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Il film su Assassin’s Creed ha uno sceneggiatore

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Il film su Assassin’s Creed ha uno sceneggiatore

A tutti gli appassionati delle avventure di Altair, Ezio e del nuovo arrivato Connor la notizia piacerà senz’altro. Stiamo parlando del famosissimo gioco della Ubisoft, Assassin’s Creed e della sua trasposizione cinematografica.

La scorsa estate l’attore Michael Fassbender si è associato al progetto come protagonista e produttore. Adesso la Ubisoft, in partnership con la New Regency e la 20th Century Fox, ha stabilito delle scadene per portare avanti il progetto. Entro l’estate 2013 si dovrebbe quindi avere un nome per la regia e una sceneggiatura. A questo scopo è stato assunto Michael Lesslie, che avrà sulle spalle tantissime aspettative, non solo da parte della produzione ma soprattutto da parte dei fan, che non tollererebbero uno scempio di un tale gioiello di home entertainment.

La storia ruote intorno a Desmond (Fassbender) che scopre di essere il discendente degli Assassini quando viene rapito da una società segreta che a sua volta discende dai Cavalieri Templari. Fonte: WP

Il film su 50 sfumature di grigio uscirà nel 2014

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Il film su 50 sfumature di grigio uscirà nel 2014

50-sfumature-di-grigioArriva finalmente la conferma dalla Universal che l’adattamento atteso di 50 sfumature di grigio uscirà nel 2014. L’annuncio arriva dal presidente in persona Adam Fogelson,

Il film su 24 non si farà

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Il film su 24 non si farà

24: season seven logo.A gennaio 2012 Kiefer Sutherland rivelò che le riprese di 24: The Movie sarebbero cominciate ad aprile 2012. Questo non è avvenuto, prevalentemente perchè

Il film sci-fi post-apocalittico di Ridley Scott fissa la data di uscita al 2026

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Il film di fantascienza post-apocalittico di Ridley Scott, The Dog Stars, uscirà nel 2026. Con Jacob Elordi (Euphoria), Josh Brolin (Dune) e Margaret Qualley (The Substance), il prossimo film del regista di Il gladiatore è tratto dall’omonimo romanzo di Peter Heller del 2012. Con una sceneggiatura di Mark L. Smith, autore di Twisters, il film è ambientato all’indomani di una catastrofica epidemia influenzale che ha quasi spazzato via l’umanità.

Secondo Variety, The Dog Stars uscirà il 27 marzo 2026, con le riprese attualmente in corso. Questo aggiornamento arriva dopo che la Disney ha riprogrammato diversi dei suoi progetti, tra cui entrambi i film degli Avengers. Il film di Scott è prodotto dalla 20th Century Studios.

Cosa significa questo per The Dog Stars

Scott ha diversi progetti in cantiere in varie fasi di sviluppo. The Dog Stars, che dovrebbe essere il prossimo, arriverà in primavera. In precedenza, era stato riferito che il regista avrebbe provato a cimentarsi in un film biografico sui Bee Gees dopo il film con Elordi. Nel frattempo, il regista sta anche sviluppando un terzo film di Gladiator e un nuovo film di Alien, anche se al momento non si conoscono i progressi.

The Dog Stars è stato annunciato nel novembre 2024, in anticipo rispetto all’uscita di Gladiator II, il che rende il tempo tra l’annuncio e l’uscita piuttosto breve, considerando che molti progetti richiedono anni per essere realizzati. Oltre ai tre protagonisti, il cast corale ha recentemente aggiunto Benedict Wong per un ruolo ancora sconosciuto.

Sebbene i dettagli siano ancora segreti, il film segue Hig (Elordi), un pilota civile, e un ex marine (Brolin), che affrontano degli invasori e la speranza di una vita migliore al di fuori del loro attuale luogo di residenza.

Il film scartato con Henry Cavill avrebbe mostrato “la più grande paura di Superman”

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Se il sequel di Superman con Henry Cavill fosse mai stato realizzato, il DCEU avrebbe esplorato le paure dell’Uomo d’Acciaio, secondo il regista di Mission: Impossible, Christopher McQuarrie.

Uno degli aspetti più noti della cronologia cinematografica del DCEU sono stati i numerosi film in fase di sviluppo che non si sono mai concretizzati. Quando si è trattato della versione di Superman di Cavill, c’erano stati vari piani su cosa fare con la sua interpretazione dell’Uomo d’Acciaio. Nell’ultimo episodio di Happy, Sad, Confused, a McQuarrie è stato chiesto delle idee che aveva per un film di Superman con Cavill, dopo aver lavorato con la star britannica in Mission: Impossible – Fallout. Secondo McQuarrie, il sequel di Superman con Cavill avrebbe esplorato lati più profondi dell’icona DC, dato che l’attore de L’Uomo d’Acciaio aveva anche condiviso alcuni suggerimenti sulla direzione da dare al personaggio:

E poi, come si fa con Superman? Henry aveva già dato un’idea. Mi sono improvvisamente reso conto di come questi due personaggi avessero queste incredibili somiglianze, che hanno anche permesso un conflitto incredibile e una risoluzione straordinaria che ha ampliato l’universo.

Ma vi racconterò i primi cinque minuti del mio film di Superman, che era… immaginate Up della Pixar, una sequenza senza dialoghi che trattava proprio quel personaggio nei primi cinque minuti. I primi cinque minuti del film erano un’introduzione, dopo la quale si capiva esattamente cosa spingeva Superman, e esattamente di cosa aveva più paura, e perché Superman aveva fatto le scelte che aveva fatto, e sarebbe stato epico. Sarebbe stato epico, in cinque minuti, la portata del film sarebbe stata assolutamente straordinaria. L’altra cosa, e spero che chiunque guardi questo film, che si goda il finale di questo film [Mission: Impossible – The Final Reckoning], sia la sensazione che vorrei che vi lasciaste, perché è proprio questo che rappresenta Superman. È speranza, è fonte di ispirazione, e la gioia che crea.

Il film in live-action per Capitan Planet

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Il film in live-action per Capitan Planet

Chi ricorda la serie animata di Capitan Planet e i Planeteers? Si tratta di una serie in onda su RaiUno e RaiDue negli anni ’90 a tema ambientalista.

Il figlio di Philip Seymour Hoffman protagonista del nuovo film di Paul Thomas Anderson

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È THR a rivelare che il protagonista del nuovo film di Paul Thomas Anderson sarà Cooper Hoffman, nientemeno che il figlio di Philip Seymour Hoffman, collaboratore e amico del regista, scomparso prematuramente nel 2014.

Per molto tempo non si è saputo niente del film se non che era ambientato negli anni ’70 e raccontava di un giovane protagonista, uno studente delle superiori che è anche un attore bambino di successo. Ora sappiamo che il figlio diciassettenne dell’attore vincitore dell’Oscar è stato scelto per questo ruolo.

Recentemente è stato rivelato che anche Benny Safdie, uno dei fratelli Safdie, che ha intervistato Anderson lo scorso anno in un ampio podcast, si era unito al film. THR aggiunge anche ulteriori dettagli, incluso il fatto che il film senza titolo è fondamentalmente una storia di formazione, ma coinvolgerà più trame, il che dà credito al paragone con Altman.

THR dice che il personaggio di Cooper Hoffman, che sarà comunque il protagonista, apparirà in più storie, proprio come accade in Magnolia, ma con un personaggio più centrale rispetto agli altri. Alana Haim della band pop di Los Angeles Haim – Anderson ha girato molti dei loro video musicali – è stata recentemente avvistata sul set del film.

Philip Seymour Hoffman è apparso in cinque dei film di Anderson, tra cui Hard Eight, Boogie Nights, Ubriaco d’amore, The Master e Magnolia.

Fonte

Il figlio di Babbo Natale: recensione del film

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Il figlio di Babbo Natale: recensione del film

Arriva anche in Italia Il figlio di Babbo Natale, film d’animazione della Sony, ormai consolidatasi nel campo dell’animazione CGI dopo i successi di Piovono polpette e l’ultimo I Puffi. Questa volta la divisione animation del colosso giapponese si confronta con l’evento più atteso dai bambini di tutto il mondo: il Natale, e lo fa con un’operazione riuscitissima su tutta la linea.

La storia di Il figlio di Babbo Natale ruota intorno ad un punto di partenza decisamente vincente ovvero la divertente rappresentazione del polo nord, un harem supertecnologico che ha ormai abbandonato slittino e biscotti.

