Manodopera (Interdit
Aux Chiens Et Aux Italiens), lungometraggio d’animazione
scritto e diretto da Alain
Ughetto vincitore di numerosi premi, fra cui
Miglior Film di Animazione agli
European Film Awards 2022 e Premio della Giuria al Festival
International du Film d’Animation di Annecy 2022, presentato per la
prima volta alla 75° edizione del Locarno Film Festival e scelto
come film di chiusura del 40° Torino Film Festival, arriva nelle
sale italiane il 31 agosto distribuito
da Lucky Red. Una coproduzione internazionale
– sostenuta, tra gli altri, da Film Commission Torino Piemonte –
Piemonte Doc Film Fund, Ministero della Cultura – Direzione
Generale Cinema e Audiovisivo, Eurimages – che testimonia una
storia personale nel contesto dei grandi movimenti migratori dei
primi del ‘900. L’animazione in stop-motion si muove sulle musiche
originali del compositore, pianista, direttore d’orchestra e Premio
Oscar Nicola Piovani.
Manodopera, la trama
Piemonte, inizi del ‘900. La
speranza di una vita migliore spinge Luigi Ughetto e sua moglie
Cesira a varcare le Alpi e a trasferirsi con tutta la famiglia in
Francia. Il regista Alain Ughetto ripercorre la sua storia
familiare in un dialogo immaginario con la nonna. L’animazione in
stop-motion ripercorre la vita sofferta e romanzesca degli emigrati
italiani mettendo in scena un racconto fresco e poetico.
Si è spento all’età di 74
anni Manlio Rocchetti, truccatore italiano
premio Oscar per A spasso con
Daisy(1989) con protagonista
Morgan Freeman.
Una carriera esemplare, sono
di Manlio Rocchetti il trucco di veri cult
della storia del cinema come C’era una volta in
America, Gangs of New York, Shutter Island, I Secreti di
Brokeback Mountain, L’Ultima tentazione di Cristo, L’avvocato del
diavolo, Paradiso perduto, L’età
dell’innocenza.
In carriera ha lavorato con registi
del calibro di Sergio Leone, Martin Scorsese, Ang Lee,
Alfonso Cuaron, Lucio Fulci, Barbra
Streisand, Ron Howard, Robert
Duvall.
Sono disponibili le prime immagini
di Mank, il nuovo film di David
Fincher per Netflix. Proprio nelle scorse ore, Charles
Dance, ospite a Venezia 77, aveva parlato del film,
definendo Fincher un vero e proprio genio e informando che il film
era stato girato con le stesse lenti che Welles aveva usato per
Quarto Potere, visto che racconta proprio del
backstage di quel capolavoro.
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Dopo aver lanciato brand del calibro
di House of Cards e Mindhunter,David Fincher torna a lavorare con
Netflix. Il regista dirigerà
Mank, un progetto dalla lunghissima gestazione per
lui, che racconta dell’uomo che ha condiviso con Orson
Welles il premio Oscar per la migliore sceneggiatura
originale di Quarto
Potere.
A interpretare lo sceneggiatore,
Herman J. Mankiewicz, ci sarà Gary
Oldman, mentre il film è stato scritto da Howard
Fincher il padre defunto di David.
Il film dovrebbe entrare in fase di
riprese il prossimo novembre a Los Angeles, e Fincher girerà in
bianco e nero. A produrre il film invece troviamo Ceán
Chaffin, frequente collaboratrice di Fincher, e
Douglas J. Urbanski che aveva già prodotto L’ora
più buia, film per il quale Oldman ha il premio Oscar come migliore
attore protagonista.
Mank doveva essere
il progetto a cui David Fincher voleva dedicarsi
dopo The Game del 1997, con Kevin
Spacey accreditato come protagonista, tuttavia la
produzione è stata rallentata a causa della decisione di Fincher di
girare in bianco e nero, proprio come Quarto Potere.
Mankiewicz è stato uno degli
sceneggiatori più noti e meglio pagati nei primi anni di Hollywood
e ha lavorato con Orson Welles per Quarto
Potere. Ex-corrispondente di Berlino per il Chicago
Tribune e critico teatrale del New York Times e del New Yorker,
Mankiewicz ha scritto alcuni dei film più importanti del suo
periodo, e sia lui che Welles hanno condiviso l’Oscar per la
migliore sceneggiatura originale per Quarto Potere
nel 1941. Altri film a cui ha lavorato durante la sua carriera
includono Il mago di Oz, L’uomo del mondo, Pranzo alle
otto, L’idolo delle folle e The Pride of St.
Louis.
Oldman ha appena recitato per
Netflix nel film diretto da Steven SoderberghThe Laundromat, il film drammatico che racconta lo
scandalo dei Panama Paper, insieme a un cast che
include Meryl Streep e Antonio
Banderas.
Sempre per Netflix,
David Fincher ha prodotto la raccolta di racconti
animati Love, Death & Robots.
Dopo aver lanciato brand del
calibro di House of Cards e
Mindhunter,David Fincher torna a
lavorare con Netflix. Mank,
un progetto dalla lunghissima gestazione per lui, racconta
dell’uomo che ha condiviso con Orson Welles il
premio Oscar per la migliore sceneggiatura originale di Quarto
Potere.
A interpretare lo sceneggiatore,
Herman J. Mankiewicz, ci sarà Gary Oldman, mentre il film è stato scritto da
Howard Fincher il padre defunto di David. Il film
dovrebbe entrare in fase di riprese il prossimo novembre a Los
Angeles, e Fincher girerà in bianco e nero. A produrre il film
invece troviamo Ceán Chaffin, frequente
collaboratrice di Fincher, e Douglas J. Urbanski
che aveva già prodotto L’ora più buia, film per il quale Oldman ha
il premio Oscar come migliore attore protagonista. Mank doveva
essere il progetto a cui David Fincher voleva
dedicarsi dopo The Game del 1997, con Kevin
Spacey accreditato come protagonista, tuttavia la
produzione è stata rallentata a causa della decisione di Fincher di
girare in bianco e nero, proprio come Quarto Potere.
Mankiewicz è stato uno degli
sceneggiatori più noti e meglio pagati nei primi anni di Hollywood
e ha lavorato con Orson Welles per Quarto
Potere. Ex-corrispondente di Berlino per il Chicago
Tribune e critico teatrale del New York Times e del New Yorker,
Mankiewicz ha scritto alcuni dei film più importanti del suo
periodo, e sia lui che Welles hanno condiviso l’Oscar per la
migliore sceneggiatura originale per Quarto Potere
nel 1941. Altri film a cui ha lavorato durante la sua carriera
includono Il mago di Oz, L’uomo del mondo, Pranzo alle
otto, L’idolo delle folle e The Pride of St.
Louis. Oldman ha appena recitato per Netflix nel film
diretto da Steven SoderberghThe
Laundromat, il film drammatico che racconta lo scandalo
dei Panama Paper, insieme a un cast che include
Meryl Streep e Antonio Banderas.
Sempre per Netflix, David Fincher
ha prodotto la raccolta di racconti animati Love, Death &
Robots.
A sei anni dal suo ultimo film,
Gone Girl – L’Amore Bugiardo, David
Fincher sceglie Netflix per tornare alla regia e racconta Mank,
la storia dietro alle quinte di Quarto Potere.
Dopo aver lanciato brand del calibro di House of
Cards e Mindhunter,David
Fincher torna a lavorare con Netflix. Il
regista dirigerà Mank, un progetto dalla
lunghissima gestazione per lui, che racconta dell’uomo che ha
condiviso con Orson Welles il premio Oscar per la
migliore sceneggiatura originale di Quarto
Potere.
A interpretare lo sceneggiatore,
Herman J. Mankiewicz, ci sarà Gary
Oldman, mentre il film è stato scritto da Howard
Fincher il padre defunto di David. Il film dovrebbe
entrare in fase di riprese il prossimo novembre a Los Angeles, e
Fincher girerà in bianco e nero. A produrre il film invece troviamo
Ceán Chaffin, frequente collaboratrice di Fincher,
e Douglas J. Urbanski che aveva già prodotto L’ora
più buia, film per il quale Oldman ha il premio Oscar come migliore
attore protagonista. Mank
doveva essere il progetto a cui David Fincher
voleva dedicarsi dopo The Game del 1997, con
Kevin
Spacey accreditato come protagonista, tuttavia la
produzione è stata rallentata a causa della decisione di Fincher di
girare in bianco e nero, proprio come Quarto Potere.
