Ad inizio mese avevamo pubblicato il primo spot ufficiale per l’edizione 2012 degli Academy Awards. Nel video comparivano Josh Duhamel, Megan Fox e Robin Williams
Oscar Backstage: ecco il video
John Hurt riceverà il Premio BAFTA alla carriera!
Molti lo ricorderanno sempre nel ruolo di Olivander nella saga di Harry Potter, ma la sua lunga carriera è costellata di ruoli indimenticabili e interpretazioni straordinarie: John Hurt, grande attore britannico visto recentemente ne “la Talpa” di Tomas Alfredson, riceverà il premio BAFTA alla carriera “per l’Eccellente Contributo Britannico al Cinema.”
Tim Corrie, presidente dei BAFTA, ha dichiarato entusiasta: “John Hurt è un attore che emoziona e affascina. Ha una straordinaria presenza scenica e conferisce credibilità a ogni ruolo che interpreta. E’ unico nel suo genere, una figura iconica, e la giuria dei BAFTA è felicissima di cogliere l’occasione per onorare il suo eccellente contributo al cinema“.
Hurt ha invece risposto all’annuncio con toni diversi: “Il Cinema conta molto per me ma non avevo la minima idea che contassi qualcosa per il cinema. Sono davvero onorato“.
I BAFTA Awards sono uno dei riconoscimenti più prestigiosi del cinema britannico, non a caso spesso paragonati ai premi dell’Academy: un onore più che meritato per il grande John Hurt.
Sarah Jessica Parker sostituisce Demi Moore in Lovelace!
Sarà la stella di Sex and the City Sarah Jessica Parker a interpretare l’icona femminista Gloria Steinem in Lovelace, biopic dedicato alla vita della porno diva Linda Lovelace. La parte, che era stata assegnata a Demi Moore appena all’inizio di gennaio, era ritornata disponibile la scorsa settimana dopo l’abbandono improvviso dell’attrice, troppo provata dal recente divorzio dal marito Ashton Kutcher per concentrarsi sul progetto.
I registi Rob Epstein e Jeffrey Friedman hanno comunque assicurato che Demi Moore non aveva ancora girato alcuna scena sul set e che pertanto la sostituzione non comprometterà in alcun modo il progresso del film. La parte di Linda Lovelace sarà interpretata da Amanda Seyfried, mentre probabilmente sarà James Franco ad interpretare il fondatore di playboy Hugh Hefner.
fonte: imdb
Ecco le nomination ai César 2012
Sono state annunciate le nomination ai César 2012, i cosiddetti Oscar fancesi. Dominano Polisse e The Artist.
Oggi sono state rivelate le nomination alla 37esima edizione dei César, i premi più prestigiosi del cinema francese.
I film più nominati sono The Artist (10) e Polisse (12), che vedremo in Italia dal 3 febbraio. Importanti nomine anche per Quasi amici (in originale Intouchables), lo straordinario campione di incassi oltralpe che arriverà da noi il 24 febbraio.
In occasione delle premiazioni, che avranno luogo al Teatro Chatelet di Parigi il 24 febbraio, Kate Winslet riceverà il César alla Carriera da Roman Polanski, che l’ha diretta in Carnage. Verrà inoltre reso omaggio all’attrice Annie Girardot, scomparsa lo scorso anno.
Ecco le nomination:
MIGLIOR FILM
Denis Freyd e Pierre Schöller per L’exercice de l’État
Edouard Weil e Valérie Donzelli per Dichiarazione di guerra
Fabienne Vonier e Aki Kaurismäki per Miracolo a Le Havre
Nicolas Duval-Adassovsky, Yann Zenou, Laurent Zeitoun, Éric Toledano e Olivier Nakache per Quasi amici
Michel Seydoux e Alain Cavalier per Pater
Alain Attal e Maïwenn per Polisse
Thomas Langmann e Michel Hazanavicius per The Artist
MIGLIOR ATTORE
Sami Bouajila per Omar Killed Me
François Cluzet per Quasi amici
Jean Dujardin per The Artist
Olivier Gourmet per L’exercice de l’État
Denis Podalydès per La conquête
Omar Sy per Quasi amici
Philippe Torreton per Présumé coupable
MIGLIOR ATTRICE
Ariane Ascaride per Le nevi del Kilimangiaro
Bérénice Bejo per The Artist
Leïla Bekhti per La source des femmes
Valérie Donzelli per Dichiarazione di guerra
Marina Foïs per Polisse
Marie Gillain per Toutes nos envies
Karin Viard per Polisse
MIGLIOR REGIA
Alain Cavalier per Pater
Valérie Donzelli per Dichiarazione di guerra
Michel Hazanavicius per The Artist
Aki Kaurismäki per Miracolo a Le Havre
Maïwenn per Polisse
Pierre Schöller per L’exercice de l’État
Éric Toledano e Olivier Nakache per Quasi amici
MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA
Michel Blanc per L’exercice de l’État
Nicolas Duvauchelle per Polisse
Joey Starr per Polisse
Bernard Le Coq per La conquête
Frédéric Pierrot per Polisse
MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA
Zabou Breitman per L’exercice de l’État
Anne Le Ny per Quasi amici
Noémie Lvovsky per L’apollonide (Souvenirs de la maison close)
Carmen Maura per Le donne del 6° piano
Karole Rocher per Polisse
MIGLIOR ATTORE ESORDIENTE
Nicolas Bridet per Tu seras mon fils
Grégory Gadebois per Angele et Tony
Guillaume Gouix per Jimmy Rivière
Pierre Niney per J’aime regarder les filles
Dimitri Storoge per Les Lyonnais
MIGLIOR ATTRICE ESORDIENTE
Naidra Ayadi per Polisse
Adele Haenel per L’apollonide (Souvenirs de la maison close)
Clotilde Hesme per Angele et Tony
Céline Sallette per L’apollonide (Souvenirs de la maison close)
Christa Theret per La brindille
MIGLIOR OPERA PRIMA
Delphine Coulin e Muriel Coulin per 17 ragazze
Alix Delaporte per Angele et Tony
Sylvain Estibal per When Pigs Have Wings
David Foenkinos e Stéphane Foenkinos per La Delicatesse
Eva Ionesco per My Little Princess
MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE
Valérie Donzelli e Jérémie Elkaïm per Dichiarazione di guerra
Michel Hazanavicius per The Artist
Maïwenn e Emmanuelle Bercot per Polisse
Pierre Schöller per L’exercice de l’État
