Dietro un grande blockbuster
pop a stelle e strisce c’è sempre la lunga e sapiente mano
degli artisti dei Visual Effects, gli unici in grado di
realizzare l’impossibile – o, almeno, l’improbabile – con
sofisticati software, estro e creatività: solo così è possibile
vedere, sul grande schermo, un’invasione aliena senza dilapidare
l’intero budget a disposizione o senza scomodare gli inquilini di
altre galassie.
È ciò che il regista tedesco – ma
naturalizzato statunitense – Roland Emmerich ha
saputo, sapientemente, orchestrare fin dagli esordi della sua
carriera nel cinema, realizzando film cult che hanno
riscritto “l’immaginario della catastrofe” più recente:
Fantasmi ad Hollywood, Moon 44 – Attacco alla Fortezza,
Stargate, Independence Day, Godzilla, The Day After Tomorrow,
10.000 AC, Sotto Assedio – White House Down e Independence Day –
Resurgence sono stati resi possibili solo grazie al
lavoro delle società di Visual Effects che vi hanno preso
parte.
Nell’ultimo capitolo della “saga” di
Independence Day Resurgence, uscito in
sala nel 2016, ha preso parte alla post produzione anche una
società italiana di produzione impiegata nell’ambito pubblicitario,
cinematografico e nei Visual Effects, la Why Worry
Production.
Noi di Cinefilos.it
abbiamo fatto una chiacchierata con Diego Panadisi (WWP
Founder e Visual Effects Producer) e Pietro
Silvestri (Visual Effects Project Manager) per scoprire
qualche dettaglio in più sul mondo della post produzione, i suoi
segreti, le sue potenzialità e analizzare la loro esperienza
hollywoodiana insieme ad Emmerich.
Why Worry
Production: incontro con Diego Panadisi e Pietro
Silvestri
Come siete approdati in
questo progetto hollywoodiano di Independence Day
Resurgence? C’è qualche aneddoto particolare che ci potete
raccontare?
Diego: noi collaboriamo da diversi
anni con un visual effects supervisor di Los Angeles – anche se in
realtà è di origini tedesco polacche – che lavora da diversi anni
proprio con Roland Emmerich. Circa quattro anni fa
ci è stato proposto di lavorare su alcune scene di un film con
protagonista Michael Douglas, dal titolo
The Reach – Caccia all’Uomo (Beyond The Reach,
2014) e diretto da Jean- Baptiste
Léonetti. Il nostro lavoro e il nostro approccio a
quest’ultimo sono piaciuti, così hanno deciso di affidarci l’intero
film e non soltanto le scene che ci avevano affidato: quando siamo
subentrati noi, il film era suddiviso per tre società che partivano
da Los Angeles per arrivare a noi, in Italia; quindi ci dovevamo
limitare a fare un pacchetto per uno prima che prendessero la
decisione di affidarci tutto l’insieme. Ovviamente il film ci ha
dato visibilità – trattandosi di un grande progetto cinematografico
– permettendoci di entrare in tal modo in questo settore dei visual
effects con un prestigioso biglietto da visita in mano. Nel
frattempo, abbiamo continuato a lavorare su altri progetti in
collaborazione sempre con Los Angeles
Pietro: come un kolossal
Diego: sì, un kolossal americano le
cui riprese non sono ancora iniziate (dal titolo
Singularity, sempre per la regia di
Emmerich) ma per il quale avevamo già realizzato gli
animatics finali del film, costituiti da un aereo che
veniva attaccato e che, infine, precipitava.
Solo dopo l’inizio di quest’altro
lavoro, durante l’anno scorso, abbiamo ricevuto la chiamata di
Greg Strasz che ci
illustrava la situazione dei Visual Effects di
Independence Day Resurgence sui quali
stavano già lavorando da diversi mesi e, allo stesso tempo, ci
proponeva di collaborare con loro realizzando qualche pezzetto di
visualizzazione e post visualizzazione che ancora non era stato
completato.
Dopo due/ tre mesi di
visualizzazione e post visualizzazione incentrate sul materiale
girato, i live actions con gli attori, il
compositing e il 3D solo intorno a Febbraio/Marzo abbiamo
iniziato a lavorare sulle 20-21 scene del trailer: quelle che poi
sono diventati i finals per uno dei tre trailers ufficiali
(quello ribattezzato Air Defense)
Pietro: Una Chiamata alle
Armi, era stato ribattezzato così
Diego: che è uscito intorno ad
Aprile, quasi a ridosso dell’uscita in sala del film.
