La Paramount Pictures
pone uno stop ai piani dei produttori indipendenti per
mettere su un sequel dell’iconico racconto di Natale di
Frank CapraLa vita è
meravigliosa. Lo studio ha dichiarato che la
Star Partner e la Hummingbird
Prods. non hanno ottenuto i diritti per il sequel del film
interpretato da Jimmy Stewart e Donna
Reed. Un portavoce della casa di produzione americana ha
riferito:
Nessun progetto relativo a La
vita è meravigliosa può procedere senza una licenza da parte
della Paramount. Ad oggi, questi individui non hanno ottenuto
alcuno dei diritti necessari, e vorremmo prendere tutte le misure
appropriate per proteggere tali diritti.
Dal canto suo, il produttore
Bob Farnsworth ha detto a Variety
che i produttori hanno un obbiettivo concreto per i diritti del
sequel ed ha espresso ottimismo riguardo alla risoluzione della
controversia.
La RKO Pictures ha
distribuito il film nel 1946. Paramount possiede
il copyright attraverso l’acquisizione della Spelling
Entertainment e della sua sussidiaria Republic
Pictures avvenuta nel 1998, le quali sono state titolari
dei diritti per l’originale racconto del 1939
The Greatest Gift. Il sequel,
dal titolo La vita è meravigliosa: il resto della
storia, è stato finanziato da Allen J.
Schwalb di Star Partners, che dovrebbe
anche produrre con Farnsworth della
Hummingbird.Farnsworth ha
detto:
Abbiamo speso un sacco di tempo,
di denaro e di ricerca che ci porta a credere che siamo puliti
riguardo ad eventuali infrazioni del diritto d’autore. Se qualcuno
sente di avere un diritto in sede giudiziaria, saremo felici di
parlare con lui. Credo che qualsiasi risoluzione debba essere
fatta, sarà fatta amichevolmente, nello spirito positivo del
progetto.
Karolyn Grimes, che
ha recitato la parte della figlia di George Bailey nell’originale,
ha accettato di tornare per il sequel come un angelo che mostra
all’antipatico nipote di Bailey (anche lui chiamato George Bailey),
come sarebbe il mondo se non fosse mai nato.
La vita è meravigliosa
(It’s a Wonderful Life) è un film del 1946 diretto da
Frank Capra. Tratto dal racconto
The Greatest Gift, scritto nel 1939 da
Philip Van Doren Stern, è considerato uno dei film
più ispiratori, popolari e amati del cinema americano, la cui
visione è divenuta tradizionale durante il periodo natalizio. La
trama è incentrata su George Bailey, un uomo nato e cresciuto in
una piccola cittadina rurale che, dopo aver rinunciato per tutta la
vita a sogni e aspirazioni pur di aiutare il prossimo, colto dalla
disperazione, è sul punto di suicidarsi la sera della vigilia di
Natale. In suo soccorso, grazie alle preghiere sue e di amici e
familiari, arriverà un angelo custode mandato da Dio. Il film,
che vede James Stewart e Donna
Reed tra i protagonisti, ottenne cinque candidature ai
premi Oscar. Nel 1990 venne scelto per la conservazione nel
National Film Registry della Biblioteca del
Congresso degli Stati Uniti, mentre nel 1998 l’American
Film Institute lo inserì nella lista dei migliori cento
film statunitensi di tutti i tempi.
In occasione del 20°
anniversario dall’uscita in sala de “La vita è bella”,
il film di Roberto Benigni premiato con 3 Oscar sarà pubblicato in
una nuova prestigiosa edizione accompagnata negli extra da
un’intervista esclusiva rilasciata dal regista. Il film sarà
disponibile in vendita in Dvd e in Blu Ray Disc in tutta
Italia dal prossimo 24 ottobre .
Al via le prenotazioni IN
ESCLUSIVA su CGENTERTAINMENT.ITdella VERSIONE
LIMITATA e AUTOGRAFATA
CG ha riservato per i suoi
fan una sorpresa: in esclusiva
all’indirizzo http://www.cgentertainment.it/startup/limitededitionlavitabella/
è possibile prenotare la versione celebrativa che
comprende il Dvd + il Blu
Ray in edizione limitata (500 pezzi),
numerata e autografata da Roberto
Benigni e Nicoletta Braschi; inoltre, tutti coloro che prenoteranno
la copia dal sito di CG
entertainment (questa versione non è disponibile altrove) entro
il 2 ottobre vedranno pubblicato il loro nome all’interno del
cofanetto.
Guido (Roberto Benigni), un
giovane ebreo pieno di allegria e vitalità, parte per cercare
fortuna in città, dove incontra la sua “principessa”, Dora
(Nicoletta Braschi), una maestrina fidanzata con un burocrate
arrogante e pomposo. Guido se ne innamora follemente e la rapisce.
Dal loro amore nasce Giosuè (Giorgio Cantarini). Ma la loro
felicità viene spezzata dalle leggi razziali: la famiglia viene
deportata in un lager nazista. Per salvare il figlio dall’orrore
che li circonda, Guido gli fa credere che tutto ciò che vedono è
parte di un grande gioco in cui dovranno affrontare prove tremende
per vincere il meraviglioso premio finale…
La vita è bella
Oscar 1997 – Migliore Attore,
Migliore Film Straniero, Migliore Colonna Sonora
Festival di Cannes – Gran Premio
della Giuria
David di Donatello – Migliore Film,
Migliore Regista, Migliore Attore protagonista,
Migliore Autore della fotografia,
Migliore Costumista, Migliore Produttore,
Migliore Sceneggiatura, Migliore
Scenografo, David Scuola
Nastri D’Argento – Migliore Regia,
Migliore Attore, Migliore Attore non
European Film Award – Migliore
Film, Migliore Attore
Premi César – Migliore Film
Straniero
Una produzione MELAMPO
CINEMATOGRAFICA – ROBERTO BENIGNI presenta “LA VITA È BELLA” con
ROBERTO BENIGNI – NICOLETTA BRASCHI – GIUSTINO DURANO – SERGIO
BUSTRIC – MARISA PAREDES – HORST BUCHHOLZ – LYDIA ALFONSI –
GIULIANA LOJODICE – GIORGIO CANTARINI
soggetto e sceneggiatura VINCENZO
CERAMI e ROBERTO BENIGNI costumi, scenografia, arredamento DANILO
DONATI musiche NICOLA PIOVANI montaggio SIMONA PAGGI direttore
della fotografia TONINO DELLI COLLI produttore esecutivo MARIO
COTONE prodotto da ELDA FERRI e GIANLUIGI BRASCHI regia di ROBERTO
BENIGNI
«Questa è una storia semplice,
eppure non è facile raccontarla. Come in una favola c’è dolore, e
come in una favola è piena di meraviglia e di
felicità.» Su queste parole si apre uno dei film italiani
più celebri di sempre nel mondo, La vita è
bella, scritto, diretto e interpretato
da Roberto
Benigni nel 1997. Si tratta di una storia
incentrata sull’Olocausto, sulla deportazione degli ebrei nei campi
di concentramento, ma è anche una storia che infonde amore e
speranza là dove sembrerebbe poterci essere solo orrore. Con
quest’opera, Benigni ha consegnato agli spettatori di tutto il
mondo la concreta prova che è possibile trattare tematiche
difficili cercando allo stesso tempo di strappare un sorriso.
Reduce dai successi comici
di Johnny Stecchino e Il mostro,
il regista e attore toscano aveva intenzione di concentrarsi su un
progetto particolarmente più ambizioso. Anche La vita è
bella avrebbe originariamente dovuto essere una commedia
pura, ma si è nel tempo arricchito di sentimenti e situazioni che
lo hanno portato a sfoggiare uno spettro ben più ampio
dell’umanità, delle sue gioie e dei suoi dolori. Nello scrivere
tutto ciò, Benigni ha raccontato di essersi avvalso della
collaborazione di personalità realmente coinvolte nell’Olocausto,
come lo scrittore Rubino Salmoni, e il membro
della Sonderkommando Shlomo Venezia. Il film
fu poi girato tra Arezzo, Cortona, e Papigno, dove si trova la
vecchia fabbrica riadattata come lager.
Alla sua uscita in sala, il film si
affermò come un successo senza precedenti, arrivando ad incassare
la cifra record di 92 miliardi di lire. Tale risultato ha portato
La vita è bella a diventare il film italiano dal maggiore
incasso di sempre, nonché quello con il maggior risultato economico
nel mondo, per una cifra pari a 229 milioni di dollari. Prima di
intraprendere una nuova visione di questo, sarà certamente utile
approfondire ulteriormente alcune curiosità legate a tale titolo.
Proseguendo qui nella scrittura sarà infatti possibile ritrovare
dettagli relativi alla trama, al
cast, ai premi vinti e, infine,
alle piattaforme streaming contenenti il titolo
nel loro catalogo. Si potranno qui ritrovare anche alcune delle
frasi più belle del film.
La vita è bella: la trama del
film
La vicenda si svolge in Italia, nel
1939. Protagonista è Guido, un giovane ebreo pieno di allegria e
vitalità, il quale parte dalla campagna toscana per cercare fortuna
in città. Qui si imbatterà nella sua “principessa”, Dora, una
maestrina fidanzata con un burocrate arrogante e pomposo. Guido se
ne innamora follemente e desidera farne la sua sposa. Prima di
riuscirvi, però, dovrà dar vita ad un lungo corteggiamento, che si
rivelerà però vincente. Dal loro amore nasce Giosuè. Ma la loro
felicità viene spezzata dall’incombere delle leggi razziali: la
famiglia viene deportata in un lager nazista e separata
brutalmente. Per salvare il figlio dall’orrore che li circonda,
Guido gli farà credere che tutto ciò che vedono è parte di un
grande gioco in cui dovranno affrontare prove tremende per vincere
un meraviglioso premio finale.
La vita è bella: il cast del
film
Sceneggiatore, regista e interprete
del protagonista Guido, Roberto Benigni si dedicò
anima e corpo al suo personaggio. Pur non essendo di religione
ebraica, questi raccontò di essere riuscito a calarsi senza
problemi nei panni di Guido, in quanto umano e mosso da passioni
umane. Accanto a lui, nei panni dell’amata Dora, si ritrova
l’attrice Nicoletta Braschi. Realmente moglie di
Benigni, questa aveva già recitato in numerosi dei precedenti film
del marito. Il giovanissimo Giorgio Cantarini, che
all’epoca delle riprese aveva appena 6 anni, dà invece vita al
figlio Giosuè. Nel film si ritrovano poi anche l’attrice spagnola
Marisa Paredes, nei panni della madre di Dora, e
Horst Buchholz, in quelli del tedesco dottor
Lessing. Giustino Durano è invece Eliseo Orefice,
zio di Guido. Sergio Bustric interpreta invece
l’amico Ferruccio Papini.
La vita è bella: i premi, le
frasi, il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
Tra i film italiani più premiati
nel mondo, La vita è bella arrivò ad ottenere alcuni dei
massimi riconoscimenti possibili per un’opera cinematografica.
Presentato con successo nel concorso del Festival di Cannes, questo
vinse qui il Grand Prix Speciale della giuria. Fu solo l’inizio di
un lungo e ricco percorso. Seguirono infatti ben 9 David di
Donatello, 5 Nastri d’argento, il premio César per il miglior film
straniero e 2 European Film Awards. Il film di Benigni venne poi
anche designato come rappresentante italiano agli Oscar, dove
ottenne un incredibile risultato. Qui vinse ben tre premi,
rispettivamente per la miglior colonna sonora, il miglior film
straniero e il miglior attore protagonista.
È possibile fruire di La vita è
bella grazie alla sua presenza su una delle più popolari
piattaforme streaming presenti oggi in rete. Il film è
infatti disponibile nel catalogo di Disney+, l’ormai popolarissima
piattaforma dedicata all’universo Disney e molto altro. Per
vederlo, basterà sottoscrivere un abbonamento generale, e si avrà
così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film sarà inoltre trasmesso in televisione il giorno
sabato 2 gennaio alle ore 21:20
su Canale 5.
Qui di seguito si riportano invece
alcune delle frasi più belle e significative pronunciate dai
personaggi del film. Attraverso queste si potrà certamente
comprendere meglio il tono del film, i suoi temi e le variegate
personalità dei protagonisti. Ecco dunque le frasi più belle del
film:
Buongiorno, principessa! Stanotte t’ho sognata tutta la
notte, andavamo al cinema, e avevi quel tailleur rosa che ti piace
tanto, non penso che a te principessa, penso sempre a te!
(Guido)
Guarda i girasoli: s’inchinano al sole, ma se vedi uno che
è inchinato un po’ troppo significa che è morto. Tu stai servendo,
però non sei un servo. Servire è l’arte suprema. Dio è il primo
servitore; Lui serve gli uomini, ma non è servo degli uomini.
(Eliseo)
Questa è la mia storia, questo è il sacrificio che mio
padre ha fatto, questo è stato il suo regalo per me.
