Dopo i problemi e gli scandali personali che
hanno travolto Mel Gibson, l’attore e regista non ha ancora trovato
un progetto che potesse farlo risalire nella stima del suo
pubblico.
Il Futuro conferenza stampa
È stato presentato oggi alla Casa del
Cinema di Villa Borghese Il Futuro, l’ultima opera di
Alicia Scherson. Ad accompagnare la regista e sceneggiatrice
cilena ci sono i produttori Mario Mazzarotto, Bruno
Bettati, Emanuele Nespeca e gli attori Nicolas
Vaporidis, Luigi Ciardo e Alessandro Giallocosta.
Grandi assenti sono la protagonista Manuela Martelli e
l’attore olandese Rutger Hauer.
Alla regista. Immagino che anche lei come l’autore del libro, da cui è tratto il film, abbia visto Roma con occhi curiosi, affascinati. Come ha vissuto l’idea di fare un film tratto da un romanzo di uno straniero che arriva a Roma?
AS. Io non conoscevo Roma prima di girare il film. Per me era un posto quasi immaginario, molto legato al cinema. Fellini, Pasolini, Antonioni. Per me Roma era una Roma cinematografica. All’inizio avevo pensato di girare il film in Cile o in Messico, poi ho deciso con il produttore di non cambiare il luogo in cui si svolgeva la storia e abbiamo cercato un produttore italiano. Quando sono venuta per la prima volta qui, avevo il romanzo tutto sottolineato con i posti che Bolaño citava. Il mio legame con Roma dipendeva dal romanzo, dal cinema, perché non ero mai stata qui come turista, ancora non conosco i luoghi turistici. Abbiamo cominciato a vedere i pochi posti che l’autore racconta specificatamente, ne abbiamo presi alcuni e altri li abbiamo scelti perché erano più affini all’atmosfera del romanzo. Nel libro si legge di una Roma più centrale, noi ci siamo spostati verso la periferia, vicino Cinecittà. Abbiamo cominciato a costruire la Roma particolare di questa storia, la Roma di Bolaño, degli orfani, una Roma molto contemporanea con un’atmosfera densa.
A Vaporidis. Visto che è anche produttore associato, volevo sapere come è nato il suo coinvolgimento nel progetto.
NV. Il coinvolgimento nasce in modo classico. Mi è stato proposto di partecipare, ho fatto un paio di provini con Alicia e ci siamo trovati. Ho letto la storia e ho scoperto Bolaño. Attraverso questo film ho imparato a conoscere la sua grandezza, la sua complessità, il suo modo di scrivere, di raccontare le cose. Avendo la possibilità, poi, di partecipare a un progetto internazionale come questo, con Rutger, con Alicia, con tre produzioni, ho cercato di metterci quello potevo, di partecipare in maniera più consistente. Da qui nasce il mio ruolo di produttore associato in un progetto in cui ho creduto fin da subito e che a oggi ha regalato a me, a tutti noi, tante soddisfazioni. Essere stato per la prima volta in concorso al Sundance e in altri festival internazionali; aver ricevuto ottime recensioni su importanti magazine di cinema come Variety, Hollywood Report; aver girato ed avuto la possibilità di essere in sala a New York, in Cile, in Giappone e in Europa mi inorgoglisce come italiano, in primis, e poi come attore. Sono contento. Finalmente siamo arrivati in Italia. Il film è molto italiano e molto cileno, è internazionale. Sul set noi parlavamo quattro lingue. Alicia parlava spagnolo, noi parlavamo italiano, la troupe tedesca parlava in tedesco e poi tutti si parlavano in inglese.
Al produttore Mazzarotto. Com’è nata l’idea di film?
MM. La proposta mi è stata fatta dal produttore cileno Bruno Battiati. Facciamo parte di un gruppo di produttori europei e ci ritroviamo occasionalmente per delle riunioni di produzione. In uno di questi incontri, a Praga, Bruno mi ha parlato di questo progetto, dicendomi che aveva acquisito i diritti di questo romanzo con Alicia e volevano provare a farlo in Italia. Dopo aver sentito che Alicia pensava di girarlo in altri Paesi, io ho letto il romanzo e ho detto che andava assolutamente fatto in Italia, che dovevamo provarci insieme. Da questo primo incontro è nata l’idea di fare il film in co-produzione e questo film è il primo frutto di una co-produzione tra Italia e Cile. Si è aggiunta poi la Pandora, una casa di produzione tedesca. Successivamente, ognuno di noi ha cercato di raccogliere le risorse interne di ciascun Paese per poter realizzare il film. Il budget è di circa 2 mln di euro e questo processo, dal primo incontro al primo ciak, è durato circa un anno e mezzo.
Visto che il film è uscito già in
diversi paesi e ha avuto un buon successo di critica, perché
aspettare tutto tempo per farlo uscire in Italia?
Il film ha avuto molte occasioni internazionali. Abbiamo partecipato al Sundance Film Festival, subito dopo siamo andati a Rotterdam, dove ha vinto l’equivalente del premio della critica qui in Italia. Credo, se non sbaglio, che finora abbia partecipato a circa 25 festival internazionali ed è sempre stato accolto con molto interesse e molta attenzione. Abbiamo deciso di farlo uscire ora in Italia perché le condizioni distributive che aveva trovato la Movimento Film, la casa di distribuzione del film in Italia, risultavano essere più favorevoli in questo periodo per un film importante ma indipendente come questo. Speriamo che susciti interesse nel pubblico e anche nella critica italiana come in quella estera. L’altro giorno il film è uscito a New York e abbiamo avuto ottime recensioni dal NY Times e dal NY Village.
In quante copie esce il film?
Il film esce in venti copie il 19 settembre, ma contiamo di aumentare la distribuzione se i risultati saranno buoni come quelli che merita.
Alla regista. Com’è stato il suo rapporto con il romanzo? Quanto è rimasta fedele nel passaggio tra la pagina scritta allo schermo?
AS. Io ho letto quasi tutto Bolaño, ma mai pensando di fare un adattamento. La trasposizione è molto fedele; tutta la struttura temporale, tutti i personaggi, tutti i fatti che succedono nel romanzo sono gli stessi nella sceneggiatura. Questa era una condizione che mi ero imposta. La sfida più grande era mantenere l’atmosfera, perché Bolaño è uno scrittore con tantissima atmosfera, ma non utilizza tante parole. Il regista deve prendere questa sensazione tra le righe e trovare un’immagine concreta, precisa. Nel cinema è tutto terribilmente materiale, tutto ha un colore, una luce, una forma concreta e la sfida era proprio questa.
Com’è nata l’idea di Rutger Hauer e com’è stato sul set?
AS. Il casting di questo personaggio era molto difficile. Maciste è un personaggio che anche fisicamente era complicato trovare. Ha delle caratteristiche precise: età, corporatura; è vecchio ma ancora attraente, sexy, con quest’aurea da vecchia star. Allora abbiamo fatto un casting immaginario, non si poteva fare un casting aperto con i provini e, tuttavia, non erano in molti gli attori a poter fare questo ruolo. Poi una mattina il mio produttore cileno mi chiama e mi dice: ‘Rutger Hauer!’. Siamo andati su Google per vedere le foto più recenti ed era perfetto. L’abbiamo rintracciato e Bruno ci ha parlato tramite Skype (Hauer è un fanatico di Internet). Lui ha letto il romanzo, la sceneggiatura e ha accettato. Durante le riprese era un attore molto creativo, forse perché si trattava di un film indipendente e voleva contribuire. Non è un attore facile, ma molto interessante, intenso, con un’esperienza incredibile. È puro cinema. È stato bellissimo lavorare con lui.
A Vaporidis. Cosa l’ha stupita maggiormente di questa Roma scritta da Bolaño e riscoperta con gli occhi di Alicia?
NV. Più che la Roma di Bolaño, che è scritta e non visiva, è quella raccontata da Alicia che è diversa, che ha un fascino particolare. È emozionante come lei che non era mai stata a Roma prima, mi abbia fatto scoprire dei luoghi che non conoscevo o vedere con occhi nuovi, diversi quelli dietro casa mia davanti ai quali passo tutti i giorni. Mi ha sorpreso positivamente. Lo stesso vale per la caratterizzazione dei nostri personaggi. Se io avessi pensato a due ragazzi romani di periferia, li avrei descritti in modo completamente diverso da come ha fatto Alicia, ma perché vengo da Roma e conosco la realtà di Roma. Sono abituato a vederli in un certo modo, così come sono abituato a vedere Roma in un certo modo. Lei ha messo la telecamera in luoghi nuovi o in posizioni diverse. La città che vediamo è una periferia mista al centro di Roma con parti di Roma antica e questo modo di vederla e di raccontarla è, secondo me, una novità assoluta rispetto alla cinematografia italiana. È una Roma unica.”
Il Futuro con Rutger Hauer in sala dal 19 settembre
Il Futuro, il
film di Alicia Scherson, con Rutger Hauer e
Nicolas Vaporidis, coprodotto e distribuito dalla
Movimento Film di Mario Mazzarotto sarà in sala dal
19 settembre, dopo essere stato presentato in concorso
al Sundance e a Rotterdam.
Il futuro è tratto dal romanzo di Roberto Bolaño “Il Futuro – Un romanzetto lumpen” (Adelphi Editore) ed è il primo ed unico film tratto da un suo romanzo. Scritto dal grande autore cileno durante un soggiorno a Roma, è ambientato nella capitale italiana. È la storia di due fratelli adolescenti (Manuela Martelli e Luigi Ciardo) che, rimasti orfani improvvisamente, si addentrano progressivamente in una vita tra crimine e prostituzione spinti da due piccoli delinquenti (Vaporidis e Alessandro Giallocosta) che si fingono loro amici. La speranza arriva personificata in Maciste (Rutger Hauer), ex stella del cinema, vecchio, cieco e affascinante. Un uomo tutto muscoli e dal cuore grande che sarà in grado di far sentire Bianca al sicuro e farle vedere quella luce di cui la ragazza ha bisogno per affrontare il futuro.
Alicia Scherson, pluripremiata regista cilena, vincitrice nel 2005, con Play, il premio per la migliore regia al Tribeca Film Festival, ha diretto un cast internazionale: Rutger Hauer (Blade Runner, Ladyhawke, La leggenda del santo bevitore), Nicolas Vaporidis (Notte prima degli esami, Come tu mi vuoi, Femmine contro maschi), la cilena Manuela Martelli (già protagonista di Sonetaula di Salvatore Mereu), e il giovane italiano Luigi Ciardo (L’estate di Martino).
Dichiara la regista Alicia Scherson: “Questo film può essere visto come una nuova puntata nella saga di Maciste, dove la ragazza inerme alla fine sarà, come sempre, salvata. Questa volta però la ragazza dovrà trovare la via della salvezza da sola, dovrà abbandonare il suo eroe, scomparire e prepararsi per una nuova avventura. È anche un film sull’Europa moderna, caotica e apocalittica, vista dagli occhi di una famiglia di immigranti che al momento del bisogno non hanno nessuno su cui contare”.
Il Futuro (The future) batte bandiera italiana, non solo perché è stato girato a Roma, ma anche perché, produttivamente, è la prima coproduzione tra Italia (con la Movimento Film di Mario Mazzarotto), Cile, Germania e Spagna.
“Il film è nato da una proposta del produttore cileno che cercava di realizzarlo in Cile, ma fin da subito è stato chiaro che andava girato a Roma, luogo naturale del racconto di Roberto Bolaño – dichiara il produttore italiano Mario Mazzarotto – il film è il primo e l’unico tratto da un racconto di Bolano”.
