Ultimo lavoro di Claudio
Caligari, scomparso a maggio, dopo Amore
tossico (1983) e L’odore della
notte (1998), Non essere
cattivo vede la luce grazie a un forte impegno
collettivo, superando gli ostacoli in cui sono rimasti invece
invischiati diversi progetti del regista, bloccati nelle maglie di
un sistema che può lodarti, come fu per l’esordio e come pare
essere oggi, ma anche lasciar languire il tuo lavoro in un limbo
per anni. Prodotto dall’amico Valerio Mastandrea, il film arriva a Venezia
fuori concorso; poi è scelto per rappresentare l’Italia agli
Oscar.
Ne Non essere cattivo Cesare
(Luca
Marinelli) e Vittorio (Alessandro
Borghi) sono amici da sempre. La loro vita in borgata,
nella Ostia del 1995, è fatta di droga, piccoli furti e raggiri
assieme a una banda di degni compari, di soldi che non bastano mai,
specie a Cesare, che vive con la madre e la nipotina malata di
Aids. Quando Vittorio, stanco, esce dal giro e trova lavoro come
manovale, i due si allontanano per poi ritrovarsi, come accadrà più
volte. Vittorio cercherà di portare anche Cesare nella sua nuova
vita, mentre rischierà costantemente di essere risucchiato di nuovo
dal giro e dalle sue logiche. Al di là delle scelte di vita, a
unire Cesare e Vittorio resta il legame profondo e indissolubile di
un’amicizia fraterna.
Caligari torna a
raccontare i tossici della Ostia post
Pasolini già descritti nel suo primo lavoro, con
taglio meno neorealista e attori professionisti. Li immagina circa
dieci anni dopo, nel ’95. Ne nasce una narrazione sentita,
appassionata di quel mondo cupo e disperante, che inaspettatamente
si accende di umanità, di sentimenti autentici, di affetti. Ed ecco
il senso del titolo: “non essere cattivo”, è scritto sulla
maglietta del peluche che lo zio Cesare regala alla piccola Debora.
È in questa coesistenza di opposti la forza del film, il motore
dell’emozione. È la scoperta delle fragilità, ma anche
dell’incoscienza, di certa incauta spensieratezza dei protagonisti,
a sorprendere e a rendere conto di un universo complesso.
La sceneggiatura riscatta qualche
passaggio troppo frettoloso con soluzioni creative efficaci e
dialoghi ben scritti, punteggiati d’ironia e momenti perfino comici
in un orizzonte complessivamente drammatico, come nello stile del
regista.
Buona prova corale del cast,
Luca Marinelli e Alessandro Borghi
danno vita ai protagonisti, con un’ottima interpretazione il primo,
che conferma talento e duttilità, mostrandosi capace di “cambiare
pelle” ad ogni ruolo – qui quasi irriconoscibile, emaciato, fa suoi
i panni di Cesare, muovendosi sicuro tra i vari registri che il
personaggio gli consente di esplorare. Mentre il secondo sfrutta a
pieno la sua abilità nell’interpretare stati allucinati e comincia
ad andare oltre, ma attendiamo ancora una sua prova del tutto
convincente.
“Muoio come uno stronzo. E ho
fatto solo due film“. È stato Valerio
Mastandrea a riportare quest’epica affermazione
pronunciata da Claudio Caligari. Malato da tempo,
il regista originario di Arona aveva realizzato diversi
documentari, ma solo due lungometraggi: Amore tossico, del
1983, e L’odore della notte, del 1998. Nei lunghi anni
intercorsi tra di essi, numerosi progetti ideati, sviluppati,
proposti ma mai concretizzatisi. Almeno fino al 2015, quando,
consapevole di non avere più molto tempo a disposizione, Caligari
realizza il suo terzo lungometraggio: Non essere
cattivo (qui la recensione). Un film che
è la rappresentazione della fine di un mondo e allo stesso tempo un
vero e proprio atto di speranza per il futuro.
Caligari, dopo quei primi due film,
torna infatti a raccontare ciò che rimane di quel mondo pasoliniano
così lucidamente mostrato in Accattone e composto da
sottoproletari, piccoli criminali e personaggi in fuga dalla
schiavitù del consumismo. Un mondo che al momento delle riprese del
film non esisteva già più e che per Caligari era il simbolo di
un’indicibile sconfitta nei confronti di un conformismo
terrificante. Eppure nel fotografare questo momento di passaggio
Caligari non perde la speranza e così facendo ha regalato al suo
pubblico uno dei film italiani più incisivi e importanti degli
ultimi anni, capaci di scuotere le coscienze ed offrire davvero uno
sguardo nuovo sulla realtà.
La trama e il cast di Non essere cattivo
Non esserecattivo, dunque, si configura come la conclusione di una
trilogia tematica, ma rappresentando più specificatamente un vero e
proprio aggiornamento di quanto avveniva Amore tossico,
con il quale condivide l’ambientazione: Ostia.
L’anno è però ora il 1995 e protagonisti sono
Vittorio e Cesare, due giovani
delle borgate romane che si conoscono da sempre. Più fratelli che
amici, entrambi si dedicano coi loro conoscenti a varie attività
illegali nonché al consumo e allo spaccio di stupefacenti,
rifiutando la vita da operai e cercando nella droga una via di fuga
dai problemi della vita. Ma questa loro esistenza non può
continuare ancora a lungo e ben presto saranno costretti a fare
delle scelte su chi vogliono diventare e come.
Ad interpretare i due protagonisti,
Vittorio e Cesare, ci sono gli attori Alessandro
Borghi e Luca Marinelli,
che proprio grazie a questo film si sono consacrati come nuove
stelle della recitazione italiana. I loro personaggi, che già dal
nome rappresentano degli omaggi al Cesare di Amore tossico
e al Vittorio di Accattone, diventano nel corso del film
due differenti modi di approcciarsi al cambiamento che, senza
troppi complimenti, sta divorando quei tempi. Da prima allineati e
con lo sguardo rivolto verso lo stesso orizzonte, Vittorio e Cesare
iniziano sempre di più a guardare in direzioni opposte, con il
primo che tenta di tirarsi concretamente fuori dalla propria
quotidianità fatta di piccole attività criminali, e il secondo che
invece pur provandoci quel mondo non riesce proprio a lasciarselo
alle spalle.
Ma anche la nuova vita
apparentemente serena che Vittorio si sta ritagliando presenta
delle crepe impossibili da nascondere. Come afferma
Francesca Serafini, sceneggiatrice del film
insieme a Caligari e GiordanoMeacci, Non essere cattivo «è anche
il fallimento dell’ideologia del lavoro: il lavoro era uno dei
punti di partenza del film. In questo suo terzo film Accattone
prova a lavorare, ma se fai il manovale in borgata i soldi non
bastano per vivere, l’unico modo è essere cattivo. Caligari fa
perdere ai suoi personaggi parte del candore raccontato da
Pasolini». Caligari ci pone dunque di fronte a numerose
contraddizioni, punti di vista diversi su di un mondo che non
sembra fare sconti a nessuno, tantomeno a quella generazione
trovatasi a vivere un cambiamento sociologico epocale.
Non essere cattivo e il suo grido di speranza
Eppure, a differenza dei due
precedenti film di Caligari, Non essere
cattivo si chiude su una nascita. La vita del regista
finisce il 26 maggio 2015, all’età di 67 anni, ma l’ultima immagine
cinematografica che egli ha offerto al suo pubblico è quella del
volto di un neonato. Un’immagine che, in base alla propria
interpretazione del film può assumere tanto connotati positivi
quanto negativi. Chi non trova possibilità di redenzione nel
racconto di Non essere cattivo, vedrà infatti nel volto di
quel neonato soltanto quello di un futuro uomo schiavo di una
società sempre più conformista, che poco o nessuno spazio lascia al
proprio sviluppo come individuo, ma anzi contribuisce sempre più al
formarsi di un imbarbarimento generazionale.
Chi, invece, al termine del film è
di parere opposto, potrà ritrovare nel volto di quel pargolo il
senso di speranza per un futuro che può avere la forza di
discostarsi dal passato dei padri, offrendo loro anche quella
redenzione tanto agognata. Caligari non giudica però i propri
personaggi, li accompagna esplorando le conseguenze delle loro
scelte. Scelte che sono speso e volentieri condizionate da un
contesto sociale che già dai tempi di Accattone divorava,
masticava e risputava quanti si opponevano a quell’inevitabile
diffusione del mondo piccolo borghese. E proprio in questo suo non
giudizio, nel suo riconoscere tacitamente che Cesare e Vittorio non
sono altro che entrambi delle vittime, che il regista sembra voglia
far propendere per questo sguardo ottimista sul volto di un
neonato.
Non essere cattivo è ora in streaming su Netflix
Per questa sua forza nel proporre
riflessioni sulla fine di un tempo e tutto ciò che tale tramonto ha
comportato, ma anche per la bravura dei suoi interpreti, per la
regia ricca di dettagli e omaggi (oltre che ad Accattone e
Amore tossico, anche a Mean Streets di Martin
Scorsese) di Caligari, Non essere cattivo è
realmente uno dei film italiani più importanti degli ultimi anni,
troppo poco premiato. Grazie ora al suo arrivo nel catalogo di
Netflix, è possibile riscoprire questo
titolo, che si trova attualmente al 6° posto nella Top
10 dei film più visti in Italia.
Guarda in anteprima le clip del film
Non essere cattivo, la pellicola diretta
da Claudio Caligari in uscita il prossimo 8
settembre dopo il passaggio nella sezione Fuori Concorso della
72 Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di
Venezia.
Il film, interpretato da Luca Marinelli e prodotto da Valerio
Mastandrea, sarà distribuito da Good Films.
Non è un paese per
vecchi è uno di questi film che ha lasciato letteralmente
il segno nella storia del cinema degli ultimi anni, grazie alla
storia narrata e ad una cast magnifico, senza parlare della
regia.
Non sono molti i film che riescono
a rimanere nell’immaginario collettivo, ma questo film dei
fratelli Coen è riuscito nell’intento e vincendo
ben quattro Oscar tra Miglior regia, Miglior film, Miglior
sceneggiatura non originale e Miglior Attore non Protagonista a
Javier Bardem.
Ecco, allora, dieci cose da
sapere su Non è un paese per vecchi.
Non è un paese per vecchi
film
1. I fratelli Coen hanno
avuto un modello di riferimento per il protagonista. I due
registi di Non è un paese per vecchi hanno usato una foto
del padrone di un bordello, scattata nel 1979, usandola come
modello per il taglio di capelli di Anton Chigurh.
2. I registi non avevano
gli attori in mente per i personaggi. Tendenzialmente,
quando Joel ed Ethan Coen scrivono la sceneggiatura di un
loro film, hanno sempre in mente degli attori precisi per i propri
personaggi. Per Non è un paese per vecchi è avvenuto
l’opposto, cioè i due non hanno pensato agli attori al momento
della stesura.
3. Il reparto trucco ha
richiesto delle spese impreviste. Una certa parte del
budget del film è stato riservato al make-up, che richiedeva di
utilizzare del sangue finto che costava qualcosa come ottocento
dollari al gallone. Joel Coen ha realizzato il perché stavano
spendendo così tanto perché la differenza con il comune sangue
finto (realizzato con dello zucchero) era notevole.
