I guardiani della
notte è il film fantasy del 2004 di Timur
Bekmambetov e con protagonisti Konstantin Khabenskiy,
Vladimir Menshov, Viktor Verzhbitskiy, Aleksey Maklakov, Alexandr
Samoylenko, Anna Slyusareva, Mariya Poroshina, Dmitriy Martynov,
Anna Dubrovskaya, Ilya Lagutenko, Aleksey Chadov.
I guardiani della notte, la
trama: Dopo secoli di combattimenti, le forze della Luce e
quelle delle Tenebre (vampiri) hanno stretto un accordo: le forze
della Luce faranno la guardia al giorno, quelle delle Tenebre alla
notte. Tuttavia, per esercitare il male, i vampiri devono ottenere
una “licenza” dalle forze della Luce, e sono sottoposti a certe
regole che, se violate, permettono agli agenti della Luce di dare
loro la caccia e distruggerli. I membri della Luce e delle Tenebre
sono Altri, cioè individui apparentemente del tutto simili ai
comuni mortali, dotati però di straordinarie poteri e magiche
risorse. Secondo un’antica profezia, arriverà un Altro, il più
grande di ogni epoca, l’Eletto, anch’esso chiamato a scegliere tra
Luce e Tenebre: se deciderà per la Luce, le Tenebre saranno
distrutte, altrimenti il male regnerà sulla Terra…
I guardiani della notte,
l’analisi
I guardiani della
notte propone una storia avvincente, anche se abbastanza
aggrovigliata; occorre accostarvisi con pazienza e attenzione, per
non perdere la bussola e far combaciare ogni particella. La
vicenda, evitando stucchevoli e geometriche recinzioni, è permeata
da un interessante – non nuovo, ma sempre gradito – discorso sul
Bene e il Male; soprattutto, su come il primo abbia le sue belle
macchie e contraddizioni; è significativo in tal senso quanto dice
l’assetata e disperata vampira Larissa nei minuti finali,
rinfacciando al guardiano Anton d’averle tolto il suo amore
vampiresco, Andrei, dopo averla a questi offerta, strappandola alla
vita normale.
Questi temi e riflessioni derivano
dal romanzo d’origine, I guardiani della notte di
Sergey Luk’janenko, primo capitolo di una trilogia di cui
Bekmambetov ha trasposto cinematograficamente anche il secondo
libro (I
guardiani del giorno). Il cineasta d’origine kazaka
avrebbe potuto narrare in maniera piana e neutra le vicende, con
qualche inquadratura dal basso per i cattivoni e una manciata di
virtuosismi stereofonici; invece, il racconto è una continua
sorpresa creativa. Bekmambetov non si pone limiti, e maneggia la
sua opera come una poltiglia molle, gioca con ambienti e
personaggi, frammenta il quadro, a volte lo affolla fino a farlo
esplodere, smarrendo l’occhio dello spettatore.
Se forse c’è un po’ di (frettolosa)
infedeltà alla pagina – un certo taglia e cuci è il biglietto che
devono pagare i libri per entrare al cinema – non ce n’è,
evidentemente, ai principi di messa in scena dell’autore, alla sua
volontà di sperimentare. Sperimentare, sì, ma entro certi confini:
sembra quasi che, rifuggendo da ogni infantile esibizionismo, la
tecnica e le scelte di Bekmambetov rispettino i confini del mondo
funzionale in cui si dipanano, un universo pulcioso che, pur avendo
a che fare con l’eterna e assoluta disputa tra Bene e Male, è
popolato da mobili vecchi, condomini putrescenti, ciabatte, cibo
surgelato, traffico, confusione, musicaccia pop, tute sintetiche,
burocrazia e corsie d’ospedale. Un grigio e stantio formicaio che
il film, attingendo al romanzo, rende con efficacia, e che trova la
propria forza in quel connubio tra basso e alto, tra gli sbuffi di
polvere del quotidiano moscovita e il soprannaturale, che colora
tanta letteratura russa post rivoluzionaria.
Una delle più interessanti pieghe
formali de I guardiani della notte è il
racconto, da parte di Geser, della leggenda della Vergine di
Bisanzio; un racconto di secondo grado incastonato nella linea
narrativa principale – metadiegetico, quindi – che non si limita
alle sole parole del narratore di turno, ma è oggetto di una
singolare visualizzazione che comincia in stile bula bula
per poi librarsi in una raffinata animazione in bianco e nero.
Questo racconto nel racconto doppia, completa e preannuncia le
evoluzioni di quello principale; simile, in questo senso, il
racconto per immagini – immagini di un videogame! – che scaturisce
dalla console del videogiocatore accanito Zavulon. Smanettando con
i controller, il signore delle Tenebre sperimenta le sue strategie,
abbozza privatamente il racconto prima che questo si snodi sul
binario principale.
La leggenda della Vergine e le
videogiocate di Zavulon si inseriscono in un più generale tessuto
di predestinazione; gli eventi, le azioni, sono già “scritti”. Si
pensi in merito al ruolo della voce narrante che, inaugurando il
lungometraggio per poi dileguarsi, già ne fornisce un profetico
riassunto.
Lavorando su un canovaccio a tratti
un po’ confuso, I guardiani della notte si colloca
con originalità nel filone fantasy, tanto bisognoso di scelte
adulte e non manichee, in termini sia formali, sia di contenuto,
come quelle praticate da Timur Bekmambetov; la
fiducia nel mezzo cinematografico, nelle sue ancora ampiamente
esplorabili potenzialità, si accompagna alla fiducia nello
spettatore, chiamato a riflettere a più livelli, a godere di una
audio visione differente e divertente.