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The Dark Knight Rises: dettagli sulla location India!

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Dopo l’annuncio che alcune scene di The Dark Knight Rises verranno girate nella città indiana di Jodhpur, detta la Città Blu, e ecco arrivarealcuni dettagli aggiuntivi…Estratti dell’articolo del Times of India:

Il regista Christopher Nolan verrà a Jodhpur a girare The Dark Knight Rises con nientemeno che Christian Bale. Non è prevista la presenza di altri attori di Hollywood per questa porzione indiana di riprese.

Nolan era venuto in India a dicembre a fare un sopralluogo a Jodhpur: è stato allora che ha scelto di girare al Forte Mehrangar. La troupe principale inizierà ad arrivare il 1 maggio, Christian Bale arriverà in India il 4 o 5 maggio. Anche se sono stati chiesti permessi per girare lungo tutto il mese di maggio, la prima unità girerà solo un paio di giorni: il 6 e il 7 maggio.

Gli alberghi a Jaipur e Jodhpur sono già stati prenotati. Una fonte ci rivela che “Nolan aveva fatto sopralluoghi a Jodhpur e Jaipur: si è innamorato della prima città e ha deciso di girare lì. La troupe coinvolta sarà piccola, coinvolgerà una quindicina di persone, e gireranno un paio di giorni. Non ci saranno attori di Bollywood nel film, ma alcuni membri della comunità locale di attori e di lavoratori del settore potrebbero essere coinvolti. La troupe vuole utilizzare lo splendido Forte come sondo per il film. Comunque, non sappiamo se Jodhpur comparirà nel film come città indiana o meno.

La Bellucci interpreterà Oriana Fallaci?

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L’idea è di Andrej Wajda, regista di Katyn. Molti sono i progetti artistici che hanno come obiettivo quello di rappresentare e onorare forse la più importante scrittrice e giornalista italiana del ‘900: Oriana Fallaci. Dal cinema al teatro, fino alla televisione.

Twilight Saga Breaking Dawn: nuove foto!

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E’ cominciata la campagna di amrketing che la Summit Entertainment porterà avanti per Breaking Dawn, fino all’uscita in sala del film previsto per il 18 novembre del 2011. Ecco infatti alcune foto pubblicate da Entertainment Weekly, con tanto di copertina della rivista. Oltre a molte foto inedite, il servizio sarà corredato da numerose dichiarazioni dei protagonisti:Bill Condon, Kristen Stewart, Robert Pattinson eTaylor Lautner.

Ecco le foto:

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Fonte: moviesushi

Ken Loach: 44 anni di cinema senza mai perdere l’indignazione

Ebbene sì, a quasi 75 anni, il signor Ken Loach ancora s’indigna. E lo dimostra col suo ultimo film L’altra verità – Route Irish, da mercoledì scorso nelle sale italiane, in concorso a Cannes 2010, in cui affronta uno dei temi più controversi della nostra attualità: la guerra in Iraq.

E lo fa adottando un punto di vista vicino a chi la guerra l’ha subìta, senza esserne minimamente responsabile, ossia le vittime civili irachene. Il regista ha infatti affermato che questa guerra viene vista troppo spesso come una tragedia americana, mentre non è affatto così: “volevamo avvicinare la gente alle sensazioni del popolo iracheno: milioni di morti, quella è la tragedia”.

Ken Loach, filmografia

Ma ciò che intende fare con questo film, oltre a far luce sul fenomeno dei “contractors”, che ha portato alla “privatizzazione di fatto” della guerra, è anche suscitare la reazione del pubblico di fronte all’atteggiamento delle potenze occidentali in merito a ciò che è accaduto in Iraq – al fatto, ad esempio, che si sia praticata la tortura. Un atteggiamento di accettazione, di chi invita ad andare avanti, magari dimenticando. Lo ha detto senza mezzi termini il regista di Nuneaton, presentando il film a Cannes: “lo hanno fatto nel nostro nome, e coloro che reputano accettabile tutto ciò, i vari Blair, Bush e gli altri, sono ancora lì. Inoltre Blair, con grandissima ironia, è stato nominato Ambasciatore di pace in Medio Oriente (…) Quindi, se non possiamo farli giudicare da una corte di giustizia, dobbiamo almeno farli giudicare dall’opinione pubblica”. Perciò, obiettivo del film è “mantenere vivo il senso d’ingiustizia” rispetto ai crimini commessi in questa guerra.

Potremmo citare altre sue dichiarazioni – dalle prese di posizione nei confronti d’Israele, alla provocatoria definizione della Gran Bretagna come una “colonia culturale degli Stati Uniti” – ma ce n’è già abbastanza per farsi un’idea di chi sia Ken Loach e del suo cinema. Un cinema che pone domande, che scuote, che non lascia mai indifferenti e spinge a reagire di fronte alle ingiustizie e ai soprusi. Un cinema coraggioso e politico nel senso più ampio del termine, che gli è valso prestigiosi riconoscimenti internazionali.

Dal 1963 ad oggi, il regista, nato nel Warwickshire il 17 giugno del ’36, ha portato la sua denuncia sociale prima in tv, lavorando per la BBC assieme al produttore Tony Garnett, e innovando fortemente nei primi anni ’60 gli schemi televisivi, con i suoi docu-dramas, poi sul grande schermo.

Qui, dal 1967, si è dedicato al racconto del mondo operaio, che fa parte delle sue origini, ma ha saputo fotografare bene anche la borghesia inglese con pellicole come Family life (1971). La sua fama resta però indubbiamente legata alla produzione degli anni ’90, con pellicole come Terra e libertà, sulla guerra civile spagnola, e altre, dove torna a parlare del proletariato britannico, realtà da lui ben conosciuta. Così fa in Riff Raff, dove si scaglia con forza contro le politiche tatcheriane, o con la storia dell’ex alcolista Joe, o coi ferrovieri di Paul, Mick e gli altri, fino al più recente Il mio amico Eric. E in questa realtà marginalizzata include anche i nuovi poveri, gli ultimi arrivati nella scala sociale britannica, come in quella delle altre società occidentali: gli immigrati, costretti ai lavori più umili e spesso senza alcun diritto (Bread and roses, In questo mondo libero). Loach racconta la Storia, attraverso storie di persone ordinarie, cercando di capire e far capire i meccanismi secondo cui essa si muove, suggerendo strade di possibile cambiamento.

Sin dagli esordi cinematografici, con Poor Cow (1967) e Kes (1969), il regista mostra le sue doti, inaugurando l’indagine sulle condizioni esistenziali del proletariato britannico, che saprà dipingere sempre con efficace realismo: è attento e scrupoloso, ironico e tagliente, drammatico, ma non retorico. In questi suoi primi lavori, sceglie un approccio quasi documentaristico, per raccontare rispettivamente di una giovane donna e di un ragazzino ai margini della società, alle prese con continue sfortune, incontri sbagliati e vessazioni.