(Giosuè)
Scritto e diretto da Megan
Park con protagoniste Jenna Ortega e
Maddie Ziegler, La Vita Dopo – The
Fallout, arriva oggi, martedì 14 giugno, su tutte le
principali piattaforme digitali per
Warner Bros. Home Entertainment.
La Vita Dopo – The
Fallout, la trama
Grazie a nuove amicizie nate in
circostanze improvvise e tragiche, la liceale Vada (Jenna
Ortega) inizia a reinventarsi, rivalutando le sue
relazioni con la famiglia, gli amici e la sua visione del mondo.
Allontanandosi dalla sua comoda routine familiare, inizia a correre
dei rischi prendendo una serie di decisioni fulminee che mettono
alla prova i suoi limiti e la spingono verso nuove direzioni. Vada
trascorre sempre più tempo con Mia (Maddie
Ziegler). Le due adolescenti si avvicinano sempre di più e
Vada ridefinisce lentamente sé stessa attraverso le loro esperienze
comuni.
L’ambizioso progetto in
3D di Ang Lee tratto dal classico di Yann Martel è stato scelto per
aprire il New York Film Festival il 28 Settembre, e sarà un
occasione per vederlo
In occasione delle votazioni per le
nomination relative agli Oscar 2014, la IFC Films
ha diffuso un red band trailer esclusivo de La vita di
Adele, il vincitore della Palma d’Oro a Cannes 2013.
Il trailer è incentrato in maniera particolare sulla protagonista
Adèle Exarchopoulos, con la speranza di aumentare
una sua possibile candidatura nella categoria “Migliore Attrice
Protagonista”. Eccolo di seguito.
La pellicola
di Abdellatif Kechiche racconta la storia
d’amore di due donne interpretate dalle rivelazioni Léa
Seydoux e
AdèleExarchopoulos. E’
uscita in Italia lo scorso 24 Ottobre.
PER LEGGERE LA NOSTRA
RECENSIONE DE LA VITA DI ADELE CLICCATE QUI.
Trama: A 15 anni, Adele ha due
certezze: è una ragazza, e una ragazza di solito esce con i
ragazzi. Il giorno in cui intravede il blu dei capelli di Emma,
sente che la sua vita sta per cambiare. Sola con i suoi dilemmi
adolescenziali, cambia l’idea che ha di se stessa e sente
trasformarsi il modo in cui gli altri la guardano.
Dal momento della sua presentazione
al Festival di Cannes ad oggi, il film francese La vita di
Adele (qui la recensione)
non ha mai veramente smesso di far parlare di sé. Considerato uno
dei più
struggenti film d’amore e di
formazione dell’ultimo decennio, il lungometraggio diretto da
Abdellatif
Kechiche è divenuto estremamente popolare per
molteplici motivi, dalle grandi interpretazioni delle due
protagoniste alle loro bollenti scene di sesso, e fino al suo
ritratto incantato della gioventù.
Il film è un libero adattamento
della graphic novel Il blu è un colore
caldo, realizzato dalla fumettista Julie
Maroh nel 2010. La pellicola finisce in realtà per
rielaborare la storia dell’amore tra due giovani, aggiungendovi una
serie di dettagli ed elementi inediti. Le principali differenze si
possono ritrovare nella caratterizzazione della protagonista, ma
rispetto al testo letterario, il film prevede in particolare la
lunga serie di esplicite scene di sesso a cui si accennava, che
esaltano la morbosità della relazione amorosa.
Tali scene sono state ovviamente
motivo di grande scandalo, e la stessa Maroh dichiarò di non averle
particolarmente apprezzate. Spaccando in due l’opinione della
critica e del pubblico, il film arrivò a vincere il prestigioso
premio del Festival di Cannes, la Palma d’Oro. Fu un’assegnazione
unica nel suo genere, poiché la giuria decise di assegnare il
premio tanto al regista quanto alle due straordinarie interpreti
che diedero vita agli indimenticabili personaggi
protagoniste: Adèle
Exarchopoulose Léa Seydoux.
La trama di La vita di
Adele
Protagonista del film è
Adele, giovane liceale francese alle prese con la
vita di tutti i giorni. Tra scuola e casa, la ragazza sembra
continuamente cercare il proprio posto nel mondo. Seguire le regole
della società non sembra però fare al caso suo, e anche il
tentativo di una storia d’amore con un suo compagno di scuola
naufragherà inesorabilmente. Le sue già fragili certezze si
spezzano definitivamente nel momento in cui per strada incrocia
Emma, una ragazza dai capelli blu e dallo stile
androgino, che subito suscita un suo forte interesse.
Lentamente le due si avvicinano
molto l’una all’altra, finendo per innamorarsi perdutamente. Per
Adele quello è però un mondo sconosciuto, dal quale si sente
attratta e spaventata allo stesso modo. La ragazza infatti teme il
giudizio dei genitori, dei compagni di scuola, e inizia a sentirsi
giudicata come mai prima d’ora. L’amore per Emma però è troppo
forte, e diventa via via sempre più morboso e passionale. Con il
passare degli anni, però, le due si ritrovano a dover fare i conti
con percorsi di vita che non sempre coincidono.
Il cast del film
Nei ruoli di Adele ed Emma si
ritrovano le attrici
Adèle Exarchopoulos e Léa
Seydoux. La prima delle due era poco più che
esordiente all’epoca del film, avendo recitato soltanto in qualche
film poco noto. Convocata per un provino per il ruolo principale,
l’attrice raccontò in seguito di aver dovuto sostenere una dura
selezione prima di ottenere la parte. Nel corso di due mesi
incontrò più volte il regista, dimostrando le sue capacità di
improvvisazione. Dopo lunghe conversazioni con Kechiche, questi si
convinse infine che l’interprete di origini greche era la persona
giusta per il ruolo.
A togliergli ogni dubbio a riguardo
fu però il momento in cui la vide mangiare ad un ristorante dove si
trovavano. Il modo in cui lei mangiava era proprio come il regista
aveva immaginato il personaggio. La Seydoux, invece, aveva ottenuto
la parte di Emma già ben dieci mesi prima dell’inizio delle
riprese. Anche lei aveva avuto modo di incontrare in più occasioni
il regista. Ciò che più di ogni altra cosa convinse Kechiche fu il
modo in cui Seydoux parlava della società e delle sue
problematiche.
Per potersi calare ulteriormente nei
panni di Emma, l’attrice decise di prendere lezioni di pittura e
scultura, attività praticate dal personaggio, come anche dedicarsi
a numerose letture sulla filosofia. In aggiunta a ciò, lavorò anche
da un punto di vista fisico per costruire la mascolinità di Emma.
Seguì dunque un allenamento per acquisire massa muscolare, e guardò
film di Marlon Brando e James Dean per studiare i loro atteggiamenti e
la loro postura.
Le scene d’amore e sesso di
La vita di Adele
Come anticipato, del film sono note
e apprezzate diverse scene di grande impatto visivo e poetico.
Nessuna è però più celebre delle lunghe sequenze in cui le due
protagoniste si cimentano in conturbanti scene di sesso. Proprio
queste sono state al centro di numerosi dibattiti e polemiche, alle
quali hanno preso parte anche le due stesse protagoniste. Entrambe
hanno infatti in più occasioni lamentato di essersi spesso sentite
costrette a girare tali scene, e che le condizioni sul set non
erano particolarmente favorevoli.
Kechiche, infatti, era solito girare
con 3 o 4 camere da presa, e ciò poneva le due attrici in uno stato
di grande pressione. Le riprese di tali scene, inoltre, sembrano
essersi protratte per diverse ore al giorno per più giorni,
rendendo particolarmente snervante il set. A tali accuse il regista
non ha mancato di rispondere, negando le voci secondo cui sarebbe
stato eccessivamente severo. Egli, in sua difesa, affermò di aver
semplicemente ricercato il realismo, sempre però con il consenso
delle due interpreti. Queste hanno comunque affermato che molto di
quanto si è detto riguardo alle scene di sesso è stato ingigantito
dalla stampa.
Le due, infatti, non hanno dovuto
praticare veri e propri atti sessuali, né erano realmente nude. Per
loro furono realizzate delle protesi da applicare sui genitali, e
che consentisse dunque di non essere esposte da questo punto di
vista. Tali scene, inoltre, venivano perfettamente studiate e
coreografate. Ciò non ha comunque impedito alle due attrici di
provare forte imbarazzo, superato grazie al profondo legame di
amicizia instauratosi tra di loro nel corso delle riprese.
Il trailer di La vita di
Adele e dove vedere il film in streaming e in TV
La vita di Adele è
presente su Rakuten TV, Chili Cinema, Apple TV, Google
Play e Now. In base alla piattaforma
scelta, sarà possibile noleggiare il singolo film o sottoscrivere
un abbonamento generale al catalogo. In questo modo sarà poi
possibile fruire del titolo in tutta comodità e al meglio della
qualità video. Il film è inoltre in programma in televisione per
venerdì 28 giugno alle
ore 21:15 sul canale
Cielo.
Ecco il nuovo trailer e due nuove
locandine di La
Vita di Adele, il vincitore della Palma d’Oro a Cannes
2013, che arriverà in sala il mese prossimo. Dopo il trionfo al
Festival di Cannes 2013, La
Vita di Adele si appresta a uscire nelle sale di tutto
il mondo. Acclamato dalla critica internazionale, il film che ha
conquistato la Palma d’Oro sarà distribuito in Italia da Lucky Red
dal prossimo 24 ottobre.
La pellicola
di Abdellatif Kechiche racconta la storia
d’amore di due donne interpretate dalle rivelazioni Léa
Seydoux e
AdèleExarchopoulos. Oggi
possiamo ammirare il trailer americano e due nuove locandine del
film tratto dalla graphic novel Le Bleu est Une Couleur
Chaude di Julie Maroh.
In attesa di vedere La Vita di
Adele, vi rimandiamo alla nostra
recensione.
E’ disponibile dal 18
marzo, in alta definizione Blu-ray Disc, La
Vita di Adele il film Palma d’oro 2013 di
Abdellatif Kechiche, con le straordinarie
Adèle Exarchopoulos e Léa
Seydoux, tratto dal graphic novel “Il blu è un colore
caldo” di Julie Maroh (Rizzoli – Lizzard).
“La vita di Adele”, edito da
Lucky Red e distribuito da CG Home Video per Mustang Entertainment,
è accompagnato nella versione dvd da trailer e dalle scene tagliate
e in quella blu-ray anche da un interessantissimo e inedito making
of.
Adele è un’adolescente e non ha
dubbi: le ragazze stanno coi ragazzi. La sua visione del mondo però
inizia a vacillare il giorno in cui incontra Emma, una giovane
donna dai capelli blu, che le farà scoprire il desiderio e le
permetterà di realizzarsi come donna e come adulta. Sotto lo
sguardo di chi la circonda, Adele cresce, cerca se stessa, si
perde, si trova di nuovo…
Recensione
Film
Adèle (Adèle
Exarchopoulos), una liceale introversa e sensibile,
vorrebbe sentirsi innamorata come le sue coetanee, ma la relazione
con il suo ragazzo Thomas (Jeremie Laheurte) non
la rende felice. Un giorno incrocia per strada una sconosciuta che
attira la sua attenzione. Ha occhi e capelli azzurri,
un’espressione maliziosa e lo sguardo fisso sul suo viso. Come
stregata, l’adolescente segue questa fata moderna. La trova, le dà
un nome, Emma (Lèa Seydoux), scopre che studia
all’Accademia di Belle Arti e che è un’artista un po’ snob,
un’intellettuale.
Il loro è un colpo di fulmine da
romanzo e, nonostante le incolmabili diversità, tra le due si
insinua la complicità, l’affetto, un primo bacio, un secondo e
infine la passione. I loro corpi si cercano in modo vorace, come se
dovessero nutrirsi l’una dell’altra. Il contatto, che Kechiche
mostra in scene lunghissime senza alcuna censura, somiglia a
un’urgenza: l’urgenza di amare, di cogliere l’anima dell’altro, di
fermare un istante fuori dal tempo.
Gli anni passano,
Adèle ed Emma vanno a vivere insieme, ma le preoccupazioni
quotidiane, le gelosie e i tradimenti rubano spazio allo slancio
iniziale. Qualcosa si spezza. Ma quando la nostalgia si sostituisce
definitivamente alla felicità e le lacrime ai sorrisi, poco prima
dei titoli di coda, ecco che si presenta un accenno di futuro, una
possibilità, a suggerire che la vita, più forte degli eventi
avversi, andrà avanti.
Un frammento di esistenza che in
tre ore buca lo schermo e arriva al cuore di chi guarda. Una poesia
in immagini. Una storia personale e intima sventolata ai quattro
venti eppure scevra di timori. Questo è il cinema quando compie la
sua magia, questa la sensazione che lascia l’incantesimo riuscito
di Kechiche: La Vie d’Adèle.
Con una delicatezza senza eguali il
regista e le due bravissime protagoniste mettono in scena un
ventaglio di emozioni intense e pure, lasciando ad altri il
galateo, i trucchi del mestiere, l’accompagnamento dei violini.
