Esce al cinema il 30 aprile
Ritrovarsi a Tokyo, il nuovo film di Guillaume
Senez con Romain Duris girato nella capitale del
Giappone. Il film è stato presentato in anteprima per il pubblico
domenica 6 aprile al cinema Nuovo Sacher di Roma, come evento
di chiusura di Rendez-Vous – Festival del Nuovo Cinema
Francese, promosso da Institut français Italia.
La trama di Ritrovarsi a
Tokyo
Ogni giorno Jay percorre Tokyo in
lungo e in largo a bordo del suo taxi, sperando di ritrovare sua
figlia Lily. Il matrimonio con una donna giapponese è naufragato
anni prima, ma in Giappone la legge non prevede l’affido congiunto:
l’unica possibilità che ha Jay di rivedere la figlia è incontrarla
per caso in una grande metropoli. Quando ha perso ormai le speranze
e sta per tornare in Francia, il destino sembra finalmente
offrirgli un’occasione straordinaria…
Dopo Le nostre battaglie
Guillaume Senez torna a dirigere Romain Duris in un film
intenso e emozionante, che ha anche il merito di raccontare il
Giappone di oggi da un punto di vista inusuale, in
cui convivono luci e ombre. Tra i più apprezzati attori della
sua generazione, Duris ha studiato per mesi il giapponese per
affrontare il ruolo al meglio, confermandosi un interprete
d’eccezione.
Esce nelle sale italiane il 30
aprile Ritrovarsi a Tokyo (qui
il trailer), il nuovo film di Guillaume Senez,
interpretato da un intenso Romain Duris. Dopo il
successo di Our Struggles, Senez e Duris tornano a
collaborare per raccontare una storia diametralmente opposta: non
più un padre costretto a occuparsi dei figli inaspettatamente, ma
un padre che lotta disperatamente per rivedere una figlia da cui è
stato separato contro la sua volontà. Presentato come evento di
chiusura del Rendez-Vous – Festival del Nuovo Cinema
Francese, Ritrovarsi a Tokyo è un’opera profonda e
toccante, che getta uno sguardo inedito sulla dolorosa questione
della custodia dei minori in Giappone.
La trama di Ritrovarsi
a Tokyo: un padre ai margini
Il protagonista Jay (Duris),
francese trapiantato a Tokyo, vive ai margini della società
giapponese lavorando come autista per un servizio di auto private.
La sua vita solitaria è scandita da piccoli gesti di quotidiana
alienazione, finché, in una coincidenza al limite del plausibile,
viene incaricato di accompagnare una ragazzina a scuola. È Lily,
sua figlia, che non vede da nove anni, da quando l’ex moglie
giapponese lo ha lasciato, portandola via senza possibilità di
contatto.
Il sistema giuridico giapponese, al
centro del film, non prevede la custodia congiunta: in caso di
separazione conflittuale, uno dei genitori — spesso quello
straniero — può essere legalmente escluso dalla vita del figlio.
Ritrovarsi a Tokyo racconta questa realtà senza
semplificazioni né eccessi didascalici. La sceneggiatura, firmata
da Senez e Jean Denizot, adotta una narrazione
stratificata: le informazioni emergono lentamente attraverso gesti,
sguardi e dialoghi frammentari, evitando spiegazioni forzate o
monologhi chiarificatori.
Duris offre una delle
interpretazioni più contenute e sofferte della sua carriera. Il suo
Jay è un uomo logorato dall’assenza, incapace di reagire
apertamente ma attraversato da un dolore costante che si manifesta
nei dettagli: un sorriso spezzato, un silenzio troppo lungo, una
smorfia trattenuta. Evitando ogni patetismo, Duris mantiene sempre
un registro di autenticità che rende il suo percorso ancora più
straziante. Quando Jay incontra Lily senza che lei lo riconosca, il
film tocca uno dei suoi vertici emotivi.
Un importante contraltare al
personaggio di Jay è Jessica (Judith Chemla),
un’altra espatriata francese coinvolta in una battaglia simile per
la custodia del figlio. Jessica rappresenta la rabbia che Jay ha
ormai seppellito sotto anni di frustrazione e rassegnazione.
Attraverso il suo percorso, il film arricchisce la narrazione di
sfumature, mostrando diversi modi di resistere all’ingiustizia,
senza dover ricorrere a flashback esplicativi.
Una Tokyo autentica: niente
esotismi
Senez evita ogni forma di esotismo.
Tokyo non è il solito scenario da cartolina occidentale: le strade,
i sentō, le scuole sono luoghi concreti, vissuti, spesso ostili
nella loro ordinata indifferenza. Il regista stesso ha dichiarato
di non essere mai stato “affascinato” dal Giappone come altri
colleghi occidentali. Questa scelta di sobrietà stilistica
conferisce al film una forza particolare, accentuata anche da una
fotografia che predilige toni neutri e luci naturali.
Un altro elemento di autenticità è
l’ampio uso dell’improvvisazione, pratica cara a Senez, estesa
anche ai dialoghi in giapponese, che Duris ha studiato per il
ruolo. Questa scelta rafforza la verosimiglianza e sottolinea la
difficoltà di Jay nel tentativo di adattarsi a una cultura che
continua a respingerlo, nonostante i suoi sforzi.
La musica, composta da
Olivier Marguerit, accompagna il film con
discrezione. Le canzoni francesi che punteggiano la colonna sonora
fungono da ponte emotivo tra la patria perduta e l’estraneità del
presente. Emblematica è la scena in cui un padre disperato canta
ubriaco una versione giapponese di “Que je t’aime” di Johnny
Hallyday: un momento in cui dolore e desiderio di appartenenza
si fondono in un grido liberatorio.
Se Ritrovarsi a Tokyo ha un
difetto, è forse la passività necessaria del suo protagonista. Jay
è spesso in balia degli eventi, incapace di agire in un contesto
legale e culturale che lo priva di strumenti efficaci. Tuttavia,
questa scelta narrativa è coerente con il tema centrale:
l’impossibilità di combattere ad armi pari contro un sistema
profondamente ingiusto.
Il film si chiude su una nota di
speranza, pur consapevole delle sue limitazioni narrative. Come
nella realtà, la battaglia di Jay non si conclude con una vittoria
piena. Tuttavia, la recente modifica della legislazione giapponese
— che a partire dal 2026 introdurrà la possibilità della custodia
congiunta — offre una speranza concreta per casi come il suo.
Ritrovarsi a Tokyo, girato prima di questa svolta,
resta così una preziosa testimonianza di una condizione vissuta da
migliaia di genitori.
Una lezione di
umanità
Con grande sensibilità e rigore,
Guillaume Senez firma un film che non cerca facili
emozioni ma colpisce con la forza della sua umanità. Ritrovarsi
a Tokyo è un’opera che invita a riflettere sulla complessità
degli affetti, sui limiti della giustizia e sulla resilienza
necessaria per non perdere sé stessi.
Ecco il trailer in italiano di
Ritratto di famiglia, il nuovo film diretto da
Roschdy Zem, che uscirà nelle sale
il 31 agosto 2023. Il film è stato presentato in anteprima, in
Selezione Ufficiale, alla 79. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica
di Venezia. Il film sarà distribuito da
Movies Inspired.
La trama di Ritratto di
famiglia
Moussa è sempre stato gentile,
altruista e presente con la sua famiglia. Al contrario di suo
fratello Ryad, noto presentatore televisivo, che viene rimproverato
da chi lo circonda per il suo egoismo. Lo difende solo Moussa, che
per lui ha una grande ammirazione. Una sera Moussa sbatte
violentemente la testa e subisce un trauma cranico. Inizia a
parlare senza filtri e dice a parenti e amici scomode verità.
Quello che da Naissance des
pieuvres, primo lungometraggio della regista
francese Céline
Sciamma, conduce fino a Ritratto della giovane
in fiamme (Portrait of Lady on
Fire) il suo ultimo film in concorso al Festival di Cannes 2019,
è un percorso di maturazione invidiabile. C’è una crescita
significativa nel linguaggio e nelle capacità registiche, che da un
tenero racconto di formazione adolescenziale si manifestano ora in
un elegante film in costume dove non manca la componente emotiva,
che come un fuoco si accende lentamente per poi bruciare
ardentemente.
In Ritratto della giovane
in fiamme siamo nel 1770, e protagonista del film è
Marianne (Noémie Merlant), giovane pittrice su
commissione che viene chiamata a realizzare il ritratto di
matrimonio di Héloise (Adèle Haenel).
Quest’ultima è tuttavia riluttante all’idea di farsi ritrarre,
nonché di sposarsi. Per riuscire nel proprio compito, Marianne
dovrà riuscire ad entrare nelle sue grazie, scoprendo sempre più di
lei, osservandola attentamente, per poi riportare segretamente il
tutto su tela.
È un debutto importante questo per
la Sciamma, che le permette di dimostrare le sue capacità applicate
ad una storia di ampio respiro, che richiede cura per i dettagli e
inventiva nel trasporre quanto scritto in fase di sceneggiatura. Il
pericolo di realizzare il classico film in costume è dietro
l’angolo, ma la regista sa arricchire il contesto con messaggi
attuali sul ruolo della donna, dell’artista e dell’artista donna.
Temi oggi più attuali che mai, e che non vengono qui trattati con
fare moralistico. L’elemento che probabilmente più di tutti
caratterizza il film è quello della misura. Si ritrova sobrietà sia
nel comunicare determinati argomenti, come quelli succitati, sia
nel comunicare determinate immagini.
Perché quella di Ritratto
della giovane in fiammeè
prima di tutto una storia d’amore, dove non manca il desiderio, la
morbosità, il sesso, ma il tutto è ripreso con un’eleganza
perfettamente coerente con il tono generale del film. La crescita
delle due bravissime protagoniste procede di pari passo con la
realizzazione del dipinto, che più di una volta sarà l’elemento di
base per alcune delle più belle inquadrature e composizioni del
film. Anche questo è un racconto di formazione, certo, spostato in
un contesto lontano e che riesce nonostante ciò a trasudare
contemporaneità. Le emozioni sembrano così essere forze immutabili,
che ci sono sempre state e che accomunano tanto noi quanto gli
amanti di secoli fa.
