Home Blog Pagina 1163

Non sposate le mie figlie! recensione del film di Philippe de Chauveron

  non_sposate_le_mie_Figlie_2Claude e Marie Verneuil sono una tranquilla coppia borghese cattolica e conservatrice che ha allevato quattro figlie secondo i principi di tolleranza, integrazione e apertura. Ma il destino li mette a dura prova con tre matrimoni misti con un musulmano, un ebreo e un cinese. Ormai tutte  le loro speranze di assistere ad un tradizionale matrimonio in chiesa vengono riposte sulla figlia minore, che finalmente ha incontrato un cattolico…

non_sposate_le_mie_Figlie_locandinaNon sposate le mie figlie è l’ultimo film di Philippe de Chauveron che scrive una classica commedia basata sugli stereotipi e i conflitti generazionali che da un paio di anni a questa parte sta caratterizzando fortemente le pellicole francesi. Al centro della storia una delle realtà più evidenti, una Parigi multietnica che si scontra sugli stereotipi e si confronta nelle caricature dei personaggi. Questi sono studiati appositamente per entrare in attrito tra di loro e creare così l’atmosfera frizzante per una commedia sui generis. La storia, pur avendo una struttura semplice e lineare, si snoda principalmente su due filoni diversi. Nella prima parte del film assistiamo alla presentazione dei personaggi “chiusi” nella loro cultura e messi alla prova nelle quotidiane “sfide” familiari (il pranzo di famiglia, gli argomenti delicati, le proprie ambizioni) per poi raggiungere un compromesso e lanciare così la seconda parte del film che invece richiama a sé storie del tipo Ti presento i miei, in cui al centro troviamo il classico gioco degli equivoci e dialoghi pungenti. Ma il motore di tutto il film si racchiude nel lavoro che fanno gli attori che possono spaziare dalla mimica ai tempi della battuta rendendo a pieno l’idea dell’autore, ossia, trattare un tema contemporaneo con il massimo del sorriso e l’inevitabile happy ending.

non_sposate_le_mie_Figlie_1Nel cast primeggiano soprattutto i genitori “delle spose”, Christian Clavier (Asterix & Obelix – Missione Cleopatra) e Chantal Lauby, che riescono a trovare una buona verve per restituire la provinciale e borghese visione del mondo in cui vive la coppia. Mentre i tempi migliori sono riservati al trio composto rispettivamente da Ary Abittan (Quasi Amici) Medi Sadoun e Frédéric Chau che soprattutto nelle sequenze della cena di Natale, riescono ad essere incisivi nel caratterizzare il loro personaggio.

Non sposate le mie figlie! è l’ennesima dimostrazione di come il cinema francese sia ormai uscito da un determinato tipo di commedia per abbracciare una logica più “italo-americana”, in cui si gioca sui forti temi nazionali e su determinati tempi di comicità. Il risultato è quindi una piacevole e semplice storia che seppur inverosimile in numerosi passaggi, lascia che sia la risata a conquistarsi la scena.

 
 

Non sposate le mie figlie! da oggi al cinema

Non sposate le mie figlie-filmE’ da oggi al cinema il film campioni d’incassi francese, Non sposate le mie figlie! di Philippe de Chauveron e con protagonisti Christian Clavier, Chantal Lauby, Frédérique Bel, Elodie Fontan, Julia Piaton, Emilie Caen.

Benvenuti nella famiglia Verneuil – 4 matrimoni, 2 facce da funerale – Claude e Marie Verneuil sono una tranquilla coppia borghese cattolica e conservatrice che ha allevato 4 figlie secondo i principi di tolleranza, integrazione e apertura che sono nei geni della cultura francese. Ma il destino li mette a dura prova – non una ma ben 4 volte!

Il primo boccone amaro arriva infatti quando la loro primogenita decide di sposare un musulmano. Ma poi la seconda sceglie un ebreo e la terza un cinese. Ormai tutte  le loro speranze di assistere ad un tradizionale  matrimonio in chiesa vengono riposte sulla figlia minore che finalmente,  grazie al  Cielo, ha incontrato un bravo cattolico…
Il film è un’esclusiva per l’Italia di ITALIAN INTERNATIONAL FILM.


 
 

Non sono un assassino: trama, cast e curiosità sul film

Non sono un assassino film

Regista già di film brillanti come Boom e Ci vediamo domani, il regista Andrea Zaccariello si è cimentato nel 2019 con il suo terzo lungometraggio, stavolta appartenente ad un genere totalmente opposto, quello del thriller. Intitolato Non sono un assassino (qui la recensione), il film ha rappresentato per lui un ritorno alle origini, avendo già dato vita in precedenza a diversi cortometraggi che giocavano con i canoni del giallo, del mistero e della tensione. Allo stesso tempo si è trattato come di un nuovo debutto cinematografico, che lo ha visto mettersi alla prova con un progetto più ambizioso e strutturalmente complesso.

Non sono un assassino è l’adattamento cinematografico dell’omonimo best-seller di Francesco Caringella, grazie al quale Zaccariello ha potuto affrontare una tematica per lui molto importante. All’interno di una vicenda complessa come quella qui raccontata, che intreccia piani temporali diversi tra loro, emerge infatti come la chiave di ogni giustizia risieda non nella legge ma nello spirito più intimo dell’uomo. La vicenda diventa quindi un’investigazione che va al di là del thriller, esplorando il modo in cui l’animo umano si modifica in base alle vicende che gli ruotano attorno e che lo influenzano.

Apprezzato da critica e pubblico, Non sono un assassino è così diventato un altro affascinante caso di thriller italiano, un genere sempre più presente nella produzione cinematografica italiana. Tra buona tensione e un cast di grandi interpreti, è questo un film da non lasciarsi sfuggire. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Non sono un assassino: la trama del film

Protagonista della storia è il vice-questore Francesco Prencipe, che un giorno esce di casa per raggiungere il suo migliore amico, il giudice Giovanni Mastropaolo. I due non si vedono da quasi due anni, ma per incontrare dopo tutto questo tempo il suo caro amico, Andrea percorre due ore di macchina per un colloquio di poche parole. Due ore per una domanda e una risposta. Quella stessa mattina, però, il giudice viene trovato morto, freddato da un colpo di pistola alla testa. Francesco è l’ultimo ad averlo visto. Solo sue le impronte nella casa. Solo suo il tempo per uccidere.

A interrogarlo e accusarlo vi è la PM Paola Maralfa, che conosce il suo passato, mentre a difenderlo vi l’avvocato Giorgio, amico di una vita. L’unica cosa che Francesco sembra poter rivelare del suo incontro con Giovanni solo il fatto che questi gli aveva chiesto un parere da lui su un uomo politico che voleva arrestare, ma di cui Francesco non sa il nome. Nell’attesa che lo separa dal processo, le immagini del passato di Francesco si accavallano incoerenti nel disperato tentativo di arrivare al vero assassino. E alla verità di una vita intera.

Non sono un assassino cast

Non sono un assassino: il cast del film

Ad interpretare il ruolo del misterioso Francesco Prencipe vi è l’attore Riccardo Scamarcio, già distintosi in titoli di genere come Il testimone invisibile, Pericle il nero e Lo spietato, egli si è dichiarato particolarmente affascinato dall’ambiguità del personaggio ma anche dalla storia in sé, la quale si presenta come un racconto che, in fin dei conti, non parla che di amicizia. Per costruire il suo Francesco, Scamarcio si è concentrato su pochi elementi essenziali, lavorando in sottrazione per rendere quanto più misterioso possibile il personaggio. Accanto a lui, nel ruolo del giudice Giovanni Mastropaolo vi è invece l’attore Alessio Boni. Per lui per interpretare il ruolo è stato necessario sottoporsi ad ore di trucco e sfoggiare un convincente accento pugliese.

L’attrice Claudia Gerini interpreta la PM Paola Maralfa, personaggio sicuro di sé che l’interprete ha caratterizzato con una voce bassa e roca. Come Scamarcio, anche la Gerini si è detta attratta dalla complessità della storia, motivo per il quale ha accettato di recitare nel film. L’attore Edoardo Pesce, consacratosi grazie al ruolo di Simoncino in Dogman, interpreta invece l’avvocato Giorgio, uomo fragile e insicuro. Nel cast vi sono poi anche Barbara Ronchi nel ruolo di Vittoria e Sarah Felberbaum in quelli di Beatrice. Caterina Shulha è Katherine, mentre Silvia D’Amico ricopre il ruolo di Alice.

Non sono un assassino: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Non sono un assassino è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili, Apple iTunes, Tim Vision, Netflix e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di venerdì 24 settembre alle ore 21:20 sul canale Rai 3.

Fonte: IMDb

 
 

Non sono un assassino: recensione del film con Riccardo Scamarcio

Non sono un assassino

Non sono un assassino non è il classico film che cerca di trattare una tematica processuale oppure di mostrare una lista di intersecati eventi e parlare del tema della giustizia. In questo film è l’investigazione la reale protagonista, figlia di sospetti e sotterfugi che sembra guardare oltre, andando al di là della convezione da thriller, cercando di scavare nel fondo dell’animo umano, delle sue modificazioni, delle sue condotte e dei suoi punti di non ritorno, opponendosi alla purezza.

Non sono un assassino è proprio questo, il capire come l’ego di una persona sia capace di disegnare un uomo perfetto, affascinante e ricco di qualità solo all’apparenza, per poi scoprire che non fa che rivelare di essere l’opposto di quello che realmente è, un uomo perso nei suoi vorticosi meccanismi, capace di salvaguardare se stesso e le proprie apparenze, meno capace di farlo con chi gli vuole davvero bene: un bene che Francesco Prencipe (interpretato da Riccardo Scamarcio) non ha nemmeno nei confronti di se stesso.

Perché Prencipe è un inattaccabile vice questore che risulta essere l’unico indagato e l’unico responsabile dell’omicidio del giudice e amico Giovanni Mastropaolo (Alessio Boni), incontrato la mattina della morte di quest’ultimo e risultando l’ultima persona ad averlo visto vivo. Ogni indizio ritiene Francesco responsabile dell’omicidio e di questo viene accusato dalla PM (Claudia Gerini) che conosce il suo passato e che si trova a sostenere l’accusa che viene respinta e contrattaccata dall’avvocato e amico dell’imputato Giorgio (Edoardo Pesce).

Il film di Andrea Zaccariello, che è anche co-sceneggiatore del film insieme a Paolo Rossi, ha cercato di mettere per immagini il diario interiore del protagonista del film descritto nell’omonimo libro di Francesco Caringella, diventando per lo più una lezione di montaggio attuata da Massimo Quaglia. Infatti, è grazie a questo, all’alternarsi dei numerosi flashback e salti temporali, che è stato possibile raccontare la vita del protagonista, del legame che lo univa con Giovanni e che sembra unirlo ancora con Giorgio, spaziando dall’adolescenza agli anni della gioventù, da quando avevano trent’anni fino ai cinquanta. Tre amici per la vita con ognuno le proprie scelte che ne determinano il presente e che ne hanno determinato le proprie ombre.

Non sono un assassino aveva tutte le carte in regola per poter diventare un ottimo giallo d’introspezione, salvo risultarlo solo per metà e rinunciare a quel possibile poker d’assi calato sul tavolo. Se la trama funziona, così come i suoi intrecci, sono i suoi personaggi a risultare quasi fin troppo esasperati e snaturati, dando l’apparenza di non far più parte di un thriller melò, ma di un giallo che strizza involontariamente l’occhio alla comedy, andando oltre quello su cui ci si dovrebbe focalizzare: i sogni di tre uomini che, facendo il giro di boa delle loro vite, si accorgono di aver vissuto in sogni che non rimasti altro che quello.

 
 

Non sono quello che sono: al via le riprese del nuovo film di Edoardo Leo

Non sono quello che sono film 2022

Ambientata nei primi anni 2000, una storia senza tempo in cui il bene e il male si mescolano in un vortice di inganni, tradimenti e folle gelosia. Alla sua sesta regia, Edoardo Leo torna sul set con Non sono quello che sono, film drammatico di cui è anche autore e protagonista. Nel cast Antonia TruppoJavad MoraqibAmbrosia CaldarelliMatteo OlivettiMichael Schermi. La fotografia del film è di Marco Bassano, la scenografia di Veronica Rosafio, i costumi di Elena Minesso e il montaggio di Consuelo Catucci. Le riprese dureranno sei settimane e si svolgeranno tra Roma e il litorale laziale.

