Netflix
ha diffuso il trailer di Tutta la luce che non
vediamo, la rivoluzionaria miniserie in 4 episodi, tratta
dall’omonimo romanzo best seller e vincitore del Premio Pulitzer di
Anthony Doerr, diretta da Shawn Levy e scritta da
Steven Knight.
Tutta la luce che non
vediamo sarà presentata in anteprima il 30 ottobre, in
collaborazione con la Festa del Cinema di Roma, con una proiezione
accessibile del primo episodio fruibile da persone con disabilità
sensoriali grazie all’audiodescrizione e ai sottotitoli. Un secondo
screening in anteprima per i fan si terrà il 1° novembre a Lucca
Comics & Games, prima dell’arrivo, solo su Netflix dal 2
novembre.
Al centro della storia la
protagonista Marie-Laure LeBlanc, una ragazza francese cieca il cui
coraggio e la cui speranza faranno da contraltare alla violenza e
alla distruzione della guerra. Marie-Laure è interpretata dalle
attrici esordienti Aria Mia Loberti (scoperta da
Levy in un casting globale a cui hanno partecipato attrici cieche e
ipovedenti) e Nell Sutton (Marie-Laure da giovane). Al loro fianco
Louis Hofmann (Werner), il vincitore agli Emmy
Award e candidato all’Oscar Mark Ruffalo (Daniel LeBlanc), Lars
Eidinger( Von Rumpel), il vincitore del Golden Globe e
candidato agli Emmy Hugh Laurie (zio Etienne), Marion Bailey
(Madame Manec).
La miniserie è prodotta
da Shawn Levy, Dan Levine e Josh Barry per 21 Laps Entertainment,
la casa di produzione dietro al fenomeno globale Stranger Things,
al film candidato agli Oscar Arrival, alla serie Netflix di successo
Tenebre e Ossa, e ai film
Free Guy e
The Adam Project. Anche Steven Knight è produttore esecutivo,
mentre Joe Strechay (See, The OA) è produttore associato e
consulente per la cecità e l’accessibilità.
La trama di Tutta la
luce che non vediamo
Tratta dal romanzo
vincitore del Premio Pulitzer, Tutta la luce che non vediamo è una
miniserie che segue la storia di Marie-Laure, una ragazza francese
cieca, e di suo padre, Daniel LeBlanc, che fuggono dalla Parigi
occupata dai tedeschi con un diamante leggendario per impedire che
finisca nelle mani dei nazisti. Braccati senza sosta da un crudele
ufficiale della Gestapo che vuole impossessarsi della pietra
preziosa per il suo interesse personale, Marie-Laure e Daniel
trovano presto rifugio a St. Malo, dove vanno a vivere con uno zio
solitario che diffonde le trasmissioni clandestine per la
resistenza. In questa cittadina sul mare una volta idilliaca, il
percorso di Marie-Laure incrocia inevitabilmente quello di
un’improbabile anima gemella: Werner, un adolescente brillante
arruolato dal regime di Hitler per rintracciare le trasmissioni
illegali, che invece possiede un legame segreto con Marie-Laure e
con la sua fiducia nell’umanità e la sua speranza. Intrecciando
abilmente le vite di Marie-Laure e Werner nel corso di un decennio,
Tutta la luce che non vediamo racconta la storia dell’incredibile
potere dei legami tra le persone, un faro di luce che può guidarci
anche nei tempi più bui.
Netflix ha diffuso il teaser trailer di
Tutta la luce che non vediamo, l’annunciata
miniserie evento basato sull’omonimo romanzo vincitore del Premio
Pulitzer All the Light We Cannot See. Protagonisti sono Aria
Mia Loberti,
Mark Ruffalo,
Hugh Laurie, Louis Hofmann, Lars Eidinger e Nell
Sutton.
Tutta la luce che non
vediamo racconta la storia dell’adolescente francese con
cecità Marie-Laure e del soldato tedesco Werner le cui strade si
incontrano nella Francia occupata mentre entrambi cercano di
sopravvivere alla devastazione della Seconda guerra mondiale.
Il bestseller premiato al
Pulitzer Tutta la luce che non
vediamo di Anthony Doerr diventerà una miniserie
in quattro episodi targata Netflix e prodotta da 21 Laps
Entertainment (Stranger
Things, Free Guy – Eroe per gioco, Tenebre e ossa, Arrival) di
Shawn Levy con la sceneggiatura di Steven Knight (Peaky
Blinders).
La trama di Tutta la
luce che non vediamo
Basato sul romanzo vincitore del
Premio Pulitzer, Tutta la luce che non
vediamo racconta la storia dello straordinario potere
della connessione umana. Nel corso di un decennio, questa serie
limitata intreccia le vite di Marie-Laure Leblanc, una ragazza
francese cieca che si rifugia presso suo zio durante la seconda
guerra mondiale, e Werner Pfennig, un brillante adolescente tedesco
esperto di riparazioni radio. Attraverso una connessione segreta
condivisa, trovano la fede nell’umanità e la possibilità della
speranza. Dal regista Shawn Levy, All the Light We Cannot See è
interpretato da Louis Hofmann, Lars Eidinger, Marion Bailey, con
Hugh Laurie e Mark Ruffalo. E presentando la nuova arrivata Aria
Mia Loberti. In arrivo su Netflix, 2 novembre 2023
Adattameto dell’omonimo
romanzo di successo di Anthony Doerr, vincitore
del Premio Pulitzer, la
miniserieTutta la luce che non vediamo è diretta da
Shawn Levy e scritta da Steven
Knight, per Netflix
e ci trasporta nella Francia occupata durante la Seconda Guerra
Mondiale, offrendoci una storia che dimostra quanto il rimanere
essere umani, anche nei momenti più oscuri, sia l’unica salvezza
per l’uomo.
Tutta la luce che non
vediamo, la trama
La storia è ambientata
nel cuore della guerra, nell’occupata Saint-Malo, ma il suo fulcro
è la storia di Marie-Laure, una giovane francese cieca, e suo padre
Daniel LeBlanc, che fuggono da Parigi con un diamante leggendario
per impedire che finisca nelle mani dei nazisti. Questo è solo
l’inizio di una vicenda che si sviluppa nello stesso luogo ma a
cavallo di epoche e ricordi, seguendo punti di vista differenti,
che dovrebbero essere di nemici. La fuga di Marie e di suo padre è
segnata dall’inseguimento costante di un crudele ufficiale della
Gestapo, Von Rumpel, che vuole impossessarsi della pietra preziosa
per scopi personali. Questo conflitto è il motore principale
dell’azione che però vede in altri aspetti la sua luce
migliore.
Il cuore pulsante della
storia è diviso a metà, tra la giovane Marie, che nonostante la
cecità ha una volontà di ferro e un cuore puro, e Werner Pfennig,
un giovane tedesco arruolato per rintracciare trasmissioni
illegali, un vero e proprio genio della radio, che però cerca in
tutti i modi di rimanere umano, se stesso, in un contesto che come
unico scopo aveva quello di svuotare l’animo dei propri adepti. La
loro connessione inaspettata è l’elemento chiave dell’intreccio, e
porta alla luce il tema centrale della narrazione: la forza dei
legami umani, la potenza della condivisione e la ricerca costante
del bello nel mondo. Le interpretazioni delle giovani attrici
Aria Mia Loberti e Nell Sutton sono effettivamente
molto intense e pure, e danno spessore a un personaggio che,
nonostante sulla carta debba essere l’eroina della storia, non
sembra poi tanto ben strutturata in fase di scrittura.
La recensione della
miniserie diretta da Shawn Levy
Il cast di attori
stellari aggiunge ricchezza alla serie. Mark Ruffalo interpreta Daniel LeBlanc,
catturando perfettamente l’amore e la determinazione di un padre
disposto a tutto per proteggere la figlia. Hugh Laurie, nel ruolo di zio Etienne, porta
un tocco di mistero e saggezza alla narrazione, mentre Louis
Hofmann nel ruolo di Werner Pfennig offre una performance
eccezionale, nonostante, anche qui, la debolezza della
scrittura.