Alla domanda “Come può Babbo Natale fare il giro del mondo in una sola notte?”, la risposta è presto data: si tratta di un’operazione tecnologicamente avanzata con un esercito di un milione di elfi (in versione Ethan Hunt) a prestare servizio, un’enorme slitta supersonica (alla Star Trek) e un vasto centro di controllo sotto i ghiacci del Polo, sotto la ferrea guida del primogenito della famiglia, ovvero il figlio maggiore di Babbo Natale. Tuttavia, nonostante la tecnologia sia avanzatissima, l’errore è dietro l’angolo, e a porre rimedio all’irrimediabile ci penserà il secondogenito di Babbo Natale: Arthur, un giovane un po’ ingenuo ma unico portatore della vera magia del Natale.

Sorretto da una brillante ed esilarante scrittura, Il figlio di Babbo Natale decolla sin dalle prime battute regalando momenti di puro divertimento e altrettanti attimi di commozione che piaceranno sia ai più giovani e agli adulti. L’asso nella manica della pellicola è proprio questo: voler raccontare una storia universalmente adatta ad un pubblico esteso, senza limiti di età e barriere, con il piglio giusto di chi si serve delle immagini per regalare e comunicare il vero senso e la magia del Natale, dimostrandosi all’altezza del compito. Il tutto assecondato da un ritmo vertiginoso e da una splendida composizione d’immagini e colori. Forse unico neo, il poco utilizzo del 3D in tutta la prima parte ma fortunatamente protagonista assoluto nella seconda parte di Il figlio di Babbo Natale.

Il Figlio di Babbo Natale – intervista al cast

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Dal 23 dicembre al cinema. In 3D. Come può Babbo Natale fare il giro del mondo in una sola notte? La risposta è un’operazione tecnologicamente avanzata al Polo Nord con un esercito di un milione di elfi in campo, un’enorme slitta supersonica e un vasto centro di controllo sotto i ghiacci del Polo.

Il Figlio dell’Altra: recensione del film Lorraine Lévy

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Il Figlio dell’Altra: recensione del film Lorraine Lévy

In Lorraine Lévy durante la visita di leva per il servizio militare, che in Israele inizia a 18 anni e dura 3 anni, Joseph scopre di non essere figlio biologico dei suoi due genitori, è stato scambiato con un altro bambino, nato da una donna palestinese che partoriva nello stesso ospedale. L’errore fu commesso nell’evacuazione dell’ospedale per un bombardamento. Le due famiglie si troveranno così ad affrontare questioni di divisioni e saranno costrette a valutare ed avere esperienza della vita di quello che prima era semplicemente l’altro popolo nella terra mediorientale.

Lo scambio di persona, l’equivoco, è il motore di molte storie cinematografiche: da Hitchcock ad Antonioni, ci si scambia l’identità, volontariamente o meno, per curiosità o perché qualcuno ci vuole mettere alla prova.

Questo è il caso dei due protagonisti, Yacine e Joseph, ragazzi cresciuti in posti vicini ma mai così diversi come sono Israele e Palestina, divisi da un muro ma da anni di odio e tensione. Tutti e due vivono la contraddizione di questo territorio mediorientale sulla propria pelle; di punto in bianco non sono più quello che sapevano di essere, e devono ricostruire la loro identità. Sperimentano anche le assurdità ideologiche della religione, per la quale, anche se sei stato circonciso e hai seguito i dettami della Torah per una vita, se non sei ebreo di sangue, non lo sei e basta.

Gioca sul filo del giudizio, la regista Lorraine Lévy, senza sbilanciarsi mai in una posizione pro o contro la situazione palestinese, ma è molto brava nell’evidenziarne l’assurdità generica e radicata, soprattutto nelle vecchie generazioni.

Per rimanere su questo equilibrio, lei, ebrea non israeliana, ha consultato due intellettuali importanti delle due culture rappresentate: Yasmina Khadra, intellettuale arabo e Amos Oz scrittore e pacifista israeliano. Grazie alla consulenza soprattutto del primo, la regista è riuscita a rendere il film un’opera in equilibrio tra le due parti, anche se, inevitabilmente, alcune assurdità emergono ad ogni modo.

Si tratta di una coproduzione israelo-francese, che ha dalla sua la bellezza di essere multilingue, la difficoltà di interagire passa anche per la lingua e così dal francese si passa all’ebraico e all’inglese, fino all’arabo e alla gestualità, quando proprio non c’è altro modo di farsi capire.

La questione israelo-palestinese è complicata, ma ciò che il film lascia è quella che è la sensazione comune anche di chi visita quei territori: l’impossibilità almeno apparente di un dialogo, che è ben rappresentato dal contrasto che si viene a creare tra due dei genitori, ognuno dei quali ha le sue ragioni per sentirsi dalla parte giusta della lotta. Stato d’animo che però non porta da nessuna parte.

Un po’ di speranza viene riposta nelle nuove generazioni, aperte all’altro e anche a capire quello che succede aldilà dei propri confini, e in questo caso, proprio a pochi chilometri da casa propria.

Il Festival di Torino compie 40 anni: prime anticipazioni dell’edizione

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Martedì 22 marzo, nel corso di un incontro con la stampa presso Casa Argentina en Roma, il Direttore del Torino Film Festival Steve Della Casa insieme a Enzo Ghigo e a Domenico De Gaetano – rispettivamente Presidente Direttore del Museo Nazionale del Cinema di Torino – ha annunciato le linee guida che caratterizzeranno la 40ma edizione.

Voglio innanzitutto ringraziare il mio predecessore, Stefano Francia di Celle e tutta la sua squadra, per lo straordinario lavoro svolto in questi due anni così difficili e il Museo Nazionale del Cinema per la fiducia accordatami – ha dichiarato Steve Della CasaFin da subito la sintonia con il presidente Enzo Ghigo e il direttore Domenico De Gaetano, è stata totale, così come con i vertici della Film Commission Torino Piemonte, nella comune consapevolezza dell’importanza di consolidare ulteriormente la collaborazione e la sinergia tra gli enti del sistema cinema torinese, in ambito artistico così come in ambito industriale. In questo campo stiamo preparando con Gaetano Renda un convegno internazionale sul rapporto tra cinema e sala. La 40ma edizione del Torino Film Festival dovrà essere all’insegna del rinnovamento ma nel solco della tradizione, ritrovare quella vitalità identitaria che per forza di cose nei due anni di pandemia si è persa, tornando a coniugare sperimentazione, cinema popolare e di genere.”

“Gli ultimi due anni del Torino Film Festival sono stati fortemente condizionati dalla pandemia – sottolineano Enzo Ghigo e Domenico De Gaetano, presidente e direttore del Museo Nazionale del Cinema – e questa sarà la prima vera edizione del post-Covid. Per il Museo Nazionale del Cinema, che organizza anche i festival Lovers e CinemAmbiente oltre al TorinoFilmLab, il TFF è una grande vetrina con risonanza nazionale e internazionale, e ancor di più lo sarà quest’anno con l’edizione speciale per il quarantennale. Siamo certi che i contenuti e le proposte artistiche ideate da Steve Della Casa coinvolgeranno la città in una bellissima festa, in linea con i grandi eventi che vedranno Torino protagonista nel 2022”.

E nella direzione indicata da Steve Della Casa va la scelta di dedicare all’attore Malcolm McDowell un omaggio a riconoscimento del suo straordinario apporto al cinema d’autore, al cinema popolare e alle serie tv, e nello spirito delle grandi retrospettive che hanno caratterizzato il Torino Film Festival negli anni.

L’attore sarà ospite del TFF e protagonista di una masterclass condotta da David Grieco, regista di Evilenko, uno dei sei titoli – insieme a Arancia Meccanica di Stanley Kubrick e Caligola di Tinto Brass – che lo stesso McDowell ha scelto come più esemplificativi della sua carriera.

Il 40° TFF sarà un festival più snello. Il programma comprenderà 4 sezioni competitive – Concorso internazionale lungometraggiConcorso documentari internazionali, Concorso documentari ItalianiConcorso cortometraggi italiani -, un Fuori Concorso dedicato alla produzione più interessante dell’anno in corso e alcuni Programmi Speciali.

Tra i Programmi Speciali, sempre nello spirito e nella tradizione del festival, sarà dedicata al western una mini retrospettiva. Saranno proposti 6 titoli, scelti in una rosa di 20, diretti o interpretati da registi e attori cult e presentati in sala da cinefili e studiosi del genere, tra i quali Francesco Ballo e Marco Giusti.  “Questi film caratterizzeranno il TFF per quello che deve tornare ad essere, cioè il luogo geometrico (anche) della cinefilia più estrema” dichiara Steve Della Casa.

Per festeggiare degnamente i 40 anni del Torino Film Festival, inoltre, la serata di apertura – sorprendente e pop al tempo stesso – si terrà al Teatro Regio e sarà trasmessa in diretta.

Ad affiancare il Direttore ci sarà un nuovo Comitato di selezione composto da Giulio Casadei, Antonello Catacchio, Massimo Causo, Grazia Paganelli, Giulio Sangiorgio e Caterina Taricano. Consulenti alla direzione artistica saranno Luca Beatrice, Claudia Bedogni, David Grieco, Luigi Mascheroni, Paola Poli, Alena Shumakova e Luciano Sovena.

