Sembra una storia figlia di questi
mesi di fermento “femminista”, quella de L’Amica
Geniale, eppure, Elena Ferrante aveva già
da tempo acceso un bellissimo faro su una storia di donne, di
amiche, di menti brillanti che trovano la loro strada verso la
libertà e l’emancipazione, prima di tutto da loro stesse e dal loro
bagaglio di nascita. Come ogni grande storia, anche questa di Lila
e Lenu ha un inizio, trai banchi di scuola, dove le due bambine
vengono aperte al mondo dalla maestra Oliviero.
La trama de L’Amica Geniale
Comincia così la prima puntata de
L’Amica Geniale, la serie co-prodotta da
Rai, HBO e Wildside e diretta da Saverio
Costanzo, presentata, con la proiezione dei primi due
episodi, alla Mostra del Cinema di Venezia, edizione 75. La serie è
l’adattamento della tetralogia firmata da Elena Ferrante e
racconta, appunto di un un’amicizia femminile, nata in un rione di
Napoli negli anni ’50 e che si concluderà ai nostri giorni, nel
2016 per la precisione. Le protagonista sono Elena Greco e
Raffaella Cerullo, Lenu e Lila, ma intorno a loro Costanzo ha
riportato sullo schermo il brulicante mondo del rione: fratelli,
genitori, vicini, compagni di classe. Un ritratto commovente di un
mondo che non c’è più, una replica perfetta, nei più piccoli
dettagli, di ciò che la Ferrante ha creato su carta.
Elisa Del Genio e
Ludovica Nasti sono le piccole protagoniste
assolute delle prime due puntate proiettate alla Mostra. Le
interpretazioni genuine delle bambine restituiscono tutta l’energia
dei personaggi del romanzo, in cui da una parte c’è la dolcezza di
Elena e dall’altra la cattiveria di Lila, due estremi che si
incontrano per caso e che non si lasceranno mai più. Intorno a loro
una serie di interpreti relativamente poco noti, che si rivelano
scelte perfette per le intenzioni del regista. Costanzo infatti non
solo rende onore e fede all’originale, ma lo trasforma in una
storia sua, conservando intatto lo spirito delle pagine,
riportandone gli avvenimenti in maniera più o meno fedele, ma
soprattutto avendo un profondo rispetto per il lavoro della
Ferrante, con la quale ha avuto una fitta corrispondenza di email
durante la lavorazione, e che ha sorvegliato la produzione e
custodito i suoi personaggi.
Saverio Costanzo presenta L’Amica Geniale, la
serie tratta da Elena Ferrante
Quello che Costanzo sceglie come
fuoco del suo racconto, laddove nel romanzo i fili narrativi erano
più ingarbugliati e numerosi, è l’educazione: la diligenza di Elena
e l’intelligenza di Lila offrono a entrambe la possibilità di
ambire a continuare gli studi, avvenimento insolito nella Napoli
povera degli anni ’50. Così, comincia un’avventura quotidiana che
nessuno aveva mai letto (né visto) prima.
Dopo
The Young Pope, un altro autore italiano si cimenta
con la grande serialità, in un progetto impegnativo e rischioso,
che mette sul tavolo ambizioni e competenze e che, produttivamente
parlando, testimonia l’apertura della RAI alle co-produzioni
internazionali, presentando un biglietto da visita
ragguardevole.
L’Amica Geniale è
una storia epica, che attraversa la Storia e le storie e sembra che
il lavoro di Costanzo e della sua squadra sia riuscito a creare
qualcosa di davvero prezioso, in attesa di poter vedere, da
ottobre, gli altri episodi della serie.
Sono in corso le
riprese della quarta e ultima stagione della serie Rai-HBO
L’AMICA GENIALE. La quarta stagione si basa su
“Storia della bambina perduta,” il quarto libro che chiude la
tetralogia della Ferrante, edito in Italia da Edizioni E/O. Una
produzione di Fandango, The Apartment, Fremantle Italy e Wildside
con Lorenzo Mieli che produce per Fremantle Italy, The Apartment e
Wildside (entrambe società del gruppo Fremantle) e Domenico
Procacci per Fandango, in collaborazione con Rai Fiction e HBO
Entertainment.
Completamente
rinnovato il cast che vede protagonisti Alba Rohrwacher nel ruolo di Elena Greco
(Lenù), Irene Maiorino nel ruolo di Lila Cerullo e
Fabrizio Gifuni nel ruolo di Nino
Sarratore.
Il soggetto e le
sceneggiature di sono di Elena Ferrante, Francesco Piccolo, Laura
Paolucci e Saverio Costanzo. Questa stagione è diretta da Laura
Bispuri, e i produttori esecutivi sono Saverio Costanzo, Paolo
Sorrentino, Jennifer Schuur, Elena Recchia e Guido De Laurentiis.
Fremantle è il distributore internazionale in associazione con RAI
Com.
Dopo un breve sguardo nel promo di
HBO per la prossima stagione televisiva, ecco un teaser esteso di
L’amica Geniale – Storia della bambina perduta, la
quarta e ultima stagione della serie che porta in tv la tetralogia
dell’Amica Geniale di Elena
Ferrante. Ecco di seguito il video:
Completamente
rinnovato il cast che vede protagonisti Alba Rohrwacher nel ruolo di Elena Greco
(Lenù), Irene Maiorino nel ruolo di Lila Cerullo e
Fabrizio Gifuni nel ruolo di Nino
Sarratore.
Il soggetto e le
sceneggiature di sono di Elena Ferrante, Francesco Piccolo, Laura
Paolucci e Saverio Costanzo. Questa stagione è diretta da Laura
Bispuri, e i produttori esecutivi sono Saverio Costanzo, Paolo
Sorrentino, Jennifer Schuur, Elena Recchia e Guido De Laurentiis.
Fremantle è il distributore internazionale in associazione con RAI
Com.
Arriverà il 10 febbraio su
Rai Uno il primo di quattro appuntamenti con
L’Amica Geniale – Storia del nuovo cognome, la
seconda stagione della serie di successo tratta dall’omonima
tetralogia scritta da Elena Ferrante. Per chi
fosse impaziente, i primi due episodi, già presentati alla
stampa, saranno proiettati al cinema il 27, 28 e 29 gennaio,
prima che lo show arrivi sulla rete ammiraglia.
La storia prende le mosse
esattamente dal finale della prima stagione. Troviamo Lila alle
prese con la nuova condizione di Signora Carracci, con un marito
dal quale sente di essere stata ingannata, dopo che ha scoperto il
suo accordo, in complicità con il fratello e il padre, con i boss
dei rione, quei fratelli Solara, che lei tanto ha cercato di
allontanare, rifiutando persino la mano di uno dei due. Dal canto
suo, Elena sembra vivere un periodo di smarrimento, la lontananza
di Lila e la divergenza delle loro scelte di vita la fa sentire
smarrita, tanto che persino lo studio sembra non interessarle più.
Chi invece continua a coinvolgerla è Nino Sarratore, che continua a
vedere a scuola e ad ammirare da lontano.
L’Amica Geniale – Storia del nuovo cognome è
fedele al romanzo
Il lavoro di adattamento, anche
questa volta portato avanti dal team di sceneggiatori formato da
Francesco Piccolo, Laura Paolucci
e da Saverio Costanzo, a tutti gli effetti
ideatore della serie e regista di quasi tutti gli episodi, continua
ad essere supervisionato dal “fantasma amico” della Ferrante,
secondo una definizione dello stesso Costanzo. Quest’opera di
supervisione si avverte profondamente, soprattutto considerando la
grande fedeltà alla pagina che almeno nei primi due episodi si
respira a pieno. Dopotutto anche nella prima stagione immagini e
parole procedevano di pari passo, con un fisiologico impoverimento
del testo nella trasposizione in video.
In questo secondo capitolo della
storia dell’amicizia tra Lenù e Lila non siamo più di fronte a due
bambine o ad adolescenti timide o turbolente. Le due protagoniste
sono diventate due giovani donne e in quanto tali cominciano a
scoprirsi non solo pensieri e interessi, sogni e ambizioni, ma
anche corpo. La scoperta del corpo, desiderato e violato, è un
passaggio fondamentale per questo capitolo della storia delle due
protagoniste, che vivono in maniera così differente, ma sempre
solitaria, un rapporto intimo e travagliato con il loro essere
donne.
