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Bond 24: anche Monica Bellucci nel cast?

Monica BellucciDaedline riporta dei rumors relativi ad una importante new entry nel cast di Bond 24, una new entry che porterà bellezza e italianità nel film di Sam Mendes. Secondo Nancy Tartaglione Deadline dichiara che la ‘nostra’ Monica Bellucci potrebbe essere parte del cast in un ruolo che per il momento non è stato ancora specificato.

Naturalmente l’annuncio prossimo ufficiale di cast e titolo del film metterà i rumors a tacere e ci dirà ufficialmente chi farà parte della 24esima avvenuta dell’agente con liccenza di uccidere.

Le riprese del film che sarà diretto da Sam Mendes inizieranno l’8 Dicembre.

In Bond 24 ritorneranno ovviamente Daniel Craig, Naomie Harris, Ralph Fiennes e Ben Whishaw, mentre sembra ufficiale l’addio di Roger Deakins, direttore della fotografia di Skyfall, che con il film precedente fece un lavoro a dir poco meraviglioso. Le riprese del film inizieranno questa estate per la regia del premio Oscar Sam Mendes su una sceneggiatura scritta da John Kogan. A produrre ci saranno Barbara Broccoli e Michael G. Wilson.

 
 

Bond 24, Andrew Scott sarà il villain

Dite ai fan dello Sherlock della BBC di tenersi forte: secondo quanto riportato dal Mirror sarà infatti l’attore irlandese Andrew Scott, interprete dell’arcinemesi di Sherlock Holmes Moriarty nelle prime 2 serie, a interpretare il villain nel nuovo film dedicato a James Bond e ancora senza titolo.

Scott si unirà così ai membri storici del cast Daniel Craig, Ralph Fiennes, Ben Whishaw, Rory Kinnear e Naomie Harris e alle new entry Léa Seydoux, Dave Bautista e Christoph Waltz.

Diretto da Sam Mendes, Bond 24 arriverà nei cinema ad ottobre 2015; la produzione ha assicurato che il titolo ufficiale verrà rilasciato a breve.

Secondo fonti vicine al giornale, sarebbe stata proprio la prova di Andrew come Moriarty(per la quale gli è stato conferito un Bafta tv Award)  a convincere gli investitori delle sue potenzialità come cattivo; dicono inoltre che l’attore sarebbe al settimo cielo data l’opportunità di dare alla sua carriera la scossa definitiva.

Benedict Cumberbatch e Martin Freeman hanno già intrapreso da tempo la strada del successo, riuscirà Andrew Scott a fare altrettanto come antagonista di James Bond?

fonte: Mirror

 
 

Bond 24 svelata la data d’inizio riprese e il probabile villain

Bond 24

È arrivata la conferma ufficiale che le riprese di Bond 24 inizieranno il 6 dicembre e si estenderanno su gran parte del territorio europeo (Austria, UK, Italia) oltre che in Marocco e nei leggendari Pinewood Studios, mentre il cast si ritroverà a fine novembre con Sam Mendes per una lettura dello script.
Questa notizia però si porta con se un carico di rumors che dureranno fino alle conferme ufficiali di casting, infatti iniziano a circolare le prime ipotesi su chi sarà il villain di questo film e se ancora non si azzardano nomi di attori sappiamo che probabilmente il rivale di 007 sarà un uomo possente, una sorta di Squalo del 21 secolo.
Per quanto riguarda le Bond girl secondarie invece sono state provinate diverse attrici scandinave mentre la partner principale di Daniel Craig sarà sicuramente un’attrice britannica.

Fonte: CBM

 
 

Bond 24 si intitolerà Spectre, ecco il cast completo

Sam Mendes, accanto a Barbara Broccoli, ha annunciato in persona il titolo ufficiale di Bond 24, che si chiamerà Spectre.

Le riprese cominceranno lunedì e gireranno il mondo per sei mesi, con tappe a Londra, ovviamente, e a Roma.

Il primo membro del cast sarà la Aston Martin, della quale è stato presentato un nuovo modello, la DB10. Gli altri membri del cast sono: Bew Wishaw, Naomie Harris, Ralfh Fiennes, Andrew Scott, Rory Kinnear, Dave Bautista, Monica Bellucci, Lea Seydoux, Christoph Waltz e last but not least Daniel Craig.

La sceneggiatura sarà scritta da John Loga, Neal Purvis e Robert Wade, il film sarà prodotto da Barbara Broccoli, Callum McDougall e Michael G. Wilson, alle musiche Thomas Newman, alla fotografia Hoyte Van Hoytema. Il film sarà diretto da Sam Mendes.spectre

 
 

Bond 24 Sam Mendes ritorna alla regia?

