È prevista una vera e propria
diatriba per la categoria Migliore Attore Protagonista in
questa 86esima edizione degli Academy Award, poiché ci sono
poche sorprese ma grandi incertezze. Un anno che possiamo definire
“delle prime volte e degli eterni candidati”, si perché se da una
parte abbiamo due grandi attori che non sono mai stati riconosciuti
per il loro valore, Bruce Dern e Leonardo DiCaprio che si distinguono
solo per la grande differenza di età, ma che per carriera e talento
hanno dimostrato in più di un occasione di fare “la differenza”
all’interno di una storia. Dall’altra parte ci sono Matthew
McConaughey e Chiwetel Ejiofor le “matricole” di
quest’anno che con interpretazioni solidissime e già premiate
arrivano all’appuntamento più importante della stagione
cinematografica con numerosi
consensi da parte di critica e pubblico. In disparte, ma solo
perché già conosce il luccichio dell’Oscar, c’è Christian Bale che cercherà di bissare la
vittoria del 2011.
Matthew McConaughey: Prima nomination
all’Oscar per l’attore statunitense che arriva all’appuntamento più
importante della sua carriera con un personaggio che ha già
conquistato il Golden Globes, lo Screen Actors Guild
Awards e il Festival Internazionale del film di Roma.
Nel ruolo di Ron Woodroof interpreta un elettricista che sul finire
degli anni ’80 ha contratto l’AIDS a causa di una vita segnata da
ogni tipo d’eccesso. Il film Dallas Buyers Club di
Jean-Marc Vallée gli richiede una trasformazione
fisica impressionante, e supportato dall’eccellente trucco
(anch’esso nominato all’oscar), riesce a restituire il ritratto di
un omofobo che percorre lentamente tutte le fasi dell’accettazione
di una condanna a morte attraverso un profondo senso anarchico che
sarà la chiave per arrivare alla sua umanità. Ma se la malattia è
una prigione del corpo e tema principale del film,
nell’interpretazione di McConaughey troviamo soprattutto la voglia
di reagire e ribellarsi con intelligenza ed ironia. Difatti nel
film l’attore dovrà affrontare i noti pregiudizi delle città
appartenenti ai “Grandi Stati Centrali” e le polemiche che sono
nate durante la sperimentazione e l’approvazione della cura con
FDA. Una nomination conquistata attraverso l’immedesimazione e
cavalcando l’emozione nelle sue più ampie sfaccettature mostrando
così una profonda maturità artistica.
Chiwetel Ejiofor: L’attore britannico, vincitore del
BAFTA, interpreta in 12 Anni Schiavo di
Steve McQueen Salomon Northup, uomo che nel 1841 fu illuso
da una falsa promessa di lavoro per essere rapito e venduto come
schiavo. Nei dodici anni di prigionia egli proverà la rabbia
dell’inganno, la frustrazione nel vedere calpestati i propri
diritti, l’indignazione per i suoi aguzzini e per quelle miserie
umane con cui è costretto a relazionarsi, nonché l’umiliazione di
essere privato della propria identità e memoria che nasconde per
“sopravvivere” mentre sarà proprio quest’ultima a riportarlo in
vita. L’interpretazione di Ejiofor è una vera costruzione di questo
percorso emotivo che vacilla tra il dolore e l’ingiustizia,
l’attore con naturale misura riesce ad evocare, per tutte le due
ore del film, la tenacia e la coscienza del sistema in cui è stato
trascinato ma conservando in sé una grande speranza nell’uomo e nel
trionfo della giustizia. L’intelligenza dell’attore si incentra nel
contenere il dramma nel solo sguardo, remissivo per paura o
contratto dal dolore, e nel lasciare che le trame delle incertezze
e delle paure prendano forma nella scena, trasportando così lo
spettatore in un sistema viziato e crudele in cui non tutti hanno
trovato la giusta redenzione.
Leonardo Di Caprio: Porta
sullo schermo la quinta collaborazione con l’ultimo grande maestro
del cinema Martin Scorsese, in The Wolf of Wall
Street è Jordan Belfort broker che negli anni ’80 è
riuscito grazie alla compravendita di titoli a creare una delle
compagnie più importanti di Wall Street eludendo le leggi del
mercato e andando contro il sistema della finanza. Nelle tre ore di
film Di Caprio (ri)percorre le tappe più importanti della vita del
broker giocando con la grammatica del cinema (e dei formati)
incarnando un uomo senza ideali, né valori, né modelli, ma con
l’astuta consapevolezza di sapere quello che vuole: potere e soldi
che molto velocemente si declineranno in sesso e droga. L’eccesso,
è la chiave di lettura di questo personaggio, un ventenne che con
astuzia e senza freni inibitori ha saputo essere il frutto
tangibile della società interpretata da Gordon Gekko: leggere al di
fuori degli schemi, gonfiando il nulla e mantenere constante quel
bisogno di sogni e speranze per trarne il profitto al solo scopo di
possedere di più, divertirsi di più, andare sempre e comunque
oltre. Nel film la sintassi trova il suo partner perfetto nella
commedia, riuscendo così a tratteggiare una biografia tragicomica e
uno dei personaggi più viziati e neri nella filmografia di Scorsese
che non si vedeva dai tempi di Quei Bravi
Ragazzi.