Éric Toledano e Olivier Nakache per Quasi amici
MIGLIOR ADATTAMENTO
David Foenkinos per La Delicatesse
Vincent Garenq per Présumé coupable
Olivier Gorce, Roschdy Zem, Rachid Bouchareb e Olivier Lorelle per Omar Killed Me
Benoît Jaubert, Pierre Geller e Mathieu Kassovitz per L’ordre et la morale
Yasmina Reza e Roman Polanski per Carnage
MIGLIORE COLONNA SONORA
Alex Beaupain per Les bien-aimés
Bertrand Bonello per L’apollonide (Souvenirs de la maison close)
Ludovic Bource per The Artist
Mathieu Chedid per Un monstre à Paris
Philippe Schoeller per L’exercice de l’État
MIGLIORE FOTOGRAFIA
Pierre Aïm per Polisse
Josée Deshaies per L’apollonide (Souvenirs de la maison close)
Julien Hirsch per L’exercice de l’État
Guillaume Schiffman per The Artist
Mathieu Vadepied per Quasi amici
MIGLIORE SCENOGRAFIA
Laurence Bennett per The Artist
Alain Guffroy per L’apollonide (Souvenirs de la maison close)
Pierre-François Limbosch per Le donne del 6° piano
Jean-Marc Tran Tan Ba per L’exercice de l’État
Wouter Zoon per Miracolo a Le Havre
MIGLIOR SUONO
Pascal Armant, Jean-Paul Hurier e Jean Goudier per Quasi amici
Jean-Pierre Duret, Nicolas Moreau e Jean-Pierre Laforce per L’apollonide (Souvenirs de la maison close)
Olivier Hespel, Julie Brenta e Jean-Pierre Laforce per L’exercice de l’État
Nicolas Provost, Rym Debbarh-Mounir e Emmanuel Croset per Polisse
André Rigaut, Laurent Gabiot e Sébastien Savine per Dichiarazione di guerra
MIGLIORI COSTUMI
Catherine Baba per My Little Princess
Mark Bridges per The Artist
Christian Gasc per Le donne del 6° piano
Viorica Petrovici per La source des femmes
Anaïs Romand per L’apollonide (Souvenirs de la maison close)
MIGLIOR MONTAGGIO
Anne-Sophie Bion e Michel Hazanavicius per The Artist
Laurence Briaud per L’exercice de l’État
Pauline Gaillard per Dichiarazione di guerra
Laure Gardette e Yann Dedet per Polisse
Dorian Rigal-Ansous per Quasi amici
MIGLIOR DOCUMENTARIO
Daniel Leconte per Le bal des menteurs
Frederick Wiseman per Crazy Horse
Yasmina Adi per Ici on noie les Algériens
Michael Radford per Michel Petrucciani – Body & Soul
Christian Rouaud per Tous Au Larzac
MIGLIOR FILM STRANIERO
Darren Aronofsky per Il cigno nero
Tom Hooper per Il discorso del re
Nicolas Winding Refn per Drive
Jean-Pierre Dardenne e Luc Dardenne per Il ragazzo con la bicicletta
Denis Villeneuve per La donna che canta
Lars von Trier per Melancholia
Asghar Farhadi per Una separazione
MIGLIOR FILM DI ANIMAZIONE
Joann Sfar e Antoine Delesvaux per Le chat du rabbin
Nicolas Brault per Le cirque
Benjamin Renner per La queue de la souris
Jean-François Laguionie per Le tableau
Bibo Bergeron per Un monstre à Paris
E’ morta la costumista Eiko Ishioka
Nicolas Cage vuole il seguito del ‘Prescelto’
Ospite del popolare magazine cinematografico Empire, l’attore di Long Beach ha parlato dei suoi impegni a breve e medio- lungo termine, a cominciare dall’imminente Spirit of Vengeance, che sancirà il ritorno sugli schermi di Ghost Rider, il demone motorizzato creato dalla Marvel Comics. Nel corso dell’intervista, Nicolas Cage ha affermato di essere favorevole a un eventuale sequel di The Wicker Man (uscito in Italia col titolo de Il Prescelto); in particolare, Cage ha affermato che vorrebbe essere diretto da Hideo Nakata, regista di The Ring. Cage ha inoltre rivelato di aver rifiutato ruoli in due dei maggiori blockbuster dell’ultimo decennio, Il Signore degli Anelli e Matrix, a causa dei set che l’avrebbero costretto a passare periodi troppo lunghi lontano dalla propria famiglia.
Fonte: Empire
Paul Giamatti nel Romeo e Giulietta di Carlo Carlei
Paul Giamatti, recentemente visto ne Le Idi di Marzo diretto da Clooney, sarà Frate Lorenzo nell’adattamento di Romeo e Giulietta realizzato da Carlo Carlei, come sappiamo interpretato da Hailee Steinfeld e Douglas Booth nei ruoli principali.
Steven Spielberg e Warner Bros lavorano ad un Kolossal su Mose’
Per Deadline la Warner e Bros Steven Spielberg sarebbero intenzionati a realizzare un kolossal intitolato Gods and Kings sulla figura e sulla storia di Mose’.
Più come un artista: recensione del film di Elisabetta Pandimiglio
“La cucina è come la vita: un continuo proporsi”. Parola di Gennaro Esposito, cuoco provetto nonché proprietario del ristorante “La Torre del Saracino”, protagonista, insieme al suo gruppo di lavoro, del documentario firmato da Elisabetta Pandimiglio e prodotto dalla coppia Ledda – Arcopinto: Più come un artista.
Più come un artista, il film
Già presentato al Festival di Venezia alle Giornate degli autori, Più come un artista è stato proiettato ieri alla Casa del Cinema di Villa Borghese. L’opera nasce dalla volontà di riprendere il dietro le quinte di un ristorante pluristellato, portando con sé un’analisi attenta e mai superficiale delle tensioni, degli odi e degli amori che nascono all’interno del microcosmo di una cucina d’alto livello. Un compito che si è rivelato più facile del previsto, dato che, come afferma la regista. Ed è stato proprio il protagonista a fornire alla Pandimiglio la chiave attraverso cui plasmare ciò che si presentava come un materiale immenso: l’idea della totale coincidenza di vita privata e lavoro, la consapevolezza del lavoro come forma di riscatto e trampolino di lancio verso una nuova esistenza. Un mestiere che Gennaro intraprese all’età di 9 anni nella pasticceria dello zio – quasi un gioco, culminato anni più tardi nella creazione di quella che la regista non ha esitato a definire “una bottega rinascimentale”, in cui il capo chef “mette a disposizione la propria esperienza agli allievi che apprendono”.