Non è un paese per vecchi
streaming
4. Il film è disponibile in
streaming digitale. Chi volesse rivedere questo film o
semplicemente recuperarlo, è possibile farlo grazie alla sua
presenza su diverse piattaforme digitali legali come Tim Vision,
Rakuten Tv, Infinity, Chili, Google Play e iTunes.
Non è un paese per vecchi
libro
5. Lo romanzo si riferisco
ad un fatto vero. Nel racconto, lo sceriffo Bell dice ai
trafficanti di droga: “Qui, a San Antonio, hanno sparato e ucciso
un giudice federale”. Il fatto raccontato da Cormac
McCarthy, che ha ambientato la storia nel 1980, si
riferisce all’uccisione del giudice federale John Howland Wood da
parte del killer Charles Harrelson, padre di
Woody Harrelson.
6. Le parti d’azione sono
uguali al libro. Contrariamente ai film di maggior
successo realizzati basandosi sui libri omonimi, gran parte
dell’azione del film è stata presa parola per parola dal romanzo di
Cormac McCarthy, narrate nello stesso ordine. Una delle poche cose
modificate, è un fatto insolito per i fratelli Coen, sono stati i
dialoghi, ridotti in molte scene rispetto al libro.
Non è un paese per vecchi
spiegazione
7. Il senso di colpa dello
sceriffo. I sogni di Bell incapsulano il significato di
Non è un paese per vecchi. Lo sceriffo in pensione non dà
molto significato al suo primo sogno, ma sembra simboleggiare il
senso di colpa verso la morte di Moss. Come nel sogno, gli era
stato affidato un compito e ha fallito, nonostante la promessa
fatta a Carla Jean. Un’inquietudine che senso a livello del
subconscio e che si manifesta tramite il sogno.
Non è un paese per vecchi
finale
8. Un paese in cui i vecchi
non possono vivere. Il titolo del film, Non è paese
per vecchi, sintetizza il conflitto generazionale narrato. Il
sogno dello sceriffo non sarebbe altro che una riflessione di come
nel passato non ci sia mai stata la violenza del presente e che, di
fatto, non può essere un paese per vecchi proprio per questo
motivo.
Non è un paese per vecchi
cast
9. Javier Bardem è stato
scelto perché opposto al suo personaggio. Quando i
fratelli Coen hanno approcciato Javier Bardem per fargli interpretare Chigurh,
l’attore spagnolo disse “Io non guido, parlo male l’inglese e odio
la violenza”. I Coen hanno risposto che era proprio per quello che
lo avevano contattato.
10. Josh Brolin si era
fatto male prima delle riprese. Appena due giorni dopo
aver ottenuto la parte in Non è un paese per vecchi,
Josh Brolin si è fratturato una spalla in un
incidente automobilistico. Per fortuna dell’attore, il trauma non
si è rivelato così grave come pensava, permettendogli di effettuare
le riprese con tranquillità.
Ecco il trailer ufficiale
di Non è un paese per giovani, il nuovo film
di Giovanni Veronesi con Filippo
Scicchitano, Giovanni Anzaldo e Sara
Serraiocco. Dal 23 Marzo al cinema.
Sandro ha poco più di vent’anni, è
gentile, a volte insicuro e il suo sogno segreto è diventare uno
scrittore. Luciano invece è coraggioso e brillante, ma con un
misterioso lato oscuro. S’incontrano tra i tavoli di un
ristorante dove lavorano entrambi come camerieri. Come tanti loro
coetanei, Sandro e Luciano sentono che la loro vita in Italia non
ha alcuna prospettiva. Si scelgono istintivamente e decidono, presi
da un’euforica incoscienza, di cercare un futuro per loro a Cuba,
la nuova frontiera della speranza dove tutto può ancora
accadere. Il progetto è quello di aprire un ristorante
italiano che offra ai clienti il wi-fi – ancora raro sull’isola-
grazie alle nuove ma limitate concessioni governative. Con Nora, la
strana ragazza che li aspetta all’Avana come un destino,
scopriranno che esiste anche un modo glorioso di perdersi, che darà
un senso profondo alla fatalità che li ha fatti incontrare.
Attraverso scelte pericolose, violente, incontri necessari e addii
pieni di silenzio, Non è un paese per giovani racconta la tenacia e
la bellezza di una generazione che anche se privata di un luogo
dove diventare grandi non si lascia spegnere.
Ecco un video dal backstage della
colonna sonora di Non è un Paese per Giovani,
film di Giovanni Veronesi che si avvale del lavoro
di Giuliano Sangiorgi dei
Negramaro.
Non è un paese per giovani: il
Trailer Ufficiale del film di Giovanni
Veronesi
Sandro ha poco più di vent’anni, è
gentile, a volte insicuro e il suo sogno segreto è diventare uno
scrittore. Luciano invece è coraggioso e brillante, ma con un
misterioso lato oscuro. S’incontrano tra i tavoli di un
ristorante dove lavorano entrambi come camerieri. Come tanti loro
coetanei, Sandro e Luciano sentono che la loro vita in Italia non
ha alcuna prospettiva. Si scelgono istintivamente e decidono, presi
da un’euforica incoscienza, di cercare un futuro per loro a Cuba,
la nuova frontiera della speranza dove tutto può ancora
accadere. Il progetto è quello di aprire un ristorante
italiano che offra ai clienti il wi-fi – ancora raro sull’isola-
grazie alle nuove ma limitate concessioni governative. Con Nora, la
strana ragazza che li aspetta all’Avana come un destino,
scopriranno che esiste anche un modo glorioso di perdersi, che darà
un senso profondo alla fatalità che li ha fatti incontrare.
Attraverso scelte pericolose, violente, incontri necessari e addii
pieni di silenzio, Non è un paese per giovani racconta la tenacia e
la bellezza di una generazione che anche se privata di un luogo
dove diventare grandi non si lascia spegnere.
Arriva in sala il prossimo 23
marzo Non è un Paese per Giovani, film di
Giovanni Veronesi, con Filippo
Scicchitano, Sara Serraiocco e Giovanni
Anzaldo. Di seguito vi proponiamo due clip dal film:
Non è un paese per giovani: il
Trailer Ufficiale del film di Giovanni
Veronesi
Sandro ha poco più di vent’anni, è
gentile, a volte insicuro e il suo sogno segreto è diventare uno
scrittore. Luciano invece è coraggioso e brillante, ma con un
misterioso lato oscuro. S’incontrano tra i tavoli di un
ristorante dove lavorano entrambi come camerieri. Come tanti loro
coetanei, Sandro e Luciano sentono che la loro vita in Italia non
ha alcuna prospettiva. Si scelgono istintivamente e decidono, presi
da un’euforica incoscienza, di cercare un futuro per loro a Cuba,
la nuova frontiera della speranza dove tutto può ancora
accadere. Il progetto è quello di aprire un ristorante
italiano che offra ai clienti il wi-fi – ancora raro sull’isola-
grazie alle nuove ma limitate concessioni governative. Con Nora, la
strana ragazza che li aspetta all’Avana come un destino,
scopriranno che esiste anche un modo glorioso di perdersi, che darà
un senso profondo alla fatalità che li ha fatti incontrare.
Attraverso scelte pericolose, violente, incontri necessari e addii
pieni di silenzio, Non è un paese per giovani racconta la tenacia e
la bellezza di una generazione che anche se privata di un luogo
dove diventare grandi non si lascia spegnere.
Uscirà in sala il prossimo 23 marzo
distribuito da 01 Distribution Non è un paese per
giovani, il nuovo film di Giovanni
Veronesi con protagonisti Filippo Scicchitano,
Giovanni Anzaldo, Sara Serraiocco e con la partecipazione
di Sergio Rubini e Nino
Frassica.
Cinefilos.it offre
la possibilità a pochi fortunati di vedere il film gratis, in
antreprima, lunedì 20 Marzo alle ore 20.30.
Manda una e-mail a
[email protected] con il titolo del film in oggetto
(Non è un paese per giovani) e specificando
NOME COGNOME E
CITTA’ E CINEMA DI PREFERENZA per avere la
possibilità di vincere un invito valido per 2 persone!
Le anteprime avranno luogo nelle
seguenti strutture:
The Space Cerro Maggiore (MILANO)
The Space Parco De Medici (ROMA)
Uci Cinemas Bicocca (MILANO)
Uci Cinemas Firenze (FIRENZE)
Uci Cinemas Fiumara (GENOVA)
UCI Cinemas Gloria (MILANO)
Uci Cinemas Meridiana Bologna (BOLOGNA)
*****
La trama del
film: Se ne stanno andando. Tutti. E insieme a
loro se ne va la bellezza, l’avventura, l’entusiasmo, l’amore e il
futuro del nostro paese. Sono i ragazzi italiani, tecnologicamente
connessi tra di loro come mai prima ma sparpagliati nel mondo alla
ricerca di un luogo dove diventare grandi. Due di loro, Sandro e
Luciano, ruzzolano fuori dalle rotte battute dai loro coetanei e
approdano in una terra di frontiera, Cuba, all’inseguimento di
un’attesa svolta economica. Ma il loro destino è segnato e
s’imbattono immediatamente in Nora, una ragazza “interrotta”, bella
e irriducibile, sentimentale, estrema e italiana pure lei, che
cambierà le loro vite. La bellezza e la violenza dell’isola,
porteranno Luciano a perdere ogni punto di riferimento, proprio
quando Sandro invece scoprirà il motivo per cui ha deciso di
seguirlo fino a lì.
Sono partite le riprese di
Non è un paese per giovani, il nuovo film
diretto da Giovanni Veronesi che vede protagonisti
Filippo Scicchitano, Giovanni Anzaldo, Sara Serraiocco,
Sergio Rubini e Nino Frassica.
Il film è prodotto da Paco
Cinematografica con Rai Cinema e distribuito in Italia da 01
Distribution. Le riprese avranno una durata di 6 settimane e si
svolgeranno tra Roma, L’Avana e Cayo Largo.
Il film è stato scritto da
Giovanni Veronesi, Ilaria Macchia e Andrea
Paolo Massara. Le musiche del film saranno composte dai
Negramaro.
Sinossi: Se ne stanno andando.
Tutti. E insieme a loro se ne va la bellezza, l’avventura,
l’entusiasmo, l’amore e il futuro del nostro paese. Sono i ragazzi
italiani, tecnologicamente connessi tra di loro come mai prima ma
sparpagliati nel mondo alla ricerca di un luogo dove diventare
grandi. Due di loro, Sandro e Luciano, ruzzolano fuori dalle rotte
battute dai loro coetanei e approdano in una terra di frontiera,
Cuba, all’inseguimento di un’attesa svolta economica. Ma il loro
destino è segnato e s’imbattono immediatamente in Nora, una ragazza
“interrotta”, bella e irriducibile, sentimentale, estrema e
italiana pure lei, che cambierà le loro vite. La bellezza e la
violenza dell’isola, porteranno Luciano a perdere ogni punto di
riferimento, proprio quando Sandro invece scoprirà il motivo per
cui ha deciso di seguirlo fino a lì.