Prodotto da Fulvio Federica Lucisano per Italian International FilmMatteo Rovere e Sydney Sibilia per Groenlandia e Vision DistributionNon sono quello che sono sarà distribuito da Vision Distribution.

 
 

Non solo Tiger King: 5 docu-serie da recuperare su Netflix

In questi giorni di lockdown e di quarantena obbligatoria, molte persone hanno usufruito di Netflix anche per cercare di far trascorrere più velocemente le loro giornate di reclusione. La piattaforma di streaming gode da sempre di una comprovata popolarità, ma in questi mesi la sua fruizione è cresciuta in maniera a dir poco esponenziale.

Tra le docu-serie che hanno riscosso maggiore successo in queste settimane, figura ovviamente Tiger King, che narra le vicende Joe Exotic, criminale statunitense ed ex operatore di zoo, accusato di abuso e sfruttamento di animali esotici e selvatici. Se siete tra i milioni di utenti che si sono appassionati allo show, di seguito vi consigliamo altre 5 docu-serie disponibili su Netflix che trattano di crimini realmente accaduti e di personalità le cui storie superano di gran lunga qualsiasi finzione:

Making a Murderer

Se siete dei veri appassionati di crime, non potete assolutamente perdervi Making a Murderer, il Tiker King della stagione televisiva targata 2015. La docu-serie racconta le vicende del serial killer Steven Avery e di come la sua famiglia abbia affrontato i due processi penali che lo hanno visto coinvolto. La serie è stata un grande successo: Netflix aveva inizialmente pianificato una sola stagione da otto episodi, che sono poi stati espansi a dieci, prima della conferma di un secondo ciclo composto da altre dieci puntate. Making a Murderer è stata accolta positivamente anche dalla critica, nonostante alcuni abbiano accusato il prodotto di presentare una visione unilaterale ed emotivamente manipolativa dei fatti.

The Keepers

The Keepers è una docu-serie in soli 7 episodi, ognuno ricco di dettagli angoscianti e domande intriganti, che racconta la storia dell’omicidio della suora ed insegnante Catherine Cesnik e degli abusi sessuali avvenuti nella scuola in cui insegnava. La docu-serie copre un arco narrativo che va dagli anni ’60 fino ai giorni nostri, risultando sempre avvincente e mai confusionaria. La critica l’ha elogiata definendola tanto sconvolgente quanto coinvolgente.  

Giù le mani dai gatti – Caccia a un killer online

Oltre docu-serie che, al pari di Tiger King, è divenuta un vero e proprio caso negli Stati Uniti: Giù le mani dai gatti – Caccia a un killer online è arrivata su Netflix lo scorso anno, ed è lo show perfetto se avete voglia di fare bingestreaming, dal momento che conta soltanto 3 episodi. La serie segue un gruppo di criminali informatici che danno vita, sul web, ad una vera e propria una caccia all’uomo nei confronti di Luka Magnotta, balzato all’attenzione internazionale nel 2010 per aver condiviso un video in cui lo si vede uccidere due gattini; Magnotta è stato successivamente condannato per l’omicidio dello studente cinese Jun Jun.

Amanda Knox

Amanda Knox è un docu-film di 90 minuti che ripercorre la storia della ragazza di Seattle processata per due volte e assolta per altre due volte per l’omicido di Meredith Kercher avvenuto nel 2007. Attraverso le testimonianze della stessa Knox, del suo ex fidanzato Raffaele Sollecito, del procuratore italiano Giuliano Mignini e di altre figure coinvolte nel caso, il documentario racconta, oltre all’omicidio di Meredith, ex coinquilina di Amanda, anche le successive indagini, ricostruendo prove ed appelli. Amanda è innocente o colpevole?

Conversazioni con un killer: The Ted Bundy Tapes

Ted Bundy è uno dei serial killer più famosi della storia americana e Conversazioni con un killer: The Ted Bundy Tapes ne racconta la personalità distorta, ripercorrendone le gesta efferate. Il documentario contiene interviste allo stesso Bundy, alle vittime sopravvissute ai suoi attacchi, ai familiari, agli amici e anche alle forze dell’ordine; il tutto alternato con filmati d’archivio di quando il killer era ancora in vita e sotto processo. 

Fonte: ScreenRant

 
 

Non solo Pinocchio: i migliori film in stop-motion prodotti fino ad oggi

Stop-motion approfondimento

Guillermo del Toro, grazie al lungometraggio di Pinocchio realizzato con la stop-motion, ha riportato sul grande schermo una tecnica tanto spettacolare quanto particolare che, nel tempo, ha contribuito alla realizzazione di grandi capolavori della storia del cinema. Produrre una pellicola usando la stop-motion richiede dedizione e passione, ed estrema meticolosità. La capacità della tecnica di restituire incanto e magia si deve sposare appieno con l’aspetto ruvido e realistico che molto spesso appartiene ai film realizzati a passo uno.

È invece indispensabile che si colga il suo essere una forma d’arte, oltre che un vero e proprio prodotto d’artigianato fatto da mani sapienti ed esperte. Gli operatori che si occupano della stop-motion sono consapevoli che la realizzazione di una pellicola improntata su questa tecnica è molto impegnativa e richiede una precisione estrema, la meraviglia trasmessa deve essere contemporaneamente credibile e realistica.

La tecnica della stop-motion mette in grado gli animatori di dare vita, con espressioni e movimenti, a oggetti reali e inanimati, che, a fine processo, prendono vita. Per replicare il movimento di pupazzi e burattini, questi vengono fotografati 24 volte in un secondo, ogni volta in una posizione diversa e progressiva, così da replicare un movimento il più realistico e fluido possibile. Ma come nasce questa tecnica? E quali sono i film d’animazione più belli realizzati sino ad oggi, oltre il Pinocchio di Del Toro?

Méliès, la stop-motion nel primo cinema

La tecnica della stop-motion si è sviluppata nello stesso periodo della nascita del cinema con i fratelli Lumière, grazie a un film realizzato fra il 1897 e il 1898 da J. Stuart Blackton e Albert E. Smith intitolato The Humpty Dumpty Circus. Nonostante del prodotto non siano rimaste tracce, sembra che i registi per realizzarlo fecero uso di bambole della figlia per riprodurre acrobati e animali in movimento. La tecnica si diffuse però a partire dal 1900, quando artisti del calibro di George Méliès, cominciarono a usarla nella creazione dei loro trucchi. È passato infatti alla storia, l’uso della stop-motion in capolavori del cinema quali Le Voyage Dans La Lune.

Sviluppandosi principalmente nell’industria europea, con la collaborazione di visionari queli il citato Méliès e il russo naturalizzato francese Ladislas Starevich (nato Władysław), la stop-motion raggiunge Hollywood con il lavoro di Ray Harryhausen. Da Gli Argonauti a oggi, l’animazione a passo uno ha fatto grandi progressi, differenziandosi per tecniche e rese visive.

Tipologie di stop-motion

Nelle pellicole d’animazione i registi scelgono quale fra le tipologie stop-motion disponibili più si confà al loro stile. La scelta dipende da fattori artistici e produttivi, ai quali si adegua lo stile e la visione del regista coinvolto. Una delle più usate è quella della Puppet Animation, con cui Guillermo del Toro ha realizzato il suo Pinocchio. Si tratta di pupazzi, modellini e marionette che vengono posizionati in una scenografia in miniatura e poi ripresi nei loro micromovimenti. Sempre a dei pupazzi animati, ma fatti di plastilina, si affida la Claymation, molto utilizzata nello studio d’animazione inglese Aardman Animations e che si ritrova in film come Galline in fuga o Giù per il tubo.

Altra tipologia è la Pixilation, non frequentissima, in cui il soggetto dell’animazione è un attore dal vivo. Questa è utilizzata spesso nei video clip musicali. C’è poi la Object Animation, dove in questo caso i soggetti animati sono oggetti che non hanno fattezze umane o animali: un esempio usano questa tecnica i Brickfilm, realizzati con i mattoncini LEGO. Ancora, un’altra tecnica, usata principalmente agli albori dell’animazione, prende il nome di Cutout animation in cui i personaggi prendono vita grazie a pezzi di carta ritagliati. E per finire la Model Animation in cui vengono animati dei modellini dentro lungometraggi live-action che hanno come scopo quello di inserire creature fantastiche nel profilmico reale. Di seguito, i film più belli realizzati con le diverse tecniche stop-motion citate, in particolare con la Puppet Animation e la Claymation.

La storia di Lumetto

Il film è una delle pellicole in stop-motion diventate fra le più famose. In inglese si chiama Rudolph the Red-Nosed Reindeer, ed è stato prodotto da Rankin/Bass con la regia di Larry Roemer e mandato in onda per la prima volta negli Stati Uniti il 6 dicembre del 1964, sulla NBC. Il personaggio da cui si è tratto ispirazione, per l’appunto Rudolph, fu creato da Robert L. May nel 1939. La pellicola è considerata uno degli speciali natalizi di maggior successo, e dal suo esordio il canale statunitense non ha mai smesso di trasmetterla ad ogni stagione natalizia. La tecnica stop-motion qui usata prende il nome di Animagic, un lavoro molto preciso fatto con dei pupazzi di legno e feltro. Le animazioni furono realizzate dallo studio MOM Productions in Giappone con la supervisione di Tadahito Mochinaga. L’impegno che fu messo nel produrlo si evince dal fatto che per girare una mezz’ora di film, gli operatori impiegarono 18 mesi. In Italia La storia di Lumetto è approdata su Rai 1 il 25 dicembre del 1965, circa un anno dopo.

The Nightmare Before Christmas

Un classico senza tempo che porta il marchio Tim Burton. The Nightmare Before Christmas si può considerare, senza ombra di dubbio, la pellicola d’animazione cult nella categoria della stop-motion. Seppur il film si porti dietro la polemica nata sulla questione di chi fosse realmente il regista, che è bene specificare essere Henry Selick, la storia di Jack Skeletron ha fatto breccia nel cuore di chiunque si sia lasciato trasportare nel suo mondo fatto di contrasti, di chiaroscuri, di luci e ombre, di orrore e felicità, ma soprattutto di rinascita. The Nightmare Before Christmas, oltre a vantare una suggestiva colonna sonora la cui canzone This is Halloween è oramai iconica, è stato il primo lungometraggio d’animazione a essere nominato agli Oscar per i migliori effetti speciali.

Galline in fuga

Fra i più grandi successi della DreamWorks spicca Galline in fuga, la pellicola in stop-motion che alla sua uscita ebbe un risultato enorme al botteghino, riscuotendo più di 224 milioni di dollari. È infatti considerato il film usante tale tecnica che ha incassato di più nella storia del genere. Galline in fuga ha avuto in cabina di regia Peter Lord e Nick Park, la cui sceneggiatura scritta da Karey Kirkpatrick è basata su una storia originale dei due registi. Il lungometraggio è pregno di umorismo slapstick, rendendolo oltre che scorrevole e frizzante, decisamente brillante. È stato molto apprezzato poi per le tematiche di cui si fa carico e che spaziano dal femminismo, al marxismo e, addirittura, al fascismo.

La sposa cadavere

La sposa cadavere è la prima vera pellicola in stop-motion diretta da Tim Burton insieme a Mike Johnson e distribuita dalla Warner Bros. Il film si inserisce all’interno del genere dark fantasy, con una storia il cui setting suggestivo è caratterizzato dall’atmosfera gotica dell’epoca vittoriana in Inghilterra. La trama si è sviluppata basandosi su un racconto popolare ebraico del XVII secolo, presentato a Burton da Ranft mentre The Nightmare Before Christmas era nelle ultime fasi della sua produzione.

Le scenografie evocative, i personaggi curati con meticolosità, la combinazione di colori tetri e vividi, l’intreccio fra vita, amore e morte, costituiscono i punti cardini di una storia pregna dei tratti tipici burtoniani, risaltandone la macabra ma meravigliosa bellezza. Il lungometraggio ha avuto un incredibile successo al botteghino, incassando 118,1 milioni di dollari. La sposa cadavere si è guadagnata una candidatura alla 78ª edizione degli Academy Awards per il miglior film d’animazione, ha vinto il National Board of Review per il miglior film d’animazione e nel 2006 anche l’Annie Awards Ub Iwerks Award for Technical Achievement.

