Oscar 2012: il miglior film – Midnight in Paris
Midnight in Paris di Woody Allen
Oscar 2012: il miglior film – The Tree of Life
The Tree of Life di Terrence Malick
Oscar 2012: il miglior regista – Michel Hazanavicius
Michel Hazanavicius, francese, sta sbaragliando tutta la concorrenza con il suo coraggioso e bellissimo film, The Artist, visto e apprezzato già al Festival di Venezia del 2011.
Darren Aronofsky sembra essere sempre più convinto del suo prossimo progetto Noah, il kolossal a sfondo biblico da 130/150 milioni di dollari di budget. Ora arriva anche conferma dal suo abituale direttore della fotografia Matthew Libatique. L’uomo ha rivelato di aver discussi con il regista della sceneggiatura e che le riprese dovrebbero partire a New York e in Islanda a Luglio. Libatique ha parlato anche di un Villain del film:
C’è una grande ruolo per il villain, ci deve essere un cattivo nella storia di Noé. Qualcuno che dice “Non state a sentire le sue parole. Va tutto bene, non c’è alcuno bisogno di costruire un arca. Non siate allarmisti. Non siate così fondamentalisti”. Avere presente no? Uno di questi tizi.
Ovviamente nulla di tutto ciò è ufficiale. Le ultime voci, inoltre vorrebbero che l’attore Michael Fassbender in trattative per la parte del protagonista, ma anche queste non ancora confermate. Non ci resta che aspettare ulteriori conferme.
Manca poco per il
ritorno di Peter Parker. La Sony Pictures ha lanciato una
iniziativa virale che condurrà ad alcune proiezioni speciali di
scene selezionate di The Amazing Spider-Man fissate per il
6 febbraio.
Il Federale – Roma, primi mesi del 1944. Nella penisola si infittiscono i combattimenti tra i nazi-fascisti e gli anglo-americani i quali, appena sbarcati, tentano di risalire il paese. Primo Arcovazzi (Ugo Tognazzi) è un graduato della milizia fascista estremamente ligio al dovere e fanaticamente attaccato alla causa.
In virtù di queste qualità i suoi superiori lo incaricano di una missione molto delicata e importante: arrestare e riportare a Roma il prof. Erminio Bonafè (Georges Wilson), noto filosofo antifascista e prescelto per la carica di primo ministro dell’Italia libera.
Saputo da informatori certi che il professore è nascosto nel suo paesino natale sulle montagne abruzzesi, il buon Arcovazzi si mette in sella ad un side-car e si dirige a prelevare il fuggiasco. Trovatolo senza particolari problemi inizia il viaggio di ritorno verso Roma e sopratutto verso quella promozione a federale che il bravo graduato anela da tempo.
Purtroppo per Arcovazzi il viaggio verso la capitale sarà costellato da vari inconvenienti e ostacoli accidentali che renderanno la sua missione più complicata del previsto. Allo stesso modo però daranno a lui modo di entrare in contatto se non in distaccata simpatia con un altro uomo non più visto come un semplice traditore ma solo come un essere umano. E sarà proprio questo essere umano, inizialmente osservato con fredda ed ironica diffidenza, che salverà la vita di Primo nel grottesco finale.
Luciano Salce, uno dei maestri della commedia italiana, confezione questo film nel 1961, in collaborazione con i famosi sceneggiatori Castellano e Pipolo. Il federale è un classico esempio di quella tragi-commedia all’italiana che rappresenta uno dei filoni più amati e di maggior successo nella storia del cinema nostrano.
Il Federale, un film dall’indubbia impronta comica ma che al contempo si presta ad un’analisi e ad un’introspezione seria e a tratti drammatica del contesto storico in cui le vicende sono inserite. Un film che non può essere considerato solo una commedia e che allo stesso modo non può essere catalogato come un film drammatico; Il federale raccoglie il lato buono di uno e dell’altro genere mescolando sapientemente le sequenze divertenti e spassose con quelle più serie e riflessive.
La scena è dominata dai due splendidi protagonisti, eccellenti nelle rispettive interpretazioni: Tognazzi incarna perfettamente il ruolo del fanatico e convinto fascista, il quale non contempla nemmeno l’idea che qualcuno possa non esserlo essendo cresciuto in una società, per lui, da sempre fascistizzata. Wilson, al contrario, raffigura con garbo ed eleganza l’intellettuale democratico che tenta disperatamente di aprire gli occhi e la mente al suo carceriere.