Mankiewicz è stato uno degli
sceneggiatori più noti e meglio pagati nei primi anni di Hollywood
e ha lavorato con Orson Welles per Quarto
Potere. Ex-corrispondente di Berlino per il Chicago
Tribune e critico teatrale del New York Times e del New Yorker,
Mankiewicz ha scritto alcuni dei film più importanti del suo
periodo, e sia lui che Welles hanno condiviso l’Oscar per la
migliore sceneggiatura originale per Quarto Potere
nel 1941. Altri film a cui ha lavorato durante la sua carriera
includono Il mago di Oz, L’uomo del mondo, Pranzo alle
otto, L’idolo delle folle e The Pride of St.
Louis. Oldman ha appena recitato per Netflix nel film
diretto da Steven SoderberghThe
Laundromat, il film drammatico che racconta lo scandalo
dei Panama Paper, insieme a un cast che include
Meryl Streep e Antonio Banderas.
Sempre per Netflix, David Fincher
ha prodotto la raccolta di racconti animati Love, Death &
Robots.
A sei anni dal suo ultimo film,
L’Amore Bugiardo – Gone Girl, David
Fincher si siede di nuovo sulla sedia di regia e regala al
mondo
Mank, la sua undicesima fatica disponibile
direttamente su Netflix a partire dal 4 dicembre 2020. Ed è paradosso
che un lavoro del genere, di tale scopo e grandezza, arrivi
direttamente sulla piattaforma, confinato sugli schermi di casa o,
peggio, dei pc degli abbonati. Certo, Fincher ha un rapporto
privilegiato con il colosso dello streaming, alla luce della sua
produzione seriale, eppure come Martin Scorsese,
che ha trovato spazio solo su Netflix per il suo The Irishman, così il regista di
Seven ha trovato il suo spazio per raccontare la
sua storia.
Mank è il
nomignolo di Herman J. Mankiewicz, brillante
sceneggiatore e personaggio scomodo, alcolista e avversario del
golden boy di Hollywood, quell’Orson Welles a cui,
a soli 24 anni, la RKO offrì carta bianca per realizzare il suo
debutto al cinema, Quarto Potere. Il film
ripercorre il processo creativo di Mankiewicz per realizzare la
sceneggiatura che conquistò il premio Oscar nel 1942. Il lavoro di
Fincher, che si avvale di una sceneggiatura firmata dal padre
Jack Fincher molti anni fa e che lui ha certamente
rimaneggiato pur non comparendo nel credits, non si può assimilare
né al biopic su Mank, né al racconto del making of del più grande
film della storia del cinema.
Ficher racconta il presente
attraverso la contemporaneità di Mank
Ammantando la storia che
vuole raccontare di nostalgia, David Fincher
utilizza lo spazio del film per mettere in scena il suo Paese, le
difficoltà che esso affronta sia da un punto di vista politico sia
da quello dell’informazione, attraverso un lavoro che percorre
tanti punti di vista, tanti personaggi, tante situazioni,
scegliendo la forma del flashback per giustificare e raccontare
qual è il mondo, la Hollywood nella quale Mank stesso vive a dalla
quale attinge il materiale che riverserà nella storia di
Charles Foster Kane. Le writers room, la crisi
economiche, le elezioni in California, la nube che si addensa
sull’Europa, William Randolph Hearst (magnate
della comunicazione su cui varrà modellato il Kane immaginario), la
dolce Marion Davies, l’alcol, la devozione di e
per Sara, ma soprattutto l’impossibilità di tacere qualsiasi
pensiero, anche il più scomodo, che passa per la testa del
protagonista.
L’humus in cui prospera
Mankiewicz è ricchissimo e David
Fincher lo racconta con un occhio clinico, mai schierato,
sebbene venga il sospetto, a vedere confronti aspri tra il
protagonista e il bimbo prodigio, che l’ago del regista penda dalla
parte del primo. Tuttavia non viene mai messa in scena solo la sua
voce, ma un insieme di punti di vista, di personaggi, che danno
spessore alla storia, rendendola viscosa da attraversare.
Gli omaggi a Quarto
Potere si sprecano, nelle inquadrature, nelle scelte
estetiche, nella disposizione degli oggetti in scena, tuttavia il
vero punto di contatto tra Mank
e il film del 1941 sembra essere il forte parallelismo costruito
tra la mente di Mank stesso e la misteriosa
Rosabella. La funzione dello slittino di Kane, quell’oggetto
misterioso che dà il via alla narrazione e che in qualche modo
contiene la soluzione dell’enigma sulla vera natura e identità del
protagonista del film di Welles, è la stessa che per Fincher ha la
mente del protagonista, intorno alla quale si costruisce una storia
polifonica, rivolta all’attualità, al mondo in cui vive il regista
di Denver. In questo parallelo si esplica al meglio l’amore per il
cinema thriller che ha Fincher e che in più di un’occasione ha
declinato nelle maniere più differenti nei suoi racconti per il
grande schermo.
La dicotomia tra racconto
contemporaneo e ricostruzione storica si rivela anche nello stile
che Fincher adotta per raccontare. La fotografia in bianco e nero,
le lenti scelte per inquadrare i suoi attori, le angolazioni, i
costumi, persino la ricostruzione musicale certosina dei soliti
ottimi Trent Reznor e Atticus Ross ci raccontano
un film girato 80 anni fa. Di contrasto le interpretazioni, le
battute affilate, i concetti che il film mette in scena sono
modernissimi e ne svelano l’effettiva contemporaneità. In
particolare le interpretazioni di Gary Oldman,
Amanda Seyfried, Lily Collins, Tuppence
Middleton,Tom Burke e di tutto il
cast del film regalano uno spessore e una polifonia di punti di
vista degni del miglior racconto corale.
Il lavoro svolto sull’immagine, che
sfarfalla e gracchia, è un messaggio d’amore profondo ad un
immaginario che non esiste più, tanto potente e attuale proprio
perché sarà fruito su schermi piccoli, casalinghi. Mank
è dunque un film che potrebbe rappresentare un vero e proprio
spartiacque per il futuro della sala, di fronte ad una situazione
contemporanea in cui l’istituzione stessa del cinema è messa in
pericolo.
Il grande cinema su
Netflix
Da un punto di vista distributivo,
Mank
è la prosecuzione di un lavoro organico e continuo che Netflix ha
cominciato ormai più di un paio di anni fa con Roma di Alfonso Cuaron, e che
ha portato avanti con grande successo con titoli del calibro del
citato The Irishman, ma anche Storia di un matrimonio e il recente Il processo ai Chicago 7. La casa del grande
cinema resta la sala, sicuramente, ma la piattaforma si offre
sempre più come un porto franco per quei cineasti che non si
piegano alle logiche degli studios, quelle figure ormai eroiche non
vogliono assoggettarsi alla logica che “l’unica vera star è Leo il
leone” (come dice in Mank un rampante
Louis B. Mayer riferendosi al logo della MGM),
quegli artisti del nostro tempo che vogliono ancora il loro spazio
per raccontare la contemporaneità, attraverso la propria lente.
Il decennio del 2010 era stato
inaugurato da David Fincher con uno dei migliori
film del cinema contemporaneo, The Social Network,
che ancora oggi dice moltissimo del mondo in cui viviamo. In
apertura del nuovo decennio, Fincher prova di nuovo a regalarci un
titolo che potrebbe accompagnarci per i prossimi dieci anni,
un’altra opera attuale, ricca, intelligente e personale.
Dal 2012 è noto che
Sony Pictures Animations è interessata alla
trasposizione cinematografica della serie tv
cult Manimal. Adesso lo studio ha
messo al lavoro Jay Martel e Ian
Roberts per la sceneggiatura del film, con Jimmy Miller
che si occuperà della produzione. Anche Will
Ferrel e Adam McKay sarebbero coinvolti
nel progetto come produttori.
Come gli appassionati ricorderanno,
protagonista di Manimal è un giovane
playboy di successo, Jonathan Chase, che nasconde un incredibile
segreto: ha infatti ereditato dal padre il potere di trasformarsi
in qualsiasi animale desideri. Jonathan decide di mettere questa
sua ‘dote’ al servizio della giustizia, facendo da consulente alla
polizia. Apice degli episodi era naturalmente il momento della
trasformazione, mai mostrata completamente: gli effetti speciali e
il budget dell’epoca permettevano di mostrare soprattutto la testa
del protagonista ‘allungarsi’ e riempirsi di piume nel caso della
mutazione in falco, o la mano deformarsi nel caso di quella in
pantera. La serie, firmata da Glen A. Larson, non ebbe grande
fortuna, limitandosi a un solo ciclo di otto episodi. Il
protagonista, Simon MacCorkindale (morto a soli 48
anni per un tumore) ebbe in seguito un ruolo di un certo rilievo
nella soap Falcon Crest e più tardi, nella prima metà degli anni
2000, nel medical – drama Casualty, trasmesso da BBC One. A un
certo punto venne ritenuto un possibile successore di Roger Moore
per il ruolo di James
Bond, poi assegnato a Timothy Dalton. La protagonista
femminile, Melody Anderson, aveva precedentemente ottenuto una
certa notorietà grazie al suo ruolo nel film di Flash Gordon.