James Bond 007

Colpo di scena nella corsa alla regia del Bond24 che sta assumendo sempre di più i contorni di una telenovela. Infatti, solo poche ore fa era stata diffusa da Variety una short list di registi che erano candidati al ruolo di regista, tra cui anche il recente Premio Oscar Ang Lee. Ma adesso arriva invece l’articolo di Deadline secondo il quale sembra che Sam Mendes è ritornato in trattative con i produttore del film, Sony e MGM, per riprendere il ruolo di regista dopo l’abbandono di qualche mese fa.

Il regista ha già diretto il successo mondiale Skyfall e recentemente si era tirato fuori dal prossimo film per i conflitti con il suo impegno a teatro. Secondo il noto sito,  sembra che i produttori del film, Michael Wilson e Barbara Broccoli, siano pronti ad aspettare il regista per poi produrre il film con tutta calma, dato che non c’è una particolare fretta. Fermo restando che Sam Mendes è la scelta più logica per questo nuovo episodio considerato il successo del precedente, viene da chiedersi se questo ritorno di fiamma non sia stato causato dalle reali difficoltà di ingaggiare un nuovo regista.

Sappiamo infatti che i produttori hanno tentato anche di sentire Christopher Nolan in merito ad un suo possibile coinvolgimento, cosa che è tramontata per gli impegni già ufficializzati del regista nel suo prossimo film Interstellar. Senza contare che oltre a Ang Lee, era stato interpellato anche  Nicolas Wending Refn, impegnatissimo anche lui, e che quindi probabilmente la cosa più facile ed immediata è quella di aspettare Sam Mendes e i suoi impegni con Broadway. Non ci resta che aspettare un annuncio ufficiale, ma considerata l’attendibilità della fonte possiamo considerare Sam Mendes il regista di Bond 24.

 
 

Bond 24 Sam Mendes e Daniel Craig di nuovo insieme

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Questa è una notizia che sicuramente farà felici tutti i fans di James Bond. Dopo il successo di Skyfall, Sam Mendes e Daniel Craig torneranno a lavorare insieme. Il regista britannico dirigerà per la seconda volta le avventure dell’agente segreto più amato del grande schermo, mentre Craig ne tornerà a vestire i panni per la quarta volta nella sua carriera.

Il titolo provvisorio di questo nuovo episodio è al momento Bond24. L’uscita nelle sale cinematografiche britanniche è stata fissata per il 23 ottobre 2015, mentre in America uscirà il 6 novembre 2015. Alla sceneggiatura del film metterà nuovamente mano John Logan. La notizia è stata diffusa dai produttori storici del franchise Michael G. Wilson e Barbara Broccoli, insieme a Gary Barber della Metro-Goldwyn-Meyer e Michael Lynton della Sony Entertainment. Queste le parole di Sam Mendes nel comunicato ufficiale: “Sono felice che, dandomi il tempo necessario per dedicarmi ai miei impegni teatrali, i produttori hanno reso tutto possibile per farmi tornare a dirigere Bond 24. Sono molto ansioso di prendere nuovamente le redini e di lavorare con Daniel Craig, Michael G. Wilson e Barbara Broccoli per la seconda volta”. 

Siamo convinti che questa nuova collaborazione tra Mendes e Craig porterà i suoi frutti. Skyfall, infatti, incassò ben 12 milioni di euro (un vero e proprio record per la saga), mentre in Inghilterra registrò il più alto incasso cinematografico della storia del paese. Ci auguriamo (e aspettiamo) pertanto lo stesso successo anche per questo nuovo capitolo.

Fonte: 007news

 
 

Bond 24 Ralph Fiennes annuncia l’inizio delle riprese per ottobre

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bond-24Del ventiquattresimo film di James Bond ancora si sa poco o nulla, se non che Sam Mendes ha accettato la regia dopo l’ottima prova di Skyfall e che John Logan scriverà anche questo capitolo della spia cinematografica più amata di tutti i tempi.
Oggi però Ralph Fiennes, che nella saga interpreta Gareth Mallory, racconta a MTV News che la produzione inizierà a muoversi ad ottobre per l’inizio delle riprese:

“Il nostro scopo è iniziare le riprese ad ottobre e sulla trama non so ancora nulla perchè non ho ancora visto lo script”

A far compagnia a Fiennes ci saranno ovviamente Daniel Craig e Naomie Harris mentre sembra ufficiale l’addio di Roger Deakins, direttore della fotografia di Skyfall, che con il film precedente fece un lavoro a dir poco meraviglioso.
Il nuovo 007 dovrebbe uscire ad ottobre 2015 in Europa mentre a novembre in USA.