E per rendere ancor più senza tempo
la sua storia, la Sciamma attinge a piene mani dal mito di Orfeo ed
Euridice, tra i più belli e allo stesso tempo più tragici che ci
siano stati tramandati. Un mito di amore e paura, che si ripresenta
ricontestualizzato all’interno del film attraverso un crescendo
emotivo che conduce sino al silenzioso ma straziante finale. La
regista bilancia così formalismo e cuore, realizzando quello che è
certamente il suo lavoro più maturo ed emotivamente graffiante.
Regista di Naissance des
pieuvres, Tomboy e Diamante nero, la francese
Celine Sciamma si è sempre impegnata con i propri
film a scandagliare l’animo femminile, alla ricerca delle sue
componenti più pure e distintive. Allo stesso tempo, con le sue
opere, si è frequentemente interrogata sul ruolo della donna
all’interno della società attuale. Con il suo film del 2019,
Ritratto della giovane in fiamme
(qui la recensione) ha poi
raggiunto una vera e propria maturità artistica, dando vita ad
un’opera formalmente e contenutisticamente di grande valore.
Presentato al Festival
di Cannes, dove ha vinto il premio per la miglior
sceneggiatura e la Queer Palm, il film è infatti una profonda
riflessione sulla figura femminile nel tardo settecento (periodo in
cui è ambientato il film) quanto nel nostro presente. Ma ancora,
all’interno di Ritratto della giovane in fiamme emergono
con forza temi come la passione, il potere, l’arte e la creazione
artistica, i quali contribuiscono ad arricchire il racconto delle
due protagoniste proponendo un ritratto completo su ciò che alla
regista preme raccontare.
Ancora a distanza di qualche anno è
questo un film particolarmente apprezzato e studiato, che nel 2022
è anche stato votato come 30esimo più importante film di tutti i
tempi all’interno della classifica, aggiornata ogni dieci anni,
della rivista Sight and Sound. Prima di intraprendere una
visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune
delle principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama, al cast di
attori e alle location. Infine, si
elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
La trama e il cast di Ritratto
della giovane in fiamme
Il film vede al centro della vicenda
la talentuosa pittrice Marianne, che nella Francia
prerivoluzionaria viene ingaggiata per fare il ritratto di
Héloise, un dipinto destinato al futuro marito
della giovane nobildonna. La ragazza, contraria alle nozze
combinate, si rifiuta di posare: su indicazione della madre,
Marianne comincia dunque a dipingerla di nascosto, fingendosi la
sua dama di compagnia. Più il tempo passa e più rimangono sole
sull’isola dove Héloise si trova a soggiornare, più tra le due
donne nascerà un amore tanto travolgente quanto inaspettato, che
cambierà per sempre la loro vita.
Per il ruolo di Héloise, la regista
aveva in mente da subito l’attrice Adèle Haenel,
con la quale aveva lavorato anche per il suo primo film. Le due,
inoltre, hanno avuto una lunga relazione sentimentale, terminata in
modo amichevole prima delle riprese del film. Nel ruolo di
Marianne, invece, vi è l’attrice Noémie Merlant,
divenuta particolarmente celebre a livello internazionale proprio
grazie a questo film. Altri due personaggi di rilievo nel film sono
la madre di Héloise, interpretata da Valeria Golino,
e Luana Bajrami, che interpreta Sophie, la
domestica. Salvo per alcune brevi comparse, non vi sono personaggi
maschili all’interno del film.
Le location di Ritratto della
giovane in fiamme
Una delle cose che colpisce di più
del film è senza dubbio la sua location, accogliente ma allo stesso
tempo selvaggia, perfetta per descrivere lo stato d’animo delle due
protagoniste e l’evolvere della loro storia d’amore. Nel film si fa
riferimento, come ambientazione, ad una vaga isola della Bretagna.
Nello specifico, le riprese si sono svolte a
Saint-Pierre-Quiberon, un comune francese di poco
più di duemila abitati, situato nel dipartimento del Morbihan nella
regione della Bretagna. Le riprese degli interni, invece, si sono
svolte nella Chapelle-Gauthier, dove si trova una
magione di particolare fascino.
Altri dettagli da sapere su
Ritratto della giovane in fiamme
Secondo Céline Sciamma, il film è
una storia d’amore basata sull’uguaglianza. In altre parole, non si
basa su gerarchie, rapporti di potere o seduzione preesistenti
all’incontro. La sensazione doveva per lei essere quella di un
dialogo che si inventa di volta in volta e che sorprende
continuamente. Tutto il film è governato da questo principio nei
rapporti tra i personaggi. L’amicizia con Sophie, la serva, che va
oltre il rapporto di classe. Le franche discussioni con la contessa
che ha lei stessa desideri e aspirazioni. Sciamma ha dunque puntato
a ricercare una solidarietà e onestà tra i personaggi. Alla luce di
ciò, il desiderio iniziale della regista era quello di costruire
tale storia con due desideri apparentemente contraddittori alla
base della scrittura.
In primo luogo, mostrare, passo dopo
passo, com’è innamorarsi, il puro presente di tale sentimento e il
piacere di viverlo. Lì, la sua regia si concentra sulla
confusione, l’esitazione e lo scambio romantico. In secondo luogo,
ha scritto la storia dell’eco che una storia d’amore genera, di
come risuona dentro di noi in tutta la sua portata. Lì, la sua
regia si concentra sul ricordo, con il film come ricordo di
quell’amore. Allo stesso modo, il film è concepito come
un’esperienza sia del piacere di una passione nel presente sia del
piacere della finzione emancipatrice per i personaggi e il
pubblico. Questa doppia temporalità, per Sciamma, permette allo
spettatore di vivere l’emozione e di riflettere su di essa.
Il trailer di Ritratto della
giovane in fiamme e dove vedere il film in streaming e in
TV
È possibile fruire di
Ritratto della giovane in fiamme grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei
cataloghi di Chili Cinema, Google Play e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
martedì 14 marzo alle ore 23:15
sul canale Cielo.
Ritratto della giovane in fiamme di Céline
Sciamma, al cinema da oggi giovedì 19 dicembre 2019 distribuito da
Lucky Red. Già acclamata regista di “Tomboy” e sceneggiatrice di
“La mia vita da zucchina”, Céline Sciamma torna dietro la macchina
da presa per raccontare una storia d’amore potente e delicata,
ambientata nella Francia di fine ‘700, offrendo al contempo una
riflessione attualissima sulla condizione della donna nella società
e nell’arte.
Premiato al Festival
di Cannes, dove è stato insignito del riconoscimento per la
migliore sceneggiatura e della Queer Palm, Ritratto della giovane in fiamme è stato anche
designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici
Cinematografici Italiani SNCCI con la seguente motivazione:
“Esteticamente raffinato e politicamente rivoluzionario, Céline
Sciamma firma un indispensabile atto di ridefinizione dell’universo
femminile. Mentre si racconta una storia d’amore, di sguardi e di
solidarietà, l’esclusione del maschile dallo schermo, relegato
fuori campo ma presente nei suoi effetti sul corpo e nelle
condizioni di vita delle donne, determina la cifra di un manifesto
femminista discreto e potente, elegante e senza tempo.”
Ritratto della giovane in fiamme è stato
inoltre insignito del premio per la miglior sceneggiatura agli
European Film Awards 2019 ed è candidato ai Golden Globe 2020 come
miglior film straniero. Arricchito da uno straordinario cast tutto
al femminile, composto da Noémie Merlant,
Adèle Haenel e
Valeria Golino, il film vede al centro della vicenda
la talentuosa pittrice Marianne (Noémie Merlant), che nella Francia
prerivoluzionaria viene ingaggiata per fare il ritratto di Héloise
(Adèle Haenel), un dipinto destinato al futuro marito della giovane
nobildonna. La ragazza, contraria alle nozze combinate, si rifiuta
di posare: su indicazione della madre (Valeria Golino), Marianne
comincia a dipingerla di nascosto, fingendosi la sua dama di
compagnia. Tra le due donne nascerà così un amore tanto travolgente
quanto inaspettato.
Ritratto della giovane in fiamme, la
trama
Ritratto della giovane in fiamme Marianne,
pittrice di talento, viene ingaggiata per fare il ritratto di
Héloise, una giovane donna che ha da poco lasciato il convento per
sposare l’uomo a lei destinato. Héloise tenta di resistere al suo
destino, rifiutando di posare. Su indicazione della madre, Mariane
dovrà dipingerla di nascosto, fingendo di essere la sua dama di
compagnia. Le due donne iniziano a frequentarsi e tra loro scatta
un amore travolgente e inaspettato.
Intervista a CÉLINE SCIAMMA, regista di Ritratto della
giovane in fiamme
Fino ad ora hai avuto la tendenza
a confrontarti con temi contemporanei, da regista della nostra
epoca quale sei. Come mai hai deciso di fare un salto indietro nel
tempo e di girare un film ambientato nel XVIII° secolo?
Non è detto che qualcosa che
risale a tanto tempo fa sia per questo meno rilevante oggi.
Specialmente se si tratta di una storia poco conosciuta, come
quella delle artiste donne, o perfino delle donne in generale.
Quando mi sono immersa nello studio della documentazione per il
film, sapevo pochissimo della realtà delle artiste di quell’epoca.
Conoscevo solo quelle più famose di cui è provata l’esistenza:
Elisabeth Vigée Le Brun, Artemisia Gentileschi o Angelica
Kauffman.
La difficoltà a raccogliere
informazioni e materiali d’archivio non ha però impedito che la
consistente presenza di donne nel mondo dell’arte della seconda
metà del XVIII° secolo emergesse con forza. Le donne pittrici
erano numerose e avevano un certo successo, soprattutto grazie alla
moda dei ritratti. C’erano donne esperte d’arte, rivendicazioni per
una maggior uguaglianza e per una maggiore visibilità, c’era di
tutto.
In questo contesto un centinaio
circa di pittrici hanno avuto vite e carriere di successo. Molti
dei loro lavori appaiono nelle collezioni dei più importanti
musei. Ma sono rimaste escluse dalle cronache e dai resoconti
storici. Quando ho scoperto le opere di queste pittrici dimenticate
ho provato al tempo stesso una grande emozione e un grande
dispiacere. Il dispiacere per l’anonimato totale nel quale sono
stati relegati questi lavori, condannati a restare nascosti. Ho
sofferto non solo per essermi resa conto di come la storia
dell’arte ufficiale li abbia resi invisibili ma anche per le
conseguenze: quelle immagini mi turbano e mi commuovono soprattutto
perché non hanno fatto parte della mia vita.