Nel ’71 esplorerà invece l’asfittico e tarpante universo borghese della sua Inghilterra, trattando in modo vivido e toccante il tema della malattia mentale, con Family life. Al centro, la vicenda umana della giovane Janice Baildon/Sandy Ratcliff, che non riesce a prendere in mano la propria vita ed è costretta dai genitori ad abbandonare amore, sogni e aspirazioni. Da tutto ciò fugge, scivolando lentamente ma inesorabilmente nella malattia mentale, che la condurrà in ospedale psichiatrico. A nulla valgono le insistenze della sorella Barbara, che, staccatasi dalla famiglia con cui è in aperto contrasto, inviterà più volte Janice a fare altrettanto. Loach pone domande e invita a riflettere sull’apparente normalità di una famiglia borghese, dietro cui si celano incomunicabilità e alienazione, ma anche su un apparato statale carente nell’affrontare il disagio sociale ed esistenziale. In seguito, il regista di Nuneaton torna a lavorare per la tv, dedicandosi solo di rado al cinema.

A inizio anni ’90, invece, il grande schermo è di nuovo una delle sue principali occupazioni. In questo decennio, e in quello successivo, la sua fama si consoliderà, facendolo entrare a pieno titolo tra i più grandi registi europei. Il decennio si apre con una pellicola d’impegno, componente irrinunciabile nel lavoro di Loach. Si tratta del thriller L’agenda nascosta, in cui il regista ci presenta l’annosa questione dell’IRA in Irlanda, da un punto di vista del tutto diverso da quello solitamente adottato. Ci parla, come farà spesso nel confrontarsi coi grandi temi storici, di verità nascoste, lati oscuri, responsabilità che non ricadono mai da una sola parte, come troppo spesso siamo portati a credere. Qui si tratta infatti di violazioni commesse dalle forze di polizia inglesi nei confronti di militanti irlandesi dell’IRA e dell’inchiesta che ne scaturisce; della morte di un avvocato americano, e della volontà di sua moglie di scoprirne il reale motivo. Abbiamo quindi – e le ritroveremo in molti film di Loach – delle storie personali dal forte valore emotivo, con un elevato potenziale di coinvolgimento, che sono l’occasione per mettere in moto una riflessione. La pellicola ottiene il Premio speciale della Giuria al Festival di Cannes.

Loach continua poi la sua indagine sulle problematiche della società britannica, e in particolar modo delle sue classi meno agiate, e lo fa con Riff, raff, in cui, attraverso le vicende di Steve/Robert Carlyle, ex galeotto che trova lavoro come operaio edile, punta il dito contro le politiche tatcheriane disinvoltamente liberiste, che lasciano le classi lavoratrici senza i più elementari diritti (emblematico il fatto che i protagonisti lavorino per trasformare un ex ospedale in un condominio di lusso). La vita di cantiere è dipinta con la consueta precisione e realismo. Accanto a Carlyle, che Loach sceglierà anche per La canzone di Carla, troviamo Peter Mullan, futuro protagonista del fortunato My name is Joe.

Per non farsi mancare nulla e tratteggiare un quadro completo della marginalità sociale inglese, Loach firma nel ’94 il commovente Ladybird, Ladybird, ritratto di Maggie/Crissy Rock, madre cui viene tolta la custodia di quattro figli, perché inadatta a crescerli, e poi ancora di altri due, avuti con un compagno assieme al quale cercava di rifarsi una vita. Il film è tratto da una storia vera, e non vuole certamente difendere ad ogni costo Maggie, che viene mostrata senza ipocrisie, in un ritratto fatto di luci e ombre. Piuttosto, ancora una volta, vuole restituire una visione complessa della realtà, mostrandoci un punto di vista che ci spinga a interrogarci sul tema dell’affidamento. Orso d’oro a Berlino per la Rock come Miglior Attrice.

Torna poi alle grandi vicende della Storia, raccontate però sempre dal basso, a partire dalla gente comune, con Terra e libertà (1995). In questo caso si parla della guerra civile spagnola del ’36, e di un giovane di Liverpool, David/Ian Hart, che parte per andare a combattere contro le truppe di Franco, a fianco del Partido Obrero de Unidad Marxista. Passerà attraverso l’ardore idealista degli inizi, sperimenterà difficoltà, vivrà anche una storia d’amore con Blanca/Rosana Pastor, militante del Poum, insieme si scontreranno con la disillusione di un triste epilogo. La disgregazione e le lotte interne al fronte d’opposizione contro Franco porteranno infatti allo scioglimento del Poum e lasceranno la strada aperta alla dittatura. Quando gli verrà intimato di deporre le armi e alcuni suoi compagni si rifiuteranno, a farne le spese sarà proprio Blanca, che morirà tra le braccia di David. Anche qui, c’è passione politica, c’è dramma, ma la crudezza e l’autenticità salvano dalla retorica. Il film ottiene il Premio della Giuria ecumenica al Festival di Cannes.

Loach non rinuncia poi a parlarci della guerriglia controrivoluzionaria dei Contras nel Nicaragua sandinista, scegliendo come protagonista di nuovo Robert Carlyle. Il film è La canzone di Carla. Siamo nel 1987 e questo racconto in due parti esplora da un lato, la realtà britannica – la prima parte del film è infatti ambientata a Glasgow – dall’altro, quella nicaraguense, poco conosciuta in Europa. Occasione per fare ciò, è una vicenda umana delle più semplici, e si direbbe banali: la storia d’amore tra l’operaio di Glasgow George Lennox/Robert Carlyle e la nicaraguense Carla, giunta in Scozia da rifugiata. Il film inaugura la lunga e fruttuosa collaborazione tra Loach e lo sceneggiatore Paul Laverty.

Nel ‘98 i due collaboreranno ancora, stavolta per tornare ad occuparsi esclusivamente di Regno Unito, con My name is Joe, storia di un ex alcolista che cerca di rifarsi una vita, ottimamente interpretato da Peter Mullan, che è premiato con la Palma d’Oro a Cannes. Ancora vite ai margini in cerca di riscatto e di giustizia, come sarà anche nel successivo Bread and roses (2000), che affronta il tema delle rivendicazioni di diritti civili da parte degli immigrati. Stavolta, però, Loach va in trasferta negli Usa, dove l’immigrazione è quella messicana. La protagonista, Maya, lotterà per i suoi diritti di lavoratrice, vedendoli riconosciuti. E di rivendicazione di diritti, stavolta da parte di un gruppo di ferrovieri inglesi in cassa integrazione, si parla in Paul, Mick e gli altri (2001), a sottolineare che, anche dopo l’era Tatcher – il film è ambientato negli anni Novanta, durante il governo di Major – le prospettive per la classe lavoratrice inglese non sono certo rosee. Loach sarà molto critico anche nei confronti del nuovo corso laburista, inaugurato da Blair, e sosterrà il movimento Respect, a sinistra del nuovo Partito Laburista.