Netflix ha
svelato il primo teaser per l’imminente premiere degli episodi
finali di Manifest4 – Parte 2. Il video prende in giro la fine
del mondo mentre i passeggeri del volo 828 si riuniscono per
trovare un modo per impedire che accada il giorno del giudizio.
Gli episodi
rimanenti dell’ultima stagione dovrebbero
iniziare in streaming il 2 giugno.
La trama di
Manifest 4 Parte 2.
“Dopo che Angelina ha
scatenato una devastante fessura vulcanica, i passeggeri devono
affrontare un severo controllo in un mondo alimentato dall’odio
degli 828er, non più liberi di risolvere le proprie chiamate senza
la costante supervisione del Registro 828. Un misterioso incidente
rivela minacciosi avvertimenti che metteranno ulteriormente a
repentaglio il sostentamento di tutti i passeggeri. Mentre
Michaela è addolorata per la perdita del suo amato marito Zeke,
deve collaborare con la sua vecchia fiamma Jared per trovare nuovi
metodi per indagare su Callings. Nel frattempo, Ben e Saanvi
tentano di collaborare con le autorità del Registro, il che porta
solo a risultati disastrosi per i passeggeri. Miracolosamente,
un evento mitologico riattiva la cicatrice del drago carica di
zaffiro di Cal, offrendo un barlume di speranza per gli 828ers per
sopravvivere alla data della morte che si avvicina
rapidamente.
La quarta stagione
di Manifest
“Due anni dopo l’omicidio violento
di Grace che aveva sconvolto le loro vite, la famiglia Stone è
distrutta, con un devastato Ben che continua a piangere la moglie e
a cercare Eden, la figlia rapita. Consumato da questo dolore, Ben
si è dimesso dal ruolo di co-capitano della scialuppa, lasciando il
comando a Michaela, un incarico quasi impossibile visto che i
movimenti di ogni passeggero sono ora controllati da un registro
del governo. Mentre la data di morte si avvicina sempre più e i
passeggeri cercano con sempre maggiore disperazione un modo per
sopravvivere, arriva un personaggio misterioso con un pacchetto per
Cal che stravolge tutto ciò che sanno del volo 828 e permetterà di
scoprire il segreto delle chiamate attraverso un viaggio
profondamente emotivo, coinvolgente e spiazzante.
Melissa Roxburgh, Josh
Dallas, J.R. Ramirez, Luna Blaise, Ty Doran, Parveen Kaur, Matt
Long, Holly Taylor, Daryl Edwards. Ideatore /
Showrunner / Produttore esecutivo: Jeff Rake.
Produzione esecutiva: Jack Rapke, Jackie Levine, Len
Goldstein
Arriva nelle sale italiane dal 23
al 25 ottobre Manifesto, il film diretto, scritto
e prodotto da Julian
Rosefeldt, regista e video artista tedesco: al tempo
stesso una celebrazione del manifesto in quanto testo e una
riflessione sul valore e sul senso del manifesto oggi. Nato come
installazione nel 2015, poi diventato un lungometraggio, quindi
passato al Sundance Festival 2017, è un’opera in cui l’attrice
premio Oscar Cate Blanchett si fa in tredici, interpretando
altrettanti personaggi in scenari diversi, dando voce e corpo ad
alcuni tra i manifesti letterari, artistici e cinematografici più
significativi dal ‘900 ad oggi.
Misurare l’attualità di quelle
parole nella società odierna, la forza della carica distruttiva e
rivoluzionaria che spesso le accomuna, immergendole in contesti
reali, era la scommessa del regista. Idea interessante dagli esiti
eterogenei. A volte parole e scenario cozzano volutamente,
dimostrando quanto la realtà attuale sia lontana da esse: un
senzatetto che inneggia alla rivoluzione e dichiara la fine del
capitalismo al vento, in un paesaggio postindustriale desolato;
l’operaia di un inceneritore, chiuso, fetido e illuminato solo da
luci artificiali, che lavora e intanto immagina un mondo pervaso
dalla luce, splendente, aperto alla natura. Oppure, stridendo col
contesto, le parole creano un divertente effetto di straniamento,
come nel caso di una madre di famiglia conservatrice che costringe
i suoi a recitare il manifesto della pop art come preghiera prima
del pasto.
L’attualità di alcuni manifesti è
sorprendente: le parole del futurista Marinetti risuonano nella
mente di una broker, e con la loro ossessione per la velocità, per
l’attimo in cui tutto accade, la carica distruttrice verso il
passato e la smania di prendersi il futuro sembrano cucite addosso
ai lupi di Wall Street; i manifesti dell’arte concettuale e del
minimalismo in bocca alla conduttrice di un Tg e ad un’inviata
fanno riflettere sul concetto di falsità in relazione
all’informazione, non senza un sorriso; enunciate da una maestra
agli alunni, le Regole d’Oro del Filmmaking sono un inno alla
libertà per i piccoli, al contrario dei rigidi principi del Dogma
95. Ed è proprio nei bambini che il regista sembra confidare, nella
loro innocenza e vitalità, nella capacità un giorno di cambiare il
mondo, al di là delle parole.
Altrove l’accostamento tra
manifesto e scenario è meno fecondo, più scontato, come quando una
punk che si scaglia contro i musicisti desiderosi solo di
compiacere il pubblico, orgogliosa del proprio isolamento dalla
massa.
Cate Blanchett interpreta 13
personaggi in Manifesto – trailer
Nella maratona interpretativa dei
tredici personaggi, Blanchett si lancia senza risparmiarsi,
mostrando le molteplici sfaccettature del suo talento artistico. Le
interpretazioni più efficaci sono senza dubbio quelle più misurate,
che conservano naturalezza senza rinunciare all’intensità. Altre
finiscono per essere troppo sopra le righe, accentuate nei toni
declamatori, forse per una volontà del regista di restituire la
veemenza dirompente del manifesto, ma ottenendo uno sgradevole
effetto di forzatura.
Esteticamente molto valide alcune
scelte, che si devono anche al Rosefeldt artista visuale, come le
suggestive inquadrature dall’alto nello scenario del senzatetto,
che immergono gradualmente lo spettatore in un’atmosfera lugubre,
tra le macerie; ma anche il vortice di una scalinata, una parete di
cunei, edifici come meccanismi perfetti ma alienanti e
asettici.
Il film ha alti e bassi, fa
riflettere, a volte sorridere, può sorprendere, ma al contempo
soffre della sua struttura rigida, della presenza preponderante di
testi che non sono nati con e per il film, ma restano pur sempre
testi letterari recitati, il che non avvicina il pubblico, pur
catturato dalla presenza magnetica e dal fascino di Cate Blanchett.
Grazie soprattutto alle numerose
piattaforme di streaming a pagamento, come Netflix e Amazon Prime, il
panorama televisivo è ormai sovraccarico di contenuti di ogni forma
e genere. Tuttavia, nonostante la corposa offerta, il pubblico
sembra aver imparato a fare selezione e a premiare principalmente
le serie tv e i film più originali o meglio realizzati. Negli
ultimi anni ci sono diverse serie, americane e non, che sono
riuscite a catturare l’attenzione del pubblico e tra queste c’è
anche Manifest.
Si tratta di una serie tv
sci-fi mistery thriller statunitense, ideata da
Jeff Rake per il network della
NBC. Andata in onda per la prima volta negli
States nel settembre 2018, la serie è sbarcata in Italia solo un
mese più tardi su Mediaset Premium, canale a
pagamento del gruppo Mediaset. Ma grazie al successo ottenuto, la
prima stagione di Manifest è stata trasmessa in chiaro un anno più
tardi, nel 2019 su Canale 5.
Manifest: la trama e il cast
La famiglia Stone,
di ritorno dalle vacanze in Giamaica, si separa prendendo voli
differenti. Nel primo volo ci sono Ben (Josh
Dallas) e Michaela (Melissa
Roxburgh), fratello e sorella, e Cal (Jack
Messina), figlio di Ben. Sul secondo volo, invece, ci sono
Steve (Malachy Cleary) e Karen (Geraldine
Deer), genitori di Ben e Michaela, Grace (Athena
Karkanis), moglie di Ben, e Olive (Luna
Blaise), figlia di quest’ultima.
Mentre il volo con a bordo Steve,
Karen, Grace e Olive atterra senza problemi, il Volo
828 con a bordo, Ben, Michaela e Cal scompare dai radar.