La scoperta del corpo
Se nelle pagine scritte dalla Ferrante questo rapporto
tra l’essere donna e corpo è argomentato nelle pieghe della mente
di Elena, dal cui punto di vista è raccontato il romanzo, nella
serie assume la forma a volte un po’ fredda e didascalica della
voce (sempre di Elena) fuoricampo. Se da una parte questa scelta è
comprensibile, dato che la voce fuori campo è lo strumento
cinematografico adatto a trasporre la prima persona letteraria,
dall’altro l’effetto didascalico è inevitabile e l’impoverimento
concettuale una diretta conseguenza.
L’aspetto di questa grande
produzione che più è efficace, in questa stagione come nella
precedente, è la scelta del cast, ancora guidato da
Margherita Mazzucco e Gaia Girace, nei panni di Elena e Lila. I
volti, i tratti, i gesti dei giovani interpreti dei ragazzi e delle
ragazze del rione sembrano portarci indietro nel tempo, raccontano
preoccupazioni e saggezza spicciola, passioni e paure, con un
risultato di incredibile bellezza, soprattutto nelle sequenze
d’insieme.
Un ingente sforzo produttivo
L’Amica Geniale –
Storia del nuovo cognome è prodotta da The
Apartment e Wildside, parte di
Fremantle, e da Fandango in
collaborazione con Rai Fiction, in collaborazione
con HBO Entertainment e in co-produzione con
Umedia. Si comprende subito che il grande sforzo
economico e la destinazione internazionale del prodotto ne fanno
uno dei progetti più impegnativi mai realizzati nella serialità
italiana. Saverio Costanzo ha portato per mano
Lina e Lenù durante la loro infanzia e adolescenza e ora, con nuovi
cognomi e ruoli da indossare, si fa aiutare da Alice Rohrwacher, a cui è stata affidata la
regia degli episodi 3 e 4, quelli che saranno completamente
ambientati ad Ischia, “una storia dentro la storia” come
ha detto la regista, e che racconteranno di eventi che cambieranno
per sempre il rapporto tra le due protagoniste.
Con l’ambizione del grande romanzo
di formazione, che non risparmia squarci sulla società che cambia e
si trasforma, L’Amica Geniale – Storia del nuovo
cognome si conferma un buon adattamento del romanzo (come
era già accaduto per la prima stagione) che però tende a
semplificarne i conflitti e le criticità, in virtù di una
narrazione più fruibile al pubblico.
Sarà trasmesso in
autunno sul canale Diva Universal (Sky canale 128) il
cortometraggio di Maurizio Rigatti “L’amante
Sjogren”, scritto dalla stesso regista ed Alessandra
Arcieri, che aveva collaborato anche al precedente corto, sempre
con lo scopo di sensibilizzare il pubblico su di una tematica
riguardante una malattia rara, “L’agnellino con le
trecce”, trasmesso l’anno scorso sullo stesso canale, che
sta appunto sviluppando un ramo dedicato al sociale. Argomento di
questo cortometraggio interpretato da Daniela Poggi e Gabriele
Rossi, è la Sindrome Sjogren, malattia rara, ma non riconosciuta
tale dal sistema sanitario nazionale, autoimmune e debilitante per
la quale la ricerca va ancora molto a rilento.
Nel corto, una madre (Daniela Poggi)
nasconde al figlio (Rossi) di avere la malattia che,
riscontrata anni prima, ora la costringe a limitare molto gli
sforzi e le azioni a causa di una disidratazione progressiva che
negli anni porta ad una vera “disattivazione” degli organi,
intaccando quelli principali, primo fra tutti lo stomaco. Il
figlio non sapendo cosa sta succedendo, immagina che la madre possa
avere un amante, fatto che ai suoi occhi potrebbe giustificarne il
comportamento vago e riservato.
L’intepretazione, la scrittura e la
messa in scena rendono il corto molto toccante soprattutto nel
sottolineare come molto spesso una malattia devastante si possa
nascondere dietro ad uno stile di vita che continua ad essere
apparentemente normale. Il film è stato girato lo scorso Febbraio
tra Roma e Frascati utilizzato una telecamera Red Mysterium, che
gli ha quindi permesso una risoluzione altissima a livello di
qualità di immagine, arrivando ai 4k.
Le iniziative Diva Social, il brand
della Universal dedicato appunto a questi argomenti sono ovviamente
dedicati a temi riguardanti l’utilità sociale e in particolare
all’universo femminile, ai bambini e alla famiglia.
Attraverso un intreccio di
fotografie, filmati d’epoca e paesaggi soleggiati dell’Italia del
sud, Raffaele Brunetti, regista e produttore di questo
documentario, insieme a Piergiorgio Curzi, ritrae
una parte dell’esistenza del grande scrittore Maksim Gorkij: il suo
periodo a Capri. E’ qui che passerà il suo esilio, dopo i forti
disordini verificatisi in Russia contro il potere autocratico dello
Zar, e sarà letteralmente incantato e rapito dalla bellezza
dell’isola. Gorkij si circonderà di eminenti compatrioti anche loro
in esilio. Bodganov, altro importante esponente del partito
bolscevico, soggiorna a Capri. L’attività dei due suscita un
turbamento nei pensieri del giovane Lenin, il quale si recherà
sull’isola per un confronto diretto sia con Gorkij sia con
Bogdanov, immortalato poi in una celebre fotografia durante una
partita a scacchi, dalla quale il futuro leader Lenin uscirà
sconfitto.
Si traccia uno scorcio di storia
segnato da nettissime contraddizioni. Ambiguità, assenza di
democrazia, creazione di burocrati terribili e inutili al vero
sviluppo di un Paese. Tutto questo segnerà la nascita e la morte
dell’Unione Sovietica. Forse un po’ troppo didascalico, ma comunque
un bell’esempio di lavoro documentaristico. Preciso, esatto, non
lascia nulla d’irrisolto. Un grande lavoro durato tre anni, in cui
sono stati raccolti documenti dagli archivi di tutto il mondo,
fotografie, e un esclusivo filmato di pochi secondi che riproduce
il grande scrittore russo in una delle ville di Capri datato
1906.
Il potere dell’immagine è correlato
alla forte suggestione che hanno ancora i suoi protagonisti. Questo
documentario ha il merito di aver riportato alla luce una vicenda
di rilevanza storica, ma anche quello di aver testimoniato lo
straordinario fascino che il depositarsi del tempo concede alle
immagini, concedendogli ancora vita. Brunetti afferma che questo
documentario è un “risarcimento nel passato”, rievoca storie in
parte dimenticate, ridando vita a personaggi straordinari che
avevano abitato nelle sue stanze di ragazzo.
Guarda il trailer di L’altra
metà della storia, il film tratto dal bestseller
di Julian Barnes “Il Senso di una Fine”,
e con protagonisti Jim Broadbent, Charlotte Rampling e
Michelle Dockery.
«La nostra vita non è la nostra
vita, ma solo la storia che ne abbiamo raccontato», scrive
Julian Barnes nel bestseller Il Senso di una Fine –
edito in Italia da Einaudi – da cui è tratto
L’altra metà della storia. Apprezzato a
livello internazionale e in Italia, lo scrittore ha ricevuto
il Man Booker Prize per il romanzo che è diventato un film,
diretto da Ritesh Batra (Lunchbox, Le nostre
anime di notte) con grandi interpreti come il Premio Oscar
Jim Broadbent, il premio Coppa Volpi
Charlotte Rampling, Michelle
Dockery, amata dal pubblico per la serie TV
Downton Abbey, Harriet Walter ed
Emily Mortimer.
Nelle sale dal 12
ottobre con Bim,L’altra metà
della storia racconta di Tony Webster, pensionato
dalla vita tranquilla. Una lettera lo porta a ricordare il passato
e a mettere in discussione la sua intera esistenza. I propri
ricordi, spesso ingannevoli, possono far affiorare una verità
lontana da quella che si immaginava. Rivede, quindi, la
propria vita sotto un altro punto di vista. Come fosse un’altra
storia, l’altra metà della storia.
“È una storia sulla scoperta di
alcuni lati di sé – ha dichiarato l’attrice Charlotte
Rampling, parlando del film – con cui forse non si ha mai la
possibilità di entrare in contatto. Ciò accade quando certe cose
riemergono all’improvviso dal passato, come nel caso della lettera,
e fanno riaffiorare una serie di eventi che non erano stati
importanti prima di quel momento”.
