Degli uccelli si librano in volo
nella prima immagine di Bird, il nuovo film della
regista inglese Andrea Arnold,
presentato in concorso al Festival
di Cannes 2024. Il nostro osservarli nella loro
completa libertà è però ostacolato dall’inferriata di un ponte, che
ci comunica dunque come il desiderio di potersi unire a quel volo
sia di fatto negato. È questa la condizione vissuta dalla
protagonista, Bailey, nuova giovane eroina del cinema della Arnold
dopo Mia Williams in
Fish Tank (2009) e Star in American
Honey (2016). Su di lei e sulla sua bramosia di spiegare
le ali la Arnold costruisce dunque un nuovo meraviglioso racconto
di formazione, con la grazia e la vitalità che da sempre la rendono
una regista unica nel suo genere.
Per condurci in questo nuovo viaggio
dall’infanzia all’adolescenza, la Arnold torna poi in quella
periferia residenziale già teatro dei suoi primi lavori: il già
citato Fish Tank e l’opera d’esordio Red Road
(2006), ma anche con i cortometraggi Dog (2001) e
Wasp (2003, con cui ha vinto l’Oscar). Dopo la parentesi
statunitense con American Honey, ritrova infatti in
questi luoghi tutti gli elementi di cui ha bisogno per produrre un
cinema istintivo, che non si preoccupa di mostrare la brutalità di
certi ambienti e dei figli che sviluppa, i quali però si dimostrano
in grado di sognare la libertà oltre lo squallore che li circonda.
Spiccare il volo, in altre parole, anche se per imparare a farlo
occorre il coraggio di lanciarsi nel vuoto.
La trama di Bird: imparare a volare
Protagonista di
Bird è dunque Bailey (Nykya
Adams), una ragazza di 12 anni che vive con il padre Bug
(Barry
Keoghan) e il fratello Hunter (Jason
Buda) in una casa abusiva nel Kent settentrionale. Bug non
ha molto tempo per i suoi figli, dato che sta per risposarsi con
Peyton (Jasmine Jobson) e pertanto Bailey, che si
sta avvicinando alla pubertà, cerca attenzioni e avventure altrove.
Le trova nello stravagante Bird (Franz Rogowski),
un giovane dal misterioso passato in cerca dei suoi genitori.
Nell’aiutarlo a trovarli, Bailey avrà modo di spiccare quel volo
tanto desiderato.
Crescere in periferia
Bailey guarda dunque gli uccelli
volare nel cielo e li invidia per la loro libertà, lei che è invece
costretta a vivere in una casa (o meglio, un intero palazzo) a dir
poco malmessa: graffiti sui muri, cianfrusaglie ad ogni angolo,
mosche morte alla finestra, porte pericolanti, il suo letto che non
è altro che un materasso poggiato sul pavimento e un padre distrato
dai propri discutibili affari. Fuori da lì, un quartiere
dimenticato da Dio e da chi dovrebbe averne cura, abbandonato al
degrato, all’abbruttimento e per tanto senza nessuna concreta
prospettiva di futuro per i più piccoli ma anche per i loro
genitori, tutti poco più che ragazzi.
Per raccontare il disagio e la
precarietà di questa vita Arnold segue Bailey da vicinissimo con
una camera a mano, che se da un lato ci restituisce tutta la sua
instabilità emotiva, dall’altro conferisce alle immagini e al
racconto di cui si fanno portatrici una contagiosa carica di
vitalità. È sorprendente come la regista dimostri di non aver
minimamente perso né diminuito il suo entusiasmo per questi
racconti e i loro protagonisti, riportandoli al pubblico con la
stessa energia che potrebbe avere un o una giovane regista
esordiente ed entusiasta.
Attraverso Bailey, Arnold ci conduce
dunque alla scoperta di un mondo e delle sue regole, dove si cresce
troppo in fretta e soprattutto da soli. Un mondo sul quale la
Arnold non ci inganna: non è bello, per niente, ma la sincerità con
cui viene riproposto al pubblico riesce ad ogni modo a farlo
sembrare affascinante e molto più sincero di contesti più
benestanti. E proprio come avveniva in Fish Tank – di cui
Bird sembra essere in tutto e per tutto un
fratello gemello – i luoghi diventano naturalmente altro oltre
quello che ci appare in primo luogo, facendosi specchio dell’anima
di una protagonista che non può più attendere per spiccare il suo
primo volo.
Bailey e Bird
Bailey è infatti pronta a scoprire
la propria identità, a diventare una donna, a prendere coscienza
del proprio ruolo nel mondo. La sua trasformazione – naturalmente –
avviene soprattutto a livello fisico e se inizialmente sembra quasi
difficile stabilire se sia una ragazza o un ragazzo (per via degli
abiti che indossa, del taglio dei capelli), progressivamente
sboccia la sua natura femminile, prima attraverso l’uso del trucco
e infine con l’arrivo del primo ciclo mestruale. Tappe di un
percorso che la giovane è costretta in buona parte a compiere da
sola, con noi come suoi testimoni e unici confidatari.
Oltre agli spettatori, il suo angelo
custode diventa però Bird, giovane in cerca delle proprie radici
che ha continuamente bisogno di elevarsi sopra le cose per capire
dove si trovi nel mondo. Un personaggio che non ha bisogno di
troppe spiegazio o di un solido background, facendosi piuttosto
portatore di quel desiderio di ricercare le proprie origini, a
partire dalle quali si può ancor meglio definire la propria storia
e la propria identità. Bird non è solo l’angelo custode di Bailey,
ma diventa per lei l’ispirazione a spignersi più in là di quanto
aveva mai osato fare.
Andrea Arnold realizza un nuovo
emozionante coming of age
Prende così forma un coming of
age del miglior tipo, di quelli che non nascondono le
difficoltà dell’esistenza dei protagonisti, riuscendo a catturare
il meglio e il peggio di quel delicatissimo momento di transizione
della vita di ognuno di noi quale è il passaggio dall’infanzia
all’adolescenza. Arnold ci riesce rimanendo fedele a questi
personaggi e alle loro emozioni, trattandoli tutti con la stessa
dignità, da Bailey allo stravagante Bird e fino all’esuberante Bug.
Per questi ultimi due, in particolare, la regista si affida a due
attori molto noti che si mettono completamente al servizio dei loro
personaggi restituendone tutta l’umanità di cui, nel bene o nel
male, sono dotati.
Diventa così molto facile
appassionarsi e lasciarsi commuovere dalle loro avventure e
disavventure, potendo ritrovare con molta facilità – pur con le
dovute differenze – pensieri e stati d’animo che possono essere
stati propri di ognuno di noi a quell’età. Un età in cui ogni
novità fa paura e può sembrare la fine del mondo, quando basterebbe
semplicemente avere accanto chi ti sussurrà che non c’è motivo di
preoccuparsi, che tutto andrà bene. Nel far ciò – e grazie anche ad
una straordinaria scelta di brani musicali – Bird
si conferma uno dei
coming of age più emozionanti visti di recente, capace
di rimanere con lo spettatore ben oltre la sua conclusione.