Il viaggio di ritorno verso Roma, diventa una sorta di odissea omerica in cui tutto sembra ostacolare o quantomeno ritardare il compimento della missione di Primo, un lungo e tortuoso percorso in cui i due uomini si avvicinano e conoscono gradualmente, imparando anche ad apprezzare oltre che rispettare ognuno le qualità dell’altro.
Il film di Salce sa essere incredibilmente divertente così come profondo e toccante, Tognazzi si conferma mattatore straordinario e dalla comicità esplosiva ma al tempo stesso grande attore drammatico. Nel film, in cui compare anche una giovanissima Stefania Sandrelli, si ride e si riflette così come vuole la tradizione della grande tragi-commedia all’italiana.
Nello struggente finale in cui Arcovazzi entra nella Roma liberata con il suo prigioniero e indossando una divisa da federale rimediata a poco prezzo, Salce mostra la violenza cieca e incontenibile di un popolo stremato e incattivito da anni di dittatura ma al contempo vuole chiudere con uno straordinario gesto di umanità e pietà con cui il prof. Bonafè salverà Primo mantenendo fede a quei valori di civiltà a cui aveva sempre creduto e a cui si era da sempre affidato.
Kapò è un film del 1959 diretto da Gillo Pontecorvo. Fu nominato per l’Oscar al miglior film straniero nel 1961.
A Parigi si vivono i terribili e oscuri giorni dell’occupazione nazista; gli ebrei vengono quotidianamente prelevati dalle loro abitazioni nel ghetto e caricati sui lugubri treni della morte, diretti verso la Germania e i campi di concentramento.
A questa drammatica sorte non sfuggono nemmeno la giovane Nicole (Susan Strasberg) e i suoi amati genitori. Catapultata d’improvviso nella realtà apocalittica del lager, la timida e graziosa fanciulla riuscirà a sopravvivere grazie all’aiuto di un medico del campo che le fornirà la divisa con il triangolo nero, quello dei “ladri”, decisamente meno sconveniente del distintivo portato dagli ebrei, destinati a morte sicura.
La vita nel campo è dura e sopravvivere è l’unica preoccupazione di ogni giorno, per farlo, spesso, bisogna sopraffare il prossimo, le normali regole della convivenza civile non valgono più. Nicole comprende questo al punto di accettare l’incarico di Kapo, le terribili sorveglianti, aguzzine delle loro stesse compagne. Il degrado morale oltre che fisico a cui la ragazza si abbandona verrà riabilitato in uno straziante finale nel quale la giovane troverà la forza di un estremo sacrificio nell’amore verso Sasha (Laurent Terzieff), un giovane soldato russo prigioniero nel campo.
Kapo è un film del 1959 diretto mirabilmente da Gillo Pontecorvo che qui si presentava con il suo secondo lungometraggio in carriera. Sceneggiato insieme all’amico Franco Solinas, il regista prese lo spunto per raccontare questa storia dalla lettura di Se questo è un uomo di Primo Levi. Infatti il tema dominante del film è proprio quell’assuefazione all’orrore di cui lo scrittore piemontese parla e descrive nel suo celeberrimo libro.
Pontecorvo narra la storia della giovane Nicole come fosse una sorta di parabola, in cui la giovane ed innocente fanciulla buona e generosa tanto da cedere il suo misero rancio alle compagne più anziane, cede alla paura e all’orrore dilagante corrompendo la propria anima e perdendo ogni rimasuglio di umanità. Una degradazione morale che inizia rubando una semplice patata ad una compagna e che continua gradualmente sino ad accettare l’incarico più infame, quello di Kapò, le temute e ignobili sorveglianti del campo.
Il regista pisano ci racconta questa storia con il suo abituale tratto documentaristico, fedele strumento per fare quel cinema-verità a cui rimarrà legato per tutta la sua carriera. Come lui stesso racconta, per raggiungere un livello di realismo simile a quello dei cine-giornali del tempo, venne usata una particolarissima tecnica conosciuta come “fotografia controtipata” adatta a rendere un’immagine più granulosa ed un effetto meno cinematografico.
Nel cast artistico spiccano le interpretazioni di Didi Perego ed Emanuelle Riva, quest’ultima reduce dal successo di Hiroshima mon amour, così come di Laurent Terzieff nel ruolo del protagonista maschile Sasha, colui che ridarà amore e dignità a Nicole. Susan Strasberg, figlia di Lee Strasberg fondatore dell’Actor Studio, fu invece una scelta difficile per Pontecorvo e anche sul set non mancarono momenti di difficoltà legati ad una capacità interpretativa non sempre naturale e immediata. Il risultato è comunque notevole in quanto la giovane Susan riesce a trasmettere quel senso di innocente candore che progressivamente lascia il posto all’insensibilità e al maligno opportunismo necessario per sopravvivere nel campo.