La
miniserie è stata girata in tre spettacolari location, da
Budapest a Saint-Malo a Villefranche-de-Rouergue. Le riprese dal
vero effettivamente contribuiscono a una messa ius cena molto ricca
e curata e aggiungono verosimiglianza a una storia che, così come è
stata adattata, appare piuttosto esile e pretestuosa.
Un aspetto notevole della
serie è quella capacità di catturare il pubblico promettendo
continuamente lo svelamento di un segreto, una tensione sottesa che
però non arriva mai alla risoluzione finale e che è sapientemente
costruita anche nella divisione in episodi, che finiscono tutti con
un cliffhanger, spingendo a proseguire e guardare le circa quattro
ore in un solo sorso.
Tutta la luce che
non vediamo è un adattamento televisivo che sembra
timoroso di affondare dentro la storia, limitandosi a raccontare
degli avvenimenti che, si intuisce, dovrebbero avere una grande
profondità, ma che non riescono a raggiungere il cuore della
narrazione. La ricerca della bellezza nel cuore della guerra, la
speranza nella luce e nella salvezza nel momento più buio per
l’umanità, i sentimenti più nobili che i due giovani protagonisti
dovrebbero professare e rappresentare rimangono soltanto buone
intenzioni in una messa in scena curata ma dal cuore freddo e
superficiale.
L’amatissimo regista
Quentin Tarantino è noto per la profusione di
riferimenti alla cultura pop di cui farcisce ogni suo film.
Finalmente dei fan hanno messo insieme
Diretto dalla regista premio
Oscar® Laura Poitras, TUTTA LA BELLEZZA E IL
DOLORE (All
the Beauty and the Bloodshed), Leone
d’Oro alla 79. Mostra del Cinema di Venezia, è la storia
intima ed emozionante di Nan Goldin una delle più
influenti fotografe contemporanee e attivista di fama
internazionale, a partire dalla sua battaglia contro la potente
famiglia Sackler, tra le maggiori responsabili della crisi degli
oppioidi che negli ultimi venticinque anni ha causato negli Stati
Uniti oltre 100.000 morti per overdose da
farmaco.
Laura Poitras (Premio Oscar
per CITIZENFOUR) racconta dunque l’epopea umana
e artistica di Nan Goldin, grazie all’utilizzo di
fotografie, dialoghi intimi e filmati finora inediti; alterna
privato e pubblico con le immagini che raccontano le azioni del
gruppo P.A.I.N., fondato da Goldin per togliere lo stigma sulla
dipendenza e denunciare la Sackler, la famiglia che da una parte
era benefattrice dei principali musei del mondo e dall’altra è
stata responsabile della produzione di farmaci che creano
dipendenza, fino all’overdose.
Una scandalosa pagina della storia
americana che ha fatto epoca che si intreccia con le vicende
biografiche di questa artista unica che si è fatta strada nella
vita con le unghie e con i denti, fino ad affermarsi come una delle
più influenti fotografe contemporanee. Un percorso di vita
tumultuoso e appassionante che ha donato a Nan Goldin uno sguardo
unico sulla realtà e la capacità di intravedere e sublimare con la
sua arte tutta la bellezza del mondo, tutto il suo
dolore.
«Ho iniziato a lavorare a questo
film con Nan nel 2019 – dice Laura
Poitras – due anni dopo che aveva deciso di
sfruttare la sua influenza come artista per denunciare la
responsabilità penale della ricchissima famiglia Sackler
nell’alimentare la crisi da overdose. All’inizio sono stata
attratta dalla storia terrificante di una famiglia miliardaria che
ha consapevolmente creato un’epidemia e ha successivamente versato
denaro ai musei, ottenendo in cambio detrazioni fiscali e la
possibilità di dare il proprio nome a qualche galleria. Ma mentre
parlavamo, ho capito che questa era solo una parte della storia che
volevo raccontare… ».
In sala il 12, 13 e 14 febbraio
distribuito da I Wonder Pictures e Unipol Biografilm
Collection.
Si sta girando a Roma e in altre
location sparse in tutto il mondo (per esempio la New York) da
oltre quattro settimane il film
Tutta colpa di Freud, prodotto da Medusa film e
Lotus Production e diretto da Paolo Genovese. Il
film è completo per più della metà (quasi un terzo) e, nella
prestigiosa location del Teatro dell’Opera, si gireranno alcune
scene che coinvolgono i personaggi interpretati da Vinicio Marchioni e Vittoria Puccini, una libraia e il suo
innamorato che è proprio un ladro di libri appassionato d’opera. Ma
i loro personaggi non sono i soli che popolano il film: il grande
mattatore è un inedito Marco Giallini in un ruolo meno cinico del
solito: interpreta infatti un padre e psichiatra che tenta di
risolvere proprio i problemi sentimentali delle sue tre-
amatissime- figlie: la più piccola interpretata da Laura
Adriani, una diciottenne di nome Emma; la libraia Marta
interpretata, appunto, dalla Puccini e Sara, interpretata da
Anna Foglietta, una ragazza che ha un evidente
debole per le donne.
In
Tutta colpa di Freud Giallini
interpreta Francesco, uomo che ha dedicato tutta la sua vita alle
figlie dopo che la moglie- medico in carriera- lo ha lasciato;
all’improvviso si ritrova costretto ad aiutare le figlie
sbrogliando le loro complicate vite sentimentali: Sara, delusa
dall’amore, decide di provare con gli uomini; Marta si innamora di
un ladro che lavora al teatro dell’opera, è affascinante,
romantico, amante della lirica e pure sordo; e infine la piccola
maturanda Emma che, per dimostrare al padre di essere “grande” e
autosufficiente come le sue sorelle e per dimostrargli di valere
molto e d’avere stoffa, si innamora perdutamente di un cinquantenne
con a fianco una splendida moglie, nei cui panni troviamo Claudia Gerini, una donna elegante,
sofisticata, glaciale e sicura di se che, casualmente, è proprio il
nuovo oscuro oggetto del desiderio di Francesco, tornato ad
innamorarsi dopo anni. Per “salvare” la figlia e scongiurare questa
opzione improbabile, lo psichiatra si troverà di fronte ad un
bivio: rinunciare ad una possibile love story con una donna
affascinante spingendola di nuovo tra le braccia del marito, oppure
benedire l’unione della figlia e lasciare che le cose scorrono.
L’intento di
Tutta colpa di Freud è quello di riflettere sulle
differenze che intercorrono tra le persone, differenze d’età,
sesso, estrazione sociale, ceto d’appartenenza. Il film nasce da un
sodalizio- ormai consolidato- tra Medusa film e Lotus Production,
oltre alla fiducia riposta nei confronti di Genovese, uno dei
fuoriclasse della commedia all’italiana che ha diretto numerose
pellicole di successo e torna a regalarcene un’altra proprio per
l’anno nuovo, considerando che il film uscirà nelle sale il
23/01/2014 ed è costato circa 6 milioni di euro divisi tra i vari
set (New York inclusa) e riprese cittadine ambientate a Roma, sui
luoghi più conosciuti del centro che sono stati riscoperti con una
nuova ottica (zone come Campo de ‘Fiori, via dei Coronari e altre
location prossime) dopo il tentativo mal riuscito di
Woody Allen con il suo To Rome with
love.
La location newyorkese, invece, fa
da sfondo alle scene con protagonista il personaggio interpretato
da Anna Foglietta, che ha dichiarato di essersi
divertita moltissimo a girare nei posti più cool ed
iconografici della Grande Mela come la Fifth Avenue, Brooklyn, la
celebre tube, i taxi boat gialli che solcano l’Hudson e
tanti altri. Nonostante l’esperienza positiva, girare tecnicamente
a New York- come a Roma- non è stato facile: troppi permessi e
tante restrizioni impediscono un tipo di lavoro fluido e, nel caso
americano, pure personale visto che il regista ha (almeno nella
nostra industria cinematografica) il diritto di cambiare idea e
apportare delle modifiche alla sceneggiatura in totale libertà,
mentre negli States è una sorta di esecutore materiale e basta.