Senza paura di mostrare come diventa davvero un volto sfigurato dal
pianto o dall’estasi, dalla rabbia o dalla disperazione, Kechiche
srotola il filo di una vicenda come tante astenendosi da giudizi
(resterà deluso chi si aspetta un manifesto dell’amore saffico) e
toccando in profondità ogni spettatore.
Tutti, per qualche ora, sono Adèle
e possono sentire, complice la camera vicinissima ai volti e ai
corpi, la sua forza vitale, la sua tenerezza, le sue paure. Dopo
l’ultima scena si vorrebbe riavvolgere il nastro per rivedere
ancora ogni istante e, contemporaneamente, prolungare il film con
la mente, inventare un futuro, dare una destinazione a tutte le
strade rimaste aperte.
Vincitrice della Palma d’Oro al
Festival di Cannes appena concluso, la pellicola, che ha
giustamente rapito la giuria con la sua grazia brusca e l’assenza
di maniera, è destinata a chi preferisce la bellezza piena di
imperfezioni della realtà alla patina rigida del cinema
classico.
Consigliata in particolare a quelli
che riempiono le piazze contro le coppie omosessuali, perché
ne La Vie d’Adèle potrebbero
addirittura riconoscere sé stessi.
Commento
all’edizione: La traccia video dell’edizione in alta
definizione del capolavoro di Abdellatif Kechiche è di ottimo
fattura, grazie all’utilizzo dello standard 1080 HD, come anche la
traccia audio DTS-HD. Debole è forse invece la quantità di
contenuti extra, simili più a un’edizione dvd piuttosto che alla
qualità dei contenuti dei blu-ray. Infatti, abbiamo solo due
contenuti oltre al classico trailer, si tratta del making of e
delle scene tagliate.
Dopo il grande successo allo scorso
Festival di Cannes,arriva il trailer italiano de La
Vita di Adele, film del
tunisino Abdellatif Kechiche
con Léa Seydoux e Adèle
Exarchopoulos, vincitore della Palma d’Oro.
Protagonista del film è ,appunto,
Adèle, diciasettenne che non ha dubbi sull’amore: i ragazzi stanno
con le ragazze. Poi un giorno incontra Emma, una ragazza dai
capelli blu che le cambierà completamente la vita, dandole la
possibilità di realizzarsi come adulta nel mondo che la circonda,
riscoprendo se stessa, tra dubbi e ansie ma scoprendo un amore che
non aveva mai conosciuto. Una storia intensa, piena di amore, sesso
e emozioni intense che, grazie alle due bravissime attrici
francesi, arrivano subito al pubblico.
Il regista si è ispirato alla
graphic novel di Julie Maroh, Le Bleu
est Une Couleur Chaude, nonostante la
Maroh abbia stroncato l’opera di
Kechiche, affermando di non essere stata
consultata sulla realizzazione e criticando fortemente la
rappresentazione della storia nel film.
La casa di distribuzione
Lucky Red finalmente ha diffuso il trailer per
l’Italia, che trasmette l’intensità e l’amore presenti nella storia
di questo film, in uscita il 24 Ottobre 2013.
Sarà disponibile da
domani, 18 marzo, in dvd e in alta definizione Blu-ray
Disc, La
Vita di Adele il film Palma d’oro 2013
di Abdellatif Kechiche, con le straordinarie
Adèle Exarchopoulos e Léa Seydoux, tratto dal graphic novel “Il blu
è un colore caldo” di Julie Maroh (Rizzoli – Lizzard).
“La vita di Adele”, edito da
Lucky Red e distribuito da CG Home Video per Mustang Entertainment,
è accompagnato nella versione dvd da trailer e dalle scene tagliate
e in quella blu-ray anche da un interessantissimo e inedito making
of.
Adele è un’adolescente e
non ha dubbi: le ragazze stanno coi ragazzi. La sua visione del
mondo però inizia a vacillare il giorno in cui incontra Emma, una
giovane donna dai capelli blu, che le farà scoprire il desiderio e
le permetterà di realizzarsi come donna e come adulta. Sotto lo
sguardo di chi la circonda, Adele cresce, cerca se stessa, si
perde, si trova di nuovo…
Nonostante sia stato snobbato agli
Oscar la scorsa notte, ma pure ai premi Cesar in Francia, La
Vita di Adele resta uno dei film migliori dello
scorso anno, se non il film più bello del 2013. Il film è stato
aggiunto da oggi a Netflix Instant Watch. IndieWire comunica la
notizia che purtroppo per il nostro Paese non vale, dal momento che
Netflix non è ancora disponibile in
Italia.
La
Vita di Adele vede protagonista la debuttante
Adèle Exarchopoulos affiancata dalla bella e brava
Léa Seydoux, vista in Mission
Impossible Protocollo Fantasma e ora sui nostri
schermi con La Bella e la Bestia. Il
film, diretto da Abdellatif Kechiche, ha vinto la
Palma d’Oro all’ultimo Festival di Cannes.
Trama: A Lille l’adolescente Adele
intraprende il percorso della scoperta di sé dopo un fugace
incontro con Emma, artista dai capelli blu. Lasciato il proprio
ragazzo, ritrova Emma in un bar gay e instaura con lei un’amicizia
che presto si trasforma in amore.
Le ragazze vanno a vivere insieme.
Ma mentre Emma persegue la realizzazione di sé attraverso la
pittura, Adele – che nel frattempo si è dedicata all’insegnamento
ai bambini – mette da parte le ambizioni di scrittrice. Dopo la
brusca separazione a causa della propria infedeltà, Adele vivrà
anni di solitudine nel ricordo della felicità di un tempo. Emma
inizia invece una relazione più stabile (ma anche meno
appassionata) con un’altra donna. Dopo l’ultimo incontro, Adele
sceglie finalmente di voltare pagina e ricominciare a vivere.
La vita davanti a sé, il film con il premio Oscar
Sophia Loren, una delle attrici più importanti di
tutti i tempi, sarà in esclusiva su Netflix. Diretto da Edoardo
Ponti e scritto da Ugo Chiti e dallo stesso Ponti, il film uscirà
nella seconda parte del 2020 in tutto il mondo.
Accanto a Sophia Loren fanno parte
del cast Ibrahima Gueye, Renato Carpentieri e Massimiliano Rossi.
La vita davanti a sé è prodotto da Palomar –
Mediawan Group, con il supporto di Impact Partners Film Service,
Artemis Rising Foundation, Foothills Productions, Another Chapter
Productions e Scone Investments.
Sophia Loren interpreta Madame
Rosa, una superstite dell’Olocausto che si prende cura dei figli
delle prostitute nel suo modesto appartamento a Bari. Accoglie
anche Momo, un dodicenne senegalese che l’ha derubata. Insieme
supereranno la loro solitudine, formando un’insolita famiglia. Il
film è l’adattamento contemporaneo del bestseller internazionale
La vie devant soi di Romain Gary.
“Non potrei essere più felice
di collaborare con Netflix per un film così speciale –
ha commentato Sophia Loren – Nella mia
carriera ho lavorato con tutti gli studios più importanti ma posso
dire con certezza che nessuno ha l’ampiezza di respiro e la
diversità culturale di Netflix. Ed è proprio questo che apprezzo
particolarmente. Hanno capito che non si costruisce una casa di
produzione globale senza coltivare talenti locali in ogni paese,
senza dare a queste voci l’opportunità di essere ascoltate. Tutti
hanno il diritto di essere ascoltati, il nostro film parla proprio
di questo e proprio questo è quello che fanno a Netflix”.
Ted Sarandos, Chief Content
Officer di Netflix, ha dichiarato: “Sophia Loren è una
delle attrici più importanti e celebrate di tutto il mondo. Siamo
onorati di dare il benvenuto a lei, a Edoardo e al team che ha
portato questo film nella famiglia di Netflix. La vita davanti a sé
è una storia bella e coraggiosa che, proprio come Sophia,
affascinerà il pubblico in Italia e in tutto il
mondo”.
LA VITA DAVANTI A SÉ Regia: Edoardo Ponti (Il turno di notte lo fanno
le stelle, Voce umana) Sceneggiatura: Ugo Chiti (Dogman, Il racconto dei
racconti, Gomorra), Edoardo Ponti (Cuori estranei, Voce umana) Cast: Sophia Loren (Madame Rosa), Ibrahima Gueye
(Momo), Renato Carpentieri (Doctor Coen), Massimiliano Rossi
(Ruspa) Produzione: Palomar – Mediawan Group, con il
supporto di Impact Partners Film Service, Artemis Rising
Foundation, Foothills Productions, Another Chapter Productions e
Scone Investments.
Dopo Cuori
estraneiEdoardo Ponti torna a
dirigere sua madre, Sophia Loren, affidandole il
personaggio di una donna forte anche se provata dalla vita.
La vita davanti a sé è basato sul romanzo
di Romain Gary, La vie devant soi, che
aveva già avuto un adattamento cinematografico, peraltro di grande
successo: La vita davanti a sé di
Moshé Mizrahi, protagonista Simone
Signoret, vincitore dell’Oscar come Miglior film
straniero nel 1978. Ponti adatta la vicenda ai tempi
d’oggi.
La vita davanti a
sé, la trama
Madame Rosa, Sophia
Loren, è una ex prostituta ebrea, reduce da Auschwitz, che
accoglie in casa propria i figli delle colleghe che non possono
tenerli, dietro compenso. Ne ha già due quando il suo vecchio
amico, il dottor Cohen, Renato Carpentieri, le
propone di prendere con sé anche Momo, Ibrahima
Gueye, un bambino di 12 anni originario del Senegal che ha
perso la madre. Madame Rosa è anziana e stanca e Momo si presenta
subito come un ragazzino problematico. Lei però accetta e inizia
una convivenza che si trasformerà in un legame affettivo molto
stretto. Quando la salute di Madame Rosa inizia a peggiorare, la
donna si fa promettere da Momo che non la farà portare in ospedale,
perché non vuole subire un accanimento terapeutico. Il ragazzo farà
di tutto per cercare di mantenere la promessa fatta a Madame
Rosa.
La vita davanti a
sé, un racconto edificante
La storia di Momo e Madame Rosa,
raccontata da Edoardo Ponti, anche autore del
soggetto e della sceneggiatura assieme a Ugo
Chiti, mette insieme una serie di marginalità e invita lo
spettatore a guardarvi dentro senza pregiudizi. Ecco dunque che tra
i vicoli di Bari vecchia si incontrano la stessa Rosa, due volte
emarginata, perché ebrea e prostituta, il transessuale Lola,
Abril Zamora, che affida sua figlia alle cure
dell’anziana donna, e ovviamente, immigrati di varie generazioni,
dal negoziante musulmano da decenni in Italia, interpretato da
Babak Karimi, che prenderà Momo sotto la sua ala,
fino a Momo stesso, appena arrivato dal Senegal, e al suo compagno
di stanza, Iosif Diego Pirvu, con cui litiga
sempre, ma a cui in fondo vuole bene. C’è poi la marginalità di un
sud in cui le opportunità e le lusinghe della criminalità sono
sempre dietro l’angolo. Nel suo percorso di formazione Momo le
sperimenterà, incontrando personaggi come quello interpretato da
Massimiliano Rossi (Gomorra – La
serie, Indivisibili,
Il primo re), che sfrutta ragazzi di
origine africana come bassa manovalanza per lo spaccio.
Obiettivo di
Ponti, però, è mostrare come sia possibile
intraprendere strade forse meno facili della criminalità e del
pregiudizio, dell’odio contro il diverso, l’estraneo. Mostrare che
queste strade ci sono, sono ampiamente percorribili e portano
senz’altro a un futuro più luminoso e che i ragazzi come Momo,
apparentemente ribelli, in realtà, vogliono solo essere visti e
amati – come suggerisce la canzone Io sì, interpretata da
Laura Pausini. È importante, poi, riannodare i
fili della memoria, ricordare il passato per non ripeterne gli
errori, come il personaggio di Madame Rosa insegna.
Sophia Loren e il cast de
La vita davanti a sé
È proprio lei, Sophia
Loren, ad impedire che la trattazione didascalica
appesantisca troppo il lavoro. Questo avviene solo in misura
contenuta proprio perché Sophia Loren è capace di
dare grazia e poesia alla sua Rosa, non senza la ruvidezza
necessaria a dare corpo a un’altra donna forte, che va ad
aggiungersi alla lunga galleria di personaggi interpretati
dall’attrice, premio Oscar per La
Ciociara. Accanto a lei, un altro pilastro del cinema
italiano come Renato Carpentieri e tre bambini ben
scelti, protagonisti insieme di momenti anche buffi.
Massimiliano Rossi, Abril Zamora
e Babak Karimi completano il gruppo offrendo buone
prove. Come dimenticare poi Bari, anch’essa protagonista del film:
il fascino dei vicoli della città vecchia, i palazzoni di recente
costruzione, il mercato del pesce. Una città multiculturale che pur
con tutti i suoi problemi resta simbolo di integrazione.
La vita davanti a
séin streaming,dove e
quando vederlo
La vita davanti a
sé, prodotto da Palomar e
distribuito da Netflix, è disponibile dal
13 novembre sulla piattaforma streaming.