Per comprendere i ritmi e la vita quotidiana della ciurma di cuochi capitanata da Gennaro, la Pandimiglio ha dovuto svolgere un vero e proprio “lavoro d’immersione”, stando con loro e seguendone le vicende, culinarie e non, da mattina a sera. Un’esperienza totalizzante , e insieme una lente d’ingrandimento sugli aspetti più umani del colorito gruppo, che è riuscita a catturare “quei tempi morti della cucina, in cui i personaggi pensano ad altro”. Curioso, le musiche sono del tutto assenti, fatta eccezione per le ultimissime inquadrature. Una scelta che l’autrice spiega parlando della cucina come di “un luogo molto interessante anche dal punto di vista sonoro…Questo documentario è già abbastanza pieno, e la musica sarebbe stata solo un di più”.
Tra i futuri progetti della regista, accanto ad un film in preparazione dal titolo provvisorio Cattive, è ancora in piedi l’idea di un documentario su un gruppo di cuochi che lavorano in carcere. Con la speranza che, qualora venga realizzato, sappia restituire la verità e la semplicità riscontrate in Più come un artista.
L’altra faccia del diavolo – Full Trailer Italiano
L’altra faccia del diavolo (The Devil Inside) è un film del 2012 diretto da William Brent Belle girato in stile falso documentario.
Ulteriori info nella nostra scheda film: L’altra faccia del diavolo
La Grande Guerra secondo Steven Spielberg: arriva War Horse, storia d’amore e amicizia
Inghilterra, 1912: Ted Narracott vive con la moglie Rose e il figlio Albert in un piccolo podere nel Devon: in bassa fortuna, l’uomo acquista all’asta per 30 sterline un bellissimo cavallo, dal manto rosso e con una croce bianca sul muso; rimproverato dalla moglie che sperava in qualcosa di meglio per risollevare le sorti della fattoria, Ted decide egualmente di tenere il cavallo su insistenza del giovane figlio Albert, che inizia subito a nutrire per Joey(questo il nome scelto per l’animale) un sentimento di affetto profondo. La necessità economica alla fine però avrà la meglio: pressato dai debiti Ted sarà costretto a vendere Joey all’esercito inglese, pronto a scendere in campo per combattere nel Primo Conflitto Mondiale; il cavallo passerà così di mano in mano, attraversando ogni schieramento e legando a sé il destino di molti nell’attesa di ricongiungersi col suo padrone, che nel frattempo partirà volontario nella speranza di ritrovarlo e di riportarlo a casa.
Steven Spielberg sfida Steven Spielberg: a brevissima distanza da “le avventure di Tintin: il segreto dell’Unicorno”, splendido omaggio al grande cinema d’avventura e spettacolare rievocazione del celebre fumetto europeo, il regista si mette alla prova ancora una volta con “War Horse”, tratto dal romanzo per ragazzi di Michael Morpurgo e già piéce teatrale di successo al National Theatre di Londra.
Ambientato durante la Grande Guerra, War Horse racconta dunque un periodo storico che raramente ha trovato il suo posto sul grande schermo, riflesso di un mondo destinato a svanire dove i cavalli erano ancora parte integrante della vita dell’uomo ed essenziali in battaglia, prima che i motori cambiassero per sempre non solo la quotidianità ma anche il modo di concepire le strategie militari;un’opera ambiziosa, dotata di uno scenario che Spielberg promette di dipingere con l’epica e la poesia dei suoi più grandi classici ma che, avverte lui stesso, considerare un film bellico sarebbe un errore: “Questo è un film d’amore, non di guerra. Non è un altro Salvate il soldato Ryan, ma una storia incentrata sui legami affettivi”.
Raccontare un conflitto senza mostrarne la crudeltà e il sangue al fine di renderlo fruibile per un pubblico eterogeneo era effettivamente una vera sfida:”Ho girato in modo che non sia ‘Rated R’ -sottolinea Spielberg- cioe’ vietato ai minori di 17 anni se non accompagnati da adulti, come ad esempio ‘Salvate il soldato Ryan’, perche’ lo considero un film per famiglie. La guerra e’ solo lo sfondo della storia, e offre lo spunto drammatico per collegare i personaggi di questa avventura”. L’impresa è stata però senza dubbio favorita dalla scelta, fedele al libro ma non al lavoro teatrale, di raccontare la guerra attraverso gli occhi di Joey(interpretato nel film da ben 14 esemplari diversi), cavallo sfortunato chiamato a combattere dietro ogni trincea, accompagnato da diversi padroni tutti destinati a scivolare via come gocce nel mare di un conflitto troppo grande e immenso, fino a ritrovarsi a correre disperatamente e senza più una guida nella Terra di nessuno.
Fra gli splendidi paesaggi della campagna del Devon(“Mai prima d’ora,-ha detto il regista- nella mia lunga ed eclettica carriera, mi ero trovato di fonte a così tanta bellezza naturale come in questo film”) e il campo di battaglia della Somme, a sostenere la pellicola è soprattutto un cast corale e in gran parte britannico, che conta fra i tanti padroni di Joey David Kross(the reader), nei panni di un soldato tedesco che per sfuggire all’orrore sceglie la diserzione, e le nuove promesse Tom Hiddleston(Thor, Midnight in Paris) e Benedict Cumberbatch(Espiazione, la Talpa) nei panni di due prodi e determinati ufficiali di cavalleria; senza dimenticare ovviamente la famiglia Narracott, con Peter Mullan nel ruolo di Ted, Emily Watson in quello della madre Rose e l’esordiente Jeremy Irvine(che presto vedremo anche nel nuovo grandi speranze di Mike Newell), scelto dal regista per le sue “qualità ineffabili, che l’hanno subito reso diverso dagli altri, per la sua autenticità di fronte alla telecamera”, nel ruolo di Albert.