Hollywood – prosegue Mazzarotto – ha cercato più volte, senza successo, di accaparrarsi i diritti di qualche romanzo dell’autore cileno, ed è con particolare soddisfazione che grazie alla fiducia che gli eredi di Bolano hanno riposto nella regista nel cast e in noi produttori abbiamo ottenuto i diritti di “Un romanzetto lumpen” per trasformarlo nella pellicola che ha partecipato al Sundance , al festival di Rotterdam , dove ha ottenuto il premio della critica , ed è stato acquistato da molti paesi europei e americani che lo stanno distribuendo con successo: Pochi giorni fa il film è stato distribuito a nella grande mela ottenendo un successo di pubblico e critiche lusinghiere tra cui quella prestigiosa del Village voice
Il film ha avuto in fase di sviluppo il supporto del programma MEDIA della Comunità Europea, ed è realizzata con il sostegno del Ministero dei Beni Culturali, Direzione Generale Cinema, della Regione Lazio e della Roma Lazio Film Commission.”
Il furore della Cina colpisce ancora: trama e cast del film con Bruce Lee
Negli anni Settanta il cinema mondiale venne conquistato dall’Oriente, con una lunghissima serie di film di genere a tema arti marziali. Il più grande esponente di tale filone fu il grande Bruce Lee, il quale con una manciata di film contribuì a diffondere tali arti del combattimento in tutto il mondo. Questi sono Dalla Cina con furore, L’urlo di Chen terrorizza anche l’Occidente e I 3 dell’Operazione Drago. Di particolare importanza e rilevanza fu però Il furore della Cina colpisce ancora, film del 1971 diretto da Lo Wei nonché primo titolo ad aver contribuito al successo mondiale di Lee, nonché cult ancora oggi imitato e acclamato.
All’epoca, questo divenne il film prodotto a Hong Kong dal maggior incasso, con oltre 3 milioni e mezzo di dollari. Pur essendo stato realizzato prima di Dalla Cina con furore, questo uscì però in Italia soltanto dopo il film del 1973, venendo dunque spacciato come sequel dell’altro. Ciò spiega la presenza nel titolo dell’espressione “colpisce ancora”. Il film, inoltre, fu particolarmente importante per Lee, che prima dell’uscita di questo si trovava in una situazione economica particolarmente difficile. Grazie a Il furore della Cina colpisce ancora, la sua situazione cambiò drasticamente, portandolo ad essere la leggenda che è ancora oggi.
Il film rese poi altrettanto celebri le arti marziali, dando vita ad un enorme culto manifestatosi attraverso rifacimenti e sequel apocrifi. Nessuno ha però il valore di Il furore della Cina colpisce ancora, che rimane tutt’oggi un esemplare insuperato. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Il furore della Cina colpisce ancora: la trama del film
Protagonista del film è Chang Chao-An, il quale giunto dal suo paesello in città viene accolto cordialmente nella famiglia di Hain e di sua sorella Kyoto Mai. Qui ottiene lavoro in una fabbrica di ghiaccio, potendo così avere il sostentamento economico di cui necessitava. Le cose prendono però per lui una brutta piega quando, casualmente, scopre che nell’interno del ghiaccio si trova della droga da contrabbandare. I direttori dell’industria, decidono di far scomparire due scomodi testimoni, tentando invano di comprare il silenzio di Chang mettendolo a capo dei lavoranti. Egli però si rifiuta, decidendo di schierarsi apertamente contro il proprietario della fabbrica.
Ciò lo porta naturalmente a farsi nemici particolarmente potenti, che non mancheranno di minacciarlo di morte e inviargli contro pericolosi assassini. Tuttavia, Chang è un maestro della lotta e delle arti marziali. Egli deciderà di dimenticare per una volta le promesse fatte dalla vecchia madre, impegnandosi a vendicare sanguinosamente tutti coloro che sono stati uccisi per aver scoperto l’illecito traffico. Tra scontri, combattimenti e tanta violenza, il giovane dimostrerà a tutti quanto egli possa diventare pericoloso, specialmente se si tratta di difendere la giustizia.
Il furore della Cina colpisce ancora: il cast del film
Come anticipato, protagonista del film nei panni di Chang Chao-An è l’attore Bruce Lee. La sua grandezza per questo film fu quella di fornire al personaggio un forte spessore carismatico, evidenziando però come Chang non sia un vero e proprio modello da seguire, mancando di virtù come tolleranza e compassione. Con Chang, però, Lee ebbe modo di diventare estremamente popolare, facendo diventare tali anche le arti marziali. L’attore curò infatti tutte le coreografie dei combattimenti presenti, eseguendo questi in prima persona, in quanto esperto della materia.
Le riprese del film furono però per Lee particolarmente complesse, essendo reduce da un’operazione alla schiena. Sul set Lee andò anche incontro a diversi infortuni, dai quali però si riprese rapidamente. Al di là delle problematiche fisiche, l’attore era insoddisfatto con alcune delle scelte di regia, ma dopo aver visto il risultato si ricredette sulle sue opinioni. Accanto a lui, nel film si ritrovano gli attori Maria Yi nei panni di Chow Mei, la cugina di Cheng, e James Tien nei panni di Hsu Chien, lottatore di strada. Infine, Han Ying-chieh è Hsiao Mi, padrone della fabbrica contro cui si rivolterà Cheng.
Il furore della Cina colpisce ancora: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Il furore della Cina colpisce ancora è infatti disponibile nei cataloghi di Now e Rai Play. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di venerdì 14 luglio alle ore 21:20 sul canale Rai 4.
Fonte: IMDb
Il fumetto Area 52 sarà presto un film!
Il full trailer italiano di Immortals!
A due settimane dall’uscita italiana, o1 Distribution ha finalmente diffuso il full trailer italiano di “Immortals”, il nuovo film a sfondo mitologico di Tarsem Singh.
La pellicola, ambientata in Grecia e visivamente vicina all’estremo 300 di Zack Snyder, racconta le imprese dell’eroe Teseo e della sacerdotessa Phaedra, impegnati a scongiurare una terribile guerra fra gli Dei dell’Olimpo e i temibili Titani.
Attesa nuova prova del futuro Superman Henry Cavill, “Immortals” uscirà al cinema l’11 novembre 2011 in 3D.
Il full trailer di Cosmopolis di David Cronenberg con Robert Pattinson!
Ecco finalmente il Full
Trailer di Cosmopolis, il nuovo film di David
Cronenberg con protagonista Robert
Pattinson.
Il fuggitivo: trama, cast e curiosità sul film con Harrison Ford
Sin dalla sua uscita indicato come uno dei migliori thriller di sempre, Il fuggitivo ha negli anni accresciuto la propria fama, merito di una trama intricata e tesa, grandi interpretazioni e un montaggio a dir poco serrato che tiene con il fiato sospeso fino alla fine. Il film è stato diretto nel 1993 da Andrew Davis, specialista in film d’azione e polizieschi, noto per grandi successi come Trappola in alto mare, Reazione a catena e Danni collaterali. Al centro della vicenda da lui qui trattata vi è un caso d’omicidio, di cui il principale sospettato risulta essere proprio il marito della donna uccisa. Tra depistaggi e complotti, si snoda così un film a dir poco esemplare.
La storia in questione, benché scritta di proprio pugno da Jeb Stuart e David Twohy, si basa sulla serie televisiva Il fuggiasco, andata in onda tra il 1963 e il 1967. Questa, in realtà, prendeva a sua volta ispirazione da un caso di cronaca realmente accaduto nel 1954. Si tratta dell’omicidio di Marilyn Sheppard, avvenuto nell’Ohio, e di cui il principale accusato fu proprio marito di lei. Un caso divenuto eclatante al punto da attirare in più occasioni l’attenzione dei produttori di Hollywood. Il fuggitivo, in particolare, raccolse da subito ampi consensi di critica e pubblico, arrivando ad un guadagno di circa 368 milioni di dollari a fronte di un budget di appena 44.
Con ben sette nomination ai premi Oscar, tra cui quella per il miglior film, Il fuggitivo si affermò così come uno dei grandi titoli del suo anno, e del decennio. Ancora oggi regala non pochi brividi e grande intrattenimento a quanti si cimentano nella visione. Prima di intraprendere questa, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a tale titolo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e a molto altro. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
La trama di Il fuggitivo
Protagonista del film è il chirurgo di fama nazionale Richard Kimble, il quale tornato a casa dopo un’intensa giornata di lavoro trova sua moglie Helen ferita a morte da un uomo con un braccio solo. Incapace di regire, Kimble si ritrova improvvisamente ad essere il principale sospettato di tale omicidio. A suo sfavore depongono la scomparsa del vero assassino, la mancanza di prove dell’irruzione in casa e una lucrosa polizza assicurativa sulla vita della moglie. Condannato alla pena capitale, Kimble riesce però a fuggire, divenendo a tutti gli effetti un ricercato. Sulle sue tracce si pone l’esperto Sam Gerard, il quale con la sua squadra intraprende una vera e propria caccia all’uomo. Kimble si trova così a dover sfuggire dalla polizia e dimostrare di non essere il vero omicida, sventando il complotto nei suoi confronti.
Il cast del film
Il celebre Harrison Ford è risultato essere la scelta perfetta per il ruolo del chirurgo Richard Kimble. Originariamente, però, per tale personaggio si era però pensato ad attori come Alec Baldwin, Kevin Costner e Michael Douglas. Fu però solo grazie all’interessamento di Ford che il film riuscì a prendere vita, e pertanto egli ottenne il ruolo del protagonista. Per prepararsi a questo, egli si consultò anche con diversi chirurghi, così da apprendere quanto necessario sul loro mestiere. Dar vita a Kimble non fu però affatto semplice. Durante una delle prime scene, l’attore si infortunò ai legamenti di una gamba, con la conseguenza di una difficoltà nei movimenti. Ford, però, rifiutò di sottoporsi a delle cure, convinto che tale difetto avrebbe reso più vulnerabile e credibile la sua interpretazione del personaggio.
Accanto a lui, nel ruolo del detective Samuel Gerard vi è invece l’attore Tommy Lee Jones. Attratto dal personaggio, questi non era però soddisfatto di alcune sue battute o azioni, e decise pertanto di improvvisare diverse scene. La sua performance, infine, lo portò a vincere il premio Oscar per il miglior attore non protagonista. L’attore Jeroen Krabbé è presente nei panni del dottor Charles Nichols. Tale ruolo fu da lui assunto soltanto all’ultimo, poiché l’attore inizialmente scelto per la parte dovette rinunciarvi a causa di una malattia. L’attrice Julianne Moore, interprete della dottoressa Anne Eastman, aveva originariamente un ruolo molto maggiore all’interno del film, ma diverse sue scene vennero tagliate in fase di montaggio. Andreas Katsulas, infine, è Frederick Sykes, il misterioso uomo senza un braccio.
Lo spin-off con Tommy Lee Jones
Dato il grande successo del film, nel 1998 venne realizzato non un sequel bensì uno spin-off. Intitolato U.S. Marshals – Caccia senza tregua, questo riprende lo schema narrativo di Il fuggitivo, ma l’azione è qui raccontata dal punto di vista dell’agente Sam Gerard, interpretato nuovamente da Jones. In questo caso, il nuovo fuggitivo è interpretato dall’attore Wesley Snipes, celebre per la trilogia di Blade. Tale pellicola si affermò come un buon successo, senza però arrivare ai risultati del film originale. Si tratta ad ogni modo di un’affascinante esplorazione del contesto narrativo già presentato nel film del 1993, con un ribaltamento di prospettiva ancora oggi esemplare.
Il trailer di Il fuggitivo e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di Il fuggitivo grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Netflix e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di sabato 28 gennaio alle ore 21:00 sul canale Iris.
Fonte: IMDb
Il fuggitivo: la spiegazione del finale del film
Uscito nel 1993, Il fuggitivo è uno dei thriller più emblematici del cinema americano degli anni ’90, capace di coniugare tensione narrativa, ritmo incalzante e profondità psicologica in un’opera dallo stile asciutto ma coinvolgente. Diretto da Andrew Davis, il film si inserisce in un filone molto prolifico per il genere, caratterizzato da storie di uomini comuni coinvolti in ingranaggi più grandi di loro, e lo fa distinguendosi per l’abilità nel costruire un racconto che alterna azione, mistero e dramma personale con grande equilibrio. La trama, ispirata all’omonima serie televisiva degli anni ’60, è diventata un riferimento del genere, anche grazie a una messa in scena tesa e credibile, e a un’interpretazione memorabile del protagonista.