Coraline

Se con Nightmare Before Christmas Henry Selick è stato messo un po’ in ombra a causa della fama di Tim Burton, con Coraline il regista ha avuto modo di riscattarsi, realizzando una pellicola in stop-motion dai toni horror dark fantasy nel 2009. Il film è un adattamento animato dell’omonima novella di Neil Gaiman, amante del lavoro che Selick aveva svolto proprio con il lungometraggio burtoniano. Coraline è stato il primo film dello studio Laika, il cui successo al botteghino l’ha posizionato al terzo posto fra quelli utilizzanti lo stop-motion che hanno incassato maggiormente.

L’estetica del film predilige un’atmosfera dai toni inquietanti, la cui venatura spettrale è piena di sentimento. Coraline può vantare una serie di vittorie agli Annie Awards: Migliore musica in un lungometraggio d’animazione, il Miglior design dei personaggi in un lungometraggio d’animazione e il Miglior design di produzione in un lungometraggio d’animazione, con una nomination agli Oscar nella categoria Miglior film d’animazione.

La casa del lupo

Una pellicola in stop-motion riuscita a riscuotere successo è La casa del lupo, realizzata da Cristobal León e Joaquín Cociña e rientrante nel genere horror. Alla sua uscita, la critica al film fu sorprendente: la sua bellezza inquietante era riuscita a generare orrore e macabra suggestione, tanto da essere definito dal New York Times “sorprende, con incredibile forza, in ognuno dei suoi 75 minuti.” La trama attinge dalla vera storia della Colonia Dignidad, colonia diventata famosa per essere stata luogo di attività criminali e abusi sui minori. La casa del lupo è stato presentato in anteprima mondiale al 68esimo Festival Internazionale del cinema di Berlino.

 
 

Non solo Parasite: le 10 peggiori famiglie del cinema

parasite recensione

La corsa agli Oscar 2020 è più infiammata che mai quest’anno, soprattutto se si considera che il premio al miglior film potrebbe essere assegnato all’acclamato thriller sudcoreano Parasite. Il capolavoro del regista Bong Joon-ho racconta la storia di una famiglia che fa di tutto per riscattarsi da una condizione di estrema povertà e provare così ad avere una vita migliore.

La dubbia moralità della famiglia al centro della storia è sicuramente tra le più memorabili mai raccontate sul grande schermo. Ecco di seguito le 10 peggiori famiglie mai apparse sul grande schermo che, nonostante i loro discutibili comportamenti, sono comunque riuscite a conquistare il nostro cuore: 

1Gli Skywalker (Star Wars)

Quando il primo Star Wars uscì nelle sale, il nome Skywalker venne suvbito associato ai concetti di bene e di eroismo. Oggi, quel cognome si è fatto carico di molte più sfaccettature. A partire da Anakin Skywalker, promettente Jedi che passò al Lato Oscuro della Forza, uccise innumerevoli persone e assunse l’identità di Darth Vader.

Luke Skywalker è riuscito almeno a non lasciarsi tentare dal Lato Oscuro, ma non per questo ha avuto meno problemi da affrontare. Ha baciato sua sorella per ben due volte in un modo decisamente non fraterno; inoltre, ha pensato di uccidere suo nipote Ben, che decise di seguire le orme di suo nonno Anakin passando al Lato Oscuro e uccidendo suo padre.

Fonte: ScreenRant

Successivo

Non solo Joker: 10 tragici villain DC che meritano un film

Joker di Todd Phillips potrà anche essere basato sul Clown Principe del Crimine della DC Comics, ma è innegabile quanto il film presenti una versione del tragico personaggio assai diverse rispetto ai fumetti. Eppure, Joker non è l’unico criminale della DC ad avere tutte le carte in regola per essere il protagonista di uno stand-alone.

L’approccio adottato da Phillips con il cinecomic candidato a ben 11 premi Oscar potrebbe essere d’ispirazione per altri film basati su altri celebri villain della DC. Ecco di seguito 10 tragici villain DC che meriterebbero di approdare sul grande schermo grazie ad un film in solitaria:

1Mr. Freeze

I fan della serie animata su Batman degli anni ’90 hanno già avuto modo di vedere la migliore trasposizione possibile delle tragiche origini di Mr. Freeze, ma si tratta di una storia che siamo certi tutti vorrebbero ancora vedere in uno stand-alone in stile Joker. Arnold Schwarzenegger ha dato vita ad una versione abbastanza discutibile del personaggio in Batman & Robin, e sappiamo tutti che la storia di Mr. Freeze merita di meglio.

Mentre nella serie animata è stata introdotta Nora Fries, la moglie congelata criogenicamente di Mr. Freeze, e abbiamo così scoperto le ragioni dietro le sue azioni criminali, la linea “The New 52” ha dato alla storia una svolta più oscura, rivelando che Nora era già congelata ancora prima della nascita di Mr. Freeze, che si era invece infatuato di lei dopo anni di studio.

Fonte: ScreenRant

Successivo

Non solo Electro: 10 personaggi pre-MCU che vorremmo rivedere

L’eccitante notizia che l’Electro di Jamie Foxx apparso in The Amazing Spider-Man 2 apparirà nel prossimo film dedicato a Spider-Man e collegato al MCU ha generato una serie di onde d’urto in tutto il fandom. Al momento pochi dettagli sul ritorno di Electro sono stati rivelati, ma la sua presenza nel film sembra suggerire la possibilità di un Multiverso che andrà poi a caratterizzare le successive Fasi del franchise, qualcosa già già anticipato nel titolo ufficiale del sequel di Doctor Strange. Electro apre quindi la porta al possibile ritorno di altri personaggi di altri franchise Marvel. Dopotutto, J.K. Simmons nei panni di J. Jonah Jameson è già tornato in Spider-Man: Far From Home, quindi nulla – in teoria – impedisce il ritorno nel MCU anche di altri personaggi agli altri. Screen Rant ha raccolto 10 personaggi Marvel che probabilmente molti fan vorrebbero vedere tornare nel MCU:

1Wolverine (Il franchise di X-Men)

L’unico personaggio che i fan hanno voluto vedere nel MCU fin dai primi sussurri dell’acquisizione della Fox è certamente Wolverine. Hugh Jackman è Logan e sebbene si sia effettivamente ritirato dal ruolo, ha suggerito che sarebbe tornato per avere la possibilità di collaborare con i Vendicatori. Fortunatamente, c’è un modello già pronto se il MCU volesse farlo.

Anche se è probabile che il Wolverine del MCU sarà un nuovo attore, sarebbe un regalo appropriato per i fan vedere Jackman consegnare la torcia e gli artigli a chiunque prenderà il suo posto. Anche una breve apparizione di Jackman che sfoggia per l’ultima volta gli artigli di adamantio sarebbe più che sufficiente per i fan.

Successivo

Non solo Black Widow: 10 personaggi del MCU che meritano un film prequel

Black Widow non è un propriamente un film sulle origini di Natasha Romanoff, nonostante racconti finalmente cosa sia accaduto all’ex spia durante gli anni trascorsi sotto il dominio della Stanza Rossa. A voler essere precisi, infatti, si tratta di un prequel ambientato tra gli eventi di Civil War e Infinity War. Dunque, la domanda sorge spontanea: ci sono altri personaggi del MCU che meriterebbero un film prequel – non necessariamente una origin story – ambientato prima dell’attuale continuity? Screen Rant ha provato a buttare giù 10 ipotesi:

1Isaiah Bradley

In The Falcon and the Winter Soldier, è stato rivelato che durante la guerra di Corea, il governo degli Stati Uniti ha dato il Siero del super soldato a Isaiah Bradley, che ha poi trascorso il resto della sua vita affrontando discriminazione, incarcerazione e sperimentazione prima di ottenere, finalmente, il riconoscimento che meritava alla fine della serie.

Nella serie, menziona eventi come salvare la sua unità da un campo di prigionia e combattere contro il Soldato d’Inverno, che all’epoca era ancora sotto il controllo dell’Hydra. Isaiah Bradley merita un film prequel che esplori l’eroismo e le avversità che ha dovuto affrontare.

Successivo

Non siamo soli: il thriller con Maika Monroe da domani su Paramount+

Non siamo soli film 2022

Il nuovo film thriller originale Paramount+ Non siamo soli(titolo originale SIGNIFICANT OTHER) presentato in anteprima mondiale al New York Comic Con 2022, sarà disponibile sul servizio di streaming In Italia da sabato 8 ottobre. Prodotto da Paramount+ in associazione con l’etichetta Players di Paramount Pictures, NON SIAMO SOLI segue una giovane coppia, Harry (Jake Lacy, “White Lotus“) e Ruth (Maika Monroe, “It Follows“), che intraprende un viaggio con zaino in spalla attraverso il Nord-ovest Pacifico, ma le cose prendono una piega oscura quando si rendono conto che potrebbero non essere soli.

La prima mondiale di NON SIAMO SOLI si è tenuta giovedì 6 ottobre al Comic Con 2022 presso il Javits Convention Center, a New York. Dopo la proiezione, il cast e i registi Dan Berk and Robert Olsen hanno parlato della realizzazione di questo emozionante thriller. Prodotto dalla label Players di Paramount Pictures, NON SIAMO SOLI è scritto e diretto da Dan Berk e Robert Olsen. Il film è prodotto da Dan Kagan e prodotto esecutivamente da Dan Berk, Robert Olsen, Maika Monroe e Kevin Sullivan.

Il trailer di Non siamo soli

 
 

Non siamo più vivi (All of Us Are Dead), recensione della serie tv coreana Netflix

Non siamo più vivi (All of Us Are Dead)

Non siamo più vivi è la serie più bingeable attualmente disponibile su Netflix: con le sue 12 ore di minutaggio totale, ogni episodio è un viaggio indimenticabile nelle pieghe di un sottogenere ormai rivitalizzato, non senza un buon quantitativo di emotività risonante. Nel cast Park Ji-hu, Yoon Chan-young, Cho Yi-hyun, Lomon, Yoo In-soo, Lee Yoo-mi, Kim Byung-chul, Lee Kyu-hyung, e Jeon Bae-soo.

Non siamo più vivi: lo slancio che lo zombie-movie necessitava

Probabilmente l’evento apocalittico a cui stiamo tutti collettivamente sopravvivendo ha dato la necessaria iniezione di adrenalina di cui lo zombie-movie aveva avuto bisogno per oltre un decennio; prima che arrivasse Train to Busan, l’ultima volta che il genere zombie è stato testimone di una tale revisione è stato quando Edgar Wright ha suggerito che poteva essere divertente. Non siamo più vivi (All of Us Are Dead) non è la serie che porterà il genere al livello successo, ma costituisce sicuramente un tassello significativo in termini di grande risonanza conferita a un sottogenere amato ma, a tratti, dimenticato.

Durante i primi quattro episodi la serie gioca, in gran parte, secondo le regole tipiche del sottogenere, o così ci fa pensare, fino al quinto episodio, che realmente apporta modifiche sostanziali alla narrazione: ecco che Non siamo più vivi (All of Us Are Dead) prende la spinta necessaria per fornirci una rappresentazione spaventosamente credibile della pandemia di coronavirus, migliorando ulteriormente una materia filmica dalle grandi premesse. Eravate già investiti, ora allacciate le cinture che siamo in dirittura d’arrivo, sembra suggerirci lo show.