La corsa di War Horse, già iniziata negli States nel periodo di Natale e finalmente pronta a proseguire anche nelle sale italiane dal 17 febbraio, potrebbe non fermarsi ai semplici incassi: il film è stato infatti candidato a ben 6 Premi Oscar fra cui miglior film, miglior fotografia per Janusz Kaminski, e miglior colonna sonora originale, ancora una volta firmata dal grandissimo John Williams, per il quale il regista non si è risparmiato in parole di elogi e gratitudine: “L’anno prossimo sarà il quarantesimo anno che collaboriamo insieme con una sorta di esclusiva. […] Adoro qualsiasi cosa abbia scritto, ma alcune bozze che mi propone suonandole al piano hanno un profondo impatto su di me. I temi di Schindler’s List hanno letteralmente devastato me e mia moglie. E anche quello che fece con E.T. mi lasciò senza fiato. E con War Horse, mi ha suonato tre temi ed ero in lacrime.”
Attendiamo con ansia allora di poter finalmente cavalcare insieme a Joey, consapevoli che Il 17 febbraio non arriverà mai troppo presto.
Molto Forte e Incredibilmente Vicino: prossimamente al cinema
Un famoso detto afferma: “tre indizi fanno una prova”; qui più che indizi abbiamo tre nomi: Stephen Daldry, Johnatan Safran Foer ed Eric Roth.
Il primo è uno straordinario regista britannico che dal 2000 ad oggi ha collezionato tre candidature agli Oscar per Billy Elliot (2000), The Hours (2002) e The reader – A voce alta (2008);
Polisse: conferenza stampa
Maiwenne Le Besco
D.: Polisse è un film che riesce a dare la sensazione di essere una presa diretta sulla realtà. C’è un motivo particolare per cui ha scelto di dare al film un taglio documentaristico selezionando, poi, i casi da portare sulla pellicola?
R.: Molto probabilmente riesce a dare la sensazione della realtà perché è girato bene e la percezione di veridicità che si prova nel guardarlo è dovuta proprio al modo in cui è stata effettuata la selezione dei casi trattati nel film, dettata non tanto dall’elemento della straordinarietà che, inevitabilmente, avrebbe fatto dei poliziotti francesi degli eroi, ma piuttosto in base alla capacità delle storie di essere molto vicine alla realtà. Quello che ho cercato di fare con Polisse è stato fare mia la realtà che mi circonda. E ogni volta che la realtà viene riportata in un film questa assume sempre una connotazione differente a seconda di chi è a raccontarla. Ad esempio i personaggi del film non sono inventati ma sono persone il cui modo di essere è stato messo in scena direttamente da me e l’elemento del suicidio ne è una prova visto che proprio una poliziotta ha tentato di suicidarsi.
D.: Ha lavorato a contatto con la polizia francese? E se si come è stato valutato il suo operato da chi quotidianamente svolge questo lavoro e quali difficoltà ha incontrato?
R.: Non ho avuto la possibilità di lavorare con loro perche i loro capi non hanno voluto. Poi però alla proiezione si sono sentiti a disagio perché il film effettivamente meritava e si sono resi conto di aver perso un’opportunità. Quando si dirige un film non si ha la possibilità di raccontare tutto, quello in cui mi sono impegnata è stato cercare di fare un film che lasciasse libero lo spettatore di riflettere senza essere pro o anti polizia.
Nel mio mondo, quello della “sinistra al caviale”, purtroppo quando si parla di polizia si reagisce sempre in maniera negativa. Quando mi sono resa conto che avrei potuto individuare degli elementi positivi e quindi metterli in scena sono stata criticata, in particolar modo, da quella sinistra di cui mi sento parte.
A tal proposito vi racconto un aneddoto. Un giorno con la mia macchina ho imboccato una strada preferenziale e, giustamente, i poliziotti mi hanno fermata. Quando ho aperto la portiera si sono resi conto chi ero e mi hanno ringraziata per come sono riuscita a portare sulla scena il loro lavoro.
Quello che effettivamente conta per me nella vita non è essere compiacente con tutti, ma essere me stessa. Ho prodotto il mio primo film da sola, l’ho girato da sola e sono fiera di essere quello che sono.
Se mi rendo conto che c’è un poliziotto che fa bene il suo lavoro, penso anche che valga la pena raccontarlo. Sono di sinistra, è vero,ma non voglio e non devo compiacere nessuno.
Questa è una delle caratteristiche della Francia: fai una cosa per trovare giustizia e poi vieni accusato di tradimento.
A Cannes sono stata contenta di due cose. Prima di tutto che una rivista di sinistra mi abbia messo in copertina e abbia definito Polisse: “un film che colpisce lo stomaco”. Seconda cosa quando il Direttore del Festival di Cannes mi disse che la decisione di eliminare alcuni personaggi francesi dalla giuria avrebbe portato alla vittoria di qualche film francese.
D.: Ha scelto Riccardo Scamarcio perché era intenzionata a trovare un attore straniero o ci sono altre motivazioni?
R.: Sinceramente a me non interessava riuscire a trovare un attore straniero, quello che maggiormente volevo era un attore carismatico. Alle origini del film il ruolo interpretato da Riccardo rientrava a far parte di un triangolo amoroso: me, lui e il poliziotto. Inizialmente avevo elaborato quest’idea di creare conflittualità sia tra i due personaggi sia tra i due mondi che essi stessi rappresentano: da una parte la facilità della vita borghese e dall’altra la realtà povera del poliziotto. Poi mi sono resa conto che creare una storia parallela a quella raccontata nel film non funzionava. E il motivo principale per cui ho scelto Riccardo è perché le sue peculiarità caratteriali si sarebbero integrate perfettamente in questo contesto e soprattutto lo avrebbe avvantaggiato il suo modo di essere un po’ chiuso nei sentimenti. Mentre per quanto riguarda la lingua inizialmente ho pensato che avrebbe potuto rappresentare un ostacolo poi invece sono arrivata alla conclusione che avrebbe potuto aiutare a renderlo un personaggio diverso dal contesto raccontato e che in un certo senso mi avrebbe aiutato a riconciliarmi con le mie origini maghrebine.
Forse in futuro girerò Polisse 2 con Riccardo come attore principale!
D.: Il film è semplicemente straordinario. Cos’ha però di autobiografico?
R.: La domanda e la risposta, in questo caso, rischiano di essere uguali per tutti i registi. Ad ogni modo in ogni film c’è una parte dell’inconscio che viene fuori e che ti porta a realizzare determinate cose.
Io credo che qualsiasi artista quando produce una sua opera che sia un quadro, una canzone o altro, racconta sempre qualcosa di sé, la sua identità che poi è il passato.