Nel 2002, sarà tra i registi che realizzeranno corti sul tema dell’11 settembre 2001, e anche in questo caso lo farà in maniera del tutto peculiare, volgendo ancora una volta lo sguardo dove lo spettatore non si aspetta. Partendo infatti dalla data dell’attentato alle Torri Gemelle di New York, il regista britannico ricorderà un altro 11 settembre, quello del 1973, che vide in Cile il golpe di Pinochet e la morte del Presidente Allende, il sovvertimento dell’ordine democratico e l’instaurarsi di una dittatura che avrebbe portato a migliaia di morti innocenti e di persone torturate, sotto gli occhi di tutto il mondo occidentale, Usa compresi, che non fecero nulla per fermare Pinochet, e anzi lo considerarono interlocutore degno delle loro diplomazie. Anche qui, dunque, la prospettiva adottata fa sorgere vari quesiti: esistono vittime di serie A e vittime di serie B? Attentati alla democrazia di fronte ai quali è giusto indignarsi e altri verso i quali è opportuno restare indifferenti? Loach solleva la questione, allo spettatore il compito di farsi un’opinione in merito.

Il 2006 sarà invece l’anno che porterà al regista inglese la Palma d’Oro al Festival di Cannes, che ancora una volta dimostrerà grande apprezzamento nei confronti di questo arguto cineasta. Lo farà premiando Il vento che accarezza l’erba, in cui si riapre una delle pagine più dure della storia britannica: la guerra civile che dilaniò l’Irlanda negli anni ’20. Da una parte l’esercito inglese che vuole reprimere ogni residua volontà indipendentista in Irlanda, dall’altra il popolo irlandese, che si dividerà a sua volta tra chi accetterà un trattato che pone fine alle ostilità con gli inglesi e chi vi si opporrà, considerandolo un mero opportunismo. Ancora una volta, una guerra fratricida, inutile, anzi, dalle conseguenze disastrose. Loach ce la fa vivere attraverso le vicende di una famiglia irlandese, che si troverà su fronti opposti delle barricate. Sceneggiatura curata dall’ormai immancabile Paul Laverty, e massimo riconoscimento a Cannes per il film.

L’anno successivo, Loach e Laverty torneranno invece alla stretta contemporaneità e al mondo del lavoro, occupandosi della sua precarizzazione, di liberalizzazione e competizione selvagge. In questo contesto, Angie, la protagonista di In questo mondo libero, licenziata, si fa imprenditrice di una ditta di collocamento per immigrati e finirà per trattare le persone che le si rivolgono come fossero una merce. Loach torna dunque all’attualità, evidenziando i guasti prodotti nelle società occidentali dal liberismo selvaggio. C’è chi ha definito cinico il suo approccio in questa pellicola, ma a tale osservazione il regista di Nuneaton ha risposto rivendicando una necessità di realismo, che faccia comprendere il reale funzionamento dei meccanismi delle nostre società, come presupposto di un possibile cambiamento. Laverty si è guadagnato con questo lavoro l’Osella d’Oro per la sceneggiatura al Festival del Cinema di Venezia 2007.

Ancora una storia ai margini della working class britannica è quella di Il mio amico Eric (2009), sempre in collaborazione con Laverty. Eric è un uomo la cui esistenza è allo sbando, ma mentre sta andando alla deriva, sarà soccorso dal suo idolo, qui una sorta di angelo custode: Eric Cantona, calciatore del Manchester. Il film unisce toni leggeri e drammatici, e sperimenta elementi surreali, riuscendo ancora una volta a catturare il pubblico, anche trattando temi non facili. Premiato a Cannes dalla Giuria Ecumenica.

Siamo così ad oggi. Nel 2010 infatti, la premiata ditta Loach-Laverty torna ad occuparsi di questioni internazionali e di Storia, affrontando, da inglese, il tema della guerra in Iraq. E lo fa, come detto in apertura, con L’altra verità – Route Irish, affidando il ruolo del protagonista a Mark Womack, noto attore televisivo inglese al suo debutto cinematografico. Womack interpreta un ex contractor il cui miglior amico, contractor anch’egli, muore in circostanze poco chiare sulla tristemente nota strada di Baghdad. Qui, si mettono a nudo aspetti spesso taciuti di questo recente conflitto, ma indispensabili per comprenderlo, proprio perché, come ha affermato lo stesso Loach, il cinema ci aiuta a fare ciò che tutti dovremmo fare, essendo nel mondo: cercare di capirlo. E può talora suggerirci strade da percorrere, se ne vogliamo ottenere il mutamento. Se vi state chiedendo dove sia, allora, la differenza tra cinema e politica, beh, la risposta, con la consueta ironia, la dà lo stesso Ken, ricordando un vecchio slogan della sinistra americana: “scuotere (agitate), istruire (educate), organizzare (organize). I film possono scuotere un po’, non possono realmente istruire e neppure organizzare. Quindi, fateci fare ciò che possiamo, cioè scuotere, ma una volta che siete usciti dal cinema, per l’amor di Dio, organizzatevi!

I Baci Mai Dati: recensione del film di Roberta Torre

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Una serie di sospiri accompagnano la soggettiva offuscata della statua della Madonna che apre il film premio Brian a Venezia 2010  come miglior film “che evidenzi ed esalti i valori del laicismo”. I Baci Mai Dati di Roberta Torre arriverà venerdì 29 nelle sale italiane a due anni dalla sua realizzazione e con due importanti festival alle spalle: Venezia (nella sezione Controcampo italiano) e il Sundance Film Festival.

I Baci Mai Dati narra le vicende di Manuela (Carla Marchese), una ragazza di tredici anni che, stanca dei disordini familiari, decide un po’ per gioco, un po’ per provocazione e un po’ per una qualche forma di convinzione di far credere agli abitanti del quartiere di aver parlato con la Madonna. Dopo lo scherno iniziale dei genitori che iniziano a rinfacciarsi le responsabilità per aver dato alla luce due figlie: una che “parla con la madonna” e l’altra che “sembra la figlia di Paris Hilton” la madre inizia a fiutare l’affare e mette in moto un grande business attorno alla presunta santità della figlia. La gente ha bisogno di sperare, ma la speranza è diversa dal “farsi prendere per il culo” come osserva la protagonista.