Per realizzare il film la troupe ha
contato sull’appoggio di entità diverse tra le quali l’associazione
italiana per le persone sorde che li ha aiutati nel mettere in
scena l’amore, silenzioso e romantico, fatto di gesti e sguardi tra
Marchioni e la Puccini. Tanti altri attori, poi, arricchiscono il
film con le loro amichevoli partecipazioni (personaggi come
Edordo Leo, Giulia Bevilacqua, Daniele Liotti, Gianmarco
Tognazzi e tanti altri).
Il titolo, ovviamente, è un omaggio
giocoso alla psicanalisi freudiana (nonostante i dubbi nutriti dal
regista sulla sua comprensione!) e l’argomento si è dimostrato
abbastanza vicino a tutti i membri del cast: a parte Giallini e la
Puccini, tutti hanno dichiarato di aver avuto delle esperienze con
la psicanalisi per meglio approfondire il loro mondo interiore e
conoscersi meglio, parte questa fondamentale per il mestiere
dell’attore.
In ultima analisi si è discusso del
ruolo della commedia al cinema, considerata come un genere molto
spesso snobbato dalla critica e dai grandi festival che
preferiscono film d’autore e di nicchia destinata ad una porzione
limitata di pubblico, mentre invece è un genere potenzialmente
molto forte che arriva a tutti cercando di raccontare la realtà di
oggi senza superficialità ma con sguardo leggero.
Dopo le parentesi di
Immaturi e Immaturi – Il viaggio, e a due anni di
distanza da Una famiglia perfetta, arriva
Tutta colpa di Freud, il nuovo film di Paolo Genovese ispirato all’omonimo romanzo
scritto dallo stesso regista. La pellicola, basata su un soggetto
scritto da Genovese in collaborazione con Leonardo
Pieraccioni e Paola Mammini, vanta nel
cast alcuni attori con i quali il regista romano aveva già lavorato
in passato, come Marco Giallini e
Claudia Gerini, ed altri che per la prima volta si
sono cimentati con una sua storia, come
Alessandro Gassman,
Vinicio Marchioni e il trio di attrici che
rappresentano il perno attorno al quale ruotano le intere vicende
della narrazione:
Vittoria Puccini,
Anna Foglietta e la giovanissima Laura
Adriani.
Ne Tutta colpa di
Freud Francesco (Marco
Giallini) è un analista alle prese con tre casi
disperati: una libraia (Vittoria
Puccini) che si innamora di un ladro di libri
(Vinicio
Marchioni); una lesbica (Anna
Foglietta) che decide di diventare etero; e una
diciottenne (Laura Adriani) che perde la testa per
un cinquantenne (Alessandro
Gassman). Ma il vero caso disperato è quello del
povero analista, in quanto le tre pazienti sono le sue tre adorate
figlie…
Tutta colpa di Freud, il
film
Paolo Genovese costruisce quella che potremmo
definire, senza indugio alcuno, la commedia sentimentale perfetta.
Il film tocca diversi temi importanti, ma lo fa con grande ironia e
al tempo stesso con delicatezza, riuscendo a divertire e anche a
commuovere lo spettatore. Non ci sono momenti morti all’interno
della pellicola, il ritmo è ben serrato e tutti gli attori, dal
quale Paolo Genovese riesce a tirar fuori
soltanto il meglio, sono assolutamente in parte. In Tutta
colpa di Freud ogni cosa è al suo posto; tutto è come deve
essere, eccetto forse le vite delle sue incasinate protagoniste,
tra cui spicca per ironia ed intelligenza la performance di
Anna Foglietta, sulla cui disinvoltura ma al
tempo stesso insicurezza nell’affrontare una situazione che lei
stessa ha voluto cambiare, si fondano molti dei momenti comici del
film.
Straordinaria, inoltre, la coppia
formata da Marco Giallini e Alessandro Gassman, capace di dar vita a
situazioni di pura ilarità, grazie a dialoghi semplici, mai
volgari, soprattutto efficaci. In effetti, è proprio questo che più
di ogni altra cosa colpisce in Tutta colpa di
Freud: una sceneggiatura precisa, che scava a fondo nelle
storie che vuole raccontare e che porta sullo schermo dei
personaggi che sembrano autentici per quanto sono ben
delineati.
Tutta colpa di
Freud è un film che va visto. Un grandissimo esempio di
come la commedia italiana non è morta, ma è ancora in grado di
regalare delle buone storie di intrattenimento: l’importante è
trovare l’idea giusta, e Paolo Genovese ci è sicuramente riuscito.
Il film uscirà al cinema Giovedì 23 Gennaio distribuito da
Medusa Film in collaborazione con Lotus
Production.
Arriverà su Amazon Prime Video il 26 febbraio Tutta
Colpa di Freud, la serie tv co-prodotta da RTI LOTUS
PRODUCTION, una società LEONE FILM GROUP COMPANY, in collaborazione
con AMAZON PRIME VIDEO e prodotta da MARCO BELARDI. La serie si
basa sul film di Paolo Genovese del 2014, e
infatti lo stesso autore racconta: “Quando abbiamo scritto
Tutta colpa di Freud, il film, ci siamo accorti che il materiale
era tantissimo, avevamo una sceneggiatura lunghissima, c’era tanto
da dire sull’argomento e quindi già a film finito ci siamo detti
che il materiale era ancora abbondante e ci sembrava giusto avere
più tempo per raccontare le storie e approfondire i personaggi,
raccontare meglio le tre figlie. L’idea è venuta subito, ma poi
ognuno ha i suoi progetti e la cosa è rimasta in stand by. Poi tre
anni fa, quando Mediaset cercava un family, abbiamo proposto questa
idea e hanno deciso di provare a raccontare questa storia in una
serie invece che nella due ore del film.” Ma sulle differenze
tra film e serie, Genovese specifica: “Le storie prendono la
loro strada, per cui ritroverete l’idea ma rispetto al film la
serie prende una sua strada e si discosta molto
dall’originale.”
Ma perché l’autore di Tutta
colpa di Freud non ha voluto mettere la sua firma sulla
regia della serie? “Ho scelto di non dirigere perché io quella
storia l’avevo già raccontata, mi sarei seduto sul lavoro già
fatto. Invece Rolando è un regista estremamente capace di
raccontare i rapporti tra le persone, le emozioni, i legami, tutto
quello che racconta la serie, alla luce di questo è molto
stimolante per un autore vedere come qualcun’altra racconta le tue
storie.”
Alla regia infatti c’è
Rolando Ravello, che firma con il suo stile piano
e rassicurante dialoghi e vicende in una Milano inedita.
“Raccontare Milano è desueto, ormai si gira tutto a Roma o in
Puglia. Girare a Milano è stata una novità, ma soprattutto ha
consentito di introdurre un personaggio come quello di Max Tortora.
Ho amato lavorare con queste quattro attrici fantastiche, è stato
bello dirigere Luca Bizzarri, ma la cosa bella della serie sono
stati Claudio Bisio e Max Tortora che non si conoscevano prima, e
in un attimo, dalla prima scena, hanno dimostrato una chimica
fenomenale. Sono riusciti a raccontarci Milano e Roma in maniera
insolita e sornione, sono stati fantastici.”
La serie è interpretata
da Claudio Bisio, Caterina Shulha, Marta Gastini,
Demetra Bellina, Luca Bizzarri, Stefania Rocca, Claudia
Pandolfi e Max Tortora, diretta da Rolando
Ravello. Sarà disponibile su Amazon Prime Video a partire
dal 26 febbraio prossimo.
E’ stato presentato oggi, al cinema
Adriano di Roma in Piazza Cavour,
Tutta colpa di Freud,, l’ultimo film di
Paolo Genovese. Presenti alla conferenza stampa,
oltre allo stesso regista, l’intero cast di attori, composto da
Marco Giallini, Vittoria Puccini, Anna Foglietta, Vinicio
Marchioni, Laura Adriani, Alessandro Gassman e
Claudia Gerini, insieme ai produttori
Marco Belardi, per Lotus
Production, e Giampaolo Letta, per
Medusa Film. Durante l’incontro, il regista
Paolo Genovese ha ringraziato vivamente tutti gli
altri interpreti del film, tra cui Daniele Liotti, Edoardo
Leo, Giulia Bevilacqua e Gianmarco
Tognazzi, che, con le loro amichevoli partecipazioni,
hanno reso questo film ancora più importante e speciale.
