Il regista Brad
Anderson è arrivato a Roma per parlare del suo ultimo
film Stonehearts Asylum , presentato nella
categoria Mondo Genere al Festival di Roma
2014. Non solo stampa, domani il regista de L’Uomo
senza sonno e Session 9 incontrerà il pubblico.
Stonehearts Asylum è
ispirato liberamente da una racconto breve di Edgar Allan Poe, come
mai la scelta di questa novella poco
conosciuta? “Il racconto si intitola Il
Sistema del Dottor Catrame e del Professor Piuma, e lo
sceneggiatore Joe Gangemi aveva scritto questo
copione circa 15 anni fa ed è da allora che cerca di portare alla
luce questo progetto. Diversi registi si sono dimostrati
interessati e anche diversi attori, come Johnny Depp e Natalie
Portman in una certa fase del progetto erano stati
coinvolti come protagonisti ma ogni volta non se ne faceva nulla.
Ho deciso quindi di farlo io perchè appena ho letto la
sceneggiatura me ne sono immediatamente innamorato, sia dei
personaggi che della storia d’amore in se, oltre che delle diverse
chiavi di lettura che si potevano applicare. C’erano già diversi di
film basati su storie di Poe ma erano cose datate anni ’60 e ’70,
come i film di Vincent Price. Quindi ho pensato che questo era il
giusto mondo per far tornare a splendere l’intelligenza dei
racconti di Poe e, per presentarlo ad un pubblico più ampio, ho
preferito scegliere questo racconto poco conosciuto, piuttosto che
magari Il Corvo. E’ stato un lungo processo di realizzazione del
film, ma una volta che mi sono unito al progetto e abbiamo
scritturato questo fantastico cast, sono arrivati i
finanziamenti.”
Un cast straordinario che comprende Jim Sturgess, Kate Beckinsale, Ben Kingsley, Michael Caine
e David Thewlis tra gli altri: era il cast che
voleva? “Assolutamente si, sono stato da subito
molto soddisfatto del cast. In ogni film ci sono quegli attori che
magari vorresti ma non sono disponibili, o non gli vengono offerti
abbastanza soldi, io invece non potevo chiedere per un cast
migliore! Avevo Kate Beckinsale, Jim Sturgess e
Michael Caine, mio dio! Ho avuto la possibilità di
lavorare con una leggenda del genere e metterlo a confronto sullo
schermo con Ben Kingsley. Loro non avevano mai
lavorato insieme, se non in un film degli anni 80 in cui
interpretavano Sherlock Holmes e Watson. Quindi è stato fantastico
poterli riunire sul set dopo tanti anni. Inizialmente Kingsley
doveva interpretare il personaggio del Dottor Salt, e Michael Caine
del Dottor Lamb. Ma alla fine abbiamo cambiato direzione perchè Ben
rispecchiava alla grande il personaggio di Silas Lamb nel
film.”
Non è la prima volta che
inscena un suo film in un manicomio, era già successo in Session 9,
quali sono le differenze? “Abbiamo portato gli
elementi che più ci piacevano della storia di Poe, come il
tono della storia e la trama con il suo colpo di scena più
significativo, ma poi è stata opera di Joe Gangemi
di inserire e creare personaggi ed elementi che più lo
affascinavano. Quando stavamo finendo di preparare il film ed
eravamo pronti a girare io e Joe abbiamo cercato di accentuare
ancora di più la sensibilità di Poe nel film. Invece
Session 9, il mio altro film ambientato in un
manicomio, era chiaramente una storia più indirizzata verso
l’horror, mentre questa secondo me è più una storia d’amore. Ci
sono certamente diversi elementi horror ma la cosa bella, che mi
aveva affascinato anche solo alla lettura della sceneggiatura, era
il finale inaspettato e che ti porta a chiedere ‘Cos’è
veramente l’insanità mentale?‘.”
Il film è prodotto tra
gli altri da Avi Lerner, storico produttore dei film di Stallone,
come è stato lavorare con lui? “La
Millenium Entertainement ha prodotto questo film e
loro sono abituati a fare grandi film d’azione, con grandi budget e
cast, come I Mercenari, mentre con questo film si sono un po’
staccati dal loro campo sicuro. Ho apprezzato molto il loro
coinvolgimento perchè hanno investito in tempo e cura e attenzioni
in questo film più piccolo, tanto quanto fanno con i grandi film
che producono. Ma Avi e gli altri produttori sono stati molto
collaborativi e abbiamo girato questo film in Bulgaria, dove hanno
diversi sound stage e girano la maggior parte dei loro film. Allo
stesso tempo è stata un po’ una sfida perché dovevamo ricreare un
ambientazione vittoriana tipicamente inglese in un paesaggio
post-sovietico. Quindi sia trovare le location che la giusta
fotografia è stato un po’ complicato ma avevamo una grande
produzione alle nostre spalle, quindi è filato tutto liscio.”
