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Il prossimo progetto di David Fincher sarà una serie televisiva ispirata a Squid Game?

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A poco meno di due mesi dall’arrivo della seconda stagione di Squid Game su Netflix, la serie ha in serbo un’importante espansione con un regista candidato all’Oscar al timone. Deadline riporta che un nuovo show in lingua inglese è in lavorazione sulla piattaforma di streaming da parte di David Fincher, mente di Se7en. Al momento i dettagli sono tenuti strettamente nascosti, anche se si prevede che questa serie sarà il suo prossimo grande progetto nell’ambito del contratto in corso con il servizio, a meno che non venga annunciato un altro film. Si prevede che l’autore dedicherà gran parte del 2025 allo sviluppo della serie, il che significa che il progetto potrebbe essere avviato piuttosto rapidamente.

La serie di Fincher sarebbe la prima vera e propria estensione del franchise al di là del terrificante show originale sudcoreano di Hwang Dong-hyuk. Netflix ha già all’attivo il controverso reality show Squid Game: The Challenge, oltre a un videogioco, ma questa sarebbe una frontiera completamente nuova che potrebbe potenzialmente aprire la competizione di sopravvivenza distopica al mondo al di là della Corea del Sud. Se qualcuno è in grado di creare un’aggiunta in lingua inglese, Fincher sarebbe una buona scommessa, data la sua inclinazione per i thriller oscuri, da Zodiac a Gone Girl.

La premessa di Squid Game, una gara di vita o di morte che consiste in giochi per bambini per un premio in denaro, non sarebbe un concetto estraneo a Fincher, visto che il suo thriller del 1997 The Game, interpretato da Sean Penn, affrontava un gioco contorto che si evolveva in una più ampia cospirazione che coinvolgeva la vita di un ricco banchiere d’investimento.

Con Fincher che ora prende le redini di uno dei più grandi universi di blockbuster di Netflix, la piattaforma continuerà a raccogliere i benefici di un accordo globale con il decorato regista. Finora ha già prodotto due film in streaming, Mank e The Killer dell’anno scorso, oltre a una serie molto amata e spesso richiesta con Mindhunter. Ha anche prodotto e diretto l’acclamata serie animata Love, Death + Robots di Tim Miller e ha avuto un ruolo nell’ascesa di Netflix come produttore esecutivo di House of Cards. Le voci tra gli addetti ai lavori lo collegavano a Squid Game da tempo e, non avendo nulla in programma dopo il film diretto da Michael Fassbender, ha lasciato la porta aperta per affrontare finalmente la serie vincitrice dell’Emmy.

Squid Game torna finalmente su Netflix a dicembre

La visione di Netflix è quella di continuare a costruire sul successo di Squid Game, dopo che la prima stagione è diventata la serie più vista dello streamer con un ampio margine, con oltre 2,2 miliardi di ore viste finora. Per il momento, però, l’attenzione è rivolta all’arrivo della seconda stagione il 26 dicembre. Con il ritorno di Lee Jung-jae nel ruolo del Giocatore 456, Gi-hun, la nuova stagione riprende tre anni dopo la sua prima vittoria nei giochi. Con la sua nuova ricchezza, Gi-hun è determinato a chiudere l’oscura organizzazione che si cela dietro questa contorta competizione e che si approfitta delle classi meno abbienti della Corea del Sud. Tuttavia, il percorso per porre fine ai giochi è irto di ostacoli e alla fine lo costringe a tentare nuovamente la fortuna come concorrente per raggiungere i piani alti. Ci si aspetta l’ingresso di molti volti nuovi nella mischia, tra cui Yim Si-Wan, Kang Ha-Neul, Park Sung-hoon e Yang Dong-geun .

Il prossimo film di Star Wars ha terminato le riprese, il boss di Lucasfilm svela il futuro di Grogu

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Il prossimo film di Star Wars, The Mandalorian and Grogu, ha ufficialmente terminato le riprese, e sembra che il suo piccolo eroe verde abbia un futuro davanti a sé all’interno della storia. The Mandalorian and Grogu è stato annunciato nel gennaio 2024 come la continuazione della storia della serie televisiva The Mandalorian, che vedrà Din Djarin e Grogu lavorare per conto dei ranger della Nuova Repubblica, mentre il Mandaloriano accompagnerà il figlio appena adottato nel suo viaggio di apprendistato. Per quanto riguarda i dettagli, si conosce solo una parte limitata del cast di The Mandalorian and Grogu, e questi segreti sono sopravvissuti alla produzione.

Ciò significa che i segreti e le sorprese che attendono il pubblico in The Mandalorian e in Grogu sono davvero sotto stretto controllo. Filoni, tuttavia, ha anche fatto qualche piccolo accenno al futuro di Grogu, parlando dell’evoluzione del personaggio – sia nell’universo che dietro le quinte – e insistendo sul fatto che “è diventato una star”.

Cosa significano i commenti di Dave Filoni per Star Wars

Per coloro che sono pronti a vedere Star Wars di nuovo sul grande schermo, questa è una notizia entusiasmante, poiché è il primo film di Star Wars a completare la produzione e a prepararsi per un’uscita sul grande schermo dopo Star Wars: The Rise of Skywalker del 2019. Dopo anni di progetti cinematografici di Star Wars abbandonati, The Mandalorian and Grogu sta finalmente facendo un altro passo verso il debutto sul grande schermo, diventando molto più di una semplice idea sulla carta. L’attesa per un nuovo film di Star Wars è quasi finita e sembra che ci sia molto in serbo per i suoi personaggi.

Il prossimo film di Martin Scorsese riceve un aggiornamento sulle riprese da parte di Dwayne Johnson

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Il prossimo film di Martin Scorsese potrebbe essere stato svelato grazie a un nuovo aggiornamento sulle riprese da parte di Dwayne Johnson. Nel febbraio 2025, è stato riferito che l’ottantaduenne regista stava sviluppando un film drammatico senza titolo descritto come una sorta di Goodfellas incontra The Departed ambientato alle Hawaii, con Dwayne Johnson, Leonardo DiCaprio ed Emily Blunt nel cast. Il progetto avrebbe scatenato un’aggressiva guerra di offerte tra diversi studi cinematografici, con la 20th Century Studios della Disney che sembrava averla spuntata. Tuttavia, Scorsese ha molti film in cantiere, quindi non è chiaro quale sarà il suo prossimo progetto.

Ora, il prossimo film di Scorsese potrebbe essere stato appena svelato. Durante una recente apparizione al The Pat McAfee Show, Dwayne Johnson ha condiviso un aggiornamento sulle riprese del film senza titolo di Scorsese ambientato alle Hawaii, dicendo che sarà girato entro il prossimo anno. L’attore ha anche espresso il suo entusiasmo per il fatto di recitare in una potente storia di gangster mai raccontata prima, diretta da Scorsese, che è stato profondamente ispirato dalla sua profondità culturale e dai temi del recupero del patrimonio culturale. Leggi i suoi commenti completi o guarda il video qui sotto:

Abbiamo dato il via al progetto. Abbiamo chiamato Scorsese e abbiamo avuto un incontro con lui, gli abbiamo presentato l’idea e lui l’ha adorata. È rimasto sbalordito dal fatto che questa storia non fosse mai stata raccontata… L’idea di raccontare questa storia con Scorsese; nessuno fa film di gangster meglio di Martin Scorsese. È il migliore in assoluto. È sul Monte Rushmore insieme ai grandi registi. Nessuno lo fa meglio di lui. Ma penso che ciò che lo ha davvero stimolato in questo progetto sia l’idea di un uomo che si ribella: sì, un gangster, sì, un padrino, e sì, spietato, ma che si ribella anche per rivendicare ciò che gli è stato rubato, ovvero la cultura e la terra.

Cosa significa questo per il prossimo film di Martin Scorsese

Robert De Niro e Martin Scorsese
Robert De Niro e Martin Scorsese al Festival di Cannes – Foto di Luigi De Pompeis © Cinefilos.it

Potrebbe essere stato appena rivelato

Da quando Killers of the Flower Moon è uscito nelle sale nell’ottobre 2023, Martin Scorsese ha esplorato una serie di possibilità per il suo prossimo film, a partire da A Life of Jesus, basato sul libro di Shūsaku Endō, e da un film biografico su Frank Sinatra con DiCaprio, entrambi i quali avrebbero incontrato degli ostacoli. Più recentemente, il film Devil in the White City sarebbe stato ripreso dalla 20th Century Studios, seguito da un adattamento di Gilead in fase di sviluppo presso la Apple, con Scorsese e DiCaprio impegnati nella regia e nella recitazione di entrambi.

Tuttavia, considerando i commenti di Dwayne Johnson, sembra che il film poliziesco ambientato alle Hawaii sarà il prossimo film di Scorsese. Secondo quanto riferito, il progetto ha scatenato una guerra di offerte a cinque tra diversi studi, tra cui Amazon, Apple, Warner Bros. e Netflix, con la 20th Century Studios della Disney che sembra aver avuto la meglio alla fine. Ora, se le riprese inizieranno entro il prossimo anno, come afferma Johnson, il film potrebbe uscire alla fine del 2026 o all’inizio del 2027.

Il prossimo film di Jordan Peele ha una data di uscita

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Il prossimo film di Jordan Peele ha una data di uscita

Il prossimo film di Jordan Peele è stato aggiunto nel calendario delle uscite della Universal Pictures, con l’uscita fissata per il 25 dicembre 2024. Variety ha riferito che il film, che al momento non ha titolo o dettagli sulla trama, uscirà il giorno di Natale del 2024, cinque giorni dopo gli attesissimi sequel Sonic the Hedgehog 3 e Avatar 3.

Allo stesso modo, un film senza titolo di Monkeypaw Productions era stato fissato per il 27 settembre 2024. Monkeypaw Productions è la società di produzione di Jordan Peele, che ha prodotto film recenti come Candyman del 2021 e il film d’animazione del 2022 Wendell & Wild diretto da Henry Selick e The Nightmare Before Christmas.

Il film più recente di Peele è stato Nope, che ha scritto e diretto. È stato interpretato dal premio Oscar Daniel Kaluuya, che si è riunito con Peele dopo l’uscita di successo di Get Out del 2017. Al suo fianco nel cast anche Keke Palmer (Hustle) e il candidato all’Oscar Steven Yeun (Minari) mentre interpretano i residenti in una gola solitaria dell’entroterra californiano che sono testimoni di un’agghiacciante scoperta. Nope  era una produzione di Monkeypaw Productions e Universal Pictures ed è stato prodotto da Peele e Ian Cooper.

Il prossimo Bond diviso in due?

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Il prossimo Bond diviso in due?

Dopo il riscontro, ampiamente positivo, giunto da pubblico e critica per Skyfall, ecco che già si pensa al prossimo capitolo della saga

Il programma ufficiale del Festival di Cannes 2012!

Il programma ufficiale del Festival di Cannes 2012!