L’altra metà della storia,
trama
Tony Webster (Jim Broadbent),
divorziato e ormai in pensione, conduce una vita solitaria e
relativamente tranquilla. Un giorno viene a sapere che la madre
della ragazza con cui stava ai tempi dell’università, Veronica
(Freya Mavor), gli ha lasciato, nelle sue volontà testamentarie, il
diario tenuto dal suo migliore amico dell’epoca- che si era messo
con Veronica dopo che lei e Tony si erano lasciati. Il tentativo di
recuperare il diario, ora nelle mani di una Veronica più anziana,
ma egualmente enigmatica (Charlotte Rampling), lo costringe a
rivisitare i suoi ricordi degli anni giovanili. Scavando sempre più
in profondità nel suo passato, iniziano a riaffiorare tutti i
dettagli di quel periodo: il primo amore, il cuore infranto, gli
inganni, i rimpianti, il senso di colpa… Tony sarà in grado di
trovare il coraggio di affrontare la verità e di assumersi la
responsabilità delle devastanti conseguenze dei gesti che ha
compiuto tanti anni prima?
Ieri si è svolta a Roma
un’inquietante e divertente anteprima de L’altra faccia del
diavolo, film Horror diretto da William Brent Bell che ha già
raccolto oltre 60 milioni di dollari in tutto il mondo dopo essere
costato solamente 1 milione. L’evento si è svolto al cinema Farnese
Persol di Roma, con un’atmosfera da brivi. Ecco tutte le foto
dell’evento.
Ecco il video dell’inquietante
e sorprendente anteprima tenutasi a Roma de L’altra faccia del
diavolo, Horror americano girato in parte proprio a Roma. L’evento
organizzato dalla Universal Italia ha suscitato molto interesse fra
i curiosi. Inoltre rappresenta un’interessante iniziativa di
marketing. Per vedere il video:
In Italia una donna
viene coinvolta in una serie di esorcismi non autorizzati mentre
tenta di scoprire cosa è accaduto alla madre, che involontariamente
ha ucciso tre persone nel corso di un suo esorcismo.
L’alienista, tratta dall’omonimo romanzo
del 1994 di Caleb Carr, mette in scena le vicende legate ad alcuni
misteriosi omicidi che a partire da quello del tredicenne Giorgio
Santorelli, vede coinvolti bambini dediti alla prostituzione. in
una New York del 1896, caratterizzata da una coltre nebbiosa in cui
sembra che la verità rimanga imprigionata, si muove l’ambigua
figura dell’alienista (Daniel
Brühl), che nell’epoca in cui è ambientata la serie si
occupa del trattamento di malattie mentali (o presunte tali).
Guardato spesso con sospetto, il
personaggio del Dr. Laszlo Kreizler sembra essere l’unico in grado
di combattere contro una spietata criminalità organizzata e la
corruzione della polizia. Stando alle premesse, la serie dovrebbe
immettersi nel redditizio filone che nel recente passato ha visto
imporsi opere dimostratesi valide nella disamina di rinomati
crimini storici (Peaky
Blinders, American Crime Story), così come nel seguire
da vicino le gesta e soprattutto i ragionamenti portati avanti da
investigatori tutt’altro che ordinari (True
Detective,
Mindhunter).
Ma se è vero che con tutta probabilità è questo uno dei migliori
periodi per lanciare prodotti del genere, proprio alla luce del
successo che riscontrano, va altrettanto considerato che lo
spettatore è oggi più attento ed esigente di fronte ad un prodotto
di questo tipo, il cui standard qualitativo ha raggiunto livelli
degni di nota.
Forse è anche per questi termini di
paragone che L’alienista fatica ad essere incisiva. Tra i
personaggi principali oltre a quello dell’alienista Laszlo
Kreizler, troviamo quello dell’illustratore John Moore (Luke
Evans) e della segretaria della polizia Sara Howard
(Dakota
Fanning). Un primo punto di debolezza è proprio
rappresentato dal personaggio dell’alienista, che risulta forse
dotato di una caratterizzazione non abbastanza complessa da
renderlo, come dovrebbe essere, il carismatico motore degli eventi.
Prevale piuttosto lo stereotipo dell’investigatore che per
individuare il colpevole deve riuscire ad immedesimarsi nella sua
realtà, entrargli nella mente per comprenderne il disegno. L’aura
di saggezza che lo circonda sembra sin troppo caricata, finendo
così paradossalmente ad inficiare la credibilità e il fascino del
personaggio stesso.
Questa tendenza
all’eccessiva enfatizzazione la si ritrova spesso anche su altri
livelli della messa in scena, ben esemplificata già nella prima
sequenza con un complesso movimento di macchina che, partendo
dall’alto, arriva fin dentro un’orbita oculare di un corpo
tragicamente mutilato. Si tratta di espedienti che anziché
accrescere la tensione e lo sdegno favoriscono esattamente
l’effetto opposto, rivelando la finzione di cui sono costituiti.
Ciò non toglie che, seppur con qualche accento di troppo,
complessivamente la serie risulti godibile.
Diverse sono le tematiche
affrontate che rendono variegata la narrazione. Si parla di una
società in cui è vivo lo scontro fra tradizione e nuove tendenze,
di cui l’alienista stesso si erge come rappresentante, così come il
personaggio interpretato da Dakota Fanning, prima donna a lavorare per il
corpo di polizia della città. John Moore è invece colui che
maggiormente rimane vittima di ciò che accade, sopraffatto dai
sentimenti e la cui visione del mondo, coincide con quella dello
spettatore.
Ogni supereroe è legato al suo
simbolo, gli artigli fannopensare immediatamente a Wolverine, il
pipistrello a Batman, le ragnatele a Spider-Man. Simon
Koay, designer per “Superbets”, è un digital designer nato
a Hong Kong e che lavora in Australia e ha deciso che i supereroi
si possono chiaramente identificare anche dalle lettere del loro
nome.
Ecco l’alfabeto dei supereroi (e di
quale villain):
1 di 26
Certo, alcune scelte sono state
dolorose, come la sconfitta di Superman, per mano di Spider-Man,
per la conquista della S, oppure la stessa sorte toccata a Wonder
Woman con Wolverine per il possesso della W, ma fa parte del gioco,
e anche i supereroi sanno che qualche volta si può anche perdere.
Ovviamente c’è spazio anche per qualche villain, come sanno bene la
J e la R, scelte per rappresentare il Joker e Riddle (da noi
l’Enigmista).
Laurence Fishburne
dirigerà Idris Elba nell’adattamento
cinematografico de L’Alchimista, il
famosissimo romanzo di Paulo Coelho. A produrre
The Weinstein Company.
Il progetto vede coinvolto Fishburne
dal 2007/2008 e lo vede alle prese con uno dei libri più letti e
amati del mondo, con 65mila copie vendute e una traduzione in 56
lingue.
La storia è quella di Santiago,
un pastore dell’Andalusia che, una notte, sogna un magnifico tesoro
ai piedi delle Piramidi. Travolto da questo sogno e dall’incontro
con Melchisedek, un mago, decide di intraprendere un’avventura
straordinaria alla ricerca del proprio tesoro. Sulla strada
incontrerà ostacoli, amici e soprattutto l’amore, ma imparerà a
leggere i segni e a capire il linguaggio dell’universo, fino
all’epilogo inaspettato e magico.
Secondo quanto riporta Deadline, la
TriStar, appartenente al gruppo Sony
Pictures, sarebbe a lavoro su un adattamento
cinematografico de L’Alchimista, il più
famoso, e forse il milgiore, romanzo di Paulo
Coelho.
Laurence Fishburne, con la sua
Cinema Gypsy, intende da tempo portare al cinema il romanzo, e lo
farà, pare, con l’aiuto di Kevin Frakes della
PalmStar Media e la presidente della TriStar Hannah
Minghella. Ecco cosa ha dichiarato Fishburne in merito:
“Sono elettrizzato all’idea che questo progetto faccia ora un
passo in avanti dopo tutti questi anni“. Mentre altrettanto
entusiaste sono le dichiarazioni di Frakes: “L’Alchimista mi ha
cambiato la vita quando l’ho letto, quasi 20 anni fa. Mi ha
dato la fiducia necessaria per andare avanti e seguire i miei
sogni. Già dalle prime conversazioni con Hannah mi sono reso conto
di come anche lei avesse compreso l’impatto del romanzo, e sapevo
già da allora di voler fare questo film con la TriStar. È l’inizio
di un bel viaggio insieme.“
L’Alchimista ha venduto oltre 65
milioni di copie ed è stato tradotto in 56 lingue. La storia è
l’avventura di Santiago, un pastore dell’Andalusia che, in seguito
a un sogno, vende il suo gregge di pecore e intraprende un viaggio
avventuroso, pericoloso e di formazione per cercare il tesoro che
lui aveva sognato essere sepolto sotto le piramidi d’Egitto.
John Fusco è l’autore dello script
più recente tratto dal romanzo, ma non sappiamo se si tratta di
quello definitivo.