Come hai affrontato le questioni di regia collegate alla
ricostruzione storica?
Un film in costume sembra
richiedere più lavoro degli altri film, perché comporta
l’assunzione di persone, di tecnica, esigenze particolari, esperti,
e ansie relative ad una ricostruzione fedele. In realtà il
processo per la sua realizzazione è uguale a quello di tutti gli
altri film. Una volta esclusi gli anacronismi, bisogna fare
attenzione alla verità storica delle scene e dei costumi, così
come si presta attenzione al realismo per i film contemporanei. La
questione di fondo è la stessa: come l’immaginazione possa operare
senza tradire la realtà.
Paradossalmente di tutti i miei
film questo è quello per il quale abbiamo avuto meno da fare sui
set. Abbiamo girato in un castello disabitato e non restaurato, in
cui gli elementi lignei, i colori e i pavimenti sono rimasti come
congelati nel tempo. Avevamo così un buon punto di partenza e
abbiamo potuto dedicare maggiore attenzione agli arredi e agli
oggetti di scena, ai materiali e ai tessuti.
Una sfida nuova per me è stata
quella della creazione dei costumi. Riuscire a realizzarli con
questo livello di precisione è stato fantastico. Specialmente
perché volevo un’unica ‘uniforme’ per ciascun personaggio, una
cosa su cui Dorothée Guiraud ed io ci siamo concentrate. Una
specie di caratterizzazione fatta su misura, per la quale più che
mai abbiamo dovuto riflettere sul significato degli abiti. La
scelta del taglio e dei materiali – in particolare del loro peso –
implica allo stesso tempo elementi di sociologia del personaggio e
verità storica, e deve tener conto delle performance di attrici
fisicamente condizionate da ciò che portano addosso. Per esempio,
non avevo alcun dubbio sul fatto che l’abito di Marianne dovesse
avere delle tasche. Non solo per il suo atteggiamento, ma anche
perché alla fine del secolo le tasche per le donne sarebbero state
proibite e sarebbero sparite. Mi piace l’idea di una figura così
moderna, in un certo senso fatta riemergere, come se fosse
risuscitata.
Fin da quando ho cominciato ad
immaginare il film, per me la grande sfida nella ricostruzione
storica ha riguardato di più la sfera intima, la rappresentazione
dei sentimenti. Anche se queste donne sapevano fin dall’inizio che
la loro vita era segnata, hanno vissuto qualcosa di diverso.
Erano
curiose, intelligenti e volevano
amare. I loro desideri esistevano, nonostante vivessero in un mondo
che li negava e li proibiva. Si riappropriano dei loro corpi quando
possono rilassarsi, quando si sottraggono alla vigilanza, quando
sfuggono al controllo sociale, quando sono sole. Volevo restituire
loro l’amicizia e i dubbi, i loro comportamenti naturali, il
divertimento, il desiderio di fuggire.
Mario Monicelli
nasce da una famiglia di origine mantovana il 16 maggio del 1915,
cresce a Viareggio, secondo figlio del critico teatrale e
giornalista Tomaso, fratello minore di Giorgio, vive nella
Viareggio degli anni trenta, assorbendo appieno l’atmosfera magica
ed il fermento culturale della città dell’epoca. Frequenta a Milano
il liceo classico Giosuè Carducci e si laurea in storia e
filosofia, accostandosi al cinema grazie all’amicizia con Giacomo
Forzano, figlio del commediografo Giovacchino Forzano, fondatore a
Tirrenia di moderni studios cinematografici sotto il nome di
Pisorno, curiosa fusione dei nomi delle due città, eterne rivali,
Pisa e Livorno, che Mussolini progettava di compiere.
In questi anni, in Mario
Monicelli si va delineando quel particolare spirito
toscano che sarà determinante per la poetica cinematografica delle
commedia del regista (molti scherzi della trilogia di Amici miei
sono episodi che fanno realmente parte della sua giovinezza). Il
critico cinematografico Stefano Della Casa, nel suo volume dedicato
al restauro di uno dei capolavori del regista toscano (L’armata
Brancaleone – Quando la commedia riscrive la storia, edito da
Lindau nel 2006), mette in dubbio le origini viareggine del
regista, arrivando a sostenere che in realtà Mario Monicelli sia
nato a Roma, nel quartiere Prati. Ovviamente supposizione falsa,
anche se Roma è diventata sua città d’adozione e luogo in cui ha
fatto vivere la maggior parte della sua umanità turbolenta. Assieme
a Alberto Mondadori, amico (oltre che cugino, figlio della zia
Andreina Monicelli e dell’editore Arnoldo) e collaboratore, dirige
nel 1934 il cortometraggio Cuore rivelatore, a cui fa seguito,
sempre nello stesso anno, un mediometraggio muto, I ragazzi della
via Paal, presentato e premiato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica
di Venezia. Sotto uno pseudonimo, Michele Badiek, dirige nel
1937 il suo primo lungometraggio, insieme ad alcuni amici, Pioggia
d’estate, con Ermete Zacconi ripreso nella sua villa di
Viareggio.
Ritratto d’artista: Mario
Monicelli
Critico
cinematografico dal 1932, negli anni tra il 1939 ed il 1949 fu
attivissimo come aiuto-regista e come sceneggiatore, collaborando a
circa una quarantina di titoli. L’esordio registico ufficiale
avviene in coppia con Steno, con una serie di film che i due
registi realizzano su misura per Totò, tra i quali spicca il
celebre Guardie e ladri (1951). Ma c’è da ricordare che con Totò
cerca casa, Monicelli sigla il fruttuoso e magico incontro tra Totò
e il neorealismo. Dopo i numerosi film girati in coppia con Steno,
dal 1953 inizia a lavorare da solo, continuando la feconda attività
di sceneggiatore, che lo porta a contatto con molti altri famosi
cineasti dell’epoca. Monicelli ha firmato alcuni capolavori del
dopoguerra italiano, contribuendo ad uno dei periodi più floridi
del cinema del nostro paese, entrando di diritto nella storia.
Nella sua lunga carriera ha
collaborato con tutti i più importanti attori italiani:
Alberto Sordi, Totò, Aldo Fabrizi, Vittorio De Sica,
Sophia Loren, Amedeo Nazzari, Marcello Mastroianni, Vittorio
Gassman, Ugo Tognazzi, Adolfo Celi, Walter Chiari, Elsa Martinelli,
Anna Magnani, Nino Manfredi, Paolo Villaggio, Monica Vitti, Enrico
Montesano,
Gigi Proietti, Gastone Moschin, Giancarlo Giannini, Philippe
Noiret, Giuliano Gemma,
Stefania Sandrelli, Ornella Muti, Ivo Garrani e Gian Maria
Volonté. I soliti ignoti del 1958 vanta un cast
eccezionale, composto da Vittorio Gassman, Marcello
Mastroianni, Totò e Claudia Cardinale, ed è considerato
quasi unanimemente il primo vero film del florido filone della
commedia all’italiana, nel quale non a caso si verifica una morte,
per la prima volta in una commedia italiana. I soliti ignoti
inaugura anche la carriera del grande Vittorio
Gassman come attore comico. L’anno successivo, Monicelli
gira quello che molti considerano il suo capolavoro, il film che lo
rende famoso oltre i confini italiani, La grande
guerra, Leone d’Oro alla Mostra del cinema
di Venezia del 1959 e sua prima nomination all’Oscar.
Il film, lontano dagli stereotipi classici della commedia, ha un
tono tragicomico, in pieno stile ‘italiano’, che tocca in maniera
delicata un argomento molto difficile come la tragedia della Prima
guerra mondiale è molto arricchito dalle interpretazioni di
Alberto Sordi e Vittorio Gassman.
La seconda nomination all’Oscar arriva nel 1963 con I compagni.
Nel dittico burlesco
L’armata Brancaleone (1966) e Brancaleone
alle crociate (1970), Mario Monicelli
inventa un “nuovo” e personalissimo Medioevo, comico e condito da
una assolutamente inverosimile lingua maccheronica che ha fatto
epoca, insieme all’ennesima interpretazione di uno straordinario
Vittorio Gassman. Tra gli altri film di rilievo vanno menzionati La
ragazza con la pistola, che vede la grande Monica Vitti in
un’interpretazione davvero notevole oltre che la terza nomination
all’Oscar (1968), Romanzo popolare (1974)
e i primi due capitoli della trilogia di Amici
miei (1975, 1982) che hanno fatto epoca, vitatissimi
da giovani e vecchi, punto di congiuntura tra diverse generazioni,
e che testimonia l’universalità del suo linguaggio cinematografico.
Il terzo capitolo conclusivo verrà diretto da Nanni Loy nel 1985.
Assolutamente da ricordare anche Un borghese piccolo
piccolo (1977) e Il marchese del
Grillo (1981) entrambi con grandi interpretazioni di
Alberto Sordi, che nel primo caso offre un saggio di recitazione
drammatica che somiglia alla trasformazione che precedentemente
Monicelli aveva realizzato per Gassman, ovviamente di senso
inverso. Per il suo cinema degli ultimi anni spiccano
Speriamo che sia femmina (1986) e
Parenti serpenti (1992) e I Picari del
1988, che vede riuniti due dei grandi mattatori del nostro cinema
passato: Gassman e Manfredi accanto alla bravissima
Giuliana De Sio, a Giancarlo Giannini e ad Enrico
Montesano. Occasionalmente si è prestato a qualche cammeo
attoriale (L’allegro marciapiede dei
delitti, 1979; Sotto il sole della
Toscana, 2003; SoloMetro,
2007), dando anche la voce al nonno di Leonardo
Pieraccioni nel Ciclone (1996):
negli ultimi anni ha inoltre cercato nuove strade espressive,
passando al documentario (Un amico magico: il maestro Nino
Rota, 1999) e alla fiction televisiva (Come quando fuori
piove, 2000).