Il quartiere catanese di Librino fa da sfondo alla vicenda. Una vicenda siciliana ma non solo in cui i personaggi sono al tempo stesso tipici di una realtà locale (come il “biondo Librino” che caratterizza i capelli di Donatella Finocchiaro) ma anche stilizzati, personaggi fumetto, come stilizzate ed esagerate sono le scelte formali della regista. Il kitsch caratterizza oggetti e arredi legati al mondo della fede: una chiesa ridipinta di un blù elettrico in cui troneggiano statue e dipinti di dubbio gusto, cui fanno eco i gadget con la faccia della bambina “santa” voluti dalla madre.

Il colore è un tratto esuberante che caratterizza il film e che trova la sua massima espressività antinaturalistica nel salone della parrucchiera-fattucchiera interpretata da Piera Degli Esposti. Una parrucchiera che non si limita a curare l’estetica delle teste, ma che agisce magicamente anche sul loro contenuto, un’altra “spacciatrice di speranza” che viene messa in diretta relazione con la bambina. Nel finale il miracolo accade, o meglio, i miracoli accadono. Il primo è nel riavvicinamento tra madre e figlia, coronato da quei “baci mai dati” cui accenna il titolo. Il secondo apparentemente più inspiegabile è lasciato in sospeso e sorprende la stessa protagonista stanca del suo bluff.

In questo film delicato ma anche graffiante la regista (anche sceneggiatrice con Laura Nuccilli e anche produttrice con Amedeo Bacigalupo) si è avvalsa della collaborazione di attori di chiara fama e collaudatissimo mestiere come Piera Degli Esposti, Pino Micol, Donatella Finocchairo e Giuseppe Fiorello ma anche di due attrici giovanissime: Carla Marchese e  Martina Galletta al loro esordio cinematografico.

Voglia di tenerezza

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Voglia di tenerezza Regia: James L. Brooks Anno: 1983 Cast: Shirley MacLaine, Debra Winger, Jack Nicholson.

Il film è tratto da un romanzo di Larry McMurtry del 1975, dall’omonimo titolo. Nel romanzo però non appare il personaggio di Garrett, ideato dallo stesso Brooks, interpretato da Jack Nicholson e centrale nel film. I protagonisti portano dentro di sé tristezza e insoddisfazione, cadendo così in sbagli continui arrecati proprio dalla loro fragilità.

Abbiamo Aurora, donna che non accetta di invecchiare e vorrebbe restare una single eternamente corteggiata dagli uomini; c’è Emma, la figlia, che è sempre più trascurata dal marito Flap, che di fatto la tradisce, causandone così il reciproco tradimento; c’è Garrett, ex astronauta vitellone. Ma il brutto male che colpisce Emma porterà un cambiamento positivo in ognuno di loro: Aurora accetterà di buon grado il ruolo di nonna, Flap si impegnerà di più come padre, Garrett si dedicherà anima e cuore ad Aurora, sbarazzandosi dal ruolo di scapolone negli “anta”. Commedia adatta per gli amanti dei film lenti e riposanti, romantici, strappalacrime.

Voglia di tenerezza ha avuto anche un sequel girato nel 1996, Conflitti del cuore: nel film Aurora ha una tormentata relazione con un giovane psichiatra (Bill Paxton) e Nicholson compare solo in un cameo.

Al ritiro dell’Oscar Shirley MacLaine, durante il suo discorso, si rivolse a Debra Winger, candidata per la stessa categoria e lo stesso film, e le disse: “Metà di questo è tuo”. La Winger le rispose: “Allora ne prenderò metà”.

Il periodo delle riprese coincideva con la disintossicazione di Debra Winger da una seria dipendenza dalla cocaina, che causò molti comportamenti scorretti sul set, che in un’occasione la portarono addirittura alle mani con Shirley MacLaine.

James L. Brooks ha lavorato solo occasionalmente come regista, in quanto la sua principale attività è di produttore televisivo. Tra i lavori più famosi c’è quello di produttore esecutivo dei Simpson.

In America è molto conosciuto anche per programmi televisivi quali Mary Tyler Moore, Rhoda e Taxi. Come regista ha firmato altri cinque film: Dentro la notizia (Broadcast News, 1987), Una figlia in carriera (I’ll Do Anything, 1994), Qualcosa è cambiato (As Good As It Gets, 1997). Spanglish – Quando in famiglia sono in troppi a parlare (Spanglish, 2004) e il recente Come lo sai (How Do You Know, 2010).

Sebbene Brooks non abbia diretto molti film, con Voglia di tenerezza ha proposto una pellicola che ha fatto incetta di premi. Cinque Premi Oscar: Miglior film a James L. Brooks, Migliore regia a James L. Brooks, Miglior attrice protagonista a Shirley MacLaine, Miglior attore non protagonista a Jack Nicholson, Migliore sceneggiatura non originale a James L. Brooks. Quattro Golden Globe: Miglior film drammatico, Miglior attrice in un film drammatico a Shirley MacLaine, Miglior attore non protagonista a Jack Nicholson, sceneggiatura a James L. Brooks. Quattro National Board of Review Award: Miglior film, Migliore regia a James L. Brooks, Miglior attrice protagonista a Shirley MacLaine, Miglior attore non protagonista a Jack Nicholson. Due Kansas City Film Critics Circle Award: Miglior film, Miglior attore non protagonista a Jack Nicholson. Un David di Donatello: Miglior attrice straniera a Shirley MacLaine. E ancora 5 premi al Los Angeles Film Critics Association Award e tre al New York Film Critics Circle Award.

Caro Diario, il film di Nanni Moretti

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Caro Diario è un film diretto da Nanni Moretti e con protagonisti nel cast lo stesso Nanni Moretti e Silvio Orlando.

Con questo film (Caro Diario), Nanni Moretti ci offre un autentico documentario sulla politica italiana tra il ’94 e il ’97. Un documentario filtrato dalle sue sensazioni, delusioni, gioie, ansie, aspettative; sentimenti che si mescolano causa la politica e la vita privata. Dalla vittoria di Berlusconi nelle elezioni politiche del ’94 alla vittoria del Governo Prodi del ’96, passando per l’attesa per la nascita del figlio che lo distrae dal lavoro fino alle delusioni arrecategli dalla “sua” parte politica.

Caro Diario si apre con il discorso di Emilio Fede al Tg4 che annuncia la vittoria di Silvio Berlusconi alle elezioni politiche del 1994. Nanni Moretti è sconcertato dalla vittoria della destra e pensa di girare un documentario a proposito della figura di Berlusconi e del conflitto d’interessi. Tuttavia il progetto verrà accantonato per fare posto ad un musical.