Netflix annuncia
LA VITA CHE VOLEVI, una nuova serie prodotta da
Banijay Studios Italy che sarà disponibile solo su Netflix. Le
riprese della nuova produzione in 6 episodi sono appena iniziate e
si svolgeranno tra Lecce, il Salento e Napoli.
La serie, creata e scritta
da Ivan Cotroneo e da Monica
Rametta e diretta dallo stesso Cotroneo, vede come
protagonisti Vittoria Schisano (Gloria),
Giuseppe Zeno (Sergio), Pina
Turco (Marina), Alessio Lapice (Pietro) e Nicola
Bello (Andrea). La produzione sarà a cura di Massimo Del
Frate, Head of Drama per Banijay Studios Italy.
La vita che volevi è una
storia di legami, amicizia e scoperta, che racconta della felicità
che crediamo di volere (programmata, ordinata, semplice) ma anche
di quella che ci sorprende, che scombina la vita. È ciò che accade
a Gloria, la protagonista, e che risuona poi in tutti i personaggi
della storia.
La vita che volevi, la
trama
Gloria, la protagonista de
LA VITA CHE VOLEVI, è convinta di aver trovato la felicità a Lecce,
dove ha fondato una piccola agenzia turistica e trovato l’amore con
Ernesto ma, un giorno, la sua vita viene sconvolta dall’arrivo di
Marina, sua amica ai tempi dell’università a Napoli, prima che
Gloria iniziasse il suo percorso di transizione.
Marina porta con sé Andrea
e Arianna, i figli avuti da due diverse relazioni, ed è incinta di
un terzo, il cui padre è Pietro, un giovane dal carattere
passionale e forse anche pericoloso.
Gloria preferirebbe non
riallacciare i rapporti con Marina, lei le ricorda una parte della
sua vita che vorrebbe dimenticare. Marina nasconde però molti
segreti e presto in scena arriverà anche Sergio, il padre di
Arianna, un uomo tutto d’un pezzo fin da subito molto diffidente
nei confronti di Gloria. Per lei, è giunto il momento di fare i
conti con “la vita che voleva”, il suo passato e il suo futuro, per
scoprire che la felicità a volte arriva in forme inaspettate e che
l’amore è l’unica forza capace di rendere la vita degna di essere
vissuta.
La vita che
volevi sarà disponibile dal 29 maggio solo su Netflix. La
nuova serie prodotta da Banijay Studios Italy, creata e diretta da
Ivan Cotroneo, vede Vittoria
Schisano nel ruolo della protagonista Gloria. Nel cast
anche Giuseppe Zeno (Sergio), Pina Turco (Marina),
Alessio Lapice (Pietro) e Nicola Bello (Andrea), oltre
a Bianca Nappi, Francesco Pellegrino e Bellarch.
La serie, creata e
scritta da Ivan Cotroneo e da Monica Rametta, è diretta dallo
stesso Cotroneo. La produzione è a cura di Massimo Del Frate, Head
of Drama per Banijay Studios Italy.
I 6 episodi sono
ambientati tra Lecce, il Salento e Napoli.
La trama di La vita che
volevi
Gloria, la protagonista
de LA VITA CHE VOLEVI, è convinta di aver trovato la felicità a
Lecce, dove ha fondato una piccola agenzia turistica e trovato
l’amore con Ernesto ma, un giorno, la sua vita viene sconvolta
dall’arrivo di Marina, sua amica ai tempi dell’università a Napoli,
prima che Gloria iniziasse il suo percorso di transizione.
Marina porta con sé
Andrea e Arianna, i figli avuti da due diverse relazioni, ed è
incinta di un terzo, il cui padre è Pietro, un giovane dal
carattere passionale e forse anche pericoloso.
Gloria preferirebbe non
riallacciare i rapporti con Marina, lei le ricorda una parte della
sua vita che vorrebbe dimenticare. Marina nasconde però molti
segreti e presto in scena arriverà anche Sergio, il padre di
Arianna, un uomo tutto d’un pezzo fin da subito molto diffidente
nei confronti di Gloria. Per lei, è giunto il momento di fare i
conti con “la vita che voleva”, il suo passato e il suo futuro, per
scoprire che la felicità a volte arriva in forme inaspettate e che
l’amore è l’unica forza capace di rendere la vita degna di essere
vissuta.
LA SCRITTURA E LO
SVILUPPO di La vita che volevi
A cura di Monica
Rametta
“Gloria è la protagonista
della nostra storia e noi l’abbiamo amata, subito.
Volevamo raccontare una
donna AMAB (Assigned Male At Birth), una donna transgender lontana
dagli stereotipi, vera, fatta di carne e di sangue, un personaggio
pieno di sfumature e anche di contraddizioni. È da lei che siamo
partiti per ideare la serie. È stata Gloria a guidarci e noi a
seguirla. Ce la siamo immaginata mentre camminava perfettamente a
suo agio per le strade di Lecce dove nel presente viveva e
lavorava, ormai donna matura e realizzata, o nel passato quando
invece più giovane, si divideva tra gli studi all’università di
Napoli e le serate in discoteca, dove si esibiva in drag
guadagnando soldi per portare a termine la sua transizione, ed
essere finalmente anche fuori quella che fin da piccola sentiva e
sapeva di essere dentro.
Accanto e intorno a lei,
passando attraverso tante stesure, tanto lavoro e tanti confronti
con il team editoriale, abbiamo costruito il suo mondo, fatto di
amori, prima tra tutti Marina la sua amica dei tempi
dell’università, di affetti, di lavoro, di amicizia e di famiglia.
La famiglia di origine dalla quale Gloria proviene e un’altra
famiglia, quella che Gloria non immagina di avere, e nemmeno di
volere. Una famiglia che piomba all’improvviso come un uragano
nella sua vita stravolgendola. Il passato che torna e le presenta
il conto rappresentato da un figlio nato non dal caso ma
dall’amore. Questo è il tema che ci stava a cuore, che ci
interessava esplorare. La possibilità inaspettata per Gloria, che
ha faticato per arrivare ad essere quello che voleva, di mettersi
nuovamente in gioco. La paura e lo spaesamento di trovarsi di
fronte all’incredibile opportunità di poter essere madre, la
straordinaria occasione di vivere una vita ancora diversa da quella
voluta e mai nemmeno immaginata.
La vita che volevi è la
storia di una donna nata nel corpo di un uomo e decisa a
conquistare la sua piena felicità.”
NOTE DI REGIA – A
cura di Ivan Cotroneo
“Trasformare una storia
scritta, un copione la cui lavorazione ha richiesto più di due
anni, in immagini e scene è un’impresa di grande responsabilità.
Quando comincia la preparazione ti senti responsabile del lavoro
fatto fino a quel momento e del lavoro che verrà, del tempo che
chiederai a tutte le persone di cui avrai bisogno per portare a
compimento questa avventura. La creazione con la mia partner in
crime di sempre, Monica Rametta, aveva già messo tanti punti fermi,
e alcuni li aveva suggeriti, a cominciare dalla protagonista: il
corpo e la persona di Vittoria Schisano si sono con forza imposti
per talento e aderenza al personaggio.
Creare il mondo intorno a
lei è stato un lavoro di squadra, credo di avere parlato e parlato
e parlato fino allo sfinimento con tutti i collaboratori e creatori
che hanno permesso a questa serie di esistere. I produttori che
hanno contribuito creativamente, Massimo del Frate che mi ha
sentito per tre anni descrivere, colori, sapori, facce, canzoni,
toni precisi di questo mondo. Gabriella Giannattasio, che ha
lavorato con me al casting per scegliere i talenti che avrebbero
dato corpi, volti, occhi ai personaggi. Gian Filippo Corticelli,
che ha regalato alla storia, proprio come desideravo, il colore e
le luci capaci di raccontare e non solo di far vedere. La
creatività di Monica Sironi che ha trovato luoghi bellissimi di
Lecce e di tutto il Salento e li ha trasformati o ricostruiti
perché diventassero il posto del cuore di Gloria.
La ricerca e l’invenzione
di Rossano Marchi, che ha creato costumi che raccontassero
aspirazioni mancate e realizzazioni faticose dei personaggi. Il
mondo di Gloria ha preso forma, come si dice, un po’ alla volta e
tutto insieme, e lo vedevo prendere vita così, come me lo ero
immaginato, caldo, ma capace di infliggere grandi dolori,
spettacolare nei paesaggi, e chiuso nell’insistenza di un primo
piano toccante. Raccontare tanto, e a tutti, quello che immaginavo,
quello che da anni aveva preso forma dentro di me in termini visivi
era l’unica possibilità che avessi per condividere un’idea di
rappresentazione.
È verissimo che il
racconto per immagini, i film, le serie, sono creazioni di gruppo,
ma forse mai come questa volta ho potuto sentire l’amore e il
desiderio di tutti di contribuire alla creazione, di percorrere
l’extra mile in più perché questa serie fosse, comunque, nel bene o
nel male, speciale e unica. Così, dietro ogni battuta di ogni
personaggio che sentirete, io sento l’amore di Gaetano Carito, il
grandissimo fonico che ci ha accompagnato.
E conclusa l’avventura
del set durata 14 settimane, questa collaborazione è continuata al
montaggio, con Ilaria Fraioli e Martina Ghezzi che hanno dato il
ritmo del cuore di cui la serie necessitava, e con le musiche di
Gabriele Roberto che dopo avere subìto ore di miei monologhi
sull’importanza narrativa, sul tipo di suono, sull’orchestrazione,
ha composto dei temi straordinari, epici oppure intimissimi, che
potessero accostarsi alle canzoni che avevo scelto già dalla
sceneggiatura, i classici più belli della canzone italiana, Tenco,
Modugno, Bindi, Vanoni, de André. E ancora con il mix del suono di
Giancarlo Rutigliano e di tutta la squadra, perché tutto, anche gli
ambienti parlassero del sogno di Gloria e della sua vita.
Dietro questa serie c’è
un regista, io, con il suo sguardo e la sua visione del mondo, e
del cinema. Ma è uno sguardo che sarebbe rimasto confinato nelle
parole (diciamolo: a volte negli sproloqui) e non sarebbe diventato
immagine e racconto per immagini senza la collaborazione di tutti
questi artisti, che non si sono limitati ad ascoltare, per fortuna,
ma hanno creato, rilanciato, proposto, sfidato. E senza tutti i
miei attori, che hanno regalato il loro talento ai personaggi che
io e Monica avevamo scritto. Sono loro adesso, questo magnifico
cast, a parlare per noi con le loro battute, i loro silenzi, i loro
movimenti. La gratitudine è un sentimento veramente sottovalutato,
e vergognosamente. Nel cinema e nelle serie, magari la
responsabilità è di uno, ma l’amore e la creazione sono di tutti, e
questo va ricordato, sempre, a sé stessi e nelle dichiarazioni che
si fanno. Se queste note vi sembrano un elenco di nomi, pazienza.
Non lo è. È un elenco di autori. È grazie a loro che La vita che
volevi è anche la serie che volevamo, tutti.”
Dal 29 Maggio sarà
disponibile solo su Netflix,
La vita che volevi, la nuova serie prodotta da
Banijay Studios Italy, creata e diretta da
Ivan Cotroneo con Vittoria
Schisano, nel ruolo della protagonista Gloria. Nel cast
anche Giuseppe Zeno (Sergio), Pina
Turco (Marina), Alessio Lapice (Pietro) e Nicola
Bello (Andrea), oltre Bianca Nappi, Francesco
Pellegrino e Bellarch.
La vita che
volevi è una storia di legami, amicizia e scoperta,
che racconta della felicità che crediamo di volere (programmata,
ordinata, semplice) ma anche di quella che ci sorprende, che
scombina la vita. È ciò che accade a Gloria, la protagonista, e che
risuona poi in tutti i personaggi della storia.
La serie, creata e
scritta da Ivan Cotroneo e da Monica Rametta è diretta dallo stesso
Cotroneo. La produzione è a cura di Massimo Del Frate, Head of
Drama per Banijay Studios Italy.
La serie, in 6 episodi, è
ambientata tra Lecce, il Salento e Napoli.
La trama di La
vita che volevi
Gloria, la protagonista
de LA VITA CHE VOLEVI, è convinta di aver trovato la felicità a
Lecce, dove ha fondato una piccola agenzia turistica e trovato
l’amore con Ernesto ma, un giorno, la sua vita viene sconvolta
dall’arrivo di Marina, sua amica ai tempi dell’università a Napoli,
prima che Gloria iniziasse il suo percorso di transizione.
Marina porta con sé
Andrea e Arianna, i figli avuti da due diverse relazioni, ed è
incinta di un terzo, il cui padre è Pietro, un giovane dal
carattere passionale e forse anche pericoloso.
