Il “Ritorno del Re” lo ha definito
Antonio Monda prima di introdurlo al pubblico
dell’Auditorium. Viggo Mortensen è tornato alla
Festa del Cinema di Roma dopo essere stato tra i protagonisti
dell’edizione 2008 (quando venne presentato il western
Appaloosa).
L’occasione, questa volta, non è
stata soltanto la presentazione nella Selezione Ufficiale – in
collaborazione con Alice Nella Città – di Captain Fantastic, ma anche
uno dei numerosi Incontri Ravvicinati (Closer Encounters) che lo ha
visto protagonista nella giornata di ieri.

Al pubblico della Sala Petrassi,
Viggo Mortensen si presenta come l’antidivo per
eccellenza. Jeans, camicia, borsa ufficiale della Festa di Roma in
spalla e tanta voglia di ripercorrere insieme ai presenti in sala
le tappe fondamentali di una carriera straordinaria.
Una carriera che Antonio
Monda analizza – come prevede l’ormai consolidata formula
di questi affollatissimi incontri – attraverso sei clip tratte
dalle opere più rappresentative o più amate della filmografia
dell’attore statunitense di origine danese.
Viggo
Mortensen: il ritorno del Re sul red carpet della Festa di Roma 2016
Si parte proprio dal sopracitato
Appaloosa, western diretto da Ed
Harris che ha visto Viggo Mortensen recitare al fianco
dello stesso Harris, Reneé Zellweger e
Jeremy Irons. Per Viggo è stata l’occasione per
parlare del fenomeno sempre più dilagante degli attori che decidono
di mettersi in gioco anche come registi, e della possibilità di
debuttare un giorno anche dietro la macchina da presa. Alternando
inglese e italiano (lingua che l’attore parla discretamente e
sorprendentemente bene), Viggo ha spiegato:
“Non esiste per me differenza
tra registi e attori che scelgono poi di fare i registi. La cosa
più importante è che un regista abbia tutto il tempo necessario a
disposizione, senza alcun tipo di pressione. Mi piacciono i registi
che osservano e intervengono solo se necessario. Penso che io
lavoreri così se dovessi girare un film. Quest’anno avrei dovuto
debuttare dietro la macchina da presa, ma alla fine non c’erano più
i finanziamenti. Adesso sembra che qualcosa si stia muovendo in
merito ad un altro mio progetto, ma preferisco non dire di più per
scaramanzia.”
L’incontro prosegue con un estratto
da Delitto Perfetto, remake del classico di
Alfred Hitchcock con Michael
Douglas e Gwyneth Paltrow. La scena che
vede il personaggio di Douglas, Steven Taylor, corrompere quello di
Mortensen, David Shaw, per indurlo ad uccidere la moglie (Gwyneth
Paltrow), ha introdotto la riflessione di Viggo in merito alla sua
passione per il cinema, quando è nata e come è cresciuta nel
tempo:
“Mi sono appassionato al cinema
grazie a mamma, che mi portava in sala già all’età di 5 anni.
Quando ero adolescente non volevo fare l’attore, anche perchè ero
piuttosto timido da ragazzino. Poi, intorno ai 20-21 anni, qualcosa
dentro di me è cambiato. Ogni volta che andavo a vedere un film, mi
dimenticavo di dove mi trovavo e mi facevo completamente travolgere
dalla storia. È stato allora che ho capito che volevo
diventare un attore. La cosa che mi piace di più di questo mestiere
è che ti permette di diventare chiunque tu voglia.”
Da Delitto Perfetto
a The Road, adattamento cinematografico del
romanzo La Strada di Cormac
McCarthy (pubblicato nel 2006 e vincitore del Premio
Pulitzer), che ha permesso a Viggo di riflettere sul ruolo
dell’artista:
“Non credo esista distinzione
fra artista e non artista. Tutti possono essere artisti. Poi c’è
chi viene pagato per giudicare il lavoro degli altri, e quello è un
compito davvero arduo. Ecco perché ho sempre rifiutato di far parte
delle giurie dei Festival. Per me tutti sono degli artisti, nella
misura in cui siamo esseri umani presenti a se stessi. Non devi
essere un prodotto per essere un’artista. Lo sei nella misura in
cui esiste.”
Viggo
Mortensen è Captain Fantastic alla Festa di Roma 2016
A metà incontro si è arrivati a
parlare di una delle più importanti figure nella carriera di Viggo
Mortensen, ossia David Cronenberg, il celebre regista
con cui Viggo ha lavorato ben tre volte, in A History of
Violence, A Dangerous Method e ne La Promessa
dell’Assassino (di cui è stato mostrato un estratto). A
proposito di questa prolifica collaborazione, Viggo ha
spiegato:
“David Cronenberg mi ha
insegnato ad avere fiducia nella macchina da presa, che può vedere
e sentire tutto. Devo ammettere che ci sono pochi registi come lui,
in grado di cogliere i dettagli, i piccoli particolari che fanno
parte di questo lavoro incredibile. È bello essere diretti da lui,
ti fa sentire al sicuro. Hai la consapevolezza che qualsiasi cosa
fai sicuramente verrà colta da David, anche la più insignificante
sfumatura.”
Con la penultima incursione nella
sua carriera siamo andati abbastanza indietro nel tempo,
precisamente al lontano 1993, quando Viggo Mortensen (all’epoca
ancora poco conosciuto) recitò in Carlito’s Way di
Brian De Palma, in un ruolo di supporto che non
tutti facilmente ricordano. A proposito del tipo di personaggi che
ama portare sullo schermo, l’attore ha dichiarato:
“Non so onestamente quale tipo
di ruolo preferisco. Ogni personaggio è diverso da un altro, ma li
amo tutti allo stesso modo. Mi piace interpretare i ruoli più
diversi, anche personalità che probabilmente non apprezzerei mai
nella vita reale. Mi piace sperimentare e mettermi alla
prova.”
Com’era prevedibile, l’incontro si è
chiuso con il ricordo di Aragon e de Il Signore degli Anelli, ad oggi
indubbiamente il ruolo più conosciuto e acclamato di Viggo. A
proposito della trilogia di Peter Jackson,
l’attore ha rivelato un aneddoto che forse non tutti conoscono:
“È stato mio figlio a convincermi a fare il film. Ricordo di
aver ricevuto questa telefonata dove mi veniva proposto proposto di
andare in Nuova Zelanda per sostituire un attore nell’adattamento
de Il Signore degli Anelli. Non avevo letto il libro, non mi
sentivo adatto per la parte. E allora mio figlio, che all’epoca
aveva 11 anni, mi disse che probabilmente dovevo essere impazzito.
Ricordo che girare quei film mi ha aiutato molto a superare
l’imbarazzo legato alla realizzazione di particolari
sequenze. Nella scena con il Re dei Morti ad esempio non c’era
nessuno, e dovevamo fare questi strani movimenti con Orlando
Bloom e gli altri, mentre i tecnici
sorseggiavano caffè. Io agitavo la spada e c’era una persona che
leggeva le battute del Re seduto su una sedia. Diciamo che ti senti
un tantino idiota quando devi lavorare così, ma col tempo ho
imparato che non è giusto. Anche quelle scene richiedono intensità
e concentrazione. Se ti senti in quel modo, è solo colpa
tua.”
