La
èancorailsecondogiorno production è lieta di
raccontarvi la versione ‘true life’ di Beasts of no
nations, il filmone che ieri sera ha tirato un calcio
nelle palle alla critica. Il film parla di un ristoratore del
Lido, ma attenzione, non è Il giovane favoloso dell’anno
scorso, che ci ha commossi con il suo cuore d’oro. (Vedi qui).
Venezia 72: Mark Ruffalo e Stanley Tucci per risanare le
ferite della Chiesa
Questo, di ristoratore, è abbrutito dalla gente
festivaliera, ormai ha perso quella spensieratezza che lo rendeva
felice di spadellare sarde, servire pescetti, impiattare
tagliolini. La pellicola racconta il percorso di dura lotta contro
gli avventori del suo locale, lotta alla quale ha iniziato anche il
personale di sala che ignora qualsiasi richiesta della clientela e
nega con sadismo l’esistenza di vivande presenti nel menu. Il
ristoratore è ormai un uomo distrutto: sa benissimo di essere
diventato un mostro della laguna e non ne fa mistero. Per cui
esercita il suo potere dispotico sugli ignari clienti, ritardando
la consegna dei piatti, accendendo ventilatori all’improvviso per
stecchirne un paio di broncopolmonite, facendo mangiare allo stesso
tavolo due sì e due no, chiudendo i conti, inventando nomi
inesistenti dei piatti, ma soprattutto servendo un vino
terrificante, probabilmente sangue delle sue vittime
precedenti.
Insomma il film finisce con un gruppo di ribelli
che decidono di porre fine a questo scempio e si incazzano alla
cassa: degna di nota la performance di Marilena Vinci
che, esausta da ste pale del
ventilatore che continuavano a roteare come le nostre palle, si
alza e con un cazziatone delizioso convince il ristoratore a fare
come dice.
Il
tormentone di ieri è stato poi
#affittanza, affittanza se
non lo sapete è un’opzione di soggiorno veneziana, fatta in
co-branding con la Ryanair: per dire, se voi siete in 4 e volete fare
tutti la doccia dovete prima di prendere casa flaggare questa
preferenza, eccheccazzo. Mica la potete fare tutti, se
paga il supplemento, ma che davero? Siete in 4 e volete bere?
Dovete crociare la casellina, sennò
col cazzo che trovi il bicchiere, t’adatti a bere a canna dalla
fontanella.
Insomma, tenetela a mente, che se poi ce venite
tocca stare attenti sennò tocca cenare tutte le sere dal
ristoratore bestiale.
Va
bene, vado a scrivere cose serissime sul film di oggi,
Looking for Grace,
ovvero come costruire dei personaggi in maniera impeccabile e
fargli fare cose inutili, attraverso una tecnica nuovissima di
messa in scena: il riavvolgimento della pellicola per mostrare la
stessa storia dal punti di vista di tutti i
protagonisti.
(Vì)
VENEZIA 72: SPOTLIGHT, RECENSIONE DEL FILM CON MARK
RUFFALO
Fosse
stato per me, a quel ristoratore bestia, j’avrei fatto ‘er vento’,
ovvero fuggire ignominiosamente senza pagare, dato sì che – è vero
– alla fine ha ceduto a concedere i conti separati, ma si è
rifiutato di rilasciare le ricevute singole indispensabili per i
rimborsi. Tecnicismi a parte, il succo è che i ristoratori del Lido
sono simpatici come lo scherzo del calcio nelle palle, e poi non
potevo costringere a un fugone scoordinato e rocambolesco le mie
compagne d’avventura, tra cui Vì che – è risaputo – porta il tacco
12 pure sotto il pigiama. Con stile, per giunta. Quindi ho
abbozzato, per puro spirito di cavalleria. A fine Festival a quel
locale je dò foco, come gesto catartico.
Dite
che sono violento? Saranno i film: facendo due calcoli, per ora
abbiamo visto una pellicola di morti male e due su bambini
violentati e maltrattati. Se avete intenzione di proiettare anche
degli snuff-movies fatemelo sapè che torno a Roma a provocarmi dei
tagli tra le dita dei piedi con dei fogli di carta, che è più
divertente. Oggi comunque pausa: stamattina ho presentato un libro
serissimo <(parentesi spot)> ‘Il metacinema nelle
opere di Lynch, Cronenberg e De Palma’, di Chiara Nucera, leggetelo. </(parentesi spot)>
inaugurando gli eventi dell’Italian Pavilion
(mica cazzi). So che questo
alternare tra occasioni serie e istituzionali e cazzeggio senza
remore mi ucciderà, un giorno.
Ma non oggi.
Poi,
intervista a Cary Fukunaga, quello di True Detective, che io conosco poco e niente dato che la tv
ormai la uso solo come suppellettile. È un bel ragazzone dai tratti
occidentali, mamma svedese e padre giapponese. Avrà tipo la mia
età. Faccio lo splendido e riesco a fargli credere che fino a dieci
minuti fa non lo immaginassi come il cinesino del
Bimbomix (quel cacatore
giallo che negli anni ’80 irrompeva dalla tivvù nelle nostre case
urlando ‘Schelzo Cinese!’) lodando anche le sue – peraltro presenti –
doti registiche. So’ poco trendy, lo so.
(Ang)
Venezia 72, Foto: red carpet della cerimonia
d’apertura