A distanza di sette anni
dall’ultima notizia
a riguardo, Variety informa che è in
lavorazione un adattamento del famoso romanzo di formazione di
Paolo Coelho, L’Alchimista. Legendary
Entertainment ha acquisito i diritti cinematografici, televisivi e
accessori dell’acclamato libro e guiderà lo sviluppo di un
adattamento cinematografico insieme a TriStar
Pictures e Palmstar di Sony.
Jack Thorne
scriverà il film. Lo sceneggiatore ha firmato Enola Holmes di Netflix, The Swimmers e The
Aeronauts. Recentemente ha anche sviluppato l’adattamento in serie
di His Dark Materials. In teatro, è noto per aver
scritto “Harry Potter e la maledizione dell’erede” e “The
Motive and the Cue”. Ha vinto numerosi BAFTA e un Olivier e
Tony Award.
Secondo la descrizione ufficiale,
L’Alchimista racconta la storia di Santiago,
“un giovane che desidera viaggiare alla ricerca di un tesoro.
La storia dei tesori che Santiago trova lungo la strada ci insegna,
come solo poche storie sanno fare, la saggezza essenziale di
ascoltare il nostro cuore, imparare a leggere i presagi disseminati
lungo il percorso della vita e, soprattutto, seguire i nostri
sogni”.
Il libro è stato originariamente
pubblicato nel 1988 in portoghese. È diventato un bestseller
internazionale ed è il libro di un autore vivente più tradotto al
mondo. Questo non è il primo tentativo di adattare il libro per lo
schermo. Ci sono stati vari tentativi nel corso degli anni, il più
recente con i Westbrook Studios di Will Smith e
Jada Pinkett Smith in veste di produttori.
Oggi è il giorno di Michael
Fassbender, ovvero il giorno in cui gli ormoni femminili
qui al Lido si mescolando all’aria rarefatta della Laguna e
provocano reazioni inaspettate e dai risvolti inquietanti. Già
dalle prime ore del mattino si raduna attorno al red carpet, come
un sabba satanico, una moltitudine indefinita di cosciotti e
scollature di varie forme, colore e consistenze. Perché l’età mica
conta, anzi. Le più attempate sono anche le più avide, e spesso
combattono per un posto in prima fila nel tentativo di accaparrarsi
un selfie con l’oggetto del desiderio (e attenzione, non parlo di
Fassy in quanto persona, ma proprio del suo oggetto, quello esposto
in Shame) da condividere poi su facebook
e sul gruppo dell’oratorio di Whatsapp condito di divertenti
commenti tipo ‘Un faro nella notte’ o
‘Bevete con misura’.
Se provi ad avvicinarti
ringhiano, azzannano, sputano, bestemmiano, espletano gas
corporali. Qualsiasi cosa pur di non perdere il posto in fila. A
mezzogiorno, sotto un sole cocente, sono già svenute e sbavanti che
manco i barboni nel sottopasso della stazione Termini, ma si
risvegliano in serata ai primi accenni di frescura, con gli occhi
iniettati di sangue, all’ora del Red Carpet, quando le speranze di
poter annusare l’essenza di Michael rimetteranno
in moto il loro cuore e riaccenderanno il loro spirito. Di patata,
naturalmente.
Dal canto mio, ho ufficialmente
deciso che io st’anno i selfie coi Vip li sfanculo
ufficialmente. A Cannes riesci pure pure a fare il cazzone
continuando a lavorare. Il corridoio di passaggio dei blasonati
minchioni sta vicino alla sala stampa e con un anticipo di un
quarto d’ora sulla fine delle conferenze stampa due schiaffi in
faccia a Clooney riesci a darli. Qua, è risaputo: o fai i film o ti
fai i Vip (o quantomeno speri di farteli). Oppure lavori, magari,
che c’è anche quel caso.
Comunque un tentativo di pigliare
Fassy alle spalle l’ho fatto. Non al red carpet, per carità di Dio,
che non voglio guastare tutto proprio ora che finalmente ho
guadagnato un buon rapporto con il sesso femminile. All’uscita
della conferenza. Stavo lì di passaggio e, oh, magari ce cascava.
Una spruzzata d’essenza di Fassy addosso può sempre fare comodo,
aumenta la popolarità e se la voce si espande c’è anche la
possibilità che la cameriera del ristorante dove cenerò stasera
convinca lo chef a non sostituire lo spezzatino con il Whiskas come
al solito. Però niente da fare.
Quel gran cazzone (il doppiosenso è
assolutamente voluto) ha concesso tanti autografi ma niente foto.
Mo’, sinceramente, per me l’autografo se lo po’ pure tene’. Tanto a
spacciare uno scarabocchio per una firma di una star ho imparato a
farlo la prima volta che sono sbarcato qui, nel lontano 2006,
quando ancora non potevo permettermi un letto e per non dormire in
stazione dovetti raccontare al gestore dell’hotel che ero
Russell Crowe e stavo ingrassando per interpretare
Pozzetto in un biopic. It’s a long way to the top if
you wanna rock n’ roll.
Purtroppo per i maschietti presenti,
l’euforia generale ha contagiato anche Vì, che infatti, purtroppo,
per oggi resta non pervenuta. Scherzo, naturalmente. A lei de ‘ste
cazzate non glie ne frega niente e infatti mentre quelle rendono
scivoloso il tappeto rosso con la loro bava sta in sala a guardarsi
Il Cristo Cieco. Non chiedetemi cosa sia,
ma solo il titolo è entusiasmante, perché ricorda tanto ‘Il Cristo
Canaro’ di Richard Benson. Già solo per questo, la
Coppa Collammare (un celeberrimo premio collaterale indipendente
nato durante la conferenza stampa di chiusura delle scorsa
Berlinale) per la miglior interpretazione femminile, va a
lei.
Settimo film della serie de Il pianeta delle
scimmie, iniziata nel 1968, L’alba del pianeta
delle scimmie (qui la recensione) è anche il
primo di una nuova trilogia dedicata a tale universo narrativo. Si
tratta di un vero e proprio reboot, che porta gli spettatori a
scoprire le origini e le motivazioni dietro l’ascesa dei primati e
la decadenza della razza umana. Acclamata per i suoi incredibili
effetti speciali, comprendenti l’utilizzo di motion capture per le
scimmie protagoniste, la pellicola ha poi avuto due sequel,
intitolati Apes Revolution – Il
pianeta delle scimmie e The War – Il pianeta
delle scimmie.
Pur narrando le origini di tutto, ed
essendo dunque una pellicola grossomodo originale, il film trae
alcuni dei suoi elementi dal quarto titolo della saga, 1999:
conquista della terra. Regista e sceneggiatori si sono infatti
ispirati a questo per dar vita all’iniziale ribellione dei primati.
Nonostante i richiami, però, L’alba del pianeta delle
scimmie è anche il primo film della serie dove le scimmie non
vengono realizzate tramite costumi e trucco ma grazie alla tecnica
della motion capture, che negli anni era diventata sempre più
avanzata ed utilizzata.
Al momento della sua uscita in sala
il film ha generato grande interesse, affermandosi poi come un
grande successo al box office. A fronte di un budget di “soli” 93
milioni di dollari, questo è infatti stato in grado di guadagnarne
oltre 481 in tutto il mondo, giustificando così la realizzazione
dei successivi capitoli. Anche la critica ha particolarmente
apprezzato il film, giudicato come una brillante rilettura della
saga e impreziosito dall’utilizzo di superbi ed estremamente
realistici effetti speciali. Gli autori di questi sono poi anche
stati nominati al premio Oscar, senza però riportare la
vittoria.
L’alba del pianeta delle
scimmie: la trama del film
Tutto ha inizio con la cattura di
tre scimpanzé nella giungla del Congo. Questi vengono poi portati
all’interno dell’azienda farmaceutica Gen-Sys di San Francisco. Qui
lo scenziato Will Rodman si trova ad utilizzarli
come cavie per il virus ALZ-112, il quale si spera possa rivelarsi
una cura efficace contro l’Alzheimer, malattia di cui è affetto
anche il padre di Will. Gli effetti non sono però
quelli sperati, e per limitare i danni tutti i primati vengono
fatti eliminare dal cinico capo dell’azienda, Steven
Jacobs. Prima che ciò avvenga, però, Will riesce a
prelevare un giovane scimpanzé e a portarlo a casa propria,
sperando di poter provare l’efficacia del farmaco. Alla piccola
scimmia egli dà il nome di Cesare,
affezionandosene subito.