Successivamente ci è stato anche chiesto di lavorare alla logo
animation di Centropolis, la casa di
produzione (Centropolis Entertainment)
fondata da Emmerich che, da oltre vent’anni – cioè dall’uscita del
primo Independence Day– utilizzava la
vecchia edizione del logo; noi lo abbiamo rifatto animandolo in
stereoscopia e, adesso, aprirà ogni film del regista tedesco sia
come regista che come produttore. Per noi è stato un vero fiore
all’occhiello.
Pietro: aggiungendo qualche
dettaglio tecnico… abbiamo realizzato il logo di Centropolis in 4K
stereoscopico. L’unico riferimento video che avevamo era il logo
originale di vent’anni fa, che abbiamo deciso di ricostruire ed
implementare, visto che si trattava di un bel “pezzetto”
d’animazione che non avvertiva, assolutamente, il peso dell’età.
Siccome sono rimasti molto soddisfatti del risultato finale, a quel
punto ci hanno chiesto di lavorare sulle scene di visualizzazione e
post visualizzazione che già avevamo realizzato, visto che si era
arrivati agli sgoccioli delle lavorazioni e a ridosso delle
scadenze stabilite. A ridosso della scadenza, è stato davvero
difficile lavorare sull’inizio e la fine del film.
In quanti stavate lavorando
al progetto?
Diego: Eravamo in 25. 25-30 persone
nei picchi massimi, tra visualizers, illustratori, map
paintings, animatori etc. Ci hanno proposto di lavorare su una
scena emersa in quei giorni, dopo alcuni screenings:
mancava una sequenza fondamentale per la comprensione del film, non
presente nella sceneggiatura originale, ma senza la quale sarebbe
stato difficile, per uno spettatore, capire fluentemente la trama e
i suoi colpi di scena. Ci hanno mandato qualche immagine
primordiale di astronavi aliene e navette più piccole (ma non la
nave madre quanto un modello più piccolo), e in sole 5 settimane
abbiamo realizzato questo shot in 3D senza materiali di
partenza, solo a partire da alcuni concept e da pochi
schizzi.
Pietro: la scena è questa: c’è
un’astronave aliena più piccola di quella madre, che arriva al
bunker della Cheyenne Mountain dove si è rifugiato il
presidente; qui mancava il punto di raccordo che riguardava lo
sbarco degli alieni sulla terra. Il nostro compito consisteva nel
creare questa astronave che atterrava nel bunker, lo colpisce
sparando, lo distrugge e infine spalanca il suo portellone
liberando l’alieno che, di lì a breve, ucciderà il presidente.
Senza dilungarci ulteriormente in altri spoiler del film, abbiamo
quindi cercato di creare il modello dell’astronave partendo dal
disegno, aggiornandolo di nuovo in base alle richieste di Emmerich
(come, ad esempio, la posizione delle braccia, i movimenti, le
animazioni etc.), passando dall’inquadratura all’oggetto
ricostruito. Ci siamo soffermati sul movimento stesso dell’oggetto
e sullo sfondo che avevamo a disposizione: le Cheyenne
Mountain che abbiamo ricostruito in 2D e in 3D con un map
painting in 16K; una volta completato questo processo, abbiamo
inserito le esplosioni e i materiali ad effetto fluido: tutto
questo, in un solo shot, evidentemente, molto ricco di
dettagli sui quali lavorare.
Come avevamo già accennato in
precedenza, lavorare in visualizzazione e visualizzazione
sull’inizio e la fine di un film del genere è stato molto
difficile: si trattava di parti fondamentali ed importantissime, e
per noi è stata una vera fonte d’orgoglio vedere come l’inizio sia
rimasto fedele alla nostra visualizzazione mentre la fine è davvero
molto simile alla nostra idea, a partire semplicemente dagli sfondi
utilizzati (il Marocco, L’Area 51). La scena che ci aveva mostrato
Emmerich (durante la fase di pre-visualizzazione) era ambientata
già in Marocco ma ci ricordava terribilmente kolossal
vecchio stile come La Bibbia, con queste
scene così povere e scarne: a quel punto, ascoltammo le esigenze
del regista – il deserto, il Marocco, le montagne innevate – e
decidemmo di assecondarle, iniziando così il nostro lavoro. Alla
fine poi non abbiamo accettato i final realizzati perché
avevamo davvero troppo poco tempo, ma quelli proiettati al cinema
sono davvero molto simili ai nostri, rendendoci decisamente
soddisfatti dei nostri post viz.