Da buon compositore mancato (i genitori non gli fecero concludere gli studi al conservatorio) Gillo Pontecorvo riserba un ruolo fondamentale alla musica che scandisce la varie sequenze narrative in modo estremamente efficacie, accompagnando con note prima dolci e melanconiche e poi grevi e drammatiche la degradazione morale della protagonista.
Convintosi solo dopo lunghe discussioni con il suo co-sceneggiatore, Pontecorvo introduce nell’ultima parte del film la storia d’amore tra Nicole ed il bel soldato russo Sasha, una scelta narrativa inizialmente osteggiata dal regista poco propenso a mescolare l’amore tra due giovani nel contesto drammatico del film.
L’amore per il prigioniero russo sarà la leva per riabilitarsi come essere umano in quanto grazie e per lui Nicole deciderà di sacrificarsi ed aiutare così la fuga dal campo. Pontecorvo avrebbe preferito un altro finale, con la protagonista ancora viva e “sola” in mezzo alle compagne festanti per la liberazione, accentuandone così l’alienazione morale.
Forse convinto da una produzione più orientata ad un finale più spettacolare e ad effetto, il regista ha in fine optato per la morte di Nicole e l’intima disperazione di Sasha che dimentica il successo di tutti e soffre per la donna amata.
Ma è evidente che la relazione tra i due giovani sia estremamente marginale nel contesto di un film che ha ben altri scopi e finalità; una delle più fedeli e crude testimonianze cinematografiche riguardo il tema dell’Olocausto, in cui Gillo Pontecorvo tocca uno dei punti più alti, se non il più alto, della sua importante carriera. Un realismo forte e non sempre compreso dalla critica del tempo, il critico e regista francese Jacques Rivette definì “un’abiezione” la carrellata in avanti sul cadavere imprigionato nei fili dell’alta tensione, ma che in realtà rimane ad oggi uno delle migliori testimonianze su un tema tanto battuto ma sempre attuale come quello dell’Olocausto.
Un film da vedere e rivedere periodicamente per non dimenticare l’orrore a cui la follia dell’uomo può portare, per mantenere vigile l’attenzione verso ogni rigurgito di odio e intolleranza.
In attesa di ammirare The Avengers, la ‘madre di tutti i film sui supereroi’ (almeno quelli della Marvel), giungono notizie su ciò che, successivamente, aspetterà i patiti del genere : mentre dei secondi capitoli delle serie di Thor e Wolverine già si sa molto, arrivano novità sul fronte del nuovo film su Capitan America, le cui riprese portebbero cominciare entro l’anno, una volta terminato Thor 2.
La conferma è venuta da Neal McDonough, inteprete del ruolo di Dum Dugan nel primo capitolo, che farà parte anche del secondo. Novità anche per quanto riguarda il film su Nick Fury, del quale in realtà si parla già da tempo: lo stesso McDonough, dovrebbe essere presente anche in questo lavoro (il personaggio di Dugan nei fumetti della Marvel è infatti il maggior ‘sodale’ d Fury), che ha affermato che il film potrebbe essere ambientato negli anni ’70. Fury sarà naturalmente interpretato da Samuel L.Jackson.
Fonte: Empire
Arriva finalmente al cinema distribuito da 01 Distribution Hugo Cabret, il nuovo film di Martin Scorsese con protagonisti Asa Butterfield, Ben Kingsley, Chloë Grace Moretz, Sacha Baron Cohen, Ray Winstone, Emily Mortimer e Christopher Lee.
Un paio d’anni fa cominciò a serpeggiare la voce che Martin Scorsese si sarebbe cimentato con il 3D in un fantasy ambientato nella Parigi degli anni ’30. Tutti abbiamo aspettato con ansia questa rivelazione, questo inedito rapporto tra un regista come Scorsese e un tecnologia e un genere che mai aveva affrontato prima, e finalmente possiamo vederne il risultato. Con Hugo Cabret ognuno ritroverà l’incredibile dolcezza e la vibrante passione di un ragazzino che insegue un sogno, ancorato all’unico oggetto che gli resta di un padre prematuramente morto.
In Hugo Cabret, Hugo (Asa Butterfield) è un orfano che nella stazione ferroviaria di Parigi regola gli orologi, al posto di uno zio ubriacone e sempre in giro a far chissà cosa. Un giorno però incontra Isabelle (Chloë Grace Moretz) e con lei, a poco a poco scoprirà un mondo di sogni lì dove non avrebbe mai sospettato ci fosse qualcosa di così meraviglioso da scoprire.