Gloria preferirebbe non
riallacciare i rapporti con Marina, lei le ricorda una parte della
sua vita che vorrebbe dimenticare. Marina nasconde però molti
segreti e presto in scena arriverà anche Sergio, il padre di
Arianna, un uomo tutto d’un pezzo fin da subito molto diffidente
nei confronti di Gloria. Per lei, è giunto il momento di fare i
conti con “la vita che voleva”, il suo passato e il suo futuro, per
scoprire che la felicità a volte arriva in forme inaspettate e che
l’amore è l’unica forza capace di rendere la vita degna di essere
vissuta.
L’originale italiano di Netflix,
La vita che volevi, è una serie che racconta di
una donna transgender che viene improvvisamente a sapere del suo
figlio biologico dalla sua migliore amica di 15 anni prima. La
serie è un dramma italiano di stampo sovietico che regala nuovi
colpi di scena a ogni episodio per un’esperienza di visione
emozionante (se vi piace questo genere di cose).
Come accade per la maggior parte
dei media di oggi, La vita che volevi tenta di
affrontare molti temi morali in modo ambiguo per favorire
un’esperienza di visione nutriente; tuttavia, personalmente, penso
che si esaurisca alla fine della serie. In fondo, si tratta di una
storia d’amore, sicuramente unica.
La vita di Gloria viene sconvolta
quando Marina, un’amica di 15 anni prima, si presenta senza
preavviso con i suoi due figli e una pagnotta nel forno. I figli di
Marina hanno tutti padri diversi e ben presto scopriamo che il
maggiore, Andrea, che ha 15 anni, è in realtà il figlio di Gloria
di un tempo. All’inizio Gloria è contraria all’idea di avere un
figlio perché le ricorda un tempo e un corpo che ha dimenticato da
tempo.
Tuttavia, dopo aver trascorso un
po’ di tempo con Andrea, sviluppa un legame con lui. Tuttavia, c’è
molto di più nella storia. Il motivo per cui Marina si è presentata
con i suoi figli è che voleva che suo figlio Andrea sapesse chi era
suo padre. La donna è malata di cancro e teme che, se le cure non
funzionano, suo figlio non lo scoprirà mai.
Ma c’è di più. La seconda figlia di
Marina, Ariana, è figlia di Sergio. Sergio fa parte della loro vita
da molti anni e Andrea lo chiama anche papà (scandaloso). Tuttavia,
Marina non è mai stata interessata a sposare qualcuno. A quanto
pare, è sempre stata innamorata di Gloria. Ma il vero dramma è che
il padre del terzo figlio è uno psicopatico che ha picchiato
Marina. Lei decide di tenere comunque il bambino, ma ha paura di
quell’uomo.
Purtroppo, Pietro si presenta
proprio prima che Marina stia per essere operata per il suo tumore
al cervello. Minaccia di ucciderla se non accetta di partire con
lui e il loro bambino. Marina gli dice che non lascerà gli altri
figli e Pietro la butta giù dall’edificio (che tipo). Questo lascia
a Gloria e Sergio il compito di occuparsi dei bambini. Riusciranno
a salvare i bambini e ad avere un lieto fine? Scopriamolo.
Cosa succede a Pietro?
Pietro dice a Gloria di portare il
suo bambino in un luogo affollato, in modo che possano scambiarsi i
figli. Ha rapito Andrea e ha minacciato di ucciderlo se non gli
porta il bambino. Gloria mette un giocattolo nella cesta e lo
depone tra la folla, dicendo ad Andrea di correre appena la sente.
A questo punto Sergio sa dove si trova Gloria e anche la polizia è
stata avvisata.
Andrea riesce a scappare, ma Pietro
si impossessa di Gloria e la porta in una strada vuota lì vicino.
Sergio li trova e Pietro gli punta contro la pistola. Anche Gloria
ha una pistola, ma si scopre che non è vera. Quindi, quando suo
padre l’ha minacciata tanti anni fa, si trattava sempre di una
pistola finta? Non ne sono sicuro, ma possiamo supporre che non
l’abbia mai accettata. Comunque, Sergio e Pietro si scontrano
fisicamente e alla fine Sergio spara a Pietro dritto al cuore,
salvando Gloria e se stesso, appena prima che la polizia arrivi sul
posto. Con Pietro morto, tutti sono al sicuro.
Cosa significa il primo abbraccio
di Andrea a Gloria?
In La vita che
volevi, Andrea si interroga sulla sua mascolinità, in
particolare per il modo in cui le persone intorno a Gloria la
trattano. All’inizio la definisce una donna bellissima, ma quando
scopre che è suo padre, sente che la sua mascolinità è minacciata.
Inoltre, Pietro lo chiama per nome e lo evira quando si fa la pipì
addosso per la paura.
Più tardi, però, quando Andrea vede
Gloria sacrificarsi per la sua sicurezza, si rende finalmente conto
di quanto lei tenga a lui e di quanto sia “forte”. Infine, Andrea
la abbraccia quando la trova viva e Pietro morto sul pavimento, un
figlio orgoglioso che ha ottenuto una nuova madre. Andrea ha
finalmente accettato Gloria e ha lasciato andare tutta la sua
rabbia, non solo nei suoi confronti ma anche nei confronti di
Marina.
Gloria avrà un lieto fine in La
vita che volevi?
Nel finale di La vita che
volevi (The Life You Wanted), possiamo supporre che Gloria
vivrà presto la vita che sognava, solo senza Marina. Sergio dice a
Gloria che ha intenzione di farsi trasferire a Lecce, in modo che
tutta la famiglia possa stare davvero insieme. In pratica, confessa
i suoi sentimenti a Gloria (in modo piuttosto dolce).
I ragazzi potranno finalmente
crescere in un ambiente protetto con i genitori come una vera
famiglia. Gloria accetta la proposta di Sergio perché sembra che si
siano avvicinati lentamente da quando si sono conosciuti. Forse
Marina sapeva che sarebbe successo (come nelle soap opera) e ha
portato Sergio da Gloria per fargli avere il lieto fine che
entrambi meritano.
La vita che volevi vede
Gloria alle prese con l’accettazione del suo figlio
biologico, perché proviene da un periodo in cui non era
felice con se stessa. Tuttavia, questo non deve impedirle di
amarlo. Pian piano si rende conto di volere Andrea nella sua vita,
anche se è la copia sputata del ragazzo che non ha mai voluto
essere. Sono sicura che le ci vuole molto per iniziare ad amarlo,
ma alla fine della serie, Sergio e Gloria sanno entrambi di volere
Andrea nella loro vita e di voler stare l’uno con l’altra, il che
rende il finale molto conveniente e avvincente.
Alla fine, i ragazzi mettono su la
canzone “Gloria”, che Gloria cantava sempre nei locali, e la
cantano tutti insieme come una famiglia felice, celebrando la vita
e Marina tutti insieme. Ora, Gloria non voleva un figlio,
figuriamoci tre, ma suppongo che ci si adatti, quindi direi che ha
avuto un lieto fine!
Dalla regista di Mamma
Mia! e The Iron Lady Phyllida Lloyd,
arriva in sala in Italia a novembre La vita che
verrà (Herself), l’emozionante film rivelazione
secondo Variety presentato con successo al Sundance, scritto e
interpretato dall’attrice irlandese Clare Dunne. È
la storia di una donna che ce la fa. Che lotta per ricostruirsi una
vita, per dare un futuro alle sue figlie, e che cerca di lasciarsi
alle spalle un marito violento.
La
vita che verrà sarà alla Festa del Cinema di Roma,
presentato in Selezione Ufficiale e in Alice nella Città, e in sala
dal 25 novembre – Giornata Internazionale contro la Violenza sulla
Donne – con BiM Distribuzione. «Ho incontrato Clare per la
prima volta – ricorda la regista – quando stavo cercando gli attori
per Giulio Cesare, all’inizio del mio progetto su Shakespeare al
femminile. Clare è venuta per il ruolo di Porzia. Non dimenticherò
mai il suo provino: fu incredibile vedere un attore che è
completamente se stesso; che colma il divario tra se stesso e il
suo personaggio. […]». Lo stesso stupore la regista lo ritroverà
tempo dopo, leggendo la sceneggiatura a cui Dunne aveva lavorato a
lungo. «Era una scrittrice nata […] ho accettato di dirigere il
film solo a condizione che ci fosse lei nel ruolo di
Sandra».
La vita che verrà, la trama
Dopo tanto tempo, Sandra
trova finalmente il coraggio di fuggire con le sue due figlie da un
marito violento. In lotta contro una società che sembra non poterla
proteggere e con l’obiettivo di creare un ambiente accogliente per
le bambine, decide di costruire da sola una casa tutta per loro.
Non tutto andrà bene ma durante l’impresa troverà la forza di
ricostruire la sua vita e riscoprirà se stessa, anche grazie
all’appoggio di un gruppo di persone disposte ad aiutarla e a darle
sostegno.
Per Sandra e le sue
figlie la nuova vita che verrà per fortuna non sarà mai più come
quella di prima. Diretto da Phyllida Lloyd il film è scritto da
Clare Dunne e Malcolm Campbell ed è interpretato da Clare Dunne,
(principalmente nota per la sua attività teatrale: ha recitato
nella versione interamente femminile dell’Enrico IV di Shakespeare
per la regia della stessa Lloyd) e dai candidati al Tony Award
Harriet Walter (Star
Wars: Episode VII – The Force Awakens, Killing Eve,
Succession) e Conleth Hill (Game of Thrones, Dublin Murders).
Un “progetto
potente” lo ha definito Domenico Procacci –
già produttore de L’amica geniale, attualmente al lavoro sulla
quarta stagione – di questo nuovo adattamento di una storia creata dalla misteriosa
Elena Ferrante, La vita bugiarda degli
adulti. Sei episodi che dal 4 gennaio potete trovare sulla
piattaforma di streaming, e che mettono in scena la storia di
Giovanna, una adolescente napoletana in cerca di identità in un
momento tipico di passaggio, dall’infanzia all’adolescenza.
La vita bugiarda degli adulti,
la trama
Un personaggio chiave,
affidato alla sorprendente esordiente Giordana
Marengo, circondata da un cast completato da
Alessandro Preziosi, Pina Turco e Valeria Golino, ma soprattutto dalle
attenzioni del regista. Quell’Edoardo De Angelis
di Indivisibili, Il vizio della speranza e le recenti
versioni televisive delle opere di De Filippo, che si conferma una
sicurezza, soprattutto nella trasposizione cinematografica di un
testo letterario, tanto più se ambientato in un contesto che
conosce bene, essendo di Napoli anche lui.
Edoardo De Angelis
per Elena Ferrante
Tra il Vomero, dove vive
Giordana, e la casa di Zia Vittoria a Poggioreale (o Pascone),
quella di Edoardo è la Napoli di Elena Ferrante, divisa tra città
di sopra e di sotto come divisa è la realtà che scopre di vivere la
sorprendente protagonista, disorientata e arrabbiata insieme, per
la scoperta delle false verità che le avevano insegnato le figure
più importanti della sua vita. “I personaggi utilizzano la bugia
come strumento di lotta, per piegare la realtà ai propri
desideri”, spiega il regista, che proprio grazie all’autrice
originale ha trovato la giusta chiave per rendere più
“amabile” zia Vittoria. Il loro è stato un “rapporto
epistolare” e insieme una “esperienza affascinante” che si è
sviluppato ancora una volta a distanza, lettera dopo lettera, fino
a quella arrivata dopo la visione conclusiva della serie, ormai
terminata. “Una lettera bellissima che porterò sempre nella
memoria“, la definisce De Angelis, che Valeria Golino descrive
come “il regista più calmo” conosciuto, in grado di “dare
calma, anche se stai sul Titanic“, uno che “ti protegge da
tutto“.
“Non avevo mai pensato
di fare qualcosa del genere“, racconta la giovane esordiente,
che sul proprio profilo Instagram ormai alterna le immagini di
eventi mondani e servizi fotografici a momenti privati simili a
quelli di qualunque adolescente (come anche lei è, avendo compiuto
diciotto anni proprio sul set della serie). “Un compito più
grande di me“, come lo ricorda, al quale è arrivata
casualmente, per la foto mandata dalla madre al casting, e che ha
affrontato al meglio grazie al “Signore e Padrone” del set.
“Grazie a Edoardo non avevo mai l’ansia di girare – ricorda.
– Ero lì tutti i giorni, sembrava di stare a casa mia. Passavo
piu tempo con lui che con mia mamma, al punto che quando abbiamo
finito non volevo più andare via“.
Crescita, sviluppo,
riscoperta
Nei primi episodi sono
lei e la zia Vittoria di Valeria Golino a spiccare di più, come
d’altronde prevede la premessa della serie stessa, nella quale
tutto nasce dalla frase detta dal padre e ascoltata di nascosto
dalla ragazza: “Sta facendo la faccia di Vittoria“. Un
accenno che scatena la curiosità di Giovanna e la spinge a uscire
dalla sua bolla, ad accorgersi che le travolgenti lezioni della
reietta Vittoria corrispondono alla ricerca della propria identità
che la serie racconta nel suo svilupparsi.