E’ stato finalmente annunciato il programma ufficiale del 65esimo Festival di Cannes, che vi ricordiamo avrà inizio il prossimo 16 di maggio. Presidente di Giuria come già anticipato qualche mese fa sarà Nanni Moretti. Per gli l’Italia, come era prevedibile Reality di Matteo Garrone,

Il programma dell’Area Movie di Lucca Comics & Games

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Il programma dell’Area Movie di Lucca Comics & Games

E’ stato diffuso il programma dell’Area Movie del Lucca Comics & Games, edizione 2022 a cura di QMI. Tra gli eventi vi segnaliamo l’attesissima anteprima di Dampyr, l’anteprima di One Piece Film: Red e l’attesissimo arrivo di Tim Burton.

VENERDI 28 OTTOBRE

CINEMA ASTRA

  • h. 14:30 Crunchyroll e Toei Animation presentano: One Piece la serie – Aspettando RED! Puntata 1029 – Un ricordo distante. Rufy e Uta, la figlia del Rosso Puntata 1030 – La promessa di una nuova genesi! Rufy e Uta Episodio Speciale – Il log appartenuto a una leggenda! Shanks il Rosso! (v.o. sub ita, 70’, JP)
  • h. 16:30 Slim Dogs Production presenta: Nostos di Mauro Zingarelli (20’, Ita) Modera: Gabriella Giliberti Saranno presenti: Mauro Zingarelli, Marco Cioni e Cydonia
  • h. 20.00 Eagle Pictures, Sergio Bonelli Editore e Brandon Box presentano:
    Dampyr. Prima mondiale (110’, ITA) Saranno presenti gli attori: Stuart Martin, David Morrissey, Luke Roberts, e il regista Riccardo Chemello.

SABATO 29 OTTOBRE

CINEMA ASTRA

  • h. 11.30 SABATO 29 OTTOBRE Paramount Pictures presenta: Dungeons & Dragons – L’onore dei Ladri Incontro con i registi Jonathan Goldstein, John Francis Daley, e il produttore Jeremy Latcham. Contenuti in anteprima. Modera Cristina Scabbia.
  • h. 15.30 Anime Factory e Toei Animation presentano: One Piece Film: Red – Anteprima italiana (v.o., 115’, JP) Introducono l’evento gli ospiti d’eccezione Goro Taniguchi e Masayuki Sato. *Ingresso con prenotazione e biglietto del festival.
  • h. 19.00 Prime Video presenta: INVERSO – The Peripheral Episodio 1 e 2. (USA)

CINEMA CENTRALE

  • h. 12.00 Warner Bros. Discovery Benedetta Rossi presenta: Super Benny
  • h.14.30 Adler Entertainment presenta: Carne Fredda – Anteprima Nazionale (50’, ITA) A seguire Incontro con il regista Roberto Recchioni
  • h. 16.30 Rai Teche e Rai Play presenta: Spazio 1999 – episodio originale restaurato. (50’, UK) h.
  • 19.30 Prime Video presenta: Pretty Little Liars: Original Sin – Anteprima italiana Episodio 1 e 2. (106’, USA)

TEATRO DEL GIGLIO

  • h.10.30 Sergio Bonelli Editore, Rai Kids, Power Kids e NexusTV presentano: Dragonero. I Paladini – Anteprima Mondiale. I primi 4 episodi della serie animata. Con Luca Enoch e Stefano Vietti.

DOMENICA 30 OTTOBRE

CINEMA ASTRA

CINEMA CENTRALE

TEATRO DEL GIGLIO

h.11.00 Prime Video presenta: Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere – incontro con il cast. Saranno presenti: Cynthia Addai-Robinson, Ismael Cruz Córdova e Sophia Nomvete Modera: Emanuele Vietina *Ingresso con prenotazione e biglietto del festival.

LUNEDì 31 OTTOBRE

CINEMA MODERNO

  • h.20.00  Netflix presenta: Mercoledì – European Fan Screening Episodio 1 (v.o. sub ita) Introduce Tim Burton. Modera Gianmaria Tammaro. *Ingresso con biglietto gratuito speciale ritirabile dalle ore 08.30 alle ore 17:00 del giorno dell’evento, alla biglietteria di Piazzale Verdi, SOLO per i possessori di biglietto LC&G

Il progetto Museo Fellini, il Cinema Fulgor diventa reatà

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Il progetto Museo Fellini, il Cinema Fulgor diventa reatà

Sabato 20 gennaio 2018 a Rimini, nella data in cui Federico Fellini avrebbe compiuto 98 anni, inaugurerà, dopo un importante intervento di ristrutturazione durato 6 anni e realizzato nell’ambito del progetto del Museo Fellini, il Cinema Fulgor, ridisegnato dal premio Oscar Dante Ferretti, che sarà presente alla festa inaugurale. Un’apertura molto attesa, tanto da essere citato ancora prima del taglio del nastro ufficiale come luogo di interesse per l’anno nuovo in un recente articolo del New York Times dedicato ai luoghi turistici top del 2018 a livello mondiale. Il Fulgor, destinato a divenire presidio culturale e centro d’impulso intellettuale per l’intera Regione, proietta così l’Emilia-Romagna fra le destinazioni migliori per un turismo culturale in grado di generare valore per l’intero territorio.

La programmazione: rassegne, classici restaurati e anteprime italiane, come Made in Italy, l’ultimo film di Luciano Ligabue (22 gennaio)

La programmazione del Cinema Fulgor sarà curata dalla società Khairos srl, i cui fondatori operano nel mondo della cinematografia da 50 anni: un’azienda familiare allargata (fra collaboratori e soci), unita dal suo amore per il cinema, che già porta avanti con successo la gestione del Cinema Settebello di Rimini. Tante le partnership attivate per portare a Rimini il meglio del cinema italiano e non solo, con rassegne, retrospettive, e naturalmente anteprime italiane. Si inizia già lunedì 22 gennaio alle ore 21.00 quando verrà proiettato in anteprima nazionale l’ultimo film di Luciano Ligabue Made in Italy, in uscita nella sale italiane dal 25 gennaio. Il film, che si ispira all’omonimo album del cantante di Correggio uscito nel novembre 2016, sarà presentato in sala alla presenza dello stesso regista e del produttore Domenico Procacci. Sempre in anteprima italiana martedì 23 e mercoledì 24 gennaio dalle ore 21.00 verrà proiettato Fabrizio De André. Principe Libero, la mini serie in due puntate dedicata al grande cantautore genovese co-prodotta da Rai Fiction e Bibi Film. La biopic a lui dedicata sarà visibile sul grande schermo in tutta Italia solo in queste due giornate, mentre approderò su Rai 1 il 13 e 14 febbraio, in concomitanza con i due anniversari che ne racchiudono il viaggio: quello della scomparsa, l’11 gennaio 1999, e quello della nascita, il 18 febbraio 1940. La proiezione sarà preceduta dal concerto omaggio a Fabrizio De Andrè del cantautore santarcangiolese Andrea Amati, collaboratore di Francesco Baccini e Cristiano De André.

Ovviamente, accanto all’ossatura della programmazione, rappresentata da una selezione dei migliori film di qualità di nuova uscita, una parte importante della proposta cinematografica del Fulgor sarà dedicata al “Maestro”. Non solo con le retrospettive dedicate alla sua vasta cinematografia, ma allargando la prospettiva di partenza e puntando su tre linee temporali. La prima è quella dei film, dei registi e delle correnti che hanno influenzato o che erano particolarmente apprezzate da Fellini (come Roberto Rossellini, John Ford, Charlie Chaplin, il cinema hollywoodiano, i fratelli Marx, Alfred Hitchcock, Luis Buñuel e molti altri); la seconda invece include quei registi a lui contemporanei, in particolar modo Michelangelo Antonioni, Ingmar Bergman e Akira Kurosawa, con cui il Maestro si confrontava; infine la terza sarà dedicata a tutti quei registi che da lui sono stati maggiormente influenzati, da Stanley Kubrick a Martin Scorsese. Tutto questo sarà possibile grazie alle collaborazioni con importanti enti di produzione e distribuzione, come la Cineteca di Bologna e Wanted Cinema, che permetteranno di avere al Fulgor anche anteprime nazionali.

La ricca programmazione cinematografica dei prossimi mesi vedrà al Fulgor la proiezione de La Febbre dell’oro (1925), fra le prime pellicole mute di Charlie Chaplin; Alla ricerca di Van Gogh, distribuito in Italia dalla Wanted Cinema; una rassegna dedicata alla Nouvelle Vague; il documentario La lucida follia di Marco Ferrari, realizzato a vent’anni dalla scomparsa del grande regista e presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia; una selezione di classici restaurati provenienti dal Cinema Ritrovato di Bologna, documentari sull’arte che raccontano le straordinarie vite di artisti come Caravaggio e Bosch, performance teatrali, come quella di Roberto Mercadini dedicata proprio a Federico Fellini, e la proiezione in anteprima di LA SCUOLA: un’indagine sul ‘300 riminese diretto da Davide Montecchi e prodotto da Meclimone produzioni cinematografiche, Francesca Manno per Summerside International ed Elena zanni per Khairos srl. Il documentario è una ricognizione personale alla scoperta delle principali opere eseguite dagli allievi riminesi di Giotto nei primi decenni del ‘300.

L’obiettivo è quello di rendere il Fulgor in un luogo di cultura eterogeneo: il cinema infatti è fatto di scrittura, disegno, musica, intreccia e comprende in sé tutte le arti. In quest’ottica il Cinema Fulgor sarò aperto tutti i giorni dal pomeriggio, e spesso anche la mattina con proiezioni diurne dedicate alle scuole e alle famiglie.

Gli eventi collaterali                                 

Questa linea si rispecchia anche nelle idee principali che ispirano la progettazione degli eventi paralleli a quelli della programmazione delle due sale cinematografiche del Fulgor. Verrà offerto dunque un ricco ventaglio di eventi che comprendano, oltre a prime visioni, dialoghi con autori, registi ed attori, la presenza e gli interventi formativi di persone che lavorano nel settore. A questo proposito la società di gestione Khairos ricerca uno sviluppo ulteriore dei progetti già imbastiti da diversi anni con le scuole e l’Ateneo cittadino. Per farlo è stata richiesta la collaborazione – fin dalla prima ora piena ed entusiasta – del Dipartimento di Scienza della Qualità della Vita dell’Alma Mater, in particolare con Roy Menarini, Docente di Cinema e Industria culturale dell’Università di Bologna, Campus di Rimini

Tra i più conosciuti, apprezzati e seguiti critici cinematografici italiani, Menarini da marzo sarà colui che guiderà i primi corsi di approfondimento che il Cinema Fulgor offrirà alla città. Saranno corsi per appassionati e cinefili, volti a far scoprire aspetti più approfonditi dei linguaggi cinematografici, dalle note di regia a spunti di riflessione sulla fotografia, sulla composizione testuale delle sceneggiature, fino ad arrivare all’analisi dei nuovi linguaggi cinematografici sollecitati dalle serie tv.

Le sale del Fulgor inizieranno in questa maniera ad intessere una prima ibridazione dello spazio in cui si collocano: sì sala cinematografica ma anche salotto della città e polo regionale di scambio e dialogo sulla cultura filmica e delle immagini.

Sempre con l’università, e in rapporto con operatori del settore, si vuole realizzare un grande sogno: riportare a Rimini una delle esperienze di Festival cinematografici tra i più apprezzati in Italia. La tensione di tutto lo staff e la struttura sono fin da ora tese a costruire l’ossatura per riuscire quanto prima a riattivare quella importante esperienza culturale, capace – già dagli anni Novanta – di portare uno spirito non solo europeo, ma mondiale. Nella rassegna di Rimini Cinema, fin dagli anni Ottanta, era dato grande risalto alle esperienze della cinematografia sia delle culture medio orientali che di quelle del Sud Est asiatico e centrale.