Scorsese parte dal romanzo bestseller The Invention of Hugo Cabret e ci racconta la storia di un amore verso il cinema, verso l’illusione, verso l’infinita capacità che questo mezzo ha di raccontarci i nostri sogni. Lo fa attraverso gli occhi meravigliati di Hugo, che per una serie di fortunate coincidenze si trova in casa del grande George Méliès (interpretato da Ben Kingsley), primo grande poeta dell’immaginario umano al cinema. Scorsese ci racconta il suo amore verso questo cinema, così grande e profondo da ritagliarsi addirittura un cameo nel film.
L’idea del romanzo, che Scorsese riesce appieno a centrare è quella di rileggere la storia con il genuino senso di ri-scoperta che si cela negli occhi dei ragazzi, anche di quelli, come Hugo e Isabelle, che nella loro giovane vita hanno sofferto la solitudine. Per Hugo il cinema è un luogo di compagnia, di dolce malinconia e di rifugio poiché nella sala buia e nelle immagini in movimento risiede il vivido ricordo di un padre che gli ha lasciato molto più di quello che il ragazzo pensa. Una mente ingegnosa, il desiderio di scoperta, la furbizia nell’ingenuità dell’infanzia, fanno di Hugo un protagonista perfetto per una qualsiasi avventura per ragazzi.
Da un punto di vista tecnico, Scorsese passa l’esame con il 3D a pieni voti, realizzando dei piccoli piani sequenza in cui la stereoscopia è perfettamente sincronizzata con il movimento di macchina aiutando lo spettatore ad essere coinvolto nella storia. E qui Scorsese si conferma il grande regista che è, mettendo al suo servizio la tecnica, il tutto per realizzare un racconto favoloso, che forse pecca di lentezza nella parte iniziale, ma che ci regala un vero e proprio viaggio nel cinema che fu.
Qualcuno potrebbe dire che nel film c’è poco del regista newyorkese, tuttavia Hugo Cabret è a tutti gli effetti una dichiarazione d’amore verso il cinema, verso l’attrazione e verso la meraviglia, concetti più autoreferenziali che legati alla filmografia precedente del regista. Il film si sostiene anche su di una scenografia luminosa, opera di Dante Ferretti, e su una colonna sonora del grande Howard Shore.
Interpreti del film sono anche Sacha Baron Cohen nel divertente ruolo del Capostazione, Helen McCrory nei panni di Jeanne, moglie e musa di Méliès, e in piccoli ruoli Jude Law, Emily Mortimer, Johnny Depp (che compare anche in veste di produttore), Michael Pitt, Richard Griffiths e France de la Tour.
Sembra che Terry Gilliam voglia rimettere insieme la band, o meglio il gruppo. Proprio così, i Monty Python potrebbero tornare a distanza di circa 30 anni del loro ultimo lavoro insieme,
Molti lo ricorderanno sempre nel ruolo di Olivander nella saga di Harry Potter, ma la sua lunga carriera è costellata di ruoli indimenticabili e interpretazioni straordinarie: John Hurt, grande attore britannico visto recentemente ne “la Talpa” di Tomas Alfredson, riceverà il premio BAFTA alla carriera “per l’Eccellente Contributo Britannico al Cinema.”
Tim Corrie, presidente dei BAFTA, ha dichiarato entusiasta: “John Hurt è un attore che emoziona e affascina. Ha una straordinaria presenza scenica e conferisce credibilità a ogni ruolo che interpreta. E’ unico nel suo genere, una figura iconica, e la giuria dei BAFTA è felicissima di cogliere l’occasione per onorare il suo eccellente contributo al cinema“.
Hurt ha invece risposto all’annuncio con toni diversi: “Il Cinema conta molto per me ma non avevo la minima idea che contassi qualcosa per il cinema. Sono davvero onorato“.
I BAFTA Awards sono uno dei riconoscimenti più prestigiosi del cinema britannico, non a caso spesso paragonati ai premi dell’Academy: un onore più che meritato per il grande John Hurt.
Sarà la stella di Sex and the City Sarah Jessica Parker a interpretare l’icona femminista Gloria Steinem in Lovelace, biopic dedicato alla vita della porno diva Linda Lovelace. La parte, che era stata assegnata a Demi Moore appena all’inizio di gennaio, era ritornata disponibile la scorsa settimana dopo l’abbandono improvviso dell’attrice, troppo provata dal recente divorzio dal marito Ashton Kutcher per concentrarsi sul progetto.