La vediamo – e la vedremo
crescere nel corso di La vita bugiarda degli adulti –
da intelligente e problematica, refrattaria alla scuola e alle
regole, a giovane donna. L’ennesima raccontata dall’autrice della
quale ancora non sappiamo ufficialmente l’identità, che questa
serie promette di farci riscoprire, dopo averla riletta con
coraggio e originalità autoriale. Ci aspettano alti e bassi,
episodi più o meno riusciti, forse, come in tutte le produzioni
televisive che affollano il nostro panorama, ma il cambiamento di
Giovanna, i segreti che scopre, le bugie che la circondano, l’amore
e il sesso, sono dei temi che in mano a Edoardo De
Angelis difficilmente ci regaleranno delusioni.
La vita bugiarda
degli adulti, la nuova serie in 6 episodi prodotta da
Fandango e tratta dall’omonimo romanzo di Elena Ferrante, edito da
Edizioni E/O, debutterà su Netflix il 4 gennaio 2023 in tutti i
Paesi in cui il servizio è attivo. La vita bugiarda degli
adulti è scritta da Elena Ferrante, Laura
Paolucci, Francesco Piccolo ed Edoardo De Angelis e
diretta da Edoardo De Angelis.
La vita bugiarda
degli adulti, la trama e il cast
La serie è un ritratto
potente e singolare del passaggio di Giovanna dall’infanzia
all’adolescenza negli anni Novanta. La ricerca di un nuovo volto,
dopo quello felice dell’infanzia, oscilla tra due Napoli
consanguinee che però si temono e si detestano: la Napoli di sopra,
che s’è attribuita una maschera fine, e quella di sotto, che si
finge smodata, triviale. Giovanna oscilla tra alto e basso, ora
precipitando ora inerpicandosi, disorientata dal fatto che, su o
giù, la città pare senza risposta e senza scampo.
PERSONAGGI di La
vita bugiarda degli adulti
GIOVANNA (Giordana Marengo) Giovanna è un’adolescente
degli anni ‘90 alla ricerca della propria identità. Capelli corti,
occhi penetranti e un look aggressivo, grunge. “Sta facendo la
faccia di Vittoria”, dice di lei la madre al padre all’inizio della
storia. E forse è vero, se a quindici anni, cresciuta nel mondo di
sopra della Napoli bene, sta diventando brutta e cattiva come
l’innominabile zia con cui la famiglia Trada non parla da anni.
Giovanna legge molto, adora i romanzi, è sveglia, intelligente,
capace, ma a scuola va male; a casa, con i genitori prima tanto
amati, dopo quello che li ha sentiti dire, è una battaglia
quotidiana – e quale atto di ribellione migliore contro una
famiglia di insegnanti se non quello di venire bocciata? Giovanna è
una ragazzina che sta diventando donna, già però dentro il corpo
prosperoso di una fimmina che attizza le indiscrete attenzioni
maschili. Giovanna sta cambiando, lo sente. È quindi per
ritrovarsi, per capire che faccia abbia veramente, che convince il
padre a farle visitare la zia. L’incontro con Vittoria, che le
somiglia tantissimo e nella quale non può fare a meno di
rispecchiarsi, le apre gli occhi: scoprirà inconfessabili segreti
sui suoi genitori e il loro passato, imparerà a mentire come gli
adulti, a parlare come la zia, e come Vittoria ad aprirsi all’amore
e al sesso.
VITTORIA (Valeria
Golino) -La zia di Giovanna, sorella di Andrea.
Vittoria è una tempesta, prosperosa e selvaggia, sboccata,
sfacciata, insofferente e ironica, scostante ma a suo modo
amorevole. È una fumatrice appassionata, si trucca molto, indossa
vestiti fasciatissimi e sgargianti. Vittoria – cattolica
praticante, licenza media, donna di servizio – ha un amore tragico
nel suo passato, il suo unico grande amore, Enzo. Nella famiglia di
Giovanna, la zia è una figura sfocata, un rettangolino precisissimo
a cancellare il volto su una vecchia fotografia, un essere
misterioso e stregonesco che porta scompiglio, che in casa non può
essere nominato e che per questo accende la fantasia della nipote.
Vittoria ama Giovanna, ma le due hanno un rapporto conflittuale.
Sarà grazie a lei che scoprirà la vera natura degli adulti: sono
tutti bugiardi… anche lei.
ANDREA (Alessandro
Preziosi) – Padre di Giovanna, marito di Nella e
fratello di Vittoria. Andrea, capelli impomatati e sigaro in bocca,
è un intellettuale coltissimo, comunista, insegnante rispettato del
Vomero che scrive pezzi su L’Unità di Napoli. All’apparenza,
potrebbe sembrare un uomo gentile, allegro, un marito innamorato,
un amico fedele, un padre affettuoso, e forse lo è stato, ma da
quando Vittoria ha consigliato a Giovanna di guardare attentamente
i suoi genitori, “perché altrimenti non ti salvi”, si è accorta di
chi è veramente: un bugiardo patentato, un traditore. Andrea è un
uomo che non ti guarda mai negli occhi, capace di scatti d’ira
improvvisi, che, a differenza di Roberto, si vergogna della miseria
del Pascone in cui è cresciuto. È forse per questo che ha troncato
ogni rapporto con Vittoria, perché gli ricorda da dove viene.
NELLA (Pina Turco) – Mamma di Giovanna e moglie di
Andrea. Anche lei, come il marito, è una rispettata insegnante che
arrotonda traducendo romanzi stranieri. Andrea è la sua luce, ama
la sua intelligenza, la sua cultura, il coraggio che gli ha
permesso di emanciparsi dalla miseria del quartiere in cui è
cresciuto. Nella è una madre attenta e comprensiva, che però non
riesce più a comprendere la figlia, la sua ossessione per Vittoria,
che per lei è un mostro bugiardo e invidioso, che ha fatto di tutto
per ostacolare l’ascesa del marito.
MARIANO (Biagio Forestieri) – Marito di Costanza, è
il migliore amico di Andrea – i due si conoscono dai tempi
dell’università – con cui è capace di discutere per ore di
letteratura e politica. Colto e sboccato, è anche lui professore
della Napoli bene. Laico, liberale, progressista, comunista: sono i
valori con cui ha cresciuto le figlie. Occhialino tondo e baffo
folto, è quello che nel gruppo di amici si concede più spesso l’uso
del dialetto.
COSTANZA (Raffaella Rea) – Moglie di Mariano, madre
di Angela e Ida, unica erede di una ricchissima famiglia napoletana
che le ha lasciato la stupenda villa vista mare di Posillipo, in
cui abita con la famiglia. Costanza è una donna raffinata,
elegante, misurata, dal portamento signorile, sempre ben vestita,
truccata, acconciata.
ANGELA (Rossella Gamba) – La figlia maggiore di
Mariano e Costanza. Coetanea di Giovanna e sua migliore amica, si
conoscono dall’infanzia. Angela è bella, femmina, elegante come la
madre. Ammira moltissimo l’amica, tanto che fin da piccole se c’era
una cosa che interessava Giovanna doveva averla subito anche lei.
Perché, in realtà, quello che Angela prova veramente per l’amica è
una forte attrazione…
IDA (Azzurra Mennella) – Sorella minore di Angela.
Ida è la brava figlia di genitori borghesi; durante la serie, però,
proprio come Giovanna, entrerà in contrasto con loro. Lettrice
vorace, passa il tempo scrivendo sul suo diario, ogni cosa che le
capita diventa storia da raccontare, o da mettere in versi, che,
nonostante la giovane età, riscuotono già buoni consensi. Seppur a
volte si senta esclusa dal legame che unisce la sorella e Giovanna,
forse è l’unica che la capisce veramente.
MARGHERITA (Susy Del
Giudice) – La madre di Corrado, Tonino e Giuliana, moglie di Enzo,
maresciallo di pubblica sicurezza, l’amore tragico di Vittoria.
Scoperto il tradimento del marito dopo la soffiata di Andrea,
Margherita ha costretto Enzo a rompere la relazione adulterina.
Quando però si è ammalato, poco dopo, compresa la natura sincera e
travolgente del sentimento per Vittoria, le ha concesso di
accudirlo assieme a lei nei suoi ultimi giorni di vita. Da allora,
le due donne sono inseparabili, abitano accanto, Vittoria è
diventata l’altra madre dei suoi figli. A osservarle bene, però, si
nota subito come Margherita sia succube dell’amica.
CORRADO (Giuseppe
Brunetti) – Corrado è il più espansivo dei tre fratelli, quello che
fisicamente e caratterialmente assomiglia di più al padre Enzo.
Corrado è un bambinone che gioca a fare il guappo, frequenta i
brutti giri dell’amico Rosario che spadroneggia nel quartiere, ma
in realtà è un PIB, un “pesce in brodo”. S’invaghisce fin dal primo
incontro di Giovanna, che per lui diventa quasi un’ossessione.
Roberto è la sua nemesi, forse perché in lui vede l’emancipazione
da quella vita misera che non è riuscito e non riuscirà mai a
ottenere.
TONINO (Gianluca
Spagnoli) – Tonino è bello, emana forza, ma è timidissimo, anche se
capace di scatti d’ira che lo trasfigurano. È il più sensibile dei
tre fratelli: per Vittoria nutre una sorta di devozione intimorita.
Amico intimo di Roberto. Per Tonino, Napoli è diventata un vicolo
cieco, dove le persone serie come lui vengono guardate con
sospetto, è per questo che vorrebbe andarsene, se restasse
sprecherebbe la sua vita.
GIULIANA (Maria Vera
Ratti) – Incantevole, con quei suoi occhi grandi e chiari, la
figura magra e slanciata. Sorella di Tonino e Corrado, è la ragazza
di Roberto, che ama perdutamente e che gli ha cambiato la vita,
togliendola dalla miseria in cui era destinata stagnare. E se
adesso la allontanasse, se cambiasse idea sulla loro relazione, lei
si sentirebbe perduta. Per questo è gelosissima fino alla nevrosi
di tutte le donne che gli ronzano intorno a Milano, come Michela,
collega d’università del ragazzo, arguta e intelligente come
Giuliana pensa non potrà mai essere.
ROBERTO (Giuseppe
Buselli) – Giovane ideologo di area cattolica. Nato e cresciuto al
Pascone, da anni si è trasferito a Milano, dove insegna
all’università. Considerato tra i più promettenti teologi della sua
generazione, ha fatto dello studio e della sua eloquenza un mezzo
di riscatto sociale. Roberto ha l’intelligenza e la bellezza della
fede, si infervora quando ne discute, con quei suoi occhi chiari e
i riccioli biondi che lo fanno assomigliare a uno degli arcangeli
dei Vangeli che studia.
ROSARIO (Adriano
Pantaleo) – Figlio dell’avvocato Sergente, potente e temuto
camorrista. Protetto dal nome che porta, si sente il boss del
Pianto, pensa di poter fare e ottenere tutto ciò che vuole, anche
Giovanna, di cui s’invaghisce. Rosario, i denti sporgenti assai,
l’espressione fissa in un ghigno strafottente, sfreccia su una
Ferrari gialla, sfoggia orologi costosissimi e con i suoi sgherri,
di cui fa parte anche Corrado, fa il bello e il cattivo tempo nel
rione.
NOTE SULLE LOCATION
Le riprese della serie si
sono svolte a Napoli e a Milano. A Napoli le riprese hanno
interessato diversi quartieri tra il centro e la periferia. In
particolare, la casa di Giordana si trova al Vomero mentre quella
di Zia Vittoria a Poggioreale, che la Ferrante nel romanzo chiama
Pascone. A Milano la casa di Roberto si trova sui Navigli della
città.
NOTE DI REGIA A
cura di Edoardo De Angelis
Questa serie parla
dell’importanza di ciò che è irrilevante. Elena Ferrante gioca con
il paradosso della realtà sistematicamente ribaltata o aberrata
seguendo la sola regola del proprio interesse. Nel continuo
rispecchiamento di un personaggio nell’altro, ognuno scopre che la
verità è una parola che più la apri più rivela la sua natura
bugiarda.
Nel vortice melmoso di
adulti ossessionati dall’autorappresentazione di se stessi come
giusti, onesti, sinceri, Giovanna scopre che la vita è sporca,
puzza e certe volte è pure brutta. Scopre che la sola verità
possibile sta nella bellezza di una bugia piena di desiderio, di un
amore opaco, come le finestre dei cessi.
NOTE DI PRODUZIONE A
cura di Fandango
È con grande piacere che
siamo tornati a lavorare su un romanzo di Elena Ferrante, autrice
straordinaria con cui collaboriamo da tempo.
La vita bugiarda degli
adulti è stata l’occasione per collaborare per la prima volta con
Edoardo De Angelis, regista sensibile e di grande talento. Edoardo
racconta la “sua” Napoli aprendo smagliature profonde nella realtà
che circonda la protagonista, Giordana Marengo, attrice esordiente
che siamo certi avrà davanti a sé un futuro radioso. Edoardo è
riuscito a mettere in scena con sorprendente forza visiva la storia
di una ragazza che, disorientata, spaventata, arrabbiata, non vive
soltanto una crisi di crescita ma una crisi dentro lo sfarinarsi di
due grandi ideologie.