 

Il profumiere, recensione del nuovo film Netflix

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Il profumiere, recensione del nuovo film Netflix

Approdato sulla piattaforma streaming statunitense il 21 settembre, il profumiere è un thriller diretto dal regista tedesco Nils Willbrandt. Il soggetto è tratto dal bestseller Profumo. La storia di un assassino, romanzo di Patrick Suskind del 1985. Già una pellicola prima de Il profumiere aveva portato questa storia sul grande schermo: si tratta di Profumo- storia di un assassino, film del 2006 diretto da Tom Tykwer, con Dustin Hoffman ed Alan Rickman. Nel cast del recente adattamento Netflix ritroviamo invece i tedeschi Emilia Schule, Ludwig Simon e l’austriaco Robert Finster.

La ricerca di un profumo d’amore

“questa storia ha inizio nell’oscurità, parla di bellezza e parla di ferocia, della ricerca della felicità e del costo per averla”

Con quest’incipit, la voce narrante apre il sipario de Il profumiere. Una giovane detective viene trasferita in una nuova stazione di polizia, dove sembra aver trovato la felicità e l’amore in un suo collega. Il loro però è un rapporto debole, essendo lui sempre sospinto verso la sua vecchia vita con l’ex moglie ed i figli.

Parallelamente, due serial killer continuano a mietere vittime: si tratta di giovani donne brutalmente uccise ed a cui vengono estratte le ghiandole sudoripare. Il profumiere Dorian, con l’ausilio della sua aiutante Rex, vuole realizzare un profumo che induca all’amore, un profumo nato dall’odore umano. Queste due storie sono destinate ad incrociarsi: la detective userà uno dei profumi di Dorian per mantenere con sé il suo amato, per poi chiedere aiuto al profumiere per poter sentire nuovamente gli odori. Avendo perso l’olfatto all’età di sette anni successivamente ad un grave raffreddore, lei brama di riacquistare la facoltà di sentire i profumi del mondo.

Il profumiere
Dorian, il profumiere

Il profumiere: un film che parla ai sensi

Il profumiere è in sé un film molto interessante da vedere, da un’esperienza visiva differente da molte altre pellicole. Pur avendo una trama molto semplice, ed in alcuni tratti neanche sviluppata al massimo, il film garantisce allo spettatore una serie di emozioni che vanno al di la della mera vicenda. La stessa voce narrativa svolge un duplice compito: oltre che accompagnare il pubblico nel corso delle vicende, lo indirizza verso tutte delle riflessioni e sensazioni, specialmente riguardo, ovviamente, gli odori. La percezione del mondo attraverso l’olfatto diventa il centro dell’esperienza sensoriale che è questo film: l’importanza che i profumi hanno sia per la detective, che impara solo ora a conoscerli, sia per Dorian, il quale collega il sentimento dell’amore ad un profumo inebriante e misterioso che vuole scoprire.

Questo sentirsi avvolgersi nel film però, non avviene solamente attraverso il profumo. Ne il profumiere si ha un interessante utilizzo di primi piani che mettono maggiormente in contatto lo spettatore con lo stato d’animo dei personaggi. A questo si unisce anche uno scarso utilizzo di sottofondi musicali: nel silenzio, tutto il focus è sui protagonisti e sulle loro emozioni. Anche nei momenti in cui è presente un background musicale, vengono utilizzati brani classici e soffusi.

“L’amor che move il sole e l’altre stelle”

Pur non essendo il sommo poeta coinvolto in alcun modo ne Il profumiere, questa citazione del canto XXXIII del Paradiso sembra esprimere alla perfezione una delle tematiche chiave del film: cosa si sarebbe disposti a fare per amore? Quale grande forza può esercitare l’amore sulle scelte di una persona? I due protagonisti del film dimostrano in più occasioni di voler sacrificare quasi tutto per esso. La detective finisce per usare costantemente il profumo di Dorian per mantenere il suo amato, aggrappandosi all’illusione che i suoi siano sentimenti autentici. Il profumiere invece, non essendo mai stato realmente amato da nessuno, rincorre questo sentimento da tutta la vita, con la convinzione che un profumo possa portare le altre persone ad amarlo.

Un racconto dai tratti irrealistici

Un occhio più critico e più razionale potrebbe facilmente andare a riscontrare ne Il profumiere delle incongruenze nella stessa vicenda. Prima di tutto il profumo viene trasformato in una sorta di pozione che può influenzare le scelte e le azioni degli esseri umani. Ad ogni modo, è facile comprendere la necessità di questa sorta di elemento magico, il quale diviene effettivamente il fulcro del film. Più illogico risulta essere il rapporto che si instaura tra la detective e Dorian: pur avendo moltissime occasioni per arrestare questo pericoloso serial killer, lei lo mantiene libero ed addirittura si rivolge a lui per curare il suo olfatto.

Il professore e il pazzo: recensione del film con Mel Gibson e Sean Penn

Basato sul romanzo L’assassino più colto del mondo, di Simon Winchester, Il professore e il pazzo ripercorre i primi anni della realizzazione dell’Oxford English Dictionary, mastodontica opera portata avanti a partire dal 1857. Il film, diretto da P.B. Sherman, e interpretato da Mel Gibson e Sean Penn, scava nella follia e nel genio di due straordinari e ossessivi uomini che hanno cambiato per sempre il corso della storia della letteratura.

Nel film seguiamo la storia del professor James Murray (Mel Gibson), che viene incaricato di compilare l’Oxford English Dictionary. Per riuscire in tale impresa, Murray si rivolgerà a tutti i popoli di lingua inglese. A dare un contributo particolarmente significativo è il dottor W. C. Minor (Sean Penn), il quale, affetto da schizofrenia, trascorre parte della sua vita all’interno di un ospedale psichiatrico. Tra lui e il professor Murray nascerà una profonda amicizia.

Benché si tratti di un’opera in costume, ambientata nell’aristocratica Inghilterra dell’Ottocento, sin dalle prime sequenze il film riesce a non cadere nelle trappole del genere, evitandone la tipica ampollosità. Il regista affronta la materia con una chiave particolarmente contemporanea, che si svela attraverso la costruzione dei movimenti di macchina e della fotografia. Tramite questi ci conduce costantemente attraverso un’immagine ricorrente e simbolica, quella del passaggio dall’oscurità alla luce.

Sherman ci conduce così all’interno di un film che desidera mostrare l’attualità della sua storia, dove il dizionario della lingua inglese a cui si lavora è visto come l’antenato di Wikipedia e di ogni sito di informazione oggi presente. Un vero e proprio passaggio verso la modernità dunque, dal quale non può prescindere il racconto dell’amicizia tra il professore e il pazzo che resero tutto ciò possibile.

La sceneggiatura, scritta da Sherman e Todd Komarnicki si sposta infatti di continuo tra il percorso storico del dizionario e l’amicizia dei due uomini, senza però smarrire il suo obiettivo. Solamente verso il finale ci si abbandona ad un tono melodrammatico che in parte fa regredire il film. Tuttavia le interpretazioni dei due protagonisti, e in particolare quella delicata e allo stesso tempo intensa di Mel Gibson, aiutano a tenere alto il livello del film.

Sherman riesce inoltre a costruire un buon ritmo per un film di questo genere, e dove anche verso la sua metà si avverte un maggior rallentamento e appesantimento nella narrazione, la cura dei dettagli e l’attenzione introspettiva assunta nei confronti dei personaggi, favorisce la visione senza grandi difficoltà. Maggior pregio di Il professore e il pazzo è certamente quello di riuscire a illudere lo spettatore di star guardando una storia potenzialmente ambientata nella contemporaneità, dove a ricordarci della collocazione storica sono quasi esclusivamente ambienti e costumi d’epoca.

Guarda il trailer de Il professore e il pazzo

Il Professor Cenerentolo: trailer del nuovo film di Leonardo Pieraccioni

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Guarda il Trailer di Il Professor Cenerentolo, il nuovo film di e con Leonardo Pieraccioni, in arrivo al cinema dal 7 Dicembre 2015 distribuito da 01. Nel cast del film anche Laura Chiatti, Davide Marotta, Sergio Friscia, Nicola Acunzo, Massimo Ceccherini e Flavio Insinna. 

Il Professor Cenerentolo racconta la storia di Umberto (Leonardo Pieraccioni) che per evitare il fallimento della sua disastrata ditta di costruzioni ha tentato insieme ad un dipendente (Massimo Ceccherini) un maldestro colpo in banca che gli ha fruttato però solo quattro anni di carcere! Ma se non altro, nella prigione di una bellissima isola italiana: Ventotene. Adesso Umberto è a fine pena e lavora di giorno nella biblioteca del paese. Una sera, in carcere, durante un dibattito aperto al pubblico, conosce Morgana (Laura Chiatti), una donna affascinante, un po? folle e un po? bambina. Morgana crede che lui lavori nel carcere e che non sia un detenuto. Umberto, approfittando dell?equivoco, inizia a frequentarla durante l?orario di lavoro in biblioteca. Ma ogni giorno entro la mezzanotte, proprio come Cenerentola, deve rientrare di corsa nella struttura per evitare che il direttore del carcere (Flavio Insinna) scopra il tutto e gli revochi il permesso di lavoro in esterno.

 

Il professor Cenerentolo: clip dal film di e con Leonardo Pieraccioni

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La 01 Distribution ha diffuso una nuova clip dal film Il professor Cenerentolo, l’attesa nuova commedia di Leonardo Pieraccione.

IL PROFESSOR CENERENTOLO racconta la storia di Umberto (Leonardo Pieraccioni) che per evitare il fallimento della sua disastrata ditta di costruzioni ha tentato insieme ad un dipendente (Massimo Ceccherini) un maldestro colpo in banca che gli ha fruttato però solo quattro anni di carcere! Ma se non altro, nella prigione di una bellissima isola italiana: Ventotene. Adesso Umberto è a fine pena e lavora di giorno nella biblioteca del paese. Una sera, in carcere, durante un dibattito aperto al pubblico, conosce Morgana (Laura Chiatti), una donna affascinante, un po? folle e un po? bambina. Morgana crede che lui lavori nel carcere e che non sia un detenuto. Umberto, approfittando dell?equivoco, inizia a frequentarla durante l?orario di lavoro in biblioteca. Ma ogni giorno entro la mezzanotte, proprio come Cenerentola, deve rientrare di corsa nella struttura per evitare che il direttore del carcere (Flavio Insinna) scopra il tutto e gli revochi il permesso di lavoro in esterno.

 

Il produttore Simone Bracci ci racconta il progetto Renaissance Produzioni

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Renaissance come Rinascimento, uno sguardo sul cinema italiano che dalla visione francese diventa obiettivo dichiarato: la produzione cinematografica e audiovisiva. Come? Guardando all’Europa per trovare nuove formule di integrazione nel mercato, un linguaggio diretto che desti interesse nel pubblico ormai sopito, attaccato su più fronti da prodotti scadenti e sedotto a corto raggio da proposte ultra telefonate, prive di spunti e interessi concreti.