“Il film verrà distribuito in
400 copie – ha spiegato subito Giampaolo
Letta – Siamo felici di aver lavorato ancora una volta
con Paolo e con Marco Belardi. La storia ci è piaciuta da subito e
tutti gli attori hanno contribuito a rendere questo film ancora più
bello. Il film è costato parecchio e la qualità del prodotto si
nota. In un momento molto particolare come quello che sta vivendo
attualmente il cinema italiano, credo che la qualità produttiva sia
una cosa da non trascurare”. “In questo momento – ha
aggiunto Marco Belardi – quando si producono
film con budget così elevati, è perché si ricerca la qualità del
prodotto. E, soprattutto, lo si fa per cercare di soddisfare il
pubblico”.
“Essendo tre storie
intrecciate – ha spiegato il regista Paolo
Genovese – il lavoro sulla sceneggiatura è stato
importante fin dall’inizio, fin dal soggetto. È difficile oggi
scrivere soggetti originali. È una cosa che noto sempre quando ci
mettiamo a fare le riunioni per discutere della sceneggiatura.
Qualunque idea ti viene è già stata fatta. Oggi, secondo me,
l’originalità risiede sia nell’andamento delle storie, sia nel
punto di vista delle storie, quindi la caratterizzazione dei
personaggi. I personaggi di questo film hanno sicuramente delle
particolarità, sono originali a loro modo. Parte dell’originalità
sta anche nel cercare dei finali diversi. Il finale aperto, ma non
a tutti i costi. Se lo chiudi, dai una risposta; se lo lasci
aperto, dai comunque la possibilità di far riflettere”.
“Per interpretare il mio
personaggio – interviene Marco Giallini –
mi sono documentato, ho letto alcune cose, visto certi film, ma
di sicuro non sono entrato in analisi. Ho cercato, anche grazie
all’aiuto di Paolo, di caratterizzare Francesco in qualche modo, di
renderlo un po’ goffo anche se in realtà io non lo sono per niente.
Mi è piaciuto molto. Trovo che sia un personaggio, ed una persona
allora stesso tempo, molto bello”. “È stato un piacere
lavorare con tutti e, in particolare, con Marco – ha
continuato Alessandro Gassman – Io entro
profondamente nei personaggi che interpreto. Mi sono molto
divertito e voglio ringraziare anche Claudia Gerini e Laura
Adriani, che sono gli attori con cui, nel film, interagisco di più,
perché ho davvero lavorato bene con tutti loro. Grazie al lavoro di
Paolo, era come se avessimo sempre lavorato insieme. Era come se
stessimo continuando un discorso che in realtà non avevamo mai
cominciato”.
Sul tema della diversità presente
all’interno della pellicola, Genovese ha detto: “È stata una
cosa assolutamente voluta, e non casuale. L’idea di raccontare il
diverso, ma soprattutto il diverso dalla prospettiva di un
genitore. In genere siamo tutti bravi ad accettare la diversità
quando la guardiamo dall’esterno; quando poi ti ci scontri in prima
persona è tutta un’altra cosa”.“Quando Paolo mi ha
proposto questo ruolo – ha continuato l’attrice Anna
Foglietta – mi sono subito entusiasmata perché è un
ruolo che parla della diversità, ma di una diversità che cerca di
trasformarsi in “normalità”. È una versione abbastanza inedita
della questione sull’omosessualità, cioè una donna lesbica che
vuole tornare ad essere eterosessuale. Era complicato, e forse
anche inverosimile, pensare a come questa donna, una donna comunque
risolta e in pace con se stessa e con la propria sessualità,
potesse decidere all’improvviso di voler quasi tornare indietro;
questo però conferisce al personaggio una leggerezza, una tenacia e
una volontà reale nel voler ricercare quella che è la pura e
semplice felicità”.
In merito alla storia di Marta e
Fabio, Vittoria Puccini e Vinicio
Marchioni hanno dichiarato: “Mi ha molto
incuriosito – dice la Puccini – il fatto di mettere in
scena il rapporto tra una ragazza udente e un ragazzo sordo. Devo
ammette che fino a quando non abbiamo iniziato a girare, non era
tanto evidente pensare a come poter rendere cinematograficamente
questo rapporto, il rapporto tra due ragazzi che per capirsi e
comunicare devono far ricorso non alla parola ma ad altri
strumenti, come lo sguardo, la fisicità, i gesti. Lavorando,
quindi, è stato molto interessante e anche molto magico riscoprire
il valore e l’importanza del silenzio, attraverso questi due
personaggi che anche solo guardandosi riescono a comunicarsi
tanto”. “Io ringrazio Paolo – ha aggiunto Marchioni –
perché mi ha dato l’opportunità di interpretare un ruolo
meraviglioso e per un attore credo che questa sia la cosa più
bella. Soprattutto, credo sia molto bello per chi fa questo
mestiere interpretare il ruolo di un sordo. Mi auguro che questo
ruolo, e in generale questo film, possa aiutare queste persone ad
avere finalmente il riconoscimento che meritano in riferimento alla
loro lingua, cosa che aspettano da tantissimo tempo”.
Interviene poi l’attrice
Laura Adriani, che ha parlato così della sua
esperienza all’interno del film: “Ho amato il personaggio di
Emma dal primo provino. È stato un ruolo molto sofferto: ci sono
stati tre provini e poi ho dovuto aspettare tre settimane prima di
sapere che ero stata scelta. È stata una gioia immensa. Trovo sia
un personaggio scritto davvero bene. È un personaggio pieno di
vita, che si contrappone totalmente a quello di Alessandro: la
nostra storia mostra il grande divario che può esistere tra una
persona di vent’anni, che crede ancora in tutto, ed una di
cinquanta, che invece a certe cose molto probabilmente non crede
più. In realtà, il grande amore di Emma non è Alessandro, ma è suo
padre; e anche per il mio personaggio, che per tutto il film cerca
l’approvazione del padre, alla fine ci sarà il lieto
fine”.
È poi intervenuta Claudia
Gerini, che ha così parlato del personaggio di Claudia:
“Devo ringraziare Paolo perché mi ha offerto un ruolo molto
diverso da quelli che faccio in genere. Claudia è una donna molto
pacata, inizialmente misteriosa, quasi un’osservatrice. Queste
caratteristiche le permettono poi, quando si trova a doversi
scontrare con la verità, di guardare le cose dalla giusta
prospettiva e di capire quali sono le priorità della sua
vita”.
In merito a quanto la scrittura
dell’omonimo romanzo abbia influenzato la sceneggiatura del film,
Paolo Genevose ha detto: “La cosa più
importate per me, all’interno di un film, è la sceneggiatura. Più
che la scrittura del libro, mi ha aiutato molto il tempo di
riflessione nel pesare davvero ogni singola parola; e quello ci
tengo molto che sul set venga rispettato, non per una questione di
gelosia, ma perché è molto importante quello che si dice. Un lavoro
di documentazione e di informazione, ad esempio sui sordi, ha fatto
sì poi che la narrazione fosse ancora più precisa. In tutta la
sceneggiatura c’è una lavoro di approfondimento importante sui
personaggi. Bisogna sempre partire dalle storie. Se un personaggio
è ben scritto, inevitabilmente prenderà vita”.
Per concludere, il regista ha così
commentato la scelta del cast: “Una volta terminato Una
famiglia perfetta, c’era la voglia di rifare un altro film con
Marco Giallini. Il personaggio di Francesco è stato pensato
appositamente per lui. Poi, già dal soggetto, anche con Marco
Belardi abbiamo cominciato a pensare a quali attori potessero
interpretare quelle determinate parti. Volevo tantissimo lavorare
con Alessandro Gassman ed ero convinto che insieme a Marco
avrebbero dato vita ad una coppia esplosiva. Anche con Vittoria
Puccini era da tempo che volevo lavorare e il ruolo di questa
libraria romantica mi sembrava perfetto per lei. Anche con Anna
Foglietta ho provato varie volte a lavorare, e finalmente ci siamo
riusciti. Il cast di Laura Adriani è stato complicato: abbiamo
visto tantissime diciottenni ed è stato difficile trovare quel
giusto equilibrio tra il non essere troppo sensuale e il non essere
troppo bambina. Trovo che Laura sia stata bravissima. Per quanto
riguarda Claudia Gerini, si è trattato semplicemente del piacere di
lavorare nuovamente con lei, mentre lavorare con Vinicio Marchioni,
visto il ruolo da lui interpretato, è stato assolutamente
stimolante. Mi ritengo fortunato, sono riuscito ad avere gli attori
che volevo”.