I tre figli di un anziano uomo
colpito da un ictus sono accanto al padre, completamente
immobilizzato. La villa in cui lo assistono è sul
mare, a La calanque de Méjean, una splendida baia nei dintorni di
Marsiglia. C’è Angèle, che vive a Parigi e fa l’attrice di teatro,
Joseph perso d’ amore dietro una ragazza estremamente più giovane
di lui e perennemente depresso e insoddisfatto e Armand,
proprietario di un modesto ristorante a pochi passi dalla villa,
l’unico della famiglia rimasto a vivere nella zona. C’è poi un
pescatore sognatore e colto, invaghito fin da bambino di Angèle, un
giovane medico e i suoi ostinati genitori e dei militari che
pattugliano la costa alla ricerca di migranti.
L’occasione forzata che li
costringe a riunirsi è chiaramente il naturale spunto per fare i
bilanci di una vita, riflettere su scelte, sbagli e tragedie
che hanno segnato il loro passato. Poi, un giorno, arrivano dei
profughi a bordo di un gommone, tre bambini.
La villa, il film di Robert Guérdiguian
Robert
Guérdiguian, di madre armena e padre tedesco, ha già
diretto numerosi film di successo, tra i quali Marius e
Jeannette (1997), Marie-Jo e i suoi due
amori (2002), Le passeggiate al Campo di
Marte (2005) e Le nevi del Kilimangiaro
(2011). Spesso ha messo la città di Marsiglia, dove è nato, e i
suoi bellissimi dintorni al centro delle sue storie. Ha sempre
pensato a La Calanque de Méjean come a un teatro naturale,
dove il mare sembra il fondale di tela dipinta e, soprattutto in
inverno, quando non c’è più nessuno, assume quel sapore di
abbandono bellissimo e malinconico, un set ideale.
Ama definire “bolla all’aria
aperta” la situazione che abilmente crea intorno ai suoi
personaggi, una bolla dove “alcuni fratelli e sorelle, padri e
madri, amici e amanti si confrontano sugli amori del passato e
sugli amori che verranno. Tutti questi uomini e tutte queste donne
condividono gli stessi sentimenti: sono in una fase della vita in
cui si ha profonda consapevolezza del tempo che passa e dei
cambiamenti del mondo. Le strade che hanno a lungo spianato si
stanno gradualmente ricoprendo e devono essere costantemente
mantenute, altrimenti se ne dovranno creare di nuove”
Nonostante lo sguardo sia
concentrato sui tre fratelli protagonisti, il film affronta, in
maniera per niente marginale, il problema dei profughi. Quando fa
riferimento a questo, Guérdiguian sostiene “Per quanto
possa sembrare un’esagerazione, mi sento di affermare che oggi non
potrei fare un film senza fare riferimento ai profughi: viviamo in
un mondo in cui le persone annegano in mare quotidianamente. Ho
scelto intenzionalmente la parola “profughi”. A prescindere che sia
da imputare ai cambiamenti climatici, ad altre ragioni, o a una
guerra, queste persone sono alla ricerca di un rifugio, di un
focolare”.
La villa è una
continua riflessione sul tempo che scorre, sulla caducità della
vita, sulla casa, sulla famiglia e sulla propria appartenenza.
Ognuno dei personaggi cerca di fare i conti con questo. Gli attori
sono tutti bravissimi, perfettamente calati nelle rispettive parti
e assolutamente credibili come fratelli che hanno fatto scelte
differenti che li hanno portati a vivere lontani l’uno dall’altro.
L’attrice che interpreta con grande delicatezza e introspezione
Angèla è la moglie del regista, Ariane Ascaride,
già apparsa in altri suoi lavori. Molto struggente è un vecchio
filmato in S8, inserito come flashback, dove si vedono i
protagonisti giovani e spensierati, ancora spavaldi nei confronti
della vita che verrà. La scrittura risulta assai efficace,
estremamente naturale e mai forzata, abilmente punteggiata da
momenti ironici che si contrappongono invece alla drammaticità
degli eventi. La regia è delicata, intima, umana, mai
invadente.
Il finale di La
villa è incantevole, affatto scontato. È il degno
coronamento di un film come solamente i francesi sanno fare.
Marion Cotillard nel ritirare
l’Oscar come miglior
attrice protagonista per La vie en rose
nel 2007 ha ringraziato con parole commosse il regista
Olivier Dahan: “Maestro Olivier, hai davvero
sconvolto la mia vita!”. Dal canto suo, anche Dahan deve molto
all’attrice che gli ha permesso di emergere nettamente dopo I
fiumi di porpora 2 – Gli angeli dell’apocalisse ed ha aperto
la strada alle sue future esplorazioni dell’universo femminile,
come quella in Grace di Monaco. L’Academy ha premiato anche il
trucco di Didier Lavergne e Jan
Arcibald, che ha trasformato il volto dell’interprete
affinché si avvicinasse il più possibile alla Piaf.
La vie en
rose, i premi vinti
Non è stata solo l’Academy a
premiare
Cotillard, che ha ottenuto il Golden Globe e il BAFTA
per la sua potente performance di attrice. BAFTA anche per il
trucco, i costumi di Marit Allen e la colonna
sonora di Christopher Gunning. In patria il film
ha fatto incetta di César con il premio per
Marion Cotillard come miglior attrice protagonista,
per la fotografia di Tetsuo Nagata , la
scenografia di Olivier Raoux e i costumi.
Olivier Dahan e la sua Piaf
lontana dal mito
Dahan non vuole fare della Piaf un
mito. La sua Piaf è una donna minuta nel fisico, fragile dal punto
di vista emotivo, proprio come il suo nome d’arte suggerisce –
Piaf: passerotto. Una donna che ha sperimentato il dolore, le
difficoltà di un’infanzia e una giovinezza difficili, la vita di
strada. La sua età adulta è segnata da grandi amori – nel film
soprattutto di quello per il pugile Marcel Cerdan (Jean
-Pierre Martins), morto tragicamente – e grandi delusioni,
oltre che dalla malattia e dalla conseguente dipendenza da farmaci.
Tuttavia, Piaf è anche una donna piena di energia, di passione che
mette al servizio della sua dote più grande: il canto, magnetico e
intenso grazie a una voce potente e ad una capacità di interpretare
che proprio dalla sua travagliata esistenza trae forza.
Dahan coglie e palesa questo
contrasto, conducendo lo spettatore tra gli alti e bassi della vita
della cantante, cui attinge liberamente. Mai schiavo dell’ordine
cronologico, ma neppure vittima di un errare caotico, sceglie
accuratamente i momenti e le figure più significativi,
posizionandoli ad hoc con abile uso del flashback. Tra le figure
centrali, Gerard Depardieu nel ruolo di Louis
Leplée, primo impresario della giovane Edith, che sceglierà per lei
il nome di “Piaf”.
L’interpretazione di
Marion Cotillard ne La vie en
rose
Una prova difficile ed
emotivamente intensa per l’attrice francese, che però ha saputo
condurla con sicurezza, svolgendo un grande lavoro sul corpo: non
solo sul volto, che ha richiesto lunghe sedute di trucco, senza
però intaccare la capacità espressiva dell’attrice, ma sulla
postura, via via sempre più curva a causa dell’artrite deformante
di cui Piaf soffriva, sulle movenze, che ha reso estremamente
credibile il personaggio. Lavoro che non ha risparmiato la voce,
con la scelta di un timbro piuttosto sporco, retaggio dei
bassi da cui la cantante proveniva.
L’adesione di
Cotillard al personaggio l’ha condotta, come ha
dichiarato, alla difficoltà ad abbandonarlo: “E’ stata la prima
volta in cui ho avuto problemi nel liberarmi dal personaggio”. “
Avevo trascorso sei mesi con lei e sono entrata davvero in un’altra
dimensione”. “Quando fai un film passi tanto tempo con questa
persona (il personaggio ndr). In un certo senso te ne
innamori. Poi, arriva l’ultimo ciack e non condividerai più la tua
vita con lui. A volte può essere brutale”.
Piaf e Jil Aigrot cantano
Piaf
L’interpretazione dell’attrice non
è per nulla sminuita dal fatto che non sia lei a cantare. A darle
voce al microfono con straordinaria adesione è l’interprete
francese Jil Aigrot, in tutti i brani di cui non è
stato possibile utilizzare una versione cantata dalla stessa Piaf.
La voce originale della Piaf si può apprezzare in brani come La
vie en rose, L’hymne a l’amour, Non, je ne
regrette rien, Milord tra gli altri. Così
Cotillard parla di questo aspetto del lavoro in
un’intervista: “E’ stata la parte più dura della preparazione”.
“Ho voluto prendere lezioni di canto, anche se nel film non avrei
cantato. Volevo imparare la sua tecnica, come posizionare la
lingua, come posizionarmi sul palco, la respirazione e così via.
Perché doveva essere realistico. Se non credi che io stia cantando,
allora puoi gettare il film nella spazzatura”. Un
rischio che La vie en rose non corre.
Non, je ne regrette rien e
l’invito ad amare
Non, je ne regrette rien è
indubbiamente il brano più toccante, vero e proprio testamento di
Edith Piaf, che guardando indietro alla propria vita, segnata dal
dolore ma anche dal successo e da una popolarità senza precedenti,
rivendica le proprie scelte con forza, sempre confidando
nell’amore. E’ proprio questo il messaggio che la protagonista
lascia in una delle sue ultime interviste: “Che consiglio
darebbe a una donna?” “Ama” “A una ragazza?” “Ama” “A una bambina?”
“Ama”.
Sull’onda di questo invito,
Olivier Dahan affida a Marion Cotillard la costruzione di un finale
commovente per La vie en rose, un film
che svela la Piaf donna accanto all’idolo della canzone,
coinvolgendo lo spettatore con la sua umanità.
Arriva al cinema l’acclamato film
La Vie d’Adèle, che ha vinto la Palma d’oro al 66° Festival di
Cannes diretto da Abdellatif Kechiche, adattamento
cinematografico del romanzo a fumetti Il blu è un colore caldo di
Julie Maroh.
In La Vie d’Adèle Adèle
(Adèle Exarchopoulos), una liceale introversa e
sensibile, vorrebbe sentirsi innamorata come le sue coetanee, ma la
relazione con il suo ragazzo Thomas (Jeremie
Laheurte) non la rende felice. Un giorno incrocia per
strada una sconosciuta che attira la sua attenzione. Ha occhi e
capelli azzurri, un’espressione maliziosa e lo sguardo fisso sul
suo viso. Come stregata, l’adolescente segue questa fata moderna.
La trova, le dà un nome, Emma (Lèa
Seydoux), scopre che studia all’Accademia di Belle
Arti e che è un’artista un po’ snob, un’intellettuale.
Il loro è un colpo di fulmine da
romanzo e, nonostante le incolmabili diversità, tra le due si
insinua la complicità, l’affetto, un primo bacio, un secondo e
infine la passione. I loro corpi si cercano in modo vorace, come se
dovessero nutrirsi l’una dell’altra. Il contatto, che Kechiche
mostra in scene lunghissime senza alcuna censura, somiglia a
un’urgenza: l’urgenza di amare, di cogliere l’anima dell’altro, di
fermare un istante fuori dal tempo.
La Vie d’Adèle, il film
Gli anni passano, Adèle ed Emma
vanno a vivere insieme, ma le preoccupazioni quotidiane, le gelosie
e i tradimenti rubano spazio allo slancio iniziale. Qualcosa si
spezza. Ma quando la nostalgia si sostituisce definitivamente alla
felicità e le lacrime ai sorrisi, poco prima dei titoli di coda,
ecco che si presenta un accenno di futuro, una possibilità, a
suggerire che la vita, più forte degli eventi avversi, andrà
avanti. Un frammento di esistenza che in tre ore buca lo schermo e
arriva al cuore di chi guarda. Una poesia in immagini. Una storia
personale e intima sventolata ai quattro venti eppure scevra di
timori. Questo è il cinema quando compie la sua magia, questa la
sensazione che lascia l’incantesimo riuscito di Kechiche:
La Vie d’Adèle.
Con una delicatezza senza eguali il
regista e le due bravissime protagoniste mettono in scena un
ventaglio di emozioni intense e pure, lasciando ad altri il
galateo, i trucchi del mestiere, l’accompagnamento dei violini.
Senza paura di mostrare come diventa davvero un volto sfigurato dal
pianto o dall’estasi, dalla rabbia o dalla disperazione, Kechiche
srotola il filo di una vicenda come tante astenendosi da giudizi
(resterà deluso chi si aspetta un manifesto dell’amore saffico) e
toccando in profondità ogni spettatore.
Tutti, per qualche ora, sono Adèle
e possono sentire, complice la camera vicinissima ai volti e ai
corpi, la sua forza vitale, la sua tenerezza, le sue paure. Dopo
l’ultima scena si vorrebbe riavvolgere il nastro per rivedere
ancora ogni istante e, contemporaneamente, prolungare il film con
la mente, inventare un futuro, dare una destinazione a tutte le
strade rimaste aperte. Vincitrice della Palma d’Oro al Festival di
Cannes appena concluso, la pellicola, che ha giustamente rapito la
giuria con la sua grazia brusca e l’assenza di maniera, è destinata
a chi preferisce la bellezza piena di imperfezioni della realtà
alla patina rigida del cinema classico. Consigliata in particolare
a quelli che riempiono le piazze contro le coppie omosessuali,
perché ne La Vie d’Adèle potrebbero
addirittura riconoscere sé stessi.