Fonte: Collider

 
 

Bond 24 in Italia: sarà girato a Roma

Bond 24Arriva oggi la notizia che Bond 24, il prossimo film del leggendario franchise di successo basato sul personaggio creato da Ian Fleming sarà girato a Roma e a darne notizia è stato Luciano Sovena, nuovo presidente di Roma Lazio Film Commission:

Ho incontrato gli storici produttori della serie su James Bond, Barbara Broccoli e Michael G. Wilson e abbiamo discusso del progetto. Una delle scene-chiave, tra le più spettacolari del film, sarà un inseguimento di auto in via Quattro Fontane. Loro ci puntano molto, sono già entusiasti all’idea. Mi auguro che il Comune snellisca le procedure per concedere i permessi, sarebbe un peccato perdere questa grande opportunità per colpa della burocrazia.

Ospitare il kolossal su 007, spiega Sovena, fa parte della strategia della Lazio Film Commission che intende attirare nella regione le grandi produzioni straniere, strappandole agli studios dell’Est, e incoraggiare gli indipendenti italiani. La nostra regione ha tutti i requisiti, ambientali e professionali, per diventare la location più ambita del cinema.

Nessun altro dettagli è stato rivelato in merito alle riprese.  Per il 24esimo Bond, alla regia è stato confermato Sam Mendes, (co)artefice del successo del film precedente, e il regista premio Oscar, fan del franchise, ha spiegato perchè è voluto tornare alla regia, dopo la positiva esperienza con Skyfall.

Mendes ha detto che nel film precedente c’erano diverse story line che avevano bisogno di una spiegazione, e che lui in prima persona vuole sviluppare queste nuove storie che sono state solo accennate nel film. Stiamo parlando del nuovo M, interpretato da Ralfh Fiennes, di Miss Moneypenny (Naomi Harris) e anche del simpatico Q, il promettente Ben Whishaw.

Bond 24 sarà diretto da Sam Mendes su una sceneggiatura di John Logan. Nel cast sono stati confermati Daniel Craig, Ralfh Fiennes, Naomi Harris, Ben Whishaw. Il film uscirà al cinema il 23 ottobre del 2015 in UK e il 6 novembre negli USA.

Fonte: Il Messaggero

 
 

Bond 24 Daniel Craig parla del film

Daniel Craig si è espresso per la prima volta su Bond24, il prossimo capitolo della saga dedicata all’agente segreto più amato del grande schermo, che l’attore britannico tornerà ad interpretare per la quarta volta nella sua carriera. Durante un’intervista con Vulture, Craig ha parlato di come sarà Bond24 e, soprattutto, di cosa ci sarà da aspettarsi. Questa la sua dichiarazione:

Se le cose andranno come devono andare, riporteremo in vita quella vecchia ironia tipica dei film di Bond. Vogliamo fare di tutto per non dare vita a qualcosa di davvero pasticciato. Non sono un attore che riesce a dare il meglio di sé quando si tratta di inscenare determinati siparietti, a meno che questi non abbiano davvero un significato rilevante ai fini della storia. A volte penso che avrei voluto fare del mio Bond un personaggio più comico, buffone, ma non mi riesce, e quindi non l’ho mai fatto“.

Bond 24 sarà diretto da Sam Mendes e vedrà protagonista Daniel Craig per l’ultima volta. Uscirà al cinema il 23 ottobre 2015 in Gran Bretagna e il 6 novembre 2015 negli States.

Bond 24 Daniel Craig

Fonte: Coming Soon

 
 

Bond 23 sospeso?

I guai finanziari della MGM, che parrebbero non aver messo a repentaglio The Hobbit, hanno fatto però un’illustre vittima.

 
 

BOMBSHELL la voce dello scandalo aprirà il Bif&st

bombshell trailer

Sarà BOMBSHELL la voce dello scandalo, il film con Charlize TheronNicole Kidman e Margot Robbie ad aprire, il 21 marzo, l’undicesima edizione del Bif&st. Il festival, quest’anno dedicato a Mario Monicelli, si svolgerà a Bari dal 21 al 28 marzo e ospiterà l’anteprima italiana del film di Jay Roach al Teatro Petruzzelli, nella sezione Anteprime Internazionali.