Per Harrison Ford, Il fuggitivo rappresenta una tappa fondamentale della sua carriera, confermandolo non solo come star dei blockbuster d’azione e delle saghe hollywoodiane (da Indiana Jones a Star Wars), ma anche come interprete credibile e intenso in ruoli più drammatici. Nel film veste i panni del dottor Richard Kimble, un chirurgo ingiustamente accusato dell’omicidio della moglie, che riesce a fuggire durante un trasferimento in prigione e si lancia in una corsa contro il tempo per provare la propria innocenza. Il personaggio di Kimble è l’archetipo dell’uomo giusto costretto alla fuga, e Ford gli dà corpo con una performance misurata, empatica e piena di tensione interiore.
Il film fu un successo clamoroso al botteghino, incassando oltre 350 milioni di dollari a livello globale, e ottenne sette nomination agli Oscar, vincendo quello per il miglior attore non protagonista grazie all’interpretazione di Tommy Lee Jones nei panni del tenace agente federale Samuel Gerard. Ma Il fuggitivo è ricordato anche per il suo finale teso e risolutivo, che chiude il cerchio narrativo con efficacia. Nei prossimi paragrafi, analizzeremo nel dettaglio proprio questa parte del film e il suo significato.
La trama di Il fuggitivo
Protagonista del film è il chirurgo di fama nazionale Richard Kimble, il quale tornato a casa dopo un’intensa giornata di lavoro trova sua moglie Helen ferita a morte da un uomo con un braccio solo. Incapace di regire, Kimble si ritrova improvvisamente ad essere il principale sospettato di tale omicidio. A suo sfavore depongono la scomparsa del vero assassino, la mancanza di prove dell’irruzione in casa e una lucrosa polizza assicurativa sulla vita della moglie. Condannato alla pena capitale, Kimble riesce però a fuggire, divenendo a tutti gli effetti un ricercato.
Sulle sue tracce si pone l’esperto Sam Gerard, il quale con la sua squadra intraprende una vera e propria caccia all’uomo. Kimble si trova così a dover sfuggire dalla polizia e dimostrare di non essere il vero omicida, sventando il complotto nei suoi confronti. Riuscirci non sarà facile, ma grazie alle sue conoscenze e alla volontà di scoprire chi ha organizzato tutto questo contro di lui, Kimble si dimostrerà risoluto e determinato, anche quando le sue ricerche lo porteranno a far emergere verità in cui non avrebbe mai creduto di imbattersi.
La spiegazione del finale del film
Nel terzo atto de Il fuggitivo, la narrazione entra dunque nel vivo della sua risoluzione quando il dottor Kimble, dopo una lunga fuga, riesce a ricollegare tutti gli indizi che ha raccolto fino a quel momento. La sua ricerca della verità lo conduce a scoprire che l’omicidio della moglie non è stato un crimine passionale o casuale, ma l’esito di un complotto più ampio legato a una casa farmaceutica. Kimble riesce a dimostrare che la vera causa del delitto è da ricercare in un farmaco sperimentale, il Provasic, approvato nonostante effetti collaterali gravi.
L’azienda, con la complicità di un medico amico di Kimble, il dottor Charles Nichols, ha orchestrato tutto per proteggere i propri interessi economici. La verità viene dunque a galla durante una grande conferenza pubblica a Chicago, dove Kimble irrompe per affrontare Nichols. Con l’aiuto di documenti e testimonianze raccolte nel corso del film, smaschera il collega di fronte alla comunità scientifica. Parallelamente, l’agente federale Sam Gerard, inizialmente determinato a catturare Kimble come un fuggitivo pericoloso, comincia a mettere in dubbio la versione ufficiale e a osservare con attenzione il comportamento dell’uomo.
Quando le prove contro Nichols diventano inconfutabili, Gerard capisce che Kimble è innocente e lo aiuta a chiudere il cerchio. Il finale del film si svolge dunque in un momento di alta tensione all’interno dell’hotel dove si tiene la conferenza. Dopo un inseguimento tra Kimble e Nichols, quest’ultimo viene arrestato proprio da Gerard, che ormai ha compreso la verità. Kimble, invece, esce finalmente dalla condizione di uomo in fuga: la sua innocenza è ristabilita, e il sistema che lo aveva condannato ingiustamente è costretto a fare i conti con i propri errori. Il gesto di Gerard, che rimuove le manette a Kimble e lo accompagna fuori in silenzio, è un segno di rispetto e redenzione.
La risoluzione del mistero non solo porta quindi giustizia alla vicenda, ma conferma il tema centrale del film: la tenacia di un uomo che, nonostante sia braccato e tradito, non rinuncia a cercare la verità. Kimble riesce a smascherare un’intera struttura corrotta, usando intelligenza, coraggio e integrità morale. Il finale di Il fuggitivo è quindi tanto un epilogo narrativo quanto una dichiarazione etica: in un mondo complesso e ambiguo, la verità può ancora emergere, e l’innocenza può ancora essere salvata.
Il frutto della tarda estate, la recensione del film di Erige Sehiri
Il fico settembrino o fico tardivo nasce da un albero la cui storia gli attribuisce miti e leggende. In India e in Grecia è considerato un albero sacro con le sue foglie a pianta larga utilizzate da Adamo ed Eva per coprirsi. All’albero dei fichi è affezionata la cultura romana in quanto il cesto contenente Romolo e Remo si sarebbe arenato proprio sulle fronde di un albero di fico. Il frutto della tarda estate di Erige Sehiri utilizza il fico per la rappresentazione moderna del lavoro nei campi di questa ragazze adolescenti e donne in Tunisia.
Le protagoniste sono Malek, Fidé, Sana e Mariem: quattro ragazze adolescenti che lavorano durante l’estate in questo campo di alberi di fico. La loro giornata è scandita dai ritmi della raccolta ma Il frutto della tarda estate sottolinea alcuni tratti moderni di queste quattro adolescenti che flirtano, comandano e sognano in grande. L’albero di fico è rappresentazione metaforica della fine dell’estate, degli amori estivi che stanno per essere colti dagli alberi e dell’imminente ritorno a scuola, alla quotidianità. Il film di Erige Seheri sarà al cinema dal 23 marzo.
Il frutto della tarda estate, la recensione
Il sole non è ancora sorto ma Il frutto della tarda estate è già maturo. Malek, Fidé, Sana e Mariem insieme ad altre donne più anziane salgono su un furgone che le porterà a lavoro. Una lunga giornata a raccogliere fichi le aspetta insieme ad altri giovani ragazzi adolescenti. Il film della durata di un’ora e 30 minuti porta sul grande scherma la rappresentazione di una giornata lavorativa di questo gruppo di adolescenti che sono costretti a lavorare durante le vacanze per pagarsi da vivere. Durante questa giornata, la regista Erige Sehiri racconta anche cosa si cela dietro i loro veli, le loro paure e insicurezze che le rendono uguali a ogni altro adolescente al mondo.
Principalmente nel film vediamo una doppia rappresentazione della figura femminile. Le giovani adolescenti sono più risolute, più testarde, meno accondiscendenti e meno sottomesse. Litigano, flirtano, contrattano per ricevere il giusto pagamento dopo una giornata di lavoro. Dall’altra, invece, ci sono le donne più anziane della comunità. Loro hanno vissuto una vita diversa: lavorano senza sosta ma non rinunciano alla loro indipendenza, una volta rimaste vedove, per una società che le vorrebbe a lavorare tra le mura di casa, loro scelgono Il frutto della tarda estate.
Le dinamiche sentimentali interne a Il frutto della tarda estate si intrecciano come i rami degli alberi di fico. Marek e Abdou sono innamorati, vorrebbero iniziare a vivere la loro vita insieme ma il passato e la famiglia di lui sono il vero ostacolo. Parallelamente Sana, a differenze delle sue coetanee, non vuole abbandonare la tradizione e il mondo in cui vive e cerca in Firas, quell’amore antico, mentre lui però è evidente che cerca di distaccarsi il più possibile. Fidé invece non ha un interesse amoroso specifico però è davvero capace a dare fastidio. A differenza delle altre ragazze non indossa il velo dall’inizio del film e flirta con i ragazzi più grandi al frutteto. Le donne più anziane intonano canti verso quegli amori ormai trascorsi e anche per amori mai vissuti.
Un racconto lasciato alla terra
Il frutto della tarda estate è il primo film di Erige Sehiri alla regia. Prima di lanciarsi in questo debutto cinematografico aveva realizzato il documentario Railway Men nel 2018. In questo film di esordio la regista mette al centro le protagonisti femminili come simbolo di una nuova modernità. Il distacco generazionale con le donne più anziane è netto ed evidente. Gli sguardi delle giovani adolescenti sono dritti davanti la telecamera, sfidando il loro interlocutore, a differenze delle controparti più anziane che si rifugiano in racconti del passato.
Interessante come la narrazione di Il frutto della tarda estate sia lasciata completamente alla terra, agli spazi aperti. L’unica volta che vediamo le protagoniste all’interno è sul finale, quando lontane dagli occhi indiscreti sono libere di togliersi il velo, truccarsi, pettinarsi. Una tradizione occidentale alla quale anche le ragazze più giovani si sono ormai abituate per sentirsi libere davvero. Intonando canzoni scabrose sulle suocere, le mamme dei futuri mariti, scandendo bene le parole e promettendo di non essere come loro. Per il resto del film siamo solo concentrati sugli alberi, sui luoghi di questo frutteto che racchiuderanno per sempre la crescita, le lacrime, i primi amori di queste giovani donne. Il film si muove lento dall’alba al tramonto in quella che è la monotonia che accompagna le ultime giornate estive scandite dall’inizio impercettibile del sole che tramonta sempre un po’ prima.
Momenti di spensieratezza ma allo stesso tempo di grossa fatica e sfruttamento. A questo si aggiungono anche le liti adolescenziali per attirare le attenzioni dei ragazzi, dimenticandosi per un attimo dove si trovano e perché sono lì. Invece, lo spettatore sta a guardare assorto la raccolta di questi fichi dagli alberi, la cura con cui si dispongono nelle vaschette ricoperte dalle foglie degli alberi. Il frutto della tarda estate riesce a riunire due generazioni a confronto senza però metterle in contrasto. Gli unici contrasti sono quelli che vivono Malek, Fidé, Sana e Mariem ma appena la giornata è finita basta un po’ di musica a riportare l’allegria. Il frutto della tarda estate mette a nudo una società maschilista che però è in continua evoluzione. Sempre più giovani donne, come quelle ritratte nel film cercano di evadere e non soccombere.
Il fotografo del duce, al via le riprese del film prodotto da Luce Cinecittà
Sono iniziate negli Studi di Cinecittà le riprese de Il fotografo del duce, il nuovo film di Tony Saccucci, prodotto e distribuito da Luce Cinecittà. Saccucci torna sul set, dopo il caso mediatico del suo debutto ‘Il pugile del duce’, e il successivo ‘La prima donna’ premiato con il Nastro d’argento, con una nuova indagine di memoria storica e recupero di un personaggio straordinario. Protagonista de Il fotografo del duce è Adolfo Porry-Pastorel, fotografo, giornalista, padre dei fotoreporter italiani, progenitore dei ‘paparazzi’.
Classe 1888, pioniere di un nuovo linguaggio, geniale ideatore di trovate pubblicitarie, fondatore ad appena 20 anni dell’agenzia V.E.D.O. – Visioni Editoriali Diffuse Ovunque, capace di trovarsi con la sua macchina fotografica al posto giusto nel momento giusto prima dei concorrenti, autore di clamorosi scoop, negli anni ’10 Porry è già un numero uno della fotografia di cronaca e attualità. Tra le due guerre riesce a passare grazie al suo talento e ubiquità per ‘il fotografo di Mussolini’, e contemporaneamente per un fastidioso scrutatore del regime (celeberrimo lo scambio di battute tra i due: ‘Sempre il solito fotografo’ – ‘Sempre il solito Presidente del Consiglio’). Ha accesso alle stanze più intime del capo del regime ed è attenzionato dalla censura fascista. Milioni di lettori grazie alle sue foto hanno la cronaca viva di grandi eventi storici e politici (primo tra tutti l’arresto di Mussolini del 1915, la Marcia su Roma, il ritrovamento del corpo di Giacomo Matteotti), del costume, del tempo libero, le nuove abitudini degli italiani.