Le autorità cominciano a indagare ma, dopo settimane di ricerche, i
passeggeri del Volo 828 vengono dati ufficialmente per dispersi. A
questo punto la serie fa un passo indietro nel tempo e nello spazio
per rivelare cos’è successo ai passeggeri del volo scomparso.
Frank Deal, Josh Dallas, and Melissa Roxburgh in Manifest – Fonte:
IMDB
A metà del viaggio, il volo di Ben,
Cal e Michaela incontra una terribile turbolenza che li accompagna
fino all’atterraggio a New York. Ma una volta scesi dall’aereo,
fanno una scoperta sconcertante; mentre per loro il volo è durato
poche ore, nel resto del mondo invece sono passati cinque
anni dal decollo.
Creduti ormai morti da tempo, i
passeggeri, vengono interrogati dalle autorità prima di essere
ricondotti dalle loro rispettive famiglie. Lo shock iniziale, da
entrambe le parti, lascia presto il posto alla gioia di
riabbracciarsi. Ma in cinque anni le cose sono cambiate. Karen
Stone è morta ormai da tempo a causa di un cancro e Jared
(J.R. Ramirez ), fidanzato di Michaela, si è
sposato con la migliore amica di lei, Lourdes (Victoria
Cartagena).
Nonostante il forte desiderio di
normalità, i passeggeri del Volo 828 non riescono a tornare alle
vite di tutti i giorni e, come se non bastasse, cominciano a
sentire delle strane voci nella testa…
Manifest 2, trama: a proposito
della seconda stagione
La prima stagione di
Manifest si concentra principalmente sul ritorno a
casa dei tre Stone e sulla risoluzione del mistero del velivolo
scomparso. L’alterazione spazio temporale incontrata dai passeggeri
è dunque al centro delle indagini, seconda solo alle loro
allucinazioni auditive che tutti cominciano ad avere.
In ognuno dei 16
episodi della prima stagione, i personaggi riescono a
scoprire nuove informazioni, piccoli tasselli di un puzzle molto
più grande e difficile da risolvere. Grazie a uno sforzo comune,
gli ex dispersi riescono a svelare alcuni dei segreti legati a
quella terribile esperienza, tuttavia, nuove domande e nuovi dubbi
si aggiungono alla lista. Gli indizi raccolti soprattutto da Ben e
Michaela, conducono fratello e sorella a una sconvolgente
conclusione. Sembra, infatti, che i cinque anni mancanti del volo
828 siano in effetti gli ultimi anni di vita rimasti a ognuno dei
passeggeri, destinati a morire entro l’anno
2024.
Josh Dallas, Melissa Roxburgh, and Parveen Kaur in Manifest –
Fonte: IMDB
Nella prima stagione di Manifest
gli autori sono molto astuti e rivelano i segreti della serie a
poco a poco, aggiungendo sempre più informazioni ambigue a ogni
episodio. La seconda stagione, quindi, riprende la storia da dove
si era interrotta, aggiungendo nuovi personaggi e confondendo
ancora una volta le carte in tavola.
Ma la corsa di
Manifest e dei passeggeri del Volo
828 non si ferma con la seconda stagione. Nonostante gli
ascolti della serie siano calati dal 2018, la NBC
a luglio 2020 ha deciso di rinnovare Manifest per una terza
stagione.
[SPOILER
ALERT]
La seconda stagione si è conclusa
con il ritrovamento di una parte dell’aereo in acque
cubane, cosa apparentemente impossibile visto che il Volo
828 è atterrato integro a New York cinque anni dopo il suo decollo.
Com’è possibile che un aereo, o parte di esso, si trovi in due
posti contemporaneamente? Inoltre, l’aereo in questione, è andato
distrutto con un’esplosione proprio all’inizio della prima
stagione. Le cose dunque si complicano e questo strano ritrovamento
potrebbe causare nuovi problemi ai passeggeri superstiti.
C’è inoltre un altro dettaglio del
finale della seconda stagione che potrebbe influenzare il destino
dei personaggi nella terza stagione. Alcuni dei passeggeri del volo
sono riusciti infatti a sopravvivere alla loro
preannunciata ‘data di morte’, informazione che infonde
speranza a Ben e Michaela che continuano a indagare.
Geraldine Leer in Manifest – Fonte: IMDB
Secondo quanto dichiarato da
Jeff Rake, autore della serie, a TV
Line, nella terza serie di Manifest salteranno fuori
nuovi passeggeri del volo misterioso e inoltre conosceremo alcuni
degli amici e anche dei nemici di Michaela. Nella storia entreranno
in balle molti nuovi personaggi che complicheranno le indagini e
probabilmente anche la risoluzione del caso.
Per adesso la terza stagione di
Manifest non ha ancora una data d’uscita certa, a causa
dell’epidemia di Corona Virus in corso che ha rallentato le
attività televisive e cinematografiche. Si spera, tuttavia, che
questa terza serie possa arrivare in tv il prossimo autunno.
Manifest su Mediaset Play: dove
vederlo in streaming
In attesa della nuova stagione di
Manifest, potete recuperare le puntate della prima
e della seconda stagione in streaming sul sito di
Mediaset
Play. Vi basterà effettuare la registrazione per poter
accedere gratuitamente ai contenuti multimediali
del sito.
Netflix
ha rilasciato il trailer della quarta stagionedi Manifest per gli
episodi rimanenti dell’ultima stagione del dramma di fantascienza,
che sarà presentato in anteprima il 2 giugno. Il video presenta
Ben, Maya, Cal e il resto dei passeggeri del volo 828 mentre
continuano a trovare un modo per fermare le loro date di morte e la
fine del mondo.Dai un’occhiata al trailer della quarta
stagione di Manifest qui sotto:
La trama di
Manifest 4 Parte 2.
“Dopo che Angelina ha scatenato una
devastante fessura vulcanica, i passeggeri devono affrontare un
severo controllo in un mondo alimentato dall’odio degli 828er, non
più liberi di risolvere le proprie chiamate senza la costante
supervisione del Registro 828. Un misterioso incidente rivela
minacciosi avvertimenti che metteranno ulteriormente a repentaglio
il sostentamento di tutti i passeggeri. Mentre Michaela è
addolorata per la perdita del suo amato marito Zeke, deve
collaborare con la sua vecchia fiamma Jared per trovare nuovi
metodi per indagare su Callings. Nel frattempo, Ben e Saanvi
tentano di collaborare con le autorità del Registro, il che porta
solo a risultati disastrosi per i passeggeri. Miracolosamente,
un evento mitologico riattiva la cicatrice del drago carica di
zaffiro di Cal, offrendo un barlume di speranza per gli 828ers per
sopravvivere alla data della morte che si avvicina rapidamente.
La quarta stagione
di Manifest
“Due anni dopo l’omicidio violento
di Grace che aveva sconvolto le loro vite, la famiglia Stone è
distrutta, con un devastato Ben che continua a piangere la moglie e
a cercare Eden, la figlia rapita. Consumato da questo dolore, Ben
si è dimesso dal ruolo di co-capitano della scialuppa, lasciando il
comando a Michaela, un incarico quasi impossibile visto che i
movimenti di ogni passeggero sono ora controllati da un registro
del governo. Mentre la data di morte si avvicina sempre più e i
passeggeri cercano con sempre maggiore disperazione un modo per
sopravvivere, arriva un personaggio misterioso con un pacchetto per
Cal che stravolge tutto ciò che sanno del volo 828 e permetterà di
scoprire il segreto delle chiamate attraverso un viaggio
profondamente emotivo, coinvolgente e spiazzante.
Melissa Roxburgh, Josh
Dallas, J.R. Ramirez, Luna Blaise, Ty Doran, Parveen Kaur, Matt
Long, Holly Taylor, Daryl Edwards. Ideatore /
Showrunner / Produttore esecutivo: Jeff Rake.
Produzione esecutiva: Jack Rapke, Jackie Levine, Len
Goldstein
Deciso a non essere
ricordato unicamente come Frodo Baggins( sebbene si sia comunque
concesso un cameo nella nuova trilogia de Lo Hobbit di Peter
Jackson) Elijah Wood sembra adesso
prediligere particolarmente i ruoli da serial Killer: presto
potremmo infatti vederlo di nuovo in sala con
Maniac, ultimo film di Franck
Khalfoun e remake dell’omonimo Horror del 1980. Girato
tutto in soggettiva( non potremo mai vedere in faccia Wood se
attraverso lo specchio)Maniac vedrà l’attore nei panni di un serial
killer di donne segnato da un’infanzia di violenza e abuso.