Diego: I nostri post viz
erano davvero molto alti, e abbiamo sempre consegnato tutto in
tempi davvero record: per tale motivo siamo stati lodati, fin da
subito, per il nostro lavoro, perché abbiamo scelto –in modo
volontario – di spingere molto su questo versante per farci vedere
e conoscere, scegliendo di adottare una tendenza opposta rispetto
ai grandi colossi del settore che non devono (o non vogliono)
dimostrare niente del genere.
Quanto vi ha “accompagnato”
Roland Emmerich, che ruolo ha avuto nel vostro processo creativo?
Quanto è grande lo scarto tra gli effetti speciali di
Independence Day (1996) e
Independence Day – Resurgence (2016) e quanto ha
influenzato, il loro percorso, il primo capitolo?
Pietro: La maggior parte degli
artisti che lavora con noi ha iniziato a fare questo lavoro dopo
aver visto Independence Day nel 1996, un
film che è stato una grande fonte d’ispirazione, come per il nostro
supervisore del 3D Alessandro: per lui era qualcosa di
assolutamente incredibile! In fin dei conti il primo capitolo vinse
un Accademy Award nel 1996 per i Miglior Effetti Speciali, anche se
lo scarto è significativo: negli anni ’90 si usavano dei modellini,
mentre nell’ultimo film – 2016 – gli effetti speciali sono molto
più presenti, rispetto a Independence Day
che era piuttosto una commedia basata sui “vedo non vedo”.
Per quanto gli sviluppi nell’ambito dei Visual Effects
abbiano aperto nuove strade e spianato nuove potenzialità, ancora
non si è arrivati alla perfezione assoluta: la ricerca è appena
iniziata, c’è ancora del tempo per cercare di raggiungere altri
effetti
Magari effetti più
totalizzanti, come nelle esperienze “da concerto” che investono
tutti e cinque i sensi, anche quelli finora “trascurati” dal
cinema
Diego: esatto… poi, per quanto
riguarda invece la presenza di Roland Emmerich e il suo apporto,
noi siamo stati “fortunati” a godere fin da subito della sua
vicinanza; poi Greg
Strasz, il suo Visual Effects Supervisor
“personale”, l’unico impiegato di Centropolis e
figura unica nella compagine societaria, è a stretto contatto
costante con Emmerich: così, anche noi potevamo avere un feedback
quotidiano su ogni materiale inviato e parlare di continuo –
attraverso delle conference call – con lui e gli altri
supervisors riuniti, ascoltando ogni giorno i suoi spunti
e le sue ispirazioni che ci comunicava per far progredire il
lavoro: ad esempio, certe volte ci mandava dei bozzetti con degli
schizzi, costituiti da quattro linee a matita difficili anche solo
da decifrare. Siamo riusciti ad instaurare con il regista un
rapporto molto efficace, riuscendo a produrre in tempi stretti
molto materiale e creando un legame diretto basato sulla fiducia
reciproca. Mentre eravamo immersi nel lavoro, ho avuto modo di
passare più di due settimane a Los Angeles proprio nel cuore
pulsante del quarter della Centropolis
Entertainment e la Uncharted Territory di
Volker Engel e Marc Weigert (la
società di Visual Effects che, da sempre, collabora con Emmerich),
e ovviamente continuavamo a lavorare con l’Italia nonostante il
fuso orario e le varie differenze, con Roland sempre presente ed
incuriosito dai nostri progressi. È uno di quei registi che ha
sempre il controllo della situazione e prende le sue decisioni
Pietro: com’è accaduto con la scena
finale sulla Cheyenne Mountain, che era già stata
realizzata da un altro gruppo di lavoro americano: quando abbiamo
visto il risultato finale ci sembrava un po’ scarno, povero; così
il nostro supervisore ci ha suggerito di migliorarla un po’. Certe,
si potevano creare degli attriti con l’altra società, ma a Emmerich
è piaciuta la nostra versione e quindi alcuni elementi li abbiamo
passati agli altri, all’insegna di un lavoro creativo ed
incrociato.