I registi Rob Epstein e Jeffrey Friedman hanno comunque assicurato che Demi Moore non aveva ancora girato alcuna scena sul set e che pertanto la sostituzione non comprometterà in alcun modo il progresso del film. La parte di Linda Lovelace sarà interpretata da Amanda Seyfried, mentre probabilmente sarà James Franco ad interpretare il fondatore di playboy Hugh Hefner.
fonte: imdb
Sono state annunciate le nomination ai César 2012, i cosiddetti Oscar fancesi. Dominano Polisse e The Artist.
Oggi sono state rivelate le
nomination alla 37esima edizione dei César, i premi più prestigiosi
del cinema francese.
I film più nominati sono The Artist (10) e
Polisse (12), che vedremo in Italia dal 3 febbraio.
Importanti nomine anche per Quasi amici (in originale
Intouchables), lo straordinario campione di incassi
oltralpe che arriverà da noi il 24 febbraio.
In occasione delle premiazioni, che avranno luogo al Teatro Chatelet di Parigi il 24 febbraio, Kate Winslet riceverà il César alla Carriera da Roman Polanski, che l’ha diretta in Carnage. Verrà inoltre reso omaggio all’attrice Annie Girardot, scomparsa lo scorso anno.
Ecco le nomination:
MIGLIOR FILM
Denis Freyd e Pierre Schöller per L’exercice de
l’État
Edouard Weil e Valérie Donzelli per Dichiarazione di
guerra
Fabienne Vonier e Aki Kaurismäki per Miracolo a Le
Havre
Nicolas Duval-Adassovsky, Yann Zenou, Laurent Zeitoun, Éric
Toledano e Olivier Nakache per Quasi amici
Michel Seydoux e Alain Cavalier per Pater
Alain Attal e Maïwenn per Polisse
Thomas Langmann e Michel Hazanavicius per The
Artist
MIGLIOR ATTORE
Sami Bouajila per Omar Killed Me
François Cluzet per Quasi amici
Jean Dujardin per The Artist
Olivier Gourmet per L’exercice de l’État
Denis Podalydès per La conquête
Omar Sy per Quasi amici
Philippe Torreton per Présumé coupable
MIGLIOR ATTRICE
Ariane Ascaride per Le nevi del Kilimangiaro
Bérénice Bejo per The Artist
Leïla Bekhti per La source des femmes
Valérie Donzelli per Dichiarazione di guerra
Marina Foïs per Polisse
Marie Gillain per Toutes nos envies
Karin Viard per Polisse
MIGLIOR REGIA
Alain Cavalier per Pater
Valérie Donzelli per Dichiarazione di guerra
Michel Hazanavicius per The Artist
Aki Kaurismäki per Miracolo a Le Havre
Maïwenn per Polisse
Pierre Schöller per L’exercice de l’État
Éric Toledano e Olivier Nakache per Quasi amici
MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA
Michel Blanc per L’exercice de l’État
Nicolas Duvauchelle per Polisse
Joey Starr per Polisse
Bernard Le Coq per La conquête
Frédéric Pierrot per Polisse
MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA
Zabou Breitman per L’exercice de l’État
Anne Le Ny per Quasi amici
Noémie Lvovsky per L’apollonide (Souvenirs de la maison
close)
Carmen Maura per Le donne del 6° piano
Karole Rocher per Polisse
MIGLIOR ATTORE ESORDIENTE
Nicolas Bridet per Tu seras mon fils
Grégory Gadebois per Angele et Tony
Guillaume Gouix per Jimmy Rivière
Pierre Niney per J’aime regarder les filles
Dimitri Storoge per Les Lyonnais
MIGLIOR ATTRICE ESORDIENTE
Naidra Ayadi per Polisse
Adele Haenel per L’apollonide (Souvenirs de la maison
close)
Clotilde Hesme per Angele et Tony
Céline Sallette per L’apollonide (Souvenirs de la maison
close)
Christa Theret per La brindille
MIGLIOR OPERA PRIMA
Delphine Coulin e Muriel Coulin per 17 ragazze
Alix Delaporte per Angele et Tony
Sylvain Estibal per When Pigs Have Wings
David Foenkinos e Stéphane Foenkinos per La
Delicatesse
Eva Ionesco per My Little Princess
MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE
Valérie Donzelli e Jérémie Elkaïm per Dichiarazione di