Qualche tempo fa vi
avevamo proposto le prime foto di Maniac, il thriller che vede
protagonista Elijah Wood nei panni di un maniaco assassino. Il film
è stato presentato all’ultimo
Vi presentiamo tre nuovi poster di
altrettanti film: Prometheus, Looper e Maniac. Il primo, sci-fi
diretto da Ridley Scott, vedrà un gruppo di scienziati
spingersi nel cosmo profondo per sondare i misteri dell’origine
della vita e della natura umana; arriverà in Italia il prossimo
autunno. Looper, un thriller fantascientifico diretto da Rian
Johnson, opporrà Bruce Willis a Joseph Gordon-Levitt (i due sono le
versioni “futura” e “presente” di uno stesso personaggio); sarà
nelle sale USA dal 28 settembre. Maniac, remake dell’omonimo film
degli anni ’80, racconterà le sanguinolente avventure
dell’assassino Frank Zito, interpretato da Elijah Wood; regia di
Frank Khalfoun. Ecco i poster annunciati!
Ecco un rapido sguardo alla nuova
locandina di Maniac, il rivoluzionario ed
attesissimo thriller di Franck Khalfoun
con Elijah Wood e Megan
Duffy. per il momento il poster è disponibile solo in
fotografia, ma ben presto ne verrano rilasciati di nuovissimi.
Ecco la trama:
Un serial killer
lavora in un negozio che vende manichini d’antiquariato.
L’uomo trova le sue vittime in internet e dà loro la caccia come
fossero prede. Il tutto mentre soffre continuamente di
allucinazioni che lo trasportano indietro nel passato, quando
subiva abusi da parte della madre. Nella sua mente contorta, lui si
vendica della madre ogni volta che uccide qualcuno.
Scritto e prodotto da Alexandre Aja
(Piranha 3D) e Grégory Lavasseur, il film arriverà nei cinema
francesi il 26 dicembre.
Si parlava da po’ di un possibile
reebot della serie Maniac Cop, Horror con protagonista un
sadico poliziotto sfigurato e assassino. Ora gli sceneggiatori e
registi della saga sembrano aver trovato in Nicolas Winding
Refn l’uomo giusto cui affidare tutta l’operazione.
Mauro
Mancini torna a dirigere Alessandro Gassman nel suo nuovo lavoro
Mani nude, presentato nella sezione Grand
Public alla Festa del
Cinema di Roma. Gli affianca il giovane e talentuoso
Francesco Gheghi, già vincitore del Premio
Orizzonti come miglior attore alla scorsa
Mostra del Cinema di Venezia per Familia, qui chiamato ad una prova
molto impegnativa.
La trama di Mani
nude
Il diciottenne Davide,
Francesco Gheghi, viene rapito una notte, fuori
dal locale dove sta festeggiando con gli amici. Chiuso in un
camion, è costretto a combattere a mani nude contro un avversario,
fino a ucciderlo. A rapirlo è stato Minuto, Alessandro
Gassmann, che subito lo conduce in una sorta di universo
parallelo dove inizia per lui una nuova, assurda e terribile vita.
Su una nave vivono e si allenano altri come lui, destinati a
battersi in combattimenti clandestini, a mani nude, fino alla morte
di uno dei due contendenti. Li chiamano cani, e come animali sono
trattati. Minuto ha il compito di preparare Davide a combattere,
mentre il boss, Renato Carpentieri, incassa i proventi delle
scommesse sugli incontri clandestini. Tra il ragazzo e il suo
maestro si instaura un rapporto quasi filiale. Incontro dopo
incontro, Davide cova in sé la rabbia e la sete di vendetta che lo
portano a sopravvivere, mentre una serie di interrogativi emergono.
Perché Minuto ha scelto lui? Chi è davvero Minuto? Soprattutto,
esiste una via di fuga da quell’inferno? Mentre i tasselli del
puzzle si compongono, appare chiaro che nessuno è ciò che sembra e
ognuno ha la sua colpa da espiare.
Mauro Mancini indaga
il lato più oscuro dell’uomo
Dopo Non odiare, il
regista indaga ancora il lato oscuro dell’animo umano e sentimenti
come l’odio e la vendetta, che spesso portano alla violenza. Quella
di Mancini, però, è una visione complessa, per nulla manichea, che
mostra come ciascuno sia sempre un insieme di elementi anche
fortemente contrastanti. Il bene e il male, sembra dirci il
regista, fanno parte della natura umana e convivono anche nelle
persone più insospettabili. Altra caratteristica che Mancini
mantiene è quella di orchestrare la storia come un noir, questa
volta più cupo e crudo che mai, in cui pian piano si scoprono pezzi
della vicenda ed emerge qualcosa che era nascosto nel passato dei
protagonisti.
Due prove attoriali
impegnative e convincenti
Francesco Gheghi e
Alessandro Gassmann incarnano a pieno questa visione: entrambi
responsabili di qualcosa che non riescono neppure a dire, entrambi
colpevoli, ma al tempo stesso capaci di umanità, perfino di amore,
verso una ragazza – Eva, Fotinì Peluso, per Davide – o verso una
figlia, come per Minuto. I due attori sono stati posti quindi di
fronte a sfide non facili e hanno potuto dare prova di saper
interpretare un arco emotivo amplissimo. Gassmann, che sembra
essere un carceriere insensibile e spietato, mostra poi le sue
fragilità e un lato profondamente umano. Gheghi deve fare appello a
tutte le sue risorse – e sembrano essere molte – per interpretare
un adolescente confuso nella massa dei coetanei che diventa un
killer rabbioso, accecato dall’odio, per poi mutare di nuovo e
regalare altre sfumature al personaggio. Menzione va fatta, per
Renato Carpentieri, che interpreta l’anima più nera del film.
Una costruzione
distopica troppo cruda e violenta
Per Mani nude Mancini
vuole fare le cose in grande e forse per questo, esagera. Il
regista non si accontenta di una storia “ordinaria” che si
trasforma in qualcosa di assai meno scontato, come era stato per
Non odiare. Crea invece un vero e proprio universo distopico, una
sorta di girone infernale nel quale si è sottoposti a una pena del
contrappasso. Tutti i combattenti sono lì perché hanno dei conti in
sospeso, dei torti o dei debiti da ripagare, come Puma, Paolo
Madonna, cui Davide si legherà. Il loro diventa quindi un percorso
di espiazione di una colpa, e di atroce sofferenza, per sé e per
coloro di cui causano la morte. Non vi è traccia, invece, della
ricompensa cui si fa riferimento nella citazione a inizio film. È
proprio questo ad essere disperante: non esiste possibilità di
ricompense, redenzioni o fughe, proprio come all’inferno: una volta
entrati, vi si resta per l’eternità. Per rendere credibile questa
visione, il regista deve chiaramente estremizzare ed enfatizzare il
suo registro. Ma il tasso di violenza, di crudezza è davvero troppo
elevato. C’è una ridondanza che può stancare, se non infastidire lo
spettatore.
Mani nude è una
costruzione coinvolgente, ma angosciante e senza speranza
Allo stesso tempo, però,
Mani nude coinvolge nel suo essere disturbante,
claustrofobico, angosciante e spingere lo spettatore a seguire la
vicenda per scoprirne l’evoluzione, mentre si interroga sulle
pulsioni oscure oggetto del film. Mancini non usa mezze misure e
spinge chi guarda fino al limite. Il lavoro lascia una sensazione
di angoscia che perdura nel tempo, frutto della combinazione tra
violenza, elementi cruenti e atmosfere cupe e inquietanti. Il tutto
mette davvero a dura prova anche i più temerari. Mani nude è un
film di violenza e rabbia, odio e vendetta, disperata ricerca di
salvezza. Il tutto amplificato anche da un finale aperto. Il camion
che gira in tondo è il perfetto emblema di una spirale che non si
chiude. In questo universo provano a fare capolino dei sentimenti
positivi, ma non trovano spazio.
Con Il silenzio degli
innocentiHannibal Lecter è diventato uno dei
personaggi più iconici del cinema, merito anche
dell’interpretazione da Oscar di Anthony
Hopkins. Protagonista poi anche di diverse opere
successive al film del 1991, Lecter era in realtà già apparso sul
grande schermo nel 1986 con il celebre film Manhunter –
Frammenti di un omicidio (dove il cognome viene però
modificato in Lektor), diretto dal maestro del cinema
d’azione Michael Mann (suoi sono acclamati
film come Heat – La sfida, Insider – Dietro la verità
e Collateral). Questo
film ha così gettato le basi per una vera e propria mitologia,
riadattando i canoni del genere per dar vita a nuove forme di paura
e tensione.
Oltre ciò, Manhunter si
presenta però come un’opera più complessa di quanto potrebbe
sembrare in apparenza. Non si tratta della classica storia di sfida
tra detective e serial killer, poiché questo rapporto è arricchito
da una serie di elementi che rendono i due personaggi a loro modo
speculari, entrambi figli di una società malsana che li circonda.