Allo stesso tempo anche Cesare
inizia a nutrire un legame verso Will, in cui riconosce il suo
salvatore e un vero e proprio amico. Continuando a testare sul
primate il farmaco, Will si accorge ben presto che l’intelligenza
di questi si sviluppa in modo incredibile, raggiungendo livelli
fuori dal comune. Il virus, infatti, riesce a svolgere la sua
funzione, potenziando i recettori neuronali. L’unicità di Cesare
diventa però presto nota, portando a conseguenze inaspettate.
Vedendo in lui una possibilità di arricchirsi, Jacobs lo fa
catturare e rinchiudere insieme ad altre scimmie. Questa si
rivelerà però una mossa sbagliata. Cesare, infatti, inizia a
nutrire un sempre maggiore odio verso la razza umana, e iniziando a
sodalizzare con i suoi simili progetta una rivoluzione.
L’alba del pianeta delle
scimmie: il cast del film
Protagonista assoluto del film è lo
scimpanzé Cesare, che impara qui a possedere la straordinaria
intelligenza che porterà il suo popolo a diventare la razza
dominante. A dargli vita è naturalmente il celebre Andy
Serkis, considerato un vero e proprio maestro nonché
massimo esponente della motion capture. Dopo aver interpretato con
tale tecnica personaggi come Gollum e King Kong, egli ha intrapreso
un lungo processo di studio al fine di poter rappresentare nel modo
più realistico possibile il primate. Per riuscirvi ha basato il
comportamento di Cesare su quello di un vero scimpanzé, con il
quale è stato a stretto contatto per diverso tempo, studiandone
anche la postura e le movenze.
A dar vita all’umano Will Rodman era
invece stato inizialmente contattato l’attore Tobey
Maguire. Questi, però, rifiutò la parte, che venne
allora offerta al suo collega nella trilogia di Spider-Man,
James
Franco. L’attore accettò con piacere il ruolo,
dichiarandosi un grande fan della saga di fantascienza.
Freida Pinto, divenuta celebre grazie a The
Millionarie, interpreta invece Caroline Aranha, primatologa
sentimentalmente legata a Will. L’attore John
Lithgow è invece Charles, il padre di Will affetto da
Alzheimer. Nei ruoli degli antagonisti si ritrovano invece altri
noti attori. David Oyelowo veste i panni di Steven
Jacobs, mentre Brian
Cox, quelli di John Landon, manager dell’istituto
farmaceutico. Tom
Felton, meglio noto per essere stato Draco Malfoy
nella saga di Harry Potter, è qui il crudele custode Dodge
Landon.
L’alba del pianeta delle
scimmie: il trailer e dove vedere il film in streaming
Per gli appassionati del film, o per
chi desidera vederlo per la prima volta, sarà possibile fruirne
grazie alla sua presenza nel catalogo di alcune delle principali
piattaforme streaming oggi disponibili. L’alba del
pianeta delle scimmie è infatti presente su
Rakuten TV,Chili Cinema, Google Play,
Infinity, Apple iTunes, Amazon Prime Video, e Tim
Vision. Per poter usufruire del film, sarà necessario
sottoscrivere un abbonamento generale o noleggiare il singolo film.
In questo modo sarà poi possibile vedere il titolo in tutta
comodità e al meglio della qualità video, senza limiti di tempo. Il
film è inoltre in programma in televisione per domenica
25dicembre alle
ore 21:20 sul canale Rai
4.
L’alba del pianeta delle
scimmie è un film del 2011 diretto da Rupert
Wyatt, reboot della serie cinematografica tratta dal
romanzo del 1963 Il pianeta delle scimmie, di
Pierre Boulle.
L’alba del pianeta delle scimmie, la trama
Nel 1968 uscì al cinema Il Pianeta delle Scimmie, film
fantascientifico in cui si ipotizzava una presa di potere dei
primati su tutta la Terra. Nel 2011, in piena crisi creativa
hollywoodiana, Rick Jaffa e Amanda
Silver realizzano una sceneggiatura che ci spiega le
ragioni del film di Schaffner del ’68. L’alba del pianeta
delle scimmie è infatti il prequel del famoso classico di
fantascienza e racconta i meccanismi che hanno generato
un’intelligenza umana nelle scimmie.
Il protagonista di L’alba
del pianeta delle scimmie è Will (James
Franco), uno scienziato alle prese con un farmaco che
mira a ricostruite le cellule danneggiate del cervello. Gli
esperimenti vengono fatti sulle scimmie e quello che Will ancora
non sa è che quel virus che lui ha sviluppato in laboratorio ha
effetti incredibile sui primati, permettendo loro di sviluppare una
super intelligenza, ma sugli esseri umani ha terribili
conseguenze.
L’alba del pianeta delle scimmie,
evoluzione tecnologica e drammaturgica
Un’affermazione ronza
nella testa di chi guarda L’alba del pianeta delle
scimmie, dal primo all’ultimo minuto: “E’ sbagliato”.
Inevitabile in questo caso l’avversione e la critica alla
sperimentazione sugli animali, nessuno ne conosce le conseguenze.
Ma ancora più grave è per l’uomo pensare di poter dominare una
natura selvaggia che per quanto umanizzata, resta pur sempre
soggetta agli istinti.
E’ quanto succede a Cesare,
straordinario scimpanzé protagonista, interpretato in motion
capture dall’attore che ormai ha fatto di questa tecnica una
missione personale: Andy Serkis. Incredibili gli effetti speciali,
realizzati dalla Weta, che
ormai fa sembrare obsolete le scene di massa de Il Signore degli Anelli, che tanto avevano
sorpreso il pubblico all’epoca.
L’alba del pianeta delle scimmie,
l’inizio di una nuova saga
Oltre le implicazioni morali, che
in un blockbuster sono quasi sempre secondarie, il film diretto da
Rupert Wyatt si rivela un gran bel lavoro, che
coniuga intrattenimento nella forma più banale dell’action, con la
costruzione di dinamiche intime trai personaggi che permetto
l’identificazione con le situazioni. Anche in questo film è buona
la prova di James Franco, scienziato benintenzionato che
non riesce a far valere l’etica sull’economia, e di incredibile
realtà è il suo rapporto con Cesare, che diventerà poi il capo
della ribellione.
L’alba del pianeta delle
scimmie si conclude con il preludio, l’alba di quello che
troveranno gli astronauti che vengono dichiarati persi nello
spazio, una volta riatterrato sul loro pianeta. Anche in questo
caso, come già per Harry Potter e i
Calice di Fuoco, Patrick Doyle compone
una colonna sonora di tutto rispetto, che coinvolge e sostiene il
racconto senza mai invaderlo. Nel cast di L’alba del
pianeta delle scimmie anche Tom Felton in un piccolo ruolo che però ci fa
apprezzare le sue discrete doti,
John Lithgow e Freida Pinto.
Alla fine Cesare troverà la sua
casa e Will si dovrà serenamente rassegnare a lasciar andare il suo
amico dagli occhi luminosi, ignaro che il primate sarà da li a poco
la causa di una conquista ben più grande. A chi era rimasto deluso
dal IlPianeta delle Scimmie
targato Burton diciamo: andate a vedere come tutto
ebbe inizio!
L’Alba del Pianeta delle
Scimmie, film del 2011 diretto da Rupert
Wyatt, è la pellicola che ha riaperto il franchise tratto
dal romanzo di Pierre Boulle, del 1963. Ora, grazie al sito Film
Sketch, abbiamo a disposizione un finale alternativo che il regista
aveva in mente per concludere la prima parte delle vicende relative
a Cesare. Se la conclusione proposta al cinema aveva un piccolo
lieto fine, l’idea di Wyatt era molto più apocalittica, quasi ad
anticipare quello che poi sarà Apes Revolution.
Abbiamo a disposizione alcuni
concept, creati da Brian Cunningham, in cui Cesare scala la Statua
della Libertà che sovrasta una New York in fiamme:
L’Alba del Pianeta delle
Scimmie (tit. originale The Rise of The
Planet of the Apes), è un film uscito nel 2011, che
ha riscosso successo sia di pubblico, sia di critica. Lo stesso si
può dire per il suo sequel del 2014, Apes
Revolution Il Pianeta delle Scimmie,
conAndy Serkisancora
una volta nel ruolo di Cesare.
Ecco il trailer ufficiale in italiano de L’alba del pianeta
delle Scimmie che vede trai suoi protagonisti James Franco, Freida
Pinto e il potteriano Tom Felton.
L’anno scorso, e precisamente qui, vi
raccontammo la storia surreale e shockante della giornata
Fassbender, con degradanti visioni non adatte a un
pubblico di persone sensibili sulla perdita di dignità del comparto
femminile lidense al fine di ottenere attenzioni dal noto divo
irlandese di origine tedesca.