Parliamoci chiaro, in Italia il cinema ha raggiunto il fondo del barile. Salvo qualche caso raro, tutt’oggi al ‘vaglio di studiosi’, la situazione è grave e nessuno sembra avere la soluzione per emergere da questo pantano fatto di sabbie mobili. Per non fare la fine di Artax, o quantomeno provare a trovare spunti interessanti nel panorama indipendente dopo l’esperienza con la società Mad Rocket entertainment, insieme a Svevo Moltrasio, autore e regista, ha deciso di dare vita a Renaissance Produzioni, un modo alternativo di fare cinema che partirà proprio dalla sua opera prima: GLI OSPITI, black comedy corale in produzione a Marzo 2023.

C’è una sottile linea che lega questo progetto a quelli passati realizzati come executive producer della Mad Rocket entertainment che ha co-prodotto SHORTCUT e IN THE TRAP (entrambi ora sul catalogo prime, dopo numerosi festival e distribuzione internazionale), ovvero la ferrea volontà di rinnovare il sistema cinema e dare uno scossone a quella pigrizia ricettiva che ha allonato persone dalle sale e fatto spegnere la tv a milioni di italiani. Possibile sia tutto qui la proposta che riusciamo a dare? Certo non abbiamo l’arte magica dalla nostra, ma per quanto riguarda Bracci conosce troppo bene questa industria, fino al midollo ci dice, i suoi salotti, i suoi accordi e le sue modalità di finanziamento.

Dopo aver sviluppato per Intesa On Air la seconda stagione di UN SET CHIAMATO ITALIA, che segue la prima uscita dell’altra rubrica podcast IL SISTEMA CINEMA disponibili nelle piattaforme Google Podcast, Spotify e Apple Podcast e racconta il nostro paese in maniera non convenzionale, ovvero il legame del territorio con il cinema e la televisione, ora anche questo progetto prende vita quale documentario in sviluppo dal titolo ITALIA INSIDE. La finalità è quella di sostenere l’industria del cinema come mezzo necessario di testimonianza e tradizioni, riuscendo al contempo a valorizzare ambiente, economia e infrastrutture.

Tante, dunque, le iniziative messe in piedi per il futuro prossimo e le sfide da affrontare non mancheranno per Simone, che però è abituato a mettersi in gioco…perchè come cita un proverbio cinese “Se vuoi un anno di prosperità fai crescere il grano, se vuoi cento anni di prosperità fai crescere le persone”. E lui da sempre crede nel talento e lo coltiva insieme agli altri.

Il produttore Jeremy Latcham su The Avengers 2 e su gli spin-off Marvel!

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Arrivano nuovi aggiornamenti per i progetti dei Marvel Studios. Jeremy Latcham è stato intervistato da Newsarama sulla possibilità di realizzare dei spin-off di personaggi Marvel

Il produttore di Star Wars rivela finalmente perché Obi-Wan Kenobi non ha ucciso Anakin Skywalker

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Quando George Lucas ha iniziato a realizzare Star Wars, non aveva un grande piano di nove film. Una Nuova Speranza è passato attraverso innumerevoli iterazioni, così come L’Impero colpisce ancora e Il ritorno dello Jedi; quando sono arrivati i prequel, la storia era già stata raccontata e George Lucas  ha dovuto capire come raccontare ciò che li aveva preceduti.

Ci sono stati problemi di continuità, ma per la maggior parte, La minaccia fantasma, L’attacco dei cloni e La vendetta dei Sith si collegano efficacemente alla trilogia originale. La sfida più grande per il regista è stata quella di trasformare Anakin Skywalker dal simpatico ragazzo che abbiamo conosciuto su Tatooine allo spregevole Signore dei Sith, Darth Vader.

Questa trasformazione è avvenuta solo nel momento conclusivo di Episodio III; tuttavia, i fan hanno a lungo incolpato Obi-Wan Kenobi per gli orrori che Darth Vader ha poi inflitto alla Galassia, perché non si è assicurato che il suo ex Padawan fosse morto.

Durante il loro duello con la spada laser su Mustafar, Obi-Wan Kenobi tagliò il braccio e le gambe di Anakin, lasciandolo bruciare.

L’Imperatore Palpatine arrivò appena in tempo per salvare il suo nuovo apprendista, utilizzando la tecnologia dell’Impero per creare un Darth Vader più macchina che uomo.

Parlando con Empire, il produttore di lunga data del franchise di Star Wars, Rick McCallum, ha condiviso la sua opinione sul perché Obi-Wan abbia abbandonato Anakin senza sferrargli un colpo mortale definitivo.

Penso anche che non creda che Anakin si riprenderà – pensa che morirà“, spiega. “È solo perché Palpatine arriva e usa tutto per salvarlo e creare questo mostro [che sopravvive]“.

In un altro punto della rivista, Hayden Christensen ha riflettuto sul ruolo di Anakin e ha ammesso che non si aspettava di ottenere l’ambito ruolo. “Avevo 18 anni e ho ricevuto una telefonata dal mio agente che mi diceva che stavano facendo il casting per Anakin Skywalker in Star Wars e ho pensato: ‘Wow, che figata‘. Ma mi sembrava troppo grande”, ricorda l’attore. “E ricordo di aver chiesto al mio agente: ‘C’è forse un altro ruolo per il quale stanno facendo il casting in questo momento e per il quale puoi propormi? Perché Anakin sembra irraggiungibile”. E non c’era. Così ho buttato il mio nome nel cappello come tutti gli altri“.

Negli ultimi anni, abbiamo visto Hayden Christensen tornare al ruolo di Anakin/Fener sia in Obi-Wan Kenobi che in Ahsoka. Il primo ha esplorato il tributo emotivo e mentale che il combattimento su Mustafar ha avuto su “Ben”, riunendo poi gli amici-nemici per un confronto che ha affrontato gli evidenti buchi di trama creati da George Lucas.

Il produttore del Signore degli Anelli alle prese con Philip K. Dick

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Gli amanti della fantascienza ‘distopica’ di Philip K. Dick sono attesi nei prossimi mesi da un’autentica valanga di produzioni: imminente il remake di Total Recall; Ridley Scott è al lavoro su un progetto legato a Blade Runner; la BBC sta realizzando The Man In The High Castle (conosciuto in Italia come La svastica sul sole); la Disney è alle prese con la trasposizione di King of th Elves e, soprattutto, Michel Gondry sta lavorando a Ubik. In aggiunta a questa già nutrita serie di progetti, ecco giungere la notizia della collaborazone tra la figlia di Dick, Isa Dick Hackett e il produttore del Signore degli Anelli, Barrie M. Osborne che si stanno mettendo all’opera sul romanzo del 1966 intitolato Now Wait For Last Year.

Protagonista della storia un medico specializzato in trapianti, Eric Sweetscent, che viene coinvolto nei rapporti di politica interstellare tra la Terra e gli abitanti del pianeta  Lilistar, in guerra con un’altra cività aliena, i Reegs. La Terra inizialmente sostiene Lilistar, ma ben presto si capisce di essersi collocati dalla parte sbagliata. Nel romanzo si fa la conoscenza della moglie di Sweetscent, che pò viaggiare nel tempo ma è dipendente da una droga allucinogena e usata da Lilistar per spiare il marito, e del personaggio di The Mole assorbe le malattie di coloro cui si trova vicino, potendole gestire, dato che è immortale. Il tipico romanzo di Dick, la cui trasposizione in questo caso sembra essere particolarmente promettente, dato che la figlia Isa solitamente comincia a lavorare ai progetti tratti dall’opera paterna anche prima che questi vengano poi scelti da un studio per la realizzazione. Il semisconosciuto Ted Kupper sio sta occupando della sceneggiatore. Al momento si è alla ricerca di un regista; le riprese dovrebbero cominciare a fine 2012.

Fonte: Empire

Il produttore Avi Arad porta Metal Gear Solid sul grande schermo

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Il produttore Avi Arad porta Metal Gear Solid sul grande schermo

Sono anni che il progetto di un film tratto dal noto videogioco Metal Gear Solid si trascina come un naufrago sul bagnasciuga, tra timidi tentativi e indecisioni. Giunge ora

Il Prodigioso Maurice arriva in prima tv su SKY e NOW

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Il Prodigioso Maurice arriva in prima tv su SKY e NOW

Arriva in prima tv assoluta Il Prodigioso Maurice, film d’animazione Sky Original tratto dal libro fantasy per bambini Il prodigioso Maurice e i suoi geniali roditori, di Sir Terry Pratchett, in onda mercoledì 28 dicembre alle 17.50 su Sky Cinema Uno, in streaming su N0W e disponibile on demand, anche in qualità 4K.

Coprodotto da Sky, Ulysses Filmproduktion e Cantilever Media in collaborazione con Global Screen, gli studi di animazione Studio Rakete e Red Star Animation, il film è diretto da Toby Genkel, mentre il co-regista è Florian Westermann e la sceneggiatura è di Terry Rossio. Il film ha il pieno sostegno degli eredi di Terry Pratchett ed è prodotto in associazione con Narrativia.

Il Prodigioso Maurice è un’avventura vivace e divertente, una parodia delle fiabe popolari ispirata alla favola tedesca del pifferaio magico di Hamelin. Il libro da cui il film è tratto è il ventottesimo romanzo della serie Discworld di Terry Pratchett, ma il primo scritto per i bambini. È stato pubblicato nel 2001 da Doubleday e ha venduto quasi 100 milioni di copie in tutto il mondo. Per questo libro Sir Pratchett ha vinto il Carnegie Medal in Literature, il più alto riconoscimento britannico nel campo della letteratura per bambini.

La trama

Lo scaltro gatto di strada Maurice viaggia di città in città per liberarle a pagamento dai topi. L’idea di una truffa gli viene in mente quando conosce Keith, un ragazzino che sa suonare il flauto, e un gruppo di topi parlanti con cui si mette d’accordo per spillare più soldi alle città. Tutto va per il meglio, fino a quando arrivano alla città di Bad Blintz. Lì incontrano Malicia e il loro piano va presto in malora.

Il prodigio: trailer del period drama Netflix con Florence Pugh

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Il prodigio: trailer del period drama Netflix con Florence Pugh

Netflix USA ha diffuso il trailer di Il prodigio (The Wonder), l’atteso e annunciato period drama Netflix che vedrà protagonista l’attrice Florence Pugh. Il prossimo adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo thriller psicologico dell’autrice Emma Donoghue. Attualmente è previsto l’arrivo in sale selezionate il 2 novembre, seguito dal suo debutto in streaming il 16 novembre.

Il trailer di Il prodigio (The Wonder) presenta la candidata all’Oscar Florence Pugh nei panni di un’infermiera che viene arruolata per andare in un piccolo villaggio per vegliare su un cosiddetto fenomeno miracoloso che coinvolge una ragazza che non mangia nulla da quattro mesi.