La serie mostra particolare focus narrativo sulle disuguaglianze sociali che sono state ulteriormente esposte dalla pandemia e, allo stesso tempo, offre un forte commento sulla tossicità dell’esperienza adolescenziale. È, dopo tutto, ambientato all’interno del più darwiniano di tutti i campi da gioco, e il più gelido di tutti gli ingranaggi sociali: la scuola superiore. È, sostanzialmente, uno show costantemente avvincente e immediatamente bingeable che si attiene al programma e prosegue poi accumulando punti bonus anche per le attività extracurricolari.

all of us are dead netflix

Non siamo più vivi: un mix perfetto di azione ed emotività

Ciò che distingue veramente Non siamo più vivi (All of Us Are Dead) da altri prodotti sui generis sono i protagonisti della serie: l’eterogeneo equipaggio di sopravvissuti non sono i classici personaggi armati di pistola, che brandiscono il machete e sono esperti ad uccidere gli zombie, ma comuni adolescenti che devono letteralmente afferrare l’oggetto più vicino a loro e ricavarne frettolosamente un’arma. Partendo proprio dalle scelte di cast, la serie si allontana enormemente dal percorso tradizionale che prevede di mantenere un’ambientazione da apocalisse zombie comicamente caotica; al contrario, i registi Lee JQ e Kim Nam-su non evitano di affrontare il peso emotivo che la morte e il caos portano con sé.

Viviamo il dolore paralizzante della perdita reiterata di amici, compagni di classe e insegnanti, messo in primo piano dalla scrittura affilata dello sceneggiatore Chun Sung-Il, che caratterizza attentamente questi adolescenti, perno di un racconto in cui il body horror ha una deriva emotiva, intrinsecamente connessa con le trasformazioni che il passaggio adolescenziale porta con sé. Il miglior esempio di questo si vede quando entriamo nell’analisi della zombificazione o “trasformazione” degli umani: un’inquadratura solitamente riservata a soddisfare la percentuale di orrore è capovolta per giocare con lo struggimento emotivo; al posto di una trasformazione affrettata siamo di fronte a un processo prolungato, in cui l’orrore deriva dallo zombie ormai morto che si riconcilia con la perdita della sua umanità, spesso proprio di fronte ai suoi compagni di classe.

La narrazione stratificata non va comunque mai a sovrastare sequenze d’azione ad alto tasso adrenalinico, jump scares e VFX gore ben eseguiti. Portando a compimento la promessa fatta allo spettatore già dal titolo, anche dal punto di vista tecnico viene rimarcata la desolazione che l’apocalisse zombie porta con sé: quella che inizia come una scuola illuminata da colori vivaci, alla fine si trasforma in un luogo nauseante e tedioso, con la saturazione dei colori che va riducendosi, man mano che il virus si diffonde.

In definitiva, in un genere che brulica del bisogno imperituro da parte di Hollywood di fornire il perfetto racconto post-apocalittico su un assassino zombie tipicamente monolitico, la Corea del Sud ha coraggiosamente proposto una storia di sopravvivenza. Oscillando tra vivi e non morti, lo show vive del messaggio che trasmette: la resistenza non significa sempre forza, a volte nasce da ripetuti atti di gentilezza.

 
 

Non si sevizia un paperino: trama, cast e curiosità sul film di Lucio Fulci

Non si sevizia un paperino film

Il regista Lucio Fulci è unanimemente considerato uno dei grandi maestri del cinema di genere italiano, avendo affrontato nel corso della sua carriera ogni tipologia di racconto, dal comico al horror. Particolarmente celebri sono però i suoi film gialli, tra cui spicca quello che è ancora oggi considerato il suo capolavoro: Non si sevizia un paperino. Uscito nel 1972, questo divenne da subito un caso cinematografico, andando incontro, scuotendo l’opinione pubblica per via della morbosità di alcune sue scene e delle tematiche trattate, dalla sessualità alla repressione religiosa, dalla peccato alla violenza contro il diverso.

Per l’epoca rappresentò inoltre una vera e propria novità come thriller, vantando come principale e inedita ambientazione un paese retrogrado del sud Italia. Grazie a questa collocazione, la storia e le tematiche acquisirono così maggior risalto, introducendo una serie di elementi folkloristici che contribuivano all’inquietudine generale. Ne nasce così un racconto che, vagamente ispirato ad eventi realmente avvenuti a Bitonto nel 1971, permette di porre in risalto un Paese nel pieno sviluppo industriale all’interno del quale si ritrovano però realtà non ancora toccate da questi cambiamenti e dove l’orrore può avere luogo.

Accolto in modo molto negativo al momento della sua uscita, con il tempo Non si sevizia un paperino è stato rivalutato come una delle opere più importanti e iconiche per il giallo italiano. Un film che ancora oggi si dimostra grandioso nella sua composizione narrativa ed estetica. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori ed alla colonna sonora. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Non si sevizia un paperino: la trama del film

La vicenda si svolge nel paesino di Accendura, in Basilicata, dove la magia e la superstizione hanno ancora la meglio sul progresso sociale. In questo contesto, una serie di brutali uccisioni di bambini scuotono profondamente il paese. La cosa attira una certa risonanza mediatica e sul luogo si reca anche il giornalista Andrea Martelli, il quale decide di seguire da vicino le indagini dei carabinieri. I sospetti si indirizzano da subito verso una serie di soggetti nuovi o malvisti all’interno del paese. Tra questi vi è Patrizia, una ricca donna arrivata da poco lì per disintossicarsi dalla droga.

Nel momento in cui ulteriori bambini verranno però ad essere uccisi, facendo crollare di volta in volta in volta le certezze delle autorità, il caso sembrerà essere sempre più lontano dalla sua risoluzione. Con il crescente malcontento della popolazione, occorre quanto prima trovare un colpevole da poter dare in pasto alla folla inferocita. Per scongiurare la possibilità che si addossino colpe ad innocenti, Martelli decide di indagare tra gli abitanti, nel tentativo di ottenere un quadro più completo della situazione e giungere alla verità. La ricerca di questa, però, si farà sempre più complessa e pericolosa.

Non si sevizia un paperino cast

Non si sevizia un paperino: il cast del film

Nel ruolo del giornalista Andrea Martelli si ritrova l’attore Tomas Milian, noto in particolare in Italia per il personaggio di “er Monnezza” e che tornerà a recitare per Fulci in I Quattro dell’Apocalisse. Nei panni di don Alberto Avallone, il giovane prete del luogo, si ritrova l’attore francese Marc Porel, molto attivo in quegli anni nel cinema di genere italiano. Prima di lui, però, per la parte era stato considerato anche Massimo Ranieri. Milian e Porel, inoltre, finirono sulle pagine dei quotidiani del tempo nel momento in cui si azzuffarono realmente per rendere più realistica la scena del loro scontro.

L’attrice Barbara Bouchet è invece la ricca Patrizia, mentre George Wilson è zio Francesco. Irene Papas interpreta Aurelia Avallone, madre di don Alberto, e Ugo D’Alessio ricopre il ruolo del maresciallo dei carabinieri. Nel ruolo della maciara, una donna emarginata e considerata una strega, si ritrova invece l’attrice Florinda Bolkan, che aveva già recitato per Fulci in Una lucertola con la pelle di donna. Per tale personaggio, l’attrice richiese un trucco che non ne facesse una “poveraccia”, bensì una donna povera ma con un suo fascino. Per i bambini, invece, Fulci ricercò giovani interpreti con volti che avessero caratteristiche somatiche da adulti.

Non si sevizia un paperino: la colonna sonora, il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

Particolarmente celebre del film è anche la colonna sonora, realizzata da Riz Ortolani. Questa si distingue per una serie di brani dalla melodia dolce, che genera un forte contrasto con la violenza delle immagini a cui è associati. Si tratta di uno stratagemma già utilizzato da Ortolani per film come Mondo cane e Cannibal Holocaust, e che permette di esaltare quanto avviene nel film. Memorabile è ad esempio la scena del linciaggio della maciara, durante la quale si può ascoltare Quei giorni insieme a te. Canzone scritta da Ortolani e cantata da Ornella Vanoni.

Per questi e innumerevoli altri motivi, Non si sevizia un paperino è un titolo assolutamente imprescindibile del cinema italiano e per gli amanti del genere. Per vederlo, è possibile fruire del film grazie alla sua presenza sulla piattaforma YouTube. Sfortunatamente il film non è attualmente presente su altri servizi di streaming, rendendo dunque limitata la sua disponibilità. È però possibile ritrovarlo nel palinsesto televisivo di giovedì 29 luglio alle ore 23:00 sul canale Cine 34.

Fonte: IMDb

 
 

Non Sarai Sola: il primo trailer ufficiale

Universal ha distribuito il primo trailer ufficiale di Non Sarai Sola. Per secoli, le montagne macedoni hanno nascosto paurosi segreti soprannaturali, inclusa l’esistenza della “Vecchia Zitella Maria” (Anamaria Marinca), una strega incattivita la cui terribile storia terrorizza i bambini da 200 anni. Maria desidera ardentemente una figlia che le tenga compagnia. Tenta di rapire una contadina appena nata, Nevena (Sara Klimoska), costringendo la madre disperata della bambina a fare un patto terrificante: se alla madre è permesso di crescere la sua bambina, permetterà a Maria di prendere Nevena quando compirà 16 anni. Maria marchia la ragazza per suggellare l’accordo, rendendola muta.

Al 16° compleanno di Nevena, Maria ritorna e trasforma la ragazza in una strega. Ma la maternità non è fatta per Maria, e alla fine abbandona Nevena dopo averle insegnato come assumere la forma di qualsiasi creatura che uccide. Abbandonata, la solitudine e la curiosità di Nevena per il mondo circostante la portano in un villaggio vicino. Quando uccide accidentalmente una contadina, Bosilka (Noomi Rapace), prende il posto della donna nel villaggio. La vita è brutale e imprevedibile ma stranamente appagante per Nevena, finché non viene aggredita e uccide l’aggressore. Dopo aver abbandonato il suo corpo, seduce e uccide un bel giovane di nome Boris (Carloto Cotta), godendosi le libertà che le offre la vita nel corpo di lui.

Quando una bambina di 10 anni viene gravemente ferita, Nevena coglie l’occasione per ricominciare da capo. Come Biliana, vive l’infanzia felice che le è stata negata. Quando raggiunge la giovane età, Biliana (Alice Englert) sposa Yovan (Félix Maritaud), un bel giovane del suo villaggio, e subito rimane incinta.

Ma l’improvviso ritorno di Maria porterà Nevena a fare una sua scelta molto difficile. Il film d’esordio del regista vincitore del Premio Sundance Goran Stolevski, Non Sarai Sola è una storia inquietante, poetica e soprannaturale che si trasforma in una storia umana, intrisa di rituali e tradizioni macedoni. Non Sarai Sola è scritto e diretto da Goran Stolevski (Would You Look at Her). Il film è prodotto da Kristina Ceyton (The Babadook, The Nightingale) e Samantha Jennings (Buoyancy, Good Madam). Nel cast troviamo Klimoska (Would You Look at Her, Willow), Anamaria Marinca (4 Months, 3 Weeks, and 2 Days, “Sex Traffic”), Noomi Rapace (The Girl with the Dragon Tattoo, Prometheus), Alice Englert (Beautiful Creatures, “Top of the Lake”), Carloto Cotta (Tabu, Diamantino), Félix Maritaud (BPM (Beats Per Minute), Sauvage / Wild) e Arta Dobroshi (Lorna’s Silence, “Gangs of London”).

Il direttore della fotografia è Matthew Chuang (The Mandela Effect, Blue Bayou). La scenografa è Bethany Ryan (“High Life”, Buoyancy). Il film è montato da Luca Cappelli (Ruin, Acute Misfortune). La truccatrice è Dusica Vuksanovic (“Black Sun”, “The Outpost”).

 
 

Non Sarai Sola, da oggi al cinema in film con Noomi Rapace

Non Sarai Sola film

Arriva oggi in sala, distribuito da Universal Pictures, Non Sarai Sola, il film diretto da Goran Stolevski con Klimoska, Anamaria Marinca, Noomi Rapace, Alice Englert, Carloto Cotta, Félix Maritaud e Arta Dobroshi.

Per secoli, le montagne macedoni hanno nascosto paurosi segreti soprannaturali, inclusa l’esistenza della “Vecchia Zitella Maria” (Anamaria Marinca), una strega incattivita la cui terribile storia terrorizza i bambini da 200 anni. Maria desidera ardentemente una figlia che le tenga compagnia. Tenta di rapire una contadina appena nata, Nevena (Sara Klimoska), costringendo la madre disperata della bambina a fare un patto terrificante: se alla madre è permesso di crescere la sua bambina, permetterà a Maria di prendere Nevena quando compirà 16 anni. Maria marchia la ragazza per suggellare l’accordo, rendendola muta.