È da considerarsi senza dubbio il
regista che meglio di tutti ha interpretato lo stile e i contenuti
del genere della Commedia all’italiana. Il suo attore di
riferimento è stato Alberto Sordi, da lui trasformato in attore
drammatico in La grande guerra e Un borghese piccolo
piccolo, ma ha anche avuto il merito di scoprire le
grandi capacità comiche di due attori nati artisticamente come
drammatici: Vittorio Gassman nei Soliti
ignoti e Monica Vitti nella
Ragazza con la pistola. Il sorriso amaro
che accompagna sempre le vicende narrate, l’ironia con cui ama
tratteggiare le storie di simpatici perdenti, ne caratterizzano da
sempre la sua opera. Forse non è un caso che molti critici
considerino I soliti ignoti il primo vero film della commedia
all’italiana, e Un borghese piccolo piccolo l’opera che, con la sua
drammaticità, chiude idealmente questo genere cinematografico. Con
l’avanzare dell’età la sua attività è gradualmente diminuita ma non
si è mai fermata, grazie ad una forma fisica e mentale sempre
buona. A dimostrazione di questo, a 91 anni è tornato al cinema con
un nuovo film, Le rose del deserto
(2006). In occasione della sua uscita ha confidato, in
un’intervista a Gigi Marzullo, di non aver alcuna
paura della morte, ma di temere moltissimo il momento in cui
smetterà di lavorare, perché si annoierebbe moltissimo. In
un’intervista del 2008 ha dichiarato di aver abbandonato
definitivamente l’attività registica con il cortometraggio
documentaristico Vicino al Colosseo… c’è
Monti: nonostante ciò nel 2010 realizza un altro
cortometraggio, La nuova armata
Brancaleone, scritto con Mimmo
Calopresti.
Tra gli avvenimenti che hanno
segnato di più la sua vita c’è senz’altro il suicidio del padre,
Tomaso Monicelli noto giornalista e scrittore antifascista,
avvenuto nel 1946. A tal riguardo ha detto: «Ho capito il suo
gesto. Era stato tagliato fuori ingiustamente dal suo lavoro, anche
a guerra finita, e sentiva di non avere più niente da fare qua. La
vita non è sempre degna di essere vissuta; se smette di essere vera
e dignitosa non ne vale la pena. Il cadavere di mio padre l’ho
trovato io. Verso le sei del mattino ho sentito un colpo di
rivoltella, mi sono alzato e ho forzato la porta del bagno. Tra
l’altro un bagno molto modesto. »
La sua ultima compagna è stata
Chiara Rapaccini. Quando si sono conosciuti lui aveva 59 anni e lei
19. Hanno avuto una figlia, Rosa, quando lei ne aveva 34 e lui 74.
Nel 2007, infatti, ha dichiarato di vivere da solo, di non sentire
la lontananza di figli e nipoti (pur avendoli), di essere un
elettore di Rifondazione Comunista e di avere pianto l’ultima volta
alla morte del padre; mentre in un’intervista svela in particolare
il motivo per cui a 92 anni vive da solo:
« Per rimanere vivo il più a
lungo possibile. L’amore delle donne, parenti, figlie, mogli,
amanti, è molto pericoloso. La donna è infermiera nell’animo, e, se
ha vicino un vecchio, è sempre pronta ad interpretare ogni suo
desiderio, a correre a portargli quello di cui ha bisogno. Così
piano piano questo vecchio non fa più niente, rimane in poltrona,
non si muove più e diventa un vecchio rincoglionito. Se invece il
vecchio è costretto a farsi le cose da solo, rifarsi il letto,
uscire, accendere dei fornelli, qualche volta bruciarsi, va avanti
dieci anni di più. »
Il 25 marzo 2010 partecipa
all’evento Raiperunanotte, dove si esprime in modo molto critico
nei confronti della società odierna. Il 29 novembre dello stesso
anno Monicelli si suicida gettandosi da una finestra del reparto di
urologia dell’Ospedale San Giovanni in Roma, dove era ricoverato.
Un atto di estrema e lucida coerenza, che lascia nel mondo della
cultura e dello spettacolo, oltre che nei cuori di chi l’aveva
conosciuto grande e profonda tristezza. Chi invece ha visto e amato
i suoi film piange la scomparsa dell’ultimo grande regista
dell’epoca d’oro italiana, quando si aveva il coraggio di
raccontare al cinema la società.
La Warner Bros ha lasciato trapelare
un interessante spoiler sulla trama e sui personaggi de Il Cavaliere Oscuro – Il
Ritorno. Sembra che infatti uno dei personaggi giàpresenti in
uno dei due film precedenti
A tre anni di distanza dal
fortunato Marigold Hotel, il regista John
Madden riunisce attorno a sé lo stesso cast, con alcune
new entry, per Ritorno al Marigold Hotel, un
seguito alle vicende di quel gruppo di anziani ma arzilli signori
inglesi che avevano scelto il Marigold Hotel di Jaipur, in India,
per trascorrervi l’età della pensione.
In Ritorno al Marigold
Hotel Muriel (Maggie Smith) lo
dirige con profitto assieme al giovane Sonny (Dev
Patel) già da un po’ e i due vogliono aprire una
seconda sede. Il rapporto tra Duglas (Bill
Nighy) e Evelyn (Judi
Dench) è a una svolta, ma nessuno dei due si decide a
imprimerla, mentre la donna lavora con sempre maggior successo nel
settore tessile. Carol (Diana Hardcastle) e Norman
(Ronald Pickup) sono alle prese coi risvolti della
monogamia nella loro relazione. Inoltre, Norman dirige il Viceroy
Club con Madge (Celia Imrie), ancora alla ricerca
dell’uomo giusto e ora indecisa tra due ottimi partiti indiani che
la corteggiano. Intanto Sonny sta per sposare Sunaina (Tina
Desai), ma è un disastro coi preparativi del matrimonio.
Al Marigold è arrivata anche sua madre, che fa subito colpo sul
nuovo ospite, il fascinoso romanziere americano Guy Chambers
(Richard
Gere).
Ritorno al Marigold Hotel, il film
Madden punta tutto
sulla commedia sentimentale, venata di qualche accento retorico di
troppo. Ora che questo piccolo gruppo di britannici si è
perfettamente integrato in India, senza l’originalità dell’idea
iniziale, il regista sembra però in difficoltà nel trovarne di
altrettanto efficaci.
Continua così la sua riflessione
sulla terza età, sempre viva e piena di nuove possibilità,
concentrandosi soprattutto sull’amore, declinato in vari modi,
tanti quante sono le coppie in questo nutrito cast: l’amore che non
sa esplicitarsi; quello forte per una persona speciale, ma che non
sa rinunciare alle altre possibilità; il piacere della single nel
cercare un uomo, senza in realtà volersi legare a nessuno;
l’affetto tra un’anziana e un giovane, quasi quello tra nonna e
nipote; l’innamoramento tra due sessantenni scottati dalla vita;
l’amore tra due giovani in procinto di sposarsi. Questo sentimento
è il protagonista del film, tanto che il matrimonio di Sonny e
Sunaina è centrale. A ciò si aggiunge la riflessione sulla morte e
su ciò che ciascuno lascia a chi resta – affidata soprattutto a
un’addolcita Muriel – sempre straordinaria Maggie Smith, con le sue
impareggiabili occhiate e le sue, sempre troppo poche, battute
sarcastiche.
La sceneggiatura non è però
scoppiettante e si ha la sensazione che degli ottimi interpreti non
siano sempre ben sfruttati, che le storie soffrano di schematismo,
facendo perdere al film la capacità di coinvolgere realmente. Nota
di merito per la coreografia nuziale in stile Bollywood e per il
finale “on the road” di un sequel al di sotto del suo
potenziale.
La Fox Searchlight
Pictures ha diffuso online il nuovo trailer ufficiale di
Ritorno al Marigold Hotel (The
Second Best Exotic Marigold Hotel), che uscirà
al cinema il 6 marzo 2015. Si tratta del sequel
della sorprendente commedia indie, campione d’incassi,
Marigold Hotel, uscita nel 2012. Potete
vedere il trailer di seguito.
Ol Parker ha
scritto una sceneggiatura che unirà molti dei personaggi
sopravvissuti al primo film e interpretati da Judi Dench,
Maggie Smith, Bill Nighy, Celia Imrie, Ronald Pickup, Penelope
Wilton, Diana Hardcastle e Dev Patel.
La storia questa volta vedrà i
personaggi di Maggie Smith e di Dev
Patel co-dirigere l’albergo destinato a persone anziane
che vogliono passare vacanze al sole, con un posto ancora da
assegnare. Gere e Grieg saranno nuovi occupanti delle camere
rimaste libere, mentre non sappiamo ancora che ruolo avrà
Strathairn.
“Il film si è presentato a noi
come un’ottima opportunità di continuare una storia che ci siamo
resi conto essere appena all’inizio” ha dichiarato il regista
John Madden. “Non per raccontare la stessa
storia ma per capire dove queste vite di questi personaggi così
diversi andassero a finire, con degli spettatori che già li
conoscono e li amano”.
Ecco un’infografica completa di
tutti gli outfit che Marty, Doc e glialtri personaggi minori hanno
indossato nella trilogia di Ritorno al
futuro. Quale costume preferite?
[nggallery id=2437]
Una piccola precisazione da fare:
nella
sezione dei costumi di DocinRitorno al
futuroparte III,laprima
immaginein cui Docindossa una camiciagiallae un
cappellofa riferimento al
1955,quandoDocaiutaMarty che
si prepara atornare
alvecchio West.
Poche settimane fa ha spopolato in
rete un video
deepfake in cui Robert Downey
Jr. e Tom Holland interpretano
Doc e Marty in Ritorno al futuro. Adesso,
quasi come se quel video fosse stato in qualche modo “profetico”, è
stato lo stesso Holland a confermare che ci sono state delle
discussioni a proposito di un ipotetico remake del cult del 1985 di
Robert Zemeckis.
Naturalmente, essendo
Ritorno al futuro una delle pietre
miliari della storia del cinema, nonché una pellicola amatissima
dagli spettatori di tutto il mondo, Tom Holland è
stato molto cauto nelle sue affermazioni, sottolineando che –
ovviamente – non c’è alcun reboot in cantiere, rivelando soltanto
che in passato ci sono state alcune discussioni sulla possibilità
di riportare l’incredibile viaggio di Doc e Marty “a spasso nel
tempo” sul grande schermo.
Intervistato da BBC Radio 1, Holland ha spiegato:
“Mentirei se dicessi che in passato non ci sono state
conversazioni a proposito di una sorta di remake, ma la verità è
che quel film è perfetto, è uno dei migliori film che siano mai
stati realizzati e che nessuno potrebbe fare meglio. Detto ciò, se
Robert Downey Jr. e io potessimo rifare, soltanto per divertimento,
quella scena ricreata per il deepfake – potrebbe pagare lui questa
volta, è pieno zeppo di soldi -, lo farei gratis, ma almeno
potremmo rifare quella scena. Penso che lo dobbiamo a chi ha
realizzato il vero deepfake, perché hanno fatto un lavoro
incredibile. Penso che parlerò con Robert e vedremo se riusciamo a
ricreare qualcosa in onore del deepfake.”