Per me, ogni cosa che faccio, è autobiografica. L’abilità è nel saperla nascondere. Molto probabilmente io non sono molto brava in questo. Alcune volte però si tratta di antibiografia cioè raccontare quello che si vorrebbe essere. Nei miei film, ad esempio, è sempre molto presente l’aspetto della genitorialità, del come si fa ad essere genitori o come si fa ad essere figli. Per esempio nel mio ultimo film si percepisce la mancanza d’amore che caratterizza il periodo dell’infanzia.
Se non ricordo male era Troufau a dire che si fa sempre lo stesso film per tutta la vita e ci sono due frasi che caratterizzano la mia esperienza: la prima me la disse un ragazzo quando avevo 11 anni: “Sai non ci sono regole per saper scrivere, si scrive come si pensa.” La seconda è la seguente:” Tutti si possono identificare in storie autobiografiche e in ogni storia autobiografica c’è qualcosa di intimo”.
Riccardo Scamarcio
D.: Questa volta, al contrario di quello che succede normalmente, hai recitato per un ruolo non da protagonista. Ti ha fatto piacere?
R.: Avevo avuto modo di vedere il primo film di Maiwenne e la conoscevo. Conoscevo il suo lavoro e il suo modo di lavorare e di mettere in scena. Sostanzialmente ero curioso di lavorare con lei che ha comunque un modo particolare di produrre film. Questo mi ha spinto ad accettare questa parte che, sicuramente, in origine, aveva un’importanza diversa da quella che ha avuto poi alla fine, ma questo sinceramente non è rilevante perché la mia è stata sostanzialmente una sfida, un mettersi in gioco nel recitare in francese e nell’andare a lavorare in un altro Paese. La cosa che mi ha spinto maggiormente è che Maiwenne quando gira un film parte dal copione ma poi lascia ampio spazio all’improvvisazione. E questo, per una persona che conosce il francese ma non lo parla come un madrelingua è una grande sfida!
E poi Polisse è un film importante che parla di un argomento altrettanto importante quale quello della pedofilia e ne parla in maniera così differente dalla normalità che alla fine del film ho provato un sentimento di tenerezza sia nei confronti dei bambini che degli adulti.
D.: Secondo quanto detto prima il tuo ruolo avrebbe dovuto essere molto più importante. Cosa hai provato quando hai visto le tue scene ridotte?
R.: Mi è dispiaciuto perchè alla fine avevo fatto un gran lavoro in 10 giorni ma, allo stesso tempo, sono contento di essere in questo film, anche con una piccola parte. Questo perché Polisse mi ha trasmesso delle sensazioni e delle emozioni particolari: provare tenerezza per un bambino è insito nella natura umana ma provare quello stesso tipo di tenerezza anche per gli adulti non è cosa da tutti i giorni.
Sono felice di averne preso parte perché è un film intensamente vivo, che trasmette una grande vitalità e allo stesso tempo una immensa tenerezza.
Inoltre guardandolo si riesce ad individuare quella sensazione di malessere del vivere che, ormai, ci riguarda tutti, è un film denso e non penso ce ne siano molti.
D.: Dato il tuo carattere pignolo com’è stata la tua prima volta sotto la direzione di una donna e che hai provato a girare un film in un paese straniero?
R.: Si effettivamente è la prima volta che recito in un film sotto la direzione di una donna. E sinceramente ho accettato passivamente tutto quello che Maiwenne mi ha chiesto. Per quanto riguarda, invece, il mio essere pignolo non penso che i registi italiani pensino questo di me o, perlomeno, nel set sono quello che tende a risolvere i problemi poi al di fuori del set è tutta un’altra cosa.
D.: Progetti Futuri?
R.: Tornerò a Roma a breve e comincerò il film con Valeria Golino, al quale lavoro da ormai un anno, ovviamente come produttore. Il titolo provvisorio è Vi perdono.
Il Paradiso Amaro di Payne
Le combinazioni vincenti non sono dettate dalla loro natura di affinità e questo Alexander Payne lo ha capito da sempre. La bellezza non è data dalla felicità, e forse la perfezione dei suoi film scaturisce da abbinamenti opposti e complementari: la spensieratezza della California con la consapevolezza amara vissuta da Paul Giamatti, e ancora l’esotismo delle Hawaii con il dramma di George Clooney.
I Muppet: recensione del film con Amy Adams
Dal ’76 all ’81 hanno imperversato nelle tv americane, si sono spostati poi in tutto il mondo e anche da noi in Italia, raccogliendo piccoli fan in tutto il mondo con il loro show che ha cambiato le regole dei programmi per bambini.Adesso arrivano al cinema in un lungometraggio che li riporterà alla ribalta. Sono I Muppet, i simpatici e colorati pupazzi, una via di mezzo tra marionette e burattini, che hanno imperversato in tv per molti anni, diventando protagonisti anche di una serie animata.
I Muppet racconta di Gary e Walter sono fratelli, ma quando l’uno crescendo diventerà uomo e l’altro rimarrà piccolo e basso, scopriranno che non possono fare tutto ciò che vogliono insieme, e così Walter si ritaglierà uno spazio tutto suo e incontrerà I Muppet. Diverrà un loro fan accanito e rimarrà tale anche dopo molti anni. Quando però si presenta l’occasione di visitare i Muppet Studios, Walter accompagnato da Gary e la sua ragazza Mary, scoprirà che tutto è in decadenza, che i suoi idoli sono dimenticati e che gli studios stanno per essere acquistati da un magnate del petrolio senza scrupoli, che ha intenzione di trivellare il terreno proprio sotto le location di tanti show divertenti. A Walter non resterà altra scelta che scendere in campo ed aiutare i Muppet a tornare sotto i riflettori, per riavere indietro quello che è loro di diritto.
I Muppet, il film
Il film, incredibilmente noioso per la prima parte, si apre a divertentissime gag verso la metà e soprattutto nel finale, quando i nostri eroi, finalmente riuniti rimettono insieme lo show dei Muppet. Ci sono tutti da Kermit la rana a Miss Piggy, da Animal e Gonzo e tutti sono esattamente gli stessi, solo con qualche anno in più.
La storia è banale e si riduce alla raccolta fondi per tenere in piedi gli studi e il teatro dei pupazzi e sembra assomigliare molto a quei film di fine anni ’30 in cui Mickey Rooney e Judy Garland mettevano in piedi uno show in un granaio. Tuttavia lo spirito con cui il film è stato girato è quello giustamente filologico che dei personaggi così amati meritano, avendo così la capacità di risvegliare in ogni fan ormai cresciuto, il divertimento, la meraviglia, la gioia di guardare ancora il Muppet show.
