Dopo Knight of
Cups presentato domenica, questa Berlinale
2015 sembra aver inserito una marcia altissima. Ieri,
lunedì 9 febbraio, l’ottimo film di Pablo Larraìn
The Club (El Club), fra i favoriti per l’Orso d’Oro. Oggi
è però il giorno di uno dei più grandi cineasti viventi,
Wim Wenders, che con il suo Every Thing
Will Be Fine porta al festival una vera e propria lezione
di cinema. Un’opera perfetta sotto ogni punto di vista, che insegna
come mettere in scena un film e come fotografarlo, con l’aggiunta
di un 3D assolutamente funzionale e per nulla invasivo, che regala
alle splendide location una profondità ulteriore di campo e
significato. Nel film un grande James Franco, che
dopo The Queen of the Desert di Werner Herzog
è sempre più protagonista di questo Berlino 65, Charlotte
Gainsburg e Marie-Josée Croze, che
insieme al regista sono seduti pochi metri davanti a noi in
conferenza stampa. Grande assente Rachel McAdams,
che ha però un ruolo minore.

Il regista tedesco dunque ha
sposato ancora con forza l’idea della stereoscopia dopo l’ottima
esperienza di Pina, ma qual è il motivo di questa
scelta? Secondo Wim Wenders, il 3D è una tecnologia che permette di
amplificare non solo gli spazi, anche il significato delle
immagini. Ecco spiegato perché in un film formalmente lineare,
senza effetti visivi, alieni o navi spaziali che siamo
soliti associare alle tre dimensioni, un linguaggio così
sperimentale è importante per vivere un’esperienza nuova, più
profonda. “Quando ho scoperto le potenzialità del 3D, per me è
iniziata una nuova era” ha aggiunto, “era perfetto per raccontare
una storia di questo tipo, così intima”. Nel film si ritrova
davvero tutto questo, le immagini sono davvero più profonde sul
fronte del significato e dello spazio, completate inoltre da una
colonna sonora di assoluta qualità e carattere firmata
Alexandre Desplat. “Alexandre è un grandissimo
compositore, ha diretto da solo la sua orchestra e ha creato
esattamente ciò che stavo immaginando e sperando di ottenere”.

Ma com’è lavorare, da attore, con
un maestro di tale grandezza? Al pari di Terrence Malick, così come
raccontato da Natalie Portman
nella stessa sala appena due giorni fa, James
Franco definisce Wenders come un “regista dal tocco dolce,
pacato, sempre convinto delle sue scelte ma mai autoritario. Al
contrario di Werner Herzog, per molti versi (sorride). Herzog è più
cocciuto, è una figura che domina il set.” Anche il giovane
Robert Naylor, che interpreta il bambino
Christopher da grande, conferma la dolcezza di
Wenders: “Wim è davvero generoso, ti concede tutto il tempo di cui
hai bisogno. Soprattutto mette tantissima passione in quello che
fa, è fantastico lavorare per un regista così.” Ma con che mood è
stato girato il film? Molti, leggendo il titolo, hanno pensato a
una favola romantica, Wenders però ha giustamente detto che si
tratta solo di un’impressione superficiale. È un’opera che guarda
all’aspetto interiore dei personaggi, al processo ‘curativo’ dei
traumi, un cammino che deve essere assolutamente responsabile e che
deve partire dal perdono di se stessi. Una curiosità sul film? A
tre giorni dalla prima proiezione alla Berlinale 2015, si lavorava
ancora al montaggio con Alexandre Desplat. una cosa “piuttosto
spaventosa” – dice Wenders – “ma per fortuna è andato tutto bene,
abbiamo finito in tempo.”