Gente abbarbicata sul muretto
adiacente il red carpet fin dalle prime ore del mattino,
scottandosi la pelle sotto al sole cocente, rischiando il collasso,
urlando istericamente senza motivo pure quando usciva l’addetto
alla sicurezza – alle due del pomeriggio. Che cazzo te urli, che i
red carpet so’ alle 19.00? – il tutto al fine di ottenere cosa?
Piccole cose. Quello che ogni fan si aspetta dal suo beniamino. Un
selfie, un sorriso, uno sguardo, trenta centimetri di minchia.
Oggi è uguale, ma in versione
maschile. L’oggetto del desiderio è Jennifer
Lawrence, che arriva qui per presentare Mother! di
Aronofsky, di cui tra poco parliamo perché fa ride per un sacco di
motivi. Individui sudaticci delle età più svariate, sexy come uno
stronzo fuoriuscito dal vaso ed educati come un galeotto portato in
uno strip-club alla sua prima notte libera, si accalcano nelle zone
‘di probabile incontro’ – dalla terrazza dell’Excelsior alla
darsena del Casinò, ribattezzata, per questo motivo, darsena del
casino – scambiandosi ammiccamenti e battute della finezza di un
salame di cioccolato sulle modalità in cui si accoppierebbero
ripetutamente con la bionda interprete di Hunger
Games.
Urlano sguaiati e profumano come
caprini stagionati, e poi si lamentano se lei non si ferma. “Se la
tira”, dicono. E te credo, che se la tira, che se ve la tira a voi,
come minimo si deve fare lavande vaginali per sei anni. Non aiuta
l’invidia. Infatti, nel film, che abbiamo visto stamattina, fin
dall’inizio si capisce che accadranno cose inquietanti, la
più spaventosa delle quali è che Jennifer, giovane attraente e con
le puppe a pera, sta con un vecchio panzone impotente come
Javier Bardem.
Alt, fan di Javier
Bardem, che già vi vedo nervosetti e non vorrei che vi
partisse la brocca come l’altro ieri a quelli di Lapo Elkann,
che ci hanno scritto inviperiti manco gli avessimo insultato la
mamma. Non stiamo dicendo che Javier Bardem è un
vecchio panzone impotente, ma che è molto bravo a interpretare quel
ruolo. Forse perché gli calza a pennello. (Ok, stiamo dicendo che
Bardem è un vecchio panzone impotente – si chiama ironia – ma in
questo modo vi confondiamo così se siete dei cacacazzi che non
capiscono l’ironia avete già smesso di leggere e non ci romperete
le palle con le vostre proteste. Se invece siete intelligenti
continuate).
E poi niente, un incubo lucido,
gente inquietante che ti bussa alla porta, pestaggi, cannibalismo
(aridaje, dopo il giapponese di ieri), cuori strappati, corpi
bruciati, pavimenti che perdono sangue, rituali occulti, cani e
gatti che vivono insieme. Ora. Sono tutte cazzate. Ma col botto
proprio. Che a ripensarci ti scappa su da ridere. Eppure negli
incubi succede così: che lì per lì ti spaventi e poi dici, come in
un flusso di coscienza che ci permetterà di citare coltamente Joyce
e L’Ulisse:
“Oddiomachecazzodesognomesoimmaginatachevenivagenteinquietanteincasaederasempredipiùepoichiedevoaiutoamiomaritomaluieracattivononmesecacavaedavarettaastistronziepoieroincintaeceralaguerraequestisemagnavanoilbambinomachecazzodisognomacheèstatalapeperonatadeierimalimortaccisualosapevochenonladovevomagnàahahahahahahmadòchecazzatamoceridomastanottemesosvejatacollansia”.
Inoltre, mi dovete spiegare perché
il film de quella che se trasformava in cigno – in cigno, che cazzo
– spezzandosi letteralmente le ossa e spargendo tendini sul
pavimento come nel più truculento degli ‘straight to video’ Troma
anni ’90 era stato accolto come una sottile metafora sul sacrificio
nella ricerca della perfezione, mentre questo, che poi alla fin
fine non è altro che una metafora della creazione letteraria (pure
abbastanza scorreggiona, ma non meno dell’altra) non ve va bene.
Perché in sala ci sono stati parecchi ‘buuu’ e fischi. Pure qualche
applauso a dirla tutta. Siccome a me piace che Aronofsky riesca a
far passare per capolavori delle cazzate colossali e anche il
contrario, un po’ fischio, un po’ applaudo, e un po’ dico volgarità
a caso, perché trovo divertente dire volgarità a caso mentre c’è
casino e la gente non sente, un po’ come quando da ragazzino
nel coro dell’oratorio bestemmiavo. Dio mi perdonerà, rideva
pure lui.
Tornando a Jennifer – intanto
Aronofsky se la tromba e voi no, rifletteteci. Magari avrà fatto un
film di merda ma ha scoperto il sapone – sia chiara una cosa: io
pure il mio tentativo di selfie l’ho fatto, ma vista com’era la
situazione ho fatto due conti e ho pensato che quell’ora e mezza
passata ad aspettare dietro ad altre diecimila persone la potevo
investire in piscia e spesa e ho rinunciato. Un quarto d’ora, per
la figa, vale la pena spenderlo, di più no, anche perché non è che
alla fine te la dà. Anzi, spesso nemmeno il selfie riesci a fare e
ti ritrovi a consolarti con una foto abbracciato ai puzzolenti
omaccioni di cui sopra, tutti uniti nel dolore della sconfitta come
se avesse perso la squadra preferita.
Ad ogni modo, lisciare la Lawrence
non mi fa tanto male come l’altro mio grande fallimento personale
di questa Mostra. John Landis continua a non
cagarmi, sebbene mi sia fatto una corsa a perdifiato per la sua
proiezione di Thriller 3D perché avevo letto sul
programma 23.15 e invece era un’ora prima. Arrivo per il rotto
della cuffia e lui è in ritardo. Vedo il film (bellissimo, con
tanto di making of sui trucchi di Rick Baker. Altro che ste cagate
digitali che ci propinano ora) poi esco e lo aspetto fuori dalla
sala per proporre una simpatica foto insieme. Niente da fare:
“autografi sì, foto no”, dice. E mi sta bene, ma perché poi la foto
se la fa con tutti gli altri presenti qui a Venezia, tra un po’
pure co’ Brunetta, e a me no? Che t’ho fatto, Landis? Eppure, ero
in missione per conto di Dio.
Ang
Devo dire che dopo aver
letto il resoconto di oggi di Ang non me la sentirei quasi di
aggiungere nulla, un po’ perché so scoppiata a ride in sala stampa
e m’hanno bevuto (sì i post io e Ang non li scriviamo vicini
digitando a quattro mani come dei poliponi, ma ce li passamo da una
sala stampa all’altra, lui ovviamente sta in quella Vip, io in
quella dei morti di figa, per restare in tema) un po’ perché ho
visto anche io Aronofsky e credo di essere stata l’unica persona
che ha pianto, e non perché ha trovato orrendo il film. Quindi sono
un po’ provata. Ma devo dire che due parole sull’inciviltà durante
le proiezioni vanno spese.
Qua al Lido siamo costretti a
convivere con gente orrenda, sconosciuti che tu non ci staresti
vicina nemmeno in coda dal fruttarolo che invece qui ti trovi sulla
poltrona accanto, per capirci. Un’umanità così variegata che ormai
non ti chiedi più niente, cosa ha senso e cosa no, perché la
vecchia che te vede in coda deve sguscià davanti, quella seduta
accanto a te e tiene otto posti con le borse ti imbruttisce se le
chiedi a film iniziato di liberarne uno, perché, ad esempio, la
gente entra in sala a 20 minuti dalla fine. Perché so più i
vaffanculo che prendi che quelli che dai, ad esempio, come dovrebbe
essere perché sei una persona educata e il resto del mondo no.
Dopo tutto st’ambiente demmerda,
dopo le cose surreali alle quali assisti, uno invece – giustamente
– non può accettare di non cogliere immediatamente il senso di una
pellicola di un regista visionario come Aronofsky, e se sente in
dovere de fischià. Vorrei dire a queste persone che rompono il
cazzo anche appunto se in sala stampa te vibra il cellulare, o se
fumi mentre sei in coda con loro, che invece urlare ‘cretino’ o
‘vergogna’ durante la visione di un film li rende in effetti dei
veri gentiluomini, dei veri cazzutissimi esseri. E ricordare loro
che almeno Aronofsky fa i film, voi non siete in grado manco de
piscià centrando il buco, me lo ha detto la donna delle pulizie,
anzi pure per questo vergognatevi.