Il Festival di Taormina celebra i 50 anni del Gattopardo

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gattopardoC’era una volta in Sicilia. I 50 anni del Gattopardo è un viaggio multimediale alla scoperta del film che nel 1963 sancì uno dei maggiori trionfi internazionali del cinema italiano e lanciò una delle immagini più forti e influenti della Sicilia nel mondo.

La mostra, curata da Caterina D’Amico e ideata e realizzata dalla Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia in collaborazione con la Fondazione Federico II e il contributo del programma Sensi Contemporanei, si inaugura presso Palazzo Corvaja a Taormina il 14 giugno 2014 alle ore 18.30 nella prestigiosa cornice della 60esima edizione del TaorminaFilmFest guidato da Mario Sesti,Direttore Editoriale, e da Tiziana Rocca, General Manager.Saranno presenti la protagonista del film Claudia Cardinale, l’On. Giovanni Ardizzone, Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, l’On. Francesco Forgione,direttore della Fondazione Federico II, Alberto Versace, Presidente del Comitato di Coordinamento APQ Sensi Contemporanei, Alessandro Rais,Dirigente Generale del Dipartimento del Turismo, dello Sport e dello Spettacolo, Eligio Giardina Sindaco di Taorminae Pietro Di Miceli, Dirigente “Sicilia Film Commission”.

L’esposizione è concepita come un ideale “cine-racconto” della genesi e del processo creativo dell’opera di Luchino Visconti. Dopo un prologo dedicato al romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, da cui è tratto il film, il percorso si sviluppa tra i luoghi e momenti della vicenda narrata. Si parte da Villa Salina (Villa Boscogrande) con la presentazione dei personaggi per passare poi alla battaglia di Palermo, al viaggio e alla sosta a Donnafugata (Ciminnà) e quindi al lungo ballo finale e all’epilogo all’alba.

Gli splendidi scatti realizzati dal fotografo di scena Giovan Battista Poletto e da Nicola Scafidi, fotoreporter dell’Ora autorizzato dal regista a scattare foto nel backstage palermitano, si accompagnano a documenti, lettere, bozzetti, meravigliosi costumi, mentre i monitor alle pareti trasmettono brani di interviste in gran parte inedite a più di trenta testimoni, tra i quali il produttore Goffredo Lombardo, i protagonisti Burt Lancaster e Claudia Cardinale, la sceneggiatrice Suso Cecchi d’Amico, il direttore della fotografia Giuseppe Rotunno e il costumista Piero Tosi.

L’evento è stato realizzato con l’indispensabile collaborazione di Titanus e della Fondazione Tirelli Trappetti che celebra i 50 anni di lavoro della Sartoria Tirelli e inoltre della Fondazione Istituto Gramsci – Archivio Luchino Visconti e della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia – Sede Sicilia. La mostra resterà aperta fino al 17 agosto 2014.

Il Festival di Roma celebra Julianne Moore

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Il Festival di Roma celebra Julianne Moore

Il festival Internazionale del film di Roma premia con il Marco Aurelio l’Acting Award da Paolo Sorrentino (tornato dagli States in questi giorni dopo aver terminato le riprese del nuovo film con Sean Penn, ‘This Must Be the Place’).

A seguire verrà proiettato il suo ultimo film The Kids are All Right.

“La sfida, ogni volta, e’ quella di dare realta’, credibilita’ ai personaggi che interpretiamo: in questo caso non e’ stato cosi’ difficile entrare nel ruolo, visto che ho grande esperienza sia per quello che riguarda la vita di coppia che la genitorialita’. Il film, d’altronde, racconta tematiche universali e la cosa davvero interessante e’ che presto ci si dimentica che la coppia in questione e’ formata da due donne”. Julianne Moore, che stasera al Festival di Roma ricevera’ , racconta cosi’ che cosa ha significato per lei interpretare ‘The Kids Are All Right’ (oggi Fuori Concorso, a febbraio nelle sale con Lucky Red), diretto da Lisa Cholodenko e incentrato sul nucleo familiare anticonvenzionale formato da Jules (Moore) e Nic (Annette Bening), entrambe mamme della diciottenne Joni (Mia Wasikowska) e del quindicenne Laser (Josh Hutcherson).

“Ormai negli States e’ assolutamente normale che sia cosi’ – spiega l’attrice – i miei figli vanno a scuola e hanno compagni con due mamme, altri che hanno due papa’. La cosa veramente importante, come si capisce anche dal film e dallo studio sui bambini cresciuti con genitori omosessuali, durato qualcosa come 20 anni e pubblicato dal ‘New York Times’, non e’ questa: cio’ che conta davvero e’ che i figli siano amati, seguiti nel loro percorso di vita e aiutati ad affrontare il momento in cui dovranno andare via”.

Il Festival di Roma celebra julianne moore

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Il festival Internazionale del film di Roma premia con il Marco Aurelio l’Acting Award da Paolo Sorrentino (tornato dagli States in questi giorni dopo aver terminato le riprese del nuovo film con Sean Penn, ‘This Must Be the Place’).

Il Festival di Cannes 2020 non si svolgerà tra giugno e luglio

Il Festival di Cannes 2020 non si svolgerà tra giugno e luglio

Il Festival di Cannes 2020 non si svolgerà nemmeno tra la fine di giugno e l’inizio di luglio di quest’anno. Ad annunciarlo è l’organizzazione stessa che, a seguito della comunicazione alla Nazione del Presidente francese lo scorso 13 aprile, si è resa conto che data la situazione attuale non è possibile preventivare così a stretto giro un festival con le modalità classiche.

Questo però sembra non impedire all’organizzazione di prevedere una forma di Festival che possa essere comunque organizzata, nonostante le difficoltà. Ecco cosa dice il comunicato ufficiale:

In seguito alla dichiarazione del presidente francese, lunedì 13 aprile, abbiamo riconosciuto che il rinvio del 73 ° Festival Internazionale del Cinema di Cannes, inizialmente considerato per la fine di giugno all’inizio di luglio, non è più un’opzione.
 
È chiaramente difficile presumere che il Festival di Cannes possa svolgersi quest’anno nella sua forma originale.
 
Tuttavia, da ieri sera abbiamo avviato molte discussioni con professionisti, in Francia e all’estero. Concordano sul fatto che il Festival di Cannes, un pilastro essenziale per l’industria cinematografica, debba esplorare tutte le contingenze che consentono di sostenere l’anno del cinema rendendo Cannes 2020 reale, in un modo o nell’altro.
 
Quando la crisi sanitaria, la cui risoluzione rimane la priorità di tutti, passerà, dovremo ribadire e dimostrare l’importanza del cinema e il ruolo che il suo lavoro, gli artisti, i professionisti, i cinema e il loro pubblico svolgono nella nostra vita. È così che contribuiscono il Festival di Cannes, il Marché du Film e le sezioni parallele (Semaine de la Critique, Quinzaine des Réalisateurs, ACID). Ci impegniamo e desideriamo ringraziare tutti coloro che sono al nostro fianco, funzionari pubblici (Municipio di Cannes, Ministero della Cultura, CNC), membri del settore e i nostri partner.
 
Tutti sanno che molte incertezze continuano a regnare sulla situazione sanitaria internazionale. Speriamo di essere in grado di comunicare tempestivamente in merito alle forme che prenderà questa Cannes 2020.

Il festival del cinema francofono all’Institut Français di Roma

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Torna a Roma, dal 16 al 23 marzo 2012, per il terzo anno consecutivo, il Francofilm – Festival del Film Francofono di Roma, che presenta   a ingresso gratuito fino ad esaurimento posti – il meglio della recente cinematografia proveniente dai Paesi francofoni di tutto il mondo presentati da registi e interpreti. 

Il festival del cinema di Hong Kong dedicato a Shakespeare e Bruce Lee

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William Shakespeare e Bruce Lee saranno i protagonisti della prossima edizione dell’Hong Kong International Film Festival, dal 21 marzo al 4 aprile 2016.

Approfittando del fatto che la 40esima edizione del festival coincide col 400esimo anniversario della morte del bardo inglese, l’HKIFF ha deciso di presentare nel suo programma tre diverse interpretazioni dell’opera di Macbeth: Il trono di sangue (1957) di Akira Kurosawa, Macbeth (1971) di Roman Polanski e il recentissimo Macbeth di Justin Kurzel con Michael Fassbender e Marion Cotillard.

Il dramma scozzese ha da sempre rappresentato una grande sfida per i cineasti di tutto il mondo che hanno cercato di reinterpretarlo e un grande impegno fisico e psicologico per gli attori.