Il film di Saccucci racconta, tra riprese originali e filmati di repertorio e fotografie dell’Archivio Luce – nell’anno che celebra il centenario della fondazione del Luce – un personaggio che è riuscito a raccontare il dietro le quinte del potere, la belle époque, il ventennio fascista e il dramma, vissuto personalmente, della seconda guerra mondiale. Un ‘occhio del secolo’ rapidissimo e unico.
‘Porry-Pastorel è un gigante della fotografia e un fiore all’occhiello del nostro Archivio’ – commenta Enrico Bufalini, Direttore Cinema e Documentaristica di Luce Cinecittà. ‘Proprio pochi anni fa durante la digitalizzazione del suo fondo è stato rinvenuto l’originale della celebre immagine dell’arresto di Mussolini del 1915, un ritrovamento che ha impreziosito il nostro patrimonio. Siamo fieri che un film interamente prodotto dal Luce, diretto da un autore di talento e passione storica come Saccucci, valorizzi questo grande artista e con lui l’Archivio Luce, che sa sempre sorprenderci con i suoi tesori’.
A interpretare Porry-Pastorel è Michele Eburnea (‘Il sol dell’avvenire’, ‘ ‘Esterno notte’), giovane talento segnalato di recente dai David di Donatello come David Rivelazione Italiana. Il fotografo del duce è una produzione e una distribuzione Luce Cinecittà.
Scritto dal regista Tony Saccucci con Vania Colasanti e Flaminia Padua. Il montaggio è affidato a Patrizia Penzo, la direzione della fotografia è di Filippo Genovese, le musiche originali di Alessandro Gwis e Riccardo Manzi. La produzione esecutiva è di Maura Cosenza. Le riprese si svolgono negli Studi di Cinecittà, il materiale di repertorio è dell’Archivio Luce Cinecittà.
Il fondamentalista riluttante: recensione del film di Mira Nair
Nelle sale dal 13 giugno, Il fondamentalista riluttante è l’ultimo prorompente film diretto dall’indiana Mira Nair. Tratto dall’omonimo romanzo di Moshin Hamid, la pellicola racconta la tensione, la paura, l’odio e il sospetto che dall’undici settembre avvelenano il dialogo tra l’Occidente e il mondo musulmano. Ci sono diverse forme di fondamentalismo (non solo islamiche) e Mira Nair coglie l’occasione per raccontarcele con naturalezza e delicatezza, attraverso gli occhi e il cuore di un giovane pachistano.
Lui è il professor Changez Khan (Riz Ahmed) e la sua storia è quella snocciolata, con passione e devozione, nell’intervista/confessione che rilascia minuto dopo minuto, sparo dopo sparo, al giornalista americano Bobby Lincoln (Liev Schreiber). Lahore. La voce di Changez risuona malinconica e amara mentre fuori dilaga la furia degli studenti manifestanti. Si era trasferito in America a 19 anni ed era diventato un brillante analista finanziario a Wall Street. Innamorato della vulnerabile fotografa Erica (Kate Hudson) e appassionato al suo lavoro, si apprestava a diventare una giovane promessa della finanza e il diletto del suo mentore Jim Cross (Kiefer Sutherland), quando l’undici settembre gli ha portato via la speranza di un futuro invidiabile. Da americano privilegiato, stimato e rispettato, in un attimo, era diventato un pachistano guardato con sospetto e disprezzo, oggetto di pregiudizi e stupide ritorsioni.
Il senso di alienazione misto a frustrazione e rabbia era ormai tale da non farlo più sentire a proprio agio nei panni del self-made man americano. L’amarezza e l’inquietudine lo hanno travolto e l’orgoglio pachistano lo ha riportato alla sua terra di origine. Tra la commozione dei ricordi e il dolore del presente, si paleserà anche la reale motivazione che ha condotto Bobby da Changez. A dimostrazione del fatto che, ancora una volta, sarà la diffidenza e il feroce sospetto verso l’alterità a prendere il sopravvento.
Il fondamentalista riluttante è la commovente e delicata di un conflitto interiore
Quella portata in scena da Mira Nair ne Il fondamentalista riluttante è la commovente e delicata storia di un conflitto interiore, prima ancora che religioso e culturale. Un dissidio lacerante tra la propria identità e la percezione che ne deriva, tra l’orgoglio culturale e il successo personale e lavorativo, riflesso di una vita solo all’apparenza perfetta. La regista indiana è ardita quanto risoluta nel voler raccontare un’altra versione del fondamentalismo, quella riluttante e difficile vissuta questa volta da un uomo colto e istruito che, a proposito dell’attacco alle torri gemelle dice “la crudeltà di quel gesto è inferiore solo alla sua genialità”.
Con sussurrata malinconia e
lucidità narrativa, Mira Nair mette a fuoco il cuore della
vicenda, senza abbandonarsi a inutili sentimentalismi o a retoriche
da quattro soldi, armonizzando la narrazione con grande ritmo e
lealtà, ma lasciando che sia proprio il sentimento la chiave della
mancata integrazione. Se il suo scopo era quello di mostrarci
l’illusorietà della verità e la sua indecifrabile natura, ci è
riuscita benissimo, catapultandoci nel fermento culturale di tre
città affascinanti quanto insidiose, ma soprattutto nel maremoto
emozionale di Changez. Un carismatico pachistano con un innato
bisogno: quello di risvegliare un Io che possa ridare colore al suo
mondo.
Il fondamentalista riluttante: recensione
In Il fondamentalista riluttante le manifestazioni che vedono coinvolti gli studenti fondamentalisti islamici sono in aumento ed al centro del movimento c’è il professore Changez Khan (Riz Ahmed). Che organizza il sequestro di un suo collega americano facendo precipitare la situazione.
Successivamente Khan accetta di farsi intervistare dal giornalista americano Bobby Lincoln (Liev Schreiber) al quale vuole raccontare la propria vita dal principio, sia nel campo della finanza, che nella relazione con Erica, fotografa (Kate Hudson). La sua vita sembra essere completa ma l’11 settembre 2001 cambia tutto. Proverà direttamente l’odio e il pregiudizio che l’attentato ha portato con sé e inevitabilmente tutto questo lo cambierà, mettendo sempre la propria identità con ciò che esso realmente è, diventando così un fondamentalista poiché perennemente costretto a sceglie tra l’amore e l’odio.
Il fondamentalista riluttante: il film
Il fondamentalista riluttante gioca sull’intreccio temporale, proponendo nella contemporaneità l’incontro tra Changez e Bobby spunto da cui prenderà piede la storia di Changez dove egli racconta il suo sogno americano e di riscatto. Nato da una famiglia benestante ma con dei problemi economici la sua voglia di vincere nella vita lo porta a impegnarsi negli studi e nelle attività che gravitano intorno a Princeton in maniera tale da poter realizzare i suoi obiettivi lavorativi. Nei raccordi il film procede quasi sempre con il voice over del protagonista, che con metafore e parallelismi sposa l’immagine che la camera a mano di Mira Nair immortala contrapponendo le splendide vedute che offrono i piani vertiginosi dei grattacieli di New York ai colori caldi di città caotiche e religiose come Lahore.
L’11 Settembre diventa
un elemento importante per il personaggio evitando però il tranello
di raccontare un’altra storia con tinte razziali che avrebbero
portato il film fuori strada, invece, la regista preferisce
soffermarsi sulle ragioni che lo hanno spinto a essere un
fondamentalista e per questo punta molto spesso la camera sui primi
piani degli attori e lasciando che i dialoghi ben scritti,
dettassero la punteggiatura del montaggio, sono proprio questi
momenti che rapiscono lo spettatore quasi a volerlo convincere a
quale tavolo sedersi anziché quelli di azione e di strategia che il
film possiede. Gli attori non spiccano per interpretazione, Riz
Ahmed risulta coinvolgente ma non al punto da catturare totalmente
lo spettatore il legame è attribuito ad un interpretazione molto
celebrale che rispecchia a pieno l’intento di sceneggiatura, poiché
l’intera storia predilige l’analisi anziché una propria morale.
Nelle linee rimangono il cast americano, costituito da Liev Schreiber, poco presente in scena ma realistico nei punti chiave e Kate Hudson a tratti commovente nel ruolo di Erica ma poco convincente nel ruolo della fidanzata e distante dalla parte cruciale della storia.
Mira Nair, ha proposto un buon film che nel finale, abbastanza aperto, lascia ampio campo alle riflessioni con i relativi “se” e “ma” del caso che accompagnano lo spettatore fino all’uscita dalla sala.
Il Flauto recensione del film di Luciano Capponi
Gennaro si ritrova su
di un’isola molto particolare, in cui uomini in divisa vagano senza
memoria sotto il controllo di uno strano staff. Manicomio? Carcere?
In realtà è il luogo in cui le anime, senza memoria, attendono di
nascere, gestite da una multinazionale aliena. Quel che è certo è
che Gennaro sconvolge l’ordine vigente con l’unica arma in suo
possesso: la semplicità.
Il secondo capitolo di Luciano Capponi sull’aldilà si ispira al netturbino di origini napoletane di Totò ne La livella ma la sceneggiatura che l’autore propone è una favola complessa e articolata tra i sentimenti umani e quello che le anime vivono e provano in questo limbo, fatto di ostacoli e avversità proposte da questi alieni che odiano gli esseri umani. La storia si contraddistingue per la sua ricchezza di maschere e personaggi vicini alla commedia dell’arte, che nel loro porsi, rappresentano i vizi e i problemi della nostra modernità. L’azione narrativa si articola sul punto di vista di Gennaro (Patrick Oliva) e il suo modo semplice e naturale di accettare questa morte e quella dei suoi compagni, manipolati e classificati in stereotipi contemporanei. Ciò che il film non riesce a trasmettere in tutta questa complessa allegoria è la sospensione e l’illusione di quello che viene visto. Lo spettatore rimane fin troppo cosciente nell’apprendere questa dimensione ultraterrena, non accettando sempre il compromesso che il regista ci propone e muovendo dubbi e critiche sull’ingenuità che molto spesso Gennaro commette nelle scelte che gli capitano.
La storia volutamente non sceglie un
genere ma per le sue battute predilige i tempi della commedia, che
spesso non aiutano a creare l’illusione della favola che ci viene
proposta, bensì ci portano fuori nella realtà spezzando così la
storia in piccoli sipari ma contribuendo in qualche modo al ritmo
interno del film. Dal punto della regia Capponi cura molto bene la
fotografia e le inquadrature, così come i movimenti di dolly non
sono mai banali ma ricercati nel dare un’altra lettura della
sceneggiatura così ricca di metafore come ci viene mostrato nella
sequenza della preghiera di Gennaro in cui successivamente la croce
diventa il flauto. I raccordi di montaggio così come gli effetti
visivi del film sono ciò che restituisce unità alla storia a
differenza delle musiche e i testi delle canzoni scritte dallo
stesso regista, che danno un contribuito prezioso alla morale del
film ma che non uniscono la struttura del film.
Il Flauto è un film con delle chiare metafore sulla società moderna e i valori che ha perso con il suo evolversi e mutarsi, ma questo non è sufficiente ad ammaliare lo spettatore in questa sospensione temporale mancando così l’appuntamento per spingersi a riflettere di più sulle emozioni essenziali, molto spesso sfuggenti e effimere.
Dal 17 Ottobre al cinema.