Christian Bale: L’attore
inglese ha già conquistato una statuetta per un’altra delle sue
storiche trasformazioni in The Fighter e sempre
grazie alla sapiente regia di David O. Russell riesce a
ritagliarsi un importante posto nella cinquina. Liberamente
ispirato ad una storia vera American Hustle racconta
la storia di Irving Rosenfeld segnato da un
matrimonio difficile con Rosalyn e una relazione con Sydney con cui
avvia un piccolo giro di truffe. In seguito a questo viene
incastrato da un ambizioso e poco astuto agente dell’FBI, Richie,
che per scontargli la pena lo usa per smascherare la corruzione
nelle alte sfere della politica. Bale riesce già dai primissimi
minuti del film a trasportare nel suo corpo, ingrassato e
imbruttito, la carica di questo personaggio che vacilla tra
l’essere una vittima e un capo, troppo goffo per essere antipatico
e troppo corrotto per redimersi riesce però a ricoprire a tutto
tondo il ruolo dell’antieroe, essendo fedele ai suoi piccoli ma
onesti principi di truffatore che vengono tratteggiati da una
sceneggiatura (anch’essa candidata agli Oscar) segnata perlopiù da
perfetti tempi comici che si contraddistinguono soprattutto nelle
scene con la Lawrence e con Jeremy Renner, che confermano la
versatilità dell’attore in grado di attraversare qualunque genere
ed emergere al di sopra della sceneggiatura.
Bruce Dern: 78 anni e oltre cinquant’anni di carriera
in cui l’attore statunitense ha preso parte alla filmografia di
registi del calibro di Afred Hitchock ed Elia Kazan e che ha
lavorato così tanto da conquistare tante (e forse troppe)
nomination nei vari festival ma che solo a Cannes ha trovato
la giusta gratificazione. Alexander Payne in
Nebraska porta il conflitto “interiore” padre-figlio
in una cittadina della periferia nel Montana. Un road movie in cui
Dern è Woody Grant un uomo reduce della guerra del Guerra di Corea
che ha vissuto rifugiandosi nell’alcool e che a un certo punto
della sua vita si guarda indietro e fa il conto con quello che ha
avuto nella sua vita. Nell’intero film lo vedremo vacillare tra il
rimpianto e la speranza ma incorniciata in una sfera umoristica che
bilancia perfettamente la narrazione. Dern regala
un’interpretazione di misura, senza eccessi ma ricca di sfumature,
riesce ad essere lo spirito che dà vita al desiderio del figlio di
riconciliarsi con il padre e la sua figura che non ha mai realmente
conosciuto. Nel bianco e nero di una fotografia simile ai reportage
di Walker Evans riesce ad essere un uomo fragile, testardo ma
ingenuamente ironico regalando così un interpretazione
indimenticabile e commovente.
Cinque ritratti, di cui quattro
biografici, che toccano ogni genere e che si legano perfettamente
alla corporeità dell’attore che lo ha interpretato. L’Academy
dimostra per l’ennesima volta di prediligere i “percorsi di vita” e
le trasformazioni dell’anima. Eppure secondo i bookmaker questo
scontro tra talenti si muove sul confronto tra McCounaghey,
che sta vivendo un periodo di grazia, come dimostrano progetti
collaterali quali True Detective e lo stesso The Wolf
Of Wall Street, svestendosi dal macho “da copertina” ed
andando a fondo nel dramma contemporaneo, e Leonardo
DiCaprio che seppur non abbia fatto bottino di nessun
premio resta una conferma per tutti i registi con cui ha lavorato,
dimostrando di essere in grado di calarsi in personaggi
anti-americani, interpretando ruoli scomodi, moralmente dubbi e
mentalmente disturbati ma che nel personaggio di Scorsese ha saputo
conciliare la poliedricità artistica con la storia d’autore. In
terza posizione, poco distante dai due contendenti c’è
Chiwetel Ejiofor, che ha dimostrato di essere un vero
protagonista dopo tanti film come coprotagonista e pronto alla
rivincita dopo i Golden Globe.
Non ci resta che fare le ore
piccole il 2 marzo e verificare se la spunteranno uno dei
due contendenti oppure ci sarà qualcun altro ad entrare nella
storia della 86° edizione degli Academy
Awards.
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