Contemporaneamente, anche lo Shanghai International Film Festival ha annunciato di voler omaggiare Shakespeare durante l’evento in giugno ed è possibile che vi partecipi l’attore britannico Ian McKellen.

L’ HKIFF renderà omaggio anche ad una leggenda locale, l’attore Bruce Lee. Saranno presentate le pellicole restaurate e in edizione digitale di quattro suoi film: Il furore della Cina colpisce ancora (1971) grazie al quale ottenne fama internazionale; Dalla Cina con furore (1972); L’urlo di Chen terrorizza anche l’occidente (1972) scritto, diretto e prodotto da lui; L’ultimo combattimento di Chen (1978), opera postuma dove Bruce Lee venne fatto comparire usando materiale di archivio.

Fonte: Variety

Il Festival degli Dei, al via la prima edizione della manifestazione itinerante

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Si svolgerà dal 9 al 15 luglio – con una pre-apertura bolognese domenica 8 luglio – la prima edizione del FESTIVAL DEGLI DEI, festival cinematografico itinerante che ripercorre la nota Via degli Dei, uno dei più bei cammini d’Italia che congiunge Bologna e Firenze: ideato alla fine degli anni ’80 del ‘900 da un gruppo di escursionisti bolognesi, ripercorre la Flaminia Militare, un’antica viabilità storica costruita nel 187 a.C.

Attraversando il suggestivo itinerario che si inerpica lungo l’Appennino Tosco Emiliano, il FESTIVAL DEGLI DEI toccherà nell’ordine i Comuni di Sasso Marconi, Monzuno, Monghidoro, San Benedetto Val di Sambro, Firenzuola, Barberino di Mugello e Scarperia e San Piero. Ogni tappa prevede un programma di eventi cinematografici selezionati, valorizzando al tempo stesso i film scelti e le incantevoli location che ospiteranno le proiezioni all’aperto nelle piazze, nei borghi e negli spazi più suggestivi.

Di seguito il programma degli appuntamenti con i più bei film dell’anno:

Bologna 8 luglio – cinema Odeon – Agadah di Alberto Rondalli

Sasso Marconi 9 luglio – Piazza dei Martiri – Tonya di Craig Gillespie – Ospite Giorgio Diritti ed Elena Cucci

Monzuno 10 luglio – Montorio – Il ragazzo invisibile –  Seconda generazione di Gabriele Salvatores – Ospite Pier Paolo Paganelli

Monghidoro 11 luglio – Parco del Castellaccio –  A casa tutti bene di Gabriele Muccino – Ospite Ivano Marescotti

San Benedetto Val di Sambro 12 luglio – Piazza Via Roma – Quando corre Nuvolari di Tonino Zangardi – Ospite Alessandro Haber

Firenzuola 13 luglio – Piazza Don Stefano Casini – Il premio di Alessandro Gassmann – Ospite Matilda De Angelis

Barberino di Mugello – 14 luglio – Piazza Ughi loc. Cavallina – Easy di Andrea Magnani – Ospite Nicola Nocella

Scarperia e San Piero – 15 luglio – Palazzo dei Vicari – Borg McEnroe di Janus Metz Pedersen – Ospite Elena Cucci

 

Obiettivo del FESTIVAL DEGLI DEI è di portare il cinema nei luoghi dove spesso non arriva a causa dell’assenza fisica delle sale cinematografiche; oltre a ciò il Festival vuole promuovere, proprio in questi luoghi di rara bellezza e con una tradizione culturale unica, il fenomeno del cineturismo e la riscoperta eno-gastronomica di una delle zone più belle e più incontaminate d’Italia. Valorizzare il territorio attraverso il cinema sarà il fil rouge del Festival, attraverso un percorso che si fa metafora di un viaggio, fisico e soprattutto mentale. Il progetto, realizzato dall’Associazione Kinéo con Genoma Films, è ideato per le comunità dell’Appennino Tosco Emiliano e si inserisce nella volontà delle città metropolitane di Bologna e Firenze, sostenute dall’Unione dei Comuni dell’Appennino Bolognese e dall’Unione Montana del Mugello, di valorizzare questo specifico territorio.

Il Festival degli Dei si svolge con il patrocino del Comune di Bologna e dell’Assessorato alla Cultura della Regione Emilia-Romagna; è promosso dai comuni di Sasso Marconi, Monzuno, Monghidoro, San Benedetto Val di Sambro, Firenzuola, Barberino di Mugello e Scarperia e San Piero; avviene in partnership con Gruppo Hera, Acqua Panna, Bonifica Renana, E-Distribuzione società del Gruppo Enel, Autostrade per l’Italia, Bologna Welcome, Emilbanca, Mokarabia, Deisa Ebano Spa, Granarolo, Circolo Velico di Cervia.

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Il Federale: un grande Tognazzi per una commedia che aiuta a riflettere

Il Federale – Roma, primi mesi del 1944. Nella penisola si infittiscono i combattimenti tra i nazi-fascisti e gli anglo-americani i quali, appena sbarcati, tentano di risalire il paese. Primo Arcovazzi (Ugo Tognazzi) è un graduato della milizia fascista estremamente ligio al dovere e fanaticamente attaccato alla causa.

In virtù di queste qualità i suoi superiori lo incaricano di una missione molto delicata e importante: arrestare e riportare a Roma il prof. Erminio Bonafè (Georges Wilson), noto filosofo antifascista e prescelto per la carica di primo ministro dell’Italia libera.

Saputo da informatori certi che il professore è nascosto nel suo paesino natale sulle montagne abruzzesi, il buon Arcovazzi si mette in sella ad un side-car e si dirige a prelevare il fuggiasco. Trovatolo senza particolari problemi inizia il viaggio di ritorno verso Roma e sopratutto verso quella promozione a federale che il bravo graduato anela da tempo.

Purtroppo per Arcovazzi il viaggio verso la capitale sarà costellato da vari inconvenienti e ostacoli accidentali che renderanno la sua missione più complicata del previsto. Allo stesso modo però daranno a lui modo di entrare in contatto se non in distaccata simpatia con un altro uomo non più visto come un semplice traditore ma solo come un essere umano. E sarà proprio questo essere umano, inizialmente osservato con fredda ed ironica diffidenza, che salverà la vita di Primo nel grottesco finale.

Il Federale

Luciano Salce, uno dei maestri della commedia italiana, confezione questo film nel 1961, in collaborazione con i famosi sceneggiatori Castellano e Pipolo. Il federale è un classico esempio di quella tragi-commedia all’italiana che rappresenta uno dei filoni più amati e di maggior successo nella storia del cinema nostrano.

Il Federale, un film dall’indubbia impronta comica ma che al contempo si presta ad un’analisi e ad un’introspezione seria e a tratti drammatica del contesto storico in cui le vicende sono inserite. Un film che non può essere considerato solo una commedia e che allo stesso modo non può essere catalogato come un film drammatico; Il federale raccoglie il lato buono di uno e dell’altro genere mescolando sapientemente le sequenze divertenti e spassose con quelle più serie e riflessive.

La scena è dominata dai due splendidi protagonisti, eccellenti nelle rispettive interpretazioni: Tognazzi incarna perfettamente il ruolo del fanatico e convinto fascista, il quale non contempla nemmeno l’idea che qualcuno possa non esserlo essendo cresciuto in una società, per lui, da sempre fascistizzata. Wilson, al contrario, raffigura con garbo ed eleganza l’intellettuale democratico che tenta disperatamente di aprire gli occhi e la mente al suo carceriere.

Il viaggio di ritorno verso Roma, diventa una sorta di odissea omerica in cui tutto sembra ostacolare o quantomeno ritardare il compimento della missione di Primo, un lungo e tortuoso percorso in cui i due uomini si avvicinano e conoscono gradualmente, imparando anche ad apprezzare oltre che rispettare ognuno le qualità dell’altro.

Il film di Salce sa essere incredibilmente divertente così come profondo e toccante, Tognazzi si conferma mattatore straordinario e dalla comicità esplosiva ma al tempo stesso grande attore drammatico. Nel film, in cui compare anche una giovanissima Stefania Sandrelli, si ride e si riflette così come vuole la tradizione della grande tragi-commedia all’italiana.

Nello struggente finale in cui Arcovazzi entra nella Roma liberata con il suo prigioniero e indossando una divisa da federale rimediata a poco prezzo, Salce mostra la violenza cieca e incontenibile di un popolo stremato e incattivito da anni di dittatura ma al contempo vuole chiudere con uno straordinario gesto di umanità e pietà con cui il prof. Bonafè salverà Primo mantenendo fede a quei valori di civiltà a cui aveva sempre creduto e a cui si era da sempre affidato.