Si intitola Tutta colpa
del vulcano la nuova commedia con Dany
Boon che uscirà il prossimo 5 giugno in Italia. Ecco il
trailer ufficiale italiano del film:
Diretto da
Alexandre Coffre, il film vede nel cast insieme a
Dany Boon anche Valérie Bonneton, Denis
Ménochet, Bérangère McNeese, Albert Delpy.
Per i viaggiatori di tutto il mondo
l’eruzione del vulcano Eyjafjallajökull è un duro colpo. Per Alain
e Valerie è un disastro. Per poter arrivare nel piccolo villaggio
della Grecia per il matrimonio della loro figlia, questa coppia di
divorziati, che nutre un odio reciproco senza limiti, sarà
costretta a intraprendere il viaggio insieme.
Quando il vulcano
islandese Eyiafiallajokull decide di risvegliarsi diffondendo per
buona parte dell’Europa un’enorme nuvola di cenere, decine e decine
di voli aerei vengono cancellati e migliaia di viaggiatori si
trovano imbrigliati in un brutto pasticcio. Tra questi anche Alain
(Dany Boon) e Valerie (Valerie
Bonneton) in procinto di recarsi a Corfù, in Grecia, dove
la figlia Cecile (Berengère McNeese) li attende
per celebrare le sue nozze con un affascinante ragazzo greco. Il
problema è che Alain e Valerie sono divorziati da anni e, peggio
ancora, non possono sopportarsi e stare nello stesso luogo per
qualche minuto senza resistere dalla tentazione di insultarsi o
giocarsi qualche brutto tiro. Le circostanze straordinarie in cui
si vengono a trovare li obbliga ad affrontare, in auto, il lungo
viaggio verso l’Ellade lottando contro il tempo per non perdere il
matrimonio della figlia. Il viaggio si rivelerà da subito un
incubo, un’incredibile odissea in cui ne succederanno tutti i
colori ed in cui i due protagonisti faranno di tutto per liberarsi
l’uno dell’altro, sino a quando…
Tutta colpa del
vulcano è una commedia diretta e co-sceneggiata dal
regista francese Alexandre Coffre e che uscirà
nelle sale cinematografiche italiane a partire dal prossimo 5 di
giugno.
Commedia leggera e
simpatica, almeno nelle intenzioni, racconta le peripezie di una
coppia che dopo aver dato libero sfogo al proprio odio reciproco,
capisce che forse sotto sotto qualcosa brucia ancora e che dietro a
tutta quella avversione c’è ancora della passione. Forse abbiamo
sbagliato tutto, quanto tempo abbiamo perso inutilmente…è questa la
soluzione, ovvia, a cui si arriva dopo una sequela incredibile di
dispetti, tranelli più o meno innocui e situazioni farsesche in cui
si troveranno a loro volta invischiati e da cui riusciranno sempre,
ed incredibilmente, ad uscirne illesi. Bravi e simpatici i due
protagonisti, che reggono la scena con personalità e talento, due
attori, Boon e la Bonneton, che rappresentano, oggi, una garanzia
sulla scena della commedia d’oltralpe.
Il film però che non convince e non
esalta, vuoi per una sceneggiatura fragilina e scontata, vuoi per
dialoghi non sempre pregni di umorismo brillante; dopo di che,
seguendo un canovaccio abbastanza tipico per la commedia francese
degli ultimi anni, si cerca di conquistare lo spettatore anche con
sequenze d’azione al limite dell’assurdo, un limite ahinoi qui più
volte superato. Tutta colpa del vulcano è
un film che strappa qualche sorriso, ma che alla lunga non dice un
granchè.
Tutta colpa del
Paradiso, è il film del 1985 diretto
da Francesco Nuti e con protagonisti nel
cast Francesco Nuti, Ornella Muti e Roberto
Alpi.
Romeo Casamonica esce di carcere
dopo 5 anni, per una rapina a mano armata. Tornato a casa scopre
che tutto il quartiere dove viveva è stato rilevato dagli
americani, dunque ha perso anche casa sua.
Decide comunque di mettersi nelle
tracce di suo figlio, avuto con una tedesca dell’est ritornata a
casa sua. Il bimbo è stato adottato e venuto a conoscenza di chi
sono i genitori adottivi, decide di andarlo a prelevare. Giunto sul
posto però scoprirà che il piccolo si trova in un ambiente carico
di armonia, quella che lui è consapevole di non potergli
donare.
Secondo film di Francesco
Nuti, datato 1985, successivo a Casablanca Casablanca. Ci
regala una storia delicata, soave, intensa, diciamolo pure quasi
inaspettata da un regista come lui, che in genere dà molto spazio
all’ilarità e all’ironia. Qui sono i sentimenti a prevalere, la
delicatezza; assente la volgarità e poche sono le scene divertenti.
Ad affiancare Nuti, che si è sempre avvalso della compagnia di
belle donne nei suoi film, la bellissima Ornella Muti; con la quale
tornerà a lavorare due anni dopo con Stregati.
A tratti il film rallenta un pò
troppo, ma il tutto è adatto alle caratteristiche positive di cui
sopra.
Nel panorama del cinema italiano,
Nuti ha scritto sicuramente alcune pagine importanti. Nei suoi
lungometraggi, etichettati come cinema spensierato e leggero, il
nostro ha in realtà affrontato anche temi sociali “tra le righe”,
riferiti soprattutto ad una società in profonda trasformazione
qual’era quella italiana a cavallo tra gli anni ’80 e ’90.
Tutta colpa del Paradiso
Molto spazio ha dedicato
all’universo femminile, non idealizzandolo, bensì ponendone in luce
l’aspetto più “umano” e “carnale”. I loro difetti, il loro
carattere determinato, ovviamente anche i loro pregi. In quasi
tutti i film lui le donne “le subisce”, ponendo sotto i riflettori
le difficoltà che nella vita reale gli uomini hanno con loro,
malgrado si credano superiori. Per sua stessa ammissione, ha
affermato che nella vita privata è stato una vittima delle donne e
non certo un playboy come i media hanno preferito dipingerlo.
La sua pecca è stata forse quella
di non aver cercato nuove strade nelle sue commedie, ma di aver
insistito sempre su una figura maschile come detto alle prese con
problemi sentimentali o familiari di turno. Ha saputo, come detto,
sì cogliere l’evoluzione della società, ma non altresì cambiare il
proprio schema narrativo. E il pubblico pure cambia, emergono nuovi
registi in grado di accattivare le nuove generazioni.
E con il pubblico, a voltargli le
spalle ci sono pure i produttori, dimenticando i soldi che
Francesco gli ha fatto incassare per una decina di anni.
Per lui fatale, da un punto di
vista salutare prima ancora che professionale, è stato
Occhiopinocchio (1994), che può essere considerato uno spartiacque
della vita di Francesco Nuti. Il clamoroso flop
economico che ne conseguì (la Cecchi Gori group
rasentò il fallimento causa le ingenti spese che il film girato in
America richiese, non controbilanciato da adeguati ricavi) ha
segnato la sua carriera successiva, fatta di film dalla tiepida
accoglienza di critica e pubblico. Ma anche la vita privata, poiché
cominciarono per lui, tra alti e bassi, l’abuso di alcool,
depressione e vari tentativi di suicidio. Fino al tragico attuale
epilogo.
