“Ho lavorato con Tony
Scott cinque volte, con Spike Lee quattro, con Ed Zwick tre, due
per Jonathan Demme, e due con Antoine Fuqua. Mi sento a mio agio
con loro, il beneficio è reciproco.” Così Denzel
Washington, ospite a Roma per presentare il suo ultimo
film The Equalizer Il Vendicatore,
commenta la sua abitudine a lavorare spesso con registi con cui ha
già lavorato. E anche se questo film segna il suo ritorno sul set
di Antoine Fuqua, che lo diresse in
Training Day, film che gli regalò l’Oscar
nel 2002, l’attore non può non rivolgere un pensiero a chi lo ha
diretto il maggior numero di volte ad oggi: Tony
Scott.
“Tony era un caro amico e un
grande cineasta. Mi piaceva moltissimo lavorare con lui. Mi manca
molto e avrò sempre un bellissimo ricordo del tempo passato insieme
a lui. Aveva uno spirito generoso ed è davvero triste e tragico il
modo in cui è scomparso.”
Il suo personaggio è un
giustiziere implacabile con un grande lato umano, come si è calato
in questo ruolo?
“Come tutti noi lui ha dei
problemi. Ma ha un cuore molto buono, aiuta il giovane e la ragazza
che incrociano la sua strada, anche se come persona è molto
agitata, p problematico direi e molto solo. Trova un’amica in
questa giovanissima donna che incontra.” Per quanto riguarda
invece l’aspetto della preparazione fisica al ruolo, Washington ha
dichiarato che non è stato per niente difficile raggiungere la
forma fisica richiesta dal ruolo: “Faccio boxe da 20 anni e
quindi sono abituato a questo tipo di attività.” E non solo
pratica sport, ma è anche un appassionato ‘sportivo da divano’
preferendo guardare una partita di football o baseball piuttosto
che un bel film.
Il personaggio è ossessivo
compulsivo, ci tiene che tutto sia in ordine, fa ogni cosa secondo
una certa procedura. Lei ha qualche ossessione? Si se
quale?
“Quando ho ricevuto la
sceneggiatura, il comportamento ossessivo compulsivo non c’era nel
personaggio, l’ho aggiunto io. Ho pensato che il personaggio avesse
dei traumi, ha perso la moglie e si sente in colpa per questo.
Questo stress si sono poi riversati in un comportamento ossessivo.
E’ come se avendo il caos nella mente, provasse a mettere ordine
almeno all’esterno sistemando e riordinando ogni cosa che gli ruota
intorno. Per quanto riguarda me, non ho particolari
ossessioni.”
Il personaggio
comunica molto attraverso gli occhi, ci sono tanti primi piani
‘alla Sergio Leone’. Come è riuscito a lavorare sugli sguardi? Si
guardava allo specchio per vedere se era convincente?
“E’ un processo che inizia
all’interno e poi si vede all’esterno. Il regista ha utilizzato
delle telecamere speciali per fare il tipo di inquadratura stretta
sugli occhi, e so che è un fan di Sergio Leone quindi forse l’idea
gli è venuta da lì, ma io personalmente non ho fatto prove davanti
allo specchio.”
Dopo due Oscar e tanti film
di successo, cosa le da ancora il mestiere
dell’attore?
“Io voglio fare un buon lavoro.
Si tratta d’intrattenimento, non mi prendo sul serio, ma prendo
molto sul serio il mio lavoro. Se la gente viene a vedere il film
spero che loro possano essere intrattenuti per un paio d’ore. So
che oggi può essere difficile trovare i soldi per andare al cinema,
e così voglio che quando ci vanno si divertano, e quindi cerco di
fare del mio meglio.”
Qual è la differenza
nell’interpretare un buono e un cattivo?
“Il cattivo si diverte di più,
può fare quello che vuole e può dire quello che vuole. In Training
Day ero molto cattivo. Il film doveva finire in un altro modo, lui
personaggio non moriva. Però ho detto no, se posso giustificare il
fatto che viva nel modo peggiore, deve anche morire nel modo
peggiore, perché il prezzo per il peccato è la morte.”
Da poliziotto corrotto a vendicatore
dalla mano letale ma dal cuore d’oro, per Denzel
Washington le sfide non finiscono mai, tanto che
adesso arrivato per lui il momento di cimentarsi con un altro
ruolo iconico, quello del cowboy, dal momento che parlando dei suoi
prossimi progetti, l’attore ha dichiarato: “Il mio prossimo
film sarà un western.”