Il Favoloso Mondo di Amélie: recensione del film Jean-Pierre Jeunet

Il Favoloso Mondo di Amélie è il film di successo del 2001 diretto da e con protagonisti nel cast Audrey Tautou, Mathieu Kassovitz e Johnny Depp.

  • Anno: 2001
  • Regia: Jean-Pierre Jeunet
  • Cast: Audrey Tautou, Mathieu Kassovitz, Rufus, Lorella Cravotta, Serge Merlin, Jamel Debbouze, Clotilde Mollet, Claire Maurier, Isabelle Nanty, Dominique Pinon, Artus de Penguern, Yolande Moreau, Urbain Cancelier, Maurice Bénichou, Valerie Zarrouk, Michel Robin, Flora Guiet, Amaury Babault, André Dussolier.

Trama: Amélie ha avuto un’infanzia particolare. Traumatizzata dalla morte della madre e la freddezza del padre cresce solitaria. Una volta adulta è completamente indipendente e ha trovato un lavoro al Café des 2 Mulins. Vive in un mondo immaginario, tutto suo, ma arriverà Nino che le farà rendere conto di voler abbandonare la finzione per vivere nella realtà.

Il Favoloso Mondo di Amélie, romanticismo francesce

Analisi: Il mondo di Amélie è un universo a sé stante, ma allo stesso tempo plausibilmente reale. Per quanto i personaggi risultino strambi, i luoghi del film, dal Café des 2 Mulins alle stazioni Parigi, li collocano in una dimensione a noi vicina. Protagonista è Amélie (Audrey Tautou), l’eroina delle persone bizzarre che le difende dalla mediocrità dominante. Sin da piccola ha avuto a che fare con tali persone, primi fra tutti i suoi genitori, che le davano particolari attenzioni: l’unico contatto fisico con il padre dottore era lo stetoscopio durante le visite mediche, mentre la madre maestra era affetta da preoccupanti tic.

Forse sono stati proprio loro la causa che le ha permesso di costruire il favoloso mondo di Amélie. Arriva il tempo di crescere, di abbandonare l’immaginazione e magari riuscire a conquistare Nino (Mathieu Kassovitz), senza nascondersi dietro infantili cacce al tesoro. Con i suoi occhioni Amélie scruta il mondo con ingenuità, gioca con le passioni umane, veste i panni della paladina mascherata, ma con il passare del tempo sarà costretta a uscire allo scoperto e vivere nel mondo reale.

Un film unico e originale

 I personaggi che la circondano non sono mai sempliciotti, anche da loro possono venire lezioni di vita. C’è l’uomo di vetro (Serge Merlin), un vecchio solitario che sta chiuso in casa a dipingere La colazione dei canottieri di Renoir e si chiede come rendere al meglio l’espressione di una ragazza del quadro; potrà scoprirlo solo attraverso gli attimi di vita appositamente registrati da Amélie su videocassette. In realtà i due personaggi sono pressoché speculari, tanto che l’anziano aiuterà la ragazza a farle capire il comune sbaglio. La pellicola è una fiaba per adulti, composta da una sceneggiatura credibile di Guillaume Laurant che starebbe bene anche in un film d’animazione. In due ore lo spettatore viene continuamente stupito dalla storia, senza mai stancarsene.

Il Favoloso Mondo di Amélie filmL’immaginazione visionaria del regista Jean – Pierre Jenuet, si colloca bene all’interno del film rendendolo unico e originale, sebbene ci siano alcune citazioni che lo colleghino ad altre opere e registi, in particolare a François Truffaut. Il carattere immaginifico della pellicola non deve far pensare a un film per bambini, ma può essere visto come la straordinaria capacità di semplificare la natura umana e ciò che la regola, una sorta di riassunto della psicanalisi freudiana. Ognuno di noi ha fissazioni e nevrosi inconsce e, per questo, segrete che ci fanno capire quanto queste possano collocarsi sul sottile confine tra ragione e follia.

Il filone cinematografico ripreso da Jenuet è quello di Forrest Gump o, almeno, la morale è la stessa: il folle è spesso il più semplice e ragionevole, anche tra quelli che paradossalmente sono convinti di essere “sani”.

Al contrario di Forrest Gump, Il favoloso mondo di Amélie ha ottenuto le nomination per miglior film straniero, migliore sceneggiatura originale, migliore fotografia, migliore scenografia, miglior sonoro, ma non ne ha vinto nessuno. In compenso rimane un film da non perdere e di cui difficilmente rimanere delusi.

Il fascino discreto della borghesia: il film di Luis Buñuel

Il fascino discreto della borghesia: il film di Luis Buñuel

Il fascino discreto della borghesia è un film del 1972 diretto da Luis Buñuel con protagonisti Fernando Rey, Paul Frankeur, Delphine Seyrig, Milena Vukotic, Michel Piccoli, Bulle Ogier, Julien Bertheau, Stéphane Audran e Jean-Pierre Cassel.

Pedagogia o esorcismo? Delirio onirico o realtà? Cinismo o oggettività? Sembrerà forse bizzarro analizzare il cinema inquieto di Luis Buñuel, ponendo quesiti di questo calibro. Il film in questione, già nel titolo ingannevole Il fascino discreto della borghesia, ci illumina parodiando delle risposte.

Il fascino discreto della borghesiaIl soggetto della trentesima pellicola del regista spagnolo, è appunto la borghesia, i cui rappresentanti appaiono come un unico manichino tragico, composto da corpi convenzionali che imprigionano anime perverse: Don Rafael, (Fernando Rey), l’ambasciatore dell’irreale repubblica di Miranda, i suoi compari Thévenot (Paul Frankeur) e Sénéchal (Jean-Pierre Cassel), accompagnati dalla signora Thévenot (Delphine Seyrig), concubina segreta di Don Rafael, dalla signora Sénéchal (Stéphane Audran), dalla bella Florence (Bulle Ogier), vassalla dei signori Thévenot, ed infine dal vescovo (Julien Bertheau), futuro giardiniere di casa Sénéchal.

I tre bontemponi, invischiati in un traffico illecito di droga, costantemente in guardia senza mai spalleggiarsi, vagano perduti in nastri di celluloide, rincorrendo il desiderio di poter consumare un pasto in comunione. Durante tutta la pellicola, immagini fallaci danzano intorno alla realtà in veste di macabri incubi, dove le paure più profonde della classe borghese fagocitano il suo fascino discreto, rendendola schiava del proprio subconscio.

Il fascino discreto della borghesiaIl regista del Perro andaluso, gioiello del cinema surrealista, catapulta il suo pubblico in un allucinogeno terzo girone dantesco, quello dei golosi, la cui punizione consiste nel tenere celate le più oscure ambizioni e i più bassi desideri, alla ricerca di un equilibrio fittizio.

L’armonia bramata, raggiungibile attraverso la condivisione del cibo, è soltanto sfiorata durante incredibili viaggi onirici che mai si realizzano. I sogni infatti sollecitano la fantasia dei personaggi con violenza, tirando lentamente fuori gli istinti animaleschi, sintomi di un inguaribile frustrazione.

Il fascino discreto della borghesia, il film

Il burattinaio Buñuel, maneggiando con maestria i fili della trama senza farli intrecciare, riesce a delineare le anamnesi dei personaggi, scelti per mettere in scena una grottesca commedia. In questo contesto, la sceneggiatura sembra parafrasare l’interpretazione dei sogni di Freud, dove la cupidigia, l’intolleranza e l’insoddisfazione appaiono nel sonno come fantasmi di un vissuto irrisolto.

Ciò che più colpisce è forse la capacità del regista di non creare delle aspettative: l’intreccio sospeso e convulso, la fruizione voyeuristica, e il ritmo stonato che caratterizzano il film, rendono impossibile allo spettatore sia di immedesimarsi nei personaggi, sia di sperare nella loro catarsi. Per questo forse la pedagogia Buñueliana viene scambiata per puro cinismo. In realtà ciò che Buñuel vuole lasciar intendere è che la solitudine dei personaggi, di fatto respinta, è in realtà profondamente voluta, rappresentando il vero traguardo.

Nella loro individualità infatti ogni cosa è permessa, ogni azione è priva di vincoli morali, e il patto hobbesiano della civile convivenza viene sacrificato in nome dell’autoaffermazione. Eppure l’emancipazione sociale ed economica dei personaggi sembrerebbe delineare una condizione ideale, che invece viene smentita dalle loro continue ossessioni. Ciò che vivono è un buffo paradosso: intenti a mantenere il fascino discreto, combattono contro i loro istinti primitivi, tenendo separati i due scomparti esistenziali grazie all’ipocrisia. Il quadro che scarica il peso sul chiodo della coscienza, è però troppo fragile per sostenere l’insostenibile…

Il Faraone, il Selvaggio e la Principessa: recensione del film di Michel Ocelot

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Il Faraone, il Selvaggio e la Principessa, nuovo film d’animazione del regista, sceneggiatore e animatore francese Michel Ocelot (Dilili a Parigi), sta per arrivare nelle nostre sale. Presentato in occasione della 46esima edizione del Festival internazionale del film d’animazione di Annecy il 14 giugno 2022 e distribuito in Francia a partire dal 19 ottobre 2022, la pellicola sarà rilasciata in Italia il prossimo 14 dicembre.