Giovanni Veronesi:
“Forse è la prima volta che accade, ma non è un caso: un film
che viene tratto da una trasmissione radiofonica. Un’esperienza
fatta di dirette radio tutti i giorni a Radio 2, dove chiamavo un
ragazzo italiano all’estero e mi facevo raccontare la sua storia e
il perché se n’era andato dall’Italia. Le risposte di questi
giovani sono state a volte divertenti, ma a volte di una
spietatezza insostenibile. Più di 100.000 ragazzi l’anno, se ne
vanno dall’Italia in silenzio, senza fare rumore. E’ un lento ma
inesorabile esodo che porterà alla mancanza di tasselli
fondamentali, in alcune generazioni del futuro. I miei film sono
sempre stati delle commedie divertenti e non voglio assolutamente
perdere questa valenza ma non voglio nemmeno perdere di vista il
momento storico in cui viviamo e raccontarlo attraverso questo
delicato argomento. In questo momento l’Italia vive una difficile
situazione per quanto riguarda l’immigrazione, che è divenuta
anche uno specchio mediatico quotidiano con la miseria e le
atrocità di alcuni posti del mondo da cui la gente scappa, ma si
disinteressa totalmente di un altro aspetto, quello che raccontiamo
in questa storia, che è appunto l’emigrazione dei nostri ragazzi,
messi alle strette, obbligati ad andare a cercare i propri sogni
all’estero.”
Isabella Cocuzza e Arturo
Paglia per Paco Cinematografica:“Raccontare
l’avventura di una generazione di ragazzi in fuga, i nostri
ragazzi, attraversata dall’ironia e con la sensibilità di Giovanni,
ci è sembrata un’occasione per trattare un tema incredibilmente
attuale e sommerso. Siamo felici di condividere questo viaggio tra
Roma, l’Avana e Cayo Largo con Filippo, Giovanni, Sara, Sergio e
Nino che hanno colto l’anima fresca e moderna di questa
storia.”
Non è ancora domani – La
pivellina Di Tizza Covi e Rainer Frimmel , 2009 Con
Patrizia Gerardi, Walter Saabel, Asia Crippa, Tairo Caroli.
In una mattina d’inverno la
cinquantenne Patti, artista di strada che vive in una piccola
roulotte nel quartiere romano di San Basilio, esce a cercare il
cane scappato per l’ennesima volta in un‘area verde non lontana da
casa; grande è la sua sorpresa quando trova invece sola su un
altalena una bambina di due anni, con una lettera della madre che
le chiede di prendersi cura della piccola con la promessa di
tornare a riprenderla. Patti non ci pensa due volte e accoglie Asia
nella piccola comunità dove vive con compagno Water e il nipote
adottivo Tairo: insieme le doneranno l’amore e l’affetto di cui lei
ha bisogno, costruendo una famiglia anticonvenzionale ma molto
unità forte al di là di ogni difficoltà economica.
Recensione : Via
dagli edifici monumentali del centro e dal verde di complessi
residenziali ogni metropoli ha il suo lato oscuro: le luci della
nostra capitale brillano poco o niente per gli invisibili che
vivono nell’ombra delle baracche e delle roulotte in periferia, con
l’eco del traffico cittadino in lontananza, di un’esistenza umile
ma mai degradante. Vite di semplicità e d’affetto si raccontano ne
La pivellina – Non è ancora domani, seconda
pellicola della bolzanina Tizza Covi e dell’austriaco Rainer
Frimmel dopo il documentario pluripremiato
Babooska dedicato alla realtà circense: una realtà
affascinante, verso la quale la coppia gira nuovamente l’obiettivo:
abbandonando definitivamente la coltre dorata di lustrini e
riflettori che da sempre costruiscono lo stereotipo di questo mondo
misterioso, i due raccontano la storia di Asia, che
abbandonata dalla madre su un’altalena con una lettera disperata in
cui lei promette di tornare, avvolta nel suo cappottino viene
salvata e adottata da una piccola comunità di artisti di
strada.
L’arrivo di una bambina abbandonata
per sconvolgere un piccolo microcosmo familiare e sociale è sul
grande schermo classico espediente narrativo, ma ciò che più
stupisce in quest’interessante variazione è proprio la serenità con
cui l’adolescente Rom Tairo, Walter il clown e lanciatore di
coltelli e la sua compagna Patti, superate le ovvie perplessità
iniziali (i pregiudizi dall’esterno su un possibile rapimento
sarebbero scontati ) si apprestano con totale dedizione a dare alla
bimba sperduta ( come altri prima di lei) tutta l’attenzione
possibile.
Spicchi di vita quotidiana si
susseguono numerosi, da un marito che insegna alla moglie a guidare
fra mille critiche, a una nonna che cerca di aiutare il nipote
svogliato a fare i compiti di storia, a un ragazzino quattordicenne
che rinuncia a un’uscita romantica per occuparsi della sorellina:
poco importa che non abbiano in realtà nessun legame di
parentela, perché questa straordinaria famiglia fuori
dagli schemi non si sostiene su semplici e casuali ragioni di
sangue ma su generosità e solidarietà disinteressate che
nella precarietà quotidiana sono la più forte delle certezze.
Documentario dalle velleità quasi neorealistiche, la pellicola
segue con camera a mano la pivellina Asia e gli altri personaggi,
focalizzandosi sui volti inquieti e malinconici per i tanti
spettacoli finiti senza pubblico e per la mancanza di lavoro ma
sempre sorridenti intorno alla piccola, forza luminosa fra le tinte
sbiadite della borgata di San Basilio che solo nei capelli rosso
fuoco della volitiva Patti (Patrizia Gerardi) trova una pari
sfumatura di contrasto; intense le prove dei protagonisti, tutti
rigorosamente esordienti e chiamati a raccontare la verità
(mantengono rigorosamente nomi e ruoli reali), l’incertezza e la
paura di essere dimenticati in un universo di piccole cose ma che
mai rinnega sé stesso né dimentica di donare
calore e generosità senza chiedere niente.
Nonostante l’assenza di un
accompagnamento musicale di qualunque sorta che avrebbe di gran
lunga giovato ai ritmi un po’ troppo lenti e posati di questa
placida osservazione, il film vive comunque intensi momenti fra
amarezza e commozione (la nonna che ricorda con Tairo la
disperazione del ragazzo quando ancora bambino i genitori si sono
separati è l’apice del climax) ma soprattutto brilla della
tenerezza smisurata della piccola Asia Crippa a soli due anni
un’attrice nata che, a differenza di altri bambini visti altrove
impazienti e capricciosi, sembra non avere affatto paura
della telecamera: presenza fresca, spontanea, dolce, deliziosa e
assolutamente irresistibile anche se il lieto fine per lei resta
tutto in discussione, Asia chiede solo amore e attenzione, dandoci
in cambio qualcosa di più grande: un roseo raggio di speranza.
Non dirmi che hai
paura (Samia), il secondo lungometraggio
cinematografico diretto da Yasemin
Şamdereli, in collaborazione con Deka Mohamed
Osman, sarà presentato in Concorso al
Tribeca Film Festival 2024nella sezione
International Narrative Competition, unico film a
rappresentare l’Italia al festival.
NON DIRMI CHE HAI PAURA
Titolo internazionale: Samia
Regia: Yasemin Şamdereli, in
collaborazione con Deka Mohamed Osman
All’età di 9 anni scopre di avere un
grande talento: corre più veloce di tutti gli altri. Con l’aiuto
del suo migliore amico Ali, Samia trasforma questo talento in un
sogno: rappresentare la Somalia ai Giochi Olimpici di Pechino nel
2008. Samia arriva ultima nella gara dei 200m femminili, ma il
mondo intero ha fatto il tifo per lei in un momento davvero magico.
Al ritorno in Somalia, Samia diventa bersaglio delle rappresaglie
dei governanti islamici del Paese perché ha corso senza velo, un
peccato mortale imperdonabile. Rischiando la vita, la ragazza
decide di intraprendere il viaggio per raggiungere l’Europa. La
storia di Samia racconta il coraggio di una giovane donna che sfida
un regime brutale e lotta per la sua libertà e per il suo
futuro.
Non dirmi che hai
paura
(Feltrinelli, 2014) è stato vincitore del Premio Strega Giovani e
finalista al Premio Strega, e longlisted all’International IMPAC
Dublin Literary Award, uno dei premi più prestigiosi al mondo.
Pubblicato dai più grandi editori in tutto il mondo, è un caso
editoriale che ha venduto più di 500.000 copie solo in Italia e più
di 800.000 nel mondo.
In seguito alla pubblicazione del libro, Giuseppe Catozzella è
stato nominato dalle Nazioni Unite Ambasciatore di buona volontà
per l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), per
“aver fatto conoscere in tutto il mondo la storia di una migrante,
e attraverso di lei di tutti i migranti”.
Dormireste mai in
un hotel recensito male su Tripadvisor?
È cio che si chiede Eva
(Julia Louis-Dreyfus), massaggiatrice
neo-divorziata e madre single di un’adolescente prossima alla
partenza per il college, dopo aver conosciuto ad una festa il
panciuto e simpatico Albert (James Gandolfini).
Tra i due nasce una relazione che sembra procedere per il meglio –
almeno sino a quando Eva non scopre che la sua fedele cliente e
ormai amica Marianne (Catherine Keeener), una
poetessa che si lamenta sempre delle mancanze dell’ex-marito, altri
non è che la precedente moglie insoddisfatta di Albert. Che fare?
Fidarsi dei racconti dell’ex consorte, o lasciarsi andare ai propri
sentimenti?
Distribuito dalla 20th Century Fox e
diretto da Nicole Holofcener, Non dico
altro (Enough said il
titolo originale) si presenta bene sin dal trailer, che in poche
battute sembra promettere un’opera lontana e superiore rispetto
alla media delle solite romantic comedies statunitensi. Complice
anche la rinomata bravura dei protagonisti: a partire dal compianto
Gandolfini, morto lo scorso giugno a Roma in seguito ad un attacco
di cuore, qui nei panni di un esperto di storia della tv americana
che si guadagna da vivere catalogando e archiviando tutti i
documenti possibili relativi al piccolo schermo (la voce è di
Stefano De Sando). Come anche The
incredibile Burt Wonderston, in cui Gandolfini
recitava a fianco di Carell e Buscemi, Non dico altro
uscirà postumo per l’attore italo-americano originario del New
Jersey, applaudito da critica e pubblico per la sua celebre
interpretazione nella serie tv HBO I Sopranos.
Per quanto riguarda la Dreyfus, di
recente impegnata in varie tv o web series (vedi La
complicata vita di Christine, Web therapy e
Veep), il film della Holofcener le è già valso la
nomination ai Golden Globe 2014 come Miglior Attrice protagonista
in un film commedia o musicale. E per l’interprete newyorkese, dopo
la statuetta che si portò a casa nel ‘94 grazie all’ottima prova in
Seinfeld, sarebbe il secondo.
Dal canto suo Nicole
Holofcener, che vanta una certa esperienza anche in campo
televisivo (sua la regia di alcuni episodi di Sex and the
City e Una mamma per amica), si affida ad un cast in
cui il femminile (le donne e il loro microcosmo) ricopre un posto
privilegiato. E alla Dreyfus sceglie di affiancare Catherine
Keener, sua attrice feticcio, con la quale collabora ormai da quasi
vent’anni (sin dal suo primo Parlando e sparlando, che
vide la Keener protagonista a fianco di Anne Heche).
Uscito in America il 10 settembre
2013, Non dico altro è stato definito dal
critico del “NY Times” A. Scott “a small miracle of a movie” (“un
piccolo miracolo di film”), e “The Guardian” lo applaude come “una
commedia romantica che è, finalmente, al contempo romantica e
divertente e non, semplicemente, un insulto all’intelligenza…”.