Diego: l’esperienza di
Independence Day – Resurgence è stata una
delle esperienze di post produzione più complesse che ci siano mai
capitate, un vero e proprio banco di prova e di confronto con
realtà più grandi e più strutturate della nostra
Pietro: sì, infatti è stato
affascinante dimostrare come anche noi possiamo essere
competitivi
Diego: siamo finiti nella lista
insieme ad altre trenta società leader nei Visual Effects che hanno
collaborato insieme per realizzare il film e, vedere che in questa
lista ci siamo finiti anche noi… è stato un vero onore
E… in Italia? Cosa avete
realizzato o cosa realizzerete nel prossimo futuro?
Diego: per adesso in Italia, con la
mia società, avevamo lavorato soprattutto nell’ambito della
pubblicità, producendo e post producendo spot e prodotti video per
la comunicazione: questo era il nostro core business fino
a poco tempo fa; diciamo che, adesso, dopo il progetto di
Independence Day – Resurgence una fetta
importante della mole di lavoro si è spostata verso i Visual
Effects: bisognerà vedere al momento con quale frequenza entreranno
nuovi progetti oppure decideremo di scegliere nuovi progetti. Ci
sta capitando di parlare di molte cose: alcune ci attirano molto,
altre un po’ meno… stiamo valutando varie proposte, insomma
Ma solo in Italia o anche
all’estero?
Diego: sia italiane che straniere,
con piccoli progetti da Los Angeles magari
E invece di strettamente
italiano? Qualche progetto di cui potete già parlare
magari…
Diego: ci piacerebbe terminare le
ultime due/tre piccole sequenze di un progetto – che hanno dei
tempi di rendering molto lunghi – sul quale stiamo
lavorando al momento in contemporanea con altri, che purtroppo non
ci permettono quindi di potergli dedicare tutto il tempo
necessario. Ci piacerebbe moltissimo cominciare a farci conoscere
presso altre produzioni e distribuzioni, per mostrare ciò che
abbiamo fatto fino ad oggi – soprattutto, Independence
Day – Resurgence – per vedere se sono interessati a
come lavoriamo e magari ad avviare delle fruttuose collaborazioni.
Al momento stiamo solo discutendo sulle possibilità che potrebbero
aprirsi per quanto riguarda i film italiani, ma siamo solo in
trattative: nessun progetto ci è stato ancora pienamente
affidato
Pietro: qua in Italia abbiamo
lavorato molto in pubblicità e in tv, per esempio abbiamo
realizzato i Visual Effects di una puntata del programma di
divulgazione scientifica Ulisse dedicata
a Pompei, nella quale abbiamo ricostruito l’eruzione del Vesuvio su
– appunto – Pompei stessa ed Ercolano, per poi realizzare in
seguito anche un lavoro di compositing nella Villa dei
Misteri: siccome non si poteva girare con gli attori sul set
reale, abbiamo deciso di fare una scansione 3D delle sale per poi
realizzare, inoltre, un’altra scansione del movimento degli attori
registrata nella sede Rai.
Diego: come progetti cinematografici
abbiamo un film horror indipendente per il quale abbiamo realizzato
delle piccole sequenze di post viz e che per adesso è
“bloccato”; si tratta di un progetto di Harald
Kloser, sempre uno dei co – produttori di
Independence Day – Resurgence nonché
compositore.
E con Roland Emmerich avete
ipotizzato qualche nuova collaborazione?
Diego: ma, in realtà abbiamo
continuato a collaborare con lui anche dopo il film – attraverso il
logo Centropolis– realizzando un cortometraggio
presentato al Sundance Film Festival, per
il quale abbiamo realizzato una scena semplice solo in apparenza:
era uno shot di 4800 fotogrammi realizzato con il drone,
girato nel parcheggio di una scuola deserta che abbiamo riempito di
auto, inserendo circa cento personaggi all’interno della scuola: ci
abbiamo impiegato due/tre mesi per dare vita a tutti e creare il
risultato finale.
Pietro: si parlava anche di
Moonfall, il nuovo progetto di Emmerich,
ma tutto sembra essersi bloccato dopo l’annuncio del
reboot di Stargate, che per
adesso sembra aver calamitato del tutto l’attenzione. Si sa ancora
molto poco su questo progetto, anche noi siamo in attesa di qualche
notizia in più.