In una recente intervista con il
Telegraph, Robert Zemeckis ha parlato della
possibilità di un remake di Ritorno al
Futuro, una delle saghe più amate della storia del
cinema, il cui primo film risale al lontano 1985.
Il regista, insieme al produttore
Bob Gale, detiene i diritti del franchise e ha il
totale controllo sulla saga fino alla sua morte. In merito all’idea
di un possibile remake, Zemeckis si è detto assolutamente
contrario, dichiarando quanto segue: “Vi prego, no! É una cosa
che non accadrà mai fino a quando io e Bob saremo vivi. Poi
sicuramente ci proveranno, a meno che non ci sia un modo per
impedirlo. Per me sarebbe qualcosa di oltraggioso. Soprattutto
perchè è un film incredibile. Sarebbe come rifare Quarto Potere.
Sarebbe pura follia. Perché qualcuno dovrebbe decidere di
farlo?”.
Cosa ne pensate di queste
dichiarazioni?
La trilogia di Ritorno al futuro è
una saga cinematografica comico-fantascientifica, di grandissimo
successo negli anni ottanta e novanta. Ideata da Bob Gale e Robert
Zemeckis e diretta da quest’ultimo, è stata prodotta da Steven Spielberg e distribuita dalla
Universal Studios.
Narra delle peripezie a cavallo di
varie epoche della storia americana (il 1955, il 1985, il 2015 e il
1885) affrontate dal giovane Marty McFly (Michael J. Fox) e dal suo
amico, lo stravagante scienziato Emmett “Doc” Brown (Christopher
Lloyd), inventore di una bizzarra macchina del tempo ricavata da
un’autovettura, una DeLorean DMC-12. Nel corso dei tre episodi i
due si trovano a risolvere diversi problemi per evitare
catastrofici paradossi temporali, come il possibile mancato
matrimonio dei genitori di Marty negli anni cinquanta (in seguito a
questo fatto Marty non esisterebbe più) l’arresto del figlio di
Marty nel 2015 o la morte di Doc per mano di un feroce pistolero
nel 1885, o ancora l’uccisione del padre di Marty per mano del suo
eterno rivale Biff Tannen (Thomas F. Wilson).
Caratterizzata da uno spiccato
umorismo, da un efficace uso degli effetti speciali, da un ritmo
indiavolato e da un velo di nostalgia, la saga di Ritorno al futuro
ha appassionato un’intera generazione di spettatori e regalato la
grande notorietà al regista Robert Zemeckis e all’attore Michael J.
Fox.
Ecco un incredibile
deepfake che vede Robert Downey Jr. e Tom
Holland nei panni di Doc e Marty in Ritorno al
futuro.
I due attori hanno lavorato insieme
nel franchise della Marvel, nel quale sono stati
protagonisti di una delle scene più toccanti di tutto il MCU, la morte di Spider-Man tra le
braccia di Tony Stark. Hanno recitato insieme anche in Dolittle, ed
ora li vediamo nei panni che furono di Christopher
Lloyd e Michael J. Fox!
Quando la vita imita l’arte o
viceversa nasce sempre qualcosa di bello, a meno che la vita in
questione non voglia imitare Ritorno al Futuro. In
questo caso si raggiungono… delle salate multe dalla stradale!
È accaduto a Spencer
White, fiero possessore di una DeLorean del
1982. Dopo essersi immesso sulla Highway 14, White ha
controllato la lancetta della velocità e ha visto che stava già
andando a 85 miglia orarie. A quel punto era inutile esitare, a
premuto sull’acceleratore e, in omaggio a Ritorno al
Futuro, ha voluto raggiungere le 88 miglia, velocità a
cui, secondo il film di Robert Zemeckis, si attiva
il Flusso Canalizzatore per il salto temporale.
White ha dichiarato: “Ho pensato
“Portiamola a 88 miglia orarie, me ne mancano solo tre”.
Tuttavia ad attenderlo non ha trovato il passato, o il futuro, ma
una volante della polizia che, seppure divertita dalla circostanza,
ha multato il pilota nerd, chiedendogli se nell’auto fosse presente
davvero un Flusso Canalizzatore. “Forse, se avessi avuto il
Flusso Canalizzatore, non mi avrebbe multato!” ha concluso
White.
Divenuta con gli anni una delle
trilogie più note del cinema, quella di Ritorno al
futuro è un’opera senza tempo che ha contribuito a
donare ulteriore prestigio al genere della fantascienza,
arricchendolo di elementi nuovi e spesso rielaborati in modo
inedito da altri contesti. Diretti dal regista Robert
Zemeckis, i tre film di Ritorno al futuro sono
ancora oggi parte dell’immaginario collettivo, e sfoggiano tutt’ora
un’influenza particolarmente dominante all’interno della settima
arte.
La genesi del progetto Ritorno al
futuro nasce quasi per caso. Il produttore e sceneggiatore Bob
Gale, nel 1980, era impegnato a sgomberare la soffitta della sua
casa. Qui trovò il diario scolastico del padre. Egli iniziò così a
fantasticare, chiedendosi se all’epoca lui e il padre avrebbero
potuto diventare amici. Gale ne parlò con l’amico Robert Zemeckis,
ed affascinati da questi discorsi, i due cominciarono ad abbozzare
insieme un soggetto per trarne un film.
Per il progetto, Zemeckis desiderava
dar vita una variazione sul classico tema dei viaggi nel tempo.
Invece di narrare un viaggio di centinaia di anni nel passato, il
regista preferì concentrarsi sulle implicazioni che avrebbero
coinvolto un giovane adolescente che si ritrova ad andare indietro
di una trentina d’anni, e vivere nell’epoca in cui i propri
genitori erano a loro volta ragazzi, nella stessa città.
Quello di Ritorno al futuro
può essere definito un vero e proprio franchise, composto di serie
animate, fumetti, videogiochi e parchi a tema. Originariamente,
tuttavia, il primo film non era stato pensato come primo di una
serie, ma il grande successo ottenuto spinse i produttori e il
regista a realizzare due seguiti. Ciò fu possibile anche per via
del finale aperto realizzato, e che permetteva di dare ulteriori
risvolti alla storia.
Ritorno al futuro: la timeline dei
film
Quella tracciata dalla trilogia è
una delle timeline più complesse della storia del cinema. Appare
però più chiara se si considera che ogni volta che nei film
qualcuno viaggia nel tempo, ciò dà vita ad una nuova linea
temporale, dove è possibile “ripartire da capo” e modificare gli
eventi del futuro. In tutto, al termine dell’ultimo dei tre film,
si sono generate un totale di 8 timeline, comprendenti un arco
temporale che va dal 1885 al 2015.
Se nel primo film la linea temporale
è sempre e solo una, divisa tra presente e passato, a partire dal
secondo film le cose si complicano. In Ritorno al futuro –
Parte II, infatti, si generano ben 5 linee temporali. Queste
sono dovute principalmente ai numerosi spostamenti realizzati dai
protagonisti per impedire il verificarsi dei tremendi eventi di cui
hanno avuto testimonianza. Con il terzo capitolo, e il ritorno al
1885, le linee sono invece 3, concludendosi con il ritorno dei
protagonisti al 1985, il loro reale presente.
Ritorno al futuro: la trama dei
film
Ritorno al futuro (1985)
Il primo film della trilogia narra
di Marty McFly, adolescente californiano e amico dello strampalato
scienziato Emmett “Doc” Brown. Questi coinvolge il giovane in un
esperimento che prevede il viaggio nel tempo grazie ad un auto
modificata. Per via di una serie di imprevisti, Marty si ritrova
infine a tornare al 1955. Qui il ragazzo si mette alla ricerca del
giovane Doc, l’unico che possa aiutarlo a tornare al suo presente e
a riportare tutto alla normalità. Qui, però, Marty finisce con
l’intromettersi nel passato dei suoi genitori, innescando un
paradosso temporale pericolosissimo. Se non farà in modo che i suoi
genitori si incontrino e si innamorino, infatti, egli rischierà di
non nascere mai, e quindi sparire per sempre. Ad ostacolarlo, poi,
vi sarà Biff Tannen, suo storico rivale.
Ritorno al futuro – Parte II
(1989)
In Ritorno al futuro – Parte
II, la storia riprende da dove si concludeva il precedente
film. I due protagonisti, dopo aver salvaguardato il passato, sono
ora diretti nel futuro, al 2015. Qui dovranno salvare i futuri
figli di Marty da alcuni imminenti pericoli. Nel corso della loro
missione, tuttavia, il Biff Tannen del futuro riesce ad
impossessarsi della macchina del tempo. Egli ha così modo di
tornare indietro e dar vita ad una realtà distopica dove egli è il
regnante assoluto. Marty e Doc saranno allora costretti a tornare
nuovamente nel 1955 per impedire l’avvento del perfido Biff e
riportare ancora una volta tutto alla normalità
Ritorno al futuro – Parte III
(1990)
Con Ritorno al futuro – Parte
III, le vicende riprendono nuovamente lì da dove il film
precedente si era fermato. Doc, misteriosamente scomparso in
seguito alla disfatta di Biff, riesce a comunicare a Marty di
essere finito nel vecchio west del 1885. Il giovane deve così
escogitare un piano per riuscire a tornare ancora una volta
indietro nel tempo e salvare l’amico. Tornato nel vecchio west,
dovrà però scontrarsi con il pericoloso Buford “Cane Pazzo” Tannen,
bisnonno di Biff, il quale vuole uccidere a sangue freddo i due
stranieri. Nel corso della sua missione, inoltre, Marty, farà la
conoscenza di Clara, della quale si innamorerà perdutamente,
arrivando a mettere in discussione il suo ritorno nel presente.
Ritorno al futuro: il cast del
film
A dar volta ai due iconici
protagonisti vi sono gli attori Michael J.