In Italia l’uscita è prevista per il
15 maggio. Non ci resta che aspettare, fiduciosi.
Assolutamente paradossale e ironico
ma allo stesso tempo terribilmente veritiero, Non dico
altro (Enough Said) è una commedia romantica, con
James Gandolfini e Julia
Louis-Dreyfus, per la regia di Nicole
Holofcener.
IN Non dico altro
Eva (Julia Louis-Dreyfus) è una massaggiatrice
divorziata in pensiero per le sorti della sua unica figlia in
procinto di partire per il college e una sera durante una festa
incontra Albert (James Gandolfini), un archivista,
completamente lontano dagli standard estetici di Eva ma molto
sensibile e con uno spiccato senso dell’umorismo. Quando i due
iniziano pian piano a piacersi ed Eva sembra mettere da parte
finalmente i suoi timori a causa del suo precedente rapporto
matrimoniale, una nuova cliente, Marianne (Catherine
Keener), complicherà la situazione.
Non dico
altro è una commedia verosimile: entrambi i
personaggi presentano tratti tipici di chi si ritrova nella
transizionale fase di mezza età con interminabili remore e timori
sul darsi o meno una seconda chance. La trama semplice a tratti
quasi drammatica, sebbene possa apparire scontata, cerca di far
emergere un altro lato, quello del rapporto umano talmente fragile
e insicuro che basta anche il minimo dubbio per far crollare tutto
il castello di carta che, faticosamente, Eva e Albert tentano di
costruire.
Il vertice del rapporto fra i due
impacciati e sensibili protagonisti traspare soprattutto dai loro
dialoghi: imbarazzati, a volte ironici e altre volte fatti solo di
sguardi, autentici seppur nella loro singolarità, quasi in grado di
abbattere il filtro fra schermo e spettatore e permettere a
quest’ultimo di sedersi a tavola con loro.
Prodotto negli Usa nel 2013 e
distribuito dalla 20th Century Fox, la pellicola viene sorretta in
buona parte dalla bravura dell’intero cast (tra cui anche Toni Collette) ma i meriti vanno indubbiamente
a James Gandolfini, che in questo ruolo da “orso
dallo sguardo buono” riesce a conquistare grazie alla sua
goffaggine e alla sua tenerezza, e alla radiosa e brillante
Julia Louis-Dreyfus che per la sua interpretazione
si è aggiudicata una nominations ai Golden Globe come migliore
attrice in un film commedia.
La regia e la sceneggiatura di
Nicole Holofcener conferma in pieno i suoi
precedenti lavori “al femminile” (quali Friends with MoneyPlease
Givee sempre sua è la regia per alcuni episodi di Sex and the
Citye Una mamma per amica) in cui la storia si
incentra su una protagonista e sui legami affettivi e le situazioni
insolite che da lei si sviluppano, mettendo in scena un linguaggio
molto tradizionale ma ambientando la vicenda all’interno di una Los
Angeles già vista fin troppe volte.
Per raccomandare la visione di
Non dico altro basterebbe
l’interpretazione di Gandolfini definita da molti una rara
performance che non si può non amare.
Guarda il Trailer italiano di
Non c’è 2 senza te, la nuova commedia
distribuito da M2 Pictures, e nelle sale dal prossimo 5 Febbraio
2015. Il film vede la regia di Massimo Cappelli
con Fabio Triano, Dino Abbrescia, Belen Rodriguez e Tosca
D’Aquino.
Sinossi: Moreno
(Fabio Troiano) e Alfonso (Dino Abbrescia) stanno insieme da anni e
convivono felicemente. La loro vita scorre allegra e senza pensieri
sotto gli occhi della sig.ra Capasso (Tosca D’Aquino), la vicina di
casa un po’ acida e molto curiosa. Ma la routine quotidiana viene
improvvisamente stravolta dall’arrivo di Niccolò (Samuel Troiano),
nipote di Alfonso.
Inizia così una difficile convivenza a tre, complicata dal fatto
che i due si fingono etero davanti al bambino e Moreno si
invaghisce della bellissima Laura (Belen Rodriguez)…
Il
viaggio notturno nell’anima di quattro ragazzi alla soglia dei
trent’anni che non vogliono rinunciare alle proprie passioni,
nonostante il loro progetto di vita stia prendendo una direzione
diversa da quella che speravano.Non credo in nientedi
Alessandro Marzullo,primo
lungometraggio del regista, è stato presentato al
Pesaro Film Festivalfuori
concorso nella sezione Esordi Italiani.
Un
film ambizioso che gioca proprio con questo concetto mettendo in
scena le storie di quattro giovani adulti alla soglia dei
trent’anni. Un film che ha tante ispirazioni daRosselliniin Italia
aWong Kar Waia Hong Kong
ma che si insedia a Roma che fa da sfondo a questo racconto
complicato di una generazione fatta di contraddizioni e
complessità. A settembre al cinema Non credo in niente è
interpretato daDemetra Bellina, Giuseppe Cristiano,
Renata Malinconico, Mario Russo, Lorenzo Lazzarini e Gabriel Montesi.
Non credo in niente, la trama
Quattro storie che non si intrecciano mai. Una
Roma notturna che li culla con il suo assordante silenzio. Anche se
non si incontrano mai, questi giovani adulti hanno una cosa in
comune: la vita li ha spezzati, sono delle anime in pena in cerca
di un destino che sembra troppo lontano e irraggiungibile. Il
paninaro di fiducia dove si rifugiano (interpretato daLorenzo Lazzarini) è il loro
confessionale, una specie di psicologo non convenzionale.
PerchéNon credo in nientevuole anche essere un manifesto di una intera
generazione.
Quattro scenari diversi ma simili nella
complessità diNon credo in niente: una ragazza (Demetra
Bellina) con la passione per il
canto, per la musica, che rigetta il silenzio, “è come un enorme
martello pneumatico”. Lei balla, canta, sente la musica dentro di
sé. Un ragazzo (Giuseppe Cristiano) che invece nuota nel silenzio. Lo fa suo,
forse troppo. Rifugiandosi in una corazza da bello e dannato ma
racchiuso in un senso di insoddisfazione nei confronti della vita e
delle relazioni.
Gli
altri due personaggi diNon credo in nientesono la coppia tormentata
(Renata Malinconico e Mario Russo): sentendo il peso di una vita insieme futuro,
fatta di aspettative e di obiettivi da raggiungere insieme. Due
musicisti perfezionisti che fanno ricadere sulla solo relazione la
contraddizione dei loro pensieri. La loro musica insieme non
funziona perché distratti dalla stessa vita che li ha
inghiottiti.
Il disagio generazionale
Il
senso di libertà di guadare fuori da un finestrino mentre l’aria di
una Roma notturna si fa largo tra i capelli. Quell’ingenuità di un
ballo con la tua compagna, improvvisato, in mezzo a delle scale con
solo un lampione a illuminarvi. Fanciullezza e spensieratezza: due
cose che i protagonisti diNon credo in nientericercano.
Non riuscendo le più a trovare sia nelle
relazioni che nell’ambito lavorativo iniziano a vivere di sogni
disillusi. Sogni di relazioni proibite, sogni di canzoni
improvvisate, sogni cantati in un bar. La disillusione di un
disagio da parte di una generazione che non ha ancora capito cosa
fare ne come affrontare la vita perché non crede più in niente. Non
si crede più ai sogni perché tanto li raggiungono sempre di se
stessi ma arriva il consiglio del saggio paninaro, al quale è
affidata la coscienza del film “La Dolce Vita arriverà anche per
te”.
Una
Roma che si fa protagonista di queste disillusioni, della bruttezza
e della poesia. Del disincanto di una città troppo grande ma solo
per i prescelti. Una città che “puzza” del sudore di quella
generazione che si fa in quattro per avverare i suoi sogni. Roma,
con le sue mille contraddizioni, diventa la portavoce di questi
protagonisti diNon credo in nienteche racchiudono proprio una infinità di
contraddizioni.
Lieto fine?
Non credo in
niente, una storia che si
rincorre e che talvolta sconnessa e assente rispecchia tutto quello
che i protagonisti stanno provando. L’assenza di una prospettiva
futura, di rinnegare i famosi “concorsi” e la parvenza di
stabilità. Una narrazione volutamente frammentata che sul finale
trova il suo emblematico lieto fine, se così possiamo chiamarlo.
Dalla contraddizione nascono delle domande, il mettersi in gioco,
nasce quindi una reazione.
Reagire a una vita che non ti da certezze,
cercando di costruirtele. Dare voce alla desolazione dei pensieri
interrogandoci su quello che più ci fa stare bene. E se il silenzio
non è tra questi rifugiarsi dove si balla, si canta, si
ride.Non credo in niente, ma alla fine forse si.
Non credo in niente è il
lungometraggio di esordio diAlessandro Marzullo che racconta il progetto insieme al
cast composto da Demetra Bellina, Giuseppe Cristiano, Renata
Malinconico, Mario Russo, Lorenzo
Lazzarini e Gabriele Montesi. Il film si apre
con una citazione di Zygmunt Bauman riguardo la
frammentarietà. Un argomento che i personaggi con le loro
contraddizioni portano in scena facendosi portatori di un disagio
generazionale.
“Bauman è sicuramente più bravo a definire
questa frammentazione e noi a subirne le cause. Manca una visione
politica che dia prospettiva secondo quelle che sono le esigenze di
un mondo che cambia velocemente soprattutto per i giovani”,
commenta il regista diNon credo in niente.
ContinuaRenata
Malinconico: “In questo momento
ha preso spazio una individualità che ci ha isolati tutti e che io
personalmente ho iniziato a vedere che veniva meno quando abbiamo
lavorato a questo film perché abbiamo fatto un lavoro di squadra
incredibile. Manca anche una sorta di visione comune”.
AncheGiuseppe Cristianosi espone a riguardo: “Mancano le
relazioni, i rapporti umani. Che è forse l’elemento che ha
caratterizzato questo progetto. Non credo in niente, è il titolo,
ma noi come attori e persone ci abbiamo creduto perché la
gestazione del film è stata lunga. È stato realizzato in tre fasi
lungo otto mesi di lavorazione. Grazie al regista che ci ha tenuti
uniti”.
Non credo in niente, il racconto
dell’esordio
In
uscita a settembre in sale selezionate e stando a quanto riporta là
sinossi rappresenta un viaggio notturno nell’anima di quattro
ragazzi alla soglia dei trent’anni.Non credo in
nienteparla dei loro progetti
futuri e dei loro sogni:
“Grande valore esordire al Pesaro Film
Festival. Ringrazio Pedro Armocida per aver creduto nel progetto. È
un festival che avevamo puntato dall’inizio come ambiente ideale
per questo tipo di film e ci fa piacere ci sia molta attesa per il
film”, racconta il regista. Non credo in niente ha avuto una
lunga gestazione. Girato in 13 notti lungo otto mesi dove i momenti
di pausa tra un ciak e l’altro sono stati il vero scoglio da
superare.
“Non volevo fare un film letterario, volevo
cercare di raccontare questi sentimenti di frammentarietà
attraverso altri elementi come la fotografia, la musica e le
interpretazioni. Per quanto riguarda la fotografia il punto di
rifermento più importante è il lavoro di Wong Kar Wai.
Abbiamo lavorato al contrario, abbiamo integrato tutti i difetti
della pellicola per rappresentare i difetti dei personaggi. Gli
attori stessi mi hanno dato degli spunti e delle riflessioni. Il
film è contraddittorio anche nella sua forma. Ho girato le scene
scritte senza un ordine. Volevo solo portare in scena questo
distaccamento”.