Piccola domanda
autobiografica: c’è qualche film in particolare che vi ha
influenzato per la scelta del vostro mestiere, qualcuno che magari
vi ha influenzato particolarmente?
Diego: Personalmente, non essendo un
tecnico per quanto riguarda nel senso stretto i Visual Effects, non
sono legato ai film dal punto di vista lavorativo quanto da puro
spettatore; la mia ispirazione per affrontare questo mondo è venuto
da altro, dalla mia esperienza personale, con mio padre ingegnere
elettronico che progettava impianti audiovisivi professionali fino
ai primi anni 2000 e che mi ha fatto respirare, fin da piccolo,
quest’aria così “tecnologica”. Prima mi sono avvicinato al video,
poi al montaggio e infine alla pubblicità come montatore ed editor,
lavorando con software come After Effects.
Pietro: io sono un appassionato di
documentari e film sperimentali, ai quali mi dedico anche dal punto
di vista registico… i Visual Effects sono simili alla video arte,
alla parte più sperimentale della creatività. A tal proposito, non
posso non citare quindi i miei maestri Peter Greenaway,
Derek Jarman o, in assoluto, Sergei
Parajanov.
A proposito di software,
quale usate di solito?
Diego: After Effects è
usato molto ma non di solito, magari solo con qualche pezzetto di
pre viz e post viz; di solito preferiamo usare
3DS MAX oppure Nuke.
Pietro: abbiamo una nostra
farm interna con delle nostre postazioni: ciò significa
che siamo anche cresciuti come infrastruttura proprio per
supportare il progetto di Independence Day –
Resurgence, per poter essere in tal modo più
autonomi. Il coordinamento è fondamentale: è un’organizzazione
perfetta, dove tutto dev’essere tracciato; ci deve essere ogni
commento e lo storico di ogni shot, e bisogna ripetere
questo lavoro per migliaia di shot, figuriamoci per un
film intero
Per quanto riguarda il
cinema italiano, come lo vedete da spettatori ma soprattutto da
addetti ai lavori, soprattutto alla luce di un ultimo anno
costellato da successi come Il Racconto dei Racconti o Lo
Chiamavano Jeeg Robot? C’è qualche buona prospettiva per
quanto riguarda un’apertura verso il mondo dei Visual
Effects?
Diego: premettendo il fatto che ci
piacerebbe tantissimo lavorare con Gabriele
Mainetti ad esempio.
Pietro: il cinema digitale in Italia
sta arrivando solo adesso: per tale motivo ci piacerebbe realizzar
piuttosto degli stage per i registi che magari ancora non conoscono
bene le potenzialità dei Visual Effects: manca un po’ un approccio,
una conoscenza delle potenzialità a partire proprio dalla
progettazione del film stesso; siamo ancora carenti di una cultura
digitale e del suo impatto a livello di costi
Diego: spesso molti registi
incappano, a fine film, in quel drammatico momento durante il quale
realizzano di non avere più a disposizione i soldi del budget
destinati agli effetti speciali, e così decidono di tagliare i
costi; questo è uno dei motivi che, fino ad oggi, ci ha tenuti
lontani dal mondo del cinema italiano. Meglio non correre il
rischio di lavorare male perché ancora non c’è troppa
organizzazione.
Si parla da tempo del
pericolo latente che, i Visual Effects, possano un giorno
soppiantare gli attori “in carne ed ossa” al cinema: secondo voi,
questo rischio è reale oppure si tratterà di una svolta definitiva
per contenere certi costi?
Diego: Oggi come oggi mi sembra
davvero estremo parlare di un pericolo simile: sono problemi dei
quali, magari, potremmo tornare a discutere tra quindici o
vent’anni; di solito si apportano effetti estetici praticamente
invisibili, di pulizia dell’immagine più che di
compositing vero e proprio, e per esempio in Italia si
fanno lavori su questa falsariga, concentrati piuttosto sulla
correzione dei dettagli: l’unica eccezione italiana al momento è
rappresentata, appunto, da un film “di genere” come Lo
Chiamavano Jeeg Robot, che tende a seguire
quella linea tipicamente americana incentrata sugli sci –
fi e, soprattutto, sugli horror: la parola chiave per
loro è il già citato genere.