The Wonder è diretto da Sebastián Lelio (Gloria Bell) da una sceneggiatura che ha scritto insieme a Donoghue e Alice Birch (Normal People). Nel cast Florence Pugh, Kíla Lord Cassidy, Toby Jones, Niamh Algar, Elaine Cassidy, Ciarán Hinds, Tom Burke, Dermot Crowley, Brían F. O’Byrne e David Wilmot. Il film è una produzione di House Production ed Element con Ed Guiney e Tessa Ross. Questo segna la seconda volta che uno dei romanzi di Donoghue riceve un trattamento cinematografico, con il primo acclamato dramma del 2015 di Lenny Abrahamson,  Room , che è valso all’autore una nomination all’Oscar per la migliore sceneggiatura non originale.

La trama del film

1862, 13 anni dopo la Grande Carestia. L’infermiera inglese Lib Wright (Florence Pugh) è chiamata nelle Midlands irlandesi per condurre un esame di quindici giorni su un’appartenente a una comunità di devoti. Anna O’Donnell (Kíla Lord Cassidy) è una ragazzina di undici anni che afferma di non aver mangiato per quattro mesi, sopravvivendo miracolosamente grazie alla “manna dal cielo”. Mentre le condizioni di salute di Anna peggiorano rapidamente, Lib è determinata a scoprire la verità, sfidando la fede di una comunità che preferirebbe rimanere credente.

Il prodigio: recensione del film con Florence Pugh

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Il prodigio: recensione del film con Florence Pugh

Proiettato per la prima volta il 2 settembre in occasione del Telluride Film Festival, il prodigio è la nuova pellicola diretta dall’argentino Sebastian Lelio (Disobedience).  La sceneggiatura, tratta dall’omonimo romanzo di Emma Donoghue, è nata dalla collaborazione di quest’ultima insieme a Lelio e ad Alice Birch. Nel cast ritroviamo spiccare la stella nascente del cinema contemporaneo Florence Pugh (Piccole donne, Don’t worry, darling) nel ruolo dell’infermiera inglese Elisabeth Wright. Il film è già stato candidato per ben 12 categorie per i British Independent Film Awards, tra cui anche per la miglior regia, miglior performance protagonista e miglior performance esordiente per Kìla Lord Cassidy nei panni della piccola Anna.

Un miracolo irlandese

Irlanda 1862: Elisabeth Wright è un’infermiera chiamata in un piccolo villaggio irlandese per assistere una bambina, Anna. Giunta a destinazione, scopre dal comitato di medici e chierici che si occupano della questione che Anna è perfettamente sana: l’unica anomalia è che non mangia da quattro mesi. Mentre i preti del villaggio e la famiglia della piccola tendono a credere che si tratti di una sorta di miracolo divino, un medico vuole scoprire come razionalmente questo possa essere possibile. Per questo motivo viene dato a Elisabeth e ad una suora il compito di sorvegliare Anna giorno e notte per scoprire come possa sopravvivere senza nutrirsi. La bambina afferma di nutrirsi di manna dal cielo. Pur avendo vietato il comitato ogni contatto con la paziente, tra l’infermiera e la piccola si instaura un rapporto sempre più stretto. Ciononostante, Elisabeth, decisa a scoprire il segreto di Anna, evita che lei abbia alcun contatto con altre persone, compresi i suoi familiari: a questo punto, le condizioni fisiche della bambina iniziano a peggiorare terribilmente.

Il prodigio
L’infermiera Wright visita Anna

Il prodigio: In. Out.

Già dai primi attimi de Il prodigio è possibile carpire l’originalità del film: la prima scena si apre su un set cinematografico. Una voce narrante introduce le vicende e la sua protagonista, mentre l’occhio dello spettatore è lasciato libero di vagare per il set, fino a soffermarsi su una scena specifica, da cui prende il via la storia. Con il volgersi alla fine della pellicola, si ha un ritorno nella realtà del set cinematografico. Questo è un tentativo da parte del regista di rompere la quarta parete, instaurando un contatto più diretto con il pubblico: diventa chiaro anche nel momento in cui alcuni personaggi durante le vicende guardano fisso nella macchina da presa, guardano gli spettatori. La rottura della quarta parete qui però è parziale, neanche paragonabile allo stile di Woody Allen (Io & Annie), in cui il pubblico diventa un vero interlocutore.

Un elemento che spicca ne Il prodigio è la performance di Florence Pugh. L’attrice con ogni suo ruolo sta andando ad affermare sempre di più la sua bravura, aggiudicandosi un posto tra le stelle della nuova generazione del cinema Hollywoodiano. Elisabeth Wright è una donna forte, indipendente, ha perso la fede in Dio ed ha una visione razionale del mondo. Con la sua intelligenza prima fa di tutto per smascherare l’inganno di Anna, e poi cercherà di proteggerla e guarirla quando ella diviene più debole e deperita. Nel buio della sua camera, Elisabeth, Lib, nasconde i segreti del suo passato in un piccolo fagotto: due calzettine di lana da neonato ed una boccettina con una sorta di sciroppo, magari una qualche forma di oppiaceo, ed un ago. Si tratta del fantasma della sua vita passata, suo marito e sua figlia, morta poche settimane dopo la sua nascita. Un personaggio certamente molto complesso, che però, tramite l’interpretazione della Pugh, trasmette tutta la sua tenacia al pubblico.

“We are nothing without stories”

Una tematica focale ne Il prodigio è proprio quella delle storie, o meglio del potere che una credenza può avere su un individuo. Anna e la sua famiglia hanno una fede ceca in Dio, giustificano il dolore della vita terrena come necessario per la pace eterna in paradiso dopo la morte. Il ruolo della religione si va a delineare maggiormente nella seconda metà del film, ma fin da subito si può notare la persistente presenza della fede nella vita della famiglia: le continue preghiere bisbigliate dalla bambina, trenta tre volte, la quasi totale assenza di preoccupazione da parte dei genitori verso Anna. Per quanto  la fede possa dare all’uomo una speranza perenne, il fanatismo può portare effetti terribili, può rendere l’uomo un essere ceco e irrazionale.

Il prodigio: la storia vera e la spiegazione del film

Il prodigio: la storia vera e la spiegazione del film

Disponibile su Netflix dal 16 novembre, il film Il prodigio (qui la recensione) è subito diventato uno dei titoli attualmente più chiacchierati del catalogo della piattaforma streaming. Diretto dal cileno Sebastian Lelio, regista anche di Una donna fantastica e Disobedience, questo è tratto dal romanzo omonimo di Emma Donoghue, autrice della sceneggiatura insieme allo stesso Lelio e Alice Birch e con un’ambientazione fissata al 1862 racconta del rapporto che si instaura tra l’infermiera Lib Wright (interpretata da Florence Pugh) e l’undicenne Anna O’Donnell, la quale afferma di non nutrirsi da mesi. Si parte dunque da un mistero da svelare, ma il film si apre poi a riflessioni e significati molto più profondi.

Il prodigio offre dunque un acceso scontro tra ragione e fede, individuo e comunità, affermandosi come un film di genere thriller intriso di una forte atmosfera evocativa, suo primario punto di forza. Non sorprende dunque che in breve tempo sia diventato un titolo molto discusso, sul quale si cercano sempre più informazioni. Ciò che in molti si sono chiesti, guardando il film, è quanto di ciò che viene narrato sia tratto da una storia vera. La risposta a tale domanda, in linea con il film, è piuttosto ambigua e aperta ad interpretazioni, ma aiuta anche a comprendere meglio il valore della pellicola in sé.

Il prodigio: la vera storia dietro al film

Come affermato dalla Donoghue, quanto raccontato nel libro è sostanzialmente una storia frutto dell’immaginazione della scrittrice. Eppure, vi sono diversi elementi che questa ha ripreso da alcune cronache provenienti direttamente da un tempo passato. Tra il XV e il XIX secolo, infatti, gli storici hanno registrato come in diversi paesi dell’Europa, come Gran Bretagna, Irlanda e Germania, si sia diffuso il fenomeno delle fasting girls, ovvero ragazze molto giovani, talvolta anche preadolescenti, che affermano di poter rinunciare al cibo per nutrirsi soltanto della presenza di Gesù Cristo.

Tra i casi approfonditi dalla scrittrice, vi sono in particolare quello di Sarah Jacobs, di Mollie Fancher e di Therese Neumann. La prima, originaria del Galles, è vissuta negli anni Sessanta dell’Ottocento e divenne nota quando, dopo una malattia decise di rifiutare il cibo che le veniva dato, in quanto temeva che se si fosse ripresa del tutto avrebbe dovuto riprendere il lavoro nella fattoria di famiglia. Stando a quanto riportato, i genitori decisero di strumentalizzare la cosa, affermando che la forza della fede permetteva alla figlia di rimanere in vita. Sfortunatamente, Sarah morì per il non essersi nutrita e i genitori vennero condannati per omicidio.

Anche le altre due, rispettivamente americana e tedesca, furono oggetto di casi simili, ma su di loro vi sono meno testimonianze e non si arrivò a stabilire se le due ragazze mentissero sulle loro capacità o meno. La scrittrice sembra dunque aver tratto profonda ispirazione in particolare da Sarah Jacobs, che nel film è dunque da ritrovare nel personaggio di Anna. L’infermiera Lib, invece, è un personaggio inventato ma basata sulle vere infermiere che tennero d’occhio la Jacobs per studiare il suo caso, controllando se davvero questa non mangiasse nulla come sosteneva. Un controllo ferreo che può aver attivamente contribuito alla morte della giovane.

Il-prodigio-spiegazione

Il prodigio: la spiegazione del finale

Giunti al finale del film, è tempo di fornire una spiegazione al come la giovanne Anna possa affermare di vivere senza mangiare, senza neanche mostrare alcun segno di deperimento. Il colpo di scena che dà la svolta al tutto arriva quando l’infermiera Lib ha l’intuizione di impedire che la giovane si veda con i suoi genitori per il momento della preghiera. A partire da questo isolamente totale ecco che Anna inizia infine a mostrare i segni di un fisico sempre più provato dalla mancanza di cibo. Lib scoprirà infine che la giovane aveva continuato ad alimentarsi finché poteva incontrarsi con i genitori e che questo avveniva tramite i baci che sua madre le dava.

La donna teneva infatti del cibo dentro la propria bocca, che passava poi ad Anna con i suoi baci. Il cibo che la giovane ricevava era dunque visto come la manna dal cielo che Dio le mandava. Quanto Anna stava facendo, ai suoi occhi, era dunque un modo per cercare il perdono divino per la morte del fratello, del quale si sente responsabile in quanto i due avevano rapporti incestuosi. La ragazza viene infine convinta da Lib a morire metaforicamente per rinascere come Nan, cambiando dunque identità e scappando con lei verso una nuova vita. Il fuoco che Lib appicca dunque alla casa per far credere che Anna sia realmente morta acquisisce dunque un valore metaforico, di ciò che brucia e risorge dalle proprice ceneri.

Così si struttura dunque il film di Lelio, come un potente racconto sulla fede e ciò che si compie in nome di essa, tanto nel bene quanto nel male. Al di là di cio, come avrà notato chi ha visto il film, questo inizia all’interno di uno studio cinematografico, una scelta metacinematografica dal quale si viene informati che quanto si vedrà è pura finzione e che occorre dunque sospendere l’incredulità. Attraverso tale espediente, Lelio sembra volerci ricordare di fare attenzione al confine tra il piacere di farsi raccontare una storia e il farsi ingannare da una fede fanatica che distorce la realtà dei fatti.