Caratterizzati dai colori blu e verde, ricorrenti in tutto il film,
i due personaggi anticipano quella sfida tra bene e male
riscontrabile anche in Heat, dove però i confini tra
questi due valori vengono spesso ad essere poco definiti.
Con Manhunter, Mann
suggerisce dunque di come per poter catturare un serial killer,
occorra esserlo a propria volta. Poco apprezzato al momento della
sua uscita, quest’opera è oggi un cult imperdibile e da riscoprire
in ogni suo aspetto, tanto narrativo quanto tecnico e visivo. Prima
di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi al libro, alla
trama e al cast di attori.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Manhunter – Frammenti di un
omicidio: il libro da cui è tratto il film
Il film di Mann, di cui egli è anche
sceneggiatore oltre che regista, è tratto dal romanzo del 1981
Red Dragon, scritto da Thomas
Harris. Si tratta del primo libro a contenere il
personaggio di Hannibal Lecter e gli altri divenuti poi popolari
con i film. Harris, da sempre appassionato delle storie dedicate a
serial killer, si documentò molto prima di scrivere la propria,
incontrando agenti dell’FBI e apprendendo da loro tutto ciò che
c’èra da sapere su queste personalità. Scritto in quasi totale
isolamento in un monolocale di circa 3.5 metri quadrati, il libro
divenne poi un successo straordinario, incontrando da subito
l’interesse di Hollywood.
Per il primo adattamento, quello di
Manhunter, si decise tuttavia di modificare il titolo
poiché Red Dragon poteva far pensare ad un film di arti
marziali. Nel 2002, tuttavia, è stato realizzato un nuovo
adattamento del romanzo, stavolta con il titolo di Red
Dragon. Nel tempo trascorso tra i due film, però, Harris aveva
pubblicato anche due sequel del suo romanzo, rispettivamente Il
silenzio degli innocenti e Hannibal. Entrambi furono
poi adattati negli omonimi film, usciti nel 1991 e nel 2001. Con
questa trilogia Harris si concentrò sempre di più sulla figura di
Hannibal Lecter, rendendolo il personaggio iconico che oggi tutti
conosciamo.
Manhunter – Frammenti di un
omicidio: la trama del film
Protagonista del film è l’ex agente
Will Graham, ora andato in pensione anticipata
dopo aver subito gravi ferite fisiche e psichiche in seguito ad uno
scontro con il serial killer cannibale Hannibal
Lektor. Sapendo ora il criminale dietro le sbarre di una
prigione di massima sicurezza, Graham può godersi il suo meritato
riposo insieme alla moglie Molly e al figlio
Kevin, cercando di dimenticare quanto accadutogli.
La comparsa di un nuovo assassino, che si fa chiamare Dente
di Fata, scuote profondamente la sua tranquillità. Il
killer si è infatti affermato per il suo commettere spaventose
stragi durante le notti di plenilunio, dove giovani coppie con
bambini sono sterminate secondo macabri rituali.
Gli ex datori di lavoro di Graham
non tardano a chiedergli di tornare in azione per dedicarsi al
caso, in quanto solo lui conosce talmente bene la mente criminale
da poterla anticipare. Non sapendo resistere all’offerta, Graham
decide infine di dedicarsi a questo nuovo caso. Il suo metodo
investigativo, però, richiede di immedesimarsi nella parte
dell’assassino, il che è ora per lui estremamente gravoso sul piano
emotivo. Per poter riuscire a portare a termine quel caso, l’agente
si vedrà dunque costretto a rivolgersi alla persona di cui più ha
terrore al mondo: Hannibal Lektor. Così facendo, Graham entra però
in una spirale di perdizione, nella quale finirà per essere
coinvolta anche la sua famiglia.
Manhunter – Frammenti di un
omicidio: il cast del film
Ad interpretare il protagonista,
Will Graham, vi è l’attore William Petersen, noto
in particolare per il ruolo di Gil Grissom in CSI – Scena del
crimine. Per prepararsi al ruolo l’attore ha lavorato insieme
al dipartimento di polizia di Chicago per apprendere quanto
necessario sul mesterie. Ha poi anche avuto modo di approfondire
l’impatto che i casi più disturbanti hanno sulla psiche degli
agenti. Grazie a queste informazioni ha potuto dare
un’interpretazione credibile del personaggio. Per il ruolo di
Hannibal Lektor è invece stato scelto l’attore Brian Cox. Egli
ha poi dichiarato di essersi ispirato per la propria
interpretazione al serial killer Peter Manuel, evidenziando come
per questo tipo di personaggi non esistano i concetti di giusto e
sbagliato.
L’attrice Kim
Greist è Molly, la moglie del protagonista, mentre
Stephen Lang è Freddy Lounds. La candidata
all’Oscar Joan Allen interpreta Reba McClane, una
donna cieca particolarmente centrale nella storia. Per il suo ruolo
l’attrice si è preparata camminando bendata per le strade di New
York. Infine, nei panni del serial killer Dente di Fata vi è
l’attore Tom Noonan. Per tutto il tempo delle
riprese egli rimase nei panni del personaggio, chiedendo che
nessuno degli attori che interpretavano le sue vittime avesse
contatti con lui e che il resto dei presenti gli si rivolgesse con
il nome del personaggio. Secondo molte testimonianze questo suo
comportamento ha generato una forte tensione sul set, accentuando
la paura nei suoi confronti.
Manhunter – Frammenti di un
omicidio: il trailer e dove vedere il film in streaming e in
TV
Sfortunatamente
Manhunter – Frammenti di un omicidio non
è presente su nessuna delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete. Il film è però presente nel palinsesto
televisivo di sabato 23 ottobre alle ore
23:30 sul canale Iris. Parallelamente, si
potrà vederlo sulla piattaforma Mediaset Play, in
modo del tutto gratuito.
Apple TV+
ha svelato oggi le prime immagini di Manhunt, la
nuova serie limitata di sette episodi interpretata dal premio Emmy
Tobias Menzies (“The Crown”, “Game of
Thrones”, “Outlander”) e creata dalla candidata all’Emmy
Monica Beletsky (“Fargo”, “The Leftovers – Svaniti
nel nulla”, “Friday Night Lights”), che è showrunner e produttrice
esecutiva. Anche il candidato all’Emmy Carl
Franklin (“Mostro: La storia di Jeffrey Dahmer”, “Qualcuno
sta per morire”, “Il diavolo in blu”), che ha diretto i primi due
episodi, è produttore esecutivo della serie.
1 di 7
Manhunt, quando esce e dove
vederla in streaming
Manhunt uscirà su
Apple
TV+ il 15 marzo 2024, con i primi due episodi seguiti
da nuovi episodi settimanali, fino al 19 aprile 2024.
Manhunt, la trama e il cast
Basato sul libro di James L.
Swanson, bestseller del New York Times e vincitore del premio
Edgar, “Manhunt” è un thriller cospirativo su uno dei crimini più
noti ma meno compresi della storia, il sorprendente racconto della
caccia a John Wilkes Booth all’indomani dell’assassinio di Abraham
Lincoln. Accanto a Menzies recitano Anthony Boyle
(“Tetris”, “Il complotto contro l’America”), Lovie
Simone (“Greenleaf”), Will Harrison
(“Daisy Jones & The Six”), Brandon Flynn
(“Tredici”), Damian O’Hare (“Hatfields & McCoys”),
Glenn Morshower (“The Resident”), Patton
Oswalt (“A. P. Bio”), Matt Walsh (“Veep –
Vicepresidente incompetente”) e Hamish Linklater
(“La grande scommessa”).
Manhunt è prodotto
da Apple Studios e coprodotto da Lionsgate Television, in
associazione con POV Entertainment, Walden Media, 3 Arts
Entertainment, Dovetale Productions e Monarch Pictures. Beletsky,
Franklin, Layne Eskridge e Kate Barry sono i produttori esecutivi.
Anche Swanson, autore di “Manhunt: The 12-Day Chase for Lincoln’s
Killer”, è produttore esecutivo insieme a Michael Rotenberg,
Richard Abate, Frank Smith e Naia Cucukov.
Apple Tv+ ha presentato al Television
Critics Association Winter Press Tour 2024 il trailer di
“Manhunt”, la nuova serie limitata di sette
episodi interpretata dal premio Emmy Tobias
Menzies (“The Crown”, “Game of Thrones”) e creata dalla
candidata all’Emmy Monica Beletsky (“Fargo”, “The
Leftovers – Svaniti nel nulla”, “Friday Night Lights”), che è
showrunner e produttrice esecutiva. La serie farà il suo debutto su
Apple Tv+ il 15 marzo 2024,
con i primi due episodi seguiti da nuovi episodi settimanali, fino
al 19 aprile 2024.