Basato su fatti realmente accaduti, BOMBSHELL la voce dello scandalo racconta l’incredibile storia delle donne che hanno spodestato l’uomo che ha contribuito a creare il più potente e controverso impero dei media di tutti i tempi, Fox News. Uno straordinario ritratto delle scelte coraggiose di tre donne, molto differenti tra loro, che decidono di lottare contro un sistema di potere e di abusi, che vigeva indisturbato.

Protagonisti del film sono il premio Oscar® Charlize Theron, il premio Oscar® Nicole Kidman, il candidato Oscar® John Lithgow e la candidata Oscar® Margot Robbie. È diretto dal vincitore del premio Emmy® Jay Roach ed è sceneggiato dal premio Oscar® Charles Randolph.

BOMBSHELL la voce dello scandalo è un’esclusiva per l’Italia Leone Film Group in collaborazione con Rai Cinema, e sarà in sala dal 26 marzo con 01 Distribution. È una produzione Lionsgate in associazione con Creative Wealth Media e Annapurna Pictures, una produzione Bron Studios / Denver And Delilah / Gramsci / Lighthouse Management & Media.

Bombshell: trailer italiano del film con Kidman, Theron e Robbie

 
 

Bombshell: trailer italiano del film con Kidman, Theron e Robbie

Ecco il trailer italiano ufficiale di Bombshell, il film che vede alla regia Jay Roach e alla sceneggiatura Charles Randolph. Protagoniste del film sono Charlize Theron, Nicole Kidman e Margot Robbie, con Kate McKinnon, Connie Britton, Mark Duplass, Rob Delaney, Malcolm McDowell e Allison Janney.

Con il Premio Oscar Charlize Theron, il Premio Oscar Nicole Kidman, il candidato al Premio Oscar John Lithgow e la candidata al Premio Oscar Margot Robbie, Bombshell, ispirato a una storia vera, mostra dall’interno il più potente e controverso impero televisivo di tutti i tempi e la vicenda delle donne che hanno distrutto l’uomo che lo creò. Diretto dal vincitore di Emmy Award Jay Roach e scritto dal Premio Oscar Charles Randolph.

 
 

Bombshell: il trailer del film sullo scandalo Ailes con Robbie, Theron e Kidman

Lionsgate ha diffuso da poco il primo trailer ufficiale di Bombshell, il film diretto da Jay Roach (Austin Powers, Mi presenti i tuoi?, L’ultima parola –  La vera storia di Dalton Trumbo) che porta sul grande schermo le vicende dello scandalo Ailes. Nel cast figurano come protagoniste Nicole Kidman, che interpreta Gretchen Carlson, Margot Robbie, volto di una produttrice associata, e Charlize Theron nei panni di Megyn Kelly.

Il film racconterà quindi i retroscena delle dimissioni di Roger Ailes dai vertici di Fox News risalenti al 2016 dopo che l’amministratore delegato aveva ricevuto numerose accuse di molestie sessuali ai danni delle sue dipendenti, tra cui la Carlson, prima vittima a denunciare in seguito al suo licenziamento.

Bomshell uscirà nelle sale americane a dicembre.

 
 

Bombshell – La voce dello scandalo, recensione del film con Charlize Theron

Bombshell - La Voce dello Scandalo film 2020

Acclamato nel corso dell’ultima season award per le performance delle sue protagoniste e per il lavoro di make up che gli è valso il premio Oscar 2020, Bombshell – La voce dello scandalo arriva in Italia direttamente in digitale, disponibile del 17 Aprile 2020 su Amazon Prime Video.

Il film, scritto da Charles Randolph e diretto da Jay Roach, racconta lo scandalo in seno a Fox News, che ha portato alla caduta di Roger Ailes (John Lithgow), uno dei fondatori dell’emittente. Al centro della vicenda ci sono tre donne, tre punti di vista differenti su una questione che, per fortuna, negli ultimi anni è diventato il centro delle discussioni sulle dinamiche del lavoro: l’abuso sessuale, e quindi di potere, ai danni di donne che tentano la scalata professionale nei propri ambienti di lavoro. È quello che ha dato origine al movimento #MeToo e che ha fatto moltissimo rumore con il caso Weinstein, evento che ha destabilizzato l’intero assetto produttivo hollywoodiano.

Bombshell, il punto di vista di tre donne

Ma torniamo a Bombshell, soprattutto alle sue tre protagoniste, che hanno determinato, in maniera diversa, la caduta di un mito, quell’Ailes che a tutti gli effetti rappresenta ora sopruso e potere. Gretchen Carlson, interpretata da Nicole Kidman, è la miccia, l’innesco di un incendio, la prima che, messa di fronte a condizioni di lavoro sempre più ostili e infine al licenziamento, denuncia il boss di Fox News per i suoi abusi e le sue molestie.