Era il 2 settembre 2006, e proprio
alla vigilia del ritorno sul set per girare un film insieme a
Sabrina Ferilli e Isabella
Ferrari dal titolo “Olga e i fratellastri Billi”,
Francesco cadde in casa con la testa a terra. Venne ricoverato e
operato d’urgenza al cervello presso il “Policlinico Umberto I” di
Roma, dove subì altri due interventi. Uscì dal coma il 24 novembre
dello stesso anno e venne trasferito nell’ospedale “Versilia di
Lido” di Camaiore, centro specializzato nella riabilitazione
neuromotoria. Nel febbraio del 2009 ritornò a casa, a Narnali nella
sua Prato, dove è comunque seguito da assistenti e ovviamente
dall’affetto della famiglia.
Ancora oggi non riesce a camminare
né a parlare. Ma a farlo per lui ci pensano i tanti film che ci ha
regalato. E tra questi, Tutta colpa del Paradiso è
forse il più riuscito.
Al Festival di Roma 2014 arriva
anche Tusk, ultima creatura di
Kevin Smith.
In Tusk Wallace,
un giornalista radiofonico rampante, si reca in Canada per
intervistare Kill Bill Kid, un giovane demente che si è tagliato
una gamba giocando con una spada. Ma una volta arrivato, scopre che
il ragazzo si è suicidato il giorno precedente. Per non buttare i
soldi spesi per il viaggio, comincia a cercare un altro soggetto da
intervistare e trova un volantino in un bagno di un pub, dove un
vecchio marinaio offre alloggio gratuito a persone disposte ad
ascoltare le sue avventure. Wallace si reca da lui, ascolta le sue
mirabolanti avventure di viaggio e viene drogato. Quando si
risveglia è su una sedia a rotelle, privo di una gamba e in balia
del vecchio marinaio, che in realtà è un folle con la fissazione
dei trichechi. Per Wallace è l’inizio di un incubo.
Nel territorio del cinema di
genere, e soprattutto nella giungla dei sottogeneri, si è veramente
visto di tutto e non basta cambiare il soggetto della fissazione
del maniaco di turno per essere originali.
Il problema più grande di
Tusk è il non dichiarare mai un canone preciso.
Non si capisce se vuole essere una commedia horror, perché le gag e
le battute sono disseminate tra dialoghi fiume estremamente lunghi
e dilatati, e non convince neanche come horror, perché la creatura
e gli effetti prostetici sono così maldestri da sfiorare l’effetto
‘costume di carnevale’. E’ chiaro che l’intento del regista è
quello di stupire con un andamento grottesco, scanzonato, a tratti
rivoltante, ma non e riesce a tenere le briglie e il tutto
imbizzarisce caracollando miseramente. Smith non riesce ad essere
folle e geniale come Takashi Miike, oppure autore
grottesco e visionario come Terry Gilliam, e
neanche sapiente confezionatore di prodotti horror di serie B, come
Eli Roth o Alexandre Aja.
Tusk non spaventa, non ci sono momenti di
tensione o di apprensione per il protagonista. E allo stesso tempo
non diverte, le battute sono poche e molte volte di dubbio gusto e
le trovate comiche o grottesche sono al limite dell’amatoriale,
tanto da sembrare errori, piuttosto che scelte, oltre al fatto che
si rasenta il cattivo gusto più di una volta.
Il cast, anche se importate, non
aiuta. Johnny Depp è una macchietta irriconoscibile e
priva della solita verve istrionica ed esagerata che lo
caratterizza solitamente in ruoli simili. Haley Joel
Osment, quasi irriconoscibile, sovrappeso e ben lontano
dalla bravura che lo caratterizzava solo qualche anno fa, farebbe
prendere uno spavento (per lo stupore) anche alla gente morta che
vedeva da bambino. Anche il protagonista Justin
Long è tutt’altro che memorabile.
Siamo naturalmente lontani dal
Kevin Smith di Clerks
del 1994, ma anche del più affine Dogma
del 1999, dove nonostante alcune cose non troppo convincenti si
respirava comunque originalità e fantasia sovversiva.
Kevin Smith ha
diffuso via social il primo teaser poster di
Tusk, suo prossimo film horror per il
quale ha promessoun trailer durante il panel al Comic-Con di San
Diego.
Ecco l’immagine di seguito: Tusk comprende
nel cast stelle del calibro di Genesis Rodriguez e
Haley Joel Osment. Il film è stato anche
scritto da Smith. Sam
Englebardt, David Greathouse e
Shannon McIntosh hanno invece prodotto.
Ironico, pungente e brillante, negli
anni successivi al film che lo ha lanciato definitivamente come uno
degli attori del panorama indie hollywoodiano, Kevin
Smith viene spesso riconosciuto per le sue esternazioni
sulla cultura giovanile dei giorni nostri.
Il suo nuovissimo film,
Tusk sembra rispecchiare alcuni aspetti
del profilo caratteriale di Smith: istrionico,
misterioso e, come lo stesso Smith ha osato
definirlo, strano. In questa nuovissima clip tratta dal film che vi
proponiamo, vediamo il personaggio di Justin Long
ricevere una ‘dura lezione’: cosa dire e, soprattutto, cosa non
dire, a un canadese! Buon divertimento!
“Strano”. E’, con ogni probabilità,
il primo aggettivo che salta in mente guardando il trailer del
nuovo film di Kevin Smith,
Tusk.
Un lavoro chiaramente originale, un
po’ criptico e dai toni dark, che vedrà all’opera un cast composto
da Michael Parks, Justin Long,
Joel Osment, Gensis Rodriguez e
Johnny Depp.
Tusk ha appena esordito al Comic
Con di San Diego, accompagnato da uno
slogan molto particolare e misterioso: “Non è forse l’uomo un
tricheco con un cuore?”
Nell’attesa di poterlo ammirare sul
grande schermo, noi vi proponiamo qui di seguito il trailer
ufficiali! Buona visione!
John Turturro
potrebbe raggiungere Dwayne Johnson, Mark Wahlberg, Ed
Harris e Rob Corddry in Pain and Gain,
thriller ambientata nel mondo dal culturismo. Alla regia ci sarà
Michael Bay che, prima di dedicarsi al mastodontico quarto capitolo
della serie Transformers, vuole concedersi con Pain and Gain
un’esperienza dal taglio decisamente meno roboante. Turturro, al
servizio di Bay in tutti i Transformers sin’ora realizzati,
andrebbe a interpretare l’uomo d’affari di Miami Marc Schiller,
rapito e torturato da una banda di body builders nota come Sun Gym
Gang. Il film è ispirato a fatti realmente accaduti ed è basato su
alcuni pezzi del giornalista del Miami New Times Pete Collins.
Grande successo per la colonna
sonora di “PASSIONE” il film che John Turturro ha dedicato a Napoli
e alla sua musica. Il cd, prodotto da Universal Music Italia, ha
debuttato direttamente nella top ten delle compilation, e occupa
attualmente la 5ª posizione in classifica.
In occasione dell’annuale Investor
Day di Disney, è stato ufficialmente annunciato Turning
Red, nuovo film d’animazione Pixar che arriverà nelle
sale americane l’11 marzo 2022.
Come apprendiamo grazie a
Deadline, film avrà come protagonista Mei, una giovane
adolescente alle prese con i classici problemi della sua età, che
nasconde un segreto alquanto sorprendente e “ingombrante”: quando è
troppo felice, si trasforma in un gigantesco panda rosso.
Turning
Red sarà diretto da Domee Shi,
sceneggiatrice e regista dell’acclamato corto
Bao, che ha vinto l’Oscar per il miglior cortometraggio
d’animazione. Il corto era incentrato sulla vita di una madre
cinese-canadese, sola e avanti con l’età, che sta soffrendo per
la sindrome del nido vuoto e che all’improvviso ottiene la
possibilità di essere nuovamente madre.
Oltre a Turning
Red, in occasione dell’Inventor Day la Pixar ha
annunciato anche Lightyear, spin-off della saga di Toy Story che racconterà come un giovane pilota
collaudatore è diventato l’eroe spaziale che ha generato l’action
figure di Buzz Lightyear resa famosa nei film del
franchise.Angus MacLane, il
co-regista di Alla
ricerca di Dory, si occuperà della regia, mentre Chris Evans presterà la voce al “vero” Buzz
Lightyear.
