La perenne ed estenuante
lotta tra scienza e religione ha da sempre
caratterizzato i numerosi e profondi dibattiti sull’esistenza
dell’umanità e tutto ciò che la circonda. Tuttavia, l’idea di cosa
accadrebbe se un “nuovo Dio” utilizzasse la
scienza per comunicare e giudicare gli uomini è un’ipotesi su cui
si è discusso ancora davvero poco. Ed è da questa complessa
riflessione che sembra nascere la nuova misteriosa hard
science fiction di Netflix dal
titolo Il problema dei 3 corpi.
Creata da David
Benioff e D.B. Weiss (già genitori
dell’iconica e gloriosa serie Game of
Thrones, conclusasi quasi cinque anni fa con l’ottava e
ultima stagione) insieme a Alexander Woo (The
Terror, True Blood), Il Problema dei 3
corpi è ispirata alla celebre trilogia
fantascientificaMemoria del passato della
Terra (Remembrance
of Earth’s Past) dell’acclamato autore cinese Liu Cixin. Composta da 8
episodi di circa un’ora ciascuna, è disponibile dal 21
marzo su Netflix.
La serie vanta un cast di talenti
tra cui si distinguono alcuni degli attori più riconosciuti del
panorama cinematografico e televisivo. Tra questi, spiccano alcune
figure familiari ai fan di Game of Thrones:
Jonathan Bradley, noto per il suo ruolo di Samwell
Tarly; Liam Cunningham, conosciuto per il
personaggio di sir Davos; e Jonathan Price, che ha
interpretato l’Alto Passero. Ad arricchire ulteriormente il cast
c’è Benedict Wong, amato dalla community del
Marvel Cinematic
Universe per il suo ruolo del supremo stregone Wong in Dottor Strange.
Il problema dei 3 corpi: una storia
oltre i confini del tempo e dello spazio
Nella severa e feroce Cina
degli anni ’60, la giovane astrofisica Ye Wenjie
(interpretata da Rosalind Chao di Star Trek:
Next Generation) – sopravvissuta alla tragica Rivoluzione
Culturale diretta da Mao Zedong – prende una fatidica decisione che
si ripercuote inevitabilmente ben oltre i confini dello spazio e
del tempo: intercetta una misteriosa popolazione aliena con un
profondo interesse per la Terra e per l’umanità stessa.
Oltre mezzo secolo dopo, la scoperta
di Wenjie, da cui nasce un inquietante culto di fanatici
sostenitori di questo “nuovo Dio”, coinvolge brutalmente la vita di
un gruppo di brillanti giovani scienziati, noti come “i
Cinque di Oxford”: la geniale fisica teorica Jin Cheng
(Jess Hong), la pioniera delle nanotecnologie
Auggie Salazar (Eiza Gonzalez), l’assistente
ricercatore Saul Durand (Jovan Adepo),
l’insegnante di fisica Will Downing (Alex Sharp) e
il ricco e scortese imprenditore Jack Rooney (John
Bradley).
Mentre le leggi della scienza si
sgretolano rapidamente e una serie di terribili suicidi affliggono
la comunità scientifica, i cinque amici e ex colleghi si trovano di
fronte a una scelta difficile e controversa: lottare per la
propria personale sopravvivenza o unirsi per salvare l’intera
umanità dalla più grande minaccia mai esistita.
In viaggio verso il Giorno del
Giudizio
Con un’emozionante e intricato
worldbuilding, Il Problema dei 3 Corpi trasporta
lo spettatore in un incredibile e angosciante viaggio che
attraversa, e talvolta confonde, continenti e linee temporali,
proiettando lo sguardo del pubblico su un universo non così
tanto improbabile, e che mette in discussione le
fondamenta stesse dell’esistenza umana. Dunque, con una intensa e
ricca trama, la serie porta sul piccolo schermo non solo
una storia che intreccia scienza, filosofia e psicologica,
ma anche e soprattutto un racconto che riflette sul
precario equilibrio tra vita e morte, tra noi e l’universo
intero, esplorando le sottili linee che separano la fede dalla
razionalità e la solitudine dalla collettività.
Dopo una convincente introduzione in
medias res e una prima parte che cattura e ammalia lo spettatore,
quasi costringendolo a desiderare di sapere sempre più sul “nuovo
Dio” e il destino dei cinque giovani, la vicenda procede
vorticosamente tra passato e presente, suscitando dubbi e
domande su ciò che accadrà. Quali sono le reali intenzioni che
si celano dietro l’interesse di questo popolo alieno?
L’umanità ha gli strumenti e il coraggio che servono per
poter affrontare la battaglia e, soprattutto,
vincerla?
Nonostante la serie non riesca a
catturare completamente l’essenza dell’opera letteraria originale
(criticità che affligge il 97% degli adattamenti televisivi e
cinematografici) e non approfondisca a sufficienza la
psicologia dei protagonisti (così da suscitare nel
pubblico una forte e duratura empatia), è evidente l’enorme lavoro
impiegato da Benioff, Weiss e Woo nel creare un prodotto
televisivo di valore e per nulla superficiale. Il
problema dei 3 corpi, infatti, si distingue come una serie
valida e tenace, che affronta con coraggio la sfida di
reinterpretare un capolavoro del genere fantascientifico.
In conclusione, seppur con qualche
difficoltà, Il problema dei 3 corpi riesce a
offrire agli spettatori un’esperienza autentica e
coinvolgente che, al di là del suo estremo scenario
immaginario e fantascientifico, oltre a invitare a
riflettere sulle fragilità umane e sull’inestimabile valore
della vita, evidenzia come anche la più piccola e
innocente decisione, nelle mani sbagliate, possa inevitabilmente
condizionare la storia dell’intera umanità.
La seconda stagione sarà in grado di
risolvere le incertezze rimaste in sospeso e soddisfare le
aspettative del pubblico?
La nuova serie Netflix
in otto episodi ideata da DavidBenioff, DB
Weiss (autori anche di Il
Trono di Spade) e Alexander Woo,
Il problema dei 3 corpi, adatta per il piccolo schermo
i popolarissimi e pluripremiati romanzi di Liu
Cixin. Questa prima stagione, però, non adatta unicamente
quanto narrato nel primo dei tre libri che compongono la trilogia
(Il problema dei 3 corpi, La materia del cosmo e Nella
quarta dimensione), ma mescola eventi presi da anche dai due
titoli successivi per dar vita ad un racconto di fantascienza
particolarmente avvincente e ambizioso, che si snoda nel tempo e
nello spazio. Naturalmente, nel far ciò, si è reso necessario dar
vita ad alcune modifiche rispetto ai romanzi e qui di seguito
esploriamo le principali tra queste.
In Il problema dei 3 corpi un
personaggio del libro è diviso in tre
Nel romanzo originale – durante le
sezioni del presente – il personaggio principale è Wang
Miao, un esperto di nanotecnologie che si trova coinvolto
nelle macchinazioni della graduale invasione aliena. Wang è la
prima persona che vediamo incontrare il bizzarro gioco di realtà
virtuale noto come “3 Body“, che ci mostra la vera
struttura del sistema stellare di Trisolarian. Il personaggio,
tuttavia, non è stato molto apprezzato, giudicato principalmente
come uno strumento utile solo a far muovere in avanti la trama. Nel
secondo romanzo della serie, La materia del cosmo, questo
viene addirittura messo da parte in favore di un nuovo
protagonista.
Similmente, la serie sceglie di non
avvalersi di Wang ma dividere questo personaggi in tre distinte
personalità: Auggie Salazar (Eiza
González), Jack Rooney (John Bradley)
e Jin Cheng (Jess Hong). Auggie assume il ruolo di
ricercatrice nanotecnologica, diventando così l’analogo più vicino
a Wang Miao. Anche se la sua storia è completamente diversa, sono
le fibre nanotecnologiche di Auggie (come quelle di Wang nel libro)
a distruggere l’enorme nave del Giorno del Giudizio. Tuttavia, a
differenza di Wang, Auggie non si trova coinvolta nell’esperienza
virtuale dei “3 corpi”. Sono però Jack e Jin a fare
quest’esperienza, venendo così a conoscenza dell’imminente
invasione aliena.
Gli archi narrativi di Jin e Will
in Il problema dei 3 corpi si estendono fino al terzo libro
Alex Sharp è Will Downing in Il problema dei 3 corpi. Cr. Ed
Miller/ Netflix
Alla fine della serie, Jin passa da
una parziale analogia con Wang Miao a una più stretta
corrispondenza con Cheng Xin, un personaggio
presente nel terzo libro, Nella quarta dimensione. In quel
romanzo, Xin chiede a Yun Tianming di inserire il
suo cervello in una sonda per aiutare il Progetto Scala. Nella
serie, Yun Tianming è diventato Will Downing
(Alex Sharp), che, insieme all’altro nucleo di
personaggi contemporanei, conosce tutti i suoi compagni di
università. Come nel terzo libro, Will compra a Jin una stella
attraverso il “Progetto Stelle: La nostra destinazione”. Poiché
l’episodio finale si conclude con la sonda cerebrale di Will che
non mantiene la traiettoria corretta, questa prima stagione termina
in parte dove inizia il terzo romanzo.
Le linee temporali del libro 2 e 3
coincidono parzialmente
Fino all’episodio 5,
Il problema dei 3 corpi si attiene agli eventi del
primo romanzo Tuttavia, dopo l’episodio 5 (Giorno del
Giudizio) e a partire dall’episodio 6 (Destinazione
stelle), la serie inizia ad adattare gli eventi di La
materia del cosmo e Nella quarta dimensione. Sebbene
i due romanzi siano noti soprattutto per il fatto che questi eventi
saltano molto più avanti nel futuro, entrambi iniziano con
situazioni più o meno contemporanee a quelle del primo libro. In
effetti, prima ancora che la serie Netflix si svolga,
Il
problema dei 3 corpi prende in prestito elementi
dell’inizio del terzo romanzo.
Anche se all’inizio non lo sappiamo,
Vera ha saputo che sua madre, Ye Wenjie, è stata la prima umana a
contattare i San-Ti, cosa che ha spinto gli alieni a inviare una
flotta di navi sulla Terra. Così, quando Vera si suicida all’inizio
della serie, è la controfigura di Yang Dong, la
figlia di Ye Wenjie nei libri. Per essere chiari, anche Yang Dong
si suicida all’inizio del primo libro, solo che il terzo libro
rivisita questi eventi dal suo punto di vista, mentre il primo non
lo fa. Nel rappresentare il suicidio di Vera nell’episodio 1, la
serie adatta quindi contemporaneamente il primo e il terzo
romanzo.
A proposito di Vera, nella serie si
apprende che è la figlia di Ye Wenjie e Mike
Evans. Nel libro, i due si uniscono sia nel passato che
nel presente, ma non hanno un figlio insieme. Yang Dong è la figlia
di Ye Wenjie e Yang Weining. Sempre nel libro, Ye
Wenjie uccide sia Yang Weining che Lei Zhicheng, suoi colleghi alla
Base della Costa Rossa. Lo fa in parte per coprire il fatto di aver
inviato il segnale agli alieni. Ma nella serie, Mike Evans – nel
passato e nel presente – è il padre segreto di Vera, e la sua vita
nel Giorno del Giudizio è descritta in modo molto più dettagliato
che nel primo romanzo. Il
problema dei 3 corpi rivela inoltre che l’intero culto
degli adoratori di San-Ti comprende famiglie e bambini.
Questo rende la distruzione
dell’astronave molto più macabra nella serie che nella pagina. In
questa versione, bambini innocenti vengono letteralmente uccisi dai
“buoni”, un’invenzione di Woo, Benioff e Weiss. In un’altra voce
nel reparto delle cose orribili che accadono ai bambini, lo show
trasforma il personaggio virtuale del gioco “Follower” in un
bambino, che dovrebbe rappresentare Vera quando era una bambina.
Nel primo romanzo, Follower non era un bambino e nel libro non
doveva essere una versione digitale di Yang Dong.
Nella trilogia di libri, gli alieni
invasori sono sempre chiamati Trisolariani. Questo
perché il loro sistema stellare ha tre soli, quindi “tri-solare”.
Tuttavia, lo show di Netflix cambia il nome in
San-Ti, che in cinese significa “persona a tre
corpi“. San-Ti fa inoltre riferimento a un adattamento anime
del 2022-2023 de La materia del cosmo. In entrambe le
versioni, apprendiamo che i San-Ti inviano computer complessi
tramite protoni chiamati Sophon. Questi aggeggi di
dimensioni superiori permettono agli alieni di controllare e
manipolare ciò che le persone vedono letteralmente ogni singolo
giorno della loro vita.
Inoltre, in entrambi i casi
l’impatto dei Sophon è essenzialmente lo stesso: l’umanità è
costantemente spiata e i risultati scientifici sono inaffidabili
grazie alla manipolazione dei dati da parte dei Sophon. La
differenza più grande è che nella serie i San-Ti hanno una sorta di
rappresentante dei Sophon sotto forma di una donna che porta una
spada sulla schiena. Interpretata da Sea Shimooka,
questa Sophon si confronta con i personaggi in un modo che non
avviene nei libri.
Senza dubbio, gli aspetti più
accurati di Il
problema dei 3 corpi riguardano Ye Wenjie. Nelle
sezioni ambientate negli anni Sessanta, in cui la giovane Ye Wenjie
è interpretata da Zine Tseng, abbiamo momenti
specifici del libro quasi alla lettera. Anche nel presente, dove Ye
Wenjie è interpretata dalla leggenda della fantascienza
Rosalind Chao, l’etica di questo importante
personaggio del libro si fa sentire alla grande. Tuttavia, la serie
fa un grande passo avanti cambiando la fine della storia di Ye
Wenjie.
Nel primo romanzo, nell’ultimo
capitolo (“Le rovine”), Ye Wenjie torna alla Base della
Costa Rossa e riflette sul “tramonto dell’umanità“. Nella
serie, alla fine dell’episodio 7, viene invece incontrata alle
rovine della Base Costa Rossa dall’agente umano San-Ti
Tatiana. Sebbene la loro conversazione sia tenera,
si capisce che Tatiana è lì per uccidere Ye Wenjie o, per lo meno,
per assicurarsi che salti dalla montagna. In “Le rovine“,
possiamo certamente dedurre che Ye Wenjie si getterà nella morte,
ma non lo vediamo effettivamente accadere sulla pagina.
Saul il Wallfacer in Il problema
dei 3 corpi
Jovan Adepo come Saul Durand, Jess Hong come Jin Cheng in Il
problema dei 3 corpi. Cr. Ed Miller/ Netflix
Nel finale della prima stagione,
Impenetrabili, Saul Durand (Jovan Adepo)
diventa un Wallfacer umano, uno stratega a cui vengono concessi
poteri multinazionali per combattere i San-Ti interamente nella
loro mente. Poiché i San-Ti non capiscono le bugie e non sono
telepatici, il più grande vantaggio degli umani è quello di
pianificare in segreto. Nella serie, Saul è uno dei tre Wallfacer,
ma nel libro La materia del cosmo sono cinque. Inoltre,
anche se all’inizio non è chiaro, alla fine della prima stagione
Saul si trasforma in un analogo abbastanza vicino al personaggio
del libro chiamato Luo Ji.
Introdotto per la prima volta ne La
foresta oscura, Luo Ji diventa forse il personaggio più dinamico
dell’intera serie. In due libri, passa da accademico cinico e
promiscuo a determinato salvatore del genere umano e di Trisolaris.
La serie fa un discreto lavoro nel ricreare il reclutamento di Luo
Ji/Saul nel progetto Wallfacer, riproponendo persino un momento de
La materia del cosmo in cui una donna innocente che ha
avuto un’avventura di una notte con Saul viene uccisa in un
incidente stradale che in realtà non è un incidente.
Per la maggior parte, il personaggio
di Saul è davvero simile a Luo Ji solo per la trama e le
circostanze. Poiché Auggie non esiste nella trilogia, la storia
d’amore tra Saul e Auggie è stata inventata per la serie. Nei
libri, Luo Ji esce con una scrittrice e diventa ossessionato
dall’idea di creare un’amante fittizia assolutamente perfetta, che
bizzarramente rende reale con i suoi poteri unilaterali di
Wallfacer. Alla fine, Saul, Jin, Auggie e Will si trovano su strade
simili a quelle delle loro controparti nei libri. Tuttavia, poiché
la serie li ha trasformati in personaggi totalmente nuovi, i loro
destini finali sono imprevedibili.
Nei giorni e nelle settimane che
hanno seguito la prima di
Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem) su
Netflix,
è apparso chiaro allo streamer che aveva tra le mani un gioiello.
La
prima stagione della
serie fantascientifica si è piazzata subito in cima alle
classifiche di Netflix,
occupando il primo posto della classifica delle serie televisive
più viste dello streamer per tre settimane e della sua Top 10
globale per sette settimane. Chiaramente, la serie aveva fatto
abbastanza per giustificare un rinnovo, che alla fine si è
concretizzato con l’annuncio di una seconda stagione da parte dello
streamer. Tuttavia, nella dichiarazione di Netflix
si leggeva che la serie fantascientifica sarebbe tornata per
“episodi aggiuntivi” che avrebbero “concluso la storia”. Ciò ha
creato una certa ambiguità riguardo al fatto che Netflix
si sia impegnata nella storia per un lungo periodo o solo per un
periodo intermedio.
Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem) è adattato
dalla trilogia di
romanzi Memorie del passato della Terra scritta da Liu Cixin, e
i suoi showrunner David Benioff, Dan Weiss e Alexander
Woo stanno assicurando ai fan che le cose stanno andando
bene. Parlando con The Hollywood Reporter, gli showrunner hanno
rivelato di avere già “una tabella di marcia” su come raccontare la
storia. Non hanno però confermato il numero esatto di episodi
previsti dal nuovo accordo, ma hanno specificato che si tratta di
“stagioni“.
Non una sola. “Sapevamo già quante ore ci servivano per
raccontare il resto della storia, perché abbiamo una tabella di
marcia fino alla fine“, ha detto Weiss. “E abbiamo quello
che ci serve per arrivare alla fine, come previsto da quando
abbiamo iniziato“.
Lo sviluppo della prima stagione di
Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem) ha richiesto
quattro anni e la fase successiva della storia dovrà essere
sviluppata nei tre anni successivi. “Quando finiremo la serie,
saranno sette gli anni che le abbiamo dedicato“, ha aggiunto
Benioff. “Ora siamo in un punto in cui possiamo raccontare il
resto della storia e, sì, abbiamo abbastanza tempo per raccontare
il resto della storia nel modo in cui vogliamo e questo è
immensamente gratificante“.
Il problema dei 3 corpi diventerà
ancora più assurdo
La precisazione del trio di
showrunner chiarisce che Netflix è pronta a portare la storia di San
Ti e della razza umana alla sua “logica” conclusione (non c’è nulla
di logico in 3 Body Problem). Con lo show
Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem) destinato a
proseguire oltre la seconda stagione, le storie degli altri due
romanzi, The Dark Forest e Death’s End, non devono essere
affrettate, ma raccontate correttamente. Detto questo, il trio
aveva precedentemente suggerito che mentre la prima stagione
“facilita” l’ingresso degli spettatori nel mondo, la seconda
stagione è destinata a scatenarsi.
Il cast
Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem) che ha
mandato in tilt l’universo comprende Jovan Adepo, John
Bradley, Rosalind Chao, Liam Cunningham,
Eiza González, Jess Hong, Marlo Kelly, Alex Sharp, Sea
Shimooka, Saamer Usmani, Benedict Wong e Jonathan
Pryce.
L’attesissima serie fantascientifica
Il
problema dei 3 corpi(qui
la recensione) è finalmente disponibile su Netflix. Composta da 8 episodi, questa porta gli
spettatori nel mondo immaginato dallo scrittore Liu Cixin – sui cui libri si basa
la serie – dove una misteriosa razza aliena svela il proprio futuro
arrivo sul pianeta terra con l’obiettivo di conquistarlo e
sostituirsi così alla razza umana. Per riuscirvi, interferiscono
con il lavoro di un gruppo di brillanti fisici e scienziati
potenzialmente in grado di sviluppare strategie per contrastare
tale invasione.
Questo perché questi alieni non
arriveranno sulla Terra prima di 400 anni, tempo durante il quale
gli umani potrebbero riuscire a sviluppare le tecnologie adatte per
sconfiggere gli invasori. L’ultimo episodio,
Impenetrabili, si conclude con un finale aperto, lasciando
dunque immaginare che ci sarà almeno un’altra stagione con cui
portare avanti questo racconto. Ma, stando a quanto narrato nei tre
romanzi della serie, cosa dobbiamo aspettarci da una seconda
stagione?
Il problema dei 3 corpi: cosa
aspettarsi dalla seconda stagione?
Come di consueto, Netflix sta ancora
valutando se rinnovare Il
problema dei 3 corpiper una seconda stagione.
Non c’è ancora una conferma ufficiale, ma dato che la serie è
subito divenuta una delle più viste del momento sulla piattaforma,
c’è da aspettarsi che il rinnovo venga confermato. Nell’attesa,
possiamo dunque già prevedere come proseguirà la trama, seguendo la
storia proposta dai libri. Se la stagione 2 di
Il problema dei 3 corpi si farà, questa si concentrerà
di certo su come gli Impenetrabili (Wallfacer, in originale)
definiranno la loro strategia per la guerra contro l’invasione
aliena.
Dopotutto, questo è l’obiettivo
principale del secondo libro della serie, La materia del
cosmo: nella sua trama, i quattro Impenetrabili (uno in più
rispetto alla serie TV) sviluppano i loro piani in modo
indipendente. Gli alieni San-Ti non sono in grado di leggere nelle
loro menti e per questo nominano tre umani come “Wallbreakers”,
persone che analizzano le informazioni registrate dai sophon e
cercano di capire i piani segreti degli Impenetrabili nella ricerca
di una soluzione all’invasione aliena.
La battaglia di intelligenza tra
Impenetrabili e Wallbreakers nel libro va alla fine a favore degli
alieni: le strategie di tre dei quattro Impenetrabili vengono
neutralizzate, e l’unico che può ancora definire un piano di
successo è il personaggio che ispira Saul Durand
(nel libro, corrisponde all’astronomo Luo Ji).
Egli fornisce a quel punto precise istruzioni agli umani e poi
entra in ibernazione, chiedendo di essere rianimato se accadrà
qualcosa di particolare. Il racconto, dunque, si sposta in avanti
di secoli, con la flotta aliena ora più vicina alla Terra.
Ci si può dunque aspettare che la
seconda stagione preveda dunque l’elaborazione delle strategie
degli Impenetrabili, come anche i piani dei San-Ti per cercare di
fermarli. A guidare gli umani traditori ci sarà probabilmente
Tatiana, che viene mostrata per l’ultima volta
nella prima stagione mentre è intenta a provare uno dei caschi di
realtà virtuale forniti dai San-Ti. Non sappiamo cosa le sia stato
mostrato, ma dall’espressione di gioia sul suo viso possiamo
immaginare che le verrà chiesto di prepare il terreno per l’arrivo
di quelli che la ragazza considera ormai degli dei salvifici.
In ultimo, da una seconda stagione
ci si può aspettare questo salto in avanti di secoli, considerando
che per giungere sulla terra i San-Ti impiegheranno circa 400 anni.
Ciò permetterebbe di avvicinarsi al momento del loro arrivo,
presentando dunque uno scenario futuristico in cui i protagonisti
dovranno compiere ulteriori passi verso la certezza di poter
impedire l’invasione. Come saprà chi ha letto i 3 libri, alla fine
si giunge all’effettivo arrivo degli alieni, alla battaglia per la
sopravvivenza e al suo esito. Idealmente, questi ultimi eventi
potrebbero però verificarsi in una terza stagione.
Netflix
ha diffuso una clip esclusiva di Il
problema dei 3 corpi (3 Body Problem), l’attesa serie
tv Originale Netflix.
Insieme ad una prima scena della serie il colosso streaming ha
annunciato la data di uscita della serie che debutterà in streaming
sulla piattaforma il 21 Marzo 2024.
Dagli ideatori pluripremiati agli
Emmy David Benioff e D.B. Weiss (Il trono di
spade), e dal candidato agli Emmy Alexander Woo (The
Terror: Infamy, True Blood) ecco un racconto elettrizzante che
ridefinisce i canoni del dramma fantascientifico attraverso misteri
sovrapposti e gravi implicazioni al di fuori di ogni
classificazione. Serie tratta dall’acclamata trilogia bestseller Il
problema dei tre corpi.
La fatidica decisione di una donna
nella Cina degli anni ’60 riecheggia attraverso lo spazio e il
tempo fino a raggiungere un gruppo di geniali scienziati nel
presente. Quando le leggi della natura si sgretolano davanti ai
loro occhi, cinque ex colleghi si riuniscono per affrontare la più
grande minaccia nella storia dell’umanità.
Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem) riceve un
nuovo aggiornamento sulle riprese delle stagioni 2 e 3, rivelando
un importante cambio di location. Creata da David Benioff, D. B.
Weiss e Alexander Woo, la serie fantascientifica è un adattamento
del romanzo The Three Body Problem di Liu Cixin. La serie è
stata trasmessa per la prima volta nel 2024 e segue un gruppo di
scienziati che lavorano per impedire l’estinzione della razza umana
da parte di una razza aliena in arrivo. La serie ha avuto un
successo tale che Netflix ha dato il via libera alla seconda
stagione di Il problema dei 3 corpi e a una terza
stagione, che concluderà la serie.
Ora, Screen Daily condivide nuove informazioni sulla
produzione delle stagioni 2 e 3 di Il problema dei 3 corpi,
rivelando che le riprese delle due stagioni si svolgeranno in
Ungheria. Questo segna un cambiamento rispetto alla prima
stagione, che è stata girata principalmente nel Regno Unito, anche
agli Shepperton Studios. La prima stagione è stata girata anche in
Spagna e Panama, oltre che in diversi luoghi degli Stati Uniti,
come New York, Massachusetts e Florida. Non è ancora chiaro quali
altre location internazionali saranno aggiunte per la seconda e la
terza stagione.
Screen Daily segnala che i
documenti depositati sul sito web dell’Ufficio Nazionale del Cinema
ungherese rivelano che la produzione delle restanti stagioni
di Il problema dei 3 corpi inizierà l’8 luglio 2025,
con la conclusione prevista per il 2 agosto 2027. Con il
trasferimento delle riprese in Ungheria, la produzione potrà
usufruire degli incentivi competitivi offerti dal Paese, che
includono un’aliquota del 30% sulle spese di produzione
ammissibili, di cui il 25% può essere di provenienza non ungherese.
Infine, il rapporto rivela che il budget per la seconda e la terza
stagione è di ben 267 milioni di dollari, di cui 80 milioni
provenienti da sovvenzioni indirette.
Cosa significa questo per la
seconda e la terza stagione di Il problema dei 3 corpi
Quando potrebbe arrivare la
seconda stagione
Le
recensioni di Il problema dei 3 corpi sono state
generalmente positive sia da parte della critica che del pubblico,
ma è stato ipotizzato che la serie non abbia ottenuto i risultati
sperati da Netflix. Benioff e Weiss sono noti per aver creato
Il Trono di
Spade per HBO, e la serie fantascientifica di Netflix era
il prossimo grande progetto del duo dopo aver concluso quella
storia. Con un budget enorme di 160 milioni di dollari per la prima
stagione di 3 Body Problem, il vago via libera di Netflix
per le due stagioni finali senza menzionare il numero di episodi
non era una decisione che trasmetteva fiducia nel progetto.
L’ultimo aggiornamento mette in
discussione questa idea. 267 milioni di dollari sono chiaramente
una somma enorme e la produzione biennale è un’impresa monumentale.
Il trasferimento in Ungheria potrebbe sicuramente aiutare a far
fruttare ancora di più questi soldi, dato che la prima stagione ha
diritto a un rimborso in contanti fino al 25,5% nel Regno Unito.
L’aggiornamento sulle riprese fornisce anche qualche indicazione
sulla data di uscita della serie. Supponendo che le stagioni
saranno effettivamente girate una dopo l’altra e non
contemporaneamente, la seconda stagione di 3 Body Problem
potrebbe potenzialmente uscire alla fine del 2026.
Dire che Il problema dei 3
corpi (3 Body Problem) era una delle serie più attese del
2023 sarebbe un eufemismo. La serie era basata sull’omonimo romanzo
dell’acclamata autrice cinese di fantascienza Cixin Liu e si è
guadagnata un appassionato fandom sia da parte degli appassionati
di scienza sia da parte dei narratori. Lo show è stato realizzato
anche dagli showrunner David Benioff e Dan Weiss,
al loro primo progetto di genere importante dopo che Il trono di
Spade (Game of Thrones) ha raggiunto la sua controversa
conclusione nel 2019, dato che la loro serie Netflix The
Chair era un programma a evento limitato. Sebbene il
materiale di partenza fosse considerato piuttosto denso e
potenzialmente non adattabile,
Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem) è riuscito ad
adattare brillantemente il romanzo, accontentando sia i fan più
accaniti che i nuovi arrivati.
L’annuncio che Netflix
avrebbe prodotto altri episodi di
Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem) non è stato
del tutto sorprendente, dato che gli ascolti e le recensioni dello
show erano stati abbastanza forti da attirare gli spettatori di
ritorno. Ciò che ha sorpreso è il modo in cui i nuovi episodi sono
stati caratterizzati: Benioff e Weiss hanno
dichiarato di essere entusiasti di “poter raccontare questa storia
fino alla sua epica conclusione”, ma non hanno fatto riferimento
specifico alle nuove puntate come a una seconda stagione. Anche se
è emozionante vedere che la serie non è stata cancellata
prematuramente,
Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem) merita più di
qualche episodio conclusivo per completare adeguatamente la sua
storia.
Il problema dei 3 corpi (3
Body Problem) ha previsto più stagioni
Nonostante le critiche ricevute per
il
finale di Il trono di spade (Game of Thrones), Benioff e
Weiss hanno dimostrato con Il
problema dei 3 corpi (3 Body Problem) di poter condensare un
materiale di partenza molto complesso in una serie
coinvolgente. Mentre il romanzo era incentrato sul personaggio di
Wang Miao, la serie ha introdotto i cinque protagonisti Auggie
Salazar (Eiza
González), Saul Durand (Jovan Adepo),
Jin Cheng (Jess Hong), Will Downing (Alex
Sharp) e Jack Rooney (John Bradley) per
rendere la storia più comprensibile. I personaggi di
Il
problema dei 3 corpi (3 Body Problem) sono solo all’inizio
della loro storia alla fine della prima stagione. La morte
di Rooney ispira gli altri personaggi a lavorare insieme per
proteggere le generazioni future dall’imminente invasione dei
San-Ti.
Nonostante alcune deviazioni
significative,
Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem) riesce a
mantenere la maggior parte dei punti salienti della storia del
primo romanzo della serie. Sebbene i personaggi si rendano conto
che i San-Ti intendono ostacolare le difese della Terra screditando
gli scienziati, sono comunque costretti a fare i conti con
l’imminente invasione della flotta aliena tra 400 anni. Mentre il
concetto di “Wallflowers” viene introdotto nel secondo romanzo,
La foresta oscura, i due capitoli conclusivi della trilogia
di Liu introducono altri personaggi e questioni etiche. La
conclusione della prima stagione inizia solo a sfiorare il modo in
cui l’umanità si unirà per garantire la propria sopravvivenza
collettiva.
La cosa più preoccupante
dell’annuncio di Netflix è che Weiss e Benioff hanno
dichiarato di aver bisogno di quattro stagioni per completare la
loro storia. Le critiche mosse a
Game of Thrones derivano dal fatto che il duo non è stato in
grado di trovare una conclusione convincente, ma nel caso di
Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem), hanno già un
finale dal terzo romanzo, Death’s End. Il duo ha dichiarato che
“l’ultima pagina dell’epopea di Liu Cixin è stata forse la
migliore immagine finale che abbiamo incontrato in una saga
fantascientifica come questa” e che “volevano
disperatamente arrivare alla fine“. Sarebbe incredibilmente
deludente se ancora una volta dovessero concludere frettolosamente
una storia che aveva bisogno di tempo per coprire le sue varie
sottotrame.
Il “problema dei 3 corpi” ha
bisogno di una conclusione estesa
I secondi due titoli della
trilogia di Liu hanno introdotto nuovi elementi che sono maturi per
essere adattati. La Foresta Oscura affronta il tema della
possibilità per l’umanità di trasferirsi su un altro pianeta prima
dell’arrivo dei San-Ti e mostra come le dispute su chi viene scelto
per partire scatenino discussioni sulle differenze di classe. Dati
i temi del privilegio e del potere che Weiss e Benioff hanno
sviluppato in modo così eloquente nel corso di Game of
Thrones, sarebbe certamente interessante vedere come
affrontano questi problemi morali nelle stagioni successive di 3
Body Problem. Purtroppo, queste idee più sfumate potrebbero andare
perse se la serie si avviasse verso una conclusione anticipata.
Il problema dei 3 corpi (3
Body Problem) ha anche bisogno di tempo per completare gli archi
dei personaggi. Sebbene Adepo fornisca una performance
memorabile nel ruolo di Durand negli ultimi episodi della prima
stagione, era evidente che la maggior parte della sua storia veniva
conservata per l’ulteriore esplorazione del Progetto Staircase.
Allo stesso modo, il Thomas Wade di Liam Cunningham riceve una
storia più approfondita nella serie rispetto ai romanzi, il che
suggerisce che potrebbe avere un ruolo più importante negli eventi
futuri.
Uno dei maggiori punti di forza
della prima stagione di 3 Body Problem è stato quello di essersi
presa il tempo necessario per spiegare la scienza concreta che sta
dietro al concetto di fisica del titolo. Tuttavia, Il
problema dei 3 corpi (3 Body Problem) ha bisogno di più di
qualche episodio conclusivo per esplorare adeguatamente i suoi
concetti scientifici. Sarebbe deludente se la serie si
lasciasse sfuggire la costruzione del mondo, dato che
l’attenzione ai dettagli è uno dei motivi del successo della
serie.