Prodotto, almeno in parte, con il contributo del Museo del Louvre e proiettato alla 17esima Festa del Cinema di Roma nella sezione Alice nella Città, il film giunge dunque nei cinema nostrani con circa dodici mesi di ritardo. E riporta su grande schermo le avventure animate di un cineasta che, nel corso degli ultimi 25 anni, ha saputo dare vita a un inconfondibile stile grafico e narrativo da mille e una notte.

Il Faraone, il Selvaggio e la Principessa: la trama

A seguito del racconto quasi “decameroniano” di Principi e Principesse e della (per ora) trilogia dedicata alle vicende di Kirikù, conclusasi ormai dieci anni fa, Ocelot torna a frammentare il proprio minutaggio; e affida a una stravagante narratrice, a colloquio con il proprio pubblico, tre fiabe dal consueto sapore esotico. Un viaggio attraverso i secoli guidato dalle forze di amore, destino e desiderio.

Nella terra di Kush, regno del Sudan di 3000 anni fa, il giovane Re Tanwekamani è innamorato della principessa Nasalsa, ma la madre di lei, la regina, ritiene che il solo faraone sia degno di chiederne la mano. Tanwekamani decide allora di risalire il Nilo e conquistare l’Egitto. Un’impresa che esige forza e saggezza; qualità necessarie per tornare in patria trionfante.

Un castello nell’Alvernia medievale è invece la cornice del secondo racconto, là dove il figlio di un Signore, costantemente sgridato dal padre, decide un giorno di rubare le chiavi del carceriere per liberare un prigioniero. Condannato a morte per tradimento, ma risparmiato dai suoi esecutori e abbandonato nel bosco, il ragazzo cresce lontano dal castello. Fino a quando le scorribande del “Bel Selvaggio”, divenuto eroe popolare leggendario, si intrecciano nuovamente con gli affari di corte.

A fare da sfondo alla terza e ultima storia è infine l’Oriente del XVIII secolo, terra d’incontro tra la Principessa delle rose, dama bellissima e ambita, e il cosiddetto Principe delle frittelle, costretto a fuggire dal proprio paese a causa di un gruppo di assassini e divenuto venditore in una città vicina sotto mentite spoglie. La bontà delle leccornie preparate dal giovane fornisce ai due ragazzi l’occasione di condividere alcuni momenti insieme, sebbene il sultano e le circostanze lottino strenuamente per separarli.

Un grande libro di racconti

Visionare un lungometraggio di Michel Ocelot equivale insomma, il più delle volte, a immergersi in un grande libro di racconti; a perdersi nei meandri favolistici di fiabe semplici, sovente slegate, unite però da un fil rouge tematico nonché stilistico. Ragion per cui Il Faraone, il Selvaggio e la Principessa assume oggi, almeno in apparenza, le sembianze di una prosecuzione quasi prestabilita dell’opera dell’autore; capitolo nuovo, e innocuamente inserito, di una narrazione ormai settata e priva di sorprese.

Dopotutto queste tre nuove storie del regista – ancora storie di principi e principesse – si integrano perfettamente all’interno del percorso artistico dell’animatore francese. Sono favole “moraleggianti” e conciliatorie, pensate per un pubblico generalmente infantile; fiabe della buonanotte che raccontano d’amore, di coraggio e generosità; fiabe che pescano da stilemi riconoscibili e ritornanti, provenienti da un sottobosco popolare che nei decenni ha necessariamente ispirato differenti autori e case di produzione. Fiabe che dunque, inevitabilmente, risentono di echi facilmente individuabili, per lo più riconducibili a tradizioni culturali a lungo tramandate e mescolatesi l’una con l’altra.

Resistenza stilizzata

Eppure, sospesa nei “silenzi” tra una storia e la successiva, chirurgicamente dosata negli attimi di respiro della narrazione, la cornice de Il Faraone, il Selvaggio e la Principessa è forse il suo elemento più significativo. Richiamo classicheggiante di una struttura tipica e al contempo lettura estremamente lucida del presente audiovisivo dominato dalla dimensione piattaforma; lì dove le più disparate richieste degli spettatori sagomati nei primi istanti di pellicola paiono poter configurare la narratrice come un ideale e servizievole algoritmo, chiamato a soddisfare qualsiasi richiesta del proprio pubblico.

E chissà che, a fronte di questo variegato melting pot di input, la scelta di Ocelot di distribuire i diversi spunti con ordine senza assommarli in un unico confuso agglomerato dai mille ingredienti, non sia allora da interpretare come un atto di resistenza alla dittatura del tutto, subito e tutto insieme. L’ennesimo silenzioso atto di forza di un regista che nell’epoca della tecno-rivoluzione oppone ancora l’ombra stilizzata delle proprie silhouette. Alla ricerca della meraviglia.

Il Faraone, il Selvaggio e la Principessa, recensione del film di Michel Ocelot

Michel Ocelot torna a dedicarsi all’animazione quattro anni dopo il suo ultimo film, Dililì a Parigi (2018), con Il Faraone, il Selvaggio e la Principessa, presentato nell’ambito di Alice nella Città in occasione della Festa del Cinema di Roma. Con questa sua ultima prova, il regista fa ritorno allo stile narrativo che ha sempre prediletto: il segmento breve, a cui ha dato forma tramite serie televisive e cortometraggi solo in secondo luogo inglobati in lungometraggi diventati ormai celebri, tra cui Principi e Principesse (2000) e I Racconti della Notte (2011).

Il Faraone, il Selvaggio e la Principessa: la trama

Ai tempi dell’Antico Egitto, un giovane re diventa il primo faraone nero a meritare la mano della sua amata. Nel Medioevo francese, un misterioso ragazzo selvaggio ruba ai ricchi per dare ai poveri. Nella Turchia del XVIII secolo, un principe che cucina meravigliose frittelle e la principessa delle rose fuggono dal palazzo per vivere il loro amore.

Con questa nuova opera di Ocelot, ci distacchiamo dalla sperimentazione di Kirikù e la strega (1998), vero e proprio spartiacque nell’animazione francese o Azur e Asmar (2006), per fare ritorno a un progetto audiovisivo che vede nella suddivisione per racconti il mezzo perfetto per unire la tradizione orale del racconto ai mezzi di fruizione tipici della contemporaneità.

Non ci sono gli ormai iconici proiezionisti, ma una narratrice-cantastorie che ravviva l’atmosfera di un cantiere di lavoro catturando gli operai con racconti esoterici, lontani nel tempo e nello spazio, parentesi ludiche in cui rifugiarsi dalle fatiche di ogni giorno. Per Ocelot, le storie sono soprattutto questo: il ponte tra passato e presente, l’attimo di sperimentazione inafferrabile in cui possiamo diventare chi vogliamo, vestirci con gli abiti che più ci affascinano e confidare sempre nella giustizia di un lieto fine.Il Farone il Selvaggio e la Principessa

Poca attualità ma un’immensa bellezza visiva

Siamo di fronte a un’opera meno ambiziosa di Didilì a Parigi, sicuramente più convenzionale nel modo in cui si aggancia alla tradizione stilistica del regista, ma non per questo meno interessante. Laddove è possibile tracciare delle chiavi di lettura comuni tra i tre segmenti narrativi, fulcri tematici archetipici delle fiabe e della filmografia di Ocelot – la parabola di riscatto, la perseveranza che conduce agli obiettivi, il bigottismo genitoriale contrapposto all’intraprendenza giovanile – ogni storia presentataci si differenzia per registro linguistico e linee di disegno, adattandosi perfettamente all’atmosfera in cui è inserita.

L’animazione 2D portata avanti con orgoglio da Ocelot si rivela il mezzo perfetto per sondare le potenzialità grafiche di ogni racconto; dalla bidimensionalità quasi geroglifica de “Il faraone” si passa alle tonalità cupe e alle architetture gotiche de “Il selvaggio”, episodio ambientato nel medioevo, per culminare con le linee arabeggianti de “La principessa”, un tripudio di colori e scenografie dinamiche.

Il richiamo all’attualità, la capacità di adattamento a un’universo animato che sta dando tanto negli ultimi anni – è doveroso citare il Cartoon Saloon di Tomm Moore, Paul Young e Nora Twomey – ne Il Faraone, il Selvaggio e la Principessa è forse più debole rispetto ad altre opere di Ocelot. Sembra difficile trovare una collocazione adatta a questa micro raccolta di racconti, quando il mezzo animato è ormai diventato uno dei canali privilegiati per la riscoperta della pluralità culturale di tantissime aree geografiche, distanziandolo dall’attinenza fiabesca che gli è sempre stata affibbiata e piegandolo a un’urgenza creativa che ha indubbiamente a che fare con l’oggi.