Il Flauto conferenza stampa del film di Luciano Capponi
Questa mattina alla Casa del
Cinema di Villa Borghese è stato presentato il film Il
Flauto di Luciano Capponi. Alla conferenza stampa
hanno partecipato il regista, l’attore Patrizio Olivia e
Totonno Chiappetta e il distributore Giacomo
Carlucci.
Possiamo dire che il tema della
reincarnazione è accennato e poteva essere spinto di più
L.C:Mancano tre parole fondamentali nella vita, il buon senso,
il rispetto e l’onestà, ed è quello che cerco di raccontare in
realtà da sempre nella mia carriera d’autore post-contemporaneo,
come mi hanno citato in una tesi di laurea. Quello che ho cercato
di raccontare sono quelle tre parole, che credo che Patrizio sia
riuscito a comunicarle, possono essere delle armi in realtà che
forse ormai sono totalmente sommerse sotto il peso di una
determinazione mediatica, ma che a mio avviso, forse dovremmo
cominciare a rifletterci.
È un film di nicchia?
L.C.:Io non sono d’accordo, e questa è una mia opinione
personale. Perché io ho avuto sempre un mio pubblico ovunque io sia
andato, anche con il mio teatro. Le mie cose piacciono specialmente
ai bambini, quindi non credo che un bambino possa essere definito
un ascoltatore della nicchia.
Mi diverte sempre credere che
l’aldilà sia in realtà semplicemente una porta che si apre e mi
diverte anche pensare che forse è apparentemente sconosciuta.
Io credo che siamo tutti molto piccoli, anche nelle dimensioni,
questa è una scoperta iniziatica che ho fatto la prima volta che ho
volato in aereo perché vedevo le macchinette piccoline mi sono
immaginato un marito e moglie che litigavano e c’era da ridere!.
Sono dei paradossi e me ne rendo conto, ma solo chi ha la volontà
di accettare un apparente segreto può accogliermi quando dico che
un grande segreto dell’esistenza è un piatto di spaghetti con il
pomodoro mangiato con gli amici. Che sembra una sciocchezza un
valore al lato, ma invece per me è una cosa molto importante.
Per me il film è l’emozione di un momento, non è la gloria dei
riflettori, il divismo, folle di ragazzini, io sono sempre un po’
preoccupato di quello che faccio, perché sono sempre ‘sopra’ o
‘fuori’ però mi sembra di comprende che una volta tanto i presenti
in questa conferenza stampa hanno colto il mio messaggio è questo è
per me più di una speranza.
Patrizio come è stata la tua seconda esperienza d’attore?
P.O.:Per me è stata un esperienza affascinante; non avrei mai
pensato che sarei entrato in questo mondo, ci sono entrato per caso
e devo dire che il calcio è stato galeotto. Luciano è il presidente
di una squadra di calcio che si esibisce solo per beneficenza e per
aiutare i bambini. Luciano mi vide nello spogliatoio insieme agli
altri della squadra e mi disse ‘tu sei un bravo attore‘ e io
gli risposi ‘no guarda mi hai confuso per qualcun altro, io sono
Patrizio Oliva il pugile‘ e lui ‘no no, ti conosco, tu sei
un bravo attore‘ e io gli ho detto ‘ma guarda può darsi pure
ma mi dai l’impressione che tu sei pazzo perché io non ho mai
recitato‘ e invece poi mi ha convinto mentre stava girando
Butterfly Zone. Mi fece fare un cameo e fu anche
molto apprezzato dai critici. Inseguito mi ha chiamato e mi ha dato
questa ulteriore responsabilità dicendomi che stava scrivendo un
altro film e che gli avrebbe fatto piacere se io interpretavo il
protagonista e io lì ho pensato che era pazzo!
Mi ha convinto e io sono una di quelle che persone che tutto ciò
che fa le fa con estrema serietà, con estrema professionalità
perché so che mi gioco la mia storia sportiva e perciò quando
faccio una cosa la voglio fare bene per non fallire. Allora ho
cominciato ad andare da Luciano ogni fine settimana e abbiamo
lavorato. E mi ha portato pian piano in questo mondo e vi posso
dire che se non fosse stato Luciano il regista per questo film e
per questa mia iniziazione, non so se avrei potuto sopportare
un’altro regista che, come capita, mi avrebbe potuto aggredire
perché io sono sempre stato un pugile, mi sono sempre scontrato ad
armi pari con i miei avversari e non avrei mai potuto sopportare
l’aggressione di un regista. Invece lui mi ha capito e mi ha
insegnato a saper vivere il personaggio, mi ricordo che quando
giravamo il film più volte mi richiamava e mi diceva ‘ no, no
patrizio e stai facendo Patrizio Olivia‘ e io ‘Lucià che
devo fa?‘ ‘Devi fare Gennaro Esposito, devi vivere il
personaggio”’ capì così quello che Luciano voleva, non dovevo
recitare dovevo essere vero, dovevo essere quello che sul ring ero
sempre stato; capendo così chi era Gennaro Esposito quali erano i
suoi sentimenti, i suoi valori, i suoi problemi e angosce, cercando
di esprimerle.
Mi sono sentito realizzato nel fare questo lavoro.
Totonno com’è lavorare con Luciano Capponi?
T.C.: Io e Luciano Capponi ci conosciamo da quarant’anni e lui
per me resta, nonostante la sua grande preparazione nell’immagine,
un grande raccontatore di favole e quello che avete visto, il
Flauto ne è l’esempio. Lui è il vero poeta, io lo so perché
conosco le sue canzoni di tanti anni fa, so che lui è stato il mio
maestro che mi ha aperto quella porticina alla poesia. Ecco perché
bisogna vedere le cose di Luciano con un attenzione particolare,
anzi addirittura senza attenzione, perché arrivano meglio. Il
Flauto rappresenta innanzitutto questa attesa, questo stupore
di queste anime senza memoria, il traditore di ogni essere umano è
il cervello anche se quello che conta è lo stomaco, le viscere.
Giacomo Carlucci, quante copie
sono previste per la distribuzione?
G.C.:Questa è una sfida che noi credo abbiamo vinto, ci siamo
chiesti, perché delle pellicole così non possono raggiungere il
grande pubblico? Lo sappiamo com’è l’ambiente del cinema, la
produzione, la distribuzione e via dicendo. E Gennaro Esposito a
fatto sì che questo film uscisse in 120 sale compresi i grandi
circuiti quali l’UCI, 41 sale dell’UCI in tutt’Italia e nelle
grande città. Ma questo film non muore adesso perché subito dopo
comincia anche una tour teatrale di Patrizio “Due ore
all’alba” e il film sarà contemporanee nelle province.
Noi ce l’abbiamo fatta nonostante tutto e tutti, nonostante i
meccanismi che regolano questo settore, ce la facciamo a
raggiungere il vasto pubblico che forse è l’obiettivo principale di
Luciano Capponi, di raggiungere la gente.
Il fine settimana della croisette
Oggi 14 maggio, sulla Croisette si sono succeduti grandi e piccoli nomi, e tra questi alcuni che hanno portato dell’irreverenziale colore sul tappeto rosso più glamour d’Europa. Comincia la giornata Joseph Cedar, che con il suo film israeliano, Hearat Shulayim, porto in concorso una commedia pungente a sfondo familiare, dove un padre e un figlio, entrambi coinvolti nel mondo accademico della prestigiosa Talmud Hebrew University di Gerusalemme, trovano terreno fertile per un ultimo scontro che diventa professionale e generazionale. In concorso anche il regista Markus Schleinzer, con Michael, storia drammatica che racconta gli ultimi mesi di vita di un bambino e di un uomo di 35 anni.
Ma il vero movimento c’è stato nella sezione Fuori Concorso con un documentario su Bollywood, Bollywood: the greatest love story ever told, diretto da Rakesh Omprakash Mehra, pirotecnica lettera d’amore all’industria cinematografica indiana che ha contribuito nel tempo a difinire all’estero l’immagine dell’India e di Mumbai. Nel cast anche Aishwarya Rai.
Ma a Cannes oggi è stato tempo di Pirati, quelli che dal 2003 sono risorti dalle ceneri del passato cinematografico hollywoodiano grazie all’attrazione di un parco giochi, sbancando i box office soprattutto per merito di Johnny Deep, alias Jack Sparrow, presente oggi sulla Croisette. Pirati dei Caraibi: Oltre i confini del Mare è la quarta avventura di Capitan Sparrow, presentato fuori concorso in presenza del cast. Anche Penelope Cruz torna ai blockbuster hollywoodiani nel ruolo della piratessa Angelica.
Domani sarà la giornata dei fratelli Dardenne che portano in concorso Il Ragazzo con la Bicicletta.
Il finale in due parti della saga di Fast & Furious potrebbe diventare una trilogia!
La star di Fast X Vin Diesel anticipa che il decimo film della saga di Fast & Furious, in arrivo al cinema dal 18 maggio, darà il via a una trilogia finale. Parlando con Variety, infatti, Diesel ha confermato che Fast X non sarà più la prima di due parti del finale. Piuttosto che essere Fast & Furious 11 a concludere la serie, ci penserà un dodicesimo film a svolgere tale ruolo. “Entrando nella realizzazione di questo film, lo studio ha chiesto se potesse essere un film in due parti“, ha detto Diesel. “E dopo che lo studio ha visto questo, hanno detto: ‘Potreste fare il finale, una trilogia?‘”
A sostegno di questa notizia è arrivata anche l’attrice Michelle Rodriguez, dicendo: “Sono tre atti in ogni storia“, apparentemente ribadendo dunque l’affermazione di Diesel di una trilogia invece di un dittico. Quando però a Diesel è stato chiesto se stesse confermando un dodicesimo film di Fast & Furious, tuttavia, l’attore ha risposto all’intervistatore: “Mi metterai nei guai qui“. È probabile che un terzo capitolo possa dipendere da come andrà Fast X al box office. Se questo dovesse affermarsi come un buon successo economico, come già accaduto ai precedenti capitoli, un terzo film di quella che a questo punto diventerebbe una trilogia si farebbe più probabile.
Fast X, la trama e il cast del nuovo film della saga di Fast & Furious
La fine della corsa ha inizio. Fast X, il decimo film della saga di Fast & Furious, dà il via ai capitoli finali di uno dei più leggendari e popolari franchise cinematografici, giunto al suo terzo decennio e ancora sostenuto dallo stesso cast e dagli stessi personaggi degli esordi. Nel corso di molte sfide e contro ostacoli impossibili, Dom Toretto (Vin Diesel) e la sua famiglia hanno superato in astuzia, coraggio e abilità tutti i nemici che hanno incontrato sul loro cammino. Ora si trovano di fronte all’avversario più letale che abbiano mai affrontato: una minaccia terribile che emerge dalle ombre del passato, alimentata dalla vendetta, determinata a disperdere la famiglia e a distruggere per sempre tutto e tutti i suoi cari.
In Fast & Furious 5 del 2011, Dom e la sua squadra hanno eliminato il famigerato boss della droga brasiliano Hernan Reyes e distrutto il suo impero su un ponte di Rio De Janeiro. Quello che non sapevano è che il figlio di Reyes, Dante (Jason Momoa di Aquaman), ha assistito a tutto questo e ha passato gli ultimi 12 anni a elaborare un piano per far pagare a Dom il prezzo più alto. Il complotto di Dante spingerà la famiglia di Dom da Los Angeles alle catacombe di Roma, dal Brasile a Londra e dal Portogallo all’Antartide. Si stringeranno nuove alleanze e torneranno vecchi nemici. Ma tutto cambia quando Dom scopre che suo figlio di 8 anni (Leo Abelo Perry, Black-ish) è l’obiettivo finale della vendetta di Dante.
Il finale della trilogia di Superman di Zack Snyder avrebbe risolto i suoi problemi “divini”
Se il DCEU avesse seguito la visione di Zack Snyder così come era stata pensata, le critiche sulla rappresentazione “divina” di Superman sarebbero state affrontate. Interpretato da Henry Cavill, non si può negare che l’Uomo d’Acciaio del DCEU sia stato raffigurato con forti parallelismi con un salvatore divino, una figura fortemente cristologica. Sebbene questa inquadratura sia stata spesso controversa, Zack Snyder ha confermato che doveva essere parte di un arco narrativo più ampio che avrebbe visto Superman riconnettersi con la sua umanità.