Netflix non può
continuare a cancellare le serie drammatiche
Sebbene Il problema dei 3
corpi (3 Body Problem) sia stato lo show più visto
dello streamer per diverse settimane di fila, Netflix ha una
sfortunata storia di cancellazioni premature di show popolari. È
raro che il network abbia show di genere che durano più di qualche
stagione. Programmi acclamati come
Lockwood & Co,
The Midnight Club, Dark Crystal: Age of
Resistance, e 1899 sono stati tutti lasciati senza una
conclusione adeguata. A lungo termine, questo non è di buon
auspicio per la longevità della libreria di Netflix, poiché gli
spettatori potrebbero esitare a guardare una serie che è stata
completata solo in parte. Il problema dei 3 corpi (3 Body
Problem) ha il potenziale per essere una delle più
grandi serie drammatiche di tutti i tempi, perché il potenziale è
nel materiale di partenza. Tagliare una serie ambiziosa nel suo
momento migliore non è solo una delusione per i fan, ma un segnale
preoccupante per i futuri progetti di Netflix.
Il
Principe è la nuova docu-serie italiana Netflix in 3 episodi
prodotta da MDE Films e sviluppata da Beatrice Borromeo
Casiraghi, che ne è anche la regista, e che sarà
disponibile dal 4 luglio in tutti i Paesi in cui il servizio è
attivo.
Un principe in esilio, una
top model, uno sparo nel buio che cambierà la vita di tantissime
persone, generazione dopo generazione. Il Principe è una docu serie
in tre episodi che, partendo dagli eventi successi nella tragica
notte del 18 Agosto 1978 all’isola di Cavallo, ripercorre la storia
di Vittorio Emanuele di Savoia, ultimo erede al trono d’Italia.
Per quanto la vicenda
giudiziaria dell’omicidio del giovane Dirk Hamer sia centrale nella
vita del principe e di conseguenza nella docuserie, puntata dopo
puntata emerge di lui un racconto più intimo: il suo tormentato
rapporto con i genitori, la storia d’amore con Marina Doria, gli
anni di lavoro in Iran, gli scandali e molto altro.
Con nuove, esclusive
interviste al Principe Vittorio Emanuele, inediti contributi e
testimonianze da parte di giornalisti, membri della famiglia
Savoia, della famiglia Hamer – tra cui Emanuele Filiberto, Marina
di Savoia, Birgit Hamer – e con le prime dichiarazioni da parte dei
testimoni presenti quella fatidica notte a Cavallo, la docu-serie
si presenta come un racconto oggettivo della vita di una delle
figure più controverse dell’ultima famiglia reale italiana. Allo
stesso tempo, Il Principe è anche un racconto più ampio che
riflette sull’impatto e le conseguenze che azioni delle generazioni
precedenti possano avere su quelle successive.
SINOSSI
EPISODICHE
EPISODIO 1
Il primo episodio parte da quel referendum del 1946
che, trasformando l’Italia in una Repubblica, frantuma l’identità
del giovane principe, costretto all’esilio. Un Savoia ormai
adulto, sposato e con un figlio piccolo, compra una casa a Cavallo,
in Corsica, nell’unico punto da cui si vede in lontananza
quell’Italia che gli era proibita. Nel 1978 un gruppo di Italiani,
in vacanza in Sardegna, decide di visitare Cavallo e di usare senza
permesso il canotto del principe, senza sapere che quell’azione
avrebbe dato il via ad una escalation di eventi culminati con il
ferimento e la tragica morte del giovane Dirk Hamer.
EPISODIO 2
La morte di Dirk Hamer comincia a cambiare
profondamente la vita di tutte le persone coinvolte, in particolare
quella della famiglia Savoia, che deve combattere contro il rischio
di decenni di carcere, e quella di Birgit Hamer, la sorella di
Dirk, che dedicherà la sua vita alla ricerca della verità e della
giustizia.
EPISODIO 3
Nel terzo episodio, oltre al processo, seguiremo anche
il rientro in Italia della famiglia reale dopo mezzo secolo di
esilio, un nuovo scandalo che vedrà Vittorio Emanuele di nuovo
incarcerato e un’inaspettata risoluzione a tutte le domande
sospese. Ma soprattutto, vedremo come il coraggio delle nuove
generazioni, da Emanuele Filiberto di Savoia alle figlie di Birgit
Hamer, permetterà di affrontare i traumi ereditati e di liberarsi
dal peso di un passato irrisolto.
CREDITS:
Produzione: MDE Films
Prodotto da: Beatrice Borromeo Casiraghi, Francesco
Melzi d’Eril
Produttori esecutivi: Marco Morabito, Paolo
Bernardelli
Dal 4 luglio, sono disponibili su
Netflix i tre episodi che compongono la miniserie
Il principe, intrigante prodotto audiovisivo che
fonde la ricostruzione storica con il crime per indagare la
controversa figura dell’ultimo erede al trono d’Italia,
Vittorio Emanuele di Savoia, soffermandosi nello
specifico sugli eventi della tragica notte del 18 Agosto 1978
all’isola di Cavallo, quando un colpo sparato dal fucile di
Vittorio Emanuele uccise il giovane tedesco Dirk
Hamer.
Il principe, tra esili e
processi
Si parte dall’esilio della famiglia
Savoia – Vittorio Emanuele, la moglie
Marina Doria e il figlio Emanuele
Filiberto – avvenuto a seguito del referendum del 1946 che
trasforma l’Italia in una Repubblica. Vittorio compra una casa a
Cavallo, in Corsica, dove avverrà il tragico fatto che costituisce
la narrazione principale dell’intera miniserie: il ferimento e la
successiva morte del giovane tedesco Dirk Hamer. E
ancora, il processo, il ritorno in Italia della famiglia reale dopo
mezzo secolo di esilio, l’indagine da parte della pretura di
Venezia per traffico internazionale di armi e l’iscrizione alla
loggia massonica della P2.
Unendo la testimonianza degli allora
ragazzi presenti sulla barca quella notte, tra cui i Malagò e i
Pende, la serie sviluppata e diretta da Beatrice
Borromeo analizza i fatti di quella tragica notte,
presentando entrambe le prospettive, quella del colpevole e delle
vittime, per imbastire uno studio dettagliato su una delle figure
più controverse e interessanti della scena politica e sociale
italiana.
17 agosto 1978: i fatti
La notte del 17 agosto 1978,
sull’isola di Cavallo (che si trova al largo della costa
meridionale della Corsica), Vittorio Emanuele
scoprì che il gommone del suo yacht era stato rubato e agganciato a
un altro yacht vicino. Armato di fucile, tentò di salire a bordo
dell’imbarcazione. Sparò a un passeggero che aveva svegliato; il
colpo lo mancò ma ferì mortalmente Dirk Hamer (il
figlio diciannovenne di Ryke Geerd Hamer), che
dormiva sul ponte di un altro yacht adiacente. Dirk è ricordato da
tutti i testimoni che intervengono nella miniserie come un “super
atleta”, un ragazzo affabile ed educato che parlava quattro lingue,
una giovane promessa in tutto, che non avrebbe nemmeno dovuto
essere lì quella notte. Il principe ammise la responsabilità civile
della morte in una lettera del 28 agosto 1978. Dirk
Hamer morì per le ferite riportate il 7 dicembre 1978 e
Vittorio Emanuele fu arrestato.
L’11 ottobre 1989, Vittorio
Emanuele fu incriminato con l’accusa di lesioni letali e
possesso di un’arma pericolosa. Tuttavia, il 18 novembre 1991, dopo
tredici anni di procedimento giudiziario, la Corte d’Assise di
Parigi lo assolse dalle accuse di ferimento mortale e omicidio
involontario, giudicandolo colpevole solo di possesso non
autorizzato di un fucile M1 Garand. Ricevette una condanna a sei
mesi di reclusione con la condizionale.
Incarcerato nel giugno 2006 con
accuse non collegate di corruzione, Vittorio
Emanuele è stato registrato in un video mentre ammetteva
che “ero nel torto, […] ma devo dire che li ho ingannati [i
giudici francesi]“, provocando un appello da parte di
Birgit, sorella di Dirk Hamer, affinché Vittorio
Emanuele fosse nuovamente processato in Italia per l’omicidio del
fratello.
Birgit Hamer ha
intrapreso una lunga battaglia legale per ottenere il video
completo. Ha dichiarato: “Quella che per noi è una confessione,
per lui è un vanto: ride del fatto che ha ucciso un ragazzo“.
La storia del video fu divulgata dalla giornalista aristocratica
Beatrice Borromeo, che ha anche curato la
prefazione del libro sull’omicidio scritto da Birgit Hamer,
Delitto senza castigo. Vittorio Emanuele
ha denunciato il giornale per diffamazione, sostenendo che il video
era stato manipolato.
Birgit e Marina: le voci femminili
contrapposte de Il Principe
Il punto di vista più forte e deciso
della miniserie Il Principe è, naturalmente,
quello della sorella di Dirk, Birgit Hamer, che ha
da sempre cercato giustizia, destreggiandosi in un mare di
coperture, minacce e indagini mancanti. “Sono successe
cose stranissime“, sentenzia Birgit Hamer senza alcun dubbio.
Dopo che Vittorio Emanuele scappa in Svizzera, la famiglia di Dirk
continua a chiedere giustizia e affermare a gran voce che il
principe si sta nascondendo. Non vi era ombra alcuna di indagini, i
giornalisti che tentavano di affrontare la vicenda scrivendo
articoli sul tema venivano minacciati, sempre che questi articoli
non scomparissero direttamente. Pian piano, le versioni degli
eventi hanno iniziato ad essere modificate, quando gli avvocati dei
Savoia hanno fiutato un’occasione, riuscendo addirittura a far
scompare il documento di ammissione di colpa, con l’intenzione di
“gettare il dubbio su una cosa che è stata certa fin
dall’inizio“.
Contrappunto di Birgit, nella serie
emerge anche il ruolo fonamentale di Marina Doria
nella vicenda. Viene descritta da alcuni testimoni e dallo stesso
figlio Emanuele Filiberto come una donna molto forte, tratto
caratteriale ereditato dall’essere una sportiva, precisamente una
ex campionessa mondiale di sci nautico: in Svizzera era considerata
una vera e propria diva. Dopo i fatti di Cavallo, la vita di
Marinadiventa votata a cercare di scagionare
il marito. Attraverso una buona fetta di materiale d’archivio, la
voce di Marina è l’unico vero controcampo per quella di Birgit, e
conferma di esserlo stata anche nel passato, quando si recava
all’estero per ricostruire i modelli delle barche presenti la notte
di Cavallo per cercare di scagionare il marito e dimostrare che le
pallottole non potevano essere partite dal suo fucile.
Dietro Marina – e completamente
annebbiato dalla fermezza risolutiva e dalla dialettica impeccabile
di Birgit Hamber – c’è un Vittorio
Emanuele incerto, nel presente e nel passato, che spesso
si impappina, che afferma “il toro c’ha le corna, io ho dovuto
difendermi come nella corrida“, ma non esita a confessare che
la sua infanzia è stata caratterizzata dalla quasi totale assenza
di affetto da parte dei suoi genitori. Una confessione che, forse,
dice molto di più delle infinite riconsiderazioni e ritrattazioni
volte a mascherare l’imperdonabile.
Dal 2011 il regista e sceneggiatore
francese Michel Hazanavicious tenta di replicare
l’enorme successo che ebbe, in quell’anno, con The Artist, il supo film più famoso e
premiato, che lo portò in vetta a Hollywood e gli regalò ben 5
premi Oscar, tra cui quello per la migliore regia e il miglior
film.
Quando un tale successo arriva così
presto nella propria carriera, sembra quindi che si abbia
un’asticella altissima per valutare tutto ciò che viene dopo. E la
carriera di Hazanavicious non è stata molto clemente, in questo
paragone costante con quell’opera. Dopo diversi film che non hanno
esattamente brillato per ricercatezza estetica o pregi particolari,
il regista torna dietro alla macchina da presa con Il Principe
Dimenticato, in cui racconta una vera e propria fiaba per bambini,
in cui spiega ai grandi come riuscire a stare al passo dei propri
figli.
Il Principe Dimenticato, la
trama
Il Principe
Dimenticato racconta la storia di Djibi, un papà
single la cui vita intera gira intorno alla propria figlia di 8
anni, Sofia. Ogni sera nel loro rituale della storia della
buonanotte il papà porta Sofia a “Storyland”, uno studio
cinematografico di fantasia in cui le loro fiabe prendono vita e in
cui Djibi interpreta sempre un eroico Principe Azzurro. Tre anni
più tardi e quasi adolescente, Sofia inizia a distanziarsi dalle
storie del padre che non ricopre più il ruolo di eroe. Djibi deve
quindi trovare il modo di ritornare l’eroe della vita e delle
storie di sua figlia.
Michel
Hazanavicious si confronta con la fiaba per bambini, con
la metafora della crescita e con l’esigenza, forse biografica, di
trovare e offrire una bussola a quei genitori che si trovano in
difficoltà a gestire l’adolescenza dei propri figli.
Volto allegro del principe
protagonista è Omar Sy, vera e propria stella del
cinema europeo che spesso e volentieri presta la sua fisicità
all’action americano e che qui sfoggia il suo sorriso migliore nei
panni di un papà davvero premuroso. Oltre a Sy e alla giovane
Sarah Gaye nei panni della dodicenne Sophia, il
film vede protagonista anche la sempre meravigliosa
Berenice Bejo, che, dopo la pioggia di nomination
per il suo ruolo in The Artist, ha ridimensionato la sua
carriera, forse sprecando un po’ il suo volto magnetico e il suo
elegante talento.
Il Principe Dimenticato contro il
cinismo di un mondo che cambia
Nonostante sia un film
per ragazzi e per famiglie, Il Principe
Dimenticato sembra ripercorrere, con intenzioni e per
strade diverse, quello che era stato il percorso di The
Artist, diventando anche una riflessione sulla
fantasia, contro il cinismo, recuperando la magia e l’ingenuità che
si respirava nel film del 2011.
Il Principe
Dimenticato è anche una sfida tecnica, è un fantasy
ad alto budget in cui le scenografie reali si incrociano
costantemente con quelle di fantasia e in cui la ripresa dal vivo e
l’animazione convivono in maniera naturale e funzionale al
racconto.
Leggero e divertente, con il pregio
di veicolare messaggi universali con un linguaggio semplice e
diretto, Il Principe Dimenticato è un
invito a ricordare, grandi o piccoli, che le storie sicuramente non
salvano il mondo, ma possono aiutarci ad affrontarlo con lo spirito
alto.
Guada il trailer de
Il
principe di Roma, con
Marco Giallini, Giulia Bevilacqua, Filippo Timi, Sergio
Rubini, Denise Tantucci, Antonio Bannò, Liliana Bottone,
Massimo De Lorenzo con Andrea Sartoretti e con Giuseppe
Battiston. In anteprima nella sezione GRAND PUBLIC alla
XVII edizione della Festa del Cinema di Roma.
Roma, 1829. Bartolomeo è un uomo ricco e avido che
brama il titolo nobiliare più di ogni cosa. Nel tentativo di
recuperare il denaro necessario a stringere un accordo segreto con
il principe Accoramboni per ottenere in moglie sua figlia, si
troverà nel bel mezzo di un sorprendente viaggio a cavallo tra
passato, presente e futuro. Accompagnato da compagni d’eccezione
dovrà fare i conti con sé stesso e conquistare nuove
consapevolezze.
Presentato fuori concorso nel 2022
alla Festa del Cinema di Roma, il film Il principe
di Roma vede
Marco Giallini mattatore assoluto di una storia che si
muove tra ricostruzione storica e fantasia. Per questo film, il
regista Edoardo Falcone
(autore anche di Questione
di Karma e Io
sono Babbo Natale, l’ultimo film con Gigi
Proietti) ha dichiarato di essersi ispirato a
Nell’anno del Signore di Luigi Magni, che
vide da bambino in un’arena romana. Da quella visione nacque il suo
interesse per la Roma del Papa Re, periodo che ha dunque scelto per
ambientare la storia di questo progetto.
Il soggetto del film, tuttavia, trae
anche spunto in modo evidente dal celebre racconto di
Charles Dickens, Canto diNatale, seppur con qualche variazione sul tema da
parte di Falcone.Il principe di Roma è
infatti la sua personalissima trasposizione filmica di quell’amato
e iconico racconto, dove però l’odioso Scrooge si trasforma in un
avido romano arricchito che brama un titolo nobiliare, non vive
nella Londra dell’Ottocento ma nella Roma papale degli anni che
hanno preceduto l’unità nazionale.
Si configura così un film che, tra
commedia e fantastico mira – proprio come l’opera di Dickens – a
far riscoprire i veri valori della vita e le cose importanti che
abbiamo sotto gli occhi ma di cui spesso non ci accorgiamo. In
questo articolo, approfondiamo dunque alcune delle principali
curiosità relative a Il principe di Roma.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama, al
cast di attori e alle location dove si
sono svolte le riprese. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
Denise Tantucci e Marco Giallini in Il principe di Roma. Cortesia
di Lucky Red
La trama di Il principe di Roma
Ambientato a Roma nel 1829, il film
racconta la storia di Bartolomeo, un uomo d’affari
benestante che ambisce ad ottenere un titolo nobiliare, ma averlo
non è così facile. È così che il nostro Bartolomeo cerca di
racimolare abbastanza denaro per stipulare un accordo clandestino
con il principe Accoramboni: se gli darà la cifra
richiesta, il nobile concederà all’uomo d’affari la mano di sua
figlia, permettendogli così di ottenere il bramato titolo.