La segue, non troppo da vicino, Megyn Kelly, le cui fattezze sono state imitate e interpretate da Charlize Theron. Kelly ha denunciato le molestie dopo una intensa lotta, anche con se stessa; personaggio cinico e arrivista, ma anche grande professionista, capace e caparbia, Kelly ci mostra meglio di ogni altro personaggio del film (ma anche della vita reale) quanto sia sottile il confine tra buoni e cattivi, quanto sia delicato l’equilibrio tra lecito e illecito, tra ciò che si desidera, ciò che si sopporta e ciò che si subisce, quando si ha uno scopo da raggiungere e tanta ambizione.

Terza protagonista (e unica figura di finzione nel film) è Kayla Pospisil, interpretata da Margot Robbie. Kayla è una giovane giornalista che vuole fare carriera, si mette al servizio del sistema, lo asseconda e permette al male di perpetrarsi semplicemente tacendo quello che le succede. Anche lei è una vittima, per un po’ una vittima condiscendente, e solo dopo acquisisce la dimensione, solida e attiva, di soggetto che prende iniziativa pensante.

Queste tre storie, che si intrecciano in una redazione ricca di chiaroscuri e di detti e taciuti, rappresentano tre lati di un racconto che ha scosso la Fox News ed ha spodestato Roger Ailes. Non solo, questo caso ha smontato un sistema che ha portato poi alla caduta di Weinstein e al disvelamento di moltissime realtà simili; ha denunciato, in sostanza, una routine, una terribile abitudine che vige, ancora adesso, in moltissime realtà lavorative, a tutti i livelli, in tutti i settori.

Non ci sono buoni e cattivi

Bombshell – La voce dello scandalo ha il grande pregio di non separare mai i buoni dai cattivi con una linea netta, anzi sembra che il suo più importante obbiettivo sia proprio quello di evidenziare la difficoltà di porsi per ogni persona, a seconda della propria indole e della propria ambizione, di fronte a questi fenomeni che, quelli sì, sono condannati senza mezze misure.

Per quanto riguarda invece la restituzione dei fatti attraverso un linguaggio che vuole essere ricercato, Bombshell frana rovinosamente di fronte al confronto di opere simili che raccontano realtà complesse della modernità (basti pensare a La grande scommessa, con cui condivide lo sceneggiatore).

Quello di Jay Roach è un film a cui viene senz’altro riconosciuta la propria importanza perché racconta una storia che deve essere conosciuta, ma che di fronte al valore cinematografico vero e proprio si vede ridimensionato, al netto delle interpretazioni delle tre attrici protagoniste.

Giustamente elogiate per le loro performance, Kidman, Theron e Robbie non bastano a tenere in piedi Bombshell che di poco si allontana dalla cronistoria di uno scandalo, ma sicuramente aggiungono appeal a un film che sembra destinato ad essere ricordato solo per la storia che racconta e che esce clamorosamente perdente a confronto con prodotti che mettono in scena vicende simili (vedi The Morning Show).

 
 

Bombshell – La voce dello scandalo: la vera storia dietro al film

Bombshell - La voce dello scandalo film

L’ormai noto movimento #MeToo ha scosso nel profondo l’industria dello spettacolo e non solo. Relativamente a ciò, sono stati diversi i film che hanno portato sul grande schermo storie di vere molestie o intimidazioni ai danni delle donne. Uno di quelli affermatisi di più, anche per merito del suo cast all star, è Bombshell – La voce dello scandalo (qui la recensione). Diretto da Jay Roach (Ti presento i miei, L’ultima parola) e scritto da Charles Randolph (La grande scommessa), il film affronta un noto scandalo verificatosi ai vertici della Fox e che ha contribuito allo scoppio del movimento poc’anzi citato.

La Annapurna Pictures pose dunque in sviluppo un progetto ispirato a quella vicenda, dando dunque risalto ad un caso rivelatosi poi tutt’altro che isolato. Complice anche la parallela realizzazione della serie The Loudest Voice, con protagonista Russell Crowe e ispirata alla stessa storia, Bombshell non ha però ottenuto i risultati economici sperati, ma ha comunque guadagnato pareri favorevoli da parte della critica oltre ad alcuni prestigiosi riconoscimenti, tra cui l’Oscar al miglior trucco. Meno apprezzate, tuttavia, sono state alcune libertà che il film si è preso rispetto alla vera storia.