Ma nel 1996 ci saranno le elezioni anticipate e Moretti (che nel frattempo aveva sospeso a tempo indeterminato il musical per mancanza d’idee) ripensa al suo progetto del film politico. Contemporaneamente la moglie gli rivela di essere incinta e da quel momento la vita di Moretti si divide tra il lavoro sul documentario e il figlio a cui dedica tantissimo tempo.

Caro Diario, un film egocentrico

Incontra notevoli difficoltà professionali e soprattutto personali nel suo nuovo ruolo di padre. Il documentario non verrà realizzato in tempo, quindi Moretti abbandona il progetto (anche per via della vittoria della sinistra) e si dedica nuovamente al musical, con protagonista un pasticciere trotskista (Silvio Orlando) che balla dopo la morte di Stalin nella sua pasticceria.

Caro diario è il film più egocentrico di Moretti; ma anche il più politico, al pari solo de Il Caimano, presentato 8 anni dopo (2006). Tra le scene che restano più impresse, si ricorda quella famosa della canna fumata da Moretti dopo la vittoria di Berlusconi nel ’94, con la madre di fianco; mentre la più toccante è quella che lo ritrae giungere sulle coste pugliesi in occasione dell’affondamento di una nave albanese da parte della Marina italiana, con Moretti che critica i dirigenti di sinistra non accorsi sul luogo dell’atroce misfatto.

Li critica con ironia nevrotica, affermando che negli anni del fermento politico e civile, loro erano chiusi in casa a guardare Happy days. Altra scena famosa è quella in cui Moretti incita Massimo D’Alema, ospite di Porta a porta incalzato da Berlusconi, di dire “qualcosa di sinistra”; o quanto meno qualcosa, visto che era silente agli attacchi dell’avversario.

Tra i riconoscimenti, si ricorda il David di Donatello vinto da Silvio Orlando nel ’98 come migliore attore.

Penelope Cruz per Sergio Castellitto

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Dopo aver confermato che sarà nuovamente sul set del film “italiano” di Woody Allen, The Wrong Picture, che si girerà in estate a Roma, Penelope Cruz  ritornerà nuovamente in Italia per essere diretta da Sergio Castellitto dopo la fortunata esperienza di Non ti muovere.

Antje Traue contro Superman?

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La  teutonica Antje Traue (Pandorum), potrebbe entrare a far parte del cast di Superman: man of Steel, di cui ricordiamo fanno già parte Michael Shannon nei panni del generale Zod, Henry Cavill per la parte dell’eroe d’acciaio e inoltre Amy Adams, Kevin Costner e Diane Lane Il ruolo della Traue dovrebbe essere quello di Faora, una kriptoniana che contrasterà la forza di Superman sulla Terra. Sul personaggio di Faora, apparsa nei comic book del supereroe alla fine degli anni ’70, era basato quello di Ursa, apparsa in Superman e in Superman II. Ricordiamo che Superman:Man of Steel diretto da Zack Snyder  e prodotto da Christopher Nolan uscirà nelle sale americane il dicembre del 2012.

Fonte:comingsoon

Aronofsky presidente di giuria a Venezia

Sarà il regista, produttore e sceneggiatore statunitense Darren Aronofsky (autore del film d’apertura della 67 Mostra, Black Swan, e  Leone d’oro 2008 per The Wrestler)  è la personalità chiamata a presiedere la Giuria Internazionale del Concorso della 68esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (31 agosto-10 settembre 2011).

La decisione è stata presa dal Cda della Biennale di Venezia, presieduto da Paolo Baratta, accogliendo la proposta del Direttore della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, Marco Mueller.

I protagonisti di Twilight sbarcano a Napoli

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Gli attori del cast parteciperanno dal 10 al 12 giugno a un incontro coi fan presso l’Hotel Futura di Casoria. Dopo il successo dell’edizione romana del 2010, torna la Twilight Ita Con 2, la prima convention italiana dedicata alla saga vampiresca di «Twilight».

Fast & Furious 5: recensione del film con Paul Walker

Dom Toretto (Vin Diesel) e la sua famiglia, composta dalla sorella Mia (Jordana Brewster) e dal di lei compagno Brian (Paul Walker), in Fast & Furious 5 si trovano, dopo la rocambolesca evasione di Dom, a Rio de Janeiro, per portare a termine un ultimo colpo che permetterà loro di rifugiarsi con un’altra identità in uno dei paesi che non applicano l’estradizione dei ricercati.

A Rio però il colpo si complica contro ogni aspettativa; vengono uccisi degli agenti federali e piomba in città, in tutto il suo splendore di muscoli e armi, l’agente speciale Hobbs (Dwayne Johnson), più che determinato a incastrare i Toretto. Intanto Dom ha spostato l’imprevisto del colpo andato a male su di un livello più personale e vuole affrontare una volta per  tutte il capo della malavita locale Reyes, depredandolo del suo potere e dei suoi soldi. Per fare ciò ha bisogno del migliore dei team possibili, e quindi  raduna i suoi uomini e donne migliori per portare a termine il colpo che metta in ginocchio il magnate del crimine.

Fast & Furious 5, il film

Fast & Furious 5 segna la riunione in grande stile del cast delle origini, per offrire due ore buone di intrattenimento composto da effetti sonori saturi, macchine veloci, sgommate, lotte tra culturisti e un po’ di Sudamerica. Questi elementi fanno di Fast & Furious 5 un prodotto completo per qualsiasi mercato: il cast di origine multietnica, le varie lingue in cui vengono declinati i dialoghi, i principi basici a cui il film è votato.

Non disattende la brama di azione, trucchi e astuzie da guardie e ladri, con una base di moralità legata al concetto di sacralità della famiglia. Quella che si è persa e per la quale si continua a lottare e quella che si allarga, dopo pochi minuti si scopre che la sorella di Dom è incinta di Brian, ex poliziotto ormai parte del team Toretto, e, per estensione, si parla anche di  famiglia acquisita, in questo caso formata dalla squadra di Dom che porta a termine il colpo.

Ovviamente in Fast & Furious 5 ci sono le macchine veloci, di cui tutti gli agenti specializzati sono esperti, e un’incredibile, anche se forse un po’ allungata, scena di inseguimento con cassaforte piombata a traino di due macchine ultrapotenti in pieno centro di Rio de Janeiro, con conseguente distruzione di molti edifici e carambole di macchine della polizia. Fanno perciò sorridere i disclaimer a fine film, che suggeriscono di non provare ad imitare queste scene, l’immaginazione porta immediatamente a una Maserati con attaccato un box di sicurezza delle poste che cerca di svicolare nel traffico del Lungotevere romano.

