dunque l’occasione per Ernesto di rincontrare la sua famiglia d’origine – oltre a una serie di stravaganti personaggi che si profileranno sul suo cammino – e per il regista di farci scoprire, tassello dopo tassello, un universo familiare lacerato e devastato dalla pochezza di spirito, dall’inadeguatezza, e dall’ottuso bigottismo della donna che si vorrebbe santificare, che di esso è stata per anni il fulcro, e il tarlo.

Scopriamo così che uno dei fratelli, Egidio (nell’intensa interpretazione di Donato Placido), è stato internato in una struttura psichiatrica, proprio in seguito all’omicidio della madre, e ritroviamo quindi anche il tema della follia. Non manca il sarcasmo nei confronti di una Chiesa che bada alle apparenze e non alla sostanza, come verso l’alta borghesia perbenista e ipocrita, da cui il protagonista s’è voluto staccare, ma che torna anche nella sua nuova famiglia (anche la moglie vuole approfittare dei vantaggi della canonizzazione e vuole far battezzare il loro figlio, così come insiste per fargli seguire a scuola l’ora di religione). Il Bellocchio di sempre, dunque, ma certamente il miglior Bellocchio, che sa dare nuova linfa e originalità alla trattazione cinematografica di temi noti, in un film drammatico, e insieme ironico e brioso.

I premi arrivano copiosi: Menzione Speciale a Cannes, 4 Nastri d’Argento (tra cui Miglior Regia), David di Donatello a Piera degli Esposti e European Film Award (EFA) a Sergio Castellitto per le rispettive interpretazioni. Il regista e l’attore si ritroveranno insieme nel 2006, quando l’uno dirigerà l’altro nel più leggero Il regista di matrimoni.

Nel 2003, il regista emiliano torna invece ad occuparsi di politica, scegliendo una delle pagine più buie e controverse della nostra storia. Rielabora infatti le vicende relative al sequestro Moro in Buongiorno notte, liberamente ispirato al libro Il prigioniero, scritto da Anna Laura Braghetti, brigatista. La pellicola si incentra sulla prigionia di Moro e dunque sul dramma da lui vissuto, ottimamente reso da Roberto Herlitzka, oltre che sulle dinamiche all’interno del gruppo di rapitori, tra cui Chiara/Maya Sansa, dapprima convinta, poi dubbiosa sugli sviluppi del sequestro. Nel cast anche Luigi Lo Cascio, Paolo Briguglia, Pier Giorgio Bellocchio. Il film è un successo al botteghino, rivelandosi uno dei più soddisfacenti del regista in questo senso. Ottiene anche svariati premi, ma non il Leone d’Oro a Venezia, per il quale pure era favorito. Riconoscimenti arrivano comunque: Premio FIPRESCI agli EFA a Bellocchio, David di Donatello e Nastro d’Argento a Herlitzka; Globo d’Oro e Ciack d’Oro a Maya Sansa , Premio Ioma per Miglior Film.

Tre anni dopo, torna ad occuparsi di una vicenda privata, ma al tempo stesso dagli evidenti risvolti politici. Con Vincere infatti il regista porta sullo schermo la storia di Ida Dalser, amante di Benito Mussolini, e madre di suo figlio Benito Albino. L’idea del film è nata, dic e Marco Bellocchio, dalla scoperta di questa forte figura femminile, attraverso la lettura della sua corrispondenza. A colpirlo, infatti, sono proprio la sua incrollabile fiducia e l’abbandono col quale si getta nella storia d’amore col Duce, così come l’ostinazione con la quale poi non accetterà di essere da lui abbandonata, assieme al figlio. Ad interpretarla un’efficacissima Giovanna Mezzogiorno, adatta a renderne la caparbietà, a dispetto della realtà e dell’evidenza. E di nuovo il confine tra sanità e follia è labile. Lo stesso può dirsi per gli altri due personaggi principali della storia, Benito Mussolini e Benito Albino, teso verso orizzonti di gloria il primo, e quasi assente dalle sue vicende personali; allevato nell’ossessione dell’ingombrante padre traditore il secondo, che finirà i suoi giorni in manicomio. Filippo Timi interpreta magistralmente entrambi. Il film, unico italiano in concorso nel 2009 al Festival di Cannes, non otterrà in questa sede i premi sperati. In compenso però farà incetta di riconoscimenti ai David di Donatello, conquistandone ben sette, tra cui quello per la Miglior Regia. Nastro d’Argento a Giovanna Mezzogiorno.

La passione di Marco Bellocchio per il suo lavoro si esprime però anche nella conduzione del laboratorio Fare Cinema, scuola di regia e recitazione che si tiene ogni anno, in estate, nella natia Bobbio, cui si accompagna il Bobbio Film Festival. E da questa esperienza nasce nel 2006 un primo lungometraggio dal titolo Sorelle, il cui soggetto sarà poi ripreso nel film Sorelle Mai (2010), che ne è ulteriore elaborazione.