Non credo in nientedescrive il distacco di una
generazione intera e lo fa aggiungendo anche alcuni elementi di
commedia. Alessandro Marzullo commenta questa scelta: “Io di
base prediligo la commedia come gusto personale. È una parte alla
quale non voglio rinunciare. Siccome è ambientato a Roma e ho
voluto includere questa cominciata che è insita negli italiani e
nei romani. Il personaggio di Lorenzo Lazzari si porta dietro un
po’ di quella comicità italiana di Sordi e Verdone”.
InNon credo in niente, la città di Roma è anche protagonista della
storia. Una Roma che si specchia nella caratterizzazione dei
personaggi: “Io quando mi immagino le storie le immagino sempre
nelle metropoli e Roma per me è fonte di ispirazione. È una città
che ha talmente tanti strati e tanta energia”.
Warner Bros e Sony Pictures hanno
diffuso il trailer della nuova commedia Non
Così Vicino diretta da Marc Forster e
che vede protagonista un inedito Tom Hanks
Le prime immagini di Non
Così Vicino il nuovo film con Tom Hanks e diretto
da Marc Foster (Neverland – Un sogno per la vita). Nel
cast anche Mariana Treviño (Club the Cuervos), Rachel
Keller (Fargo) e Manuel Garcia-Rulfo (I magnifici
7). La sceneggiatura è scritta dal candidato all’Oscar David
Magee (Migliore sceneggiatura non originale, Vita di Pi,
2012; Migliore sceneggiatura non originale, Neverland – Un
sogno per la vita, 2004) tratto dal romanzo best-seller
“L’uomo che metteva in ordine il mondo” di Fredrik Backman. Il film
è basato anche sulla pellicola svedese scritta e diretta da Hannes
Holm. Non Così Vicino è prodotto da Rita Wilson, Tom
Hanks, Gary Goetzman e Fredrik Wikström Nicastro.
Dal 16 febbraio solo al cinema, prodotto da Sony Pictures e
distribuito da Warner Bros. Entertainment Italia.
Tratto dal comico e commovente
bestseller “L’uomo che metteva in ordine il mondo”, Non
Così Vicino racconta la storia di Otto Anderson
(Tom
Hanks), un vedovo scontroso e molto fissato con le sue
abitudini. Quando una giovane e vivace famiglia si trasferisce
nella casa accanto, l’incontro con Marisol, ragazza brillante e in
dolce attesa, crea un’improbabile amicizia che sconvolgerà il suo
mondo. Una storia divertente e struggente che racconta come alcune
famiglie nascono anche nei luoghi più inaspettati.
Tom Hanks è stato per l’industria del cinema
americana contemporanea quello che Spencer Tracy
rappresentava per la Hollywood della cosiddetta epoca classica.
Ovvero il volto liberal dello showbusiness, capace di impersonare
al massimo livello i migliori valori democratici e progressisti. La
differenza invece sta nel fatto che il tessuto sociale e civile
dell’America di Hanks in particolar modo negli ultimi anni ha
svelato macchie, zone oscure, discrepanze e contraddizioni che
l’attore ha scelto di non ignorare.
Se prima tale discorso
sociale e civile sulla nostra contemporaneità veniva portato avanti
anche attraverso produzioni mainstream quali ad esempio Forrest Gump, Salvate il soldato Ryan, Cast Away e altri titoli che potremmo citare,
da qualche anno a questa parte Hanks sembra aver scelto di
continuare a sviluppare determinate tematiche adoperando un tipo di
cinema più “piccolo” e intimo. Un esempio calzante è stato il
recente Finch realizzato per Apple
TV+, mentre adesso arriva l’ispirato e commovente
Non così vicino (A
Man Called Otto), remake aggiornato del film svedese
A Man Called Ove (a sua volta ispirato dal romanzo
omonimo del 2012 scritto da Fredrik Backman).
Non così vicino, la
trama
Dopo essere rimasto
vedovo, costretto a un pensionamento anticipato e defraudato del
proprio ruolo di supervisore del complesso edilizio in cui vive, al
costantemente accigliato Otto Anderson (Tom
Hanks) non rimane molto per cui vivere. La decisione
di farla finita in un modo o nell’altro è quindi una conseguenza
logica della propria condizione di vita. Ma i vari tentativi di
suicidio non vanno a buon fine, soprattutto perché nella vita
dell’uomo entra di prepotenza la nuova vicina di casa Marisol
(Mariana Treviño) con la sua famiglia chiassosa e
tutta al sua vitalità latina. E così a Otto non resta che
continuare a vivere, non fosse altro che per evitare che i nuovi
arrivati radano al suolo la piccola oasi tranquilla in cui ha
vissuto per decenni…
Anche se negli ultimi
anni la carriera del regista Marc Forster ha
incontrato alcuni incidenti di percorso, soprattutto a livello
artistico, in passato il cineasta di origine tedesca ha dimostrato
di saper raccontare con attenzione e partecipazione i personaggi
dei suoi film, adoperando con pienezza toni gentili e introspezione
psicologica. Finding Neverland e Stranger
Than Fiction ne sono gli esempi maggiormente calzanti.
Grazie a Non così vicino torna a questo tipo
di cinema pacato, sensibile, che lavora su situazioni e atmosfere
per costruire un universo filmico in cui i personaggi sanno
esprimere tutta la loro potenza espressiva.
Un equilibrio tra
commedia e dramma
Rispetto all’originale la
propensione verso la commedia di situazione viene alleviata in
favore di un equilibrio più efficace di commedia e dramma. In
particolar modo l’utilizzo dei numerosi flashback che raccontano la
lunga e tenerissima storia d’amore tra Otto e sua moglie Sonya –
ottimamente interpretati da Truman Hanks e
Rachel Keller – dotano il film di una sua
dimensione emotiva impossibile da ignorare. L’adattamento di
David Magee (già collaboratore di Forster ai tempi
di Finding Neverland) si rivela preciso nel
lavorare su tale equilibrio, fino ad arrivare a un finale tanto
prevedibile quanto commovente.
Il resto lo fanno
ovviamente gli attori, con Tom Hanks ovviamente a
capo di un cast esemplare. Il suo lavoro sulla fisicità e sul
linguaggio del corpo di Otto conferma che l’attore due volte premio
Oscar (e sono pochi…) non ha perso il tuo tocco magico, che
consiste nel tratteggiare i propri personaggi in maniera sempre
originale e allo stesso modo rimanere sempre e comunque Tom
Hanks, portatore di valori e un senso morale che
rispecchiano il meglio dell’essere americano.
L’omaggio a Walter Matthau
Nel caso di Non
così vicino l’attore rende poi omaggio piuttosto
esplicito a uno dei più grandi caratteristi della storia del
cinema, ovvero Walter Matthau. Soprattutto nella
prima parte del film, quando il personaggio viene sviluppato nella
sua dimensione più burbera e brontolona, è praticamente impossibile
non notare le somiglianze con lo stile di Matthau, e questo non fa
che aumentare l’ammirazione per Hanks. Ma la dramedy di Forster non
è soltanto il suo protagonista, tutt’altro: notevole prova la
regala anche una Mariana Treviño vitale,
energetica, a tratti inebriante nel suo ruolo. Molto simpatico
anche Cameron Britton, amato dal pubblico dello
streaming per il notevole ruolo di edmund Kemper nella serie di
culto Mindhunter (Netflix).
Non così
vicino è quel classico tipo di film che non riserva vere e
proprie sorprese ma sa condurre lo spettatore al risultato finale
in maniera coerente, sensibile e soprattutto emotivamente profonda.
Un risultato che bisogna abbracciare considerato quanto latiti nel
cinema americano contemporaneo.
Non Così
Vicino da domani solo al cinema, il nuovo film con
Tom Hanks. diretto da Marc Foster
(Neverland – Un sogno per la vita). Nel cast anche Mariana
Treviño (Club the Cuervos), Rachel Keller (Fargo)
e Manuel Garcia-Rulfo (I magnifici 7). La sceneggiatura è
scritta dal candidato all’Oscar® David Magee (Migliore
sceneggiatura non originale, Vita di Pi, 2012; Migliore
sceneggiatura non originale, Neverland – Un sogno per la
vita, 2004). Tratto dal romanzo best-seller “L’uomo che
metteva in ordine il mondo” di Fredrik Backman, il film è basato
sulla pellicola svedese scritta e diretta da Hannes Holm. Non
Così Vicino è prodotto da Rita Wilson, Tom Hanks, Gary
Goetzman e Fredrik Wikström Nicastro.
Il film sarà solo al cinema da
domani, 16 febbraio, prodotto da Sony Pictures e distribuito da
Warner Bros. Entertainment Italia.
Tratto dal comico e commovente
bestseller “L’uomo che metteva in ordine il mondo”, Non Così
Vicino racconta la storia di Otto Anderson (Tom
Hanks), un vedovo scontroso e molto fissato con le sue
abitudini. Quando una giovane e vivace famiglia si trasferisce
nella casa accanto, l’incontro con Marisol, ragazza brillante e in
dolce attesa, crea un’improbabile amicizia che sconvolgerà il suo
mondo. Una storia divertente e struggente che racconta come alcune
famiglie nascono anche nei luoghi più inaspettati.
Con l’attesa riapertura della
stagione cinematografica, Teodora Film torna nelle sale con due
titoli d’eccezione: il 27 agosto uscirà al cinema Non
conosci Papicha di Mounia Meddour, film rivelazione
dell’ultimo Festival di Cannes e successo a sorpresa
al botteghino francese.
Dopo il grande successo di pubblico
delle anteprime estive nelle arene di tutta Italia, arriva
finalmente nelle sale Non conosci Papicha di
Mounia Meddour. Tra i film rivelazione dell’ultimo
Festival di Cannes, il film è tuttora bandito in patria, per motivi
mai chiariti dal governo algerino, mentre in Francia è stato un
successo a sorpresa con oltre 2 milioni di euro di incasso e due
vittorie ai premi César.
Nell’Algeria degli anni Novanta, Nedjma (soprannominata
“Papicha”) studia francese all’università e sogna di diventare
stilista, ma la sua vita è sconvolta da un’ondata di
fondamentalismo religioso che precipita il paese nel caos.
Determinata a non arrendersi al nuovo regime, Nedjma decide di
organizzare con le compagne una sfilata dei suoi abiti, che
diventerà il simbolo di un’indomita e drammatica battaglia per la
libertà.
Film d’esordio di Mounia Meddour, che ha
vissuto in prima persona il decennio nero dell’Algeria, NON CONOSCI
PAPICHA conta su un cast straordinario di giovani attrici, tra cui
la protagonista Lyna Khoudri, che sarà anche nell’attesissimo film
di Wes Anderson The French Dispatch.
Negli ultimi anni il cinema italiano
sembra nuovamente voler puntare sul genere per raccontare le
proprie storie, ed è così che sui grandi schermi si sono
avvicendate storie di supereroi, noir, horror e fantasy. In questo
filone si colloca anche Non ci resta che il
crimine (qui la recensione), commedia a
metà tra il gangster movie e il film fantastico diretta da
Massimiliano Bruno con una sceneggiatura da lui
scritta insieme ad Andrea Bassi con anche
Nicola Guaglianone e Menotti, già
autori del celebre Lo chiamavano Jeeg
Robot. Al centro della vicenda vi è uno stravagante gruppo
di amici che si trova a viaggiare nel tempo, finendo nella Roma del
1982.