Fast & Furious  è una saga che ci accompagna da dieci anni, in cui i protagonisti si sono alternati attorno al nocciolo duro formato da Vin Diesel e Paul Walker e che ora ritorna al completo con l’aggiunta di Dwayne Johnson, che in più di una scena ci ricorda il perché un tempo non troppo lontano era conosciuto come The Rock e frequentava i ring del wrestling. La sua caccia a Toretto proseguirà nel prossimo (sicuro) capitolo. Un ultimo consiglio, questa volta più di altre  conviene restare oltre la fine dei titoli di coda: Eva Mendes è protagonista del teaser del prossimo film della serie, che vedrà il reintegro, per probabile riesumazione, di un’altra parte del cast.

Marlene Dietrich voleva uccidere Hitler?

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La clamorosa rivelazione è inserita nella biografia dedicata all’attrice, appena pubblicata negli Stati Uniti dalla scrittrice Charlotte Chandler.

L’era dei Remake e Reboot volge al termine?

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In un mondo di oggi saturo di remake e discretamente pieno di reboot fa un enorme piacere apprendere che la 20th Century Fox ha lanciato un’iniziativa molto interessante.

Box Office ITA del 25 Aprile 2011

Rio continua a dominare al box office italiano, seguito dall’ottima tenuta di Habemus Papam e dalla new entry Faccio un salto all’Avana. Accettabile il risultato di Cappuccetto Rosso Sangue

Oltre ad aver conquistato da qualche settimana il box office internazionale, Rio sta ottenendo una buona prestazione anche qui in Italia, dove si conferma primo alla sua seconda settimana con 1,3 milioni di euro, giungendo a 3,7 milioni complessivi. Nel weekend pasquale, l’ottima tenuta può essere giustificata anche dal target di riferimento, visto che la pellicola di animazione in 3D è il tipico prodotto per famiglie.

Habemus Papam mantiene il secondo posto con un’ottima tenuta: in questo fine settimana, il film di Nanni Moretti ottiene un altro milione e supera i 3 milioni totali. Il passaparola e la prossima presentezione al Festival di Cannes potranno di certo apportare ulteriori benefici al film.

Faccio un salto all’Avana sorprende con il suo terzo posto: la commedia con Francesco Pannofino, dopo il deludente risultato di Boris – Il film, debutta con 975.000 euro e un’ottima media per sala, pari a 3000 euro.

Limitless scende dunque al quarto posto con altri 820.000 euro, arrivando a quota 2,2 milioni e confermando l’esordio positivo della scorsa settimana.

Risultato accettabile per la new entry Cappuccetto Rosso Sangue: la rivisitazione ‘gotica’ della celebre fiaba diretta da Catherine Hardwicke conquista 684.000 euro, attirando sostanzialmente lo stesso target della saga vampiresca da lei avviata al cinema, con Twilight. Desta quindi curiosità l’andamento della pellicola nelle prossime settimane.

World Invasion esordisce al sesto posto con un risultato modesto, pari a 354.000 euro. Seguono The Next Three Days, che arriva a 2,5 milioni con altri 337.000 euro, e Scream 4, che supera il milione complessivo con altri 255.000 euro.

Chiudono la top10 due commedie italiane: C’è chi dice no (229.000 euro), arrivato a 1,5 milioni, e Nessuno mi può giudicare (103.000 euro), giunto a 7,6 milioni.

Box Office USA del 25 aprile 2011

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Rio resiste in prima posizione anche questa settimana, nella classifica dei maggiori incassi negli Stati Uniti, aggiungendo altri 26 milioni di dollari al suo incasso totale che raggiunge così quasi 81 milioni di dollari. Lo segue una produzione tipica americana, il film demenziale con travestimenti: Madea’s big happy family, dell’attore Tyler Perry che riprende la tradizione di Eddie Murphy, diventando una grassa signora di colore che deve affrontare diverse avventure fuori dal comune.

Il film incassa quasi 26 milioni di dollari. Water for elephants, la nuova prova di Robert Pattinson con Reese Witherspoon, occupa il terzo gradino del podio del box office. Il film è diretto da Francis Lawrence, che dopo l’azione di Constantine e Io sono leggenda, si confronta con il mèlo. Hop, il concorrente di Rio, scende in quarta posizione, ma rispetto al pappagallo protagonista dell’altro film, è in programmazione da due settimane in più. Il film incassa altri 12,5 milioni di dollari, raggiungendo quindi la tonda cifra di 100 milioni di dollari.

A metà classifica troviamo  Scream 4, ultima fatica di Wes Craven, che ha resistito al fuoco incrociato di critiche che lo aspettava al varco nel giorno dell’uscita, conquistandosi settimana per settimana la sua fetta di pubblico. Ad oggi il film ha incassato 31 milioni di dollari. In sesta posizione c’è African cats, un documentario della Disney sugli animali della savana, di cui Samuel L.Jackson è il narratore, seguito dalla storia di volontà e coraggio Soul surfer che raggiunge  un incasso totale di quasi 29 milioni di dollari e il thriller low cost Insidious, ormai a 44 milioni di dollari di incasso.

Chiudono la classifica la spy story Hanna e Source code, che si appresta ad uscire dalla classifica dopo aver raggiunto quota quasi 45 milioni di dollari di incasso. La prossima settimana usciranno: il molto atteso quinto capitolo di Fast and Furious, Fast 5, in cui Vin Diesel è  alle prese nuovamente con macchine veloci e fuorilegge da acchiappare; esce anche la teen comedy Prom, che ha tutta l’aria di avere come riferimento il cinema anni 80 di John Hughes, creatore di The breakfast club e Pretty in pink, film che hanno segnato l’adolescenza e il look, dell’epoca, di molti trentenni di oggi.

Esce anche Dylan dog, che da noi è passato quasi inosservato, vedremo le reazioni in terra statunitense. Ultima uscita attesa è quella di Hoodwinked Too! Hood VS. Evil film di animazione  che realizza un mash up di favole, in cui Cappuccetto rosso  dovrà salvare Hansel e Gretel. Ovviamente il cast di voci è quello delle migliori occasioni, tra tutti spicca Glenn Close, che dà alla parola al personaggio Granny Pickett.

Prime foto di The 13 Women of Nanjing con Christian Bale

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Sono state diffuse le primissime immagini di , il kolossal diretto da Zhang Yimou: ecco il protagonista Christian Bale nei panni di un eroico sacerdote…

Ian Holm ritorna nei panni di Bilbo!

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Il regista Peter Jackson ha confermato, tramite la sua pagina Facebook, che Ian Holm riprenderà il ruolo di Bilbo Baggins in The Hobbit. Il film è finalmente andato ufficialmente in produzione da qualche settimana in Nuova Zelanda, ma non si sa ancora quale sarà il momento in cui entrerà in scena Bilbo in versione Signore degli Anelli.