La pellicola raccoglie materiale girato durante il laboratorio nel corso di dieci anni, a detta del regista senza l’intento iniziale di farne un film, ma che ne ha poi preso la forma. Al centro, inevitabilmente, un nucleo familiare, che in parte coincide con quello del regista stesso: le sorelle Letizia e Maria Luisa, il figlio Pier Giorgio, la figlia Elena, inseriti però in una  vicenda di fantasia, tra allontanamenti e ritorni nella terra natia, vittorie e sconfitte. Ed è proprio alle sue sorelle, con la loro vita “di confortevoli rinunce”, come la definisce lui stesso, che Marco Bellocchio dedica il film. Con quest’opera il regista ci spiazza ancora una volta, accettando e vincendo quella che per lui resta “la sfida” del cinema oggi: parlare di ciò che ci riguarda, farlo in maniera profonda e originale, nella specificità estetica del cinema, senza scimmiottare modelli televisivi, e non cercare mai di compiacere nessuno, ché altrimenti viene meno la libertà espressiva.

Dieci Inverni: recensione del film di Valerio Mieli

Dieci Inverni: recensione del film di Valerio Mieli

Dieci inverni è il film del 2010 diretto da Valerio Mieli con protagonisti Isabella Ragonese, Michele Riondino, Glen Blackhall, Sergej Zhigunov.

Dieci inverni racconta la sera d’inverno del 1999 i diciottenni Silvestro e Camilla , studenti fuori sede a Venezia , si incontrano su un vaporetto: sarà l’inizio di un percorso lento e graduale, lungo dieci anni in cui si avvicineranno e perderanno, sempre per pochi attimi e sempre d’inverno, prima di riuscire a comprendere e a rivelare i propri sentimenti.

Può un amore palesemente scritto nel destino dover attendere dieci anni prima di sbocciare pienamente? Dopo Harry ti presento Sally e in attesa dell’imminente One Day di Lone Scherfig con Anne Hathaway e Jim Sturges, nuove passioni lente ad esprimersi attraversano i Dieci inverni di Valerio Mieli: ben lontano dal rischio di cadere nelle trappole delle più tremende commedie sentimentali, il luminoso esordio del regista romano è un racconto pulito e spontaneo, abile nel descrivere i quadri invernali del decennio che porta ai trent’anni senza la retorica e le convenzioni giovanili esasperate dai romanzi di Moccia, regalandoci un’esperienza intimamente coinvolgente e felicemente isolata dai più recenti trend di un cinema italiano quasi poco interessato a lavorare su un terreno più squisitamente emotivo senza prendersi in giro e cercare la risata.

Dieci Inverni, tra malinconia e suggestione

E’ una Venezia malinconica quella in cui accettiamo piacevolmente di immergerci, assai più affascinante e suggestiva nel suo abito pallido e silente che nelle colorate e caotiche cartoline turistiche, preferendo a un rampante motoscafo o alla solita gondola in Canal Grande un vaporetto arrugginito dove un ragazzo con una buffa pianta e una ragazza che porta una strana lampada si incontrano per la prima volta in una fredda sera d’inverno; dopo una prima castissima notte apparentemente senza seguito, le strade di Silvestro e Camilla iniziano a incrociarsi numerose volte  per pochi attimi o per brevi periodi, in frammenti di vita in attesa come gelidi cristalli di neve.

Attraverso un cammino perennemente in fieri, fra frasi non dette e grandi speranze che cedono spesso alle piccole cattiverie e vendette della quotidianità, Camilla e Silvestro provano a cercare altre strade verso la felicità fingendo di poter rinnegare consapevolmente sé stessi: senza che il sole faccia mai capolino i due intraprendono carriere differenti, vivono altre storie e si dividono fra le calli deserte di Venezia e le rigide sere moscovite, in due città tanto diverse quanto abili entrambe a congelare i sentimenti. Quando  le reciproche esperienze li hanno fatti finalmente crescere dandogli il coraggio di rischiare, l’incantesimo invernale finalmente può infrangersi e lasciare arrivare la primavera, con il sole che illumina gli sguardi e quella casetta dove da studenti avevano convissuto,  sfiorandosi senza mai riuscire davvero a toccarsi e a bruciare.

Un film delicato e sospeso

Valerio Mieli costruisce dunque col suo saggio di diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma un film delicato e sospeso, una finestra sul mondo dei sentimenti che nella semplicità trova il suo punto di forza e che nonostante i tempi lenti e la fredda ambientazione non annoia e scalda il cuore, complice  il suggestivo pianoforte di Francesco De Luca e Alessandro Forti e la surreale fotografia di Marco Onorato; ottime le prove di Michele Riondino e Isabella Ragonese, bravissimi nel tratteggiare le storie di due personaggi immaturi e inesperti ma mai eccessivi o caricaturali, nelle cui umane insicurezze e reazioni sbagliate ma all’apparenza inevitabili è facile identificarsi: almeno una volta nella vita abbiamo sperato di trovare qualcuno che ci accompagnasse lungo il percorso, abbiamo pensato che si nascondesse lontano in qualche luogo remoto dove non siamo mai stati quando invece era lì, così vicino a noi, senza che riuscissimo a riconoscerlo.

Habemus Moretti: dal 15 aprile al cinema

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“Intorno alla Città del Vaticano, le televisioni di tutto il mondo trasmettono da impalcature costruite apposta o dalle terrazze dei palazzi”. Questa è una didascalia tratta dalle prime scene della sceneggiatura ( visibile sul sito ufficiale ) di Habemus Papam. E se il Papa appena eletto ha una crisi di fede?

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