guerra
Michel Hazanavicius per The Artist
Maïwenn e Emmanuelle Bercot per Polisse
Pierre Schöller per L’exercice de l’État
Éric Toledano e Olivier Nakache per Quasi amici
MIGLIOR ADATTAMENTO
David Foenkinos per La Delicatesse
Vincent Garenq per Présumé coupable
Olivier Gorce, Roschdy Zem, Rachid Bouchareb e Olivier
Lorelle per Omar Killed Me
Benoît Jaubert, Pierre Geller e Mathieu Kassovitz per
L’ordre et la morale
Yasmina Reza e Roman Polanski per Carnage
MIGLIORE COLONNA SONORA
Alex Beaupain per Les bien-aimés
Bertrand Bonello per L’apollonide (Souvenirs de la maison
close)
Ludovic Bource per The Artist
Mathieu Chedid per Un monstre à Paris
Philippe Schoeller per L’exercice de l’État
MIGLIORE FOTOGRAFIA
Pierre Aïm per Polisse
Josée Deshaies per L’apollonide (Souvenirs de la maison
close)
Julien Hirsch per L’exercice de l’État
Guillaume Schiffman per The Artist
Mathieu Vadepied per Quasi amici
MIGLIORE SCENOGRAFIA
Laurence Bennett per The Artist
Alain Guffroy per L’apollonide (Souvenirs de la maison
close)
Pierre-François Limbosch per Le donne del 6°
piano
Jean-Marc Tran Tan Ba per L’exercice de l’État
Wouter Zoon per Miracolo a Le Havre
MIGLIOR SUONO
Pascal Armant, Jean-Paul Hurier e Jean Goudier per Quasi
amici
Jean-Pierre Duret, Nicolas Moreau e Jean-Pierre Laforce
per L’apollonide (Souvenirs de la maison close)
Olivier Hespel, Julie Brenta e Jean-Pierre Laforce per
L’exercice de l’État
Nicolas Provost, Rym Debbarh-Mounir e Emmanuel Croset per
Polisse
André Rigaut, Laurent Gabiot e Sébastien Savine per
Dichiarazione di guerra
MIGLIORI COSTUMI
Catherine Baba per My Little Princess
Mark Bridges per The Artist
Christian Gasc per Le donne del 6° piano
Viorica Petrovici per La source des femmes
Anaïs Romand per L’apollonide (Souvenirs de la maison
close)
MIGLIOR MONTAGGIO
Anne-Sophie Bion e Michel Hazanavicius per The
Artist
Laurence Briaud per L’exercice de l’État
Pauline Gaillard per Dichiarazione di guerra
Laure Gardette e Yann Dedet per Polisse
Dorian Rigal-Ansous per Quasi amici
MIGLIOR DOCUMENTARIO
Daniel Leconte per Le bal des menteurs
Frederick Wiseman per Crazy Horse
Yasmina Adi per Ici on noie les Algériens
Michael Radford per Michel Petrucciani – Body &
Soul
Christian Rouaud per Tous Au Larzac
MIGLIOR FILM STRANIERO
Darren Aronofsky per Il cigno nero
Tom Hooper per Il discorso del re
Nicolas Winding Refn per Drive
Jean-Pierre Dardenne e Luc Dardenne per Il ragazzo con la
bicicletta
Denis Villeneuve per La donna che canta
Lars von Trier per Melancholia
Asghar Farhadi per Una separazione
MIGLIOR FILM DI ANIMAZIONE
Joann Sfar e Antoine Delesvaux per Le chat du
rabbin
Nicolas Brault per Le cirque
Benjamin Renner per La queue de la souris
Jean-François Laguionie per Le tableau
Bibo Bergeron per Un monstre à Paris
Ospite del popolare magazine cinematografico Empire, l’attore di Long Beach ha parlato dei suoi impegni a breve e medio- lungo termine, a cominciare dall’imminente Spirit of Vengeance, che sancirà il ritorno sugli schermi di Ghost Rider, il demone motorizzato creato dalla Marvel Comics. Nel corso dell’intervista, Nicolas Cage ha affermato di essere favorevole a un eventuale sequel di The Wicker Man (uscito in Italia col titolo de Il Prescelto); in particolare, Cage ha affermato che vorrebbe essere diretto da Hideo Nakata, regista di The Ring. Cage ha inoltre rivelato di aver rifiutato ruoli in due dei maggiori blockbuster dell’ultimo decennio, Il Signore degli Anelli e Matrix, a causa dei set che l’avrebbero costretto a passare periodi troppo lunghi lontano dalla propria famiglia.