Il terrorista Carlos arriva anche in Italia

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Su Sky in onda una miniserie di tre puntate del film che ha vinto un Golden globe. La miniserie Carlos, in prima assoluta in Italia, racconta la storia del terrorista internazionale anche noto come “lo Sciacallo” Ilich Ramírez Sánchez (l’attore Edgar Ramirez, nominato ai Golden Globe come miglior attore protagonista), che per due decenni è stato uno dei terroristi più ricercati del mondo.

Il Sesso Aggiunto: recensione del film con Myriam Catania

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Il sesso aggiunto, primo lungometraggio del regista e autore televisivo Francesco Antonio Castaldo, ripercorre la storia di un ragazzo sulla trentina, Alan (Giuseppe Zeno), tossicodipendente. Alan ha costantemente un’unica ragione di vita: l’eroina. È completamente invaso dal desiderio di stare con “lei”, di innamorarsi di “lei”, di possederla.

Come ogni altro tossicodipendente, trascorre le giornate alla ricerca della roba, prelevando soldi alla madre, povera e forse troppo comprensiva, e alla sorella che dimostra continuamente il suo affetto per lui. Ha un rapporto complicato con una ragazza più giovane di lui, anche lei tossicodipendente, Laura (Valentina D’Agostino), una relazione che ruota totalmente attorno all’eroina, che li sovrasta e comanda ogni loro azione. Poi c’è Nancy (Myriam Catania) l’ex ragazza di Alan, ex tossicodipendente appena uscita dalla comunità. Nancy sente il peso di averlo fatto cadere nella trappola della droga e vorrebbe aiutarlo, ma in realtà sta cercando qualcos’altro, adesso lui è diventato il tramite per farle raggiungere il benessere più atteso, il suo unico desiderio: l’eroina che “ride alle loro spalle, quando decidono di farne a meno”.

Il Sesso Aggiunto, il film

Così Alan, circondato da “lei”, che incarna ogni persona che gli sta vicino, “lei” che rappresenta la sua vita, i suoi sogni disillusi, si sente abbandonato dal suo “Dio” e ha sempre meno spazio per l’amore e per la vita nel suo cuore. Gradualmente, insieme alle azioni quotidiane per raggiungere l’estasi, l’estremo orgasmo grazie all’eroina, Alan ripercorre con noi, che lo assistiamo, i momenti più importanti della sua vita come se fossero presenti; egli compie un percorso di auto-psicoanalisi per ritrovare se stesso, per riconciliarsi con quel “Dio”, quell’amore che risiede dentro ognuno di noi, quella parte interiore più pura di ogni altra. Ed è questo amore, quello che risiede dentro il suo cuore, e non in quello di altri, che Alan trova quel coraggio che gli permette divivere, di nuovo e di sconfiggere la dipendenza più grande.

Un contributo onesto quello di Castaldo, come lui stesso ammette nel corso della conferenza stampa, per trovare un modo per far capire ai giovani e ai meno giovani che cos’è la tossicodipendenza. Ma il lavoro del regista non è così scontato, se così qualcuno può immaginarselo,egli intraprende un viaggio nel mondo interiore della tossicodipendenza, per parlare dell’amore. Perché di questo si tratta, di un film sull’amore. L’amore di una madre per un figlio già morto, al quale supplica di rinascere. Un amore universale che permette di superare ogni ostacolo che la vita ci pone di fronte. Il regista e il produttore Giovanni Madonna, hanno spiegato come l’esigenza di fare questo film sia nata dalle ultime statistiche che affermano il grande aumento dell’uso di eroina negli ultimi tempi: stiamo parlando dell’incremento del 40% negli ultimi due anni.

Un dato che fa paura, considerando gli effetti dell’eroina, effetti che rendono l’uomo, un vegetale, una nullità, un uomo che non vuole e non può avere alcuna responsabilità. Come dargli torto? La nuova generazione, senza voler generalizzare, rappresentata anche nel film, quando esce la sera, si cala qualsiasi pasticca e droga presente nel commercio e la mattina, per calmarsi e rilassarsi dall’eccessivo uso di anfetamine, etc, decide di fumarsi l’ero, quasi fosse un semplice sonnifero. L’unica differenza rispetto al passato è che mentre prima la decisione dell’uso dell’eroina derivava forse dai grandi fermenti culturali, e i giovani erano (quasi) spinti dal potere a farne uso per bloccare le loro eccessive inquietudini, oggi si vive la situazione opposta, è la mancanza di ideali, di entusiasmo, di valori, la rassegnazione e la disillusione, che porta all’eccesso e alla decisione di uscire da se stessi attraverso lo sballo.

In definitiva, Francesco Antonio Castaldo, ha realizzato un buon film, anche grazie all’aiuto di tre bravi attori, in particolare di Giuseppe Zeno che ha interpretato genuinamente e in maniera molto personale un personaggio complicato. Il sesso aggiunto è un film che deve essere visto da tutti, nonostante la sensazione di angoscia e tristezza che ti pervade dopo averlo visto, perché ci fa conoscere e ci mostra non quello che un tossicodipendente fa ma quello che un tossicodipendente è. Il film che non sarà vietato ai minori di anni quattordici e uscirà nelle sale delle principali città italiane, distribuito da Iris Film il 29 aprile.

Due nuove foto di Crazy, Stupid, Love con Steve Carell

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Steve Carell

La Warner Bros. ha reso pubbliche due fotografie del film Crazy, Stupid, Love, la rom-com che vede alla regia Glenn Ficarra e John Requa, che la scorsa stagione hanno portato al cinema la storia originale raccontata in I Love You, Philip Morris, miseramente tradotto nei nostri cinema con Colpo di Fulmine – Il genio della truffa (!).

Jeremy Renner sarà il nuovo Bourne

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La Universal Pictures ha ufficialmente offerto a Jeremy Renner il ruolo di protagonista in The Bourne Legacy, diretto da Tony Gilroy. Deadline ha infatti confermato quanto riportato ad inizio mese da Latino Review: Renner prenderà il posto che era stato di Matt Damon e che aveva dato una decisa sterzata vero l’alto alla sua carriera.

Anche Blake Lively per Savages

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La scorsa settimana Blake Lively era la capofila del gruppo di attrici che sarebbero state prese in considerazione per interpretare Ofelia in Savages di Oliver Stone, anche se per la pianificazione l’attrice di Gossip Girl ha dovuto scegliere tra questo progetto e Oz:great and powerfull.