Anche la metatestualità dello show originale è stata conservata in questo esperimento cinematografico, regalando ancora un altro elemento di valore al film. A testimonianza di quanto i Muppet fossero amati il film diventa poi una caccia al cameo, poiché disseminati per tutta la pellicola ci sono volti notissimi di cinema e tv che si prestano anche per un solo secondo a comparire accanto ai pupazzi, come se fossero le celebrità che un tempo andavano come special guest agli episodi dello show tv. Accanto agli attori principali Jason Segel e Amy Adams che si cimentano in numerosi numeri musicali, scorgiamo qua e là il grande Mickey Rooney, Emily Blunt, Jim Parson, Neil Patrick Harris, Zach Galifianakis e Jack Black nel ruolo di se stesso.
L’operazione nostalgica si può definire decisamente riuscita e chissà che i bambini di oggi non comincino ad affezionarsi ai Muppet di ieri. Se così non dovesse essere, poco male, c’è un pubblico di 40enni che è già in fila fuori dai cinema in attesa del 3 febbraio.
Paradiso Amaro: George Clooney e Alexander Payne al confronto sul Cinema!
Arrivano due interessanti featurette che vede protagonisti George Clooney e Alexander Payne, attore e regista di Paradiso Amaro, entrambi candidati all’Oscar per il film. I due deliziano il pubblico in una conversazione su registi della storia del cinema che hanno iniziamo con commedie per arrivare a film drammatici.
The Darkness 2 – Trailer
Cinemaster 2012: Studio Universal e Corti d’Argento insieme!
Studio Universal e Corti d’Argento insieme per la nuova edizione del concorso CINEMASTER 2012. Al via, per la prima volta in collaborazione con i Corti d’Argento dei giornalisti cinematografici, il Cinemaster Studio Universal 2012, il progetto per giovani registi italiani organizzato dalla TV del Cinema da chi fa Cinema (distribuita sul Digitale Terrestre nell’offerta Premium Gallery di Mediaset) che sceglie quest’anno il corto vincitore in una rosa di titoli selezionati dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani (SNGCI) sulla base dei requisiti indicati dal regolamento del Canale.
Una Notte da Leoni 3? La Wb è disposta a pagare 15mln a testa!
Sembra proprio che quando firmarono il loro contratto da 1 milione per Una Notte da Leoni, Bradley Cooper, Ed Helms e Zach Galifianakis abbiano firmato per il possesso di una vera e propria miniera d’oro. Sembra infatti che la Warner Bros sia disposta a pagare i tre 15 milioni a testa per farli tornare di nuovo a sbronzarsi, questa volta a Los Angeles. Se come detto per il primo film il terzetto ha incassato 1 milione e per il secondo 5, l’incremento è mostruoso ma giustificato dalle cifre da capogiro incassate dei primi due film: 467 milioni per il primo e 581 per il secondo.
Anche Tod Phillips verrebbe richiamato a bordo per girare il film quest’estate e farlo uscire nel 2013. Staremo a vedere cosa si deciderà, intanto i fan delle hangoover possono cominciare a sfregarsi le mani.
Fonte: comingsoon
Emma Stone e il primo bacio a Garfield…sul set
Emma Stone e Andrew Garfield stanno pubblicizzando in giro per il mondo The Amazing Spider-Man.
Ovviamente a nessuno sfugge ormai che i due hanno cominciato una relazione e quindi i
IMDB compie 10 anni e fa i conti
Il più fornito e famoso database cinematografico di internet compie 10 anni. E’ ovviamente IMDb e per celebrare il suo compleanno, il sito ha stilato un po’ di classifiche per valutare chi, tra star, film , serie tv e film in arrivo è il più popolare nell’arco di questi 10 anni.
Johnny Depp si è rivelato il più popolare tra gli attori, uomini e donne comprese, in una classifica che vede nomi molto glamuor nelle prime dieci posizioni e a sorpresa forse un decimo posto occupato da Emma Watson, che senza dubbio riesce a sfruttare alla grande il suo successo ottenuto con Harry Potter. Per quanto riguarda il film, il più cliccato è Il Cavaliere Oscuro, Lost primeggia tra le serie tv e per quanto riguarda i film in produzione più attesi a capeggiare la classifica dei primi dieci c’è prevedibilmente Il Cavaliere Oscuro il Ritorno.
Ecco le liste complete:
Top 10 Stars degli ultimi 10 anni:
1. Johnny Depp
2. Brad Pitt
3. Angelina Jolie
4. Tom Cruise
5. Natalie Portman
6. Christian Bale
7. Scarlett Johansson
8. Jennifer Aniston
9. Keira Knightley
10. Emma Watson
Top 10 dei film degli ultimi 10 anni:
1. Il cavaliere oscuro
2. Donnie Darko
3. Pulp Fiction
4. Il Signore degli Anelli: La compagnia dell’anello
5. Il Signore degli Anelli: Il Ritorno del Re
6. Harry Potter e il prigioniero di Azkaban
7. Harry Potter e l’Ordine della Fenice
8. Twilight
9. Harry Potter e il calice di fuoco
10. il Padrino
Top 10 delle Serie TV degli ultimi 10 anni:
1. Lost
2. House M.D.
3. Grey’s Anatomy
4. Heroes
5. How I Met Your Mother
6. 24
7. Glee
8. True Blood
9. Dexter
10. Gossip Girl
Top 10 dei film in produzione più attesi degli ultimi 10 anni:
1. The Dark Knight Rises
2. Men in Black III
3. The Dictator
4. G.I. Joe: Retaliation
5. The Expendables 2
6. Battleship
7. The Avengers
8. Rock of Ages
9. The Hunger Games
10. Prometheus
Fonte: IMDb
What to Expect When You’re Expecting: cinque character poster
The Amazing Spider-Man: trama ufficiale e cameo d’eccezione!
E’ decisamente una mattinata da uomo ragno! Infatti è stata rilasciata oggi la sinossi ufficiale del prossimo film, reboot di SpiderMan, che vedrà calarsi dai tetti di New York non più Tobey Maguire
Mission: Impossible – Protocollo fantasma: recensione del film
Tom Cruise ritorna nei panni dell’agente segreto Hunt, in quella che sembra l’inizio di una nuova trilogia in cui, oltre a vedere il nostro fare bello sfoggio delle sue straordinarie doti di stunt di se stesso, si introducono nuovi personaggi che al suo fianco potrebbero dare freschezza alla formula del franchise.