Bartolomeo si mette così in viaggio a cavallo, ma non immagina che
lungo il percorso s’imbatterà in diversi compagni e che
l’itinerario lo porterà ad ottenere una nuova consapevolezza di se
stesso.
Il cast di attori e le location dove si sono svolte le
riprese
Ad interpretare Bartolomeo Proietti
vi è l’attore
Marco Giallini, mentre Giulia Bevilacqua
interpreta Teta, la governante innamorata di
Bartolomeo. Sergio
Rubini ricopre il ruolo del principe Accoramboni, un
aristocratico decaduto che cerca di risollevare la sua famiglia
promettendo la figlia in sposa a Bartolomeo. Andrea Sartoretti è Eugenio, un vecchio amico di
Bartolomeo ormai ridotto in povertà e piuttosto rancoroso.
Denise Tantucci interpreta invecee lo spirito di Beatrice
Cenci, che accompagna Bartolomeo nel suo viaggio nel passato,
mentre
Filippo Timi, nei panni di Giordano Bruno, gli mostra
le verità del presente.
Giuseppe Battiston è infine Papa Borgia, la guida che
gli rivela le conseguenze future delle sue azioni.
Marco Giallini e Giuseppe Battiston in Il principe di Roma.
Cortesia di Lucky Red.
Una delle location principali
di Il principe di Roma è il palazzo dove
abita il protagonista, che nella realtà è Villa Parisi di
Monte Porzio Catone. In Piazza lovatelli
è stata invece girata la scena dove Bartolomeo manda a quel paese
il frate che gli chiede l’elemosina. A Villa
Altieri sono invece state realizzate le scene ambientate
nell’orfanotrofio. Non tutte le scene del film sono però state
girate nella Capitale o nel Lazio. Diverse location le troviamo
infatti in Umbria, per la precisione a Orvieto, in
provincia di Terni, dove è stata girata la scena
in cui Bartolomeo incontra gli spiriti dei poeti Keats e Shelley,
ma anche quella in cui si festeggia l’istituzione della Repubblica
Romana.
Il trailer del film e dove vederlo
in streaming e in TV
È possibile fruire di Il
principe di Roma grazie alla sua presenza su alcune delle
più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nei cataloghi di Apple TV, Tim
Vision e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità video. Il film
è inoltre presente nel palinsesto televisivo di mercoledì 9
ottobre alle ore 21:30 sul canale
Rai 1.
Arriva in prima
tv su Sky lunedì 1° maggio IL PRINCIPE DI ROMA, alle 21.15 su
Sky Cinema Uno (e alle 21.45 anche su Sky Cinema Collection), in
streaming su NOW e disponibile on demand.
Una divertente commedia diretta da
Edoardo Falcone, con protagonista Marco Giallini nei panni di un ricco uomo che
sta per diventare nobile. Nel cast con lui anche Giulia
Bevilacqua,
Filippo Timi,
Sergio Rubini, Denise Tantucci, Antonio Bannò, Liliana Bottone,
Massimo De Lorenzo, con Andrea Sartoretti e con
Giuseppe Battiston. Il film è una produzione Lucky Red
con Rai Cinema in collaborazione con Sky Cinema.
La trama del
film
Roma, 1829. Bartolomeo è un uomo
ricco e avido che brama il titolo nobiliare più di ogni cosa. Nel
tentativo di recuperare il denaro necessario a stringere un accordo
segreto con il principe Accoramboni per ottenere in moglie sua
figlia, si troverà nel bel mezzo di un sorprendente viaggio a
cavallo tra passato, presente e futuro. Guidato da compagni
d’eccezione dovrà fare i conti con sé stesso e conquistare nuove
consapevolezze.
Il film fa parte anche della
collection RISATE ALL’ITALIANA, che da
lunedì 1 a domenica 14 maggio proporrà su Sky
Cinema Collection oltre 120 titoli con le migliori
commedie “made in Italy” e i grandi nomi delle risate all’italiana.
Oltre a Marco Giallini conIL PRINCIPE DI ROMA tra
i protagonisti della collection ci sono Antonio Albanese nelle
celebri vesti dell’imprenditore calabrese corrotto Cetto La
Qualunque in QUALUNQUEMENTE, TUTTO TUTTO
NIENTE NIENTE e CETTO C’È
SENZADUBBIAMENTE; Paola Cortellesi, diretta da Riccardo
Milani, nella commedia campione d’incassi MA COSA CI DICE
IL CERVELLO e SCUSATE SE ESISTO! con
Raoul Bova; Claudio Bisio tra le sale al Quirinale in
BENVENUTO PRESIDENTE!, BENTORNATO
PRESIDENTE e, in compagnia di Alessandro Siani, nelle
commedie che hanno sbancato al botteghino BENVENUTI AL
SUD e BENVENUTI AL NORD. Siani sarà anche
in veste di regista e di protagonista in MISTER
FELICITÀ con Diego Abatantuono; quest’ultimo anche tra gli
irresistibili protagonisti di COMPROMESSI SPOSI
con Vincenzo Salemme e del remake della commedia francese “Tanguy”
IL MAMMONE con Angela Finocchiaro e Andrea Pisani;
l’attore.
E ancora il regista e sceneggiatore
toscano Leonardo Pieraccioni con IL SESSO DEGLI
ANGELI, SE SON ROSE e UN
FANTASTICO VIA VAI; e l’attore e comico Pasquale Petrolo,
in arte Lillo, nella commedia diretta e interpretata da Sergio
Rubini MI RIFACCIO VIVO, in CON CHI
VIAGGI con Fabio Rovazzi e nell’esilarante GLI
IDOLI DELLE DONNE con Greg e Corrado Guzzanti. Infine, il
duo comico siciliano Ficarra e Picone in LA
MATASSA e in ANDIAMO A QUEL PAESE tra
superstizione e risate; il trio comico più popolare d’Italia, Aldo,
Giovanni e Giacomo, ne IL COSMO SUL COMÒ e
ODIO L’ESTATE; la commedia di Neri Parenti
VACANZE AI CARAIBI con Christian De Sica e quella
di Carlo Vanzina come NON SI RUBA A CASA DEI LADRI
con Vincenzo Salemme, Massimo Ghini, Stefania Rocca e Manuela
Arcuri.
Il principe del
deserto, l’ultimo film di Jean Jacques
Annaud è il riadattamento del romanzo del 1957 Il paese
dalle ombre corte dello svizzero Hans Ruesch. La vicenda è
ambientata in Medioriente all’inizio del ventesimo secolo e si apre
con un patto tra due sultani che hanno appena terminato un
conflitto.
Il vincitore Nesib, l’emiro di
Hobeika (Antonio
Banderas), detta la condizioni di pace al suo rivale
Amar, il sultano di Salmah (Mark
Strong). Come da tradizione, quest’ultimo deve offrire
a Nesib i suoi due figli maschi, a garanzia del trattato di pace. I
due ragazzini, Saleeh e Auda, devono essere adottati dall’emiro di
Hobeika e nessuno potrà più reclamare i diritti della cosiddetta
Striscia Gialla, una lingua di deserto tra Hobeika e Salmah.
Quindici anni dopo, una serie di eventi stravolgono la vita di
questi personaggi, e così Auda sarà così costretto a togliere i
panni di timido bibliotecario e a scoprirsi leader carismatico.
Guardando le immagini di Black Gold
(titolo originale del film Il principe del deserto) è letteralmente
impossibile non pensare al capolavoro del 1962 di David Lean
Lawrence d’Arabia. A differenza di quella pellicola, però, qui è
più forte l’atmosfera da “Mille e una notte”, merito anche
delle musiche di James Horner. Come nelle fiabe
migliori, da una parte c’è l’avidità e il progresso e dall’altra la
dignità, il coraggio e la tradizione. Ad incarnare questi modelli
così agli antipodi, troviamo da una parte la maschera impassibile e
incorruttibile di Mark Strong, mentre dall’altra
Antonio Banderas nei panni di un sultano così avido e
cinico da apparire quasi divertente. Stretto tra due fuochi, il
giovane Auda (il bravissimo Tahar Rahim visto ne
“Il Profeta”) è costretto trovare la “sua” strada,
sorretto solo dall’amore di Leyla (la bella Freida
Pinto).
Nonostante Il principe del
deserto non vada annoverato tra le opere più “personali”
di Annaud, la storia convince per la forza di alcuni temi
universali, trattati con un ritmo e un gusto per la narrazione che
la avvicinano più ad alcune buone produzioni hollywoodiane,
piuttosto che al cinema d’autore. La sceneggiatura dell’olandese
Menno Meyjes (“Il colore viola”, “L’impero del Sole”, “Indiana
Jones e l’ultima crociata”) è scritta molto bene e tiene fede
al romanzo da cui il film è tratto. I personaggi sono ottimamente
caratterizzati e, nonostante dei dialoghi non sempre originali, la
pellicola fa sfoggio di ottimi attori, buona fotografia e costumi
grandiosi. Nonostante l’avversione di Annaud per la CGI, non
mancano scenografie bellissime (Pierre Queffelean)
e scene di battaglia ed esplosioni spettacolari.
Dopo la proiezione per la stampa del
film Il Principe del deserto, tratto dal romanzo
di Hans Ruesch, arrivano due ospiti d’eccezione nella sala 2 del
multisala Barberini: sono il regista francese Jean Jacques Annaud e
l’interprete principale Tahar Rahim.
Il regista di capolavori come Il
nome della rosa, L’orso e L’amante si accomoda accanto alla
traduttrice e si scusa con i giornalisti. “Parlo poco
italiano”, dice Jean Jacques Annaud, divertito. Poco dopo,
sale su palco anche il giovane Tahar Rahim, quasi irriconoscibile
rasato e in abiti moderni.
La profezia de
Il Principe che fu Promesso è stata uno dei
principali argomenti di discussione durante le otto stagioni del
Trono di Spade, portando a domande sulla sua
risoluzione. La serie è stata adattata da Le Cronache del
Ghiaccio e del Fuoco di George R.R. Martin, e
la profezia è senza dubbio più prominente nei romanzi che nella
serie TV. L’adattamento della HBO ha notoriamente sorvolato su
molti dei dettagli importanti dei romanzi, in particolare dopo la
quinta stagione, quando la serie ha proseguito in autonomia in
assenza del materiale originale.
Con questo in mente, le teorie
riguardanti Il Principe che fu Promesso erano
ancora valide durante la serie TV, poiché il pubblico spesso
mescolava la tradizione dei libri con fatti televisivi per creare
le proprie teorie. Mentre i lettori stanno ancora aspettando il
prossimo romanzo, il finale di Il
Trono di Spade è ormai storia vecchia, e ci sono
ancora enormi e persistenti domande riguardo alla profezia. Ora, la
serie TV prequel House of the Dragon lo esplora
ulteriormente la faccenda, aumentando la potenziale confusione.
Spiegazione della profezia su
Il Principe che fu Promesso
Ci sono criteri vaghi stabiliti per
la profezia
I dettagli cruciali della
profezia affermano che Il Principe che fu
Promesso sarà un eroe che si farà avanti per liberare il
mondo dall’oscurità, il che presumibilmente suggerisce il Lungo
Inverno o l’arrivo degli Estranei. Una “stella sanguinante”
dovrebbe annunciare l’arrivo del principe, che si dice abbia una
“canzone” conosciuta come la canzone del ghiaccio e del
fuoco. Le profezie giocano un ruolo importante nell’universo
di George R.R. Martin, come la profezia di
Valonqar data a Cersei da Maggy la Rana o le visioni di Daenerys
nella Casa degli Eterni.
Nella serie TV Il
Trono di Spade la profezia è appena menzionata,
ma si sospetta ancora che vari personaggi siano l’eroe di cui
sopra. Nei libri, praticamente ogni personaggio può essere il
Pricnipe, perché adempie a uno o più requisiti che occorrono per
rientrare nella profezia stessa. Ci sono alcuni criteri stabiliti
per la profezia che puntano a personaggi particolari rispetto ad
altri. I criteri sono i seguenti:
Nato tra sale e fumo sotto una stella sanguinante.
Sveglierà i draghi dalla pietra.
Estrarrà dalle fiamme una spada chiamata Portatrice di Luce,
che userà per combattere l’oscurità.
Questi criteri sono vitali, ma ci
sono altri aspetti importanti da considerare. La profezia è
tradotta dal Valyriano, dove la parola principe non ha genere, il
che significa che potrebbe essere un uomo o una donna. Un’altra
frase ripetuta suggerisce che “il drago ha tre teste”, il che non è
chiaramente collegato alla profezia ma ha portato molti a credere
che gli eori siano in realtà tre. Ciò è supportato dal fatto che
Daenerys ha tre draghi, che avrebbero bisogno di altri due
cavalieri per montarli e proteggere Westeros dall’oscurità.
Potrebbe essere vero nei libri, ma questo aspetto è stato aggirato
nella serie.
Il Principe che fu
Promesso e Azor Ahai sono la stessa persona?
Azor Ahai è un personaggio
leggermente diverso, ma spesso vengono confusi
Azor Ahai
e Il Principe che fu Promesso sono spesso
termini usati per descrivere la stessa cosa. Melisandre li utilizza
in modo intercambiabile in tutta la serie di libri, ma Azor Ahai ha
una connotazione leggermente diversa. Il nome Azor Ahai deriva dai
seguaci di R’hllor, il Signore della Luce, come Melisandre e Toros
di Myr. Nei racconti si parla di Azor Ahai come di un eroe
leggendario che brandisce una spada infuocata chiamata Portatrice
di Luce. Sembra molto probabile che Il Principe che fu
Promesso sia la reincarnazione di Azor Ahai, creando una
distinzione tra i due termini, sebbene siano spesso confusi.
Jon Snow o Daenerys Targaryen erano
il principe promesso?
Né Jon né Daenerys soddisfano
pienamente i criteri della serie TV
I due contendenti più
ovvi per ricoprire il ruolo di Il Principe che fu
Promesso nel Trono di Spade sono Jon Snow e Daenerys
Targaryen. Entrambi discendono dalla stirpe di Aegon Targaryen. In
quanto figlia del Re Folle Aerys II Targaryen, Daenerys discende
evidentemente da Aegon il Conquistatore. Dopo essere cresciuto nel
freddo Nord come un bastardo Stark, Jon Snow alla fine scopre di
essere il nipote di Daenerys e che la sua vera identità era quella
di Aegon Targaryen, il figlio di Rhaegar Targaryen e della sua
moglie segreta, Lyanna Stark. Ciò rende Jon per metà Targaryen, ma
pur sempre parte della stirpe di Aegon il Conquistatore.
Jon ha trascorso anni combattendo
battaglie sanguinose e forgiando la sua reputazione di uno dei più
grandi guerrieri dei Sette Regni. Jon condivideva anche una macabra
affinità con il Re della Notte avendolo affrontato diverse volte.
Tuttavia, Jon non è colui che alla fine lo uccide. Nel frattempo, i
draghi di Daenerys sono stati cruciali per sconfiggere gli
Estranei, e lei si adatta meglio ai criteri, ma finisce per essere
una forza del male nella stagione 8.
Insieme, Jon e Dany sembrano essere
la personificazione delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, ma la
serie lascia molta ambiguità sull’effettiva identità del Il
Principe che fu Promesso. Ciò non fa che aumentare la
delusione della stagione 8 del Trono di Spade, poiché nessuno si
adatta davvero bene alla profezia, e trattata in questo modo
finisce per non significare nulla. Dato il modo diverso in cui
George R.R. Martin ha tracciato la sua storia, la
teorizzazione potrebbe ancora chiarirsi negli ultimi due romanzi
della serie.
Arya ha ucciso il Re della Notte
con il pugnale di Aegon: era lei il principe promesso?
Arya ha messo fine alla lunga
notte, ma non è mai stata candidata a essere il principe
promesso
Alla fine della grande
battaglia di Grande Inverno, è stata Arya Stark a uccidere il Re
della Notte e a porre fine alla Lunga Notte. Arya, che è stata
addestrata dagli Uomini Senza Volto per diventare un’assassina, ha
usato il pugnale d’acciaio di Valyria di Aegon per distruggere il
Re della Notte. Il pugnale, noto anche come pugnale a zampa di
gatto, ha un legame oscuro con la famiglia di Arya poiché una volta
era destinato a uccidere suo fratello, Bran Stark. Il colpo mortale
di Arya al Re della Notte potrebbe significare che sia lei
Il Principe che fu Promesso.
Ci sono indizi a sostegno di questa
ipotesi, soprattutto dopo che Melisandre racconta ad Arya della sua
visione in cui la vede “spegnere per sempre” occhi marroni, verdi e
azzurri. Tuttavia, Arya non ha legami con la linea di sangue di
Aegon Targaryen, il che sembra squalificarla dalla competizione.
Arya in realtà non soddisfa nessuno dei criteri e sembra che gli
showrunner l’abbiano scelta per uccidere il Re della Notte soltanto
per sovvertire le aspettative del pubblico incuranti del disegno
più vasto.
Chi altro avrebbe potuto essere
Il Principe che fu Promesso?
Stannis Baratheon e Rhaegar
Targaryen sono altri candidati
Oltre a Daenerys, Jon e
Arya, ci sono altri personaggi che avrebbero potuto essere
Il Principe che fu Promesso nella serie TV.