Con un titolo che omaggia il
classico Non ci resta chepiangere, il film è
stato descritto da suoi autori come un Ritorno al futuro
che incontra Romanzo criminale. Vi si ritrovano infatti
elementi di fantascienza come anche del genere poliziesco, e
proprio a questi cult ha raccontato Bruno di essersi ispirato per
la regia, ricca di zoom, split screen e inquadrature deformanti dal
basso. Non ci resta che il crimine richiama in tutto e per
tutto gli anni in cui è ambientato, e vede alcuni celebri attori
del panorama cinematografico italiano confrontarsi con ruoli
inediti.
Accolto da un buon favore di
critica, il film non manca di suscitare un buon interesse nei suoi
confronti. Così facendo arriva a posizionarsi al primo post del
botteghino, incassando un totale di 2 milioni di euro. Tale
risultato ha infine spinto gli autori a realizzare un sequel. Prima
di intraprendere una visione del film, però, è certamente utile
approfondire ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast,
scoprendo così ulteriori curiosità su tale lungometraggi. Infine,
si elencheranno anche le piattaforme streaming a cui è possibile
rivolgersi per ritrovare il titolo e poterne godere con una comoda
visione casalinga.
Non ci resta che il
crimine: la trama del film
La storia si apre a Roma nel 2018,
dove Sebastiano, Moreno e
Giuseppe sono tre amici di lungo corso, con scarsi
mezzi ma un indomabile talento creativo. Questi decidono di
organizzare un “Tour Criminale” di Roma alla scoperta dei luoghi
simbolo della Banda della Magliana. L’idea, ne sono convinti, sarà
una miniera di soldi. Abiti d’epoca, jeans a zampa, giubbotti di
pelle, stivaletti e Ray-Ban specchiati, ed è fatta… sono pronti per
lanciarsi nella nuova impresa. Le cose non vanno però come sperato,
e i tre si trovano a dover pensare ad una soluzione per fare soldi.
L’occasione arriverà però nel modo più inaspettato possibile,
andando contro ogni loro convinzione terrena.
Per un imprevedibile scherzo del
destino, questi vengono infatti catapultati negli anni ’80 nei
giorni dei gloriosi Mondiali di Spagna e si ritrovano faccia a
faccia con alcuni membri della Banda che all’epoca gestiva le
scommesse clandestine sul calcio. A sconvolgerli ulteriormente vi
sarà l’incontro con una vulcanica e dirompente ballerina che rischia di scombinare ancora di più
le carte. Per i tre amici potrebbe rivelarsi una ghiotta occasione
di riscatto, ma dovranno prima di tutto riuscire a calarsi
perfettamente in quella nuova realtà, stringendo alleanze e
guardandosi le spalle dai pericolosi nemici.
Non ci resta che il
crimine: il cast del film
Protagonisti del film sono alcuni
dei più noti e amati interpreti dell’attuale panorama
cinematografico italiano. Il trio di amici che si trovano a
viaggiare nel tempo è infatti formato da Marco
Giallini nei panni di Moreno, il più truffaldino del
gruppo, Alessandro
Gassmann è invece Sebastiano, il più ingenuo, e
Gianmarco Tognazzi è Giuseppe, un
pusillanime che impara a tirare fuori il carattere. Per i loro
personaggi, i tre attori hanno lavorato costruendo caratteri
completamente diversi dai loro, dando così vita a dei ruoli inediti
nella loro carriera. Interpretazioni, le loro, per le quali sono
naturalmente stati particolarmente apprezzati. Nel film sono poi
presenti anche Antonello Fassari nei panni del
suocero di Giuseppe, e lo stesso Massimiliano
Bruno in quelli di Gianfranco, amico del trio.
L’attore Edoardo
Leo si trova invece ad interpretare il boss criminale
Renatino. Per lui si tratta del primo ruolo da cattivo della sua
carriera. Per potersi calare nei panni di questo, Leo ha raccontato
di accantonare il vasto immaginario di riferimento del film, e
ricercare invece una propria biografia del personaggio. L’attore si
è così poi concentrato sull’esasperare ciò che c’era già in
sceneggiatura, come l’elemento della gelosia. Tramite questo
l’attore ha infatti puntato sul mostrare la pericolosità ma anche
la fragilità di Renatino. Ilenia
Pastorelli, dopo essere divenuta celebre grazie a
Lo chiamavano Jeeg Robot, interpretare l’affascinante
Sabrina. Una donna perfettamente consapevole del suo potenziale e
che non manca di sfruttarlo per ottenere ciò che desidera.
Non ci resta che il
crimine: il sequel, il trailer e dove vedere il film in
streaming e in TV
Data la buona accoglienza ottenuta
dal film, Non ci resta che il crimine ha in breve ottenuto
un sequel, intitolato Ritorno al crimine. Gli stessi
attori del titolo del 2018 tornano così ad interpretare i
rispettivi personaggi in una nuova avventura tra crimine e
commedia. Nel film si ritroveranno però anche nuovi ingressi, come
quello dell’attore Carlo
Buccirosso nei panni di Massimo Ranieri, mercante
d’arte con losche intenzioni. Essendo ambientato ora nel presente,
il film presenta inoltre una nuova attrice per il ruolo di Sabrina,
ora interpretata dall’attrice e cantante Loretta
Goggi. Il film era inizialmente previsto in sala per
il 12 marzo 2020, ma a causa della pandemia di Covid-19 è stato
spostato al 29 ottobre. L’uscita è però stata ulteriormente
rinviata a causa della nuova chiusura delle sale.
È possibile vedere o rivedere tale
film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari
piattaforme streaming presenti oggi in rete. Non ci
resta che il crimine è infatti disponibile nel
catalogo di Rakuten TV, Chili Cinema, Apple iTunes, Tim
Vision e Amazon Prime Video. Per vederlo, basterà
semplicemente iscriversi, in modo del tutto gratuito alla
piattaforma. Si avrà così modo di guardare il titolo in totale
comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso
di noleggio si avrà a disposizione un determinato limite temporale
entro cui effettuare la visione. Il film sarà inoltre trasmesso in
televisione il giorno giovedì 3 marzo alle ore
21:20 sul canale Rai 2.
Dopo i recenti successi di
Gli ultimi saranno ultimi e Beata
Ignoranza, Massimiliano Bruno
torna al cinema con Non ci resta che
il crimine, da lui diretto e scritto insieme a
Andrea Bassi, Menotti e Nicola Guaglianone,
già autori di Lo chiamavano Jeeg Robot. Il film ha
per protagonisti Marco Giallini, Alessandro
Gassmann, Edoardo Leo, Gianmarco
Tognazzi e Ilenia Pastorelli, e fonde comicità e genere
poliziesco per un risultato lodevole e di buon intrattenimento.
Il film segue le vicende di Moreno
(Marco Giallini), Sebastiano (Alessandro
Gassmann) e Giuseppe (Gianmarco Tognazzi),
amici di lungo corso che per un imprevedibile scherzo del destino
si ritrovano catapultati nella Roma del 1982, ritrovandosi faccia
con Renatino (Edoardo
Leo), capo della banda criminale del quartiere. Nel
tentare di ritornare al presente, i tre saranno costretti a
vedersela con una serie di ostacoli e beffardi imprevisti.
La commedia diretta da Bruno
dichiara sin da subito il suo intento di riformulare l’immaginario
di un genere fondendolo con un tocco di comicità e fantasy. Questa
commistione di generi, di cui gli sceneggiatori avevano già
dimostrato capacità con Lo chiamavano Jeeg Robot,
si afferma ancora una volta come un’interessante chiave per
rielaborare la commedia italiana. A ciò il regista associa uno
stile registico che richiama in causa i film polizieschi degli anni
’80. Ricco di zoom, split screen, inquadrature deformanti ed
elaborati movimenti di macchina, il film riesce, sostenuto da una
buona regia, a trovare la propria identità.
Non ci resta che il
crimine resta però prima di tutto una commedia, e riesce
ad esserlo anche grazie al buon feeling tra gli attori
protagonisti. Ognuno di loro ha modo di portare avanti il proprio
percorso e il proprio arco narrativo, trovando nelle scene corali
l’occasione per gag comiche il più delle quali ben costruite e
riuscite. È però Edoardo Leo, nei panni inediti del cattivo, a
spiccare su tutti, dimostrando nuovamente grande versatilità e
riuscendo a convincere con il suo Renatino, mostrandone punti di
forza e punti di debolezza.
Non tutto funziona all’interno del
film, come alcuni risvolti di sceneggiatura che appaiono poco
convincenti, specialmente verso il terzo atto del film, o alcune
battute poco memorabili, ma Non ci resta che il
crimine riesce comunque ad inserirsi degnamente in un
filone di commedie che attraverso il genere ricercano una propria
originalità in un contesto generale sempre meno creativo. Puntando,
a ragione, sui propri protagonisti, e su di un immaginario
cinematografico celebre in Italia, il film guadagna in buon
intrattenimento e vince la sua sfida.
Il regista e sceneggiatore
Massimiliano Bruno apre la conferenza stampa
raccontando la genesi del film, che sin dal titolo richiama un
classico della coppia composta da Troisi e Benigni. “Il film è
un omaggio a Non ci resta che piangere. Volevamo
fare un viaggio nel tempo, e abbiamo pensato di farlo attraverso
una commistione di generi.
Non ci resta che il crimine è un po’ come
Ritorno al futuro che incontra Romanzo
criminale. Ci sono elementi di fantascienza e del genere
poliziesco. Per la regia mi sono ispirato allo stile tracciato dai
cult di questi generi, ricchi di zoom, split screen e inquadrature
deformanti dal basso. Abbiamo ricostruito un certo tipo di
fotografia cupa che richiama gli anni ’80, sia da un punto di vista
cinematografico sia per quanto riguarda la pesantezza di quegli
anni di piombo.”
Bruno passa poi a parlare del
lavoro svolto sui personaggi, dichiarando che “dirigere gli
attori è stato più complicato del solito visto che alcuni di loro
affrontavano un ruolo per loro inedito. Basta pensare ad
Edoardo Leo, per la prima volta nei panni del
cattivo, Gassmann, che stavolta aveva il ruolo
dell’ingenuo. Giallini si è calato perfettamente
nel ruolo del cialtrone navigato, mentre Tognazzi
ha reso in maniera credibile un pusillanime che impara a tirare
fuori il carattere, e infine Ilenia Pastorelli è
stata bravissima nel ruolo della paracula bomba sexy. Siamo stati
attenti a rispettare i ruoli di tutti.
Parlando dei personaggi,
Edoardo Leo prende la parola per raccontare il suo
Renatino, pericoloso criminale del film. “C’è un vasto
immaginario di riferimento per questi ruoli, ma per costruire il
mio ho deciso di accantonare tutto ciò e invece di ricercare una
biografia del personaggio ho cercato di esasperare ciò che c’era
già nella sceneggiatura. Ho puntato sulla gelosia del personaggio,
elemento che poteva allo stesso tempo svelarne fragilità e
pericolosità.”
Gli autori del film,
Bruno e gli altri sceneggiatori Nicola Guaglianone e
Andrea Bassi, vengono poi chiamati a raccontare il
loro film e le scelte fatte nella stesura della sceneggiatura di
questo. E’ Guaglianone a prendere la parola è a dichiarare che
“la storia è spesso un pretesto per raccontare qualcos’altro.