Fonte: Empire
Paul Giamatti,
recentemente visto ne Le Idi di Marzo diretto da Clooney, sarà
Frate Lorenzo nell’adattamento di Romeo e Giulietta realizzato da
Carlo Carlei, come sappiamo interpretato da Hailee Steinfeld e
Douglas Booth nei ruoli principali.
Per Deadline la Warner e Bros
Steven
Spielberg sarebbero intenzionati a realizzare un kolossal
intitolato Gods and Kings sulla figura e sulla storia di Mose’.
“La cucina è come la vita: un continuo proporsi”. Parola di Gennaro Esposito, cuoco provetto nonché proprietario del ristorante “La Torre del Saracino”, protagonista, insieme al suo gruppo di lavoro, del documentario firmato da Elisabetta Pandimiglio e prodotto dalla coppia Ledda – Arcopinto: Più come un artista.
Già presentato al Festival di Venezia alle Giornate degli autori, Più come un artista è stato proiettato ieri alla Casa del Cinema di Villa Borghese. L’opera nasce dalla volontà di riprendere il dietro le quinte di un ristorante pluristellato, portando con sé un’analisi attenta e mai superficiale delle tensioni, degli odi e degli amori che nascono all’interno del microcosmo di una cucina d’alto livello. Un compito che si è rivelato più facile del previsto, dato che, come afferma la regista.
Ed è stato proprio il protagonista a fornire alla Pandimiglio la chiave attraverso cui plasmare ciò che si presentava come un materiale immenso: l’idea della totale coincidenza di vita privata e lavoro, la consapevolezza del lavoro come forma di riscatto e trampolino di lancio verso una nuova esistenza. Un mestiere che Gennaro intraprese all’età di 9 anni nella pasticceria dello zio – quasi un gioco, culminato anni più tardi nella creazione di quella che la regista non ha esitato a definire “una bottega rinascimentale”, in cui il capo chef “mette a disposizione la propria esperienza agli allievi che apprendono”.
Per comprendere i ritmi e la vita quotidiana della ciurma di cuochi capitanata da Gennaro, la Pandimiglio ha dovuto svolgere un vero e proprio “lavoro d’immersione”, stando con loro e seguendone le vicende, culinarie e non, da mattina a sera. Un’esperienza totalizzante , e insieme una lente d’ingrandimento sugli aspetti più umani del colorito gruppo, che è riuscita a catturare “quei tempi morti della cucina, in cui i personaggi pensano ad altro”. Curioso, le musiche sono del tutto assenti, fatta eccezione per le ultimissime inquadrature. Una scelta che l’autrice spiega parlando della cucina come di “un luogo molto interessante anche dal punto di vista sonoro… Questo documentario è già abbastanza pieno, e la musica sarebbe stata solo un di più”.
Tra i futuri progetti della regista, accanto ad un film in preparazione dal titolo provvisorio Cattive, è ancora in piedi l’idea di un documentario su un gruppo di cuochi che lavorano in carcere. Con la speranza che, qualora venga realizzato, sappia restituire la verità e la semplicità riscontrate in Più come un artista.
L’altra faccia del diavolo (The Devil Inside) è un film del 2012 diretto
da William
Brent Belle girato in stile falso documentario.
Ulteriori info nella nostra scheda film: L’altra faccia del diavolo
Inghilterra, 1912: Ted Narracott vive con la moglie Rose e il figlio Albert in un piccolo podere nel Devon: in bassa fortuna, l’uomo acquista all’asta per 30 sterline un bellissimo cavallo, dal manto rosso e con una croce bianca sul muso; rimproverato dalla moglie che sperava in qualcosa di meglio per risollevare le sorti della fattoria, Ted decide egualmente di tenere il cavallo su insistenza del giovane figlio Albert, che inizia subito a nutrire per Joey(questo il nome scelto per l’animale) un sentimento di affetto profondo. La necessità economica alla fine però avrà la meglio: pressato dai debiti Ted sarà costretto a vendere Joey all’esercito inglese, pronto a scendere in campo per combattere nel Primo Conflitto Mondiale; il cavallo passerà così di mano in mano, attraversando ogni schieramento e legando a sé il destino di molti nell’attesa di ricongiungersi col suo padrone, che nel frattempo partirà volontario nella speranza di ritrovarlo e di riportarlo a casa.
Steven Spielberg sfida Steven Spielberg: a brevissima distanza da “le avventure di Tintin: il segreto dell’Unicorno”, splendido omaggio al grande cinema d’avventura e spettacolare rievocazione del celebre fumetto europeo, il regista si mette alla prova ancora una volta con “War Horse”, tratto dal romanzo per ragazzi di Michael Morpurgo e già piéce teatrale di successo al National Theatre di Londra.