Al 16° compleanno di Nevena, Maria ritorna e trasforma la ragazza in una strega. Ma la maternità non è fatta per Maria, e alla fine abbandona Nevena dopo averle insegnato come assumere la forma di qualsiasi creatura che uccide. Abbandonata, la solitudine e la curiosità di Nevena per il mondo circostante la portano in un villaggio vicino. Quando uccide accidentalmente una contadina, Bosilka (Noomi Rapace), prende il posto della donna nel villaggio. La vita è brutale e imprevedibile ma stranamente appagante per Nevena, finché non viene aggredita e uccide l’aggressore. Dopo aver abbandonato il suo corpo, seduce e uccide un bel giovane di nome Boris (Carloto Cotta), godendosi le libertà che le offre la vita nel corpo di lui.

Quando una bambina di 10 anni viene gravemente ferita, Nevena coglie l’occasione per ricominciare da capo. Come Biliana, vive l’infanzia felice che le è stata negata. Quando raggiunge la giovane età, Biliana (Alice Englert) sposa Yovan (Félix Maritaud), un bel giovane del suo villaggio, e subito rimane incinta.

Ma l’improvviso ritorno di Maria porterà Nevena a fare una sua scelta molto difficile. Il film d’esordio del regista vincitore del Premio Sundance Goran Stolevski, Non Sarai Sola è una storia inquietante, poetica e soprannaturale che si trasforma in una storia umana, intrisa di rituali e tradizioni macedoni. Non Sarai Sola è scritto e diretto da Goran Stolevski (Would You Look at Her). Il film è prodotto da Kristina Ceyton (The Babadook, The Nightingale) e Samantha Jennings (Buoyancy, Good Madam). Nel cast troviamo Klimoska (Would You Look at Her, Willow), Anamaria Marinca (4 Months, 3 Weeks, and 2 Days, “Sex Traffic”), Noomi Rapace (The Girl with the Dragon Tattoo, Prometheus), Alice Englert (Beautiful Creatures, “Top of the Lake”), Carloto Cotta (Tabu, Diamantino), Félix Maritaud (BPM (Beats Per Minute), Sauvage / Wild) e Arta Dobroshi (Lorna’s Silence, “Gangs of London”).

Il direttore della fotografia è Matthew Chuang (The Mandela Effect, Blue Bayou). La scenografa è Bethany Ryan (“High Life”, Buoyancy). Il film è montato da Luca Cappelli (Ruin, Acute Misfortune). La truccatrice è Dusica Vuksanovic (“Black Sun”, “The Outpost”).

 
 

Non riattaccare: recensione del film di Manfredi Lucibello

Non riattaccare recensione film

Il COVID-19 è stato scenario e pretesto narrativo di molte opere. Citiamo in questo senso Songbird, State a casa, o il più simpatico Lockdown all’italiana, passando per documentari di grande impatto come Le mura di Bergamo. Per quanto ogni film lo declini su diversi toni, che vanno dal comico al drammatico, la pandemia si associa ugualmente a un’atmosfera soffocante e ansiogena, che ben si sposa con le linee visive e narrative del noir. Ed è proprio il noir intrecciato al pieno Coronavirus a edificare la nuova fatica di Manfredi Lucibello, Non riattaccare. Per il regista fiorentino è il secondo lungometraggio, e torna a rimaneggiare la materia di genere per dare vita a una storia che si regge sul filo di una telefonata e sullo sguardo, mai così provato, di Barbara Ronchi.

Già con Tutte le mie notti Lucibello aveva dato prova di amare il noir, mescolando tutti i suoi ingredienti tipici, lavorando ad hoc sia sulle ambientazioni che sui personaggi. Qui però la prova diventa più difficile, perché a condurre il gioco c’è solo Irene, e dall’altra parte la sola voce di Pietro, che mai si vedrà se non per dieci minuti. È lei che deve tenere in piedi suspense, plot twist e ritmo, e se la sua interprete ci prova nel migliore dei modi, decretando questa come una delle sue più belle e coinvolgenti performance, a remare qualche volta contro, come vedremo, sono i dialoghi, non sempre a supporto. Non riattaccare è liberamente ispirato dall’omonimo libro di Alessandra Montrucchio, prodotto dai Manetti Bros., e Mompracem con Rai Cinema., e arriva nelle sale dall’11 luglio.

Non riattaccare, la trama

Fine marzo 2020. Roma, come tutta Italia, è in pieno lockdown. Irene, prigioniera in casa insieme a un suo ex compagno di classe con cui condivide la solitudine del COVID, non riesce a prendere sonno. Si alza, va in bagno, prende delle pillole. Si guarda anche allo specchio, in cerca forse di un barlume di tranquillità. Spera che il sonno, dopo gli ansiolitici, prenda il sopravvento, così torna a letto e prova a chiudere gli occhi. Ma è proprio in quel momento che il telefono squilla: è Pietro, l’ex fidanzato che ha lasciato sette mesi fa. All’inizio ignora la telefonata, ma lui ci riprova. Basta il secondo tentativo di chiamata per farla rispondere. L’uomo è strano, dice frasi preoccupanti, e Irene teme che possa farsi del male. La voleva sentire per un ultimo saluto. A quel punto alla donna sembra chiaro: vorrà per caso suicidarsi? Non c’è tempo: mette i primi vestiti, infila due cose nella borsa e si butta in macchina in piena notte, nonostante i controlli e i divieti. La destinazione è Santa Marinella: riuscirà ad arrivare prima che Pietro compia un gesto irreversibile?

Non riattaccare

Un buon noir con una bravissima Barbara Ronchi

Non riattaccare è a tutti gli effetti un one woman show. Sin dalle prime inquadrature la macchina da presa indugia su Irene, vero motore del film. Lei è il filo conduttore. Rimaniamo con la donna fino alle ultime battute, assorbendone paure, nevrosi, angosce e aspettative. Lucibello predilige i primi e primissimi piani, una scelta necessaria per poter restituire al meglio la tensione dell’intreccio e il tentativo di Irene di salvare la vita a Pietro. Punto nevralgico del racconto è infatti proprio il loro amore, una relazione interrotta perché inceppatasi in alcune incomprensioni, fallimenti, non detti. L’oscurità di ciò che è stato il loro passato va in parallelo al contrasto di luci e ombre diegetiche, che conferiscono al racconto un bel taglio noir. Irene è inghiottita dalla notte, illuminata di tanto in tanto dalle luci artificiali provenienti dalla strada. Il suo viso è spesso nel buio, e poche volte è illuminata parzialmente. Soluzione visiva che va a individuarne fragilità, lati nascosti e un segreto che si scoprirà solo verso la fine.

Lucibello allestisce intanto un road movie in cui il tempo diventa il giustiziere più temuto: la Morte. Più Irene lo accorcia schiacciando sull’acceleratore dell’auto per arrivare a Santa Marinella, più questa si allontana. Più lei si ferma, più questa incombe. È tutta questione di velocità, di prontezza, di gestione degli eventi. Barbara Ronchi è formidabile, regge l’intera narrazione sulle sue spalle, aiutata da un molto bravo Claudio Santamaria, che con il solo alterare il tono di voce, è in grado di farci comprendere ogni emozione del suo Pietro. Segno di come il suono al cinema sia uno strumento potentissimo se usato come si deve.

Se in questo ballo a due possiamo apprezzare l’appeal scenico (in tal caso anche vocale) degli attori, non si può sempre dire lo stesso della sceneggiatura messa a punto. I dialoghi tendono in più occasioni a interrompere il ritmo tensivo e quando si torna in pista, sulla retta via, vengono inseriti alcuni pretesti narrativi che, oltre a essere dei cliché, risultano anche inverosimili. Uno fra questi la clemenza del poliziotto che lascia andare Irene dopo che questa non gli ha fornito patente, libretto e carta d’identità. Di notte, in pieno lockdown, è abbastanza improbabile. Al netto di qualche “svista” in fase di scrittura Non riattacare è un film comunque di buona fattura, pronto a tenere lo spettatore incollato allo schermo, facendogli chiedere spesso se Irene riuscirà ad arrivare da Pietro, se riuscirà a salvarlo anche da se stesso e cosa succederà a lei.

 
 

Non preoccuparti delle piccole cose: dal cast alla storia vera, tutto quello che c’è da sapere

Non preoccuparti delle piccole cose storia vera
Heather Locklear e Jason MacDonald in Non preoccuparti delle piccole cose. © Lifetime

La perdita del proprio partner è uno di quegli eventi che scuotono fino alle fondamenta la vita di chi rimane, costringendo a fare i conti tanto con il lutto quanto con l’incertezza del futuro. Sono questi i momenti in cui bisogna riscoprirsi forti per poter andare avanti ed è questa una lezione che il cinema ha trasmesso in più occasioni con grandi classici come Ghost – Fantasma o Come un uragano. Opere di questo tipo possono però esser ispirate anche da storie vere ed è questo il caso di Non preoccuparti delle piccole cose.

Diretto nel 2021 da Ellen S. Pressman, il film racconta la storia di una celebre scrittrice statunitense, Kristine Carlson, e del suo rapporto con l’amato marito, concentrandosi in particolare sugli eventi che seguono la scomparsa di lui. Proprio come i libri da lei scritti, collocabili nel “genere” Auto-aiuto o Auto-miglioramento, anche questo film si propone di dimostrare come ogni ostacolo che la vita pone sul nostro cammino possa essere affrontato e superato credendo nelle proprie capacità.

Si tratta dunque di un film profondamente drammatico, ma che offre anche importanti elementi di speranza a cui potersi aggrappare. In questo articolo, approfondiamo dunque alcune delle principali curiosità relative a Non preoccuparti delle piccole cose. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alla spiegazione del finale. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Non preoccuparti delle piccole cose trama
Heather Locklear e Jason MacDonald in Non preoccuparti delle piccole cose. © Lifetime

La trama e il cast di Non preoccuparti delle piccole cose

Protagonista del film è Kristine Carlson, co-autrice insieme al marito, il dottor Richard Carlson, della serie di libri best-seller “Don’t Sweat the Small Stuff“, che contengono strategie e consigli su come disinnescare facilmente i piccoli e grandi conflitti quotidiani. Kristine vede però il suo mondo crollare con la prematura e improvvisa morte del marito. Senza di lui, Kristine perde il suo equilibrio emotivo e i suoi punti di riferimento.

Piano piano, la tenace donna cercherà di superare il suo immenso dolore proseguendo nel lavoro che aveva iniziato con Richard, attraverso la scrittura di nuovi libri con cui si propone di aiutare altre persone a superare prove che sembrano insuperabili ma soprattutto a vivere la propria vita in modo più tranquillo e meno stressante, mettendo nella giusta prospettiva i piccoli problemi quotidiani e impedendo che diventino montagne insormontabili.

Ad interpretare Kristine Carlson vi è l’attrice Heather Locklear, celebre per il ruolo di Sammy Jo Carrington in Dynasty e di Amanda Woodward in Melrose Place. Accanto a lei, nel ruolo del marito Richard, vi è invece l’attore Jason MacDonald, mentre le figlie Jazzy e Kenna sono interpretate rispettivamente da Natasha Bure e Ella Dorsch. L’attrice Emily Rose, infine, è Brianna, l’assistente di Richard che vorrebbe sostituirsi a Kristine nella scrittura dei libri incompiuti.

Non preoccuparti delle piccole cose cast
Heather Locklear in Non preoccuparti delle piccole cose

La storia vera dietro il film

Il film, come anticipato, racconta la storia vera di Kristin Carlson e di suo marito, il dottor Richard Carlson. Quest’ultimo è stato uno psicologo, psicoterapeuta e scrittore americano, che ha pubblicato il suo primo libro nel 1985 ma è diventato famoso con il dodicesimo, “Don’t Sweat the Small Stuff… and It’s All Small Stuff“, affermatosi in poco tempo come un best seller. Un successo che lo ha spinto a scrivere più libri di questo tipo, insieme alla moglie Kristine.