Qui abbiamo tre amici che partono alla ricerca di un tesoro
materiale e invece ne trovano un altro ben più importante, che è
quello dell’amicizia.”
“Nel nostro lavoro ci
interroghiamo spesso su quale sia il senso di ciò scriviamo e su
cosa realmente vogliamo raccontare. – continua Andrea
Bassi – “Qui oltre all’amicizia ci interessava
raccontare il gioco perverso che ruota intorno alla sete di potere.
I personaggi di questo film sono stritolati da questa sete. Anche
il titolo è molto indicativo e ironico a riguardo. Spesso il
crimine viene visto in modo erroneo come un porto sicuro, come
l’ultima spiaggia, ma non lo è, e nel film questo è molto
evidente.”
“Gli più speciali della vita di
ognuno di noi sono quelli che vanno dai 12 ai 20. – aggiunge
poi Bruno – “Ci siamo confrontati per riportare alla luce tutte
le icone pop della generazione degli anni ’80. Questo è stato fatto
attraverso la moda, gli oggetti e soprattutto la musica, dai
Kiss ai The Clash.”
Bruno conclude poi ribadendo
l’importanza dell’operazione fatta con questo film. “Stiamo
cercando di realizzare sempre cose nuove e originali. Guaglianone
lavora molto per la commistione di generi, e penso che con questo
film siamo riusciti a raggiungere un buon risultato a
riguardo”.
Non ci resta che il
criminesarà nei cinema a partire dal 10 gennaio,
prodotto dalla Italian International Film e
Rai Cinema e distribuito da 01
Distribution.
Ecco il trailer di
Non ci resta che il crimine, il nuovo film di
Massimiliano Bruno, con protagonisti
Edoardo Leo, Alessandro Gassman, Marco Giallini, Gianmarco
Tognazzi e Ilenia Pastorelli.
E se improvvisamente, per destino o
per caso, vi ritrovaste negli anni’80? E’ quello che succede a tre
improbabili amici che hanno fatto dell’arte di arrangiarsi uno
stile di vita.
Siamo a Roma nel 2018 e tre amici
di lungo corso, con scarsi mezzi ma un indomabile talento creativo,
decidono di organizzare un “Tour Criminale” di Roma alla scoperta
dei luoghi simbolo della Banda della Magliana. L’idea, ne sono
convinti, sarà una miniera di soldi. Abiti d’epoca, jeans a zampa,
giubbotti di pelle, stivaletti e Ray-Ban specchiati, ed è fatta…
sono pronti per lanciarsi nella nuova impresa. Se non fosse che,
per un imprevedibile scherzo del destino, vengono catapultati negli
anni ’80 nei giorni dei gloriosi Mondiali di Spagna e si ritrovano
faccia a faccia con alcuni membri della Banda che all’epoca gestiva
le scommesse clandestine sul calcio. Per non parlare dell’incontro
con una vulcanica e dirompente ballerina che rischia di scombinare ancora di più
le carte. Per i tre amici potrebbe rivelarsi una ghiotta occasione
di riscatto oppure….
“Non ci resta che il crimine” è una
commedia in cui la realtà supera l’immaginazione e in cui tutto può
succedere.
Con la trilogia fantastico-comica
Non ci resta che il crimine, diretta da
Massimiliano Bruno dal 2019, abbiamo conosciuto
meglio la Roma degli anni Ottanta, addentrandoci nei luoghi simbolo
in cui al tempo operava la banda della Magliana; poi quella degli
anni Quaranta, in piena Seconda Guerra Mondiale, con tutti gli
eventi che portarono alla caduta del regime fascista. Ora, le tre
pellicole con al centro Moreno, Sebastiano (che non ci sarà) e
Giuseppe, a cui si è aggiunto Claudio nell’ultimo C’era una
volta il crimine, assumono una nuova veste e si presentano
sotto forma di
serie televisiva. Non ci resta che il crimine – La
serie, si re-impossessa del titolo d’esordio –
omaggio al Non ci resta che piangere di Troisi e Benigni –
che ha dato il via alla bene accolta trilogia in cui, a
troneggiare, sono i tanto amati viaggi nel tempo alla
Ritorno al futuro. In arrivo in
esclusiva su Sky
e in streaming NOW
dal 1 dicembre, per un totale di 6 episodi, la serie vede
il come back di Marco Giallini, Gian Marco
Tognazzi e
Giampaolo Morelli, e una new entry di tutto
rispetto quale Maurizio Lastrico. Non
ci resta che il crimine – La serie è prodotta da Sky
Studios e Lucisano per Italian International Film.
Non ci resta che il crimine – la
serie, la trama
La serie inizia dopo gli eventi di
C’era
una volta il crimine. Giuseppe, dopo aver appurato che i
suoi genitori vogliono vendere la casa in cui lui è cresciuto,
trova in un cofanetto una foto misteriosa: due ragazze hanno in
braccio un bambino piccolo, ossia lui. Rovistando meglio, capisce
di essere stato adottato, e che per tutta la vita quelli che
credeva essere sua madre e suo padre gli hanno mentito
spudoratamente. Per fortuna, sullo sfondo dell’immagine, c’è una
data: 17 giugno 1970. Giuseppe decide così di rintracciarle per
conoscere la verità, passando attraverso l’oramai famoso wormhole e
finendo nella Roma in cui la sinistra giovanile e la destra
eversiva hanno preso il potere. Nel presente, però, qualcosa è
andato storto con i conti bancari di Moreno e Claudio, i quali si
ritrovano con i fondi bloccati. Con l’aiuto di Gianfranco, i due
raggiungeranno Giuseppe per aiutarlo a sistemare la faccenda,
poiché i problemi finanziari dipendono proprio da lui. Ma una volta
arrivati lì si ritroveranno invischiati in una situazione più
grande di loro: intanto, l’amico, è intenzionato a conoscere la
madre biologica, spingendosi un po’ troppo oltre.
La Roma degli anni Settanta
Il primo episodio di Non ci
resta che il crimine – La serie – l’unico visionato in
anteprima – comincia facendo capire al suo pubblico di aver
conservato tutte quelle peculiarità che hanno reso appetibile la
trilogia. È una puntata che prepara il terreno per quel che sarà il
discorso narrativo principale della serie, la quale è pronta a far
vivere ai suoi spettatori un’esperienza più lunga – come il format
richiede – e sopratutto più ricca di dettagli. Se nei film la
storia in termini di contenuto era meno incisiva e subalterna, per
lasciare spazio a un racconto più votato all’intrattenimento puro,
duro e sincero, con il formato seriale questa sembra farsi più
presente, e dalla prima puntata capiamo che avrà una struttura più
solida. Rimanendo ancorati ai salti temporali – oramai vero e
proprio must delle pellicole fantasy – la colorita
banda ci teletrasporta nella Roma degli anni
Settanta.
Siamo in pieno fermento
sociale e politico, con la rivoluzione culturale che si fa
spazio fra i giovani. Si diffondono movimenti quali l’hippie e il
punk e si cerca di imporre ancor di più la propria voce e la
propria libertà individuale. Sono anche gli anni in cui la politica
si fa ancora più presente nelle università, come la Sapienza e la
Facoltà di Lettere e Filosofia, luogo in cui si svolge il primo
episodio, con i ragazzi sempre più orientati verso il PCI. La data
in cui però si ritrovano Moreno, Claudio e Giuseppe è storicamente
importante nell’era calcistica: 17 giugno 1970,
giornata in cui gli Azzurri batterono la Germania per 4-3. Una
partita significativa, così come la sequenza contenuta
nell’episodio, che diventa chiara reference di Non ci resta che
il crimine, quando nel’82, altra data da ricordare, Giuseppe
svela a Renatino che l’Italia vincerà i Mondiali contro la
Germania. Nonci resta che il crimine
– La serie ci delinea perciò il contesto entro il
quale i nostri sui generis protagonisti si muoveranno, e sappiamo
che negli episodi seguenti sarà preso in esame un evento storico in
particolare: il fallito Golpe Borghese.
Un primo episodio che funziona
Sin dal primo episodio di
Non ci resta che il crimine – La serie si
ride. La comicità, rintracciata sia nel linguaggio verbale che
espressivo dei tre amici, continua a essere la colonna portante.
Per non farci dimenticare che, pur essendo un prodotto contaminato
da diversi generi quali gangster e fantasy, i capisaldi restano
quelli della commedia dissacrante. Le situazioni rocambolesche, che
ritroviamo già nel primo episodio (che vuole partire con il botto),
sono l’elemento caratterizzante che siamo sicuri permeerà in tutta
la serie, e sono supportate da un cast il quale attraverso la
propria romanicità (ma anche napoletaneità) riesce a dare quella
giusta verve, e delle più che azzeccate gag, tali da coinvolgere e
divertire.
Moreno, Claudio e Giuseppe ci
trascinano perciò in questa nuova pazza avventura con tutto il loro
spirito brioso, seppur debbano ricordarsi di gestire loro stessi
con molta prudenza: come sempre, esistono i paradossi temporali,
una spada di Damocle da non sottovalutare. Dovranno stare attenti a
non cambiare il passato, seppur questa volta Giuseppe sembri ancor
più incline a farlo, altrimenti gli effetti si vedranno nel
presente. Il primo episodio di Non ci resta che il
crimine – La serie setta dunque il tono dell’intero
show, promettendoci che, andando avanti, avremo un crescendo di
esperienze assurde, folli e divertenti. E chissà, magari l’aver
dato alla trilogia l’opportunità di essere una serie, ci permetterà
anche di legarci meglio ai suoi irresistibili protagonisti.
Dalla fortunata trilogia
cinematografica alla serie TV Non ci resta che il crimine –
La serie: torna con una nuova storia in 6 episodi a
cavallo fra passato e presente la sgangherata banda della saga di
Massimiliano Bruno sui viaggi nel tempo, dall’1 dicembre in
esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW.
Prodotta da Sky Studios e da
Fulvio, Federica e Paola Lucisano per Italian International Film,
Non ci resta che il crimine – La serie – di
cui viene rilasciato il trailer ufficiale – vedrà tornare i
protagonisti della trilogia Marco Giallini, Gian MarcoTognazzi, Giampaolo Morelli e
Massimiliano Bruno, di nuovo dietro la macchina da
presa stavolta affiancato da Alessio Maria
Federici. A loro si aggiunge, fra gli altri, Maurizio
Lastrico in un ruolo del tutto nuovo.
Dopo il viaggio cinematografico
indietro nel tempo fino agli anni ‘80, in cui a Roma prosperava la
Banda della Magliana, e poi quello nell’Italia fascista degli anni
‘40, la nuova serie Sky Original inizia subito dopo gli eventi
dell’ultimo film e trasporterà l’affiatatissima e divertente banda
di protagonisti negli anni ’70, fra gli ambienti della sinistra
giovanile e quelli della destra eversiva del Golpe Borghese.
Non ci resta che il crimine –
La serie è scritta da Massimiliano Bruno, Andrea Bassi,
Gianluca Bernardini, Herbert Simone Paragnani.
Durante le varie fasi della
produzione sono state adottate misure volte a limitare l’impatto
sull’ambiente, riducendo così le emissioni di gas serra e mirando a
ottenere l’ambita certificazione di sostenibilità Albert. Una
scelta in linea con l’impegno del gruppo Sky che, con la campagna
Sky Zero, punta a essere la prima media company in Europa a
diventare Net Zero Carbon entro il 2030.