Melisandre credeva che Stannis Baratheon fosse l’eroe e infatti
soddisfaceva alcuni criteri. È nato tra sale e fumo e la sua spada
è stata chiamata Portatrice di luce, sebbene quest’ultima fosse
dovuta all’intervento di Melisandre. Stannis è anche tecnicamente
un discendente di Aegon il Conquistatore, ma è ben lungi
dall’essere un Targaryen a tutti gli effetti. È ancora vivo nei
libri, ma la serie lo ha ucciso presto.
Rhaegar Targaryen era un altro
candidato, poiché il figlio del Re Folle immaginava di essere
Il Principe che fu Promesso. Ancora una volta, è
morto prima che gli eventi del Trono di Spade avessero luogo,
rendendogli più difficile essere l’eroe. Tuttavia, il capitolo di A
Clash of Kings in cui Daenerys visita la Casa degli Eterni
suggerisce che Rhaegar potrebbe almeno aver visto la profezia e
potrebbe essere morto con alcune informazioni al riguardo.
Come il principe promesso si
inserisce in House
of the Dragon e nel sogno di Aegon
House of the Dragon reincorpora il
sogno di Aegon
La prima stagione di
House
of the Dragon ricollega in modo scioccante alla
profezia de Il Principe che fu Promesso quando re
Viserys I Targaryen racconta a sua figlia e nominata erede, la
principessa Rhaenyra, il grande segreto dei re Targaryen: Aegon il
Conquistatore fece un sogno della Lunga Notte e della fine del
mondo per via di una grande oscurità proveniente dal Nord. La
conquista dei Sette Regni da parte di Aegon non riguardava solo la
Casa Targaryen; perché credeva che solo i Targaryen e i loro draghi
potessero guidare i Sette Regni contro il Re della Notte.
Questo è il motivo per cui i
Targaryen credevano fosse fondamentale che la loro famiglia dovesse
sempre governare Westeros. La conoscenza da parte di Rhaenyra del
sogno di Aegon è solo una delle ragioni per cui crede di doversi
sedere sul Trono di Spade. L’episodio 4 della prima stagione di
House
of the Dragon lega ulteriormente il sogno di
Aegon alla profezia de Il Principe che fu
Promesso. Viserys mostra il pugnale di Aegon a Rhaenyra,
il quale aveva la profezia impressa sulla lama d’acciaio di Valyria
che viene esposta al fuoco: “Dal mio sangue proviene il
principe che fu promesso, e suo sarà il canto del ghiaccio e del
fuoco”.
Ciò conferma effettivamente la
convinzione di Aegon che Il Principe che fu
Promesso – la reincarnazione di Azor Ahai – sarà generato
dalla linea di sangue di Aegon Targaryen. È possibile che il
coinvolgimento della profezia possa essere solo un espediente della
trama per House
of the Dragon, senza alcun legame con una teoria più
ampia nel mondo di Martin. Nella stagione 1, episodio 8, le ultime
parole di Viserys vengono interpretate male da Alicent Hightower,
che pensa che il marito voglia, in punto di morte, dare il trono al
loro primogenito, Aegon, convinzione che dà essenzialmente il via
alla Danza dei Draghi.
Nella stagione 2, episodio 3,
Alicent e Rhaenyra si incontrano per la prima volta dalla morte di
Viserys, e Rhaenyra spiega che Il sogno di Aegon è una
storia. Alicent si rende conto del suo errore ma la guerra è già
diventata inevitabile. House
of the Dragon potrebbe essere il posto giusto per
spiegare come il Sogno di Aegon è stato dimenticato a causa della
guerra civile, indebolendo infine i regni e rovinando il sogno del
Conquistatore di Westeros di essere un fronte unito dei Targaryen
contro l’oscurità imminente.
Perché Il
Trono di Spade non ha risolto adeguatamente la
profezia de Il Principe che fu Promesso
Le differenze creative hanno
portato gli showrunner a portare l’epopea televisiva in una
direzione diversa
La profezia del
Il Principe che fu Promesso e di Azor Ahai è molto
più importante nei romanzi Le Cronache del Ghiaccio e
del Fuoco di George R.R. Martin, ma gran parte della
densa narrativa del libro e molti personaggi sono stati eliminati
da Il
Trono di Spade. Mentre lo show televisivo continuava
oltre i libri completati da Martin, gli showrunner Dan
Weiss e David Benioff hanno tracciato il proprio percorso
per i personaggi, che potrebbe o meno sincronizzarsi con i piani di
Martin su come finirà la sua saga.
Alla fine, gli showrunner di
Il Trono di Spade non erano interessati a questa parte
esoterica della mitologia di Martin e hanno scelto, invece, di
concentrarsi sul raccontare la storia della serie TV nel modo in
cui l’hanno fatto. Il Principe che fu Promesso era
in realtà più un argomento noto ai lettori di libri che si
aspettavano che la serie lo incorporasse alla fine e che infatti
sono rimasti delusi quando la serie TV non ha rispettato le
aspettative. Eppure elementi de Il Principe che fu
Promesso facevano inevitabilmente parte de Il
Trono di Spade, sebbene la profezia non sia mai stata
posta in primo piano nella narrazione.
Questo è il motivo per cui è stato
così sorprendente quando House
of the Dragon non solo ha intrecciato Il
Principe che fu Promesso nella storia del prequel, ma lo
ha reso una parte cruciale della storia di successione dei
Targaryen che coinvolge Rhaenyra. Ma c’è anche da aspettarselo,
considerando che George R.R. Martin ha più
influenza creativa su House
of the Dragon di quanta ne abbia avuta con Il
Trono di Spade. Nei futuri spin-off, come la serie
Aegon’s Conquest, la profezia potrà essere
esplorata ulteriormente. Forse alla fine potrà essere ricollegata a
Il
Trono di Spade, fornendo una conclusione.
I libri di GRRM confermeranno chi è
Il Principe che fu Promesso?
Speriamo che The Winds of
Winter risponderà finalmente alla domanda
La domanda da un milione
di dollari è se George R.R. Martin alla fine
confermerà l’identità del Principe ne Le Cronache del Ghiaccio
e del Fuoco. È lecito ritenere che Martin conosca la risposta;
dopo tutto, era consapevole che la profezia era in realtà il sogno
di Aegon il Conquistatore, un fatto che ha tenuto per sé finché non
lo ha rivelato agli showrunner di House
of the Dragon quando la serie era in fase di sviluppo
(non è noto se Martin lo abbia mai detto a Benioff e Weiss ).
Sfortunatamente, sono passati più di
11 anni dall’uscita dell’ultimo romanzo di Le Cronache del
Ghiaccio e del Fuoco. Non c’è una data di uscita in vista per
il sesto libro di Martin, ancora incompleto, The Winds of
Winter. Se George R.R. Martin non completerà
mai Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, forse c’è
speranza che la risposta su chi dovrebbe essere Il Principe
che fu Promesso verrà rivelata in qualche modo in House
of the Dragon o in uno degli altri spin-off de
Il Trono di Spade in sviluppo presso HBO.
House of the Dragon stagione 2 è disponibile su Sky e NOW (in
contemporanea con gli Stati Uniti), con un nuovo episodio a
settimana.
È Eddie Murphy a confermare che è in lavorazione
il sequel de Il Principe cerca moglie, la commedia
del 1988 di grandissimo successo, diretta da John
Landis e che vedeva protagonista l’attore nei panni del
principe erede al trono di Zamunda.
Il sequel sarà diretto da
Craig Brewer ed è stato scritto da Kenya
Barris, creatore di Black-ish. Nel film,
il principe tornerà negli Stati Uniti alla ricerca di un figlio che
scopre di avere e che si rivelerà un improbabile erede al trono del
regno di Zamunda.
“Dopo anni di attesa, sono
elettrizzato che Il Principe cerca moglie 2 stia ufficialmente
entrando nelle fasi di produzione. Abbiamo messo insieme un team
grandioso che sarà guidato da Craig Brewer. Ha fatto un lavoro
incredibile in Dolemite, e non vedo l’ora di riportare questi
personaggi amati e ormai classici sul grande schermo”.
Nel film del 1988, al fianco di Murphy c’erano
Arsenio Hall, James Earl Jones, John
Amos, Eriq La Salle. Aspettiamo di sapere chi
potrebbe tornare nel film al fianco dell’attore.
Nel corso degli anni Ottanta e
Novanta l’attore Eddie Murphy è stato uno dei
re della commedia, portando sul grande schermo personaggi divenuti
iconici. Tra questi si annovera anche quello del principe Akeem,
protagonista dell’apprezzatissimo Il principe cerca
moglie, ancora oggi considerato tra i migliori film
realizzati dall’attore nel corso della sua carriera. In questo ha
infatti potuto confermare una volta di più il proprio istrionico
talento, un carisma ineguagliabile e la capacità di dar vita a più
personaggi, rendendo ognuno di questi memorabile. Il film è stato
diretto nel 1988 da John Landis, che aveva già
collaborato con Murphy per il cult Una poltrona per due, e
tornerà a dirigerlo nel 1994 in Beverly Hills Cop
III.
La storia nasce da un’idea originale
dello stesso Murphy, e grazie alla sua popolarità non passò molto
prima che questa si concretizzasse in film. Inizialmente, l’attore
avrebbe anche dovuto debuttare come regista, ma preferì affidare il
ruolo a Landis, che in quel momento veniva da una serie di
insuccessi economici. Sul set il rapporto tra i due fu però
tutt’altro che idilliaco, ma anzi numerosi furono gli scontri.
Murphy era ormai divenuto una celebrità assoluta, e non accettava
di essere trattato ancora come un novellino, cosa di cui sarebbe
invece colpevole Landis. Nonostante ciò, i due riuscirono a dar
vita ad un successo clamoroso, che confermò la popolarità di
entrambi.
Costato appena 36 milioni di
dollari, Il principe cerca moglie arrivò infatti a
guadagnarne ben 350 in tutto il mondo. Un successo che lo portò
naturalmente ad essere uno dei titoli dal maggior incasso di quegli
anni. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà
certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità
relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti
possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama, al cast di attori e al suo
imminente sequel. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
Il principe cerca moglie:
la trama del film
Protagonista del film è il principe
africano di Zamunda, Akeem. Cresciuto nella
ricchezza e nel benessere, questi è ora giunto al momento di dover
incontrare la donna che i suoi genitori hanno scelto per lui come
moglie. Questa, tuttavia, non corrisponde affatto all’ideale del
principe, che pertanto decide di rinunciare al matrimonio e cercare
da sé una sposa che lo ami per quello che è e non per quello che
rappresenta e possiede. Per riuscire in ciò, egli decide di recarsi
sotto mentite spoglie dove nessuno lo conosce. Si reca così nella
città di New York, accompagnato dal fidato Semmi.
Soggiornando nel difficile quartiere Queens, i due si ritrovano
così privati dei loro agi, ma l’entusiasmo di Akeem non si spezzerà
tanto facilmente, e la ricerca dell’amore per lui è appena
cominciata.
Il principe cerca moglie:
il cast del film
Mattatore assoluto del film,
Eddie Murphy ha
personalmente partecipato alla scrittura e alla costruzione del suo
personaggio, il principe Akeem. Questo, tuttavia, non è l’unico
personaggio da lui interpretato nel film. Murphy dà infatti vita
anche a cantante soul Randy Watson, al barbiere Clarence e al
cliente ebreo di questi, Saul. Per dar vita a queste
trasformazioni, poi divenute tipiche anche di altri suoi film
successivi, Murphy si è sottoposto a diverse ore di trucco al
giorno. Per testare l’efficacia di questo, egli è poi andato in
giro per gli studi affermando di essere Eddie Murphy, ma talmente
era irriconoscibile che nessuno gli credette mai. Nel film, nel
ruolo di suo padre il re Jaffe Joffer e la regina Aoleon Joffer, si
ritrovano gli attori James Earl Jones e
Madge Sinclair.
L’attore Arsenio
Hall, presente nel ruolo di Semmi, assistente e amico di
Akeem, si è a sua volta cimentato nell’interpretazione di diversi
personaggi. Egli dà infatti vita anche al reverendo Brown, al
barbiere Morris, e ad una donna indicata come estremamente brutta.
L’attrice Shari Headley, è invece la protagonista
femminile nei panni di Lisa McDowell, l’interesse amoroso del
protagonista. Il padre di questa, Cleo McDowell, è interpretato dal
celebre attore John Amos, noto anche per la sua
partecipazione al film 58 minuti per morire. L’attore
Eriq La Salle è presente qui nel ruolo di Darryl
Jenks, il fidanzato di Lisa, e per questo principale rivale di
Akeem. Nel film si ritrovano poi anche il cameo di Samuel L.
Jackson, nei panni di un ladro, e di Cuba
Gooding Jr., in quelli di un cliente del barbiere.
Il principe cerca moglie:
il sequel, il trailer e dove vedere il film in streaming e in
TV
Dato il grandissimo successo del
film, in molti si aspettavano la rapida realizzazione di un suo
sequel. Ciò, tuttavia, non si è mai verificato fino ad ora. A
distanza di ben 33 anni è infatti in arrivo l’atteso seguito, dal
titolo Il principe cerca
figlio. Questo era stato
annunciato già nel 2017, ma solo nel 2019 Murphy ha confermato il
proprio coinvolgimento, come anche il ritorno di gran parte del
cast originale. Ad aggiungersi a questo sarà l’attore Wesley Snipes,
in un ruolo ancora non definito, e Jermaine
Fowler, nei panni del figlio del protagonista. Cambia
invece il regista, che sarà ora Craig Brewer, già
autore del precedente film di Murphy, Dolemite Is My Name.
Il film è stato rilasciato il 5 marzo 2021 sulla piattaforma
Amazon Prime Video.
In attesa del sequel, è però
possibile fruire di Il principe cerca
moglie grazie alla sua presenza su alcune delle più
popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten Tv,Chili Cinema, Google Play, Infinity, Apple iTunes, Amazon
Prime Video e Netflix. Per vederlo, una volta scelta la
piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o
sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di lunedì
31 ottobre alle ore 23:10 sul canale
TwentySeven.
L’attesissimo sequel de Il
Principe Cerca Moglie, la commedia diretta da John
Landis nel 1989 con protagonista Eddie
Murphy, salterà la sala cinematografica e uscirà
direttamente in streaming il prossimo Dicembre. In origine, la
Paramount avrebbe dovuto distribuire il film al cinema, ma a causa
della pandemia di Covid-19 si è optato per una distribuzione on
demand.
Come riportato da
Deadline e
Variety, la Paramount ha venduto il sequel de Il
Principe Cerca Moglie agli Amazon Studios. L’accordo è
ancora in fase di finalizzazione, ma stando alle fonti ammonterebbe
a circa 125 milioni di dollari. Il risultato? Il sequel arriverà su
Prime Video il prossimo 18 Dicembre e si
aggiungerà a tutta una serie di altri titoli di alto profilo che
sono stati acquistati abbastanza di recente da Amazon, il sequel di
Borat con Sacha Baron Cohen o l’action Without
Remorse di Stefano Sollima.
Il sequel – il cui titolo ufficiale
è Coming to America 2 (in riferimento all’originale) – è
diretto da Craig Brewer(Dolemite Is My
Name) ed è stato scritto da Kenya
Barris, creatore di Black-ish. Nel film
il Principe Akeem, che sarà interpretato ancora una volta da
Eddie Murphy, tornerà negli Stati Uniti alla
ricerca di un figlio che scopre di avere e che si rivelerà un
improbabile erede al trono del regno di Zamunda.
Nel cast, oltre Murphy, figurano una
serie di volti già noti ai fan del primo film e di new entry, tra
cui Arsenio Hall, Jermaine Fowler, Leslie
Jones, Shari Headley, John Amos, Tracy
Morgan, Wesley Snipes e James Earl
Jones.
Eddie Murphy ha rivelato che la Paramount,
all’epoca della realizzazione de Il principe cerca moglie, fece pressioni per
l’inclusione di un attore bianco nel film. Diretto da John Landis,
la commedia del 1988 è stata un enorme successo commerciale,
diventando il film della Paramount più redditizio di
quell’annata.
La popolarità del film è riuscita a
resistere allo scorrere degli anni, tant’è che un sequel, dal
titolo Il principe cerca figlio, debutterà
ufficialmente su Amazon Prime proprio domani 5 marzo. Durante
un’ospitata da Jimmy Kimmel in occasione della promozione del
sequel, Eddie Murphy ha rivelato che all’epoca della
realizzazione del primo film, la Paramount fece pressioni per avere
un attore bianco nel film, composto in gran parte da attori
neri.
Le dichiarazioni di Murphy sono
state riportate da
CinemaBlend: “Erano gli anni ’80 e il cast era composto
prevalentemente da attori neri. Ma la Paramount ce lo impose: ‘Deve
esserci una persona bianca nel film’. Io dissi: ‘Che cosa?’. Alla
fine pensammo a Louie Anderson, che era davvero forte. Ecco com’è
entrato a far parte del film.”
Ne
Il principe cerca moglie,Louie Anderson,
attore e comico statunitense, interpreta Maurice, uno dei ragazzi
che lavorano con Akeem (Murphy) e Semmi (Arsenio
Hall) al fast food di Cleo McDowell (John
Amos). Anderson tornerà nei panni del personaggio anche
nel sequel.