In seguito alla cancellazione dello Snyderverse del DCEU, Warner Bros. si sta preparando a lanciare un nuovissimo universo DC con James Gunn e Peter Safran al timone. Tuttavia, Zack Snyder ha continuato a rivelare e parlare di ciò che sarebbe stato in cantiere oltre Justice League. Ciò include quello che avrebbe potuto essere un finale molto avvincente per il Superman di Henry Cavill per quanto riguarda le percezioni del mondo e delle sue masse che sarebbero arrivate a vedere l’Uomo d’Acciaio come un dio letterale.
In L’Uomo d’Acciaio del 2013, Superman si rivela al mondo all’età di 33 anni (la stessa età che aveva Gesù quando fu crocifisso). Avendo scoperto il suo scopo dal suo vero padre Jor-El che non era di questo mondo, ci sono molti parallelismi tra Superman e Cristo nel primo film DC di Zack Snyder, incluso un momento piuttosto evidente in cui Jor-El racconta che il suo figlio che può salvare il mondo, poco prima che Kal-El voli nell’orbita terrestre con le braccia tese (come se fosse già su una immaginaria croce).
I parallelismi con Gesù e le rappresentazioni di Superman come un Salvatore simile a un dio continuano certamente in Batman v Superman: Dawn of Justice con l’umanità che innalza ma poi rifiuta Superman. Allo stesso modo, questo culmina anche con Superman che si sacrifica per fermare Doomsday prima di resuscitare, come visto in Justice League. In verità, è una visione molto fondata su come il mondo reale possa accettare qualcuno con un così grande potere come Superman, un essere che senza dubbio incontrerebbe la stessa quantità di critiche e riverenza.
La rappresentazione di Superman nel DCEU è stata certamente controversa per alcuni spettatori in base al modo in cui venivano rappresentati i Supermen live-action del passato. Tuttavia, Snyder ha recentemente confermato in un’intervista a GQ che questo status divino per Superman faceva tutto parte di un arco narrativo generale che si sarebbe concluso con Superman che si riconnetteva maggiormente con la sua umanità:
Avrebbe dovuto soccombere all’Anti-vita, essere distrutto, riportare indietro l’orologio e poi avere la sua possibilità per questa battaglia contro Darkseid. Se vuoi… questo avrebbe posto fine alla sua trilogia nel diventare questo guardiano e, in un certo senso, lo avrebbe riportato alla sua umanità.
Il fim di Assassin’s Creed uscirà il 22 Maggio 2015!
Finalmente arrivano notizie sul film basato sul popolare videogioco Assassin’s Creed della Ubisoft che come sappiamo vede al momento protagonista Michael Fassbender. Ebbena la pellicola ha una data di uscita ufficiale, che sarà durante il weekend del Memorial Day, il 22 Maggio 2015. Finora, nessun regista è stato annunciato per il film ma con la data di uscita ormai fissata a breve dovrebbero anche annunciare chi ci sarà al timone dell’adattamento. Inoltre sappiamo che sarà 20th Century Fox a distribuire il film che sarà co-prodotto a New Regency Pictures. La pellicola quindi dovrebbe uscire tre settimane dopo il secondo capitolo della Marvel The Avengers 2.
Tutte le info sul gioco:
Assassin’s Creed è un videogioco sviluppato da Ubisoft Montreal e pubblicato da Ubisoft. Il gioco è stato presentato nella conferenza dell’E3 2005 prima come esclusiva PlayStation 3 e poi è stato annunciato anche per Xbox 360. In seguito è uscito l’adattamento per Microsoft Windows nell’aprile 2008. È il primo episodio dell’omonima serie. Assassin’s Creed è ambientato nel 1191, periodo storico nel quale la Terra Santa è devastata dalla Terza Crociata.
La campagna in Terra Santa di Riccardo Cuor di Leone fece in parte dimenticare le sconfitte di alcuni anni prima e attraverso una saggia tregua i pellegrini cristiani ebbero il permesso di visitare Gerusalemme, che restava comunque in territorio musulmano. Questo fu uno degli eventi che più contribuirono a innalzare la fama di Saladino come condottiero leale e onesto. Nascosto nella segretezza dei loro rifugi un gruppo di guerrieri appartenenti alla setta degli Assassini intendono riportare la pace in Terra Santa eliminando i capi corrotti delle due fazioni. I giocatori assumono il ruolo di Altaïr Ibn La-Ahad (aquila in volo), uno dei priori della setta ed il più abile a padroneggiare le arti degli assassini, prescelto per diventare un giorno il capo della setta. Egli viene incaricato dal Gran Maestro Al Mualim di far finire la guerra nelle città della Terra Santa per riscattare il suo onore e il suo rango. Inoltre il suo abito bianco lo aiuta a mimetizzarsi meglio tra la folla e, in particolar modo, tra gli eruditi di un tempo, grazie al suo grande cappuccio. Altair si ritroverà ad affrontare i Crociati, gli Ospitalieri, i Templari, i Teutonici e i Saraceni e ovviamente le guardie cittadine.
Il filo nascosto: trama, cast e curiosità sul film con Daniel Day-Lewis
Sin dal suo esordio nel 1996 con Sydney, il regista Paul Thomas Anderson si è imposto come uno dei maggiori autori cinematografici contemporanei. Con le sue opere ha scandagliato l’animo umano e la sua storia nel corso del tempo, consacrandosi con titoli come Il petroliere e The Master, indicati come due tra i film più importanti del nuovo millennio. Nel 2017 Anderson regala poi al mondo un nuovo capolavoro, Il filo nascosto (qui la recensione), dove ancora una volta va a scavare nei rapporti umani, nelle loro dinamiche ed equilibri. Ne nasce un’opera tanto delicata quanto potente, con una storia destinata a rimanere eternamente nella memoria.
Interessatosi al mondo della moda londinese degli anni Cinquanta, Anderson era in cerca di una storia quando si ammalò improvvisamente. Fu sua moglie, l’attrice Maya Rudolph a prendersi cura di lui, ispirando nel regista l’idea giusta. Anderson raccontò infatti di aver temuto per un momento che sua moglie godesse del suo malanno, così da poterlo accudire a proprio piacimento. Se questa sia o meno un’esagerazione raccontata dal regista non è noto, ma l’evento gli ha certamente permesso di iniziare a svolgere una serie di ricerche per unire il contesto di suo interesse ad una storia dai torbidi rapporti tra i protagonisti.
Il filo nascosto si affermò poi come uno dei film più acclamati dell’anno e più importanti del decennio. Guadagnò infine anche 6 nomination al premio Oscar, tra cui miglior film e miglior regia. Per tutti gli appassionati di film intensi e imprevedibili, questa è un’opera assolutamente imperdibile. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alle sue frasi più belle. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Il filo nascosto: la trama del film
Nella cornice glamour e scintillante della Londra degli anni Cinquanta, il sarto Reynolds Woodcock dirige insieme con sua sorella Cyril la celebre House of Woodcock, inconfondibile marchio di stile e bellezza, richiesto da reali, stelle del cinema, ereditiere e nobildonne. Nonostante la conoscenza dei desideri e della figura femminile, lo scapolo impenitente considera l’amore un privilegio precluso a un artista del suo calibro, e preferisce intrattenersi con donne diverse che gli forniscono la giusta dose di ispirazione e compagnia. Finché non incontra Alma, ragazza ambiziosa e caparbia che riesce a insinuarsi nel suo cuore come musa e come amante, sconvolgendo da un giorno all’altro la sua perfetta vita su misura.
Il filo nascosto: il cast del film
Ad interpretare il ruolo dello stilista Reynolds Woodcock vi è l’iconico attore Daniel Day-Lewis. Tre volte premio Oscar, egli è noto per il suo studio maniacale dei personaggi interpretati. Per Il filo nascosto non ha fatto eccezioni, immergendosi completamente nel contesto della moda londinese e costruendo il carattere del personaggio basandosi su veri stilisti dell’epoca. L’attore prese inoltre lezioni di sartoria, arrivando infine a realizzare di proprio pugno un abito per sua moglie. La sua grande interpretazione lo ha infine portato ad ottenere la sua sesta nomination all’Oscar. L’aver partecipato a tale film si è però rivelata un’esperienza estremamente intensa emotivamente, dopo la quale Day-Lewis ha annunciato il suo ritiro definitivo dal mondo della recitazione.
Nei panni di Alma vi è invece Vicky Krieps. Grazie a questo film l’attrice ha avuto modo di ottenere fama mondiale, dovendo però superare a sua volta le difficoltà del set. L’attrice ha avuto pochi contatti con Day-Lewis, a cui si doveva rivolgere sempre con il nome del suo personaggio. Nei panni della sorella di Reynolds, Cyril, vi è invece l’attrice Lesley Manville. Questa ebbe invece modo di conoscere Day-Lewis molto prima delle riprese, così da poter sviluppare con lui quella reciproca intesa necessaria ad un rapporto tra fratelli. Anche per lei è poi arrivata una nomination all’Oscar come miglior attrice non protagonista. Nel film sono poi presenti gli attori Camilla Rutherford nei panni di Johanna, Gina McKee in quelli di Henrietta Harding e Brian Gleeson per il dottor Robert Hardy.
Il filo nascosto: le frasi più belle, il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Il filo nascosto è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Google Play, Apple TV+ e Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di venerdì 28 luglio alle ore 21:00 sul canale Iris.
Qui di seguito si riportano invece alcune delle frasi più belle e significative pronunciate dai personaggi del film. Attraverso queste si potrà certamente comprendere meglio il tono del film, i suoi temi e le variegate personalità dei protagonisti. Ecco dunque le frasi più belle del film:
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Si può cucire quasi ogni cosa nella stoffa di un soprabito. Da bambino ho cominciato a… nascondere cose nelle fodere dei vestiti, solo io ne conoscevo l’esistenza… segreti. (Daniel Day-Lewis)
- Mi sembra di averti cercata per moltissimo tempo. Tu sei molto bella… bellissima. Ci sono alcune cose che voglio fare, cose che non posso fare senza di te. (Daniel Day-Lewis)
- Reynolds ha realizzato i miei sogni e io gli ho dato in cambio ciò che desidera di più: ogni singola parte di me… (Vicky Krieps)
- Posso metterti in guardia? Mio fratello tende a sentirsi condannato, crede che l’amore gli sia precluso (Lesley Manville)
- Qualunque cosa farai… falla con delicatezza (Vicky Krieps)
Fonte: IMDb
Il filo nascosto: il trailer italiano del film di Paul Thomas Anderson
Si intitola Il filo nascosto in italiano il nuovo film diretto da Paul Thomas Anderson con protagonista Daniel Day-Lewis, al suo ultimo ruolo per il grande schermo.
Di seguito il trailer:
La trama di Il filo nascosto
Ambientato in una elegante Londra del Dopo Guerra, negli anni ’50, Il filo nascosto racconta di un rinomato stilista, Reynolds Woodcock (Daniel Day-Lewis) e di sua sorella Cyril (Lesley Manville) che sono al centro della moda londinese, con incarichi reali, celebrità del cinema, ereditiere, mondanità, debuttanti e dame, tutte che si servono presso The House of Woodcock. Le donne vanno e vengono nella vita di Woodcock, lasciando allo scapolo incallito ispirazione e compagnia, fino a che non incontra una giovane donna, dalla volontà di ferro, Alma (Vicky Krieps), che presto diventerà un punto fisso nella sua vita amorosa e professionale. Una volta controllato e pianificatore, si troverà travolto dall’amore, con la sua carriera di sarto rovinata.