Nonostante ciò, la qualità tecnica del cinema di Ocelot rimane indubbia: Il Faraone, il Selvaggio e la Principessa è uno spettacolo per gli occhi e sfrutta ogni potenzialità circostanziale per delineare al meglio uno scenario visivo e narrativo in cui la fiaba vuole ancora, prepotentemente, esistere. In cui è ancora un veicolo di comunicazione, non importa se tra lo ieri e l’oggi, se tra noi e gli altri o se tra tradizioni culturali differenti, che trovano nelle analogie caratteriali dei loro protagonisti il modo migliore per garantirne l’ascolto.

Il fantasma di Canterville: Hugh Laurie, Freddie Highmore e…

Il fantasma di Canterville: Hugh Laurie, Freddie Highmore e…

Si allarga il cast del film tratto dai racconti di Oscar Wilde, Il fantasma di Canterville. Il film diretto da Kim Burdon può contare ora su un cast davvero alla portata delle migliori aspettative: si sono uniti a Hugh Laurie (che tutti noi conosciamo per aver interpretato il Dottor House) e a Stephen Fry (Lo Hobbit: La desolazione di Smaug), Imelda Staunton, Freddie Highmore, Miranda Hart e Toby Jones.

Il fantasma di Canterville 2

Il fantasma di Canterville proporrà la storia di Sir Simon de Canterville che ha infestato la sua amata dimora per oltre trecento anni, spaventando chiunque abbia mai avuto l’intraprendenza di abitarla. Il lungometraggio animato sarà girato come un live-action ed è ora in fase di pre-produzione. Stiamo parlando di un prodotto adatto a tutta la famiglia e, da quanto trapela, sembra proprio che ci sarà da divertirsi!

Nel frattempo, qui di seguito, vi proponiamo una prima locandina del film. Non ci resta che attendere ulteriori notizie!

Il fantasma di Canterville

Fonte: Comingsoon.net

Il Fantasma dell’Opera, in lavorazione Phantom, una nuova versione in chiave moderna

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È in fase di sviluppo un film basato sul popolare romanzo e musical Il Fantasma dell’Opera, destinato a diventare un moderno thriller psicologico. Il romanzo di Gaston Leroux, Le Fantome de L’Opera, ha ispirato il famoso spettacolo di Broadway. È diventata un’opera ampiamente conosciuta e amata, resa popolare dai suoi numeri musicali spettacolari, personaggi memorabili e romanticismo tragico. Si è trasformato in un film live action nel 2004 con Emmy Rossum e Gerard Butler che ha ottenuto due nomination all’Oscar.

Ora Deadline riporta che è in fase di sviluppo un altro film basato sul libro. Questo nuovo film si chiamerà Phantom e sarà una versione modernizzata della storia ambientata nella scena musicale contemporanea di Londra. Si dice che il film sarà un thriller psicologico allo stesso modo di Black Swan e Misery ed esplorerà la relazione romantica e distruttiva originariamente rappresentata nel romanzo di Leroux. Con questa versione della storia, l’obiettivo non è quello di romanticizzare la relazione, ma di abbracciarne la suspense e l’orrore.

Il fan Christopher Nolan parla di Star Wars in intervista video!

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Dopo le tante chiacchiere sulla nuova versione di Star Wars, uscita nel nuovo cofanetto completo, ecco arrivare le interessanti opinioni di un fan sfegatato della serie: Christopher Nolan.

Il fabbricatore di sogni dal paese del Sol Levante: Hayao Miyazaki

Hayao Miyazaki – A ventisei anni dalla sua uscita al cinema in Giappone e ad oltre dieci anni da una timida uscita per l’home video, arriva nelle nostre sale finalmente Il castello del cielo di Hayao Miyazaki, noto ai fan come Laputa, uno dei primi e più amati lungometraggi del maestro dell’animazione giapponese, che l’anno scorso ha festeggiato i settant’anni di una carriera coronata da successi e riconoscimenti non solo a livello giapponese.

Hayao MiyazakiHayao Miyazaki è riuscito a convincere i peggiori detrattori dell’animazione giapponese sulla validità della sua produzione artistica, che va oltre a quelli che sono indubbiamente alcuni dei limiti evidenti degli anime, quali la serializzazione e la sudditanza, spesso, all’industria del marketing per vendere gadget e simili, caratteristica comunque non certo aliena alla produzione animata a stelle e strisce.

Una carriera di oltre quarant’anni, la sua, che ha toccato l’animazione giapponese dagli anni Sessanta ad oggi, creando film e personaggi unici e portando il suo tocco a personaggi e storie di altri. Ma occorre andare per ordine, per ricostruire le tappe di un percorso ancora non certo concluso, anche se negli ultimi anni Hayao Miyazaki sembra più interessato a supervisionare.

Il fabbricatore di sogni dal paese del Sol Levante: Hayao Miyazaki

Nato nel 1941 a Tokyo, pochi mesi prima dell’entrata del Giappone in guerra, che influenzerà lui e altri colleghi suoi coetanei, sia pure in maniera diversa, Hayao Miyazaki cresce in una famiglia dove il padre ha una fabbrica di componenti per aerei, che gli farà nascere una passione poi presente nella maggioranza delle sue opere per il volo, gli aerei, il cielo. Un altro fatto che influenza la sua infanzia è una grave malattia che colpisce la madre, tema che si ritroverà in film come Tonari no totoro e il recente Arietty.

Hayao MiyazakiNegli anni Cinquanta, sull’onda dell’opera che sta facendo Osamu Tezuka di creazione di fumetti made in Japan, simili a tratti ma molto diversi dai loro omologhi a stelle e strisce, Hayao Miyazaki, da sempre bravo disegnatore, si appassiona al mondo delle nuvole parlanti, e dopo essersi laureato in Scienze politiche entra a lavorare alla Toei, allora la più importante casa di produzioni animate.

Il suo primo lavoro importante è come animatore chiave e scenografo per Horusu no daiboken, uscito in italiano con i due titoli La grande avventura del piccolo principe Valiant e Il segreto della spada del sole, che segna anche l’inizio del suo sodalizio con il collega e amico Isao Takahata. Nel1971 Hayao Miyazaki collabora alla prima serie di Lupin III, dal manga di Monkey Punch, e dal 1973 con Isao Takahata inizia invece un sodalizio con la Zuiyo Pictures, poi Nippon Animation, adattando in animazione alcuni classici per bambini occidentali, quali Heidi del 1974, Marco da Dagli Appennini alle Ande di De Amicis e Anna dai capelli rossi, che lo faranno conoscere non solo in Giappone.

Nel 1978 decide di adattare il romanzo di fantascienza per ragazzi The incredible tide di Alexander Key, che diventa la serie Conan, il ragazzo del futuro, considerato a tutt’oggi uno dei migliori anime giapponesi seriali di sempre, per il quale Hayao Miyazaki è regista, disegnatore, scenografo e supervisore degli storyboard. Il suo primo lungometraggio come regista è dell’anno successivo ed è Lupin III il castello di Cagliostro, per molti fan il migliore film dedicato al celebre ladro in salsa nipponica, che stravolge le atmosfere del manga in chiave favolistica e steam punk.

Dopo alcuni lavori in serie televisive, come Il fiuto di Sherlock Holmes, coprodotto con la Rai nel 1982, Hayao Miyazaki pubblica sulla rivista Animage il manga fantasy post apocalittico Nausicaa nella valle del vento, che poi decide di trasporre in animazione nel 1984. Il successo di questa storia di un’eroina che, in un mondo medievale post nucleare, dove le scorie hanno creato nuove creature e dove l’avidità di conquista vorrebbe risvegliare le antiche armi, è grandissimo e spinge Miyazaki con Isao Takahata a fondare un loro studio, lo studio Ghibli, che produrrà tutte le loro opere successive.

Il castello del cielo del 1986 è proprio il primo lungometraggio dello studio, e finalmente si potrà vedere anche da noi su grande schermo questa avventura che mescola Jonathan Swift e Jules Verne, tra pirati dell’aria e mondi fluttuanti nel cielo, arcani e con tecnologie incredibili e pericolose.

Nel 1988 Hayao Miyazaki realizza invece il più intimista e fiabesco Il mio vicino Totoro, dove due bimbe in una campagna reale ma incantata incontrano uno spirito misterioso a forma di grosso gatto che le consola dei loro problemi familiari. Totoro diventa il logo dello studio Ghibli, che nel 1989 bissa il successo con la commedia fantastica Kiki’s delivery service, storia di una streghetta che va in una cittadina terrestre a fare il suo apprendistato e che si inventa un’attività grazie alla sua scopa che le farà conoscere nuovi amici.