Fox e Christopher
Lloyd. Il personaggio di Marty McFly, tuttavia, era
stato originariamente affidato all’attore Eric
Stoltz, poiché Fox, la prima scelta del regista, era
impegnato sul set della sit-com Casa Keaton. Stoltz venne
tuttavia licenziato dopo sei settimane di riprese, poiché mancava
dell’ironia richiesta dal personaggio. Fu a quel punto che Fox
venne convinto ad accettare il ruolo, nonostante gli altri suoi
impegni. Per poter recitare in entrambi i set, infatti, egli si
trovò a dover partecipare alle riprese di Casa
Keaton durante il giorno, e a quelle di Ritorno al
futuro tra le 18:30 e le 02:30 di notte, potendo così dormire
appena 5 ore al giorno.
Il ruolo dello scienziato Doc Brown
venne invece da subito offerto a Lloyd, su scelta unanime del
regista e dei produttori, convinti che la mimica dell’attore fosse
quella giusta per il personaggio. Lloyd, tuttavia, rifiutò il
ruolo, salvo poi essere convinto da sua moglie ad accettarlo. Tale
decisione si rivelò per lui saggia, poiché quello nel film è
tutt’ora ricordato come il suo ruolo più celebre. Lo stesso Lloyd
ha affermato di rivedere spesso e volentieri il film, ogni
qualvolta gli capita di trovarlo per caso in televisione. L’attore
è inoltre talmente tanto legato alla saga da aver più volte tentato
di dar vita ad un quarto capitolo, che per suo desiderio avrebbe
dovuto essere ambientato nell’antica Roma, suo periodo storico
preferito.
Altri attori divenuti noti grazie
alla trilogia sono Lea Thompson e Crispin
Glover, interpreti dei genitori di Marty, e Thomas F.
Wilson, volto del cattivo Biff Tannen. Per il padre e
la madre del protagonista, i due attori vennero scelti dopo attenti
casting, da cui emersero come i più idonei. La Thompson e Glover
sono tuttavia pressoché coetanei di Fox, e pertanto fu necessario
un adeguato trucco che li portasse ad assumere un aspetto più
adulto, e che potesse essere facilmente rimosso nel momento in cui
questi doveva interpretare le versioni giovani dei propri
personaggi. Wilson venne invece scelto, come Fox, in un secondo
momento. Inizialmente era stato selezionato un altro interprete per
la parte, il quale però non si rivelò in grado di risultare
minaccioso a sufficienza, venendo così sostituito da Wilson.
Ritorno al futuro: la colonna
sonora del film e dove vederlo in streaming
Un altro elemento che fu
particolarmente apprezzato del film è la sua colonna sonora. Ad
arricchire il film vi sono infatti una serie di canzoni divenute
poi ulteriormente celebri grazie alla trilogia. Tra i brani che
compongono il primo capitolo si annovera il celebre The Power
of Love di Huey Lewis and the
News. Seguono Heaven is One Step Away di
Eric Clapton, Mr. Sandman dei
Four Aces, Earth Angel di Marvin
Berry and the Starlighers e la famosissima Johnny B.
Goode di Chuck Berry. Per i successivi due
film, invece, si è scelto di non utilizzare canzoni cantate, ma
soltanto i brani composti appositamente per i due titoli.
Per gli appassionati della trilogia,
o per chi deve ancora vederla e desidera farlo, è possibile trovare
i film su alcune delle principali piattaforme streaming presenti
sul Web. Tra queste si annoverano Netflix, Amazon Prime Video, Rakuten TV, Chili Cinema,
TimVision, Google Play, e Apple iTunes. Per usufruirne, in base
alla piattaforma prescelta, basterà sottoscrivere un abbonamento
generale o noleggiare semplicemente il singolo film. A questo punto
sarà possibile vedere i film in tutta comodità e al meglio della
qualità video.
Durante una conferenza virtuale con
Wizard World (via
ComicBook), Claudia Wells e James
Tolkan, interpreti di Jennifer Parker e Strickland in
Ritorno al Futuro, hanno parlato del futuro
della saga e di un possibili quarto capitolo, sul quale ormai non
fanno altro che susseguirsi voci da anni.
I due attori sono stati parecchio
categorici sul fatto che la saga sia giunta al termine e che un
nuovo episodio non avrebbe ragione di esistere. “C’è sempre
qualcuno che dice: ‘Un giorno Robert Zemeckis farà Ritorno al
Futuro 4’. La verità è che la saga è finita. Siamo a posto così. Il
primo, il secondo e il terzo film. Siamo felicissimi così”, ha
spiegato Talkan.
Wells ha invece aggiunto: “Bob
Gale è sempre stato chiaro: ‘Non ci sarà mai Ritorno al Futuro 4’.
Una volta ero ad un Q&A con Christopher Lloyd in un cinema dopo
una proiezione del film. Tra il pubblico c’era l’artefice del video
divenuto virale Brokeback to the
Future. Chris lo guardò e disse: ‘Ecco il vostro Ritorno al
Futuro 4, perché non ce ne saranno altri’.”
Nonostante le innumerevoli reunion
alle quali abbiamo assistito nel corso degli anni, anche lo stesso
Robert Zemeckis e il produttore Frank
Marshall nel corso degli anni hanno dichiarato che mai e
poi mai un nuovo capitolo della saga vedrà la luce. Anche Tom Holland – lo Spider-Man del MCU che di recente era stato
protagonista di un
video deepfake ispirato alla saga –
aveva dichiarato che in passato ci sono state alcune
discussioni sulla possibilità di riportare l’incredibile
viaggio di Doc e Marty “a spasso nel tempo” sul grande schermo,
idea che però è stata subito accantonata proprio per la
“perfezione” rappresentata dalla storia raccontata attraverso i tre
film originali.
Michael J. Fox e Christopher Lloyd si sono ritrovati per
la promozione di una nuova collezione di merchandising dedicata al
franchise di Ritorno al futuro. Fin dalla sua
uscita nel 1985, il film d’avventura di fantascienza è diventato un
classico di Hollywood che ha generato la propria trilogia e ha
coinvolto più di una generazione di fan.
Sia Lloyd che Fox sono stati delle
vere e proprie icone di cinema teatro e televisione e i personaggi
di Doc e Marty sono entrati nei cuori degli spettatori. Per
entrambi gli attori, infatti, Ritorno al futuro è ancora oggi
l’apice del loro successo, per cui non è strano vederli ancora
indissolubilmente legati a quel film e a quel marchio.
Dopo aver anticipato una sorta di
annuncio di franchising, Michael J. Foxe
Christopher Lloyd hanno ufficialmente lanciato la
propria linea di merchandising di Ritorno al
futuro con un nuovo negozio online. La collezione, che
comprende magliette, felpe con cappuccio, cappellini da baseball,
poster e tazze, è stata disegnata da Fox e Lloyd e le foto
(che
potete vedere qui) mostrano gli attori che fanno da
modelli per i pezzi della collezione. “Questa collaborazione è
per i fan”, scrive Michael J. Fox in un
messaggio sulla home page del sito. “Continuavamo a sentire che
volevano più opzioni per celebrare la loro devozione di Ritorno al
futuro e abbiamo pensato che questi articoli fossero perfetti.
Pesanti”.
Ritorno al futuro
ha debuttato nel 1985 con Michael J.
Fox e Christopher
Lloyd alla guida di un cast che includeva
Lea Thompson, Tom
Wilson e Crispin Glover.
Robert Zemeckis ha diretto il film su un
diciassettenne inviato 30 anni nel passato in una DeLorean da uno
scienziato eccentrico, che incontra le versioni più giovani dei
suoi genitori mentre cerca di tornare al suo periodo storico. Il
film ha dato il via a un franchise, con due sequel distribuiti,
ognuno dei quali è stato un enorme successo al botteghino.
Per tutti i fan di
Ritorno al Futuro, questo 2015 assume un
significato davvero importante. Si tratta infatti del
Futuro in cui si Ritorna nel film di
Robert Zemeckis e già in rete fioccano i confronti
tra il futuro immaginato dal regista nel suo film e la realtà dei
fatti.
Ma quali sono le invenzioni che,
ipotizzate nel 1989 (anno di uscita di Ritorno al
Futuro Parte II), sono state effettivamente
realizzate e quali invece dovrano aspettare ancor aun po’ per poter
essere usate?
E’ una delle saghe più amate del
cinema, ovviamente parliamo di Ritorno al
futuro di Robert
Zemeckis, la trilogia degli anni Ottanta diventato
oggi un vero e proprio cult. Ebbene, tutti noi ci siamo chiesti
allora quante delle tecnologie futuristiche presenti soprattutto
nel secondo capitolo sarebbero diventate realtà. Oggi con una bella
gallery vediamo quante di quelle invenzioni sono o saranno tra
breve realtà.
Ritorno al
futuro (Back to the Future) è un film
del 1985 diretto da Robert
Zemeckis e interpretato da Michael J.
Fox e Christopher
Lloyd. Primo episodio della trilogia omonima, è
considerato un’icona del cinema degli anni
ottanta e ha riscosso un enorme successo a livello
internazionale. La pellicola ha ricevuto il premio Oscar al
miglior montaggio sonoro. Nel 2007 è stato scelto
per essere conservato nel National Film
Registry della Biblioteca del
Congresso degli Stati Uniti. In occasione del suo
25º anniversario, il 27 ottobre 2010 il film è stato
riproposto per un solo giorno nelle sale cinematografiche
italiane.
Grazie all’intromissione di Marty
(Michael
J. Fox) e Doc (Christopher
Lloyd) nella loro Delorean, nei film di Ritorno al futuro esistono più linee
temporali. Ogni capitolo mostra le insidie della fuga verso altri
punti della storia e del futuro e, tra le alterazioni del passato
(e del futuro) da parte di Marty e Doc Brown, si crea un bel
pasticcio. Naturalmente, i film di Ritorno al futuro non
sono mai stati concepiti come un modello di viaggio nel tempo. La
cosa più avvincente della serie è che le linee temporali si
intersecano e si alterano senza essere impantanate in ogni singolo
dettaglio reale della fisica quantistica.
Il risultato sono tre film – e un
cortometraggio di 10 minuti del 2015 in cui Doc Brown salva il
mondo da un’apocalisse nucleare – che continuano ad affascinare gli
spettatori. Quello che inizia come un viaggio accidentale nel
passato si evolve rapidamente in qualcosa di molto più caotico e
divertente. Gli eventi del primo film di Ritorno al futuro
sono piuttosto semplici. Solo dopo Ritorno al futuro parte II, che divide l’azione tra
passato e futuro, le cose si fanno frenetiche. Quando il terzo film
della trilogia si conclude, ci sono 8 linee temporali
separate viste in Ritorno al futuro, la maggior
parte delle quali sono state create da Doc o Marty che hanno
cambiato la storia.