Daniel Day-Lewis si ritira dalla recitazione
Con il suo ultimo Il filo nascosto, Paul Thomas Anderson dipinge un illuminante ritratto di un artista e del suo viaggio creativo, e delle donne che fanno girare il suo mondo. Phantom Thread è l’ottavo film di Anderson, e la sua seconda collaborazione con Daniel Day-Lewis.
Il film dovrebbe anche essere l’ultimo della carriera dell’attore tre volte premio Oscar.
Il filo nascosto: il nuovo poster del film di Paul Thomas Anderson
Ecco il nuovo poster internazionale di Il filo nascosto, il nuovo film diretto da Paul Thomas Anderson (Magnolia, Boogies Nights, The Master, Punck- Drunk Love) con protagonista Daniel Day-Lewis (Lincoln, Gangs of New York).
Il film è ambientato nella Londra del 1950. Lo stilista Reynolds Woodcock (Daniel Day-Lewis) e sua sorella Cryli interpretata da Lesley Manille (Maleficient) sono al centro della moda britannica: vestono star del cinema, ereditiere, debuttanti e dame si vogliono distinguere con lo stile Woodcock. Reynolds incontra molte donne che lo corteggiano in quanto scapolo. A rubare il cuore di Reynolds sarà una giovane e forte donna, Alma, che diventerà la sua musa e la sua amante. L’amore entra nella vita estremamente organizzata e controllata di Reynolds e ne scardina i ritmi precisi. Anderson, che ha già diretto Day-Lewis nel 2007 ne Il Petroliere, racconta la vita creativa di un artista e di una donna che gli sconvolge la vita.
Daniel Day-Lewis nel trailer di Il filo nascosto, il suo ultimo ruolo
Nel cast troviamo anche Camilla Rutherford e Vicki Krieps. Il film è scritto e diretto da Paul Thomas Anderson e prodotto da Megan Ellison e da Joanne Sellar. Il film uscirà il 25 Dicembre 2017.
Fonte: Comingsoon
Il Filo Nascosto: Daniel Day-Lewis ha cucito un abito da zero
Per prepararsi al ruolo di Reynolds Woodcock, protagonista de Il filo nascosto, nuovo film di Paul Thomas Anderson, Daniel Day-Lewis ha, come sua consuetudine, fatto le cose in grande.
L’attore tre volte premio Oscar ha seguito lezioni di Marc Happel, a capo del dipartimento dei costumi del New York City Ballet. Frutto di queste lezioni è stata la realizzazione di un abito Balenciaga da zero.
Ecco cosa ha raccontato l’attore a WMagazine: “L’abito Balenciaga era molto semplice. O almeno sembrava molto semplice fino a che ho capito il modo in cui era realizzato, e allora, mio dio, ho capito che era incredibilmente complicato. Non c’è niente di più bello nelle arti di qualcosa che appare semplice. E se provi a fare qualsiasi cosa nella tua vita, sia quanto è impossibile raggiungere quell’effetto di semplicità.”
Dal momento che non gli è stato possibile prendere in prestito il vestito che aveva visto, perché appartenente alla collezione dell’archivio di Parigi, l’attore ha realizzato degli schizzi, su cui poi ha lavorato a casa sua, utilizzando la moglie come modella.
“Rebecca l’ha poi indossato, è davvero carino“, ha concluso Daniel Day-Lewis. L’attore ha ancora una volta dimostrato di avere grande dedizione per il suo lavoro, che comunque vuole abbandonare dopo questo film.
Sembra incredibilmente plausibile la prospettiva che Day-Lewis possa riuscire a collezionare il suo quarto Oscar con questa interpretazione, dato che gli è già valsa la nomination ai Golden Globes.
Il filo nascosto, il trailer italiano del film di Paul Thomas Anderson con Daniel Day-Lewis
Ambientato in una elegante Londra del Dopo Guerra, negli anni ’50, il film racconta di un rinomato stilista, Reynolds Woodcock (Daniel Day-Lewis) e di sua sorella Cyril (Lesley Manville) che sono al centro della moda londinese, con incarichi reali, celebrità del cinema, ereditiere, mondanità, debuttanti e dame, tutte che si servono presso The House of Woodcock. Le donne vanno e vengono nella vita di Woodcock, lasciando allo scapolo incallito ispirazione e compagnia, fino a che non incontra una giovane donna, dalla volontà di ferro, Alma (Vicky Krieps), che presto diventerà un punto fisso nella sua vita amorosa e professionale. Una volta controllato e pianificatore, si troverà travolto dall’amore, con la sua carriera di sarto rovinata.
Daniel Day-Lewis si ritira dalla recitazione
Con il suo ultimo film, Paul Thomas Anderson dipinge un illuminante ritratto di un artista e del suo viaggio creativo, e delle donne che fanno girare il suo mondo. Phantom Thread è l’ottavo film di Anderson, e la sua seconda collaborazione con Daniel Day-Lewis.
Il film dovrebbe anche essere l’ultimo della carriera dell’attore tre volte premio Oscar.
Il Filo Nascosto: dal 20 giugno in Home Video
Il tre volte premio Oscar Daniel Day-Lewis si aggiudica la sua sesta candidatura per l’interpretazione di Reynolds Woodcock, lo schizzinoso, maniaco del controllo stilista londinese la cui lussuosa e accurata vita fatta su misura viene improvvisamente sconvolta dall’amore. Il filo nascosto arriva in DVD, Blu-ray e a partire dal 20 giugno e in Digital HD dal 7 giugno con Universal Pictures Home Entertainment Italia. Daniel Day-Lewis torna a lavorare con il plurinominato regista Paul Thomas Anderson, un film spettacolare definito come “puro delizioso piacere” (The Guardian).
Daniel Day-Lewis (Il Petroliere, Lincoln) incanta nel ruolo di un ossessivo ed elegante stilista, affiancato dalla candidata agli Oscar® Lesley Manville (Maleficent, Another Year) e Vicky Krieps (Hanna, The Colony) in un film di “seducente bellezza” (NY Times). Scritto e diretto da Paul Thomas Anderson (Il Petroliere, Boogie Nights), Il filo nascosto è ambientato nel glamour della Londra del dopoguerra. Il famoso stilista di abiti femminili Reynolds Woodcock (Day-Lewis) e sua sorella Cyril (Manville) sono al centro della moda britannica, vestendo reginette, star del cinema, ereditiere, aristocratiche, debuttanti e dame con l’originale stile di The House of Woodcock. Le donne vanno e vengono nella vita di Woodcock, dando allo “scapolo incurabile” ispirazione e conforto, fino a quando incontra una donna giovane e volitiva, Alma (Krieps), che presto diventa una presenza costante nella sua vita come musa e amante.
CONTENUTI SPECIALI NEL BLU-RAY:
- Prove di scena – Con commento audio di Paul Thomas Anderson
- For the hungry boy – Collezione di scene tagliate, Musica di Johnny Greenwood
- House of Woodcock – Lo spettacolo della moda raccontato da Adam Buxton
- Dietro le quinte – Fotografie del film di Michael Bauman con versioni della demo dalla colonna sonora di Johnny Greenwood
CONTENUTI SPECIALI NEL DVD:
- Prove di scena – Con commento audio di Paul Thomas Anderson
- For the hungry boy – Collezione di scene tagliate, Musica di Johnny Greenwood
- House of Woodcock – Lo spettacolo della moda raccontato da Adam Buxton
- Dietro le quinte – Fotografie del film di Michael Bauman con versioni della demo dalla colonna sonora di Johnny Greenwood
INFORMAZIONI TECNICHE BLU-RAY™:
Genere: Drammatico
Dischi: 1
Durata: 2 ore e 10 minuti ca.
Video: 1080i/p High-Definition Widescreen 1.85:1
Audio: Inglese DTS:X; Italiano, Francese, Spagnolo, Tedesco DTS Digital Surround 5.1
Sottotitoli: Italiano, Inglese N/U, Spagnolo, Danese, Olandese, Finlandese, Francese, Tedesco, Islandese, Norvegese, Portoghese, Svedese, Arabo, Hindi
Contenuti Speciali: • Prove di scena • For the hungry boy • House of Woodcock • Dietro le quinte
INFORMAZIONI TECNICHE DVD
Genere: Drammatico
Dischi: 1
Durata: 2 ore e 10 minuti ca.
Audio: Itaiano, Inglese, Tedesco – Dolby Digital 5.1
Sottotitoli: Italiano, Inglese n/u, Tedesco, Danese, Finlandese, Norvegese, Svedese, Turco
Contenuti Speciali: • Prove di scena • For the hungry boy • House of Woodcock • Dietro le quinte
Il Filo Nascosto, recensione del film di Paul Thomas Anderson con Daniel Day-Lewis
Si sono dette e si diranno tante meraviglie de Il Filo Nascosto, e non ci sono parole per descrivere l’eleganza e la bellezza con cui Paul Thomas Anderson ha diretto, pare per l’ultima volta, Daniel Day-Lewis, qui al coronamento di una carriera straordinaria. Il film sembra riassumere la dialettica dei rapporti di forza del cinema di Anderson, trasportando la brutalità dello scontro in amore, sensualità, passione, persino corteggiamento, per un breve momento. Il Filo Nascosto è una storia d’amore, prima di tutto, ma allo stesso tempo si complica nelle lieve mescolanza trai generi e nella scelta, così personale, di raccontare una vicenda che ha tantissimo di femminile, nonostante la mascolinità così netta del protagonista.
Day-Lewis interpreta Reynolds Woodstock, un sarto della Londra degli anni ’50. Con i suoi abiti veste nobildonne, reali e ricche londinesi, clienti preziose che vanno da lui alla ricerca di un vestito che possa rappresentarle, ma anche definirle, in quanto donne, nell’arco della loro vita e delle tappe importanti del loro cammino. Così Reynolds cuce insieme le insicurezze e le speranze di queste donne, padrone assoluto del suo atelier, che divide con le sue silenziose operai, ossequiose donne che conosce per nome e che saluta con affetto, con sua sorella Cyril (Lesley Manville), granitica presenza in una vita fatta di abitudini, e con il fantasma della madre, morta tanti anni prima eppure sempre vivida nella sua quotidianità, presenza rassicurante nei gesti delicati e precisi che lei stessa gli ha insegnato a percorrere su quei preziosi tessuti.
Alma, la donna che “tira” Il Filo Nascosto
A queste costanti, Reynolds alterna una donna, un’ispirazione, una compagna che di volta in volta esaurisce la sua curiosità e viene “scartata”, sostituita con la prossima, fino a che non arriva Alma (Vicky Krieps). Dolce, goffa, con un corpo che si scosta dai canoni della moda per l’artista dell’ago e filo, la donna fa breccia nella testa del nostro, che la innalza immediatamente a sua musa. La ragazza però si rivelerà molto diversa della altre donne della sua vita. Con docile trasporto prima e con ferrea volontà poi, Alma si aggrappa a questo amore che si fa spazio, inaspettatamente, anche in lui e riesce a scacciare per un attimo il fantasma, le sartine, persino Cyril.
Attraverso la voce di Alma ci viene raccontata la storia del film, un punto di vista privilegiato al fianco di Reynolds. C’è un filo nascosto in un particolare tipo di cucitura che realizzano le macchine automatiche; tirando quel filo, la cucitura intera si sfalda, il tessuto si apre, in vestito si crepa. Alma è la mano che tira quel filo, interrompendo la routine, chiedendo attenzione, sfaldando la routine, difendendo Reynolds da se stesso, dalla bellezza del suo lavoro eppure costringendolo a farsi riamare.
Anderson costruisce un dialogo tra luoghi e manie, città e campagna, spazi aperti e scale della grande e immacolata casa del protagonista, teso a dare spazio al suo dramma che cede persino al thriller in alcuni frangenti, per poi tornare dolce, volto completamente alla decostruzione di Reynolds, così come lo abbiamo conosciuto. Alma è colei che scaccia il fantasma rassicurante vestito da sposa della madre, quella che finalmente lo rende debole e che si rende indispensabile.