La trama di Mission: Impossible – Protocollo fantasma
In Mission: Impossible – Protocollo fantasma l’agente Ethan Hunt torna al cinema nella sua quarta indagine. Questa volta però l’IMF (Impossible Mission Force) non sarà dietro di lui a coprirgli le spalle, ad organizzare recuperi d’emergenza, a fornirgli l’attrezzatura ipertecnologica che sin dal primo film lo ha accompagnato nelle sue missioni. Questa volta Hunt si trova ad avere a che fare con una minaccia nucleare e soprattutto a fare i conti con una squadra, lui che ha sempre agito in solitaria. Questa volta la missione impossibile sarà riabilitare il suo nome, quello dell’agenzia e soprattutto diventare un team leader, il capo di una squadra di agenti operativi, tutti come lui, allontanati dal servizio del loro Paese.

La nuova squadra di agenti desautorizzati è composta dal notissimo leader, Tom Cruise, sempre più in forma e sprezzante nei confronti della forza di gravità, che nonostante l’età riesce ancora a competere con i vari giovanissimi attori che si travestono da supereroi nel cinema recente, gravitando l’attenzione su di sé. Ritroviamo in questo film Simon Pegg, che riprende il ruolo di Benji Dunn, promosso alla squadra operativa, fondamentale elemento nel cast per veicolare ironia in ogni momento, sempre con grande efficacia.
Jeremy Renner si aggiunge al gruppo, il suo William Brant è un sedicente analista che nasconde un passato oscuro che cerca a tutti i costi di scontare una colpa che grava sulla sua coscienza. Famme Fatale di turno è Paula Patton; lei è l’agente Jane Carter, decisamente fatale, che si unisce al gruppo e come tutti gli altri fa fatica a guadagnarsi la fiducia del nostro Ethan.
Alla regia, dopo De Palma, Woo e Abrams (qui in veste di produttore), si riconosce l’abile mano che fu dietro agli Incredibili della Pixar. Brad Bird regala allo spettatore un rutilante spettacolo pirotecnico dietro l’altro, a partire dei titoli di testa, passando per l’epica sequenza girata sul Burj Khalifa, a Dubai, l’edificio più alto del mondo.
Mission Impossible protocollo fantasma, Tom Cruise è tornato in grande stile
Per tutti i nostalgici ritroviamo in questo quarto film, Mission Impossible protocollo fantasma, i famigerati occhialini di Hunt, le maschere in lattice per i travestimenti, e ovviamente le celeberrime note della colonna sonora, riadattate da Michael Giacchino e che ripercorrono tutta la pellicola. L’idea di una nuova trilogia è evidente e fondata, dal momento che la storia convince anche se il ritmo narrativo risulta disomogeneo, soprattutto nella prima parte del racconto.
Tom Cruise è tornato in grande stile, riesce a portare avanti la sua storia personale con notevole energia e promette altre avventure ‘antigravitazionali’. Mission: Impossible – Protocollo fantasma è un film da vedere, per chi ha amato i precedenti capitoli e per chi si vuole semplicemente divertire pur senza conoscere i dettagli delle precedenti avventure di Ethan Hunt.
Polisse: recensione del film di Maïwenn
La regista francese Maïwenn porta sullo schermo la routine quotidiana della Sezione Protezione Minori (Brigade de Protection des Mineurs). A scatenare la curiosità della giovane e poliedrica transalpina verso questa tematica è stato un documentario di Virgil Vernier su questo particolare reparto: in Polisse ci sembra infatti di rivivere costantemente, a stretto contatto con gli uomini della Sezione, stralci di indagini su casi di abuso, pedofilia e delinquenza minorile. Ma la macchina da presa non si ferma a questo, vuole mostrarci ancora più chiaramente le ripercussioni emotive su Nadine (Karin Viard), Fred (Joey Starr), Iris (Marina Foïs), Mathieu (Nicolas Duvauchelle), di un lavoro che porta allo stremo persino chi è immerso in queste vicende quotidianamente.
Polisse, il film
Maïwenn riesce a far collimare perfettamente sia il lato documentaristico che quello più romanzesco. Il lavoro del cast accanto a veri agenti della Sezione Protezione Minori ha sicuramente facilitato il lavoro della regista facendo raggiungere a Polisse un alto livello di verosimiglianza in entrambi i lati. L’illusione della realtà è molto forte e coinvolge in pieno lo spettatore, il quale risulta totalmente immerso in ogni dramma che il film racconta.
Lo stile registico della giovane francese si accosta un po’ troppo a quello di numerose serie poliziesche viste e riviste in televisione. L’originalità non può di certo dirsi il punto forte della pellicola, ma nonostante tutto ne esce fuori un qualcosa di convincente ma soprattutto di coinvolgente, che porta lo spettatore ad immergersi totalmente negli orrori su cui indagano gli uomini della Sezione, ma anche a comprendere i complicati meccanismi che ci sono dietro questo lavoro.
L’unica parte che rimane confusionaria in Polisse risulta essere quella relativa alle numerose relazioni amorose all’interno del nucleo. Queste porzioni di pellicola avrebbero dovuto lasciare più spazio all’azione documentaristica del film. Maïwenn ed il suo Polisse ha sicuramente meritato il Prix du Jury a Cannes e un riconoscimento ancora maggiore lo otterrà sicuramente dal consenso del pubblico che lo vedrà in sala dal 3 Febbraio 2012.
L’arte di Vincere – Moneyball: recensione del film con Brad Pitt
L’arte di Vincere – Moneyball racconta di un sogno, di una scommessa fatta contro un sistema solido e chiuso, di un uomo coraggioso che voleva più della vittoria, voleva stravolgere il suo mondo, quello del baseball.
L’arte di Vincere – Moneyball è la storia di Billy Beane (Brad Pitt) che nella stagione del 2002 è stato general manager degli Oakland Athletic’s e si è trovato a dover rifondare la squadra senza soldi e con tre dei giocatori migliori ceduti a società più importanti. Contro tutto e tutti Billy si affida a Peter Brand, giovanotto goffo di movimenti ma agilissimo di mente, laureato in economia a Yale, e con lui costruisce una squadra servendosi di un metodo numerico, basato sulle percentuali di successo e le caratteristiche singole del giocatore, contro la grande tradizione del baseball, raccogliendo mezzi giocatori, alcuni troppo vecchi, altri troppo giovani e irrequieti, altri ancora infortunati, e formando una squadra che riuscirà a sfondare il muro delle 19 vittorie consecutive, arrivando a 20.