Basato sul libro di
James L. Swanson, bestseller del New York Times e vincitore del
premio Edgar, “Manhunt” è un thriller cospirativo su uno dei
crimini più noti ma meno compresi della storia, il sorprendente
racconto della caccia a John Wilkes Booth all’indomani
dell’assassinio di Abraham Lincoln. Accanto a Menzies recitano
Anthony Boyle, Lovie Simone, Will Harrison, Brandon Flynn, Damian
O’Hare, Glenn Morshower, Patton Oswalt, Matt Walsh e Hamish
Linklater.
“Manhunt” è prodotto
da Apple Studios e coprodotto da Lionsgate Television, in
associazione con POV Entertainment, Walden Media, 3 Arts
Entertainment, Dovetale Productions e Monarch Pictures. Beletsky,
Franklin, Layne Eskridge e Kate Barry sono i produttori esecutivi.
Anche Swanson, autore di “Manhunt: The 12-Day Chase for Lincoln’s
Killer”, è produttore esecutivo insieme a Michael Rotenberg,
Richard Abate, Frank Smith e Naia Cucukov.
Si sviluppa come un gioco
di specchi di ammirevole precisione Manhunt, la
nuova miniserie di Apple TV+
creata da Monica Beletsky e ispirata dal libro di
James L. SwansonManhunt: The 12-day Chase for
Lincoln’s Killer. Il riflesso che impressiona maggiormente è
quello della ricostruzione meticolosa di un tragico evento passato
al fine di raccontare anche, anzi forse soprattutto, il
presente.
Manhunt, l’indagine sul passato per raccontare il
presente
Perché in
Manhunt molti dei temi trattati e alcuni dei
personaggi sviluppati posseggono una loro attualità tristemente
inquietante. Primo tra tutti John Wilkes Booth, una psicologia
delineata in maniera profondamente contemporanea nella sua sete di
gloria, nel bisogno di essere ricordato come un “eroe” pur
attraverso un atto vile e sanguinoso come l’assassinio del
Presidente Abraham Lincoln. Una figura che
aggrappandosi a ideali ultraconservatori e razzisti impersona con
pienezza la piaga del fanatismo che sfocia nella violenza. Dietro
questo personaggio storico l’occhio attento dello spettatore può
riconoscere l’identikit di molti, troppi giovani che negli ultimi
anni hanno impugnato un’arma e l’hanno usata contro indifesi
seminando morte e terrore.
Ma la serie non si limita
soltanto alla problematizzazione di un personaggio, rappresentando
al tempo stesso come questo tipo di psicologia possa diventare
strumento di morte se manipolata a dovere da menti che hanno invece
un piano ben preciso, quello volto alla destabilizzazione della
democrazia e dei suoi valori liberali. Ed ecco allora che
Manhunt diventa anche discorso altrettanto preciso
sul potere della persuasione, sulla logica del potere economico
prima ancora che politico, sulla presenza di una vasta porzione di
cittadini americani che, allora come oggi, crede nella
disuguaglianza come valore fondante della società civile. Insomma,
quella aperta dalla Guerra Civile e dal successivo assassinio di
Lincoln è una ferita che a conti fatti non si è mai davvero
rimarginata, e Manhunt lo mostra e spiega con enorme efficacia.
Lili Taylor e Hamish Linklater in “Manhunt”, disponibile dal 15
marzo 2024 su Apple
TV+.
Un gioco di specchi
Il secondo gioco di
specchi, altrettanto convincente anche se contenuto dentro la
finzione drammaturgica del prodotto, è quello tra Booth e il
protagonista di Manhunt, ovvero il Segretario di
Guerra Edwin Stanton che si incaricò della caccia
all’uomo ben conscio che in gioco ci fosse molto di più
che il semplice assicurare alla giustizia il carnefice di Lincoln.
Se come già scritto Booth incarna la violenza razzista e bigotta,
Stanton è al contrario un personaggio che fin dal primo episodio si
fa depositario sobrio eppure vibrante di tutti i migliori valori,
anche quando deve calpestarli per arrivare a ottenere il proprio
scopo. Perché sempre e comunque per lui l’unico obiettivo che conta
è la difesa di un progetto che porterà la pace nel Paese. Quella
vera, non soltanto come antitesi della guerra ma intesa anche come
pace sociale, civile, in poche parole umana. Stanton è una figura
tratteggiata con poche, poderose pennellate, che lascia parlare le
proprie azioni (decisioni) per delinearsi scena dopo scena,
episodio dopo episodio fino a farsi indimenticabile.
Superlativi Tobias Menzies e Anthony
Boyle
E qui per forza di cose
entra in gioco il terzo gioco di riflessi, che coinvolge due attori
superlativi quali Tobias Menzies e Anthony
Boyle. Il primo, consumato caratterista infatti
dipinge Stanton con una stringatezza di mezzi degna delle grandi
prove d’attore, capace di esprimere tutto con uno sguardo o una
parola trattenuta invece che lasciata andare. Al contrario Boyle
esprime l’energia isterica di Booth lasciando trasparire la sua
reale mancanza di appigli psicologici ed emotivi, esplicitando con
sorprendente profondità una figura che diventa in fondo anch’essa
vittima delle menzogne che propone. Se avete ammirato la
compostezza umanissima con cui Boyle ha interpretato Harry
Crosby nella recentissima miniserie Masters of the Air sempre per Apple TV+,
la prova quasi straripante offerta in Manhunt si
rivela ancora più convincente. Da segnalare poi la presenza nel
cast di altri nomi di lusso quali Hamish Linklater, Patton
Oswalt e soprattutto la sempre efficace Lili
Taylor, attrice/icona del cinema indipendente anni ‘90 che
possiede sempre un posto d’onore nel nostro cuore cinefilo.
In sette puntate studiate
e realizzate con una meticolosità narrativa,
Manhunt costruisce un ponte fin troppo solido tra
passato e presente, mostrandoci con chiarezza quanto gli Stati
Uniti siano una nazione ancora alle prese con enormi problemi
interni, fratture sociali e civili non sanate, e fattore ancora
peggiore una spinta sotterranea alla destabilizzazione interna oggi
come ieri capace di scuotere un Paese evidentemente ancora
spaccato. Una miniserie imperdibile.
Patton Oswalt in “Manhunt”, disponibile dal 15 marzo 2024 su Apple
TV+.
Si intitola The
Gun Model, Manhattan 1×12, la dodicesima
puntata della prima stagione della serie
televisiva Manhattan, che andrà in
onda sul network americano WGN America
In Manhattan
1×12 continueremo a seguire le vicende di uomini e donne
straordinari, che nel periodo della Seconda Guerra
Mondiale si sono ritrovati a mettere il proprio
ingegno al servizio del governo degli Stati
Uniti per costruire l’arma di distruzione di massa
più potente finora conosciuta: la bomba atomica.
Si intitolerà
Tangier, Manhattan
1×11, l’undicesima e terzultima puntata della
prima stagione della serie
televisiva Manhattan, trasmessa
dal network americano WGN America.
In Manhattan 1×11 continueremo a seguire le vicende
del gruppo di brillanti scienziati che al Los Alamos
National Laboratory, una località di massima segretezza e
sottoposta a rigidi controlli da parte delle forze militari per
prevenire la fuga di notizie, si ritrovano a lavorare alla
progettazione ed alla costruzione di un ordigno nucleare per
garantire agliStati Uniti un’arma
infallibile.
Si intitolerà Spooky Action at
a Distance, Manhattan
1×09, la nona puntata della prima stagione della
serie televisiva ambientata nel 1943 e prodotta dal network
americano WGN.
In Manhattan
1×09, continueremo a seguire le vicende dei
brillanti scienziati e delle loro rispettive famiglie, che si
trovano nell’isolato Los Alamos National
Laboratory, dove avranno il compito di riuscire a produrre
nel più breve tempo possibile un ordigno nucleare per gli Stati
Uniti prima che le potenze straniere possano batterli sul
tempo.
Si intitolerà The
Hive , Manhattan 1×03, il terzo episodio della prima
stagione della nuova serie televisiva Manhattan.
In Manhattan 1×03, il lavoro
degli scienziati
viene inaspettatamente influenzato dalle
nuove misure di sicurezza, tutto questo mentre la comunità
affronta sfortunatamente la perdita di
un membro.
Si intitola
Perestroika, Manhattan 1×13, a tredicesima ed
ultima puntata della prima stagione della serie
televisiva Manhattan, che andrà in
onda sul network americano WGN.