La prima linea temporale di Ritorno al futuro –
1985
Il pubblico viene introdotto per la
prima volta a Marty McFly nell’allora 1985. È subito chiaro che il
concetto di tempo è un fattore importante nel film: Marty,
impegnato a suonare la chitarra a casa dell’errante Doc Brown, si
accorge che i numerosi orologi circostanti sono lenti di 25 minuti.
È in ritardo per la scuola e si scatena una folle corsa per
arrivare in classe. Più tardi, dopo la scuola, a Marty viene
chiesta una donazione per salvare la torre dell’orologio locale,
colpita da un fulmine durante un terribile temporale nel 1955 alle
22:04 precise e mai riparata.
Quella sera, incontra Doc al
centro commerciale Twin Pines e gli viene presentata la
macchina del tempo, una Delorean convertita e alimentata a
plutonio. Ma quando Doc viene ucciso da un gruppo di terroristi
libici in cerca di vendetta dopo aver ricevuto una finta bomba in
cambio di plutonio, Marty fugge con la Delorean e si spedisce
accidentalmente nel 1955. Questa può essere considerata la prima
linea temporale di Ritorno al futuro ed è stata interrotta
grazie alle azioni di Marty nel passato.
Il passato alternativo
influenzato da Marty McFly – 1955
L’arrivo di Marty nel passato è uno
shock e, mentre lotta per dare un senso a ciò che è appena
accaduto, individua Doc Brown. Doc scelse originariamente il 5
novembre 1955, mentre mostrava la macchina del tempo a Marty nel
1985. Il suo significato risiede nel fatto che è la data in cui Doc
ha ideato il concetto di flusso condensatore, il dispositivo che
consente di viaggiare nel tempo. Dopo essere riusciti a convincere
Doc Brown di venire dal futuro, i due creano un piano per mandare
Marty nel 1985. Tuttavia, nel 1955 il plutonio non è
disponibile.
L’energia necessaria per mandare la
Delorean nel 1985 dovrà provenire dal fulmine che dovrebbe colpire
la torre dell’orologio. Marty trascorre una settimana nel
1955 mentre Doc si prepara per la tempesta e si tiene
occupato cercando di rimediare ai danni che ha causato impedendo il
primo incontro tra suo padre e sua madre. Alla fine Marty riesce a
far sì che il padre si opponga al bullo locale Biff Tannen e che i
suoi genitori ballino insieme e si innamorino. Marty viene
rispedito con successo nel futuro, ma è stata creata una nuova
linea temporale di Ritorno al futuro.
La nuova linea temporale del
presente creata da Marty – 1985
Quando Marty torna nel 1985, è
entusiasta di essere a casa. Vede di nuovo Doc ucciso dai libici,
ma questa volta Doc indossa un giubbotto antiproiettile grazie a
una lettera di avvertimento che Marty gli aveva lasciato nel 1955.
Anche altre cose sono cambiate in questa linea temporale di
Ritorno al futuro, ma fortunatamente si tratta di
cambiamenti positivi, dovuti al fatto che suo padre si è opposto a
Biff nel 1955. La sua famiglia ha avuto successo e
il padre è ora un autore pubblicato. Entrambi i genitori appaiono
sani, felici e innamorati.
A differenza del rapporto
disimpegnato della linea temporale del 1985, in cui la madre di
Marty sembrava avere problemi di alcolismo. Marty è felice di
sapere che ora possiede il camion 4×4 che desiderava da tempo,
mentre Biff si è ridotto a svolgere docilmente le faccende
domestiche per la famiglia McFly. Purtroppo, non molto tempo dopo
che Marty si è ricongiunto con la sua fidanzata Jennifer, Doc torna
dal futuro per dire alla coppia che devono accompagnarlo nel futuro
per salvare i loro figli.
Il futuro della nuova linea
temporale di Marty McFly – 2015
Il viaggio nel futuro avviene in
Ritorno al futuro – parte II e richiede che
Marty impedisca a suo figlio, Marty Jr. di unirsi a Griff,
nipote di Biff, in una rapina. La rapina porterà Marty Jr.
in prigione e anche Marlene, la figlia di Marty, sarà incarcerata
dopo aver tentato di far evadere il fratello. Jennifer inizia a
fare troppe domande durante il viaggio verso il 2015 e viene resa
incosciente da Doc, così Marty intraprende la missione da solo.
Ci riesce, ma decide di comprare un
almanacco sportivo che contiene i punteggi di tutte le gare
sportive dal 1950 al 2000. Quando Doc viene a sapere cosa ha fatto
Marty, butta via l’almanacco, poiché non ha inventato la macchina
del tempo a scopo di lucro. Ma nell’ombra c’è nonno Biff, che
raccoglie l’almanacco e in seguito ruba la Delorean. Marty, Doc e
Jennifer tornano nel 1985 ignari dell’intromissione di Biff, che
creerà una nuova linea temporale di Ritorno al futuro.
La nuova linea temporale creata
dal futuro Biff Tannen – 1985
All’inizio tutto sembra normale
quando Marty torna a Hill Valley. Ma quando Marty tenta di tornare
a casa in Ritorno al futuro parte II, scopre che lì vive
una famiglia completamente diversa, la nuova linea temporale di
Ritorno al futuro. Marty scopre subito che questa versione
di Hill Valley del 1985 non è affatto simile a quella che aveva
lasciato. Nel nuovo presente, suo padre è morto, sua madre
ha sposato l’uomo più ricco della città (Biff) e Doc è
stato internato in un istituto psichiatrico.
Quando Marty va a confrontarsi con
Biff su ciò che è successo, Biff confessa di aver ricevuto un
almanacco sportivo nel 1955 da un vecchio. I punteggi contenuti
all’interno lo hanno reso incredibilmente ricco nei 30 anni
successivi. Biff Tannen rivela anche che intende uccidere Marty,
così come ha ucciso il padre di Marty. Dopo un inseguimento
nell’hotel di Biff, Marty riesce a raggiungere il tetto, dove Doc
lo salva utilizzando la Delorean.
Il passato alternativo che
Marty McFly ha influenzato di nuovo – 1955
Marty torna di nuovo nel passato in
Ritorno al futuro parte II, questa volta per salvare il
futuro. Lui e Doc arrivano con il piano di rubare l’almanacco a
Biff e distruggerlo. Una volta distrutto l’almanacco, Biff non
potrà più arricchirsi e creare il 1985 distopico da cui sono appena
usciti. La data è ancora una volta il 5 novembre 1955, con Marty e
Doc che arrivano poco prima del ballo “Incanto sotto il mare”. Ma
come sempre accade quando si manomette la linea temporale di
Ritorno al futuro, nulla è mai semplice.
Marty deve combattere contro gli
scagnozzi di Biff e contro lo stesso Biff per recuperare
l’almanacco e impedire che la linea temporale originale del 1985
venga alterata. Dopo molti sforzi, Marty riesce a recuperare
l’almanacco, ma proprio mentre Doc cerca di farlo salire sulla
Delorean, questa viene colpita da un fulmine e scompare. Nel
momento in cui ciò accade, arriva un fattorino della Western Union
con una lettera per Marty. La lettera è di Doc, che è al
sicuro e vive nel 1885. Quando Marty scopre che nel 1885
Doc verrà ucciso da Buford “Mad Dog” Tannen, decide di tornare
indietro e salvarlo.
Il passato alternativo
influenzato da Doc Brown – 1885
Dopo che Marty arriva nel 1885 in
Ritorno al futuro parte III, la Delorean subisce una
perdita di carburante che la rende inutilizzabile. Alla fine, Marty
e Doc creano un piano che prevede l’utilizzo di un motore a vapore
per spingere la Delorean fino alle 88 miglia orarie necessarie per
tornare nel 1985. Nonostante Marty abbia salvato Doc Brown dalla
morte, Doc decide di rimanere nel 1885 con l’amore della
sua vita, Clara. Marty torna nel 1985 da solo. Rispetto
agli sfrenati salti indietro e in avanti di Ritorno al futuro
parte II, il terzo film della trilogia si svolge per lo più
nell’ambientazione del selvaggio West.
La linea temporale finale
creata da Marty McFly – 1985
Marty arriva con successo nel 1985,
ma la Delorean viene colpita da un treno e
demolita. Torna a casa e va a fare un giro sul suo nuovo
camion con Jennifer. Mentre è fermo a un semaforo rosso, Marty
viene sfidato a una gara dal bullo locale Needles, un personaggio
che ha lavorato con Marty nel 2015 e che gli ha fatto perdere il
lavoro. Marty resiste alle pressioni per gareggiare e Marty e
Jennifer guardano un’auto che evita per un pelo di colpire quella
di Needles. Se Marty avesse corso, l’auto avrebbe colpito il suo
camion.
Mentre questa consapevolezza si fa
strada, Jennifer trova in tasca un fax del 2015 che annunciava il
licenziamento di Marty. Il testo scompare davanti ai suoi occhi. La
linea temporale di Ritorno al futuro del 2015 , in cui
Marty non è in grado di perseguire il suo sogno di diventare un
musicista a causa di una lesione persistente dovuta a un incidente
stradale, viene cancellata, creando un futuro migliore per Marty e
Jennifer. Pochi istanti dopo, Doc torna nel 1985 con una nuova
macchina del tempo a vapore. Ha sposato Clara ed è padre di due
bambini.
La linea del tempo
dell’apocalisse nucleare di Griff Tannen – 2015
In occasione del 30° anniversario
del primo film, un nuovo cofanetto della trilogia ha aggiunto una
nona linea temporale di Ritorno al futuro con il
cortometraggio Doc Brown Saves The
World. Il cortometraggio vede Doc inviare un
messaggio a Marty che conferma l’arrivo di un Olocausto Nucleare
grazie al caricamento accidentale di un virus da parte di Griff
Tannen. Doc salva la situazione e rispedisce Griff in prigione, ma
in seguito si rende conto di avere ancora il “Quantum Mind Jar” che
intendeva lasciare nel 2075. Per aumentare la suggestione di
cambiare altre date di Ritorno al futuro, un altro Doc Brown
appare dal futuro.