L’arte di Vincere – Moneyball filmL’arte di Vincere – Moneyball diretto da Bennett Miller, ci trasporta nel mondo del baseball scandagliandolo con attenzione, dilungandosi nei dettagli squisitamente tecnici, una vera gioia per gli appassionati. Non c’è da stupirsi quindi se il film ha ricevuto diverse candidature ai prossimi Oscar in un Paese in cui il baseball è un rito sociale piuttosto che uno sport. A gareggiare per la statuetta non è solo il film stesso, ma i suoi protagonisti.

Prima di tutto Brad Pitt, nei panni di Billy, è disgustosamente convincente mentre sgranocchia, divora, mangia e ingurgita tutto quello che si trova a tiro sputacchiando qua e la tabacco masticato a dovere. La sua interpretazione riesce a mostrare con grande sobrietà e funzionalità le sfaccettature di un personaggio che oscilla tra l’euforia e l’ottimismo fino a cadere nei più bui antri dello scoramento. Accanto a lui c’è il giovane Jonah Hill, candidato come migliore non protagonista, molto conosciuto in America per un certo genere di commedia demenziale, e qui invece nei panni goffi, divertenti ma a suo modo carismatici dell’esperto di economia che riesce, insieme a Billy, a cambiare il volto del baseball. E chissà che questa bella coppia non possa riservarci sorprese agli Oscar, visto che Miller ha già portato fortuna al ritrovato Philip Seymour Hoffman qui nei panni dell’allenatore Art Howe.
Il film si fregia anche di un’ottima partitura musicale di Mychael Danna, già autore della colonna sonora di Little Miss Sunshine. Quello che però rende davvero prezioso questo film è la fotografia del premio Oscar Wally Pfister, che disegna l’inquietudine dei personaggi sui loro volti attraverso ombre sapientemente distribuite. Bennett Miller ci mette il resto, riservandoci una regia sobria e davvero brillante in alcune scelte di inquadratura.
L’arte di Vincere lascia la sensazione di un grande trionfo, di quelli silenziosi e duraturi, è la storia di un ‘magnifico perdente’ che con il suo sogno ha cambiato per sempre le regole. Gli appassionati di baseball lo adoreranno, gli appassionati di cinema pure.
I Muppet tornano tra noi, questa volta sul grande schermo
Il corvo remake: nuovo regista e nuovo sceneggiatore!
Arrivano aimé due buone notizie per il remake del Corvo The Crow. La prima riguarda la controversia legale sui diritti del nuovo adattamento dell’opera. E’ di ieri la notizia che la Relativity Media e The Weinstein Company hanno risolto il problema e che sono pronte ora a produrre il film.
La seconda notizie è che questo ha creato un indotto e le cose si stanno muovendo rapidamente, tanto che la pellicola ha ora un nuovo regista, F. Javier Gutierrez, e un nuovo sceneggiatore, Jesse Wigutow. L’obiettivo è quello di andare sul set in autunno. Ora non resta che aspettare notizie sul casting, vi ricordiamo che il progetto è stato abbandonato da Bradley Cooper.
Fonte: Variety
Paradiso Amaro: recensione del film con George Clooney
Alexander Payne, ritorna dopo ben sette anni dal suo fortunato ed ultimo lavoro Sideways, e lo fa ancora una volta facendo incetta di nomination agli Oscar. Per certi versi in questo caso il suo merito è minore rispetto alla precedente pellicola, che sorprese molto per la brillantezza della sceneggiatura e per l’ironica malinconia che sarebbero poi diventate lo stilema prediletto del regista, autore anche di A proposito di Schmidt.
The Descentans, titolo originale del film da noi tradotto Paradiso Amaro, racconta la storia di Matt King, un marito e padre da sempre indifferente e distante dalla famiglia. Ma quando la moglie rimane vittima di un incidente in barca nel mare di Waikiki è costretto a riavvicinarsi alle due figlie, e quindi a riconsiderare il suo passato e valutare un nuovo futuro. Mentre i loro rapporti si ricompatteranno, Matt è anche alle prese con la difficile decisione legata alla vendita di un terreno di famiglia, richiesto dalle élite delle Hawaii ma anche da un gruppo di missionari.
Paradiso Amaro, il film
Paradiso Amaro racconta la dimensione tragica di un uomo difronte a degli eventi drammatici con cui irrimediabilmente deve fare i conti e che rappresenta un bivio non solo per la propria esistenza, ma anche per la sua famiglia. Alexander Payne ancora una volta dimostra di essere molto abile nel muoversi dentro questo substrato di vissuto pieno di dolore e malinconia, abile nello scrutare con il suo sguardo le difficoltà e le peripezie di una condizione così, senza togliere il dubbio di quanto essa rappresenti l’inevitabile conclusione di una strada sinuosa e difficile da attraversare.
Paradiso Amaro è un film su un percorso da affrontare, è il tentativo di rimettere insieme un rapporto e una famiglia che fino ad ora era vissuta in totale agonia, è soprattutto l’intenzione di King (George Clooney) di voler rimediare al passato, cercando di vivere il presente e modificare il futuro, cercare di riconciliare un puzzle che è per sua stessa natura in frantumi.
Nonostante le buone intenzioni Paradiso Amaro, pur assicurandosi l’ampia sufficienza, ha alcuni lati negativi che in qualche maniera ne offuscano la brillantezza. Se da un lato colpisce il lato tragicomico che regala forse i momenti migliori della pellicola, d’altro canto sorprende nell’accezione negativa, la forzata ricerca di una drammaticità eccessiva, che rileva l’intenzione di voler commuovere a tutti i costi. In questo è lo stesso Payne a peccare, nella mancata ricerca di un equilibrio perfetto fra le due nature che compongono il nucleo centrale della narrazione, che avrebbe reso il film più sincero e più dolce.
Detto ciò, rimangono i bei momenti del film e un cast che sorprende soprattutto nelle loro protagoniste femminili, fra tutte una delle due figlie di King, Alexandra, interpretata con sincera passione da Shailene Woodley, all’altezza del compito e capace di duettare con il talento di George Clooney.