Ambientato durante la Grande Guerra, War Horse racconta dunque un periodo storico che raramente ha trovato il suo posto sul grande schermo, riflesso di un mondo destinato a svanire dove i cavalli erano ancora parte integrante della vita dell’uomo ed essenziali in battaglia, prima che i motori cambiassero per sempre non solo la quotidianità ma anche il modo di concepire le strategie militari;un’opera ambiziosa, dotata di uno scenario che Spielberg promette di dipingere con l’epica e la poesia dei suoi più grandi classici ma che, avverte lui stesso, considerare un film bellico sarebbe un errore: “Questo è un film d’amore, non di guerra. Non è un altro Salvate il soldato Ryan, ma una storia incentrata sui legami affettivi”.
Raccontare un conflitto senza mostrarne la crudeltà e il sangue al fine di renderlo fruibile per un pubblico eterogeneo era effettivamente una vera sfida:”Ho girato in modo che non sia ‘Rated R’ -sottolinea Spielberg- cioe’ vietato ai minori di 17 anni se non accompagnati da adulti, come ad esempio ‘Salvate il soldato Ryan’, perche’ lo considero un film per famiglie. La guerra e’ solo lo sfondo della storia, e offre lo spunto drammatico per collegare i personaggi di questa avventura”. L’impresa è stata però senza dubbio favorita dalla scelta, fedele al libro ma non al lavoro teatrale, di raccontare la guerra attraverso gli occhi di Joey(interpretato nel film da ben 14 esemplari diversi), cavallo sfortunato chiamato a combattere dietro ogni trincea, accompagnato da diversi padroni tutti destinati a scivolare via come gocce nel mare di un conflitto troppo grande e immenso, fino a ritrovarsi a correre disperatamente e senza più una guida nella Terra di nessuno.
Fra gli splendidi paesaggi della campagna del Devon(“Mai prima d’ora,-ha detto il regista- nella mia lunga ed eclettica carriera, mi ero trovato di fonte a così tanta bellezza naturale come in questo film”) e il campo di battaglia della Somme, a sostenere la pellicola è soprattutto un cast corale e in gran parte britannico, che conta fra i tanti padroni di Joey David Kross(the reader), nei panni di un soldato tedesco che per sfuggire all’orrore sceglie la diserzione, e le nuove promesse Tom Hiddleston(Thor, Midnight in Paris) e Benedict Cumberbatch(Espiazione, la Talpa) nei panni di due prodi e determinati ufficiali di cavalleria; senza dimenticare ovviamente la famiglia Narracott, con Peter Mullan nel ruolo di Ted, Emily Watson in quello della madre Rose e l’esordiente Jeremy Irvine(che presto vedremo anche nel nuovo grandi speranze di Mike Newell), scelto dal regista per le sue “qualità ineffabili, che l’hanno subito reso diverso dagli altri, per la sua autenticità di fronte alla telecamera”, nel ruolo di Albert.
La corsa di War Horse, già iniziata negli States nel periodo di Natale e finalmente pronta a proseguire anche nelle sale italiane dal 17 febbraio, potrebbe non fermarsi ai semplici incassi: il film è stato infatti candidato a ben 6 Premi Oscar fra cui miglior film, miglior fotografia per Janusz Kaminski, e miglior colonna sonora originale, ancora una volta firmata dal grandissimo John Williams, per il quale il regista non si è risparmiato in parole di elogi e gratitudine: “L’anno prossimo sarà il quarantesimo anno che collaboriamo insieme con una sorta di esclusiva. […] Adoro qualsiasi cosa abbia scritto, ma alcune bozze che mi propone suonandole al piano hanno un profondo impatto su di me. I temi di Schindler’s List hanno letteralmente devastato me e mia moglie. E anche quello che fece con E.T. mi lasciò senza fiato. E con War Horse, mi ha suonato tre temi ed ero in lacrime.”
Attendiamo con ansia allora di poter finalmente cavalcare insieme a Joey, consapevoli che Il 17 febbraio non arriverà mai troppo presto.
Un famoso detto
afferma: “tre indizi fanno una prova”; qui più che indizi abbiamo
tre nomi: Stephen Daldry, Johnatan Safran Foer ed Eric Roth.
Il primo è uno straordinario regista britannico che dal 2000 ad
oggi ha collezionato tre candidature agli Oscar per Billy Elliot
(2000), The Hours (2002) e The reader – A voce alta (2008);