Indubbiamente si tratta di un film da recuperare per comprendere meglio tanto il problema esposto quanto il modo in cui questo si riflette sul privato. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alla vera storia. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

La trama e il cast di Bombshell – La voce dello scandalo

Il film è basato sul noto scandalo sessuale che ha sconvolto l’America e in particolare l’impero mediatico della Fox New, con a capo Roger Ailes. Proprio quest’ultimo, il cui potere era incontrastato negli uffici della Fox, si vide nel 2016 accusato di molestie da parte di tre donne, tutte di età diverse e con ruoli differenti all’interno della rete televisiva. Si tratta di Megyn Kelly, Gretchen Carlson e Kayla Popisil, le quali stanche di un ambiente di lavoro tossico, riveleranno ciò che serve per far tremare l’azienda. Non però senza subire ripercussioni personali.

Come anticipato, nei panni delle tre protagoniste femminili si ritrovano rispettivamente Charlize Theron, Nicole Kidman e Margot Robbie. Il personaggio di quest’ultima, però, è l’unico a non essere realmente esistente, ma si tratta piuttosto di una combinazione di personalità diverse. Sia la Theron che la Robbie, poi, furono nominate come miglior attrice e miglior attrice non protagonista agli Oscar. Nei panni del potente Roger Ailes si ritrova invece John Lithgow, mentre Malcolm McDowell è Rupert Murdoch. Sono poi presenti anche le attrici Allison Janney nei panni di Susan Estrich e Kate McKinnon in quelli di Jess Carr.

Bombshell - La voce dello scandalo storia vera

Bombshell – La voce dello scandalo: la vera storia dietro il film

La vera storia raccontata in Bombshell ha inizio nel momento in cui Gretchen Carlson, nel 2016, denuncia Roger Ailes, l’amministratore delegato di Fox News. La donna accusa Ailes di averla licenziata in quanto si era rifiutata di cedere alle sue continue avances. L’uomo negò naturalmente ogni accusa, nonostante la Carlson avesse presentato anche ben oltre un anno di registrazioni nascoste che provavano l’accaduto. In seguito alla sua denuncia, però, l’azienda si schiera ugualmente dalla parte di Ailes, per via della forte omertà presente anche tra le dipendenti femminili. A cambiare l’equilibrio di questa sfida, però, subentra Megyn Kelly, la quale si pone dalla parte della Carlson.

Giornalista sulla cresta dell’onda, questa si fa promotrice dell’accusa, rendendola ormai evidente e innegabile. Ailes si trova dunque a dover fronteggiare uno scandalo ormai inevitabile e ben presto oltre venti donne escono allo scoperto per dare la loro testimonianza contro Ailes. Gran parte di queste dipendenti vengono licenziate, ma la Carlson vince la causa e ottiene un risarcimento di 20 milioni di dollari oltre a delle scuse ufficiali. Le viene però chiesto di firmare un documento che le impedisce di parlare della vicenda pubblicamente. Ailes, costretto alle dimissioni, muore poi nel 2017. Secondo le vere protagoniste della vicenda, inoltre, la realtà dei fatti è molto più terribile di come viene mostrata nel film.

Il trailer di Bombshell – La voce dello scandalo e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di Bombshell – La voce dello scandalo grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes, Amazon Prime Video e Tim Vision. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di martedì 28 febbraio alle ore 21:10 sul canale Rai Movie.

Fonte: IMDb, Independent

 
 

Bomber di Paul Cotter – recensione

bomberBomber di Paul Cotter è  una sorta di manufatto cinematografico,  di prodotto artigianale che ha in sè lo sforzo e l’anima dell’artigiano,  e che rappresenta l’esito artistico di una riflessione profondamente umana, low-budget e raffinata.

Al suo esordio nel lungometraggio, il talentuoso regista britannico sceglie di raccontare e osservare in prossimità un microcosmo familiare (padre burbero, madre docile, figlio ipersensibile), un nucleo mobile on the road bisognoso di tornare a comunicare, e di scoprire nel passato le ragioni che hanno determinato i silenzi nel presente. Quelli di Alistar in particolare, l’anziano capofamiglia mosso dalla misteriosa urgenza di raggiungere un luogo sconosciuto nel nord della Germania, di cui conserva soltanto una vecchia e sfocata fotografia aerea. Così, nonostante le riserve e le continue incomprensioni, moglie e figlio decidono di accompagnarlo in un viaggio che si rivelerà, tra un litigio e l’altro, e tra variegate manifestazioni d’isteria, l’occasione di riscoprire l’altro, riserva imperfetta ma imprescindibile di affetto e verità; nonchè di espiare finalmente un tragico errore, lontano ma sempre  doloroso.