La trama della serie tv
Moreno (Giallini), Giuseppe
(Tognazzi) e Claudio (Morelli) si trovano di nuovo riuniti,
stavolta per un’avventura nel 1970. Dopo aver scoperto di essere
stato adottato, Giuseppe decide di cercare la sua vera madre,
incurante degli avvertimenti del loro amico e scienziato Gianfranco
(Bruno): se si cambia il passato cambia anche il presente.Giuseppe
riesce a incontrarla a un happening a casa di Duccio Casati
(Lastrico), un ricco borghese dalle idee progressiste che ha preso
a cuore la causa dei ragazzi del movimento studentesco. Ma
l’emozione che travolge Giuseppe nel ritrovare Linda gli fa
commettere un grave errore: salvandola da un attentato, finisce per
modificare il passato, e quindi anche il presente: ora l’Italia di
oggi è diventata una dittatura fascista, e bisognerà tornare di
nuovo indietro per rimettere le cose a posto… a costo di
infiltrarsi nelle maglie del Golpe Borghese
Dalla fortunata trilogia
cinematografica alla serie TV: con una nuova storia in 6 episodi a
cavallo fra passato e presente, torna la sgangherata banda di
Non ci resta che il crimine – La
serie, la saga di Massimiliano Bruno sui viaggi nel tempo,
dall’1 dicembre in esclusiva su Sky e in streaming solo su
NOW.
Non ci resta che il crimine
– La serie andrà con due nuovi episodi a settimana tutti i
venerdì in prima serata su Sky Serie, oltre a essere disponibile on
demand in 4K HDR (per i clienti Extra anche nella sezione on demand
Primissime).
Una produzione Sky Studios e
Italian International Film prodotta da Fulvio, Federica e Paola
Lucisano, la serie vedrà tornare i protagonisti della trilogia
Marco Giallini, Gian MarcoTognazzi, Giampaolo Morelli e
Massimiliano Bruno, quest’ultimo di nuovo dietro
la macchina da presa stavolta affiancato da Alessio Maria
Federici. A loro si aggiunge, fra gli altri,
Maurizio Lastrico con un ruolo del tutto nuovo,
quello di Duccio Casati, ricco borghese dalle idee progressiste che
ha preso a cuore la causa dei ragazzi del movimento
studentesco.
Dopo il viaggio cinematografico
indietro nel tempo fino agli anni ‘80, in cui a Roma prosperava la
Banda della Magliana, e poi quello nell’Italia fascista degli anni
‘40, la nuova serie Sky Original inizia subito dopo gli eventi
dell’ultimo film e trasporterà l’affiatatissima banda di
protagonisti negli anni ’70, fra gli ambienti della sinistra
giovanile e delle contestazioni studentesche e quelli della destra
eversiva del Golpe Borghese.
Accanto a Giallini, Morelli,
Tognazzi, Bruno e Lastrico, nel cast anche Liliana
Fiorelli (Bentornato Presidente!, L’avvocato
Malinconico, Siccità, I migliori giorni) nei panni di
Marisa, l’assistente di Gianfranco; Grace Ambrose
(Il primo Natale, Compromessi sposi, Il
paradiso delle signore) in quelli di Linda Valori, la madre di
Giuseppe nel passato; Kabir Tavani (Ricchi di
fantasia, Il nostro generale, Puck) che
interpreta Sergio Brana, giovane membro del collettivo comunista
che ospiterà i protagonisti nel 1970; Sara
Baccarini (La cena perfetta, Beata
Ignoranza, I migliori giorni), che nella serie sarà
Matilde, anche lei membro del collettivo comunista che si
avvicinerà molto al cinico Moreno, il personaggio interpretato da
Marco Giallini; e ancora, Daniela Virgilio
(Romanzo criminale – La serie, Tapirulàn,
Third person) nei panni di Daniela Colagi, influente
vedova di un personaggio di spicco della politica di quegli anni, e
Claudio Corinaldesi (Per Elisa,
Smetto quando voglio – Reloaded, Vostro Onore,
Bang Bang Baby) in quelli di Nunzio Petrucci, capo della
milizia squadrista e braccio destro di Junio Valerio Borghese.
Non ci resta che il
crimine – La serie è scritta da Massimiliano Bruno,
Andrea Bassi, Gianluca Bernardini, Herbert Simone Paragnani.
A
spasso nel tempo fra il 1970 e i giorni nostri, con l’unica regola
di non toccare il passato per non cambiare il presente. E invece,
anche questa volta, i protagonisti della nuova serie Sky
OriginalNon ci resta che il crimine – La seriesi ritrovano a dover sistemare la
situazione per far in modo che il nostro 2023 rimanga come lo
conosciamo.Da domani disponibiliin
esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW, i due nuovi episodi (terzo e quarto) della
serie Sky Original.
Gianfranco (Massimiliano Bruno) li aveva
avvertiti: l’unica cosa da non fare era cambiare il passato. Ora,
per rimettere le cose a posto Giuseppe (Gian Marco Tognazzi),
Moreno (Marco
Giallini) e Claudio (Giampaolo Morelli) sono costretti
a tornare di nuovo nel 1970 e cercare di sventare il Golpe
Borghese. Claudio, conquistando il cuore di una ricca e
affascinante vedova, si infiltra fra i golpisti e diventa beniamino
del gruppo. Mentre nel presente Gianfranco è stato rapito dagli
agenti governativi e deve riuscire a liberarsi per raggiungere gli
altri nel ‘70.
Una
produzione Sky Studios e Italian International Film prodotta da
Fulvio, Federica e Paola Lucisano, la serie vedrà tornare i
protagonisti della trilogia
Marco Giallini, Gian Marco Tognazzi, Giampaolo
Morelli e Massimiliano Bruno, quest’ultimo di nuovo dietro la
macchina da presa stavolta affiancato da Alessio Maria
Federici. A loro si aggiunge, fra gli altri, Maurizio
Lastrico con un ruolo del tutto nuovo, quello di Duccio Casati,
ricco borghese dalle idee progressiste che ha preso a cuore la
causa dei ragazzi del movimento studentesco.
Dopo il viaggio cinematografico indietro nel
tempo fino agli anni ‘80, in cui a Roma prosperava la Banda della
Magliana, e poi quello nell’Italia fascista degli anni ‘40, la
nuova serie Sky Original inizia subito dopo gli eventi dell’ultimo
film e trasporterà l’affiatatissima banda di protagonisti negli
anni ’70, fra gli ambienti della sinistra giovanile e delle
contestazioni studentesche e quelli della destra eversiva del Golpe
Borghese.
Accanto a Giallini, Morelli, Tognazzi, Bruno e
Lastrico, nel cast anche Liliana Fiorelli (Bentornato Presidente!,
L’avvocato Malinconico, Siccità, I migliori giorni) nei panni di
Marisa, l’assistente di Gianfranco; Grace Ambrose (Il primo Natale,
Compromessi sposi, Il paradiso delle signore) in quelli di Linda
Valori, la madre di Giuseppe nel passato; Kabir Tavani (Ricchi di
fantasia, Il nostro generale, Puck) che interpreta Sergio Brana,
giovane membro del collettivo comunista che ospiterà i protagonisti
nel 1970; Sara Baccarini (La cena perfetta, Beata Ignoranza, I
migliori giorni), che nella serie sarà Matilde, anche lei membro
del collettivo comunista che si avvicinerà molto al cinico Moreno,
il personaggio interpretato da Marco Giallini; e ancora, Daniela
Virgilio (Romanzo criminale – La serie, Tapirulàn, Third person)
nei panni di Daniela Colagi, influente vedova di un personaggio di
spicco della politica di quegli anni, e Claudio Corinaldesi (Per
Elisa, Smetto quando voglio – Reloaded, Vostro Onore, Bang Bang
Baby) in quelli di Nunzio Petrucci, capo della milizia squadrista e
braccio destro di Junio Valerio Borghese.
La trama del terzo episodio Non ci
resta che il crimine – La serie
Per rimettere le cose a
posto i nostri sono costretti a tornare di nuovo nel 1970 per far
sì che il Golpe Borghese venga sventato, in modo da rimettere a
posto l’asse temporale.
La trama del quarto episodio Non
ci resta che il crimine – La serie
Mentre nel presente
Gianfranco è stato rapito dagli agenti governativi, nel 1970 ha
inizio il piano per sventare il Golpe Borghese. I nostri decidono
quindi di infiltrarsi nei gruppi dell’estrema destra eversiva.
Claudio, complice il flirt con una ricca e affascinante vedova,
diventa presto il beniamino dei golpisti, mentre gli altri cercano
di portare avanti il piano. Nel frattempo Gianfranco viene
torturato e cerca di fuggire…
Guarda
il trailer ufficiale di Non c’è più
religione, la nuova
divertente commedia di Luca
Miniero con Alessandro
Gassmann, Claudio
Bisio, Angela
Finocchiaro. DAL 7 DICEMBRE AL CINEMA
Sinossi
Il
bambinello del presepe vivente è cresciuto: ha barba e brufoli da
adolescente e nella culla non ci sta proprio. Bisogna trovarne un
altro a tutti i costi!
Una
commedia esilarante sull’Italia di oggi senza figli e che si
arrangia come può, con un lama al posto del bue e tre amici
in lotta fra loro, al posto dei re Magi. Un presepe vivente così
non si vedeva da 2000 anni nella piccola isola di Porto
Buio.
Guarda il trailer ufficiale
di Non c’è campo, il nuovo film
di Federico Moccia con Vanessa
Incontrada, Gian Marco Tognazzi, Corrado Fortuna, Mirko Trovato ed
Eleonora Gaggero che uscirà il prossimo 2 novembre
distribuito da Koch Media.
Non c’è campo, la trama
Laura (Vanessa Incontrada)
è una professoressa di liceo che ha molto a cuore la preparazione
dei suoi allievi, al punto di organizzare per loro una visita
culturale di una settimana ospitati da un artista di fama
internazionale, Gualtiero Martelli (Corrado Fortuna). Per
seguire i ragazzi in gita, Laura lascia a casa il marito Andrea
(Gian Marco Tognazzi) con la figlia Virginia (Eleonora
Gaggero) e parte con una collega, la professoressa Alessandra
(Claudia Potenza).
Eccitati dalla prospettiva della
gita, i giovani alunni, tra cui Francesco (Mirko
Trovato),Flavia (Beatrice
Arnera) e Valentina (Caterina Biasiol),
affrontano il viaggio in pullman pieni di aspettative ma un
imprevisto scombussola i piani: nel piccolo paese
salentino dove vengono accolti… NON C’E’ CAMPO! Un “black out
telematico” che li vede costretti a sopravvivere senza cellulari e
privi di collegamento a internet. La gita in quel borgo bellissimo
della Puglia si trasforma così per i giovani allievi e per le due
professoresse nel peggior incubo possibile. Lo
smartphone diventa così un accessorio inutile,
costringendo ragazzi ed adulti a tornare ad una
comunicazione diretta che porta alla luce imprevedibili
reazioni, segreti inconfessabili e nuovi amori.
In un percorso di riscoperta per
gli adulti e di formazione per i giovani, la gita sarà per tutti un
momento di crescita e di svolta, grazie ad un rapporto senza
filtri…