Nel 1992 è la volta di Porco rosso, film in cui l’autore dà libero sfogo alla sua passione per l’aviazione, leit motiv di tutti i suoi film, storia di un pilota da caccia con il volto di maiale che vive le sue avventure nell’Europa tra Grande guerra e avvento dei totalitarismi.

Negli anni successivi Hayao Miyazaki si occupa di sceneggiare, produrre e supervisionare altre opere dello studio Ghibli, finché nel 1997 non fa uscire Princess Mononoke, che batte ogni record d’incassi in Giappone e lo fa finalmente conoscere ufficialmente al pubblico internazionale, complice anche un doppiaggio statunitense con star del calibro di Claire Danes, Minnie Driver e Gillian Anderson. Princess Mononoke, fiaba ecologica dello scontro tra la foresta magica e impenetrabile e un Giappone medievale ma metafora di quello contemporaneo, con la sua voglia di costruire distruggendo la natura, propone un’eroina selvaggia e guerriera, cresciuta dai lupi e desiderosa di difendere il suo mondo anche se entra in contatto con quello dei suoi simili.

Nel 2001 nuovo successo con La città incantata, fiaba morale contro lo spreco di cibo, tra antiche leggende e il mondo di oggi, che vale al maestro l’Orso d’Oro al Festival di Berlino e l’Oscar 2003 per il migliore lungometraggio animato, che però Hayao Miyazaki non va a ritirare per protesta contro la guerra in Iraq.

Nel 2004 è la volta della trasposizione animata del romanzo fantasy di Diana Wynne Jones, una delle ispiratrici di Jk Rawling per il suo Harry Potter, Il castello errante di Howl, storia di una ragazzina intrappolata nel corpo di una donna anziana che cerca di liberare un giovane mago da una maledizione, un film che viene presentato a Venezia, dove l’anno dopo, nel 2005, Miyazaki viene omaggiato con il Leone d’Oro alla carriera.

Il suo ultimo film come regista è la fiaba del 2008 Ponyo sulla scogliera, rilettura moderna ed ecologista della Sirenetta ma non solo, film che viene realizzato tutto con tecniche di disegno tradizionali a contrastare l’uso della grafica computerizzata, ormai unica tecnica dei cartoni animati della Disney, e largamente usata dagli anime.

Negli ultimi anni lo studio Ghibli supervisiona Terramare, del film di Hayao Miyazaki, Goro, tratto dal ciclo fantasy di Ursula K. Le Guin, mentre Hayao Miyazaki sceneggia Arietty, favola anti spreco dal romanzo di Mary Norton.

Nei suoi film Hayao Miyazaki parla di rapporti tra le generazioni, di amore e rispetto per l’ambiente e tutte le specie animali, di pacifismo e non violenza, di fantasia partendo dalle cose più semplici, di fiaba e fantastico che nascono nella vita di tutti i giorni, di sogni verso l’infinito del cielo e di quotidianità, tra poesia e sogno, tra i colori del verde e dei fiori e i richiami alla tradizione, tra leggende e classici steam punk, con macchine sempre inserite in mezzo alla natura. Uno stile lontano da molta altra animazione giapponese e da un mondo animato occidentale sempre più dominato dall’informatica e da logiche di vendita, che ha reso le opere del maestro amate come capolavori del cinema tout court, oltre che legati all’animazione giapponese.

In attesa di nuove opere o riproposizione di film di Miyazaki comunque è da vedere Il castello nel cielo, tra avventura e sogno, riflessione sui limiti della scienza e anelito verso l’infinito dei cieli e della fantasia.

Il duro Statham per l’adattamento di Heat firmato Brian De Palma

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Brian De Palma ha trovato in Jason Statham (The Snatch) il protagonista del suo adattamento di Heat, romanzo di William Goldman pubblicato

Il duetto che trionfa

Il duetto che trionfa

Il Duetto di Margherita Buy e Silvio Orlando, ormai uno degli appuntamenti più attesi nella sezione Extra della quinta kermesse capitolina, che ha visto negli anni passati, sul palco dell’Auditorium, confronti tra Muccino e Tornatore, Servillo e Verdone, Bertolucci e Bellocchio.

Il duello: trama, cast e curiosità sul film con Woody Harrelson

Il duello: trama, cast e curiosità sul film con Woody Harrelson

Ogni film western vanta sempre un certo fascino, specialmente se al suo interno si ritrovano tematiche che vanno dalla vendetta al desiderio di giustizia. Elementi, questi, che si ritrovano entrambi nel lungometraggio del 2016 Il duello, diretto da Kieran Darcy-Smith. Qui al suo secondo lungometraggio dopo Wish You Were Here, il regista dà vita ad una sceneggiatura di Matt Cook che da tempo aspettava di essere portata sul grande schermo. Prende da qui vita uno dei film di questo genere meno noti eppure particolarmente affascinanti tra quelli usciti negli ultimi anni.

La sceneggiatura di Cook circolava infatti già dal 2009, anno in cui venne inserita nella Black List dei migliori script ancora non realizzate. Noto anche per aver scritto film come Boston: Caccia all’uomo e The Informer – Tre secondi per sopravvivere, Cook trovò in Darcy-Smith l’uomo giusto per far prendere vita alla sua storia. Molto del merito va anche ad un cast di grandi attori che danno qui vita a personaggi complessi e ricchi di sfumature, perfettamente calati in un contesto western particolarmente curato. Nonostante tali elementi, Il duello mancò di diventare un titolo particolarmente noto, passando invece in sordina.

In breve, però, gli amanti del genere lo hanno riscoperto come un titolo a suo modo affascinante per la trattazione delle sue tematiche, per l’interpretazione dei due protagonisti e per l’intero contesto di contorno. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Il duello: la trama del film

La vicenda qui narrata si svolge nel Texas del 1887. Abraham Brant, conosciuto da tutti come “il predicatore”, è un despota dai fantomatici poteri divini che governa gli abitanti di Monte Hermon con soprusi e intimidazioni. Quando la voce su una serie di cadaveri ritrovati sulle rive del Rio grande giunge sino alla capitale del Texas, il governatore Ross decide di inviare il suo miglior ranger, David Kingston, per indagare sulla vicenda e risolvere il problema. A Brant, ovviamente, non va affatto a genio che qualcuno da fuori venga a ficcare il naso nei suoi affari e nei suoi illeciti.

Una volta a destinazione insieme a sua moglie Marisol, David, celatosi sotto falsa identità, riconosce in Abraham l’uomo che vent’anni prima uccise suo padre durante un duello. Accecato dalla sete di vendetta, il ranger decide di abbandonare la via della legge per dare inizio a una guerra senza esclusione di colpi per liberare la cittadina dal giogo del suo oppressore e vendicare la morte del genitore. Ma quando il predicatore mette in pericolo sua moglie, la missione si complica irrimediabilmente. Per David la vendetta acquisterà a quel punto tutto un altro valore.

Il duello cast

Il duello: il cast del film

Ad interpretare il ruolo del tirannico Abraham Brant vi è l’attore candidato all’Oscar Woody Harrelson. Celebre per film come Tre manifesti a Ebbing, Missouri e per la saga di Hunger Games, egli si è preparato per questo ruolo ispirandosi parzialmente ad un villain già interpretato in precedenza. Si tratta di Harlan DeGroat, a cui aveva dato vita nel 2013 per il film Il fuoco della vendetta. Accanto a lui, nei panni del ranger David Kingston vi è invece l’attore Liam Hemsworth. Egli è noto in particolare per aver interpretato il personaggio di Gale Hawthorne in tutti e quattro i film della saga di Hunger Games, dove recitava proprio al fianco di Harrelson.

Accanto a loro, nei panni della moglie di David, Marisol Kingston, vi è invece l’attrice Alice Braga. Originaria del Brasile, questa si era già fatta notare in film come City of God, Io sono leggenda e nei panni della villain Cecilia Reyes nel film The New Mutants. Nel film si ritrovano poi Emory Cohen nel ruolo di Isaac Brant e Felicity Price in quelli di Naomi. William Sadler, noto per i film 58 minuti per morire – Die Harder e Le ali della libertà, interpreta invece il governatore Lawrence Sullivan Ross. Questi è una personalità realmente esistita, che ha ricoperto la carica di governatore del Texas dal 1887 al 1891. Sono infine presenti gli attori Benedict Samuel nel ruolo di George e Jason Carter in quelli di William.

Il duello: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Il duello è infatti disponibile nei cataloghi di Chili, Google Play e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di lunedì 13 giugno alle ore 21:10 sul canale Rai Movie.

Fonte: IMDb