Accolto con indifferenza nel suo paese d’origine, la Gran Bretagna, e invisibile ai più da quattro anni (risale al 2009 la sua realizzazione), Bomber ha però conquistato il successo di pubblico e di critica nei maggiori festival internazionali di cinema indipendente, manifestando una volontà ferrea e al tempo stesso dinamica di esprimersi attraverso un’Arte fresca, essenziale, capace di andare al cuore della rappresentazione, senza artifici e virtuosismi. Da questo punto di vista la penuria di fondi e mezzi a disposizione ha costituito per Cotter un’opportunità, quella di mettere alla prova il suo potenziale di regista e narratore in un  contesto che lascia poche prospettive, ma che di certo affina ingegno e abilità.

Il risultato è un film delizioso, convincente e che, per le dinamiche familiari messe in scene, non tarda a ricordare un altro stravagante viaggio in furgoncino, quello della famiglia Hoover di Little Miss Sunshine, dove era una bambina a innescare il motore dell’azione, accostata da altrettante buffe e instabili personalità, ciascuna a suo modo  malinconica ed esilarante. Qui però il corpo attoriale si restringe ulteriormente e, quasi ridotto all’osso, manifesta senza filtri la fragilità e la bellezza umana.

 
 

Bomb: Ridley Scott alla regia del thriller d’azione

Ridley Scott
Foto di Luigi de Pompeis © Cinefilos.it

Come riportato da Deadline, i 20th Studios hanno acquistato – sconfiggendo la concorrenza di NetflixApple, SonyWarner Bros. – il racconto di Kevin McMullin dal titolo Bomb, un thriller d’azione con un potenziale da franchise e un ruolo molto importante pensato per un giovane attore. Ridley Scott è in trattative per dirigere progetto, con l’accordo che con grande probabilità andrà in porto, mentre la sua Scott Free si occuperà della produzione. McMullin, invece, scriverà la sceneggiatura completa per il lungometraggio.

In ogni caso, per Scott, reduce dal successo di Napoleon, si tratterebbe di un progetto futuro e non necessariamente il suo prossimo come regista. Ciò alla luce del fatto che sia la sceneggiatura che l’intero film deve ancora essere sviluppato. In ogni caso, sappiamo che la storia ha per protagonista Frankie Ippolito, un negoziatore di ostaggi chiamato in servizio la notte prima del suo matrimonio a Londra. Un uomo, che si è parcheggiato in un cantiere a Piccadilly Circus, ha con sé una bomba inesplosa della Seconda Guerra Mondiale e afferma di voler parlare solo con Frankie.

Da qui ha inizio una catena di eventi che vedranno il protagonista coinvolto in un scontro notturno per fermare l’attentatore, con cui scopre di avere dei pregressi. Descritto come un incrocio tra Quel pomeriggio di un giorno da cani e Speed, il racconto è dunque ambientato nel corso di una sola notte e preannuncia ritmi forsennati e grande tensione. Un progetto dunque molto interessante per Scott, che non si confronta con questo genere dai tempi di Nessuna verità (2008). In attesa di questo progetto, rivedremo Scott come regista il prossimo anno con l’atteso Il gladiatore 2.

 
 

Bolt: recensione del film d’animazione

Bolt

La recensione del film d’animazione Bolt di Chris Williams, Byron Howard e creato da Chris Sanders.

Il cane Bolt è l’inconsapevole protagonista insieme all’adorata padroncina Penny di una serie televisiva d’azione che porta il suo nome e che si gira in California : quando per un equivoco viene spedito a New York e crede che Penny sia stata rapita dal perfido cattivo dello Show il Dottor Calico , Bolt non esita a iniziare un lungo viaggio attraverso gli States per ritornare dalla bambina : sarà un duro scontro con la realtà , che però riuscirà a scoprire e ad amare grazie ai suoi nuovi amici Mittens , una gatta dal cuore spezzato, e Rhino , un criceto grandissimo fan delle avventure di Bolt.

altRegia: Chris Williams, Byron Howard

Anno: 2008

Con le voci di: John Travolta/Raoul Bova: Bolt; Miley Cyrus/Giulia Tarquini: Penny; Malcolm McDowell/Stefano Mondini: Dottor Calic; Susie Essmann/Emanuela Rossi: Mittens; Mark Walton/Roberto Stocchi: Rhino.