La trama del sequel de Il principe cerca moglie
Il principe cerca figlio è diretto
da Craig Brewer e si basa su una
sceneggiatura scritta da Kenya Barris, Barry W. Blaustein e David
Sheffield e sui personaggi creati da Eddie Murphy. Nel rigoglioso regno di Zamunda,
Re Akeem (Murphy) è appena stato incoronato e con il suo fidato
consigliere Semmi (Hall) intraprende una nuova ed esilarante
avventura che li porta ad attraversare il globo partendo dalla loro
meravigliosa nazione africana fino al Queens, il quartiere di New
York dove tutto è iniziato.
Riusciremo mai a ritrovare il
vecchio Eddie Murphy? E se è per questo, quando
l’abbiamo perso? Sembra che sia passato così tanto tempo
dall’ultima volta che abbiamo visto Murphy essere il singolare
genio della commedia che è, e non aiuta il fatto che recentemente
sia stato visto sprecare il suo tempo in progetti come You People e
Il principe cerca moglie 2. Il fatto che
Il principe cerca moglie 2 sia stato un fallimento
così superficiale è particolarmente deprimente, se si considera che
l’originale
Il principe cerca moglie non solo è uno dei suoi più grandi
trionfi artistici e una pietra di paragone per la cultura
afroamericana, ma è anche la nascita di uno dei marchi di fabbrica
di Eddie Murphy da sempre: interpretare più
personaggi usando protesi e trucco. Si potrebbe sostenere che è
proprio qui che la sua carriera inizia a declinare, in quanto
diventa sempre più dipendente e dipendente da questa pratica per
coprire le carenze del materiale dei suoi film successivi. In altre
parole, è diventato un cliché inaridito di sua creazione.
La genialità di Il principe cerca
moglie
La storia di Coming to America
racconta di Akeem (Eddie
Murphy), principe di Zamunda, e del suo fidato
servitore Semmi (Arsenio Hall), in viaggio verso
il Queens, a New York, per trovare il vero amore, una donna che
ecciti sia i lombi di Akeem che il suo intelletto. Lungo la strada,
entrambi incontrano un variopinto cast di eccentrici strambi, la
maggior parte dei quali sono interpretati da Murphy e Hall con
molte protesi e costumi. Nel caso di Murphy, egli interpreta
Clarence, un barbiere chiassoso che fa affermazioni azzardate sulle
celebrità che ammira e odia; Saul, un vecchio ebreo bianco che
rimprovera costantemente Clarence per le sue stronzate; e Randy
Watson, un musicista locale un po’ sciupato, leader della band
Sexual Chocolate.
Per il pubblico dell’epoca si
sarebbe trattato di una svolta epocale, poiché Eddie non aveva mai
interpretato più personaggi prima di allora, nemmeno al SNL. L’idea
è nata grazie all’influenza del regista John Landis, che in un’intervistato ha
raccontato: “Avevo letto un articolo, che mi aveva molto
offeso, sui comici ebrei con il volto nero… Ho pensato che fosse
davvero ignorante, così ho detto: “Eddie, ti farò interpretare un
vecchio ebreo“”. Così, quando hanno messo Murphy nel suo
trucco da ebreo, non solo gli stava bene, ma “abbiamo scoperto
che il trucco lo liberava. Una volta truccato, era fresco come
quando aveva 19 anni. Una volta truccato, non era più Eddie“.
Eddie Murphy si è appassionato così
rapidamente a questo tipo di performance che poi ha inventato altri
personaggi per sfruttarli.
Inutile dire che Eddie Murphy è una rivelazione in questa
modalità. È un luogo comune dire che non sapreste mai che è Saul,
Clarence o Randy, a meno che non lo sappiate già, ma è davvero
impressionante la diversità di ognuno di loro. Eddie Murphy mostra una gamma così completa di
emotività e le sue voci sono così distinte l’una dall’altra, che fa
sentire questi uomini così a loro agio nella propria pelle (persino
Randy, che è deliziosamente ignaro di quanto sia perdente). Questo
dimostra anche la diversità che Murphy avrebbe potuto avere come
attore vero e proprio, passando dall’autentico ebreo saputello
all’anziano presuntuoso e vanaglorioso fino all’intrattenitore
delirante in modo così fluido. Eddie, da giovane, era un interprete
che dava il meglio di sé, che non consumava la scena e che
interpretava i suoi personaggi in un modo che poteva essere
definito sincero, se non proprio “serio”; si sentiva come un
personaggio coinvolto attivamente in una scena, piuttosto che un
cabarettista che faceva dei pezzi. Ma proprio qui sta il
problema.
La comicità di Eddie
Murphy è diventata sempre più autosufficiente in fatto di
espedienti
In totale, Eddie
Murphy ha interpretato più personaggi in un film per sei
volte, compreso Coming to America, con risultati che vanno dal
delizioso all’abominevole. Vampiro a Brooklyn è stato un tentativo
malriuscito di commedia horror in cui ha interpretato un vampiro
con un pessimo accento eurotrash, un predicatore con una pelle così
plastica da farlo sembrare una tavoletta di cioccolato che si
scioglie e un gangster bianco che sembrava un quadro di
Michael Jackson sottoposto al trattamento
Dorian Gray. Il professore matto è un film per il quale
nutro una forte nostalgia; lo trovo ancora uno dei migliori film di
Eddie Murphy in termini di comicità che invecchia
bene e di capacità di infondere alla sua recitazione una reale
sincerità. A parte la famigerata scena in cui interpreta l’intera
famiglia Klump mentre cenano e continuano a scoreggiare, tutti i
personaggi sembrano persone tangibili che presentano comportamenti
coerenti. C’è una scena in cui Sherman viene consolato dalla madre
che è una delle recitazioni più tenere che Eddie
Murphy abbia mai fatto, ed è lui che recita con se stesso!
Meno si parla del sequel, meglio è; è stato più o meno lo stesso,
ma non in senso positivo.
Sebbene Bowfinger abbia
ormai lo status di un classico di culto, è in
qualche modo sottovalutato per quanto riguarda il ruolo di Eddie Murphy. Non solo è un colpo di genio nel
ruolo di Jiff, uno dei pochi personaggi nella storia del cinema a
riuscire a fare la battuta “sono così imbarazzato che sto
guardando una ragazza nuda“, ma Murphy fa qualcosa di molto
intelligente con la sua controparte Kit Ramsey: prende in giro la
sua stessa reputazione di star del cinema. Ci sono innumerevoli
storie che raccontano di Eddie Murphy come un gigantesco egocentrico
che ha lasciato che il successo gli desse alla testa nei suoi
giorni di gloria negli anni ’80, per non parlare del fatto che era
molto sgradevole lavorare con lui. Che si tratti o meno di un
commento consapevole da parte sua, e nonostante a volte sembri che
il Murphy one man show stia uscendo dai binari, in questo caso è
appropriato che lo faccia, dal momento che si suppone che sia
un’odiosa testa calda circondata da persone che si comportano bene.
Inoltre, dimostra che Murphy aveva ancora le sue innate doti
comiche e che poteva essere esilarante senza bisogno di protesi e
di nascondersi alla luce del sole.
Norbit ha rovinato tutto
Ecco perché è così doloroso e
significativo che Norbit sia stata l’ultima volta in cui ha provato
a fare quella sceneggiata. Un film così terribile nella sua
esecuzione e così offensivo nella rappresentazione dei suoi
personaggi e dei suoi atteggiamenti verso le persone, e Murphy è
stato così ampiamente svergognato per il suo coinvolgimento nel
film, che ha contribuito alla sua graduale recessione dal mondo del
cinema. Nel podcast WTF di Marc Maron ha spiegato: “Stavo
facendo film di merda… forse è ora di prendermi una pausa“.
Sebbene Eddie Murphy non abbia mai menzionato
esplicitamente l’uso di protesi o spiegato perché abbia smesso di
farlo fino a Coming 2 America, si deve immaginare che l’infelicità
di base di fare film scadenti che non comportano protesi e trucco
pesante sia solo esacerbata dall’inclusione di questi fattori di
stress.
Il vero problema del declino di
Eddie Murphy non riguardava semplicemente le
protesi, perché di solito era assistito dalla leggenda del trucco
Rick Baker, vincitore di un Oscar, quindi anche nei suoi progetti
peggiori, come Norbit, il trucco e le protesi fanno ancora la loro
parte. Il problema vero e proprio è che più Murphy lo faceva, più
si affidava a idee stereotipate e rimaneggiate. Si è continuamente
affidato a tropi comportamentali afroamericani regressivi per
riempire una caratterizzazione vuota e, considerando i suoi
trascorsi nella stand-up comedy con Delirious e Raw, si potrebbe
sostenere che stesse proiettando alcuni dei suoi stessi
atteggiamenti e convinzioni tossiche su questi personaggi. Se a
questo si aggiunge la prepotenza con cui insisteva nel voler essere
al centro dei riflettori, e il fatto che ogni personaggio era una
scusa per Eddie Murphy per fare riff e fare casino in
modi che non si addicevano affatto alla scena, il tutto diventava
dolorosamente stridente.
Per non parlare del fatto che,
quando si chiudono gli occhi e si ascolta, ci si rende conto che in
realtà non ha molte voci in repertorio. La sua voce di Ciuchino in
Shrek è il risultato finale dell’uso della stessa voce per Papa
Klump, il predicatore in Vampiro a Brooklyn, e ne ha fatto anche
una versione femminile per Rasputia in Norbit. Mamma Klump ricorda
il suo lavoro in Mulan e persino Randy Watson sembra il fratello di
Sherman Klump, Ernie. Essere un genio non ti rende illimitato, e
sembra che Eddie Murphy stesse sbattendo contro i muri
delle sue mancanze. Per fortuna, sembra che abbia
finalmente ritrovato il suo ritmo.
Svelati teaser trailer, teaser
poster e nuove immagini di Il principe cerca
figlio (Coming 2 America), il cui titolo italiano
sarà Il
principe cerca figlio. Gli Amazon Studios lanceranno
il film in esclusiva in tutto il mondo su Prime
Video il 5 Marzo 2021.
Il principe cerca
figlio è diretto da Craig Brewer e si
basa su una sceneggiatura scritta daKenya Barris, Barry W.
Blaustein e David Sheffield, su un soggetti
diBarry W. Blaustein, David Sheffield e Justin
Kanew.Basato sui personaggi creati da
Eddie Murphy e prodotto da Kevin Misher e Eddie
Murphy. Costumi di Ruth E. Carter
Executive producer: Brian Oliver, Bradley Fischer,
Valerii An, Kenya Barris, Charisse Hewitt-Webster, Michele Imperato
Stabile e Andy Berman Con:
Eddie Murphy, Arsenio Hall, Jermaine Fowler, Leslie Jones,
Tracy Morgan, KiKi Layne, Shari Headley, con Wesley Snipes e James
Earl Jones. A cui si uniscono John Amos, Teyana Taylor, Vanessa
Bell Calloway, Paul Bates, Nomzamo Mbatha, Bella Murphy
Nel rigoglioso regno di Zamunda, Re
Akeem (Eddie Murphy) è appena stato incoronato e con il suo fidato
consigliere Semmi (Arsenio Hall) intraprende una nuova ed
esilarante avventura che li porta ad attraversare il globo partendo
dalla loro meravigliosa nazione africana fino al Queens, il
quartiere di New York dove tutto è iniziato.
Disponibile dal 5
Marzo su Amazon Prime Video,
Il principe cerca figlio, sequel del film cult del
1988, riporta in scena Eddie Murphy nell’iconico ruolo del principe
Akeem, e gran parte del cast originale, senza tuttavia poter
competere con la favola originale.
Il ritorno del principe Akeem
negli Stati Uniti alla ricerca del suo erede al trono
Sono passati 33 anni dall’uscita de
Il principe cerca moglie di John
Landis, il film che vedeva protagonista uno dei comici più
apprezzati dell’epoca, Eddie Murphy, e che alla sua uscita sbancò il
botteghino incassando quasi 300 milioni di dollari in tutto il
mondo. Eddie Murphy torna a indossare i panni di
re Akeem in questo secondo capitolo diretto da Craig
Brewer e scritto da Kenya Barris, su un
soggetto di Barry Blaustein e David
Sheffield, già sceneggiatori del film originale.
Il principe cerca figlio ci riporta nel regno di
Zamunda, dove Akeem è da poco diventato re. Sposato con Lisa, la
donna conosciuta nel Queens nel primo capitolo, ha tre splendide
figlie femmine, eppure nessun erede maschio al trono. La corona
rischia quindi di cadere nelle mani del generale Izzi di Nexdoria.
Questi, ancora infuriato per la cancellazione del matrimonio tra
Akeem e sua sorella Imani trent’anni prima, propone un matrimonio
combinato, minacciando una guerra tra famiglie in caso di responso
negativo. In punto di morte, però, il re rivela ad Akeem che ha un
figlio illegittimo nel Queens, Lavelle Junson (Jermaine
Fowler), concepito con una donna conosciuta all’inizio
della sua avventura americana. Akeem e il fidato confidente Semmi
(l’impareggiabile Arsenio Hall) fanno quindi
ritorno nel distretto newyorchese dove tutto ebbe origine, alla
ricerca di Lavelle. Trapiantato a Zamunda, il giovane principe
metropolitano dovrà imparare ad adeguarsi agli standard del
regno.
Un sequel che non riesce a
sostenere l’eredità del primo film
Nel primo film Akeem subiva
una metamorfosi, scappava da Zamunda per fuggire alla legislazione
ferrea e retrograda del regno. Qui ritroviamo invece un Akeem
conservatore, chiuso nella mentalità da cui lui stesso aveva
cercato di discostarsi. La trama forzata e ripetitiva de
Il principe cerca figlio va quindi a snaturare
l’happy ending del primo film, che avrebbe potuto fornire
soluzioni narrative più interessanti. La redenzione finale di Akeem
non è abbastanza per sostenere l’eredità del primo film, proprio
perché l’impianto narrativo si dimostra fallace fin
dall’inizio.
I nuovi personaggi in Il
principe cerca figlio, guidati dal nuovo principe Lavelle,
mancano di caratterizzazione e di spessore, nonostante l’idea di un
intreccio amoroso con una ragazza umile e quindi il messaggio di
giustizia di un matrimonio basato su un amore autentico, avrebbe
potuto avere potenzialità, oscurate qui però da stereotipi ormai
anacronistici. Mancano uno sguardo e uno humor più scanzonato ma al
contempo spregiudicato nei confronti dell’epoca in cui viviamo. La
pellicola consta infatti di sketch banali e poco interessanti; i
personaggi secondari (Wesley Snipes che interpreta
il generale Izzi e la madre di Lavelle, interpretata da
Leslie Jones) risultano poco brillanti, nonostante
i loro interpreti. Una sottotrama potenzialmente interessante
avrebbe potuto essere quella del conflitto di genere che si crea
tra i figli del principe per la successione. Le figlie sono infatti
dipinte come figure femminili forti, la cui caratterizzazione è
tuttavia poco approfondita e quindi il tentativo di generare
tensione tra principe e principesse si perde in un percorso
narrativo privo di veri e propri conflitti.
Landis portava alla luce l’America
delle caricature attraverso il suo humor ambiguo; il suo film si
mostrava ardito, in cui la comicità derivava direttamente dal
contesto in cui Akeem si trovava, la Grande Mela, città della quale
si mettevano in luce le contraddizioni e le assurdità. La New York
di fine Ottanta, per quanto rielaborata, è stata terreno di gioco
fertile per Landis; al contrario, la cornice filmica del regno
africano non sfrutta appieno le proprie potenzialità visive e
narrative, non approfondendo il tema della riappropriazione delle
proprie origini. La storia di Landis verteva su un personaggio
ricco che va tra i poveri, ironizzando sulla vita nel Queens, sulle
comunità afroamericane e il loro desiderio di ascesa sociale tra i
bianchi, ostacolato da radici diverse. Si proponeva come un film
audace, in cui ad essere comico era il contesto in cui si muoveva
il principe Akeem.
Effetto nostalgia tra messa in
scena e gag poco riuscite
“Cosa abbiamo oltre a
supereroi, sequel, remake, che nessuno voleva?”: con questa
battuta pronunciata dal principe Lavelle in merito al cinema
hollywoodiano dei nostri giorni, viene da chiedersi se,
effettivamente, questo sequel fosse necessario. Indubbiamente ci
troviamo di fronte a una pellicola che non ha bisogno di troppa
pubblicità per riunire il pubblico davanti allo schermo e che si
presenta come una grande riunione familiare, per poter
riabbracciare tutti i personaggi che hanno fatto divertire il
pubblico, con lo spirito e il coinvolgimento di un’epoca passata. È
un sequel che si attacca alla nostalgia, riproponendo anche
direttamente alcune immagini del primo capitolo, per poi
calpestarle nel tentativo incessante di riproporre una storia
simile. Si gioca coi ricordi dello spettatore ma senza una trama
solida. L’aspetto che manda avanti il progetto è senza dubbio la
curiosità del pubblico affezionato all’istrionico Eddie Murphy e alla storia nata dalla mente di
Landis.