I suoi libri, venduti in 20 milioni di copie in tutto il mondo, sono diventati nel tempo un vero e proprio punto di riferimento per chi vuole migliorare la propria vita. Tuttavia, Richard muore improvvisamente a soli 45 anni il 16 dicembre 2006 di embolia polmonare, durante un volo tra San Francisco e New York. Dopo il suo decesso, è la moglie Kristine a portare avanti da sola il lavoro iniziato insieme a lui, pubblicando alcuni libri che il marito aveva iniziato a concepire e che erano rimasti in sospeso.

Kristine ha dunque poi pubblicato altri best-seller come An Hour to Live, An Hour to Love: The True Story of the Best Gift Ever Given e Don’t Sweat the Small Stuff for Women. In particolare, però, ha suscitato grande interesse il suo Heart Broken Open, un libro di memorie sul suo dolore e sul processo di elaborazione del lutto per l’improvvisa perdita del marito. I libri di Richard e Kristine Carlson sono editi in Italia da diverse case editrici, tra cui Bompiani.

Il trailer di Non preoccuparti delle piccole cose e dove vedere il film in streaming e in TV

Sfortunatamente il film non è presente su nessuna delle piattaforme streaming attualmente attive in Italia. È però presente nel palinsesto televisivo di mercoledì 19 giugno alle ore 21:20 sul canale Rai 2. Di conseguenza, per un limitato periodo di tempo sarà presente anche sulla piattaforma Rai Play, dove quindi lo si potrà vedere anche oltre il momento della sua messa in onda. Basterà accedere alla piattaforma, completamente gratuita, per trovare il film e far partire la visione.

 
 

Non Odiare: trailer del film con Alessandro Gassmann

Guarda il trailer del film  Non odiare, debutto nel lungometraggio di Mauro Mancini, prodotto da Mario Mazzarotto, è l’unico film italiano in Concorso alla 35. edizione della Settimana Internazionale della Critica, sezione autonoma e parallela organizzata dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI) nell’ambito della 77. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Non odiare, prodotto da Mario Mazzarotto, è una coproduzione Italia/Polonia: Movimento film e Agresywna banda, con Rai Cinema, in associazione con Notorious Pictures. Realizzato con il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione Generale Cinema, Polish Film Institute e in collaborazione con Friuli Venezia Giulia Film Commission. Le vendite internazionali sono affidate a Intramovies.

Non odiare, il film

Non Odiare filmLa storia di Non odiare è ambientata in una città del nord-est, un non-luogo mitteleuropeo, contaminato e innervato da tante etnie, pulsioni, sedimentazioni e dalle profonde radici ebraiche. Qui vive Simone Segre (Alessandro Gassmann), affermato chirurgo di origine ebraica: una vita tranquilla, un appartamento elegante e nessun legame con il passato. Un giorno si trova a soccorrere un uomo vittima di un pirata della strada, ma quando scopre sul suo petto un tatuaggio nazista, lo abbandona al suo destino. Preso dai sensi di colpa, rintraccia la famiglia dell’uomo: Marica (Sara Serraiocco), la figlia maggiore; Marcello (Luka Zunic), adolescente contagiato dal seme dell’odio razziale; il “piccolo” Paolo (Lorenzo Buonora). Verrà la notte in cui Marica busserà alla porta di Simone, presentandogli inconsapevolmente il conto da pagare…

“Né buoni né cattivi, ma semplicemente esseri umani”: così immagina i personaggi il regista Mauro Mancini. In definitiva, “Personaggi ordinari alle prese con situazioni straordinarie”. E proseguendo, il regista dichiara apertamente: “Non odiare racconta quello che siamo sotto la pelle. La pelle bianca, ‘ariana’, che vorrebbero avere Marcello e i suoi amici neonazisti e quella bianca, ‘non ariana’, di Simone. La pelle tatuata del padre di Marcello e quella marchiata del padre di Simone. La pelle ‘scura’ dei migranti pestati a sangue nei bangla-tour e quella diafana, limpida di Marica. La pelle scura, spaccata dal sole che picchia sui barconi delle traversate. Quella ‘sporca’ dei “disperati” ai semafori. La pelle delle nostre città. E’ il pretesto per riconoscere l’altro come diverso. È il pretesto per odiare l’altro come diverso. Non odiare è la nostra pelle”.

Sulla genesi del soggetto e della sceneggiatura, che ha scritto con Davide Lisino, il regista afferma: “Abbiamo preso spunto da un fatto di cronaca avvenuto a Paderborn, in Germania. Un medico ebreo si rifiutò di operare un paziente a causa del vistoso tatuaggio nazista che aveva sulla spalla. Il medico, dopo essersi fatto sostituire da un collega, ha dichiarato: ‘non posso conciliare l’intervento chirurgico con la mia coscienza’. La stessa coscienza che abbiamo immaginato impedisca al nostro protagonista di soccorrere lo sconosciuto dell’incidente”.

Il produttore Mario Mazzarotto, che ha fortemente voluto questo film, aggiunge: “C’è stata una gestazione produttiva lunga e complessa, durata 5 anni. In anni in cui l’Italia e l’Europa sono attraversate da pericolosi e inquietanti venti nazionalisti, di fronte alle difficoltà ho perseverato. Il film, senza voler dare risposte, ci aiuta a interrogarci sulle origini dell’odio razziale e le sue conseguenze. Ed anche sulle contraddizioni dell’animo umano e la dilagante xenofobia”.

Il film – le cui riprese sono state effettuate a Trieste – è una coproduzione tra Italia e Polonia: Movimento film e Agresywna banda, con Rai Cinema, in associazione conNotorious Pictures, che distribuirà il film in Italia a settembre 2020. E’ realizzato con il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione Generale Cinema, Polish Film Institute e in collaborazione con Friuli Venezia Giulia Film Commission. Le vendite internazionali sono affidate a Intramovies.

 
 

Non odiare: la vera storia dietro il film con Alessandro Gassmann

Presentato anteprima nel corso della Settimana internazionale della critica alla 77ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, il film Non odiare (qui la recensionequi la recensione) ha rappresentato il debutto alla regia di un lungometraggio per Mauro Mancini, che nel 2009 si era già distinto per aver diretto uno degli episodi di Feisbum – Il film. Non odiare è però stato anche un titolo italiano particolarmente importante all’interno della sua stagione cinematografica, proponendo una storia con forti implicazioni politiche ed etiche, che chiamano direttamente lo spettatore ad una partecipazione attiva.

Basato su un reale caso di cronaca, il film va infatti a riflettere sulle estensioni dell’odio, sulle forme in cui esso si tramanda e si manifesta e sulle possibili “armi” con cui sconfiggerlo. Un’opera ricca di dolore, rabbia, ma anche di necessità di perdono e con personaggi alla ricerca di redenzione, uscita in un periodo in cui temi affrontati risultano ancor più urgenti e attuali. Si è infatti parlato a lungo di Non odiare, che nonostante alcune ingenuità tipiche delle opere prime riesce a trovare il modo di portare avanti allo stesso tempo racconto e riflessioni sociali.

A distanza di qualche anno dalla sua uscita (il film è del 2020), Non odiare continua ad essere un film particolarmente importante, la cui storia continua a suscitare dibattiti e considerazioni di tipo etico e morale. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alla vera storia che ha ispirato il film. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il titolo nel proprio catalogo.

Non odiare, la trama e il cast del film

Il film ha per protagonista il chirurgo Simone Segre, che durante una notte si ritrova a dover prestare i primi soccorsi a un uomo coinvolto in un incidente automobilistico. Nonostante il guidatore sia gravemente ferito, Simone fa fatica ad assisterlo quando vede tatuata sul torace dell’uomo una svastica. Il chirurgo, infatti, è di origine ebraica e finisce con il rifiutarsi di prestare soccorso all’uomo, che dunque muore senza altri testimoni. Nei giorni successivi, però, prevalgono i sensi di colpa e Simone decide di rintracciare la famiglia dell’uomo, composta dalla figlia maggiore Marica, il piccolo Paolo e l’adolescente Marcello, un fervente neonazista.

Ad interpretare Simone Segre vi è Alessandro Gassmann, il quale ha dichiarato di aver accettato il ruolo in quanto interessato a raccontare al cinema il tema dell’intolleranza. L’attore, nell’assumere il ruolo, ha ammesso di essersi chiesto come avrebbe agito lui al posto del suo personaggio, arrivando però a conclusioni diverse da quelle prese dal suo Simone. Proprio da questa divergenza ha avuto inizio il suo lavoro, che lo ha visto chiamato a confrontarsi con un modo di pensare e agire opposto a quello che gli è proprio. Accanto a lui, nel ruolo di Marica, si ritrova l’attrice Sara Serraiocco, mentre Marcello è interpretato da Luka Zunic.

Non-odiare-storia-vera

Non odiare, la vera storia a cui si ispira il film

Come anticipato, quella raccontata in Non odiare è una storia originale ma che prende spunto da un singolare caso di cronaca. Nella città di Paderborn, in Germania, ha avuto luogo nel 2010 il caso di un medico rimasto anonimo che si è rifiutato di operare un camionista 36enne, in quanto quest’ultimo sfoggiava un tatuaggio rappresentante un’aquila imperiale appollaiata sopra una svastica e circondata da corone d’alloro. Il chirurgo avrebbe a quel punto affermato di non poter operare quell’uomo per via del sua fede ebraica. Il paziente, già anestetizzato, è dunque stato lasciato nelle mani di un altro medico.

Ad aver impedito di portare avanti l’operazione vi sarebbe dunque stata, come affermato dal diretto interessato, la sua coscienza, la quale gli ha fatto decidere di non aiutare un soggetto con simili simpatie La decisione del medico di sottrarsi all’operazione ha generato un ampio dibattito in Germania (ma non solo), circa la condotta etica che i medici possono o non possono avere in questa tipologia di situazioni. La famiglia del paziente, che si è poi ripreso completamente, ha chiesto la cancellazione dall’albo del medico, sostenendo che uscendo dalla sala operatoria non ha rispettato il giuramento di Ippocrate.

Anche buona parte della comunità ha poi espresso il proprio disappunto, sottolineando che tutte le persone meritano cure, indipendentemente dalle loro opinioni politiche. Altri, invece, si sono mobilitati in difesa del medico. A partire dunque da tale caso e dalle sue implicazioni morali e storiche, si sono dunque ispirati Mancini e Davide Lisino nella scrittura di un racconto che approfondisse le possibili conseguenze di questa vicenda, portandola ovviamente su territori più estremi e dunque costringendo lo spettatore ad urgenti riflessioni a riguardo.

Il trailer di Non odiare e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di Non odiare grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Google Play, Apple TV e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di venerdì 5 maggio alle ore 21:45 sul canale Rai 3.

Fonte: IMDb, TheTelegraph

 
 

Non Odiare: il 6 settembre proiezione di anteprima al Lido

non odiare

Non odiare, debutto nel lungometraggio di Mauro Mancini, prodotto da Mario Mazzarotto, è l’unico film italiano in Concorso (domenica 6 settembre) alla 35. edizione della Settimana Internazionale della Critica, sezione autonoma e parallela organizzata dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI) nell’ambito della 77. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

La storia di Non odiare è ambientata in una città del nord-est, un non-luogo mitteleuropeo, contaminato e innervato da tante etnie, pulsioni, sedimentazioni e dalle profonde radici ebraiche.

Qui vive Simone Segre (Alessandro Gassmann), affermato chirurgo di origine ebraica: una vita tranquilla, un appartamento elegante e nessun legame con il passato. Un giorno si trova a soccorrere un uomo vittima di un pirata della strada, ma quando scopre sul suo petto un tatuaggio nazista, lo abbandona al suo destino. Preso dai sensi di colpa, rintraccia la famiglia dell’uomo: Marica (Sara Serraiocco), la figlia maggiore; Marcello (Luka Zunic), adolescente contagiato dal seme dell’odio razziale; il “piccolo” Paolo (Lorenzo Buonora). Verrà la notte in cui Marica busserà alla porta di Simone, presentandogli inconsapevolmente il conto da pagare…

“Né buoni né cattivi, ma semplicemente esseri umani”: così immagina i personaggi il regista Mauro Mancini. In definitiva, “Personaggi ordinari alle prese con situazioni straordinarie”.

