È una delle
produttrici più famose di Hollywood, ha una carriera alle spalle
impressionante, ha letteralmente inventato il genere sci-fi al
cinema, così come lo conosciamo oggi, lavorando a film come
Aliens e
Terminator. Gale Anne
Hurd è una donna incredibile e, come se la sua grande
esperienza al cinema non bastasse, negli ultimi anni si è dedicata
alla televisione, regalandoci una delle serie tv più amate degli
ultimi anni, un vero fenomeno globale che ‘contagia’ (è il caso di
dirlo) grandi e piccoli, uomini e donne: The Walking
Dead. Alla vigilia della messa in onda (in Italia
grazie a Fox) della quinta stagione, Gale Anne
Hurd è arrivata in Italia, a raccontare a Marco
Spagnoli e al pubblico del Roma Fiction Fest
2014 il suo lavoro, la sua passione e la sua scommessa con
gli zombie.
“Sono sempre stata
un’appassionata di fiction in tutte le sue forme – ha
dichiarato la Hurd -, e durante gli anni del liceo e
dell’università guardavo almeno due film al giorno”. E infatti
è stato il cinema il suo primo amore, amore scoperto e inseguito
grazie al celebre produttore Roger Corman, che nel
1978 ha creduto e scommesso su di lei. “È stato lui a darmi
questa possibilità, credendo in me in un periodo in cui non erano
molte le donne che facevano cinema. Ed è sempre stato lui che mi ha
fatto capire il lavoro che volevo fare, facendomi lasciare la sua
società e dicendomi che lui non aveva più nulla da insegnarmi,
avevo imparato tutto e mi detto che ero pronta per realizzare un
film come Terminator“.
Sulle sue fonti di
ispirazione e sui personaggi che hanno fatto nascere in lei la
voglia di lavorare nel cinema: “Le mie fonti di
ispirazione sono stati i registi come Kubrick, che mi hanno fatto
capire che i film di fantascienza possono essere film di serie A.
Questo l’ho capito con più chiarezza quando ho cominciato a
collaborare con James Cameron. Io ho sempre voglia di
innovare”.
Sul suo passaggio alla
televisione e sul valore delle storie dei personaggi che
racconta: “Grazie alla televisione siamo in grado di
dedicare più tempo alla storia e ai personaggi. Con le serie tv ad
esempio si lavora per tanto tempo sempre con lo stesso cast e per
questo si può approfondire tutto in modo più attento. A volte
qualcuno mi chiede sempre perché non faccio film intimistici, io
rispondo: ‘Li ho fatti, ma tu non li hai visti!’. Io amo le storie
che coinvolgono e approfondiscono la condizione umana e con la tv è
più facile realizzare questo tipo di storie. Un progetto che mi
attira è quello dove i personaggio compiono un viaggio, che parli
dell’essere umano, che sia di fantascienza o ambientato nella
realtà. Per me una storia che funziona è quella in cui una persona
normale si trova a vivere situazioni straordinarie”.
Sulla mancanza di progetti originali nel cinema
contemporaneo: “La colpa è degli studios che hanno
paura. Oggi un blockbuster costa oltre 200 milioni di dollari e gli
studios preferiscono fare delle scelte certe: assecondano quelli
che secondo loro sono i gusti del pubblico. Per questo preferiscono
basare la loro produzione su sequel e remake, per andare sul
sicuro. Quello che manca oggi è il coraggio. Io invece amo correre
rischi. Si impara di più dagli insuccessi. Io non ho paura perché
se non provi a realizzare qualcosa non sai se avrai successo o
meno”.
Sul motivo che l’ha spinta a
sostenere il progetto di una serie tv su The Walking Dead:
“Sono stata una fan dei fumetti. Mi piaceva l’idea che i morti
che camminano della serie sono le persone che ancora non sono degli
zombie, perché tutti, anche se muoiono di una morte naturale sono
destinati a trasformarsi. Dunque i personaggi sanno che se muoiono
diventano zombie e chi continua a vivere sa che potrebbe essere
costretto ad uccidere un suo caro. I fumetti in questo senso sono
inflessibili e raccontano storie dure e violente. Ho pensato che
era un prodotto da mostrare anche sullo schermo. Il conflitto tra
scelte morali ed etiche sono anche il motivo del successo a livello
planetario della serie tv, perché si parla di temi che sono
universali e si adattano a tutti i tipi di culture e
civiltà”.
Sui temi portanti che
costituiscono il maggiore motivo di interesse in The Walking
Dead: “La serie parla di chi siamo come esseri umani e
di come ci comportiamo quando siamo di fronte all’apocalisse.
Inoltre abbiamo approfondito anche chi siamo come società, sulle
scelte difficili che ognuno di noi potrebbe dover compiere. Per
questo i personaggi della serie sono così amati e seguiti, perché
sono sempre in bilico nelle loro scelte, un continuo conflitto tra
etica e morale”.
Sulle doti di un buon
produttore: “Nel mio lavoro è fondamentale fiutare una
buona idea. Il produttore collabora con più figure, dal regista
agli attori, passando per lo sceneggiatore e deve essere abile
anche a convincere a far cambiare qualche cosa: a volte ti trovi
sul set ad essere più uno psicologo che un produttore”.