Ricordiamo che il prossimo film
Pixar ad arrivare nelle sale sarà Luca,
diretto dal candidato all’Oscar Enrico
Casarosa (La Luna) e prodotto
da Andrea
Warren (Lava, Cars
3), che arriverà nei cinema statunitensi il 18 giugno
2021.
Ecco il trailer italiano di
Turner, il film diretto da Mike
Leigh osannato al Festival di Cannes, che racconta la vita
e le opere del celebre pittore William Turner. Nei panni del
protagonista uno straordinario Timothy Spall
(Harry Potter).
Ecco il trailer italiano:
William Turner è un artista
riconosciuto e vive circondato da suo padre, che è anche il suo
assistente, e la sua governante devota. Frequenta l’aristocrazia e
nutre la sua ispirazione dai suoi numerosi viaggi. Alla morte del
padre però, William rimane profondamente colpito tanto da isolarsi
in se stesso. Tuttavia, la sua vita cambia quando incontra
l’onorevole Booth, titolare di una pensione in riva al mare.
Mike
Leigh torna alla regia dopo Another
Year con un biopic sulla vita di J. M. W.
Turner, il pittore inglese che seppe
catturare l’essenza del Romanticismo e trasferire nelle sue tele il
fascino sublime della natura. Precursore dell’impressionismo,
esplorò e infranse i limiti della figurazione. Leigh dirige gli
attori che lo hanno spesso accompagnato e che regalano al film
ottime caratterizzazioni: da Marion Bailey a
Lesley Manville, a Ruth Sheen. Su
tutti, un eccellente Timothy Spall nel ruolo
principale. Nella vita di Turner poche figure: l’anziano e amato
padre (Paul Jesson), la fedele governante, la
vedova che diverrà la sua seconda compagna
(Marion Bailey), restandogli
accanto fino alla fine. Leigh svela il Turner maturo: burbero,
rude, animalesco, spesso pessimo nei rapporti umani, i cui mugugni
e brontolii lo caratterizzano più delle parole.
A dar vita al personaggio, il forte
e quanto mai efficace contrasto tra la sua figura rozza, aspra, non
curata, e la genialità della sua arte, che rivela al di sotto di
una spessa scorza, un’insospettabile sensibilità. D’altro canto,
Leigh non è regista che ami la “mitizzazione” e questo film è
tipicamente suo – oltre che per la ferma conduzione, la cura di
ogni dettaglio che porta l’intera opera al suo fine – nel parlarci,
ancora una volta,
dell’uomo comune coi suoi vizi e miserie, che qui coesiste col
grande artista.
Inoltre, non può che trattarsi di un
film sull’essenza dell’arte: mix di estroso genio e abilità
artigiana – quella che il pittore aveva appreso dal padre barbiere.
L’opera è fatica fisica, materia portata con forza ad esprimere
significati profondi, primo fra tutti, l’unità inscindibile
natura-divinità. Essa è figlia di uno spirito pratico, lontano anni
luce dall’approccio “accademico”. Ciò è reso attraverso una
fotografia che fa della natura l’altra grande protagonista della
pellicola, sia nella luminosità dei dipinti – Turner era definito
“il pittore della luce”- che nella magnificenza grandiosa dei
paesaggi da cui questi traggono origine. Immagini di grande
suggestione che rendono ancor più chiara la trasfigurazione attuata
dal pittore inglese, spingendosi ai confini dell’astratto.
Storia individuale
e contesto sono poi abilmente fusi: nel delineare Turner come un
eccentrico anticonformista, poco amato dall’establishment
britannico, membro sui generis della Royal Academy, il regista può
esercitare la sua sempre pungente ironia su certa Inghilterra
bigotta e conservatrice, che mal sopportava e poco comprendeva
quella personalità fuori dagli schemi. Un anticipatore, un uomo
curioso del futuro, attraverso i cui occhi vediamo la nuova
Inghilterra industriale prendere forma.
Pellicola saldamente imperniata
sulla potenza delle immagini e sull’interpretazione di Spall,
meritata Palma d’Oro, è un lavoro meticoloso, che ha bisogno dei
suoi tempi, ma non delude le aspettative.
Vincitore del Premio
del Pubblico al Tribeca Film Festival 2011, Turn Me On,
Goddammit! (perla donataci dalla sezione più cool del
Festival, Extra di Mario Sesti) narra la storia di Alma, splendida
adolescente norvegese in piena crisi ormonale che, a causa di un
fortuito quanto divertente
Originariamente programmata per
l’autunno del 2014, l’uscita del film di animazione
Turkeys, prodotto da Relativity Media con
Jimmy Hayward alla regia potrebbe essere
anticipata di oltre un anno, arrivando nelle sale il prossimo 1
novembre.
Novità anche per The
Best Man Holiday, seguito di The Best
Man (film del 1999 firmato da Malcolm D.
Lee) la cui uscita è stata fissata per il 15 novembre.
Turkeys (tacchini) seguirà le
vicende di due pennuti impegnati in un viaggio del tempo, per
cambiare la storia e fare in modo che la loro specie non divenga il
piatto principale delle tavole americane in occasione del Giorno
del Ringraziamento. Il cast delle voci include Owen
Wilson, Woody Harrelson, Amy
Poehler, Dan Fogler, Lesley
Nicol, George Takei, Colm
Meaney e Keith David.
The Best Man Holiday vedrà
protagonisti Taye Diggs, Nia
Long, Morris Chestnut, Harold
Perrineau, Terrence Howard, Sanaa
Lathan, Monica Calhoun, Melissa
De Sousa e Regina Hall e tornerà a
seguire le vicende del gruppo di amici protagonisti del primo
episodio; anche in quest’occasione, Malcolm D. Lee
tornerà sia come sceneggiatore che come regista.
Arriva il 24 luglio su
Disney+ Turisti curiosi con Bob e
Mack, la nuova serie realizzata dalla Casa di Topolino in
collaborazione con National Geographic in sei
episodi. La serie, come informa la sinossi ufficiale, è
condotta dal corrispondente di ABC News Bob Woodruff e il
figlio Mack Woodruff, porta gli spettatori dentro a un’avventura
padre-figlio in alcuni dei luoghi più inaspettati del pianeta:
nazioni e territori spesso conosciuti per i loro conflitti, ma
ognuno con un potere unico di sorprendere, stupire e ispirare.
Insieme visiteranno la Colombia, la Papua Nuova Guinea, l’Etiopia,
il Pakistan, il Libano e l’Ucraina. Durante il viaggio, Bob e Mack
condivideranno momenti forti e toccanti che li porteranno a
cambiare prospettiva – non solo sul loro rapporto, ma anche
sulle persone e i luoghi.
La descrizione è naturalmente
accurata eppure per comprendere a pieno la natura di
Turisti curiosi con Bob e Mack, bisogna immergersi
dentro le immagini, le esperienze, i luoghi e le forti emozioni che
i protagonisti di questo “rogue trip” (questo il titolo originale
della serie) si trovano di volta in volta a gestire. Padre e figlio
si trovano a confrontarsi con territori difficile e spesso
inesplorati, a toccare con mano le conseguenze delle guerre, della
follia umana, portando alla luce un fatto incontrovertibile: la
natura trova sempre un modo di sopravvivere e andare avanti, ma è
anche totalmente indifesa di fronte ad attacchi, anche involontari,
sempre più violenti e massicci da parte dell’uomo, che resta il
predatore più pericoloso e temibile.
Turisti curiosi con Bob e Mack un
viaggio fisico e personale nella natura sconosciuta
Il primo episodio della serie ci
porta in Colombia, un Paese che Bob aveva conosciuto negli anni
della guerra e che ora ripercorre accanto a suo figlio. Per la
prima volta, l’ex corrispondente di guerra si trova ad attraversare
un territorio relativamente in pace, guardandolo sotto una luce
diversa, mentre il figlio è ammirato e sorpreso dal vedere il padre
“sul campo”, che non ha perso un grammo della sua grinta da
reporter, perfettamente a suo agio sia con dei militari che con i
pacifici abitanti della zona. L’esperienza, quindi, è relativa al
viaggio, all’avventura, come riporta il titolo, ma anche
all’aspetto più esistenziale del viaggio stesso, che si proietta
verso la conoscenza di sé nell’attraversare e scoprire nuove
realtà.