E proseguendo, il regista dichiara apertamente: “Non odiare racconta quello che siamo sotto la pelle. La pelle bianca, ‘ariana’, che vorrebbero avere Marcello e i suoi amici neonazisti e quella bianca, ‘non ariana’, di Simone. La pelle tatuata del padre di Marcello e quella marchiata del padre di Simone. La pelle ‘scura’ dei migranti pestati a sangue nei bangla-tour e quella diafana, limpida di Marica. La pelle scura, spaccata dal sole che picchia sui barconi delle traversate. Quella ‘sporca’ dei “disperati” ai semafori. La pelle delle nostre città. E’ il pretesto per riconoscere l’altro come diverso. È il pretesto per odiare l’altro come diverso. Non odiare è la nostra pelle”.

Sulla genesi del soggetto e della sceneggiatura, che ha scritto con Davide Lisino, il regista afferma: “Abbiamo preso spunto da un fatto di cronaca avvenuto a Paderborn, in Germania. Un medico ebreo si rifiutò di operare un paziente a causa del vistoso tatuaggio nazista che aveva sulla spalla. Il medico, dopo essersi fatto sostituire da un collega, ha dichiarato: ‘non posso conciliare l’intervento chirurgico con la mia coscienza’. La stessa coscienza che abbiamo immaginato impedisca al nostro protagonista di soccorrere lo sconosciuto dell’incidente”.

Il produttore Mario Mazzarotto, che ha fortemente voluto questo film, aggiunge: “C’è stata una gestazione produttiva lunga e complessa, durata 5 anni. In anni in cui l’Italia e l’Europa sono attraversate da pericolosi e inquietanti venti nazionalisti, di fronte alle difficoltà ho perseverato. Il film, senza voler dare risposte, ci aiuta a interrogarci sulle origini dell’odio razziale e le sue conseguenze. Ed anche sulle contraddizioni dell’animo umano e la dilagante xenofobia”.

Il film- le cui riprese sono state effettuate a Trieste- è una coproduzione tra Italia e Polonia: Movimento film e Agresywna banda, con Rai Cinema, in associazione con Notorious Pictures, che distribuirà il film in Italia dal 10 settembre 2020. E’ realizzato con il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione Generale Cinema, Polish Film Institute e in collaborazione con Friuli Venezia Giulia Film Commission. Le vendite internazionali sono affidate a Intramovies.

 
 

Non Odiare, la recensione del film di Mauro Mancini #Venezia77

non odiare

È l’unico italiano in concorso alla Settimana della Critica 2020 Non odiare, film d’esordio di Mauro Mancini con Alessandro Gassmann e Sara Serraiocco, e l’Italia fa certamente bella figura nell’ambito della prestigiosa selezione veneziana, presentata nel corso della 77° edizione della Mostra.

Non Odiare, la trama

Cosa faresti se ti trovassi sul luogo di un incidente e, potendo prestare un primo soccorso ad un uomo gravemente ferito, scoprissi che si tratta di un simpatizzante del nazismo? È quello che accade nei primissimo minuti del film, in cui Simone Segre (cognome che rivela l’origine ebraica), chirurgo professionista, assiste ad un incidente automobilistico. Si precipita nell’auto incidentata e prova a fermare l’emorragia dell’uomo incastrato nell’abitacolo, ma scoprendogli il petto e il braccio scopre dei tatuaggi: la svastica sul cuore e il logo delle SS sul polso. Simone lascia andare il laccio emostatico improvvisato, lascia morire l’uomo, viene meno al giuramento di Ippocrate. Proverà comunque ad espiare il proprio gesto, assumento come domestica la figlia maggiore dell’uomo morto (e sepolto con gli onori fascisti).

Opera prima a volte ingenua con spunti interessanti

Mauro Mancini affronta un argomento non proprio nuovo ma con un approccio originale, lo fa nell’approccio ai personaggi e in quello alle dinamiche tra di essi, pur volando un po’ troppo a pelo d’acqua, senza mai immergersi a pieno né nelle loro psicologie, né nelle pieghe della trama che più di una volta sembrano sprecate e buttate via, come un finale non troppo riuscito.

Tuttavia lo spunto più interessante del film riguarda gli attori, il loro modo di mettere in scena i personaggi e il modo in cui la scrittura tratta in maniera originale gli stessi, perché mai rinchiusi in uno stereotipo o nel già visto. Il ricco chirurgo ebreo è un single, non ha una famiglia, una casa molto grande e l’apparente desiderio di liberarsi da un’eredità paterna che sembra ingombrante. La giovane protagonista invece sceglie di sacrificarsi per il fratelli, abbandonato un’aspettativa di vita che le piaceva per provvedere a loro dopo la morte del padre filo fascista, eppure, nonostante sia chiaramente contraria all’approccio del padre alla vita e alla sua ideologia, ne parla sempre con tenerezza. Il fratello mezzano, che vuole a tutti i costi percorrere il sentiero paterno, invece, si rivela quello che è, un ragazzino con tante idee confuse nella testa, idee che non capisce davvero ma che segue ciecamente.

Non OdiareLontano dall’odio, verso un punto di contatto

Per tutti e tre questi personaggi ci sono degli interpreti assolutamente superbi, con Gassmann e Serraiocco che consegnano due interpretazioni molto delicate e gentili e con il giovane Luka Zunic, vera e propria rivelazione del film. Il suo volto dai tratti angelici, gli occhi chiari e profondi, si scontrano con la rubidità che il suo personaggio ostenta e che, in fondo, non gli appartiene.

Fedele al titolo dell’opera, Non Odiare, Mancini mette in scena dei figli orfani che cercano la redenzione e l’affermazione da parte dei padri defunti. Occupano capi opposti di una linea retta, ma tutti gli eventi e i comportamenti che assumono nel corso della vicenda li portano ad avvicinarsi, a cercare gli uni negli altri, gli elementi di similitudine e non quelli di contrasto, allontanandosi così dall’odio.

 
 

Non mi uccidere: presentato il film con Alice Pagani e Rocco Fasano

non mi uccidere

Mirta ama Robin alla follia, lui le promette che sarà amore eterno. In una cava abbandonata, la voglia di trasgredire costa la vita a entrambi. La ragazza però si risveglia e non può che sperare che Robin faccia lo stesso, proprio come le aveva promesso. Ma niente è come prima. Mirta capisce di essersi trasformata in una creatura che per sopravvivere si deve nutrire di carne umana. Ha paura. Braccata da uomini misteriosi, combatte alla disperata ricerca del suo Robin.

NON MI UCCIDERE è un teen drama, in una intensa storia d’amore dalle tinte horror, scritto da Gianni Romoli, il collettivo GRAMS e lo stesso Andrea De Sica e liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Chiara Palazzolo, che riuscirà nelle librerie il 29 aprile edito da SEM Società Editrice Milanese.

Il film è una produzione Warner Bros. Entertainment Italia e Vivo film, prodotto da Marta Donzelli e Gregorio Paonessa, con il sostegno di MiC – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo e IDM Alto Adige e Regione Lazio – Fondo Regionale per il Cinema e l’Audiovisivo.

La fotografia è di Francesco Di Giacomo, la scenografia di Daniele Frabetti, i costumi di Chiara Ferrantini, il montaggio di Pietro Morana, il casting di Gabriella Giannattasio. Le musiche originali sono composte da Andrea Farri e Andrea De Sica.

 
 

Non mi uccidere: intervista ai protagonisti del film

Ecco l’intervista a Andrea De Sica, Alice Pagani e Rocco Fasano, regista e protagonisti di Non mi uccidere, il film disponibile dal 21 aprile per l’acquisto e il noleggio su Apple Tv app, Amazon Prime Video, Youtube, Google Play, TIMVISION, Chili, Rakuten TV, PlayStation Store, Microsoft Film & TV e per il noleggio su Sky Primafila e Mediaset Play Infinity.

Mirta ama Robin alla follia, lui le promette che sarà amore eterno. In una cava abbandonata, la voglia di trasgredire costa la vita a entrambi. La ragazza però si risveglia e non può che sperare che Robin faccia lo stesso, proprio come le aveva promesso. Ma niente è come prima. Mirta capisce di essersi trasformata in una creatura che per sopravvivere si deve nutrire di carne umana. Ha paura. Braccata da uomini misteriosi, combatte alla disperata ricerca del suo Robin.

NON MI UCCIDERE è un teen drama, in una intensa storia d’amore dalle tinte horror, scritto da Gianni Romoli, il collettivo GRAMS e lo stesso Andrea De Sica e liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Chiara Palazzolo, che riuscirà nelle librerie il 29 aprile edito da SEM Società Editrice Milanese.

Il film è una produzione Warner Bros. Entertainment Italia e Vivo film, prodotto da Marta Donzelli e Gregorio Paonessa, con il sostegno di MiC – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo e IDM Alto Adige e Regione Lazio – Fondo Regionale per il Cinema e l’Audiovisivo.

La fotografia è di Francesco Di Giacomo, la scenografia di Daniele Frabetti, i costumi di Chiara Ferrantini, il montaggio di Pietro Morana, il casting di Gabriella Giannattasio. Le musiche originali sono composte da Andrea Farri e Andrea De Sica.

 
 

Non mi uccidere: il trailer del film con Alice Pagani

Non mi uccidere, il teen drama e intensa storia d’amore dalle tinte horror, scritto da Gianni Romoli, il collettivo GRAMS e lo stesso Andrea De Sica e liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Chiara Palazzolo (che riuscirà nelle librerie il 29 aprile edito da SEM Società Editrice Milanese) debutta in on demand dal 21 aprile per l’acquisto e il noleggio su Apple Tv app, Amazon Prime Video, Youtube, Google Play, TIMVISION, Chili, Rakuten TV, PlayStation Store, Microsoft Film & TV e per il noleggio su Sky Primafila e Infinity. Protagonista Alice Pagani.

Mirta ama Robin alla follia, lui le promette che sarà amore eterno. In una cava abbandonata, la voglia di trasgredire costa la vita a entrambi. La ragazza però si risveglia e non può che sperare che Robin faccia lo stesso, proprio come le aveva promesso. Ma niente è come prima. Mirta capisce di essersi trasformata in una creatura che per sopravvivere si deve nutrire di carne umana. Ha paura. Braccata da uomini misteriosi, combatte alla disperata ricerca del suo Robin.

Completano il cast Silvia Calderoni, Fabrizio Ferracane, Sergio Albelli e con Giacomo Ferrara, con la partecipazione di Anita Caprioli. Il film è una produzione Warner Bros. Entertainment Italia e Vivo film, prodotto daMarta Donzelli e Gregorio Paonessa, con il sostegno di MiC – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo e IDM Alto Adige e Regione Lazio – Fondo Regionale per il Cinema e l’Audiovisivo.

La fotografia è di Francesco Di Giacomo, la scenografia di Daniele Frabetti, i costumi di Chiara Ferrantini, il montaggio di Pietro Morana, il casting di Gabriella Giannattasio. Le musiche originali sono composte da Andrea Farri e Andrea De Sica.

 
 

Non mi uccidere: cominciate le riprese del “Twilight italiano”

non mi uccidere

Sono iniziate le riprese in Alto Adige di NON MI UCCIDERE il nuovo film di Andrea De Sica che ha per protagonisti i giovani Mirta e Robin, interpretati da Alice Pagani, reduce dal successo di Baby, e Rocco Fasano, uno dei protagonisti della serie di successo Skam Italia.

Mirta ama Robin alla follia, lui le promette che sarà amore eterno. In una notte di luna piena la voglia di trasgredire costa la vita a entrambi. La ragazza però si risveglia e non può che sperare che Robin faccia lo stesso, proprio come le aveva promesso. Ma niente è come prima. Mirta capisce di essersi trasformata in una creatura che per sopravvivere si deve nutrire di carne umana. Ha paura. Braccata da uomini misteriosi, combatte alla disperata ricerca del suo Robin.

Completano il cast Silvia Calderoni, Fabrizio Ferracane, Sergio Albelli, con Giacomo Ferrara e la partecipazione di Anita Caprioli.

Andrea De Sica torna sul set – dopo il felice esordio de I figli della notte e la serie di successo Baby oggi giunta alla terza stagione – con un teen drama, una intensa storia d’amore dalle tinte horror, scritto da Gianni Romoli, il collettivo GRAMS e lo stesso Andrea De Sica e liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Chiara Palazzolo.