Intanto spero che la Lawrence sputi
sul red carpet come un lama, è quello che ve meritate.
Chiaro omaggio al film L’alba
dei morti viventi di George A. Romero,
L’alba dei morti dementi è un film del
2004 diretto dal regista Edgar Wright. Divisa tra
la parodia e l’horror, la pellicola è in breve tempo diventata un
vero e proprio cult, ricevendo un apprezzamento unanime da parte di
critica e pubblico, e affermandosi come uno dei migliori prodotti a
tema zombi degli ultimi anni.
Ecco 10 cose che non sai di
L’alba dei morti dementi.
L’alba dei morti dementi cast
1. È interpretato da
frequenti collaboratori del regista. I protagonisti del
film sono Shaun ed Ed, interpretati rispettivamente da Simon Pegg e Nick Frost, attori che hanno lavorato con Wright in più
occasioni. A loro si aggiungono anche Kate
Ashfield, nel ruolo della ragazza di Shaun, Martin Freeman, Bill Nighy, DylanMoran, Penelope Wilton e
Lucy Davis.
2. Il rapporto tra i due
protagonisti è basato su una reale amicizia. Nello
scrivere della forte amicizia tra i personaggi di Shaun ed Ed,
Simon Pegg, anche sceneggiatore del film, si è
basato sul periodo in cui ha condivido un appartamento con l’amico
Nick Frost, riportando nella storia molti elementi
della loro amicizia.
3. Wright e Pegg hanno
dovuto chiedere soldi agli amici. Il film fu inizialmente
proposto alla Film4, che dopo un iniziale interesse taglio tuttavia
il budget del film. Pur di finanziare il film, il regista accettò
numerosi altri lavori, chiedendo allo stesso tempo un prestito ai
propri amici. Riuscì infine a realizzare il suo film, che si rivelò
un successo.
4. Si pensava di realizzare
un sequel. Dato l’incredibile successo del film, Pegg e
Wright parlarono della possibilità di realizzare un sequel, con
nuovi mostri al posto degli zombi. Tuttavia, soddisfatti del
risultato già ottenuto, preferirono non darvi un sequel, ritenendo
conclusa la storia di quei personaggi.
L’alba dei morti dementi
streaming
5. È disponibile in
streaming. Il film è presente nei cataloghi di diverse
piattaforme streaming. Tra queste si annoverano Rakuten TV, Google
Play e Apple Itunes. Sottoscrivendo un abbonamento, sarà possibile
noleggiare o acquistare il film, rivedendolo a proprio
piacimento.
L’alba dei morti dementi
Netlfix
6. È presente sulla celebre
piattaforma streaming. È possibile ritrovare il film anche
nel catalogo del servizio di streaming Netflix. Se si dispone di un
abbonamento sarà possibile riguardare il film, con la possibilità
di vederlo anche in lingua originale, con o senza sottotitoli.
L’alba dei morti dementi
recensioni
7. È stato apprezzato da
importanti registi. Il film ha ricevuto pieni consensi da
importanti registi del genere horror e non. George A.
Romero, omaggiato nel titolo, ha dichiarato che il film è
estremamente avvincente. Quentin Tarantino lo ha
invece indicato come il miglior film dell’anno e uno dei migliori
film dagli anni novanta in poi. Anche Peter
Jackson ha lodato il film, affermando che è in grado di
portare nuova linfa al genere “zombi”.
8. Ha un punteggio molto
alto su Rotten Tomatoes. Con un totale di 205 recensioni
di critici cinematografiche, il film ha raggiunto il 92% del
gradimento sul celebre sito Rotten Tomatoes. Altrettanto alto è il
gradimento del pubblico, che ha fatto raggiungere al film il
punteggio di 93%.
L’alba dei morti viventi IMDb
9. Ha scheda ricca di
informazioni. Sulla pagina IMDb del film è possibile
trovare numerose informazioni su questo. Oltre ad una lista
completa del cast, vi sono riportate anche numerose curiosità,
spoiler e fotografie tratte dal film.
L’alba dei morti viventi trailer
italiano
10. Ha un ottimo trailer di
presentazione. Parte del successo del film è dovuta anche
al trailer di presentazione, che è stato realizzato per non
rivelare troppo sul progetto e allo stesso tempo diffondere
soltanto un accenno di quella che è la sua atmosfera generale. Il
pubblico, attratto da quanto brevemente visto, ha poi premiato il
film andando a vederlo in sala.
L’Associazione in Italia di giovani
produttori indipendenti (AGPCI) ha firmato un innovativo accordo di
distribuzione digitale con Rai Cinema che fornirà
uno sbocco per le film indipendenti sul portale Rai Cinema
Channel e sulle altre piattaforme digitali, tra cui iTunes
e Google Play , con la quale la RAI Cinema ha giù chiuso una
partnership di distribuzione.
“E ‘ un accordo molto
flessibile “, ha detto il presidente di AGPCI Martha Capello .
“Possiamo decidere su quali territori e quali piattaforme
utilizzare per ogni titolo, Rai Cinema è ora il nostro veicolo di
distribuzione nell’arena Web”.
Questa è una delle tante iniziative della AGPCI, che si aggiunge
alla partnership con il Venice Film Market che ospiterà
sessioni di pitching dei loro progetti. Pare inoltre che
preso ci sarà anche una partnership con la Producers Guild of
America negli Stati Uniti.
Arrivato al 28° anno di attività il
NOIR IN FESTIVAL è ormai format consolidato di una manifestazione
fortemente cross mediale e di oggettivo risalto critico e mediatico
tra Italia ed Europa; quest’anno l’evento si svolgerà dal 3 al 9
dicembre a Milano e Como, secondo un modello originale che abbina
l’idea di festival come luogo di formazione (nel campus
universitario di IULM Milano) e spazio di glamour e qualità
d’autore (sul lago di Como che, tra Alfred
Hitchcock e George Clooney è ormai un punto di riferimento
internazionale).
Da sempre attento alle relazioni
tra cinema, letteratura e new media e polo d’attrazione per il
genere più diffuso nel mondo (il mystery in tutte le sue forme) il
Festival apre un nuovo capitolo della sua attività proponendosi
come motore di idee produttive nel campo dei generi.
L’AGICI – Associazione Generale Industrie
Cine-Audiovisive Indipendenti, in sinergia con il Noir in Festival,
organizza due giornate di lavoro, nelle mattinate di venerdì 7 e
sabato 8 dicembre, a Como, nelle quali approfondire importanza,
scenari, prospettive e modalità di produzione di genere nonché il
tema dell’internazionalizzazione del prodotto italiano.
Si inizia venerdì 7, dalle ore 10.30 alle ore 12.30, con
l’incontro SVIZZERA: UN PARTNER DA SCOPRIRE in
cui, alla luce del rinnovato accordo di coproduzione tra i due
paesi e ricordando il successo di pellicole come Veloce come il
vento, Lo chiamavano Jeeg Robot, fino al recente Il
mangiatore di pietre, si valuteranno progetti e tecnicalità di
un modello sostenibile per la coproduzione europea a vantaggio di
un’industria culturale indipendente e aperta alle nuove sfide
dell’internazionalizzazione.
Si continua sabato 8, dalle ore 09.00 alle ore 12.30, con il
workshop PRODURRE GENERE IN ITALIA in cui si
analizzeranno potenzialità e modalità di un’industria audiovisiva
capace di offrire contenuti e modelli sulla scena internazionale.
Il “genere”, difatti, risulta sempre un argomento delicato in cui
la nostra cinematografia sembrerebbe esitare rispetto a modelli e
formule che in passato hanno fatto la gloria della nostra
cinematografia all’estero: il giallo, il thriller, il poliziesco,
il western, il fantasy.
Le due giornate di lavoro si inseriscono nel cuore della
prossima edizione del Noir in festival che a Como propone un
programma ricco di anteprime di qualità e di incontri con grandi
protagonisti della scena noir (da Carlo Lucarelli a Jo Nesbø) fino
a un programma speciale dedicato al cineturismo e alle potenzialità
del territorio come set ideale per opportunità produttive anche
molto diverse tra loro, tra acqua, montagna, ville storiche, il
confine e la civiltà del lago.
“Il tempo dei festival come semplice luogo della visione e
della scoperta”, dice Giorgio Gosetti, “sta
inevitabilmente esaurendosi. Sempre di più il festival deve sapersi
connettere al territorio per valorizzarlo e offrirsi come
piattaforma creativa per l’industria culturale proponendo una
propria identità specifica in questo senso. È la nuova scommessa
che, grazie ad AGICI e con il contributo di Istituto Luce –
Cinecittà e SIAE, ci siamo proposti a partire da
quest’edizione”.
