I guardiani del
giorno è il film fantasy del 2006 diretto da Timur
Bekmambetov e conKonstantin Khabenskiy, Vladimir Menshov, Viktor
Verzhbitskiy, Aleksey Maklakov, Alexandr Samoylenko, Anna
Slyusareva, Mariya Poroshina, Dmitriy Martynov, Galina Tyunina,
Nurzhuman Ikhtymbayev, Aleksey Chadov.protagonisti
I guardiani del giorno, la
trama: Nella Mosca contemporanea, la millenaria tregua tra
gli Altri della Luce (veggenti e mutanti) e gli Altri delle Tenebre
(vampiri e stregoni), apparentemente comuni mortali, ma in realtà
individui dotati di straordinari poteri, vacilla; l’accordo di
reciproca sorveglianza pare essere prossimo alla fine per lasciar
spazio al devastante scontro finale.
Il guardiano della notte Anton
Gorodetsky (Kostantin Khabenskiy), affiancato dalla potente Altra
Svetlana (Maria Poroshina), porta avanti il suo compito di
sorveglianza sulle Tenebre serbando nel cuore una ferita: suo
figlio Yegor (Dmitriy Martynov), un Altro dalle grandi e decisive
potenzialità, è diventato un adepto delle Tenebre e il signore
dell’oscurità Zavulon (Viktor Verzhbitskiy) gli fa da mentore. Per
mettere fuori dai giochi Anton una volta per tutte, le Tenebre
cercano di incastrarlo facendolo apparire, anche agli occhi dei
membri della Luce, come un assassino. Quando tutto sembra esser sul
punto di precipitare, con le forza dell’oscurità pronte a far
ripiombare il mondo nell’eterno conflitto tra Luce e Tenebre, Anton
trova la chiave della salvezza nel Gesso del Destino, magico
oggetto proveniente dal leggendario mondo di Tamerlano.
I guardiani del giorno,
l’analisi
Se I guardiani della notte era un
po’ confuso, il sequel I guardiani del giorno, tratto dal secondo
libro della trilogia di Luk’janenko, è proprio mal raccontato. Ed è
un vero peccato; difficile cavarsela con una semplice alzata di
spalle: è forte infatti l’odore di occasione persa. Perché
scegliendo e maneggiando la materia letteraria di Luk’anjenko, il
regista Bekmambetov dimostra di voler far del fantasy che non sia
soltanto un anti stress da fine giornata pieno di biondi che amano
bionde e ammazzano orchi, ma che, in ossequio a tanti felici
prodotti della tradizione letteraria e audiovisiva russo-sovietica
e più in generale dell’Europa orientale, si sostanzi di argomenti e
riflessioni – sulla verità, sulla libertà, sul tempo, su quanto a
volte sia difficile capire il Bene e condannare il Male – di ampia
e problematica portata sui quali ragionare (raccontando)
all’interno di configurazioni, appunto, fantastiche, di cornici
permeate dal sovrannaturale e tuttavia – altro dato, questo, da
mettere in evidenza – mai dimentiche della quotidianità, delle
strade, delle stanze e delle parole di tutti i giorni, delle
afflizioni e delle pieghe del mondo “così com’è”.
Ciononostante, come detto, si
tratta di un’occasione persa, poiché gli intuibili buoni propositi
si scontrano con una narrazione a tratti davvero irritante,
impossibile da seguire, in grado di “far sentire” il libro non
nella traduzione, agile o meno, della sua prosa, ma nella sua non
cauterizzabile mancanza. Il Gesso del Destino che sbriglia, nel
finale, l’accumulo di tensione e la suprema crisi tra le parti
combattenti va più generalmente a diluire l’ansia da comprensione
dello spettatore, donandogli almeno una certezza così
sintetizzabile: l’agognato Gesso salva la baracca.
L’estetica de I guardiani
del giorno prosegue quella de I guardiani della notte. Si
può, come molti hanno fatto, parlare di estetica da videogame, da
videoclip e da spot pubblicitario, a patto di non porre d’ufficio
queste categorie molto pop sul versante del disvalore. Tuttavia, se
nella prima trasposizione da Luk’jankenko i guizzi della macchina,
le accelerazioni, i ralenti, le segmentazioni del quadro e le
diavolerie sonore strutturano piacevolmente il film, ne I
guardiani del giorno questo fare creativo sta un po’ a
guardarsi allo specchio e sfocia nella maniera. Si perdono finezze
riccamente espressive, pezzi d’alto artigianato, come quelle che
costellano la visita del giovane Anton alla strega Darya (Rimma
Markova), una delle prime sequenze de I guardiani della notte, in
favore di fragori un po’ monocordi: si pensi alle prolungate
evoluzioni automobilistiche con cui Alisa (Zhanna Friske) si reca
in auto (letteralmente) nelle stanze di Zavulon.
I guardiani del
giorno – sempre che non si creda nell’esistenza di
qualche monolitico manuale del bravo cineasta – può ben avvalersi
del linguaggio della pubblicità, dei video musicali, della
videoarte, del videogame. Non può forse giovarsi, o non ancora, di
un lusso che i citati linguaggi, in alcune loro manifestazioni,
possono concedersi: la mancanza di un intreccio. Non che nell’opera
di Bekmambetov manchi: ma a volte pare crollare e
insopportabilmente dileguarsi. Certo, non ci si può illudere
d’esser al cospetto di una videopoesia di oltre due ore in cui sono
in gioco determinati valori e sentimenti, sparsi a chiazze e senza
impegno; una trama, si capisce, vuole esserci. Eppure, lo si è
detto, è terribilmente difficile starle dietro. Soltanto un libro –
il nido originario delle avventure di Anton e soci – può contenere
certi labirinti narrativi?
Chi può saperlo. Nel frattempo,
restiamo al fianco di Bekmambetov, almeno per il suo strizzar
l’occhio tutto sommato tiepido al brodo dell’ovvietà e della
compiacenza, per la sua percepibile convinzione che il fantasy non
debba per forza essere un giocattolone elementare, per il suo
devoto bagnarsi nelle acque – tra le più salubri del novecento –
del Bulgakov de Il Maestro e Margherita.