Fonti: Collider, DigitalSpy

Il processo ai Chicago 7: trailer del film con Joseph Gordon-Levitt

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Netflix ha diffuso il trailer ufficiale di Il processo ai Chicago 7, il film scritto e diretto da: Aaron Sorkin, vincitore del Premio Oscar e dell’Emmy Award. Protagonisti di Il processo ai Chicago 7 un cast stellare composto da Sacha Baron Cohen, Joseph Gordon-Levitt, Frank Langella, Eddie Redmayne, Mark Rylance, Jeremy Strong, Yahya Abdul-Mateen II, Michael Keaton, John Carroll Lynch e Alex Sharp. Il processo ai Chicago 7 sarà disponibile in streaming su Netflix dal 16 ottobre.

Quella che doveva essere una manifestazione pacifica alla convention del partito democratico statunitense del 1968 si è trasformata in una serie di scontri violenti con la polizia e la Guardia nazionale. Gli organizzatori delle proteste, tra cui Abbie Hoffman, Jerry Rubin, Tom Hayden e Bobby Seale, sono stati accusati di cospirazione e incitamento alla sommossa in uno dei processi più noti della storia americana. Prodotto da: Marc Platt, Stuart Besser, Matt Jackson e Tyler Thompson

Il processo ai Chicago 7: svelato un collegamento con Forrest Gump

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Gli amanti di Forrest Gump di Robert Zemeckis potrebbero aver riconosciuto ne Il processo ai Chicago 7, l’ultimo film di Aaron Sorkin disponibile su Netflix, un volto noto, ossia quello di Abbie Hoffman. Il personaggio in questione appare in entrambi i film, al centro di proteste in entrambi i casi, dal momento che il film di Zemeckis del 1994 offre a grandi linee un sguardo abbastanza esteso sul gran parte della storia americana.

Interpretato nel film Netflix di Sorkin da Sacha Baron Cohen, Hoffman è stato uno degli imputati nel processo alla fine degli anni ’60 contro un gruppo di leader protestanti verso la guerra del Vietnam, che furono perseguiti dopo che una manifestazione avvenuta al di fuori della Convenzione Nazionale Democratica del 1968 si trasformò in un sommossa. Ne Il processo ai Chicago 7, Baron Cohen riesce a catturare quel difficile equilibrio tra sincerità ed umorismo tipico della personalità di Hoffman. Dato il suo lavoro in film del calibro di Borat, non sorprende che Baron Cohen riesca a fare sue le buffonate comiche che Hoffman ha portato al processo, e al tempo stesso di brillare durante i momenti più seri del film, come quando Hoffman viene chiamato a testimoniare durante il processo.

In Forrest Gump, Abbie Hoffman è interpretato da Richard D’Alessandro e incontra il personaggio del titolo interpretato da Tom Hanks durante una manifestazione per la pace tenutasi davanti al Lincoln Memorial a Washington DC. Mentre Hoffman incita la folla, invita Gump sul palco a fare un discorso, ma proprio mentre cerca di parlare, il suo microfono viene staccato da un sabotatore. Sulla base della cronologia del film e della vita reale, si può stimare che questo incontro tra Forrest Gump e Abbie Hoffman sia avvenuto alla fine del 1968, dopo le proteste alla Convenzione Nazionale Democratica, ma prima che Hoffman venisse incriminato e sottoposto al conseguente processo.

Il processo ai Chicago 7: il trailer italiano del film di Aaron Sorkin

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Netflix ha diffuso il trailer ufficiale de Il processo ai Chicago 7, il nuovo film dell’acclamato sceneggiatore Aaron Sorkin, alla sua seconda regia dopo Molly’s Game.

Protagonisti di Il processo ai Chicago 7 un cast stellare composto da Sacha Baron Cohen, Joseph Gordon-Levitt, Frank Langella, Eddie Redmayne, Mark Rylance, Jeremy Strong, Yahya Abdul-Mateen II, Michael Keaton, John Carroll Lynch e Alex Sharp. Il processo ai Chicago 7 sarà disponibile in streaming su Netflix dal 16 ottobre.

Nel film Quella che doveva essere una manifestazione pacifica alla convention del partito democratico statunitense del 1968 si è trasformata in una serie di scontri violenti con la polizia e la Guardia nazionale. Gli organizzatori delle proteste, tra cui Abbie Hoffman, Jerry Rubin, Tom Hayden e Bobby Seale, sono stati accusati di cospirazione e incitamento alla sommossa in uno dei processi più noti della storia americana.

Il processo ai Chicago 7, recensione del film di Aaron Sorkin

Il processo ai Chicago 7, recensione del film di Aaron Sorkin

C’è uno strano senso di timore che investe il critico che si approccia ad analizzare l’opera di Aaron Sorkin. Tra le mani, lo sentiamo, lo sappiamo, abbiamo una reliquia preziosa, un’opera dotata di unicità, saldata dalla forza iconica delle parole e di un’alacrità che vive sulla scia di un talento più unico che raro. Ogni parola viene soppesata, calibrata, esaminata dal mirino di un telescopio verso cui ci pieghiamo, consci che nessun aggettivo potrà mai veramente consegnare la bellezza di quanto impresso prima su carta, poi su schermo, da Sorkin.

Da The West Wing, passando per The Newsroom, arrivando a The Social Network, questo sceneggiatore ha dimostrato negli anni la sua abilità da prestigiatore delle parole; il vero salto nel buio era estendere questo talento nel campo della regia. Un tentativo riuscito a metà con Molly’s Game, dove lo sguardo ancora acerbo del Sorkin regista non era ai livelli di quello del Sorkin sceneggiatore, e che proprio per questo ha ammantato di curiosità l’uscita del suo nuovo film, Il processo ai Chicago 7.

Ama Sorkin approcciarsi con i lasciti del passato, soprattutto quelli in cui l’umanità affronta le cadute nel baratro, tra incriminazioni, processi, e rivendicazioni personali. E così il gioco clandestino di Molly’s Game lascia spazio con Il processo ai Chicago 7 a rivolte soppresse con la forza, imbrogli e omertà da parte di istituzioni accecate di pregiudizio e ideali politici. Il risultato che ne consegue è quello di uno dei migliori film di questo 2020. Certo, la concorrenza è ridotta quasi a zero, complice i continui rinvii di titoli più o meno attesi dal grande pubblico, ma la sontuosità della sceneggiatura, l’adrenalina di un montaggio che vola tra passato, presente e futuro, e un cast incredibilmente in parte, regalano una gemma da custodire nella mente con delicatezza e rispetto.

Il processo ai Chicago 7, la trama

Chicago,1968. La guerra del Vietnam impazza continuando a mietere vittime innocenti quando, in occasione della convention del Partito Democratico, un gruppo di attivisti guida una manifestazione contro Nixon e la sua scelleratezza bellica. Lo scontro tra manifestanti, polizia e Guardia Nazionale, era prevedibile, ma ciò che non era stato previsto è un processo/farsa dal sapore chiaramente politico che segna una pagina nerissima (e molto nota) della recente storia americana. In un colpo solo il governo del neo-eletto presidente Nixon tenta di eliminare l’opposizione sradicando la controcultura di sinistra attraverso l’incriminazione dei suoi leader, accusati ingiustamente di cospirazione e incitamento alla sommossa.

Tutto il mondo è teatro, o un processo politico

Arduo il compito di scrivere una critica su un’opera come Il processo ai Chicago 7, perché se è facile parlare di film colmi di errori e cadute di stile, il discorso cambia quando hai davanti un’opera in cui ogni elemento è al suo posto e nessuna tessera in questo puzzle cinematografico perfettamente oliato è andata perduta. Ad aprire il sipario su un teatro della vita camuffato da processo non civile o penale, ma politico, è un prologo che vive della stessa furia di bottiglie infiammate lanciate contro le vetrate degli uffici di reclutamento americani. Quelli che corrono davanti gli occhi dello spettatore sono dieci minuti di puro godimento.

Un antipasto dal sapore esplosivo di una vera e propria bomba giocata sull’alternanza perfetta tra materiali di repertorio e girato filmico. È una giostra di immagini che non hanno paura di investire e colpire a un ritmo serratissimo gli occhi del proprio pubblico, iniettandoli di meraviglia, quella che introduce il film di Sorkin; un piccolo assaggio delle due ore successive, che non fanno altro che esaltare quanto il pubblico si appresterà ad assistere da lì a poco. Quando decidi di affrontare un film interamente fatto di dialoghi, devi dimostrarti davvero bravo con le parole, e Sorkin è un burattinaio del verbo. Il processo attorno a cui ruota l’intero intreccio poteva tramutarsi in corpo vestito di tedio e noia insofferente. Un battibecco continuo tra incoerenza e colpe celate, disseminate, scoperte. Sorkin prende ogni lembo di quel corpo per rivestirlo di ironia e con esso colpire a fondo lo spettatore, perché una volta dissipato il ricordo della risata, a risiedere in bocca è un sapore di bruciante amarezza per un’ingiustizia mai veramente scomparsa, ma perpetuamente in procinto di ritornare più cruenta di prima.

Il processo ai Chicago 7 film 2020L’aula del tribunale si sveste così del suo significato primario per rivelarsi nella sua anima più cruda, violenta. È un far west dove non ci sono pallottole a volare libere, ma parole, attacchi edulcorati dalla forza del black-humor, sparate con la forza del caustico umorismo. Le arringhe degli avvocati e il racconto dei testimoni chiamati alla sbarra, sono partite di tennis giocate tra il passato e il presente, dove la pallina è un barlume mnemonico lanciato con forza da una domanda, un suggerimento, pronto a catapultare lo spettatore tra i ricordi di un passato volto a colmare passaggi indispensabili alla comprensione totalizzante della storia.

I sette samurai del 1968

È un meccanismo perfettamente congegnato, Il processo ai Chicago 7. Uno sguardo sui pregiudizi di diritti sottratti, e sentenze manipolate sulla scia di ideali politici e favori personali. Ricalcando la struttura vertebrale su cui si sorregge The Social Network, Aaron Sorkin investe di umanità la propria opera, tramutandola in un saggio scritto con la forza dell’empatia e della mancanza di retorica. E se il cuore della pellicola batte tra le mura di un tribunale, a fare da arterie lungo cui lasciare scorrere il sangue delle rivendicazioni di diritti tanto personali, quanto universali, sono i corpi degli attori che compongono un cast corale a dir poco sbalorditivo. Senza interpreti perfettamente in parte, anche la sceneggiatura più fresca e impeccabile cadrebbe nell’ombra, ingoiata dal buio della superficialità. E invece ogni attore riesce a riportare qui in vita i propri personaggi, tra atteggiamenti deplorevoli, come quelli del giudice Julius Hoffman (un Frank Langella talmente in parte da risultare straordinariamente odioso) a stralci di onestà intellettuale e sensibilità sorprendenti (si pensi al Richard Schultz di Joseph Gordon Lewitt). A dominare sullo schermo questo gruppo assortito e coeso sono soprattutto i due yippies Abbie Hoffman e Jerry Rubin (rispettivamente Sacha Baron Cohen e Jeremy Strong).