Lo avevamo lasciato
mentre, in occasione della premiere di
Maleficent a Los Angeles, la polizia lo
portava via ammanettato, dopo aver compiuto l’ennesima aggressione
ai danni di star del cinema (in quel caso Brad
Pitt). Adesso Vitalii Sediuk, l’ormai
celebre ‘disturbatore’ di Hollywood, ha ricevuto una punizione per
le sue scorribande.
L’ex giornalista di 25 anni avrà
l’obbligo, da ora in poi, di stare ad una distanza minima di 500
yards (circa 460 metri) da qualsiasi evento legato allo star system
e al mondo del cinema e dello spettacolo hollywoodiano, comprese
premiazioni, red carpet, eventi di qualsiasi genere che prevedono
la partecipazione di star.
All’uomo sarà anche proibito di
possedere armi pericolose e sarà anche costretto a frequentare, una
volta a settimana, uno psicologo. Dovrà svolgere dei lavori
socialmente utili e pagare una multa.
“Siamo onesti, ci sono sono solo
due eventi importanti al Nokia Theatre L.A. Live: i Grammy e gli
Emmy. Penso di poter sopravvivere senza partecipare a questi
eventi. C’è così tanto altro che accade a Los Angeles.”queste
furono le parole di Sediuk quando fu bandito da qualsiasi evento si
tenesse al Nokia Theatre L.A. Live. Chissà adesso cosa avrà da dire
in merito alla sentenza.
Medusa Film ha diffuso
il trailer ufficiale di L’agenzia
dei Bugiardi di Volfango De Biasi la nuova
commedia che arriverà al cinema dal 17 gennaio. Protagonisti del
film Ciampaolo Morelli, Massimo Ghini, Alessandra Mastronardi,
Paolo Ruffini, Herbert Ballerina, Diana Del Bufalo, Carla
Signoris, Paolo Calabresi, Raiz, Nicolas Vaporidis e con
Antonello Fassari.
L’agenzia dei Bugiardi, la trama
Nel film il seducente Fred
(Giampaolo Morelli), l’esperto di tecnologia Diego (Herbert
Ballerina) e l’apprendista narcolettico Paolo (Paolo Ruffini)
sono i componenti di una diabolica e geniale agenzia che fornisce
alibi ai propri clienti e il cui motto è “Meglio una bella bugia
che una brutta verità.” Fred si innamora di Clio (Alessandra
Mastronardi), paladina della sincerità a tutti i costi, alla quale
quindi non può svelare qual è il suo vero lavoro.
La situazione si complica quando
Fred scopre che il padre di Clio, Alberto (Massimo Ghini) è un suo
cliente, che si è rivolto all’agenzia per nascondere alla moglie
Irene (Carla Signoris) una scappatella con la sua giovane amante
Cinzia (Diana Del Bufalo). Accidentalmente, per una
distrazione di Alberto, si ritroveranno in vacanza tutti insieme:
Irene, Clio, Alberto e Cinzia in una situazione esplosiva.
Cosa si inventeranno questa volta Fred e i suoi per creare
l’alibi perfetto e sfuggire ancora una volta alla verità?
Ogni anno in Italia vengono
realizzati film incentrati su personaggi diversi da quelli che si è
abiutati a vedere nelle opere più blasonate. Giovani smarriti,
adulti ancora in cerca della propria identità, stranieri impegnati
nel difficile processo di immigrazione. I film loro dedicati
raccontano una parte di popolazione italiana troppo spesso
dimenticata ma che esiste ed è parte integrante della colorata
varietà che caratterizza questo paese. Tra i titoli più recenti si
possono citare Una sterminata domenica,
Giulia e Princess. Tra questi rientra anche L’afide
e la formica, opera prima di Mario
Vitale.
Come spesso accade a questi titoli,
anche L’afide e la formica è passato grossomodo in sordina
nelle sale italiane, schiacciato da titoli più grossi e
pubblicizzati. Si tratta però di un toccante racconto incentrato su
due diversità che si incontrano per riconoscersi come simili nel
dolore e nella voglia di riscattarsi. L’afide e la formica
è dunque un esordio da non perdere, pluripremiato e da molti
indicato come la migliore opera prima del suo anno, per la capacità
di affrontare il tema dell’integrazione e della collaborazione tra
culture diverse con grande sensibilità.
Grazie ora al suo passaggio
televisivo, è dunque un film da non perdere, che oltre a raccontare
una bella storia offre uno sguardo su realta che, come già detto,
non sempre trovano spazio a sufficienza sul grande schermo. Prima
di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative ad esso.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama, al
cast di attori e al significato del
film. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il titolo nel
proprio catalogo.
La trama di L’afide e la formica
Protagonista del film è
Fatima, una ragazza di 16 anni nata in Calabria da
genitori mussulmani e dunque costretta ad indossare il velo
previsto dalla sua cultura. Ora che è in piena adolescenza, Fatima
vive però tutti i conflitti e le emozioni tipiche della sua età,
sentendosi tuttavia fuori posto rispetto ai suoi coetanei. Questo
finché un giorno l’insegnante di educazione fisica, Michele
Scimone, propone ai suoi studenti di iscriversi alla
maratona di Sant’Antonio. Agli occhi di Fatima è la prima vera
opportunità da cogliere, ma per l’insegnante, tormentato da un
passato irrisolto, il velo che Fatima indossa è motivo di
pregiudizio. Il loro sarà l’inizio di un rapporto che li cambierà,
con la corsa che riuscirà a renderli entrambi liberi.
Il cast di L’afide e la formica e le location del
film
Ad interpretare Fatima vi è
l’attrice Cristina Parku, qui al suo primo ruolo
in un film ma vista poi anche nelle serie Petra e Sei
donne: Il mistero di Leila. Accanto a lei, nel ruolo
dell’insegnante Michele Scimone vi è invece l’attore
Giuseppe Fiorello, volto noto del piccolo schermo
che nel 2023 ha debuttato anche come regista del film Stranizza d’amuri. Ad interpretare la sua ex moglie
Anna, nel film, vi è invece l’attrice Valentina Lodovini, vista nei film 10
giorni senza mamma e Cambio tutto!. L’attore Alessio
Praticò di Il
mio nome è Vendetta, interpreta Nicola, mentre
Anna Maria De Luca è Concetta.
Per quanto riguarda i luoghi dove è
stato girato il film, essi sono da ritrovarsi tutti nella città
calabrese Lamezia Terme, in provincia di
Catanzaro. Il regista, nato proprio in questo
comune, ha raccontato di averlo scelto per poter raccontare una
storia legata alla sua terra diversa rispetto alla narrazione
stereotipata a cui si è abituati, allargando inoltre il discorso ai
nuovi cittadini italiani, ovvero gli immigrati di seconda
generazione. Per L’afide e la formica, Lamezia Terme
è dunque stato il luogo giusto dove ambientare le vicende di Fatima
e dar voce al suo senso di smarrimento, come anche alla sua ricerca
del proprio posto nel mondo.
L’afide e laformica: il significato del
titolo e del film
L’afide e la formica può
sembrare un titolo piuttostro strano da dare ad un racconto di
formazione, di redenzione e in generale incentrato sui legami
umani. Si tratta però di un titolo estremamente appropriato a ciò
che vuole raccontare il film. Quello tra le formiche e gli afidi è
infatti un rapporto particolarmente importante, che permette alle
prime di ottenere grazie ai secondi il fabbisogno di zuccheri grazie alla
melata, mentre gli afidi traggono vantaggio dalle formiche perché
queste li difendono dai predatori e parassiti. È poi
il film stesso a fornire una spiegazione a questo titolo.
I due protagonisti, parlando proprio
dell’afide e la formica, prendono l’esempio di simbiosi in natura
di questi due insetti per descrivere il loro rapporto. Il film
racconta infatti di due personaggi che si scambiano emozioni, che
entrano in contatto l’uno con l’altro aiutandosi vicendevolmente.
Pur se inizialmente concentrati solo sulle rispettive differenze,
Fatima e Michele impareranno a superare insieme gli ostacoli che la
vita presenta loro, trovando forza l’uno nell’altro per difendersi
e reagire, raggiungendo così i rispettivi obiettivi di vita.
Il trailer di L’afide e la
formica e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
L’afide e la formica grazie alla sua
presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi
di Chili Cinema, Prime Video e Rai Play.
Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento,
basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento
generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al
meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel
palinsesto televisivo di martedì 2 gennaio alle
ore 21:20 sul canale Rai 3.