Il film è una produzione Warner Bros. Entertainment Italia Vivo film (Marta Donzelli Gregorio Paonessa), con il supporto di IDM Südtirol – Alto Adige e MIBACT – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo.

La fotografia è di Francesco Di Giacomo, la scenografia di Daniele Frabetti, i costumi di Chiara Ferrantini, il montaggio di Pietro Morana, il casting di Gabriella Giannattasio. Le musiche originali sono composte da Andrea Farri e Andrea De Sica.

Il film sarà distribuito in sala da Warner Bros. Pictures nel 2021.

NON MI UCCIDERE

 
 

Non mi uccidere con Alice Pagani in on demand dal 21 aprile

Non mi uccidere film 2021
© Federico Vagliati Warner Bros. Entertainment Italia

Non mi uccidere, il teen drama e intensa storia d’amore dalle tinte horror, scritto da Gianni Romoli, il collettivo GRAMS e lo stesso Andrea De Sica e liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Chiara Palazzolo (che riuscirà nelle librerie il 29 aprile edito da SEM Società Editrice Milanese) debutta in on demand dal 21 aprile per l’acquisto e il noleggio su Apple Tv app, Amazon Prime Video, Youtube, Google Play, TIMVISION, Chili, Rakuten TV, PlayStation Store, Microsoft Film & TV e per il noleggio su Sky Primafila e Infinity. Protagonista Alice Pagani.

Mirta ama Robin alla follia, lui le promette che sarà amore eterno. In una cava abbandonata, la voglia di trasgredire costa la vita a entrambi. La ragazza però si risveglia e non può che sperare che Robin faccia lo stesso, proprio come le aveva promesso. Ma niente è come prima. Mirta capisce di essersi trasformata in una creatura che per sopravvivere si deve nutrire di carne umana. Ha paura. Braccata da uomini misteriosi, combatte alla disperata ricerca del suo Robin.

Completano il cast Silvia Calderoni, Fabrizio Ferracane, Sergio Albelli e con Giacomo Ferrara, con la partecipazione di Anita Caprioli. Il film è una produzione Warner Bros. Entertainment Italia e Vivo film, prodotto daMarta Donzelli e Gregorio Paonessa, con il sostegno di MiC – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo e IDM Alto Adige e Regione Lazio – Fondo Regionale per il Cinema e l’Audiovisivo.

La fotografia è di Francesco Di Giacomo, la scenografia di Daniele Frabetti, i costumi di Chiara Ferrantini, il montaggio di Pietro Morana, il casting di Gabriella Giannattasio. Le musiche originali sono composte da Andrea Farri e Andrea De Sica.

 
 

Non mi scaricare: la spiegazione del finale del film con Jason Segel

Jason Segal in Non mi scaricare

Dopo aver conquistato il pubblico con la sua miscela di romanticismo e comicità amara, Non mi scaricare (Forgetting Sarah Marshall) è finalmente tornato disponibile su Netflix, riscuotendo nuova attenzione anche tra le generazioni più giovani. Il film del 2008, scritto e interpretato da Jason Segel e diretto da Nicholas Stoller, è diventato nel tempo un piccolo cult della commedia sentimentale, grazie anche a un cast d’eccezione che include Kristen Bell, Mila Kunis, Russell Brand e Jonah Hill. Ma oltre alle risate e alle situazioni surreali, la pellicola offre uno sguardo sorprendentemente autentico sul dolore, la rinascita e il bisogno di lasciar andare.

Cosa succede in Non mi scaricare

Peter Bretter (Jason Segel) è un compositore musicale di Los Angeles, devastato dalla rottura con la celebre attrice televisiva Sarah Marshall (Kristen Bell), sua compagna da cinque anni. Nel tentativo di superare il dolore, decide di partire per le Hawaii, ma scopre che Sarah è lì… insieme al suo nuovo fidanzato, la rockstar egocentrica Aldous Snow (Russell Brand).

Lontano dall’essere un rifugio di pace, la vacanza si trasforma in una serie di imbarazzanti incontri e dolorosi ricordi. Tuttavia, nel resort Peter fa la conoscenza di Rachel (Mila Kunis), un’impiegata del luogo gentile e piena di spirito, che lo aiuta gradualmente a ritrovare sé stesso. Mentre cerca di dimenticare Sarah, Peter scopre la possibilità di un nuovo amore e una ritrovata autostima.

Spiegazione del finale di Non mi scaricare

Nel finale del film, Peter riesce finalmente a rompere il legame emotivo con Sarah, rifiutando il suo tentativo di riconciliazione. La scena è significativa perché mostra quanto Peter sia cresciuto: non è più l’uomo disperato che mendica attenzioni, ma qualcuno che ha imparato a vivere da solo e a riconoscere ciò che merita davvero.

Dopo essere tornato a Los Angeles e aver messo in scena il suo musical comico sui Dracula (sì, con marionette!), Peter riceve la visita inaspettata di Rachel, che decide di dargli una seconda possibilità. Il loro ricongiungimento non è solo romantico, ma rappresenta anche il coronamento del viaggio interiore di Peter: dalla dipendenza emotiva alla consapevolezza di sé.

Considerazioni finali

Non mi scaricare non è solo una commedia brillante, ma anche un racconto sincero sul superare una rottura, sul lasciarsi guarire dal tempo e dall’incontro con nuove persone. Il ritorno su Netflix è l’occasione perfetta per (ri)scoprirlo e riflettere su quanto, a volte, dimenticare qualcuno sia solo il primo passo per ritrovare sé stessi.

 
 

Non me lo dire: recensione del film con Alyn Prandi

Non me lo dire

Si sa, oggi le commedie made in Italy tendono a fossilizzarsi su battute spicciole, rivolgendosi ad un pubblico senza troppe pretese che, anzi, si riconosce e si sente quasi tranquillizzato davanti a quest’umorismo di stampo “casereccio”. Non stupisce dunque che anche l’ultimo prodotto del settore, nelle sale venerdì, s’inserisca nel sopracitato filone: Non me lo dire.

Mia Benedetta, il film

Diretto da Vito Cea, Non me lo dire racconta una storia semplice: Lello (Uccio de Santis), popolare comico pugliese, viene lasciato da un giorno all’altro dalla moglie Silvia (Mia Benedetta), reo di averla trascurata per il lavoro. Disperato, Lello abbandona la sua compagnia teatrale e si rivolge ad uno psicanalista. Questo gli consiglia di intraprendere un lungo viaggio per la Puglia alla ricerca dei suoi fans, di cui l’attore conserva svariate lettere. Dopo alcuni incontri finiti male, conoscerà la sensuale e disinibita Rossella (una Alyn Prandi sempre sopra le righe), che tenterà di conquistare il proprio idolo.

Nel ruolo del fonico sordo soprannominato “Volume” c’è Nando Paone, caratterista napoletano amato da Salemme e di recente visto in Benvenuti al Nord, che  insieme a “Salvavita” (Umberto Sardella) accompagna Lello nella sua avventura. Gli attori, che – fatte le dovute eccezioni – non sarebbero di per sé malaccio, sono penalizzati da un copione in fondo banale, prevedibile, in cui il luogo comune è di casa. Vedi, tra le altre, la scena in cui due cabarettisti della compagnia ci provano a turno con la bellona un po’ passatella del gruppo (Antonella Genga), proponendo “due spaghetti saltati” nelle proprie case: invito al quale la bionda riccioluta risponde con un “Sì, saltati nel senso che prima butti la pasta, e poi mi salti addosso”. Mah. Certo, qualche gag azzeccata si trova quà e là – irresistibile la sequenza in cui Lello si reca da un’ammiratrice bambina e, dietro la porta di casa, fa parlare un peluche di coniglietto di fronte al padre attonito. E una risata ci scappa nel vedere Volume e Salvavita alle prese con i pantaloni troppo corti del primo durante un banchetto nuziale, colti in una posizione fraintendibile da una signora benpensante che, passando, esclama inorridita “Che schifo!”.

Detto ciò, il risultato di Non me lo dire prodotta dalla IDEA (società fondata nel 2005 dallo stesso protagonista) è una commediola di fatto priva di sostanza. Spassosa certo, decisamente spensierata, quasi ingenua nel messaggio proposto (gli affetti sono più importanti della carriera). Sorprende però che abbia ricevuto i finanziamenti dal Ministero per i Beni Culturali – soprattutto quando lo stesso trattamento non è stato riservato a pellicole meritevoli e di recente uscita come Sulla strada di casa, opera prima di Emiliano Corapi. Ma rincuoriamoci: scorrendo l’indice sull’elenco dei film in programmazione nelle sale italiane, ci si rende conto che, in effetti, c’è di (molto) peggio.

 
 

Non Lasciarmi: recensione del film Carey Mulligan

Non Lasciarmi

In Non Lasciarmi Kathy, Tommy e Ruth, vivono un’idilliaca esistenza nel collegio di Hailsham nelle campagne inglesi. Qui però scoprono un oscuro segreto, che li rende speciali, e allo stesso tempo li unisce ancora di più, un segreto che condizionerà per sempre la loro vita. Quando si lasciano alle spalle il rassicurante collegio, i tre giovani entrano nella vita vera, che li porterà a scontrarsi e separarsi per poi infine ritrovarsi, mettendo a dura prova i legami che trai tre si sono cementati nel corso delle loro giovani vite.

Amore, tradimento e gelosia penetreranno i loro equilibri e alla fine li cambieranno per sempre. Non lasciarmi (Never Let Me Go) è un film di Mark Romanek, tratto dall’acclamato romanzo di Kazuo Ishiguro e ha il privilegio di avere nel suo cast tre degli attori più rappresentativi della nuova generazione di grandi star: Keira Knightley, che ormai è una conferma; Carey Mulligan, esplosa con la nomination all’Oscar per An Education e che silenziosamente prosegue la sua carriera; infine Andrew Garfield, già visto in The Social Network ma in attesa di sbocciare per il grande pubblico dal momento che sarà lui il prossimo Peter Parker/Spiderman. Dunque, facendo il punto: storia interessante e complessa e attori molto bravi, ma non basta, perché Non Lasciarmi si trasforma ben presto, quasi subito a dire la verità, in un monologo troppo lungo, diluendo i fatti e le relazioni in un tempo spropositatamente lungo rispetto a quello veramente necessario a raccontarle, e a farne le spese sono senza dubbio i poveri giovani protagonisti.

Nel terzetto sembra risplendere maggiormente Garfield, che riesce con delicatezza a dare corpo al fragile Tommy, mentre la bella Keira, che per l’occasione si lascia imbruttire senza troppe storie, viene relegata ad un piccolo ruolo, determinante per lo svolgersi della vicenda, ma curiosamente condensato nella parte centrale del film. Carey Mulligan disattende le aspettative più del film stesso, poiché sembra assumere per tutto il film la stessa aria rassegnata e affranta senza mai dare un vero e proprio volto reale al suo personaggio.

Non Lasciarmi, il film di Mark Romanek

Un altro problema che si evidenzia andando avanti con la narrazione è la mancanza di una motivazione profonda all’agire dei personaggi, e a quello della società intorno a loro: non posso ora spiegarmi meglio senza spoiler are troppo la trama, ma si avverte da subito che nella bella Hailsham c’è qualcosa di misterioso, ma questo sebbene sia palesato non viene poi argomentato, mancanza imputabile senza dubbio all’adattamento dal romanzo.

Non Lasciarmi potrebbe deludere molte aspettative, a cominciare dal fatto che il trailer, tanto per cambiare, racconta tutta un’altra storia da quello che è in verità il film, fino ad arrivare all’eccessiva calma con cui tutto viene esposto, non dando mai ritmo alla storia che si perde in quei campi lunghi e abbacinati da una luce quasi sempre molto calda, che contrasta con la freddezza di questi giovani che non riescono a trovare la forza di ribellarsi al loro destino, rassegnati.

Nota positiva dell’intero film è la colonna sonora, solennemente ispirata (suppongo) all’opera di Philipp Glass e dalle sonorità che si rincorrono offre un bellissimo esempio del tempo che scorre su queste brevi vite, e dell’ineluttabilità del loro destino che faticano ad accettare.