L’intento di Turisti
curiosi con Bob e Mack è egregiamente raggiunto attraverso
una scrittura che lascia parlare i fatti, gli eventi e uno stile
registico completamente mutuato dai migliori filmati National
Geographic: qualità assoluta dell’immagine, predilezione per il
landscape, vera e propria poesia naturale per
immagini.
La dimensione personale,
perfettamente bilanciata con quella informativa e documentaristica,
rende la serie una piacevole avventura “da divano” in un momento
storico in cui è ancora prematuro pensare di poter andare in quei
porti in un tempo prossimo. Può essere però un ottimo modo per
conoscere e fare una lista dei prossimi viaggi da fare, non appena
sarà di nuovo sicuro andare in giro per il mondo.
Si è svoltai eri sera, 9 luglio, si
è svolta all’AMC Loews Lincoln Square di New York, la premiere di
TURBO, il nuovo film d’animazione della
DreamWorks, che uscirà in Italia LUNEDI’ 19 AGOSTO, distribuito
dalla Twentieth Century Fox.
Guarda il nuovo trailer
internazionale di Turbo, il nuovo film
d’animazione della Dreamworks Animation diretto dal
regista di Madagascar e Kung Fu Panda.
Turbo è
una lumaca che sogna di diventare il più grande pilota
del mondo proprio come il suo eroe Guy Gagne, il cinque volte
campione della500 Miglia di Indianapolis. L’ossessione per la
velocità di Turbo rende la lumaca bizzarra agli occhi della
comunità delle lumache, lenta e prudente, e ciò crea un imbarazzo
costante a suo fratello Chet. Un giorno Turbo, dopo uno strano
incidente, ottiene il potere di correre velocissimo e decide quindi
di intraprendere un lungo viaggio per realizzare l’impossibile:
correre con i campioni dell’IndyCar.
Una delle battute cardine del film
è “Corri come un macchina, agisci come una lumaca”, fatto che
sposta immediatamente il giudizio del film, in superficie una
storia con “animali che parlano” tipica della casa Dreamworks,
verso un livello superiore, ovviamente le metafore della Pixar e lo
spessore delle loro storie sono ancora lontane da raggiungere, ma
in questa si sente un’eco di quel “Think globally, act locally”,
tanto in voga tra i primi coscienziosi ecologisti degli anni
’90.
Ora che l’allarme climatico è ormai
diventato la norma, che tutti ignorano se non stupirsi al primo
tornado in luoghi prima esenti da questi fenomeni, è difficile fare
un discorso eco-sostenibile, attraverso i film di animazione
soprattutto. Quindi lo sceneggiatore, David Soren,
si è trovato di fronte ad un grande dilemma: come far passare,
almeno un minimo, l’idea ecosostenibile senza però accanirsi sulla
bontà dei personaggi che la sostengono? Infilare in un ambiente
alla Antz un elemento assolutamente discordante:
una lumaca che vuole correre come le macchine modificate di
Vin Diesel della saga di Fast &
Furious (in effetti il lancio della locandina negli Stati
Uniti è assolutamente ammiccante: He’s fast they’re
furious), come questo avvenga, dirlo qui rovinerebbe la visione
del film. Che si salva dall’essere un epigone di
Cars solo perchè appunto viene rimarcata quasi
costantemente la differenza di Turbo dal resto della normalità in
cui viene inserito. E’ diverso in quanto lumaca in un contesto di
macchine. L’unico modo per “farsi accettare” è capire che la
diversità conta, e farla valere.
Il film esce nelle nostre sale il
prossimo 21 Agosto nelle sale, in tempo per il ritorno dalle
vacanze e in competizione diretta, cosa che non è avvenuta nel
paese d’origine con il film Pixar Monsters
University.
Ecco il poster italiano ufficiale
di Turbo, la nuova pellicola d’animazione
della Dreamworks diretta da David
Soren (noto per i suoi speciali televisivi su
Madagascar, qui al suo debutto come regista). Tantissimi
gli attori che hanno prestato la loro voce nella versione
originale: Ryan Reynolds, Paul Giamatti, Michael Pena, Luis
Guzman, Bill Hader, Richard Jenkins, Ken Jeong, Michelle Rodriguez,
Maya Rudolph, Ben Schwartz, Kurtwood Smith, Snoop
Dog e Samuel L.
Jackson.
Turbo poster
italiano
Trama:
Turbo è una lumaca che
sogna di diventare il più grande pilota del mondo proprio come il
suo eroe Guy Gagne, il cinque volte campione della 500 Miglia
di Indianapolis. L’ossessione per la velocità di Turbo rende la
lumaca bizzarra agli occhi della comunità delle lumache, lenta e
prudente, e ciò crea un imbarazzo costante a suo fratello
Chet. Un giorno Turbo, dopo uno strano incidente, ottiene il
potere di correre velocissimo e decide quindi di intraprendere un
lungo viaggio per realizzare l’impossibile: correre contro i
campioni dell’IndyCar.
Turbo è un film d’animazione del
2013 diretto da David Soren e con protagonista del cast vocale Ryan
Reynolds. Il film, prodotto dalla DreamWorks Animation e
distribuito da 20th Century Fox, è basato su un’idea originale di
David Soren, al suo primo film come regista.
Ecco un nuovo trailer ufficiale
di Turbo, la pellicola d’animazione
della Dreamworks diretta
da David Soren (noto per i suoi speciali
televisivi su Madagascar, qui al suo debutto come
regista). Tantissimi gli attori che hanno prestato la loro voce
nella versione originale: Ryan Reynolds, Paul
Giamatti, Michael Pena, Luis Guzman, Bill Hader, Richard Jenkins,
Ken Jeong, Michelle Rodriguez, Maya Rudolph, Ben Schwartz, Kurtwood
Smith, Snoop Dog e Samuel L.
Jackson.Turbo uscirà in America a luglio, mentre
nelle nostre sale arriverà il prossimo 19
agosto.
Turbo nuovo
trailer
Trama:
Turbo è una lumaca che
sogna di diventare il più grande pilota del mondo proprio come il
suo eroe Guy Gagne, il cinque volte campione della 500 Miglia
di Indianapolis. L’ossessione per la velocità di Turbo rende la
lumaca bizzarra agli occhi della comunità delle lumache, lenta e
prudente, e ciò crea un imbarazzo costante a suo fratello
Chet. Un giorno Turbo, dopo uno strano incidente, ottiene il
potere di correre velocissimo e decide quindi di intraprendere un
lungo viaggio per realizzare l’impossibile: correre contro i
campioni dell’IndyCar.
Turbo è un film d’animazione del
2013 diretto da David Soren e con protagonista del cast vocale Ryan
Reynolds. Il film, prodotto dalla DreamWorks Animation e
distribuito da 20th Century Fox, è basato su un’idea originale di
David Soren, al suo primo film come regista.
Secondo quanto riporta The
Hollywood Reporter, Sony avrebbe in cantiere un progetto per un
remake di Tuono Blu (Blue
Thunder), film action del 1983 con Roy
Scheider (Lo Squalo). Forse
alcuni di voi l’avranno visto in tenera età o comunque molto tempo
fa e ricorderanno poco, inoltre la tecnologia da quel periodo ad
oggi ha fatto senza dubbio passi da gigante: tutti motivi
sufficienti a quanto pare per rimettere mano alla storia. Finora
non si sa ancora molto del nuovo Tuono Blu.
Sicuramente sarà scritto da Craig Kyle
(Thor: Ragnarok) e prodotto
da Dana Brunetti (Cinquanta sfumature
di grigio). E invece che su di un elicottero, il film
si focalizzerà su “il più avanzato drone mai esistito”.
Non si hanno ancora notizie di un
regista ufficiale del remake, al quale difficilmente prenderà parte
la star anni Settanta dell’originale Roy Scheider.
Nell’attesa di qualche più sostanzioso aggiornamento, rivediamoci
il trailer del film originale diretto da John
Badham.