Ecco il primo trailer
di La vie d’Adele, il film che ha trionfato all’ultimo Festival di
Cannes vincendola Palma d’Oro. Il film con protagoniste
Adèle Exarchopoulos e Léa Seydoux
verrà distribuito in Italia da Lucky Red ed è basato su
Le Bleu est Une Couleur Chaude di
Julie Maroh, graphic novel pubblicata da Glénat
nel 2010 che racconta l’incontro tra due ragazze, Adele ed Emma, e
la loro relazione sentimentale fuori dagli schemi.
Ha trionfato al
Festival di Cannes 2013, appena conclusosi, conquistando la Palma
d’Oro e la Giuria composta da Steven
Spielberg,Nicole Kidman, Ang Lee, Naomi
Kawase,
La vida y nada
mas, presentato all’interno delle Selezione Ufficiale
della Festa del cinema di Roma 2017 e diretto da Antonio
Méndez Esparza, affronta il rapporto tra genitori e figli
adolescenti che vivono in una situazione difficile.
Il giovane afroamericano Andrew è
alle soglie dell’età adulta ed è in cerca del proprio posto
nell’America di oggi. La madre non è intenzionata ad aiutarlo e per
cercare di entrare in contatto con il padre assente deve muoversi
da solo, anche verso terreni pericolosi.
Il regista, dopo il grande successo
di Qui e là del 2012, ritorna a raccontare
l’umanità nelle sue situazioni quotidiane. Proprio per questo, la
regia insiste soprattutto sui luoghi e sulle azioni che i
protagonisti compiono abitualmente, con una ripetizione insistita.
Il ritmo del racconto è lento e spesso sfuma lasciando situazioni
in sospeso per evidenziare lo stato di incertezza e di difficoltà
che vivono i personaggi. Ma la storia non risparmia anche lunghi
silenzi e momenti costruiti a comporre un crescendo di
tensione.
Andrew, interpretato da
Andrew Bleechington, è un adolescente fragile e
taciturno che ha bisogno di sostegno. Cerca aiuto all’esterno della
sua stessa famiglia, ma non sa distinguere quali siano le persone e
i modi giusti da seguire. La madre Regina, interpretata da
Regina Williams, è una donna che non sa gestire la
situazione familiare e preferisce cercare altri stimoli. Si mostra
presente solo con la figlia più piccola, evidentemente meno
problematica di un adolescente.
Pur trattando temi difficili,
La vida y nada mas smussa i contorni omettendo i
particolari più crudi. Si concentra soprattutto sull’aspetto
psicologico dei personaggi, su quello che provano quando si sentono
incompresi o quando si distraggono con altri stimoli. Questa scelta
di edulcorare i temi trattati rende il film meno cattivo ma non per
questo banale.
Dopo aver visto The Old Oak al Festival di Cannes 2023,
finalmente quello che potrebbe essere l’ultimo
film di Ken Loach è in Italia, accompagnato
dall’ottantasettenne e irriducibile regista inglese. Che in vista
dell’uscita in sala del 16 novembre (distribuzione Lucky
Red), continua a concedersi generosamente al pubblico –
incontrato in diversi cinema della Capitale, anche in compagnia di
Zerocalcare – e alla stampa.
Un dramma attualissimo e
insieme “una storia di umanità e solidarietà“, e di
speranza, pilastri del mondo che Loach – e noi con lui – sogna da
sempre e che di nuovo è ambientato nel Nord Est britannico, a
conclusione di una ideale trilogia iniziata con Io, Daniel Blake e continuata con il precedente
Sorry We Missed You. Qui, in una cittadina come tante,
vengono trasferiti dei rifugiati siriani che non tutta la comunità
locale sembra disposta ad accettare. È il proprietario dell’ultimo
pub rimasto (il TJ di Dave Turner), The Old Oak appunto, ad aprire le porte
dell’unico centro di aggregazione disponibile alla gente di Yara
(Ebla Mari) nonostante le tensioni e la diffidenza
che alcuni soggetti puntano ad alimentare.
Una storia con un
messaggio forte, da dove nasce?
I personaggi sono
fittizi, ma le storie raccontate sono vere. Quelle degli abitanti
di una regione che aveva sempre vissuto delle industrie
dell’acciaio, del carbone, che però non esistono più. Le miniere
sono state distrutte dalla Tatcher, non per ecologismo, ma per
indebolire il sindacato dei minatori, e quando è successo non c’è
stato più lavoro per nessuno e le comunità sono andate in crisi. La
gente si è arrabbiata, si è sentita imbrogliata da conservatori e
centristi laburisti, e quando sono arrivati i rifugiati siriani –
come in nessun’altra area del Paese – la gente ha iniziato a
chiedersi “perché?”. E il “non vi vogliamo” è diventato “non ci
piacete”. Con Paul Laverty, che ha fatto la maggior parte delle
ricerche e ha creato i personaggi e la storia, volevamo studiare
come possa svilupparsi il razzismo a partire da giuste rimostranze
e come potessero trovare un modo per convivere due
comunità come
queste. Va detto che il film è ambientato nel 2016, ma le nostre
ricerche risalgono al 2020, quando, dopo l’ostilità che mostriamo,
si era finalmente creata una connessione tra le persone. Cosa che
ci ha fatto sentire giustificati nel dire che fosse possibile, che
la gente può davvero unirsi.
Come stanno facendo i
lavoratori in Italia, ha seguito le polemiche sull sciopero di
venerdì 17?
Nel Regno Unito sta
succedendo la stessa cosa, giustificando il divieto di scioperare
con il fatto che i servizi essenziali devono essere mantenuti. Ma
questo dimostra che la classe al potere, i politici, hanno paura.
Può sembrare un momento buio, ma come si dice: “È sempre più buio
prima dell’alba”. Non si può essere costretti a lavorare in
situazioni di sfruttamento, se i diritti vengono attaccati per una
categoria, lo sono per tutte. E tutto il movimento sindacale deve
smettere di lavorare. O lo fai o perdi. È una sfida per i leader
sindacali, è un momento critico che mostra quanto vicini siano a
una importante vittoria. Credo…
Qui ha conosciuto
Zerocalcare, con il quale sembrate condividere molto.
Devo ammettere che non lo
conoscevo prima di incontrarlo ieri sera a Roma, peccato, perché è
davvero una bella persona. Abbiamo parlato molto e ci siamo trovati
d’accordo su molte cose. Abbiamo anche riso un po’. Non vedo l’ora
di vedere i suoi lavori. Persone che io rispetto mi dicono cose
belle di lui, è stato un piacere incontrarlo. Vorrei avere la sua
gioventù.
Un tema comune è
sicuramente quello della Palestina, come mai è un argomento tanto
sentito dalle persone quanto apparentemente lontano dalla
politica?
Lasciatemi dire prima di
tutto che la barbarie dell’azione di Hamas è stato un crimine di
guerra, come anche il lungo attacco di Israele contro la gente di
Gaza. E in merito cito la posizione del segretario generale
dell’ONU António Manuel de Oliveira Guterres, che credo abbia
tenuto un discorso molto saggio: gli attacchi del 7 ottobre non si
sono verificati dal nulla, ha detto, citando decenni di oppressione
dei palestinesi. Tutti hanno il diritto a difendersi e a godere dei
diritti umani, e i palestinesi hanno il diritto di resistere quando
quei diritti vengono negati. Alla fine la responsabilità di
intervenire è sempre delle Nazioni Unite, l’unico modo è agire in
maniera collettiva e in nome della legge e dei diritti umani, ma
l’ONU è intervenuta in passato in altre aree, perché non per i
diritti umani dei palestinesi?
Cosa può fare il
cinema? Un film come The Old Oak?
Quella del cinema è una
piccola voce in un mondo rumoroso. La speranza è che gli spettatori
lascino il cinema con una domanda. Tutto dipende da quel che fanno
le persone quando poi escono dalla sala. Noi possiamo incoraggiare
quelli che possono davvero cambiare il mondo.
Alla sua età, con la
sua storia, non si chiede mai “chi me lo fa fare!”?
No, perché il mio è un
grande privilegio. Il cinema è un mezzo meraviglioso, contiene
tutto. Raccontiamo storie, creiamo personaggi, c’è scrittura, arti
visive, musica, può essere un grande mezzo popolare. Io ho avuto la
grande fortuna di iniziare negli anni ’60, nella televisione, in un
momento veramente unico nel quale la tv era agli albori e la gente
che la controllava non si era resa conto di quanto potente potesse
essere. Io facevo parte di un piccolo gruppo di giovani, tutti tra
i 20 e i 30 anni, con i quali realizzavamo fiction contemporanee,
una diversa ogni settimana, un’ora e mezza in prima serata, giusto
dopo le news e nessuno vedeva cosa avremmo mandato in onda se non
un giorno o due prima. Qualcosa veniva un po’ incasinato, ma in
mezzo al casino qualcosa arrivava. Una volta, con un trucchetto che
li ha fatti infuriare – ma era troppo tardi – ho persino infilato
una citazione di Trotskii: “La vita è bella. Lasciamo che le
generazioni future la ripuliscano da ogni male, oppressione e
violenza, e ne godano appieno”.
La versione di
Barney diretto da Richard J. Lewis e
magistralmente interpretato da Paul Giamatti ripercorre quattro decenni della
vita di Barney Panofsky, seguendo l’andamento altalenante della sua
carriera e della sua vita sentimentale, divisa in tre matrimoni,
due figli e un solo grande amore, Miriam.
La versione di
Barney si basa sull’omonimo e ultimo romanzo di Mordecai
Richler, scrittore simbolo del Canada e morto nel 2001 senza avere
la possibilità di ultimare la stesura della sceneggiatura tratta
dal suo libro alla quale lavorava. Probabilmente se il film fosse
stato da Richler sarebbe risultato migliore, o semplicemente
diverso, ma parlando del film che è e non di quello che sarebbe
potuto essere non si può prescindere dal confronto con un romanzo
che racconta con arguzia e profondità la versione del protagonista
in merito alla sua vita, ai suoi amori, alla sua carriera e ad un
presunto delitto che sulla carta risulta il centro del racconto, ma
che su pellicola diventa solo una parte di un ritratto più ampio,
forse dispersivo.
Il risultato è un film sicuramente
ben confezionato che si dilunga forse eccessivamente ma che si
lascia guardare solo grazie alla bravura del protagonista, un
Paul Giamatti che si conferma non solo
caratterista, ma grande interprete dei tic e dei difetti dell’uomo
moderno. Il suo Barney è esattamente l’uomo di cui ha scritto
Richler, spigoloso e allo stesso tempo generoso, controverso nel
suo racconto soprattutto quando si tratta di se stesso. Seguiamo
Barney nei ghirigori della sua mente mentre (ci) racconta la storia
della sua vita: solo alla fine scopriremo con lui il significato di
questa particolare struttura affastellata che ci accompagna
dall’inizio della sua vita da bohemien a Roma, fino alla fine, dove
Giamatti da il meglio di sé, senza mai
eccedere nel patetico o nel tragico, ma mantenendo la coerenza che
caratterizza il suo personaggio.
Ma un buon film non può basarsi
solo sulla potenza di un attore, almeno non un film in cui i
personaggi di contorno sono così importanti: a partire dallo
splendido Dustin Hoffman, che interpreta il padre di
Barney, irriverente più del figlio, ma come lui ancorato a
quell’idea di amore romantico che dura per la vita; poi c’è
Rosamund Pike, la splendida Miriam, unica donna che
Barney abbia mai amato, bella ed elegante, superiore a lui per
personalità e spirito eppure innamorata i lui anche quando deciderà
di prendere altre strade. Ma non dimentichiamo la bravissima Minnie
Driver, nel ruolo della Signora P., seconda moglie di Barney, ricca
e chiacchierona, sarà grazie a lei che Barney incontra Miriam.
La versione di
Barney molto amato dai realizzatori, potrebbe far
innamorare molti spettatori, e in effetti ha messo d’accordo
persino i fan più accaniti di Richler. Questo però non distoglie
l’attenzione da una lunghezza un po’ eccessiva, che potrebbe
distrarre ma che forse era necessaria per portare sulla schermo
questa particolare storia d’amore di un uomo per se stesso.
La versione di Barney nasce da una coproduzione
tra Canada e Italia, dove l’opera di Mordecai Richler è sempre
stata molto apprezzata.
Continuano a fioccare in rete le
versioni censurate e ambigue dei successi recenti dei film
d’animazione di Disney e
Pixar e dopo il periodo di predominio sulle
parodie e rifacimenti di Frozen – il regno di
ghiaccio, ecco che oggi vi segnaliamo la versione
censurata e ambigua di Up, il capolavoro
dello studios.