Un duo capace di dar vita a siparietti tanto comici quanto carichi di spunti di riflessioni. Strong e Baron Cohen sono micce pronte a far scattare il fuoco della rivolta a ritmo di risate, calamite attrattive che chiamano a sé lo sguardo degli spettatori, per poi canalizzarli verso il cuore dei loro comprimari, tra cui spiccano un Eddie Redmayne finalmente libero da smorfiette e mimiche facciali fin troppo marcate, un sempre e ingiustamente sottovalutato John Carroll Lynch e, soprattutto, del solito, carismatico Mark Rylance nei panni dell’avvocato William Kunstler. I corpi che si muovono, gli sguardi che infiammano gli spazi dell’aula di tribunale, la nebbia che avvolge i manifestanti durante le rivolte, o le vetrate di locali eleganti frantumate dal peso di ribelli lanciati dalla polizia, sono tante schegge di una giostra impazzita che lascia a bocca aperta lo spettatore, offrendo la stessa importanza mediatica rivestita più di cinquant’anni prima dagli eventi reali dei Chicago 7.

Riflettere il passato sullo specchio del presente

Flashback dai colori freddi, che lasciano spazio a un presente dalle tonalità calde che di rosso hanno solo il fuoco della passione che scorre inesorabile nelle vene di questi personaggi; un montaggio serratissimo, che passa con facilità (ma senza disorientare per questo il proprio pubblico) tra passato e presente, coinvolgendo ogni spettatore in questi salti temporali vertiginosi; una sceneggiatura che colpisce con la stessa forza dei manganelli sui corpi dei manifestanti, Il processo ai Chicago 7 è uno specchio del passato sul nostro presente. Non c’è nessun Narciso a rimanere colpito dal proprio riflesso, ma spettatori di tutto il mondo pronti a elevare ognuno di questi sette samurai del 1968 come modello di vita, attraverso cui rivendicare i propri diritti, sorvolando pregiudizi atti a infangare e accecare anche chi dovrebbe difenderci, tramutandosi da difensore a boia, da vittima a carnefice.

Perché gli anni passano, ma il sangue che copre le manifestazioni civili, e i bavagli che tentano di soffocare le voci di coloro che si sostituiscono a chi voce non ne ha, si ritrova un po’ di 1968 in questo 2020.  Ed è dunque nell’America di ieri che si può raccontare al meglio l’America di oggi. E non c’era penna migliore di quella di Aaron Sorkin per creare, pezzo dopo pezzo, questo specchio meraviglioso, bramoso di passione, uguaglianza, democrazia.

The World is watching” si sente urlare nel corso dell’opera. E il mondo continua a guardare questo processo rivedendo se stesso, qui raccontato da Sorkin nel suo spirito più profondo e con semplicità, dimostrando quanto la doppia faccia dell’America continui a sopravvivere, alimentata dal fuoco delle ribellioni, dell’odio, di un potere che supera il raziocinio, di una vittoria che sa di sconfitta, e viceversa.

Il processo ai Chicago 7 disponibile su Netflix

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Il processo ai Chicago 7 disponibile su Netflix

Il Processo ai Chicago 7, l’acclamato film di Aaron Sorkin, candidato a 5 Golden Globes tra cui miglior film e regia e uscito lo scorso ottobre su Netflix, sarà disponibile da venerdì 19 febbraio ore 9.00 (e per 48 ore) gratuitamente sul canale Youtube di Netflix US. 

Questo perché proprio in questi giorni cade lo storico anniversario della sentenza del processo di Chicago 7, conclusosi nel febbraio 1970. Da oggi, Venerdì 19 Febbraio (ore 9.00) a Domenica 21 Febbraio (ore 9.00) il film sarà disponibile in lingua originale e sarà possibile attivare i sottotitoli in otto lingue, tra le quali l’italiano.

Il processo ai Chicago 7, recensione del film di Aaron Sorkin

 

Il problema dei 3 corpi: tutte le domande sulla prima stagione a cui gli showrunner rispondono

Avete appena guardato la nuova epica serie di fantascienza Netflix Il problema dei 3 corpi di David Benioff, DB Weiss e Alexander Woo? State cercando di capire i dettagli di ciò che avete appena visto? Non temete, grazie ad Empire abbiamo tutte le risposte alle vostre domande fornite dagli showrunner in persona che ci aiutano a comprendere e risolvere alcuni enigmi in sospeso che la prima stagione lascia. Se non avete ancora visto la serie, questo è l’ultimo avvertimento: guardate altrove!

ATTENZIONE SPOILER: Contiene spoiler importanti della prima stagione di Il problema dei 3 corpi.

Le differenza tra la prima stagione e il libro de  Il problema dei 3 corpi

Non ci sono spoiler su ciò che accadrà, ma alcuni elementi di questa stagione provengono direttamente dal secondo e dal terzo libro. “Una delle cose che abbiamo deciso abbastanza presto“, ha detto Benioff a Empire, “è che avremmo preso tutti e tre i libri, li avremmo messi insieme in modo che fosse un’unica storia e l’avremmo distribuita nel modo in cui decidiamo di lavorare“.

Quindi, anche se la prima stagione inizia nello stesso punto in cui inizia e finisce il primo libro, ci sono personaggi che non appariranno fino al terzo libro, come Wade e i Wallfacer“. I due showrunner di Il problema dei 3 corpi hanno quindi preso diversi personaggi importanti della serie e li hanno mescolati e riorganizzati per creare gli Oxford Five, gli amici che formano la spina dorsale emotiva della storia e che sono, più o meno, i protagonisti.

E anche i personaggi sono completamente diversi?

I “Wallfacers” appaiono per la prima volta nel secondo libro e, per quanto possa valere, Saul (Jovan Adepo) sembra essere parallelo al personaggio chiamato Luo Ji nel libro. Un personaggio chiamato Wade (qui Liam Cunningham) fa il suo debutto nel terzo libro, dove è un ex capo della CIA e non un dublinese con un misterioso incarico internazionale. Raj (Saamer Usmani), il fidanzato di Jin, ha una certa somiglianza con Zhang Beihai del secondo libro La materia del cosmo, mentre Will (di Alex Sharp) assomiglia a un fisico chiamato Yun Tianming del terzo libro Nella quarta dimensione, che soffre di una grave malattia e si offre volontario per una missione postuma.

Jin (Jess Hong) ricorderà ai lettori Cheng Xin, sempre del terzo libro. Il lavoro di Augie (Eiza Gonzalez) ricorda invece alcune parti del personaggio di Wang Miao, anche se altre parti del suo arco narrativo vanno a Jin. Finora, in Il problema dei 3 corpi personaggi più vicini a quelli della pagina sono Ye Wenjie di Rosalind Chao, Mike Evans di Jonathan Pryce e Da Shi di Benedict Wong.

differenza prima stagione e libro Il problema dei 3 corpi

Perché Jack è dovuto morire?

Per Benioff e Weiss, John Bradley è riuscito ad arrivare fino in fondo a Game Of Thrones (Il trono di spade), quindi se lo hanno ucciso questa volta, così sia. “Uccidere i tuoi amici sullo schermo è una delle grandi gioie“, ride Benioff. Ma Bradley ha avuto più tempo sul set di quanto si possa pensare. “Mi sembra che quasi l’ultima cosa che abbiamo girato sia stato lui“, ha detto Woo. “Abbiamo continuato a riportarlo per le riprese; è stato con noi tutto il tempo“.

Tutta la scienza dietro a Il problema dei 3 corpi

Il titolo della serie, Il problema dei 3 corpi, si riferisce sia a un problema teorico di fisica terrestre sia al problema reale che devono affrontare gli alieni della serie. Il loro pianeta viene trascinato in modo imprevedibile tra tre diversi soli, alternando così momenti climatici opposti ed estremi. La loro soluzione è allora quella di dirigersi direttamente verso la Terra, che però, a causa dell’assenza di velocità di curvatura, impiegheranno 400 anni per raggiungere. Nel frattempo, hanno dispiegato i protoni in dimensioni superiori, li hanno programmati come immensi computer e li hanno inviati sulla Terra per mandare all’aria qualsiasi esperimento scientifico che possa permettere all’umanità di superarli nel frattempo.

The Sophons?

Questi protoni dispiegati, chiamati Sophon, sono l’elemento più strano e più bello della prima stagione dello show e permettono di realizzare gran parte degli eventi fantascientifici. Essi disturbano gli esperimenti di fisica umana, creano allucinazioni vivide e orribili conti alla rovescia che solo la loro vittima può vedere, permettono una comunicazione più veloce della luce con il pianeta natale alieno e si dispiegano con effetti enormi e spettacolari nel cielo della Terra. Ma vale la pena ricordare che ne esistono solo due.

È una cosa di cui abbiamo parlato all’infinito“, ha rivelato Benioff. “Quali sono esattamente le capacità e i limiti dei sophon? Anche se sono in grado di viaggiare alla velocità della luce, sono solo in due“. Woo ha aggiunto che hanno mappato tutti i movimenti dei sophon durante la stagione. Quindi il ragazzo che si cava gli occhi all’inizio della serie ha tenuto occupato un sophon per tutto il tempo in cui è stato tormentato; solo una volta morto, il sophon è passato ad attaccare Augie.

La spiegazione delle visioni

Il terrificante attacco a Wade nell’episodio finale di Il problema dei 3 corpi potrebbe far chiedere perché non distrarre tutti gli umani più minacciosi con delle visioni per tutto il tempo. Benioff ha spiegato che “creare un’allucinazione significa che quel sophon è occupato per il tempo reale in cui sta facendo quella cosa. Questo è uno dei motivi per cui hanno smesso di fare i dispetti ad Augie; è uno dei motivi per cui non attaccano Wade in continuazione“. I due sophon inviati sulla Terra, agganciati quantisticamente ai loro compagni a casa, erano il prodotto di un’incredibile ingegneria San-Ti, ma sembravano anche il prodotto di un grande dispendio di energia, quindi se ce ne sono solo due forse si può aggirare il problema.

Cosa c’è di strano in questi alieni?

Nel libro gli alieni sono conosciuti come Trisolariani, dal nome del loro sistema a tre soli. Qui sono chiamati San-Ti, che significa “a tre corpi“. Vale la pena ricordare che al momento non abbiamo idea del loro aspetto. Le proiezioni che abbiamo visto nel gioco dei 3 corpi sono tutte filtrate per avere un senso per gli esseri umani, attraverso le persone del gruppo segreto di Mike Evans – chiamato Organizzazione Terra-Trisolaris nel libro – e l’avatar umano Sophon nel gioco (interpretato da Sea Shimooka) chiarisce che non ci assomigliano affatto.

Chi sono i traditori Il problema dei 3 corpi?

Gli umani che collaborano con gli alieni sono una seria minaccia in questa serie e un elemento di disturbo che è stato notevolmente sviluppato rispetto al libro. Se l’Evans di Pryce e la Ye Wenjie di Rosalind Chao sono i leader del movimento, la Tatiana di Marlo Kelly è la più formidabile delle operatrici. “Marlo, fin dal primo momento in cui appare sullo schermo, porta un nuovo livello di energia minacciosa al processo“, ha rivelato Weiss a questo proposito. “Personifica ciò che questi personaggi devono affrontare. Ma è molto importante per la storia che Tatianna non si consideri una cattiva. C’è un forte filo di idealismo che lega le persone che sostengono gli alieni, e non si tratta di un idealismo completamente irrazionale“.

cosa aspettarsi seconda stagione Il problema dei 3 corpi

Perché la nave va in pezzi nel Giorno del Giudizio?