Il Milano FF omaggia Jonathan Demme

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“Life determines what happens: if you trust your subject you never get wrong, because life writes your script.” (J. Demme) – La retrospettiva integrale della 16esima edizione del Milano Film Festival (9-18 settembre 2011) sarà dedicata a Jonathan Demme, figura-chiave del cinema americano dagli anni Settanta a oggi.

Zemeckis e i suoi mille progetti

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Dopo un decennio dedicato alla motion capture, Robert Zemeckis sta cercando di tornare a lavorare con la live action.

Kate Beckinsale in Atto di forza

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Collider informa che, trai nomi della attrici che potrebbero entrare a far parte del cast del remake di Atto di Forza, spicca nelle ultime ore quello di Kate Beckinsale. Il film sarà diretto da Len Wiseman e come protagonista avrà Colin Farrell, visto lo scorso anno in Ondine di Neil Jordan all’Irish film Festival a Roma.

Nuove foto di Lanterna Verde

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La Warner ha pubblicato qualche altra nuova foto di Lanterna Verde, l’atteso film basato sull’omonimo personaggio della DC Comics. Nelle foto si possono vedere alcuni dettagli in più sul pianeta Oa, e sulle altre Lanterne, oltre al protagonista del film Ryan Reynolds che impugna un mitra da lui realizzato.

X-Men – L’inizio: ecco Jennifer Lawrence come Mistica

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Dopo i frammenti che abbiamo visto nel trailer, finalmente abbiamo una foto ufficiale di Jennifer Lawrence truccata da Mistica, in X-Men – L’inizio. il riconoscibilissimo mutante dalla pelle blu e i capelli rossi. Il fan club ufficiale della Lawrence ha infatti pubblicato una fotografia dell’attrice nella quale la possiamo quasi per intero con il trucco di scena.

Ecco l’immagine:

http://splashpage.mtv.com/wp-content/uploads/2011/04/mystique.jpg

Tutto quello che sappiamo su X-Men – L’inizio

Il film X-Men – L’inizio, prequel della trilogia cinematografica dedicata ai personaggi della Marvel, gli X-Men (X-Men, X-Men 2, X-Men – Conflitto finale), narra le vicende di Charles Xavier (Professor X), Erik Lehnsherr (Magneto) e del loro primo tentativo di formare una scuola per i ragazzi mutanti.

Nel cast di X-Men – L’inizio protagonisti Michael Fassbender, James McAvoy, Jennifer Lawrence, Rose Byrne, Nicholas Hoult, January Jones, Oliver Platt, Kevin Bacon, Edi Gathegi, Lucas Till, Alex Gonzalez, Morgan Lily, Jason Flemyng, Caleb Landry Jones,  Corey Johnson, Glenn Morshower, Matt Craven, Laurence Belcher, Bill Milner, Zoë Kravitz, Demetri Goritsas, James Remar, Rade Sherbedgia, Ray Wise.

Tratto dall’omonimo fumetto della Marvel, il film racconta della giovinezza di due amici che scoprono di avere poteri speciali, Charles Xavier e Erik Lensherr; del loro lavorare assieme, con altri mutanti, contro la più grande minaccia che il mondo abbia affrontato; del loro allontanarsi causa un dissidio che li vedrà diventare arcirivali con i nomi di Professor X e di Magneto. Il film è ambientato negli anni ’60, all’alba dell’era spaziale, l’epoca di JFK. Un periodo storico all’insegna della Guerra Fredda, in cui l’intero pianeta era minacciato dalle crescenti tensioni fra Stati Uniti e Russia. L’era in cui il mondo scoprì l’esistenza dei mutanti.

fonte: splashpage.mtv.com

Il Ruggito del Coniglio a Bellaria

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La storica trasmissione di Radio 2 Rai Il Ruggito del Coniglio parteciperà alla 29. Edizione del Bellaria Film Festival. Gli intramontabili Antonello Dose e Marco Presta condurranno le puntate del 2 e del 3 giugno in diretta da Bellaria come ogni mattina dalle 8.00 alle 10.00. Protagonista assoluto sarà il pubblico del festival che parteciperà in studio alla diretta radiofonica.

L’asso nella manica

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L’asso nella manica Regia: Billy Wilder Anno: 1951 Cast: Kirk Douglas, Jan Sterling, Robert Arthur, Porter Hall, Frank Cady.

Diretto dal ‘re della Commedia’ Billy Wilder, il film è una denuncia al cinismo dei mass-media in nome della fama e del successo. Essendo datato 1951, è una lungimirante previsione di quanto accadrà anni dopo, soprattutto con l’avvento della Tv.

Charles ‘Chuck’ Tatum è un giornalista di talento, ritrovatosi disoccupato e squattrinato dopo essere stato cacciato da più giornali per il suo comportamento poco professionale. Riesce a trovare occupazione in un quotidiano locale, a bassa tiratura, ma dopo un anno la redazione lo manda in Messico per scrivere un articolo su una stramba caccia ai serpenti, ma si ferma vicino a una cava dove è seppellito un minatore, Leo Minosa. Ha fiutato infatti l’occasione e sente che ne può uscire un ottimo pezzo che può ridargli la fama che spera. Il cinismo dei media e della società contemporanea trasformerà il dramma del minatore in un grande occasione per arricchirsi. Non a caso il titolo originale del film è proprio Il grande carnevale.

Gli anni ’50 si aprono per Billy Wilder nel migliore dei modi, con capolavori uno dietro l’altro. Ad aprire le fortunate danze proprio L’asso nella manica, con cui il regista tratta con agghiacciante lungimiranza il problema dei media. Wilder li dipinge cinici, pronti a tutto per avere uno scoop che attiri spettatori, anche se la notizia poggia su un dramma umano. Ma non solo i media sono sanguisughe senza scrupoli; anche la società contemporanea non perde tempo per arricchirsi, anche quando il dramma in questione riguarda un loro vicino parente o caro amico. E Billy Wilder mette in luce tutto ciò, con la solita brillante maestria.

Il regista oltre ad aver diretto commedie che hanno lasciato il segno – tra cui si ricordano soprattutto Sabrina, Quando la moglie è in vacanza e Gli uomini preferiscono le bionde (i due film che resero leggenda Marylin Monroe) – ci ha regalato anche perle del genere giallo, come Testimone d’accusa e La fiamma del peccato. O un altro film-denuncia sulla società hollywoodiana: Viale del tramonto.

Nei panni del giornalista arrivista Chuck, invece, troviamo Kirk Douglas, attore instancabile (80 film) che ha attraversato decenni diversi del cinema hollywoodiano, dai tardi anni ’40 con il film drammatico Lo strano amore di Marta Ivers, fino ai giorni nostri con la commedia del 2003 Vizio di famiglia, un film passato alla storia per la contemporanea presenza dei due Douglas.