Punto di forza de Il principe cerca
figlio sono i costumi e le scenografie, che trovano il loro momento
di massimo splendore nei vivacissimi numeri musicali. Abbondano le
feste, le danze, senza che però vengano raccontate con uno sguardo
moderno che possa dare una chiave di lettura contemporanea a quelle
situazioni. E in queste scene di festa troviamo una serie di ospiti
d’eccezione, celebrità chiamate ad intrattenere anche il pubblico a
casa: Morgan Freeman, Gladys Knight, Le En Vogue e
le Salt-N-Pepa fanno la loro comparsa sullo
schermo nell’arco di cinque minuti. Tuttavia le gag non sono
inserite con fluidità nel racconto e viene meno anche il montaggio
che riusciva a dare il ritmo giusto e vincente al piccolo cult di
Landis.
Il principe cerca figlio ha più il sapore di reunion
nostalgica che di vera e propria sfida a ri-raccontare, a 33 anni
di distanza dei personaggi cresciuti nel tempo, in una società
cambiata, in cui sono i cameo, piuttosto che le soluzioni
narrative, a generare un effetto sorpresa.
Ecco il nuovo spot de
Il principe cerca figlio, il nuovo film Amazon Prime
Studios che riporta, dal 5 marzo, Eddie Murphy nei
panni di Re Akeem, sovrano di Zamunda.
Il principe cerca figlio è diretto da Craig
Brewer e si basa su una sceneggiatura scritta da
Kenya Barris, Barry W. Blaustein e David
Sheffield, su un soggetti diBarry W. Blaustein,
David Sheffield e Justin Kanew.Basato sui
personaggi creati da Eddie Murphy e prodotto
da Kevin Misher e Eddie Murphy. Costumi
di Ruth E. Carter Executive
producer: Brian Oliver, Bradley Fischer, Valerii An, Kenya
Barris, Charisse Hewitt-Webster, Michele Imperato Stabile e Andy
Berman Con:
Eddie Murphy, Arsenio Hall, Jermaine Fowler, Leslie Jones,
Tracy Morgan, KiKi Layne, Shari Headley, con Wesley Snipes e James
Earl Jones. A cui si uniscono John Amos, Teyana Taylor, Vanessa
Bell Calloway, Paul Bates, Nomzamo Mbatha, Bella Murphy
Nel rigoglioso regno di Zamunda, Re
Akeem (Eddie Murphy) è appena stato incoronato e con il suo fidato
consigliere Semmi (Arsenio Hall) intraprende una nuova ed
esilarante avventura che li porta ad attraversare il globo partendo
dalla loro meravigliosa nazione africana fino al Queens, il
quartiere di New York dove tutto è iniziato.
Ecco il trailer ufficiale di
Coming 2 America, il cui titolo italiano
sarà Il
principe cerca figlio. Gli Amazon Studios lanceranno
il film in esclusiva in tutto il mondo su Prime
Video il 5 Marzo 2021.
Il principe cerca
figlio è diretto da Craig Brewer e si
basa su una sceneggiatura scritta daKenya Barris, Barry W.
Blaustein e David Sheffield, su un soggetti
diBarry W. Blaustein, David Sheffield e Justin
Kanew.Basato sui personaggi creati da
Eddie Murphy e prodotto da Kevin Misher e Eddie
Murphy. Costumi di Ruth E. Carter
Executive producer: Brian Oliver, Bradley Fischer,
Valerii An, Kenya Barris, Charisse Hewitt-Webster, Michele Imperato
Stabile e Andy Berman Con:
Eddie Murphy, Arsenio Hall, Jermaine Fowler, Leslie Jones,
Tracy Morgan, KiKi Layne, Shari Headley, con Wesley Snipes e James
Earl Jones. A cui si uniscono John Amos, Teyana Taylor, Vanessa
Bell Calloway, Paul Bates, Nomzamo Mbatha, Bella Murphy
Nel rigoglioso regno di Zamunda, Re
Akeem (Eddie Murphy) è appena stato incoronato e con il suo fidato
consigliere Semmi (Arsenio Hall) intraprende una nuova ed
esilarante avventura che li porta ad attraversare il globo partendo
dalla loro meravigliosa nazione africana fino al Queens, il
quartiere di New York dove tutto è iniziato.
Nel corso degli anni Ottanta e
Novanta l’attore
Eddie Murphyè stato uno dei re della commedia,
portando sul grande schermo personaggi divenuti iconici. Tra questi
si annovera anche quello del principe Akeem, protagonista
dell’apprezzatissimo Il principe cerca moglie (1988), ancora oggi
considerato tra i migliori film realizzati dall’attore nel corso
della sua carriera. Ci sono voluti ben 33 anni, ma infine nel 2021
anche questo film ha avuto un sequel, intitolato
Il principe cerca figlio (qui
la recensione), diretto da Craig Brewer.
Per Murphy è stata dunque
l’occasione per riprendere uno dei suoi personaggi più amati,
raccontando con gli è accaduto dopo gli eventi del primo film.
Eddie Murphy ha poi dichiarato che il sequel è nato dopo il
fallimento dei tentativi di trasformare il primo film in un’opera
teatrale, seguito da un incontro con il regista di Black PantherRyan Coogler. Murphy ha
detto che, sebbene non gli piacesse l’idea proposta da Coogler per
un sequel, gli è venuta in mente l’idea di sviluppare una propria
trama per un seguito.
Pur se il film non è stato accolto
in modo positivo, Murphy ha già dichiarato di avere un idea per un
terzo film, ma di non avere intenzione di realizzarlo fino a quando
non avrà 75 anni, ovvero nel 2036. In attesa di scoprire se questo
ulteriore film ci sarà davvero, in questo articolo, approfondiamo
dunque alcune delle principali curiosità relative a
Il principe cerca figlio. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama, al cast di
attori e agli easter eggs presenti nel
film. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il titolo nel
proprio catalogo.
Quando suo padre muore, il principe
Akeem del regno di Zamunda, in Africa, diventa re.
Akeem, felicemente sposato con la regina Lisa, la
donna che molto tempo prima ha conosciuto nel Queens, ha avuto tre
figlie, ma nessun figlio che erediterà il suo trono alla morte di
lui. Per questo motivo, la sua vita e il trono rischiano di essere
presi dal generale Izzi, dittatore militare di
Nexdoria, paese confinante, ancora infuriato per la cancellazione
del matrimonio tra Akeem e sua sorella Imani,
avvenuto ormai trent’anni prima. Tuttavia, in punto di morte, re
Joffy Joffer rivela a suo figlio che in realtà un
erede maschio esiste.
Durante la sua avventura a New York,
Akeem ha infatti concepito il suo primogenito con una donna
conosciuta in uno dei bar del Queens, evento che non ricorda
affatto poiché era stato drogato da lei. Il nuovo re e il suo
confidente Semmi ritornano dunque negli Stati
Uniti d’America, dove cercano ed incontrano il giovane, di nome
Lavelle, per convincerlo ad andare incontro al suo
destino. Ma la mentalità del giovane Lavelle, nonché i suoi modi di
fare per nulla ortodossi, renderanno molto arduo il compito di
Akeem.
Nel ruolo del principe Akeem Joffer
vi è nuovamente Eddie Murphy, che come suo solito interpreta
qui più di un ruolo. Grazie al trucco, egli è ricopre anche i ruoli
di Clarence, Randy Watson, e Saul. Nel ruolo del fidato Semmi vi è
invece Arsenio Hall, che sempre grazie al trucco
interpreta anche il reverendo Brown. Il giovane Jermaine Fowler dà
invece vita al personaggio di Lavelle Junson, mentre l’attrice
Leslie Jones è la madre Mary Junson. L’attore
Tracy Morgan è Reem Junson, zio di Lavelle,
mentre KiKi Layne interpreta Meeka Joffer.
Completano il cast Shari Headley nel ruolo
della regina Lisa e
Wesley Snipesin quello del generale Izzi.
Gli easter eggs presenti nel film,
da Il re leone a Black Panther
Nel film sono presenti diversi
easter eggs, alcuni dei quali relativi a precedenti film di
Eddie Murphy. Dalle gag ricorrenti con
Imani Izzi, la promessa sposa di Murphy del primo
film, che abbaia ancora come un cane secondo la gag del film
originale, a una gag meravigliosamente sottile di McDonalds, questo
sequel rende continuamente omaggio al suo predecessore. Forse il
riferimento più significativo è però nella struttura del film.
L’incipit è praticamente identico e poco dopo, c’è una scena di
combattimento che ricorda il primo film, ma questa volta Akeem
duella con le sue figlie Meeka, Omma e Tinashe.
Un altro riferimento si trova nel
negozio di barbiere MY-T-Sharp, che, come nel
primo film, è il primo posto in cui Akeem si reca dopo essere
sbarcato nel Queens ed è ancora frequentato da
Clarence, Morris e
Sweets insieme al loro fedele cliente
Saul, nessuno dei quali è invecchiato di un
giorno. Oltre a questo, la trama riprende quella del film
precedente, con Lavelle che lotta per sfuggire a
un matrimonio imposto dal padre per motivi politici e inseguire la
ragazza che ama veramente.
In
Il principe cerca figlio si ritrovano poi easter eggs
relativi ad altri film. Il primo di questi sia ha con il generale
Izzi (Wesley
Snipes), che viene introdotto in modo molto
particolare. Il personaggio di Michael Blackson lo
definisce “il domatore di elefanti” e “l’uomo più
dotato d’Africa”, nonché “l’ispirazione per Mufasa”.
Il momento fa riferimento al film del 1994 Il Re Leone, in
cui l’attore James Earl Jones (qui nei panni di re
Joffy Joffer), interpreta Mufasa, il padre di Simba.
Successivamente, quando Akeem torna a My-T-Sharp nel Queens, viene
immediatamente accolto dai suoi vecchi amici e il signor Clarence
lo chiama “Mufasa”.
Quando poi Lavelle viene introdotto
nel film, egli è pronto a smettere di fare il bagarino e vuole
trovare un lavoro regolare. Lo zio Reem
(Tracey Morgan) cerca di tranquillizzarlo e si
riferisce al nipote chiamandolo “giovane Jedi”. Ovviamente
si tratta di un riferimento al franchise di Star Wars. Quando invece Re Akeem si riunisce a
Mary, suo fratello Reem non è entusiasta che
Lavelle abbia una nuova figura paterna. Si fa a quel punto
riferimento alla patria del personaggio, Zamunda, e si include
anche un breve riferimento a “Wakanda”, l’ambientazione
fittizia del film Black Panther del 2018.
Un altro importante easter egg è
quello che fa riferimento al film
Una poltrona per due, interpretato proprio da Murphy. Dopo
l’introduzione dello zio Reem in
Il principe cerca figlio, Lavelle ottiene
un’intervista con Calvin Duke (Colin Jost).
L’impiegato di Duke & Duke fa riferimento a suo nonno e suo zio,
personaggi del film del 1983 poc’anzi citato. Randolph Duke
(Ralph Bellamy) e Mortimer Duke (Don
Ameche) avevano già ripreso i loro personaggi in Il principe cerca moglie, di fatto stabilendo che i
due film si svolgono nella stessa realtà.
Nel film, poi, Lavelle accusa Calvin
Duke di essere un razzista e cita una foto che lo ritrae fare la
blackface come prova. In risposta, il personaggio di Jost spiega
che avrebbe dovuto essere “l’Aladdin di Will Smith”. Si
riferisce al film Aladdin
del 2019, in cui Will Smith interpreta il genio blu. Infine, la
scena post-credits del film mostra Saul che parla con Baba e recita
“Signifying Monkey” di Rudy Ray Moore. Il
regista, Brewer, offre un omaggio al soggetto reale del suo film
del 2019, Dolemite Is My Name, che vede Murphy nel ruolo
di protagonista.
Il trailer di Il principe
cerca figlio e dove vedere il film in streaming e in
TV
È possibile fruire di
Il principe cerca figlio grazie alla sua presenza su
una delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete.
Questo è infatti disponibile nel catalogo di Prime Video. Per vederlo, basterà
sottoscrivere un abbonamento generale alla piattaforma e si avrà
così modo di guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 22 maggio alle ore
21:20 sul canale Italia 1.
Tracy Morgan,
Jermaine Fowler, Nomzamo Mbatha, Rotimi, Luenell, Teyana Taylor,
Wesley Snipes, Louie Anderson, Paul Bates, Vanessa Bell
Calloway, Garcelle Beauvais, John Amos,
Eddie Murphy, Arsenio Hall, Leslie Jones, Akiley Love
e Bella Murphy. Il cast al completo de
Il principe cerca figlio, vecchi e nuovi volti, ha
partecipato agli incontri con la stampa, in cui la giornalista di
Rotten Tomatoes, Jacqueline Coley, ha parlato con
ognuno di loro, ricordando il film originale e presentando, senza
fare spoiler, la nuova avventura dell’adesso Re Akeem.
Naturalmente, tutto il cast che
aveva già partecipato a Il principe cerca moglie ha affrontato un
lungo excursus sul viale dei ricordi, rievocando i momenti più
iconici del primo film, che in tutto il mondo è entrato a far parte
dell’immaginario collettivo, un piccolo culto. È Nomzamo
Mbatha a mettere al centro della conversazione il
primo elemento rilevante in questo secondo appuntamento con i reali
di Zamunda.
“Il film affronta il tema
centrale della ricerca dell’identità, la ricerca di uno scopo, la
ricerca di lasciare tutto ciò che hai sempre saputo alle spalle e
addentrarti nel nuovo. Ma una delle cose più importanti e dinamiche
di questo film è un tema centrale attorno al potere della voce
femminile e al potere dell’emancipazione femminile. Questo è ciò
che amo del sequel. C’è il polso della situazione
attuale.”
Il principe cerca figlio, l’incontro con il
cast
Sempre Mbatha continua a
spiegare l’importanza culturale del film che, a differenza del
primo, non sarebbe stato ambientato nel Queens, ma a Zamunda:
“Per me era importante anche perché il film non sarebbe stato
ambientato nel Queens. Stava arrivando a Zamunda. Quindi si
trattava di ciò che io come donna africana sono in grado di portare
in termini di sfumature, in termini di verità, radicandola in così
tanta consistenza e cultura… Mirembe è arguta. È intelligente. È
sfacciata. C’è così tanta connessione umana che possiamo veramente,
veramente imparare. Quindi sono davvero entusiasta che tutti, ogni
ragazza black, ogni bambina in tutto il mondo veda se stessa, si
senta rappresentata.”
In merito alla portata del film e
alla sua importanza per la comunità black, Luenell racconta:
“Lasciatemi solo dire che non c’è un attore nero, più vecchio,
di mezza età o più giovane in questa città o in qualsiasi altra
città che non volesse avere solo una piccola parte di questo film.
Soprattutto nella scena finale… È stato come un grande climax in
cui abbiamo avuto modo di stare tutti insieme e ballare.”
Ma naturalmente il più atteso è
stato Eddie Murphy in persona, che torna
interpretare il personaggio che è entrato nelle case di tutto il
mondo: “C’erano circa tre bozze della sceneggiatura e siamo
arrivati al punto in cui la struttura e il filo narrativo erano
abbastanza forti… Ero consapevole che avevamo un film qui, e
dovevamo solo portare a bordo un giovane sceneggiatore che ci
avrebbe messo un tocco moderno.”
“Volevamo riportare
tutti indietro dall’originale – ha continuato Murphy – In
realtà, volevamo ripartire da dove la storia si era interrotta,
esattamente da quel momento. Quindi la questione era come collegare
i punti? È così che abbiamo scelto chi sarebbe stato nel
film.”
Il principe cerca figlio sarà
disponibile su Amazon Prime Video a partire dal 5 marzo. Il film
è diretto da Craig Brewer e vede protagonisti
Eddie Murphy, Arsenio Hall e tutto il cast
originale del film del 1988.
Il principe cerca figlio, il sequel de Il principe cerca moglie diretto nel 1988 da John
Landis e disponibile su Amazon Prime Video dallo scorso 5 marzo, contiene
un riferimento ad un altro celebre film con protagonista Eddie Murphy: stiamo parlando di Una poltrona per due del 1983, diretto sempre
da Landis. In realtà, i due celebri titoli sono molto più legati di
quanto si pensi. Ma andiamo con ordine…
In Una poltrona per due, Murphy interpreta Billy
Ray Valentine, un imbroglione squattrinato la cui vita si incrocia
per caso con quella di Louise Winthorpe III (interpretato da
Dan Aykroyd), amministratore delegato della
società di intermediazione Duke & Duke. All’insaputa di entrambi i
personaggi, Randolph Duke (Ralph Bellamy) e
Mortimer Duke (Don Ameche) decidono di condurre un
esperimento sociale per vedere se lo stile di vita dei due uomini è
il risultato di abilità innate o di fattori ambientali. I fratelli
Duke rovinano quindi la credibilità di Winthorpe e assumono
Valentine come nuovo esecutivo. I due malcapitati, però,
riusciranno a svelere la beffa ai loro danni, riuscendo ad eseguire
anche un contrattacco sui due fratelli, che alla fine del film
dichiareranno ufficialmente bancarotta.
Il principe cerca moglie rende omaggio a
Una poltrona per due con una sequenza abbastanza
esplicita: durante una passeggiata, il principe Akeem (Murphy) e
Lisa McDowell (Shari Headley) incontrano i
fratelli Duke, che ora vivono come due barboni per le strade del
Queens. In quella scena, Akeem dona un sacchetto di carta contenete
una grosso quantitativo di denaro al personaggio di Randolph, il
quale, dopo aver esaminato la donazione, si gira verso il suo ex
socio ed esclama: “Mortimer, siamo tornati!”.