Questo ci porta a quella che forse è la scena più bella di Il problema dei 3 corpi: l’attacco delle forze pro-umanità di Wade alla nave di Evans, il Giorno del Giudizio. Vengono usate le nanofibre di Augie, fili quasi invisibili che possono tagliare qualsiasi cosa (presumibilmente sono ancorati ad altri ormeggi di nanofibre che non possono tagliare), per attraversare il Canale di Panama a intervalli di circa un metro. Esse tagliano perfettamente la nave di Evans e gli permettono di recuperare la maggior parte dei suoi dati, anche se all’inizio sono criptati.

Eravamo molto eccitati per il Giorno del Giudizio”, ha ammesso Benioff. “Ma ogni volta che c’è azione ed effetti speciali, si ha a che fare con centinaia di ore di riunioni“. “Si trattava di una combinazione di effetti pratici e speciali. Gli oggetti che vengono tagliati vengono tagliati praticamente, è tutto in-camera”, dice Woo. “Ma ovviamente le persone che vengono tagliate non lo sono”.

Che cos’è il Project Staircase?

Nel libro il progetto delle scale si svolge esattamente come nella serie televisiva: parte bene e poi va fuori strada. Ma c’è un motivo per cui quelle scene sono presenti nella serie, e uno di questi riguarda il Wade di Liam Cunningham.

Wade è completamente operativo: come dice nella storia, avanza sempre“, racconta Weiss a Empire. “Quello che era divertente a livello di storia era portare quella persona fino alla fine e poi farla perdere in vari modi. Quando il progetto delle scale, che era il suo progetto, per il quale ha raccolto trilioni di dollari di risorse, va a monte, è una grossa frattura nella sua armatura. Quando una presenza aliena si presenta sul suo aereo, questo scuote il suo senso di chi è nel mondo. Vedere qualcuno vincere in ogni scena diventa ripetitivo e noioso. È uno stronzo e molto schietto, ma spesso ha anche ragione in modo irritante“.

Cosa aspettarsi dalla seconda stagione di Il problema dei 3 corpi?

Una seconda serie di Il problema dei 3 corpi non è ancora stata ufficialmente autorizzata, ma gli showrunner stanno pianificando almeno un’altra stagione. “Quando leggi un libro, ci sono certe scene che ti fanno pensare: “Oh, non vedo l’ora di arrivare a questo“”, dice Benioff. “Quindi eravamo molto eccitati per il Giorno del Giudizio [la scena con la nave nel Canale di Panama]. E, sapete, nella seconda stagione, se saremo abbastanza fortunati da avere una seconda stagione, sono sicuro che potremo immaginare altre scene che ci entusiasmano davvero“.

Il problema dei 3 corpi: trailer finale della nuova serie Netflix

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In vista della premiere mondiale che si terrà domani, venerdì 8 marzo al SXSW Festival di Austin, Netflix ha rilasciato il trailer finale de Il problema dei 3 corpi, la nuova serie di David Benioff, D.B. Weiss (Game of Thrones) e Alexander Woo (True Blood), tratta dall’omonima trilogia di fantascienza dell’acclamato autore cinese Liu Cixin.

La serie Il problema dei 3 corpi, di cui da oggi sono disponibili anche il poster e le nuove foto, debutterà solo su Netflix a partire dal 21 marzo 2024.

La trama di Il problema dei 3 corpi

La fatidica decisione di una giovane donna nella Cina degli anni ’60 riecheggia nello spazio e nel tempo fino ad arrivare ai giorni nostri. Quando le leggi della natura si sgretolano inspiegabilmente davanti ai loro occhi, alcuni geniali scienziati, parte di un gruppo molto affiatato, uniscono le forze con una detective imperterrita per affrontare la più grande minaccia nella storia dell’umanità.

La serie Il problema dei 3 corpi è interpretata da (in ordine alfabetico): Jovan Adepo, John Bradley, Rosalind Chao, Liam Cunningham, Eiza González, Jess Hong, Marlo Kelly, Alex Sharp, Sea Shimooka, Zine Tseng, Saamer Usmani, Benedict Wong e Jonathan Pryce.

David Benioff, D.B. Weiss (Game of Thrones) e Alexander Woo (The Terror: Infamy, True Blood) sono co-creators, executive producer e autori della serie. Bernadette Caulfield (Game of Thrones, The X-Files) è Executive Producer. Rian Johnson (Knives Out, Star Wars: Episode VIII – The Last Jedi), Ram Bergman e Nena Rodrigue sono Executive Producers per T-Street. Lin Qi, il defunto ex presidente di Yoozoo Group, e Zhao Jilong, amministratore delegato del detentore dei diritti, The Three-Body Universe, sono produttori esecutivi, insieme a Xiaosong Gao e Lauren Ma.

La Plan B Entertainment di Brad Pitt, Jeremy Kleiner e Dede Gardner sono Executive Producers. Rosamund Pike e Robie Uniacke sono Executive Producers per Primitive Streak.  Derek Tsang e Andrew Stanton si occuperanno della regia e della produzione esecutiva. Tra gli altri registi figurano Jeremy Podeswa e Minkie Spiro.

Il problema dei 3 corpi: trailer della nuova serie originale Netflix in arrivo

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Netflix ha diffuso il trailer ufficiale di Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem), l’attesa serie tv Originale Netflix in arrivo il 21 Marzo 2024 sulla piattaforma streaming. La serie è prodotta da David Benioff e D.B. Weiss (Il trono di spade) ricoprono il ruolo di showrunner e produttori esecutivi. Alexander Woo (The Terror: Infamy, True Blood) ha co-ideato la serie con Benioff e Weiss, oltre a occuparsi della produzione esecutiva e della sceneggiatura.

https://www.youtube.com/watch?v=uxhUHyYX2Xg

Bernadette Caulfield (Il trono di spade, X-Files – Il film) è produttrice esecutiva. Rian Johnson (Cena con delitto – Knives Out, Star Wars: Episodio VIII – Gli ultimi Jedi), Ram Bergman e Nena Rodrigue sono produttori esecutivi per T-Street. Tra i produttori esecutivi figurano anche Lin Qi e Zhao Jilong, rispettivamente il compianto ex amministratore delegato e il CEO della società titolare dei diritti (The Three-Body Universe), oltre a Plan B Entertainment, la società di Brad Pitt, Dede Gardner e Jeremy Kleiner (OkjaMoonlight). Rosamund Pike e Robie Uniacke sono produttori esecutivi per Primitive Streak.

La trama di Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem)

La fatidica decisione di una donna nella Cina degli anni ’60 riecheggia attraverso lo spazio e il tempo fino a raggiungere un gruppo di geniali scienziati nel presente. Quando le leggi della natura si sgretolano davanti ai loro occhi, cinque ex colleghi si riuniscono per affrontare la più grande minaccia nella storia dell’umanità.

Il cast di Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem)

Jovan Adepo (pronomi maschili), John Bradley (pronomi maschili), Liam Cunningham (pronomi maschili), Eiza Gonzalez (pronomi femminili), Jess Hong (pronomi femminili), Marlo Kelly (pronomi femminili), Alex Sharp (pronomi maschili), Sea Shimooka (pronomi femminili), Zine Tseng (pronomi femminili), Saamer Usmani (pronomi maschili), Benedict Wong (pronomi maschili), Jonathan Pryce (pronomi maschili) (I due papi, The Crown); Rosalind Chao (pronomi femminili) (Better Things, Panama Papers, Mulan); Ben Schnetzer (pronomi maschili) (Y – L’ultimo uomo sulla Terra); Eve Ridley (pronomi femminili) (Peppa Pig, Casualty) REGIA: il candidato agli Oscar Derek Tsang (Better Days) si occuperà della regia insieme ad altri non ancora annunciati

Il problema dei 3 corpi: teaser trailer della nuova serie dai co-creatori di Game of Thrones

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Durante l’evento Tudum in Brasile è stato rilasciato un nuovo trailer di Il problema dei 3 corpi, che mostra in anteprima la serie Netflix dei co-creatori di Game of Thrones David Benioff e DB Weiss. Uscirà a gennaio 2024. 3 Body Problem è diretto dal regista candidato all’Oscar Derek Tsang e da altri registi non annunciati. David Benioff e DB Weiss hanno co-creato la serie con Alexander Woo e sono anche showrunner e produttori esecutivi.

Di cosa Il problema dei 3 corpi?

Il problema dei 3 corpi è una nuova serie drammatica ispirata alla famosa ed epica trilogia di libri, che racconta la storia di ciò che accade quando l’umanità scopre di non essere sola nell’universo”, si legge nel logline della serie. Nel cast Jovan Adepo, John Bradley, Liam Cunningham, Eiza Gonzalez, Jess Hong, Marlo Kelly, Alex Sharp, Sea Shimooka, Zine Tseng, Samer Usmani, Benedict Wong, Jonathan Pryce, Rosalind Chao, Ben Schnetzer ed Eve Ridley.

3 Body Problem è una nuova serie drammatica ispirata all’epica trilogia di libri di grande successo, che racconta la storia di ciò che succede quando l’umanità scopre che non siamo soli nell’universo.

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CAST: Jovan Adepo (pronomi maschili), John Bradley (pronomi maschili), Liam Cunningham (pronomi maschili), Eiza González (pronomi femminili), Jess Hong (pronomi femminili), Marlo Kelly (pronomi femminili), Alex Sharp (pronomi maschili), Sea Shimooka (pronomi femminili), Zine Tseng (pronomi femminili), Saamer Usmani (pronomi maschili), Benedict Wong (pronomi maschili), Jonathan Pryce (pronomi maschili) (I due papi, The Crown); Rosalind Chao (pronomi femminili) (Better Things, Panama Papers, Mulan); Ben Schnetzer (pronomi maschili) (Y – L’ultimo uomo sulla Terra); Eve Ridley (pronomi femminili) (Peppa Pig, Casualty)

REGIA: il candidato agli Oscar Derek Tsang (Better Days) si occuperà della regia insieme ad altri non ancora annunciati

PRODUZIONE: David Benioff e D.B. Weiss (Il trono di spade) ricoprono il ruolo di showrunner e produttori esecutivi. Alexander Woo (The Terror: Infamy, True Blood) ha coideato la serie con Benioff e Weiss, oltre a occuparsi della produzione esecutiva e della sceneggiatura. Bernadette Caulfield (Il trono di spade, X-Files – Il film) è la produttrice esecutiva. Rian Johnson (Cena con delitto – Knives Out, Star Wars: Episodio VIII – Gli ultimi Jedi), Ram Bergman e Nena Rodrigue sono prodotturi secutivi per T-Street. Lin Qi, il compianto ex amministratore delegato di Yoozoo Group, e Zhao Jilong, CEO della società titolare dei diritti (The Three-Body Universe), sono produttori esecutivi. Plan B Entertainment, la società di Brad Pitt, Dede Gardner e Jeremy Kleiner (OkjaMoonlight) sono produttori esecutivi. Rosamund Pike e Robie Uniacke sono produttori esecutivi per Primitive Streak.

 

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