In Manhattan
1×13 scopriremo finalmente quale sarà l’epilogo per i
brillanti scienziati e le loro famiglie che nel 1943 si sono
ritrovati a partecipare al
progetto Manhattan a Los
Alamos, un luogo isolato dal resto del mondo dove il loro
intelletto ha elaborato l’arma letale definitiva, che ha scritto
una pagina nera nella storia dell’umanità: la bomba atomica.
Il regista di Logan James
Mangold è stato scelto da Sony Pictures
per la regia del remake di Disorder, film francese
del 2015. Mangold è noto al pubblico soprattutto per aver
diretto gli ultimi due film dedicati a
Wolverine (Wolverine –
L’Immortale e Logan) ma la sua
filmografia è molto variegata e vanta film come Cop
Land, Quando L’Amore Brucia L’Anima e
Ragazze Interrotte.
Disorder è stato
mostrato per la prima volta al Festival di Cannes nel maggio del
2015 e distribuito in Francia nel settembre dello stesso anno.
Diretto da Alice Winocour, il film narra le
vicende di Vincent (Matthias Schoenaerts), un
ex-soldato che lotta con il disturbo post-traumatico da stress al
suo ritorno dall’Afghanistan. Vincent viene assunto per proteggere
la moglie di un ricco uomo d’affari libanese, interpretata da
Diana Krueger.
Il remake verrà prodotto dai
produttori di Escape Artists Todd Black,
Jason Blumenthal e Steve Tisch
che hanno già collaborato per La Ricerca Della
Felicità, The Equalizer e I
Magnifici Sette. Disorder verrà scritto
da Taylor Sheridan, noto per aver scritto le
sceneggiature degli acclamati Sicario e
Hell or High Water. Sheridan, di
solito restio a scrivere remake, ha fatto un’eccezione per
Disorder e, sebbene manterrà la struttura
originale, pare che possa divenire il primo film di un
franchise.
Disorder non sarà
il primo remake neppure per Mangold che nel 2007
ha diretto l’acclamato film western Quel Treno per
Yuma con Russell Crowe e Christian Bale.
La collaborazione di
Mangold e Sheridan promette un
risultato eccezionale che forse, a differenza di molti remake
statunitensi, otterrà il favore della critica.
Si è tenuto domenica 1 novembre
alle ore 14.00 l’incontro in streaming con Marco e Antonio
Manetti – in arte i Manetti bros. –
registi e autori del film Diabolik,
prossimamente in uscita per 01 Distribution.
Nell’appuntamento conclusivo del programma dell’Area
Movie a Lucca Changes, i fratelli Manetti
sono stati protagonisti di un panel online moderati da Roberto
Recchioni, insieme a Mario Gomboli, sceneggiatore
e direttore editoriale dell’Editrice Astorina, responsabile della
serie a fumetti.
Si è parlato delle origini del mito
partendo dalla prima trasposizione cinematografica di Diabolik,
personaggio creato dalle sorelle Giussani negli anni Sessanta,
arrivata dopo soli sei anni dalla comparsa del personaggio in
edicola. All’epoca il film di Mario Bava non aveva soddisfatto le
sorelle, che non avrebbero mai accettato un altro film non
“rispettoso” del personaggio.
Da fan e lettori di Diabolik
i Manetti bros hanno spiegato di aver lavorato all’interno di una
cornice ben precisa, inserendo certo delle novità, ma in linea con
il personaggio. Gli autori hanno raccontato di sognare da
tempo di riuscire a realizzare il film: “Ci siamo approcciati
al progetto da fan e non volevamo modificare una cosa già perfetta
di suo” hanno dichiarato i due registi.
Dopo una lunga carriera al cinema,
iniziata nei primi anni del 2000, l’attrice Mandy
Moore si è resa celebre grazie alla serie This Is
Us. Negli ha più volte dato prova della sua versatilità,
recitando in generi diversi e ricoprendo ruoli ogni volta ben
distanti gli uni dagli altri. Così facendo ha potuto conquistare un
ampio pubblico, ricevendo lodi per il suo lavoro in più
occasioni.
Ecco 10 cose che non sai di
Mandy Moore.
Mandy Moore: i suoi film
1. Ha recitato in celebri
lungometraggi. L’attrice esordisce al cinema recitando in
Pretty Princess (2001), recitando al fianco di
Anne Hathaway. Successivamente prende
parte a film come I passi dell’amore (2002), Tutto
quello che voglio (2002), Amori in corsa (2004),
Striscia, una zebra alla riscossa (2005), Romance &
Cigarettes (2005), American Dreamz (2006),
Southland Tales – Così finisce il mondo (2006),
Dedication (2007), Perché te lo dice mamma (2007)
e Licenza di matrimonio (2007). Negli ultimi anni
l’attrice si è dedicata prevalentemente alla televisione, recitando
al cinema solo per i film 47 metri (2017),
Darkest Minds (2018) e Midway
(2019).
2. È celebre per i suoi
ruoli televisivi. Nel corso della sua carriera l’attrice
partecipa ad alcuni episodi di celebri serie TV come
Entourage (2005), Scrubs (2006), How I Met
Your Mother (2007), Grey’s Anatomy (2010) e Red Band
Society (2014-2015). Dal 2016 ottiene particolare celebrità
recitando nel ruolo di Rebecca Pearson nella serie This Is
Us, e che ricopre ancora oggi.
3. Si è distinta come
doppiatrice. Negli anni l’attrice ha in più occasioni
ricoperto il ruolo di doppiatrice, prestando per la prima volta la
propria voce all’orso femmina del film Il dottor Dolittle
2 (2001). Partecipa poi ai doppiaggi dei film d’animazione
Koda, fratello orso (2006), Rapunzel – L’intreccio
della torre (2010), doppiando proprio la protagonista, e
Ralph spacca Internet (2018), dova dà nuovamente voce al
personaggio di Rapunzel. È poi tra le voci delle serie animate
TRON: Uprising (2012-2013), High School USA!
(2013-2015), e Sheriff Callie’s Wild West (2014-2017). Si
afferma nuovamente come voce di Rapunzel per il film Rapunzel –
Prima del sì (2017) e per la serie Rapunzel – La
serie (2017-in corso).
Mandy Moore è su Instagram
4. Ha un account
personale. L’attrice è presente sul social network
Instagram con un proprio profilo, seguito da 4 milioni di persone.
All’interno di questo l’attrice è solita condividere fotografie
scattate in momenti di svago, ma anche immagini promozionali dei
suoi progetti da interprete.
Mandy Moore in Scrubs
5. Ha avuto un ruolo nella
celebre sit-com. L’attrice è apparsa negli episodi 9 e 10
della quinta stagione della sit-com Scrubs. Qui ha
ricoperto il ruolo di Julie Quinn, interesse amoroso del
protagonista J.D., interpretato dall’attore Zach
Braff, il quale si vede costretto a rompere la relazione
non riuscendo a sopportare l’abitudine di lei di dire “è così
divertente” invece di ridere come una persona qualunque.
Mandy Moore canta Candy
6. È anche una celebre
cantante. L’attrice si è affermata anche in ambito
musicale, avendo all’attivo ben 7 album pubblicati. La Moore
diventa celebre nel momento in cui nel 1999 debutta con il singolo
Candy, che diventa in breve tempo un successo mondiale e
viene certificato come Disco d’oro negli Stati Uniti.
Mandy Moore in Midway
7. Ha recitato nel nuovo
war-movie di Roland Emmerich. Nel 2019 l’attrice è tra i
protagonisti del film Midway, dove ricopre il ruolo di
Anne Best. Il lungometraggio è basato sulla vera storia della
Battaglia di Midway, punto di svolta bellico nel Pacifico, durante
la Seconda Guerra Mondiale.
Mandy Moore in This Is Us
8. È l’attrice più giovane
del cast. Molti fan sono rimasti scioccati dall’apprendere
che l’attrice ha solo 35 anni, ed è pertanto la più giovane del
cast. La sorpresa deriva dal fatto che l’attrice impersona il
personaggio di Rebecca Pearson in più momenti della vita di questa,
risultando credibile anche quando si tratta di dar vita ad età ben
lontane da quella realmente posseduta dall’attrice.
9. Ha ottenuto il ruolo
grazie allo sceneggiatore della serie. Lavorando a
Rapunzel: L’intreccio della torre, l’attrice conosce lo
sceneggiatore Dan Fogelman. Qualche anno dopo
questi la ricontatta, suggerendole di presentarsi per la parte
nella serie da lui scritta, e di cui si stavano svolgendo i cast.
Grazie alla sua segnalazione, la Moore sostenne il provino,
vincendo poi il ruolo.
Mandy Moore: età e altezza
10. Mandy Moore è nata a
Nashua, nel New Hampshire, Stati Uniti, il 10 aprile 1984.
L’attrice è alta complessivamente 178 centimetri.