Ci sono diverse
similitudini nei tuoi film, oltre che in Session 9, perché alla
fine ognuno dei protagonisti non è del tutto positivo e ha sempre
qualcosa da nascondere della propria natura, come succedeva anche
ne L’Uomo Senza Sonno, quindi qual’è la visione dei tuoi
personaggi? “Penso che in molti dei miei film,
Session 9, L’Uomo Senza Sonno,
Transsiberian, i protagonisti convivono spesso con
una grande verità che non hanno ancora scoperto. Ad esempio ne
L’Uomo Senza Sonno, il personaggio di
Christian Bale per sbaglio investe un
ragazzo, e noi lo scopriamo alla fine del film, ma lui rifiuta la
verità e solo quando ha quell’orribile epifania che realizza ed è
desideroso di pagare il prezzo di ciò che ha fatto. Stessa cosa in
Session 9, c’è un personaggio che, noi scopriremo
alla fine, ha ucciso tutta la sua famiglia, ma ancora cerca di
sovvertire la verità. E infine in questo film, molti dei personaggi
vivono in modo molto veritiero ciò che pretendono di essere. Ad
esempio Ben Kingsley, quando lo vediamo all’inizio
nei panni del Dottor Lamb è tutto ben educato e crede nel suo
essere, mentre verso la fine scopriamo che il suo essere è ben
diverso. Molti dei mie personaggi vivono quindi in modo molto
convinto la loro natura, per poi arrivare al punto di catarsi e
rivelarsi per ciò che sono realmente e sono pronti a pagare il
prezzo delle loro azioni. Mi piacciono molto questo tipo di
personaggi perchè aiutano anche a portare avanti la storia fino
alla fine rivelatoria, ed è significativo che uno dei mie film
preferiti sia A Venezia…Un Dicembre Rosso
Shocking di Nicolas Roeg con
l’orribile rivelazione finale, perché penso che questo abbia molto
influenzato la mia formazione.”
Brad Anderson, anche se
è considerato un regista dei film dell’orrore, continua all’interno
del suo cinema a cambiare di volta volta, non essere
identificabile in nessuna categoria produttiva può essere un
rischio? “Si, faccio film e scelgo storie e
sceneggiature che in quel momento della mia vita mi interessano e
affascinano e se l’idea di realizzarne un film mi entusiasma. Da
regista non voglio ripetermi, mi piace avere nuove sfide, e
raccontare sempre cose nuove, e nuove avventure in termini di
realizzazione ed è questo che mi diverte come regista. E’ saggio
dal punto di vista della mia carriera? Forse no, ma io voglio
realizzare film che mi soddisfino creativamente perché passerò due
anni della mia vita a farli e quindi devo essere appassionato del
progetto, non lo faccio come passatempo. Ho iniziato, e ancora
sono, un regista indipendente, quindi scelgo solo ciò che mi
interessa. Ad esempio il mio nuovo progetto è una storia d’amore
ambientata nel diciottesimo secolo in Perù su la prima donna che ha
navigato il Rio delle Amazzoni, una storia d’amore storica che non
assomiglia a nulla di ciò che ho fatto in precedenza, ma è basato
su The Mapmaker’s Wife che è un libro che mi
è piaciuto tantissimo ed è una avventura drammatica ed esotica
secondo me molto divertente da girare. Ogni film è la mia piccola
avventura.”
Oltre che film, si è
cimentato anche nella regia di serie televisive prima che
diventasse più comune tra i registi e gli attori di cinema passare
alla televisione, cosa preferisce
fare? “Sicuramente la direzione che sta
prendendo la tv è affascinante, e per un regista è allettante
riuscire ad esprimersi in 5-6 episodi piuttosto che in un film di
due ore, come ad esempio con True Detective. E
anche scegliendo certi network piuttosto che altri c’è più libertà
creativa. Ma con i film si ha un esperienza visiva diversa, c’è un
inizio e c’è una fine. Breaking Bad è fantastica,
ma devi guardare non si sa quante stagioni per entrare in contatto
veramente con la storia. E penso che non c’è nulla come
l’esperienza di sedersi in un cinema, al buio, e avere questa
drammatica esperienza completa dall’inizio alla fine, invece che
guardare qualcosa a casa, con il telefono che squilla, i bambini
che interrompono, insomma è più difficile immergersi veramente ed
essere trasportati all’interno della storia secondo me.”