Per molto Ritorno al Futuro è un film
senza misteri, perché i fan più sfegatati sanno tutto della
Trilogia prodotta da Steven Spielberg e diretta da
Robert Zemeckis. Ebbene oggi invece arriva online
una sequenza che fu tagliata 30 anni fa relativa al primo film in
cui si fa un chiaro riferimento all’omosessualità.
https://www.youtube.com/watch?v=qlzQfF0f9GY&t=38
Di seguito la batta:
Non so se riesco andare fino in
fondo a questa cosa. Non posso credere che devo provarci con mia
madre. Sono queste le cose che rovinano tutto. E io potrei
esserne sconvolto nel profondo. E se poi tornassi nel futuro e
venisse fuori che sono gay?
Michael J. Fox è quasi morto sul set di
Ritorno al Futuro – Parte III a causa di uno stunt
andato male. Dopo il successo del film originali del 1985, i
realizzatori hanno colto al volo l’opportunità di produrre ben due
sequel: Ritorno al Futuro – Parte II e Parte III
sono stati girati uno dopo l’altro nel 1989, solo due anni prima
che Fox ricevesse la diagnosi di Parkinson che gli ha cambiato la
vita al soli 29 anni.
Diretto da Robert Zemeckis, il primo film Ritorno al Futuro ha portato l’adolescente Marty McFly
dagli anni ’80 al 1955, dove ha inconsapevolmente incrociato i suoi
genitori e messo a repentaglio la sua stessa esistenza futura.
Ritorno al Futuro – Parte II ha mandato Marty nel futuro,
un presente alternativo e, infine, negli eventi del primo film
prima di essere riportato nel selvaggio West per la terza parte.
Nel film che ha chiuso la trilogia, Marty incontra Buford “Mad Dog”
Tannen (Thomas F. Wilson) e la sua banda, che tentano di linciare
Marty prima che questi venga salvato da Doc (Christopher
Lloyd). Incredibilmente, un incidente sul set durante le
riprese di questa scena ha quasi causato la morte di Michael J.
Fox.
Nel mondo degli effetti speciali, le
impiccagioni sono tra le sequenze più pericolose da girare: anche
se gli attori generalmente indossano imbracature per scene del
genere, le cose possono facilmente andare per il verso sbagliato se
i registi non sono estremamente attenti. In “Lucky Man: A Memoir”
(via
Screen Rant), Michael J. Fox ha raccontato la sua esperienza
di pre-morte sul set di Ritorno al Futuro – Parte
III, scrivendo: “Sono rimasto incosciente alla fine
della scena con la corda per diversi secondi prima che Bob
Zemeckis, sebbene fosse un mio fan, si accorgesse che non ero poi
così bravo come attore.”
Mentre le prove erano andate bene,
durante le riprese della scena la corda era diventata troppo tesa,
arrivando ad ostacolare le vie respiratorie di Fox. Parte del
pericolo con questi tipi di riprese possono genere, riguardano la
performance dell’attore: in una scena del genere, infatti, dovrebbe
sembrare dolorante e lottare per la sopravvivenza; quindi, segnali
di avvertimento cruciali che dovrebbero servire ad indicare che
qualcosa non sta funzionando, possono essere facilmente scambiati
per una buona prova di recitazione.
Dopo anni di tentativi e di falsi
allarmi, la Nike sembra aver finalmente sviluppato
le leggendarie scarpe autoallaccianti di Ritorno al
Futuro. Il design è comprensibilmente un po’ diverso
rispetto alle scarpe che abbiamo visto ai piedi di Marty McFly, ma
il principio dell'”autoallacciamento” è rispettato.
La prima generazione della
HyperAdapt 1.0 sarà disponibile negli Stati Uniti
presso i punti vendita Nike. Dal 28 novembre sarò possibile
fissare appuntamenti per provare ed eventualmente comprare il
prodotto. Tutti i dettagli su come fissare un appuntamento saranno
annunciati nelle prossime settimane.
Ecco il video di presentazione del
prodotto:
Il progetto ha avuto tanti altri
step, tra cui quello che vedeva testimonial proprio Michael J. Fox
(qui).
Max
Erdenberger, ex art director
della Wieden+Kennedy, agenzia pubblicitaria che
ha collaborato con la Nike, ha postato una foto sul suo
account Twitter in cui tiene in mano una Powerlace. Sotto la
foto si legge una data: 21 ottobre 2015, ovvero il giorno in cui
Marty McFly, protagonista di Ritorno al
Futuro, viaggia nel tempo, arrivando a possedere
proprio quelle scarpe.
Che si tratti di una promozione per
pubblicizzare la prossima messa in commercio proprio di quelle
scarpe?
Continua a crescere l’interesse per
un fantomatico reboot di Ritorno al
Futuro con Tom Holland. Dopo
il video deepfake con lo Spidey del MCU assieme a Robert Downey Jr. nei panni di Marty e Dock, e
dopo
le rivelazioni di Holland a proposito dell’effettiva
possibilità di un remake del primo film, arriva adesso – proprio
sulla scia di quelle dichiarazioni – un teaser trailer deepfake che
immagina proprio Tom Holland al posto di Michael J. Fox.
A proposito del reboot del cult di
Robert Zemeckis, Holland aveva dichiarato:
“Mentirei se dicessi che in passato non ci sono state
conversazioni a proposito di una sorta di remake, ma la verità è
che quel film è perfetto, è uno dei migliori film che siano mai
stati realizzati e che nessuno potrebbe fare meglio. Detto ciò, se
Robert Downey Jr. e io potessimo rifare, soltanto per divertimento,
quella scena ricreata per il deepfake – potrebbe pagare lui questa
volta, è pieno zeppo di soldi -, lo farei gratis, ma almeno
potremmo rifare quella scena. Penso che lo dobbiamo a chi ha
realizzato il vero deepfake, perché hanno fatto un lavoro
incredibile. Penso che parlerò con Robert e vedremo se riusciamo a
ricreare qualcosa in onore del deepfake.”
Potete vedere il teaser trailer deepfake realizzato da stryder HD di
seguito:
E sempre a proposito di
Ritorno al Futuro, proprio di recente
Michael J. Fox e Christopher
Lloyd, interpreti della saga originale, si sono ritrovati
in occasione di un evento benefico, come testimoniato da uno scatto
condiviso dall’iconico interprete di Doc attraverso il suo profilo
Instagram:
L’occasione per
celebrare la bellezza del franchise di Ritorno al
futuro è sempre ben accetta e oggi vi proponiamo
questo splendido video da Screen
Junkies che propone un supercut incentrato su i due
protagonisti Doc e Marty, rispettivamente
Christopher Loyd e Michael J.
Fox.
Grande Giove! Nel 1985, il regista
Robert Zemeckis, il produttore esecutivo
Steven Spielberg ed il produttore e
sceneggiatore Bob Gale cominciarono un viaggio in
tre tappe attraverso il tempo che distrusse tutti i record ai
botteghini di tutto il mondo e fece di Ritorno al
futuro una delle più amate trilogie nella storia del
cinema.
Universal Pictures Home
Entertainment Italia celebra il 35° anniversario del primo
entusiasmante film con Back to the future: The Ultimate
Trilogy, disponibile per la prima volta in 4k Ultra HD e
in Blu-Ray e DVD dal 21 ottobre – proprio nel fatidico “Back to the
future day”!
Questa collection è ricca di
materiali inediti esclusivi, tra cui un bonus disc che arriva con
oltre un’ora di contenuti speciali inediti, come i rari video delle
audizioni di Hollywood delle star
Ben Stiller, Kyra Sedgwick, Jon Cryer, Billy Zane, Peter
DeLuise e C. Thomas Howell, un tour dei
gadget e souvenir del film accompagnati da Bob Gale, uno sneak peek
del nuovo show musicale ed un episodio speciale della popolare
serie Youtube “Could You Survive The Movies?”. Unisciti a Marty
McFly (Michael
J. Fox), Doc Brown (Christopher
Lloyd) e alla mitica DeLorean nell’avventura di una
vita, attraverso passato, presente e futuro, che mette in moto una
esplosiva reazione a catena che minaccia il continuum
spazio-tempo!
Back to the future: The
Ultimate Trilogy include tutti e tre i film della trilogia
in formato da collezione digipack, oltre ad un disco bonus che
contiene i contenuti speciali (nelle edizioni Blu-Ray e 4K). Per la
prima volta, il passato, il presente ed il futuro si uniscono per
mostrarsi nella magnifica risoluzione dell’Ultra HD per festeggiare
questo anniversario. I nuovi formati 4k Ultra HD e Blu-ray
rimasterizzato portano con loro una qualità estrema di visione, più
colori che mai, ed un sonoro immersivo e multi-dimensionale. Creato
da Steven Spielberg, Robert Zemeckis e Bob
Tutti e tre i film saranno
disponibili per la prima volta in 4k Ultra HD, ma saranno
disponibili anche in Dvd in una collection standard.
Universal Pictures Home
Entertainment Italia metterà quindi sul piatto una grande quantità
di prodotti imperdibili targati Ritorno al futuro: oltre alla
collection Dvd standard, saranno infatti disponibili le collection
premium Digipack in formato Blu Ray e 4k UHD. Ma non finisce qui:
oltre a queste edizioni, saranno rilasciate ben due Collector’s
Edition imperdibili presso rivenditori selezionati in edizione
limitata:
BACK TO THE FUTURE 35TH ANNIVERSARY TRILOGY LIMITED EDITION
GIFT SET (4K UHD): Include una replica esclusiva e fluttuante
dell’iconico Hoverboard.
BACK TO THE FUTURE 35TH ANNIVERSARY: LIMITED STEELBOOK
COLLECTION (4K UHD): Include tre steelbook con un design nuovo e…
complementare!
Il film sarà disponibile in 4K
Ultra HD in una confezione doppia che include il 4K Ultra HD
Blu-rayTM e il Blu-rayTM. Il disco 4K Ultra HD disc comprende gli
stessi contenuti extra della versione Blu-rayTM, tutti nella
straordinaria risoluzione 4K. 4K Ultra HD è la migliore esperienza
visiva per la visione di un film. Il 4K Ultra HD presenta la
combinazione della risoluzione 4K di quattro volte superiore al
classico HD, la brillantezza dei colori dell’High Dynamic Range
(HDR) con una resa audio totalmente immersiva per un’esperienza
sonora multidimensionale. Blu-rayTM sfodera il potere della tua TV
HD e si dimostra il modo migliore per vedere i film a casa, con la
risoluzione di 6 volte superiore rispetto al DVD, extra esclusivi e
un sonoro in modalità surroud, come al cinema.