La rappresentazione feroce
dell’egoismo
Dal canto suo, il sarto da cui tutte le donne di Londra vogliono essere vestite e rassicurate, si abbandona consapevolmente a questo veleno d’amore, tra le braccia dell’unica che sia riuscita ad entrare nelle maglie della sua vita, tra una cucitura e l’altra.
Si sono dette e si diranno tante meraviglie de Il Filo Nascosto, tutte vere, ma in fondo il film di Paul Thomas Anderson è una feroce, terrificante rappresentazione dell’egoismo, nella sua forma sublimata.
Il filo nascosto arriva in dvd e blu-ray
Il tre volte premio Oscar Daniel Day-Lewis si aggiudica la sua sesta candidatura per l’interpretazione di Reynolds Woodcock, lo schizzinoso, maniaco del controllo stilista londinese la cui lussuosa e accurata vita fatta su misura viene improvvisamente sconvolta dall’amore. Il filo nascosto arriva in DVD, Blu-ray e a partire dal 20 giugno e in Digital HD dal 7 giugno con Universal Pictures Home Entertainment Italia. Daniel Day-Lewis torna a lavorare con il plurinominato regista Paul Thomas Anderson, un film spettacolare definito come “puro delizioso piacere” (The Guardian).
Daniel Day-Lewis (Il Petroliere, Lincoln) incanta nel ruolo di un ossessivo ed elegante stilista, affiancato dalla candidata agli Oscar Lesley Manville (Maleficent, Another Year) e Vicky Krieps (Hanna, The Colony) in un film di “seducente bellezza” (NY Times). Scritto e diretto da Paul Thomas Anderson (Il Petroliere, Boogie Nights), Il filo nascosto è ambientato nel glamour della Londra del dopoguerra. Il famoso stilista di abiti femminili Reynolds Woodcock (Day-Lewis) e sua sorella Cyril (Manville) sono al centro della moda britannica, vestendo reginette, star del cinema, ereditiere, aristocratiche, debuttanti e dame con l’originale stile di The House of Woodcock. Le donne vanno e vengono nella vita di Woodcock, dando allo “scapolo incurabile” ispirazione e conforto, fino a quando incontra una donna giovane e volitiva, Alma (Vicky Krieps), che presto diventa una presenza costante nella sua vita come musa e amante.
Il filo nascosto CONTENUTI SPECIALI NEL BLU-RAY:
- Prove di scena – Con commento audio di Paul Thomas Anderson
- For the hungry boy – Collezione di scene tagliate, Musica di Johnny Greenwood
- House of Woodcock – Lo spettacolo della moda raccontato da Adam Buxton
- Dietro le quinte – Fotografie del film di Michael Bauman con versioni della demo dalla colonna sonora di Johnny Greenwood
Il filo nascosto CONTENUTI SPECIALI NEL DVD:
- Prove di scena – Con commento audio di Paul Thomas Anderson
- For the hungry boy – Collezione di scene tagliate, Musica di Johnny Greenwood
- House of Woodcock – Lo spettacolo della moda raccontato da Adam Buxton
- Dietro le quinte – Fotografie del film di Michael Bauman con versioni della demo dalla colonna sonora di Johnny Greenwood
Il filo invisibile: trailer del film Netflix con Filippo Timi
Netflix ha diffuso il trailer del film Il filo invisibile di Marco Simon Puccioni prodotto da Viola Prestieri e Valeria Golino con Filippo Timi, Francesco Scianna, Francesco Gheghi, Oscar Matteo Giuggioli, Giulia Maenza, Jodhi May, Gerald Tyler, Emanuele Maria Di Stefano, Mauro Conte, Alessia Giuliani e con Valentina Cervi. Il filo invisibile uscirà in cinema selezionati il 21-22-23 febbraio su Netflix dal 4 marzo.
La trama Il filo invisibile
Leone, 16 anni e due papà, Simone e Paolo, è nato in California grazie a Tilly, una donna americana che ha aiutato i suoi genitori a farlo venire al mondo. Leone poi è cresciuto in Italia come tutti gli altri bambini, ma vivendo anche le lotte per i diritti a cui la sua famiglia ha partecipato. Tutto questo è raccontato in un breve video che Leone sta preparando per la sua scuola insieme a Jacopo, il suo migliore amico. Proprio mentre, schivando pregiudizi ed equivoci intorno alla sua sessualità, Leone sta per vivere la sua prima storia d’amore, la solidità della sua famiglia sembra andare in crisi… Vivere questa complessa situazione familiare spingerà Leone a riflettere sulla vera natura del “filo invisibile” che lo lega ai suoi papà e a tutti coloro che hanno voluto la sua nascita.
Il filo invisibile: intervista ai protagonisti
Arriva in sala per un’uscita speciale il 21-22-23 febbraio Il filo invisibile, il nuovo film di Marco Simon Puccioni, con Filippo Timi e Francesco Scianna. Il film sarà disponibile dal 4 marzo su Netflix e questo è il nostro incontro con il cast che ha raccontato com’è stato lavorare al servizio di questa storia così moderna e così classica allo stesso tempo.
Il filo invisibile di Marco Simon Puccioni prodotto da Viola Prestieri e Valeria Golino con Filippo Timi, Francesco Scianna, Francesco Gheghi, Oscar Matteo Giuggioli, Giulia Maenza, Jodhi May, Gerald Tyler, Emanuele Maria Di Stefano, Mauro Conte, Alessia Giuliani e con Valentina Cervi. Il filo invisibile uscirà in cinema selezionati il 21-22-23 febbraio su Netflix dal 4 marzo.
La trama Il filo invisibile
Leone, 16 anni e due papà, Simone e Paolo, è nato in California grazie a Tilly, una donna americana che ha aiutato i suoi genitori a farlo venire al mondo. Leone poi è cresciuto in Italia come tutti gli altri bambini, ma vivendo anche le lotte per i diritti a cui la sua famiglia ha partecipato. Tutto questo è raccontato in un breve video che Leone sta preparando per la sua scuola insieme a Jacopo, il suo migliore amico. Proprio mentre, schivando pregiudizi ed equivoci intorno alla sua sessualità, Leone sta per vivere la sua prima storia d’amore, la solidità della sua famiglia sembra andare in crisi… Vivere questa complessa situazione familiare spingerà Leone a riflettere sulla vera natura del “filo invisibile” che lo lega ai suoi papà e a tutti coloro che hanno voluto la sua nascita.
Il filo invisibile, recensione del film con Filippo Timi e Francesco Scianna
Si intitola Il filo invisibile il nuovo film di Marco Simon Puccioni, che dopo un’uscita speciale in sala, dal 21 al 23 febbraio, sarà disponibile su Netflix dal 4 marzo. Un film che è un piccolo miracolo di scrittura e interpretazione, per come nasce e come si sviluppa, e come cresce inesorabile nel cuore dello spettatore.
Di cosa parla Il filo invisibile
Come si fa a misurare l’amore? C’è chi lo esprime sui social, in questi anni strani, chi lo sbandiera, chi lo tiene nascosto. Non c’è un modo giusto per raccontare il proprio amore ma c’è, e questo è un dato di fatto, chi deve per forza affermare la forza e la purezza del proprio amore rispetto agli altri, perché quell’amore che prova deve essere “giustificato”. È il caso di Simone e Paolo, coppia omosessuale che, agli occhi del figlio Leone (nato in California da madre surrogata) e a quelli di tutta la loro cerchia di amici deve apparire perfetta, più innamorata della coppie “normali”. Ma cosa succede quando questo amore si spezza? Come viene percepito dal mondo intorno a loro il fatto che una coppia omosessuale si perda?
Come sopravvive (o muore) un amore
Marco Simon Puccioni ci racconta una storia che si fonda sull’amore, quello verso il partner, quello fresco e adolescenziale, quello che si coltiva negli anni, quello verso i figli e verso i genitori, quello che finisce e quello che si trasforma. Lo fa con una leggerezza e un’ironia davvero rare e si appoggia al talento indiscusso di Filippo Timi e Francesco Scianna che si mettono in discussione con due ruoli che, sulla carta, potevano rappresentare l’ennesimo cliché del cinema che prova a raccontare la coppia omosessuale. Invece Il filo invisibile pone l’accento su quello che di normale c’è in tutte le coppie, anche quelle dello stesso sesso, ovvero la difficoltà di far sopravvivere l’amore di fronte al tempo che passa, alla routine, alla pigrizia di alcune dinamiche che subentrano in ogni tipo di relazione.
L’amore al tempo
dell’adolescenza
L’altro aspetto davvero interessante del film è quello dedicato a Leone, il figlio di questa coppia, interpretato da Francesco Gheghi, che con grande purezza sembra affrontare il mondo e l’adolescenza senza cintura di sicurezza. Proprio per questo, Leone si fa male, come tutti gli adolescenti: esce dall’incantesimo di cui sono vittime quasi tutti i bambini, che vedono i propri genitori perfetti e fatti l’uno per l’altro, ma soprattutto comincia a vivere, si innamora, cerca il suo spazio nel mondo e impara ad affrontare anche gli aspetti più complessi e oscuri di quegli adulti che ha sempre visto come due fari, solidi e inamovibili. E tutto questo viene messo a fuoco con grande leggerezza e intelligenza.
Il filo invisibile evita i luoghi comuni
Le premesse per toccare i luoghi comuni della commedia omosessuale romantica ci sono tutti, eppure Il filo invisibile riesce, pezzo per pezzo, a smontare ogni pregiudizio, ogni banalità, rivelandosi un onesto racconto sull’amore, su come si vive, si affronta e come si fa durare. Ma soprattutto come si trasforma, quando la coppia non funziona più.
Il filo invisibile che collega tutta la piccola cerchia di persone che circondano la nostra quotidianità, tra famiglia e amici, è una connessione intima e indissolubile, non è dettata dal sangue o dal DNA, ma dal legame umano che le circostanze e il tempo ci portano a costruire. Questa è la conclusione semplice ma per nulla scontata del film di Puccioni, che arriverà in sala il 21, 22 e 23 febbraio e dal 4 marzo su Netflix.
Il film sui vampiri di Ryan Coogler con Michael B. Jordan uscirà nel 2025
Ryan Coogler e Michael B. Jordan hanno collaborato a numerosi progetti, tra cui i film delle serie Black Panther e Creed. La loro prossima collaborazione, tuttavia, sarà un “film evento” IMAX ancora senza titolo per la Warner Bros. che avrà come protagonista Jordan e che il pubblico potrà scoprire l’anno prossimo, dato che la Warners ha fissato la data di uscita del progetto al 7 marzo 2025, secondo quanto riportato da Deadline, con le riprese che dovrebbero avere inizio ad aprile a New Orleans. I dettagli sul film sono ancora scarsi, ma si prevede che sarà molto diverso dai precedenti progetti di Coogler e Jordan.
Sebbene la Warner Bros. non abbia confermato alcun punto della trama, un rapporto di Puck dell’inizio dell’anno ha affermato che il film avrà come protagonista Jordan nei panni di una coppia di vampiri succhiasangue. Puck ha aggiunto che si ipotizza che il film sia ambientato nel Sud americano negli anni ’30, con l’era Jim Crow che avrebbe avuto un ruolo importante. Jordan dovrebbe dunque ricoprire più ruoli all’interno del film, che dovrebbe dunque avere anche un’ambientazione fissata nel passato. Coogler produrrà anche il film con la sua Proximity Media insieme a Zinzi Coogler e Sev Ohanian.
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Ryan Coogler e Michael B. Jordan insieme per la quinta volta
Come già riportato, questo film segnerà la quinta collaborazione tra Jordan e Ryan Coogler. Dopo il film indipendente Prossima fermata: Fruitvale Station e lo sportivo Creed – Nato per combattere, spin-off della serie di Rocky, i due hanno lavorato ai blockbuster Black Panther e Black Panther: Wakanda Forever. Dopo queste due esperienze, sembra ora che i due siano pronti per qualcosa di completamente diverso, che potrebbe portarli in territori nuovi e inesplorati all’interno delle rispettive carriere. Si attendono dunque maggiori notizie.