Tornando a
Il principe cerca figlio, il sequel diretto da
Craig Brewer si ricollega a
Una poltrona per due attraverso quanto accaduto proprio ne
Il principe cerca moglie, lasciando intendere che il
denaro lasciarto da Akeem è stato sufficiente per risollevare gli
astuti fratelli Duke dalla povertà. All’inizio del sequel, infatti,
Lavelle Junson (il figlio illeggittimo del principe Akeem
interpretato da Jermaine Fowler), sostiene un colloquio di lavoro
con un tale di nome Calvin (interpretato da Colin Jost), che si
presenta al ragazzo come Mr. Duke, lasciando intendere che nel
lasso di tempo intercorso tra i due film (l’originale del 1988 e il
sequel del 2021), i fratelli Duke sono tornati alla ribalta.
Durante il colloquio con Lavelle, a
primo impatto Mr. Duke sembra essere molto più compassionevole dei
suoi antenati, dal momento che chiede al giovane di rivolgersi a
lui in maniera informale, chiamandolo semplicemente Calvin.
Tuttavia, a mano a mano che il colloquio entra nel vivo, diventa
palese che le opinioni di Calvin, molto simili a quelle di suo
nonno e del suo prozio, sono offuscate da alcuni pregiudizi
razziali assai preoccupanti. Inoltre, nell’ufficio del personaggio
è possibile notare un dipinto a olio incorniciato che ritrae
proprio gli originali Duke.
La trama del sequel de Il principe
cerca moglie
Il principe cerca figlioè diretto
da Craig Brewer e si basa su una
sceneggiatura scritta da Kenya Barris, Barry W. Blaustein e David
Sheffield e sui personaggi creati da Eddie
Murphy. Nel rigoglioso regno di Zamunda, Re Akeem
(Murphy) è appena stato incoronato e con il suo fidato consigliere
Semmi (Hall) intraprende una nuova ed esilarante avventura che li
porta ad attraversare il globo partendo dalla loro meravigliosa
nazione africana fino al Queens, il quartiere di New York dove
tutto è iniziato.
Ne Il
Principe Abusivo In un piccolo Principato del centro
Europa, vive Letizia/Sarah
Felberbaum, una principessa che sogna di diventare
un’importante filantropa, ma, purtroppo, oggi senza qualche
scandalo non si ottiene la fama con cui si raccolgono i soldi per
la beneficienza. Preoccupato per la figlia, il Re/Marco
Messeri chiede al ciambellano di corte Anastasio/Christian
De Sica di aiutarla.
Per far scalpore serve che la
principessa s’innamori di uno del popolo, arrivando a rifiutare la
corona pur di stare con lui. Scelto il piano, Anastasio cerca
l’uomo più miserabile d’Europa, trovandolo in Antonio De
Biase/Alessandro
Siani, un giovane napoletano che vive a scrocco,
facendo da cavia per gli esperimenti farmaceutici. Con l’inganno
sarà portato nel Principato e convinto che la principessa,
incontrata un giorno per caso, si sia innamorata di lui. Durante il
soggiorno al castello, mentre Antonio passa il suo tempo a studiare
l’etichetta per essere degno di Letizia, gli faranno visita i suoi
amici e sua cugina Jessica/Serena Autieri. L’irreprensibile
Anastasio s’innamorerà di lei e per conquistarla chiederà ad
Antonio di trasformarlo in un napoletano doc.
Prodotta da Cattleya con Rai Cinema
e scritta in collaborazione con Fabio Bonifacci
(Diverso da chi?, Benvenuti al Nord), la commedia Il Principe
Abusivo è il primo film da regista per Alessandro
Siani, comico napoletano che ha raggiunto la popolarità grazie
a Benvenuti al Sud di Luca Miniero. Siani qui
ripropone il suo essere napoletano col duplice intento di far
ridere e di parlare di ricchezza e povertà, mettendole a confronto
grazie all’amore tra una principessa e un disoccupato napoletano.
L’intento dichiarato almeno era questo, ma non il risultato.
Il tema della differenza sociale e
del divario economico, ci vengono mostrati, ma passivamente; la
giustapposizione è tra due realtà così agli antipodi, che non basta
attribuire al Re vizi e debolezze tipiche dei politici d’oggi per
mettere in piedi una calzante allegoria del nostro Paese e del
disagio economico che molti stanno vivendo. Sembra che il
regista/sceneggiatore si sia preoccupato di trovare più gli spunti
comici che quelli narrativi, relegando spesso i personaggi a delle
macchiette. La storia segue il percorso classico delle commedie,
prende ad esempio le trame di My Fair Lady e de
Il Conte Max, cita Cyrano de Bergerac e
Cantando sotto la pioggia, ma la struttura del film
ha diversi punti deboli e troppo spesso ciò che accade rimane fine
a se stesso. Si ride, a volte di gusto, soprattutto perché la
comicità di Siani non è volgare ma genuina e spontanea e la
sua alchimia con De Sica è tangibile. I momenti romantici
che dovrebbero dare un tocco in più alla trama, però, vengono quasi
tutti smorzati da un’invadente comicità.
Il Principe
Abusivo diverte, ma non convince, così come
Siani/regista, che forse non ha saputo gestire bene il
doppio ruolo assunto per questo progetto. Nelle sale dal 14
febbraio.
“Signori, è stata una
notizia incredibile perché oggi è il giorno 11, lui si se ne va il
28, quindi per 16 giorni avremo il Papa abusivo!” Inizia così,
con una battuta del comico napoletano sulle dimissioni di
Ratzinger, la conferenza stampa de Il
Principe Abusivo, primo film da regista per
Alessandro Siani, nei panni anche di protagonista. A
presentare il film, oltre a Siani, c’erano anche Christian De
Sica, Sarah Felberbaum, Serena Autieri, Marco
Messeri, Alan Cappelli Goetz, lo sceneggiatore Fabio
Bonifacci e il produttore Riccardo Tozzi.
Vieni dal successo dei due film
Benvenuti al Sud e Benvenuti al Nord, però passare dal ruolo di
protagonista a quello di regista/protagonista, deve essere stata
una bella responsabilità. Non hai avuto esitazioni? È stata una tua
scelta o ti hanno un po’ spinto?
ASGià con
Benvenuti al Sud ho sentito il bisogno di lavorare sopra
alcune scene e ho potuto collaborare alla sceneggiatura grazie ai
produttori Tozzi, Chimenz, Longardi e lo sceneggiatore Massimo
Gaudioso, che mi hanno dato carta bianca. Da lì è nata questa mia
collaborazione-ombra sulle sceneggiature. Stessa cosa è accaduta
con Benvenuti alNord. Dopo il primo eravamo
un po’ tutti preoccupati di fare un sequel, soprattutto perché
aveva riscosso molto successo. Nel frattempo mi era venuta
semplicemente un’idea, che era proprio quella de Il Principe
Abusivo, parlare di ricchezza e povertà; idea che si è
sviluppata grazie alle mani sapienti di Fabio Bonifacci.
Però Tozzi mi disse di tenerla da parte per il momento e di fare
prima il sequel che la gente aspettava. È stato di parola.
All’inizio delle riprese io mi
spiegavo a gesti, era una scena veramente comica. Poi, pian piano,
avendo anche scritto il film e lavorando con una troupe affiatata,
mi sono trovato bene. Sì, certo, per un regista esordiente è
preoccupante, ma accanto a me c’era il buon Christian De Sica, al
quale potevo chiedere consigli se avevo qualche dubbio, come si fa
normalmente un set in cui esiste una collaborazione.
Com’è stata la scelta della
coppia De Sica/Autieri per la scena del musical?
ASSerena Autieri
è, secondo me, un’attrice bravissima, ed era perfetta, perché nel
film volevo fare a un certo punto un musical, volevo che si creasse
questa magia. Christian De Sica, che è attore che sa fare
tutto (recitare, cantare, ballare) aveva bisogno di un’attrice al
suo livello e, attualmente, al suo livello vedo solo Serena
Autieri.
Ci parli della sua cinefilia,
dei film cui si è ispirato, anche per i vari personaggi.
ASPer quanto
riguardo Christian mi sono ispirato a Il Conte Max, perché è
un film meraviglioso, italiano. Invece, i film che m’interessavano
erano Il Piccolo Lord, Una Poltrona per Due; erano
quelle atmosfere che m’interessavano. Volevo fare una commedia in
cui non ci fossero parolacce che parlasse di povertà. Naturalmente,
nel film si parla di un meccanismo già conosciuto nelle commedie,
da My Fair Lady a Il Conte Max, lo stesso Colpi di
Fulmini; meccanismi già visti, soprattutto nei film americani.
M’interessava proprio prendere da lì, poi però fa sempre la
differenza l’approccio che hai con una storia come questa. Il mio è
stato come quello dei film americani: la fotografia, non strafare e
non essere volgare.
Comunque, sono sempre gli
attori che fanno la differenza, con la loro personalità, la loro
sensibilità, la regia è fino a un certo punto. Poi Christian aveva
un ruolo anche difficile perché doveva essere tenero e per un
attore comico è complicato, perché la tenerezza è abbastanza
distante dalla comicità. Quando sei più irruento, più sopra le
righe, fai più ridere.
Come avete lavorato sui vostri
personaggi, che richiamano il cinema del passato, ma ai quali poi
voi avete dato una vostra originalità.
SFAlessandro
aveva le idee molto chiare sul mio personaggio, quindi sapevo che
potevo appoggiarmi a lui e fidarmi di lui. Questo è stato molto
bello. Abbiamo lavorato su ogni minimo dettaglio, in modo tale da
dare al personaggio uno spessore, che non fosse una semplice
principessa, ma che avesse tanti colori. Abbiamo lavorato sulle
piccole frasi, sul tono da dare, perché non volevamo mai che fosse
antipatica o snob. Così è stato dal primo all’ultimo giorno di
riprese.
CDSIo sono del
’62, sono io il passato (ride). Innanzitutto, volevo raccontare
come ci siamo conosciuti Siani ed io. Avevamo fatto un paio di film
di Natale, ma lui era diffidente; poi, un giorno ci siamo ritrovati
a ridere sulla stessa cosa e siamo diventati amici. Poi, ho visto
Quasi Amici, sapevo che Medusa aveva comprato i diritti,
così l’ho chiamato e gli ho chiesto di fare il remake insieme: lui
faceva il nero e io il malato; però poi il film ha fatto duemila
miliardi e quindi che si faceva a fare. Però lui mi ha detto che mi
voleva offrire un altro ruolo ne Il Principe Abusivo e così
è nata la cosa. Quello che mi ha meravigliato di più è che intanto
è nata una grandissima amicizia, anche se io ho molti più anni di
lui, e che poi nel film sembra che lavoriamo già da trent’anni
insieme. Questo è difficile, mi è capito con Boldi tanti anni fa e
di solito non si ripete. Mi piace tanto lavorare con Siani,
soprattutto perché è un maestro di recitazione, forse perché nasce
attore. Di solito i registi, quelli di commedia, non hanno il senso
dell’umorismo; sono tecnicamente molto più preparati di lui, però
lui è fantastico con noi attori. Non lo freghi se reciti per
stereotipi, ti becca subito. Ha un’ipersensibiltà pazzesca, quindi
è stato veramente facile; mi ha guidato, anche se sono molto più
vecchio di lui. (aggiunge poco dopo) Il professor Higgins ci ha
messo tre mesi a far diventare Audrey Hepburn una perfetta Lady;
invece, lui (Siani) ha fatto meglio, mi ha trasformato in soli 3
giorni in un perfetto cafone (ride).
Puoi
parlarci di quest’orgoglio napoletano che metti nel film, della
voglia di non rinunciare ad una lingua, ad una possibilità comica e
narrativa che offre il fatto di essere napoletani.
AS Per quanto
riguarda me, quando faccio un lavoro penso a quello che mi
piacerebbe vedere, soprattutto quando si parla di Napoli, della mia
città, che, si sa, è sempre un po’ complicato. Ci sono delle cose
che sono universali, come il sentimento; noi napoletani possiamo
vantarci proprio di questo, di averlo nel DNA, è genetico. Abbiamo
scritto le canzoni d’amore che hanno girato il mondo. Invece,
parlare napoletano è un’esigenza mia: uno pecché nun sacc’ parlà in
italiano (ride) e secondo perché ci sono delle cose che se non sono
dette in napoletano non funzionano, sia se sei sentimentale, sia se
vuoi fare comicità.
Nei ruoli da co-protagonista o
da non protagonista all’americana sembra ci sia un’attenzione
particolare nel disegnare e raccontare il personaggio. Le piacciano
questi ruoli in cui non hai tutta la responsabilità del film e
magari può divertirsi di più a fare l’attore?
CDSIo ho fatto
sempre il protagonista quando ho fatto i film di Natale, quindi
bene o male era sempre lo stesso personaggio, che poi mi ha dato
grande notorietà e grande fama, e sono i film che hanno avuto più
successo. Quando non faccio il comprimario, come in questo caso o
con Johnny Depp oppure, due anni fa, con Pupi Avati, ho vinto tutti
i premi che in una carriera non ho vinto, ma perché mi posso
cimentare con dei ruoli più diversi; esce più fuori l’attore che
sono, invece della macchietta, del caratterista che faccio nei film
di Natale, che non rinnego assolutamente. Anzi, continuano ad avere
successo; dicevano che ero morto e io mi sono toccato subito
(ride).
Con i personaggi maschili
ricchi, sei stato cattivo. Come mai?
Nelle favole, di solito, c’è la
strega cattiva, ma io non ce l’avevo nel film, così ho preso degli
ingredienti che sono della strega cattiva e li ho messi nel re e in
Gherets, il promesso sposo della principessa. [SPOILER] Ma, alla
fine, il re diventa buono e lo stesso Gherets, che alla fine si
arrende al fatto che lei non lo ama, senza fare nessun tipo di
cattiveria e senza una mela.
Come ti sei approcciata a questo
ruolo di popolana?
SAFinalmente ho
fatto un sospiro di sollievo, perché era da tempo che aspettavo un
ruolo così. Poi una che si chiama Jessica Quagliarulo non ti capita
tutti i giorni. Ho un legame particolare con questo film, perché
dopo pochi giorni di lavorazione, a parte la caduta nella scena del
musical, ho scoperto di essere incinta. Dai, racconta! (dice a De
Sica)
CDSSto matto
(Siani) ci ha fatto ballare il tip tap, nella scena del musical,
sotto l’acqua, che è pericolosissimo. Però io le ho detto: “Serena,
non ti fermare mai! Quando si fa un numero musicale, al cinema o in
televisione, non ci si ferma mai!” Poi c’è il pezzo in cui saliamo
sul divano e lo ribaltiamo; lì lei è caduta, ho visto le sue
gambette per aria ed io, invece, ho continuato, per rispettare la
regola. Poi non sapevamo che lei invece era incinta, quindi era una
tragedia.
SAL’ho scoperto
una settimana dopo e, quindi, ho un legame fortissimo con il
personaggio perché mi ha divertito molto. Era già scritto bene,
chiaro. Alessandro è stato un regista fantastico, mi ha dato grandi
consigli e mi ha lasciato anche fare quando è stato possibile. E
poi cantare e ballare in un film al cinema è una cosa rarissima,
quindi ero strafelice. Poi farlo con Christian per me è il massimo,
è uno degli attori più bravi, completi che ci sono in
Italia.
Pensi di fare qualcosa che si
stacchi dall’immagine stereotipata di Napoli?
ASIo cerco
sempre di non portare sullo schermo la Napoli stereotipata; pensa
che a un certo punto nel film c’è la scena in cui mi presento nel
video del ciambellano e lì stavo in un vicolo di Napoli, da dove ho
fatto togliere tutti i panni stesi, ho fatto passare un ragazzo col
casco in testa, ho messo in una piazza degli studenti universitari.
Questa è la prima cosa che ho fatto, che era fondamentale.
Per quanto riguarda
l’abusivismo, è un film che poteva essere fatto pure a New York,
perché si parla di uno che per 24 ore riesce a non spendere soldi,
campando di espedienti, facendo la cavia per le cliniche
farmaceutiche. In più, non mi vergogno di far vedere una Napoli
bella, dei luoghi che sono considerati stereotipi, come il Vesuvio.
Ma che vuoi vedere di Napoli? La criminalità, i rifiuti per strada?
Nei miei film non ci saranno mai, come non ci saranno mai u’
spaghetto a vongola, u’ mandolino, il prendersi il giro con la
pizza e cose così.
Ci sono progetti futuri che non
riguardano Napoli?
ASSiamo
scrivendo con Bonifacci una storia che mi auguro possa
sempre partire da Napoli, ma è una storia universale, un film che
cerca di fare un passo in più rispetto a quello che abbiamo fatto
adesso.
Ascoltando il divertentissimo
scontro tra titani sul set, tra De Sica, dotato di grande
memoria, e Salvatore Misticone, che dimenticava persino il
suo nome, si conclude la conferenza stampa.
Con 548 copie, Il Principo
Abusivo uscirà nelle sale il 14 febbraio.