Trama: Il cane Bolt è l’inconsapevole protagonista insieme all’adorata padroncina Penny di una serie televisiva d’azione che porta il suo nome e che si gira in California : quando per un equivoco viene spedito a New York e crede che Penny sia stata rapita dal perfido cattivo dello Show il Dottor Calico , Bolt non esita a iniziare un lungo viaggio attraverso gli States per ritornare dalla bambina : sarà un duro scontro con la realtà , che però riuscirà a scoprire e ad amare grazie ai suoi nuovi amici Mittens , una gatta dal cuore spezzato , e Rhino , un criceto grandissimo fan delle avventure di Bolt.

Bolt: recensione del film d’animazione

Analisi: Da Lassie a Beethoven , da Lilli e il vagabondo alla carica dei 101 , da Balto a Red e Toby , il cinema ha sempre prediletto i nostri amici a quattro zampe che con la loro tenerezza sanno dare speranza e sciogliere i cuori di grandi e piccini : proprio da un cane fedele riparte così la Disney , dopo le infelici esperienze di ” Chicken Little ” e de ” i Robinson “, sotto la guida di quel John Lasseter che come nuovo direttore creativo e produttore esecutivo sembra aver fatto della salvezza della Casa di Topolino la sua missione.

L’avventura di Bolt non era certo iniziata sotto i migliori auspici quando il suo creatore Chris Sanders ( già autore di ” Lilo e Stitch ” poi passato alla DreamWorks con ” Dragon Trainer ” ) venne escluso dal progetto perché ritenuto non all’altezza per essere prontamente sostituito dall’esordiente Chris Williams e da Byron Howard , con totale rivisitazione del soggetto originale il cui risultato è un film genuino e godibile , anche se alquanto prevedibile e privo di particolari guizzi.

Il lungo viaggio del cane Bolt per tornare dall’adorata padroncina si rivela così un road movie di classica struttura Disneyana (la quarantottesima pellicola secondo il canone ufficiale) che non disdegna contaminazioni da universi alieni, forse non particolarmente noti ai bambini di oggi ma certamente ai genitori che li accompagnano :  Bolt combatte battaglie molto vicine a quelle del cane Bravo de ” l’ispettore Gadget ” , fra mirabolanti inseguimenti con una padroncina che condivide non solo nome ( Penny ) ma anche intuito e abilità tecnologiche con la nipotina del’ispettore, contro il perfido Dottor Calico che con tanto di occhio verde e gatti malvagi non può non ricordare il terribile nemico di Gadget Artiglio ; inconsapevole protagonista di un’appassionante serie d’azione, Bolt deve fare i conti con una mondo reale di cui ignorava l’esistenza in compagnia di  personaggi familiari ma abbastanza stereotipati: ognuno di loro, dai piccioni di New York, cugini napoletani de “i picciotti” del cartone della Warner “the animaniacs” che non brillano per particolare intelligenza, alla cinica gatta Mittens che ha perso ogni speranza nel genere umano, al criceto Rhino delizioso nella sua ossessione per lo show televisivo ci commuove e accompagna come vecchi amici sui quali potremo sempre contare , ma che non ci dicono nulla di più di ciò che ci aspetteremmo da loro.

È curioso come la mancanza di cognizione del reale e il conseguente sgretolarsi dell’illusione di Bolt, pur fondamentali per i momenti più divertenti della pellicola (il polistirolo velenoso su tutti) , non vengano sfruttati a dovere nello stuzzicare l’attenzione di un pubblico  che sarebbe stato ben più partecipe nello scoprire le carte in medias res piuttosto che con un meccanismo immediatamente svelato, bruciando la possibilità di costruire un piccolo novello Truman Show canino.

Nonostante l’uso della CGI e del 3D (qui ancora non esploso come tecnica obbligatoria) , Bolt non è riuscito a conquistare l’Oscar 2009 contro lo splendido capolavoro della Pixar Wall-E , ma si è difeso egualmente dai detrattori come un lavoro di ottima qualità, alla ricerca della dimensione un tempo egemonica e oggi di nicchia, di una gloriosa tradizione perduta: proprio ora che le frontiere dell’animazione si sono aperte alle storie complesse della Pixar  e all’ironia pungente della DreamWorks, Bolt sogna che si possa ritrovare fiducia in quelle storie semplici che ci facevano sognare, un po’ di quella fedeltà che lui , senza esitazione e senza chiedere niente in cambio, riserva alla sua dolce Penny superando anche quando crede che lei lo abbia dimenticato: se ritenete che ormai questo non possa bastarvi, questa è un’altra questione.

 
 

Bologna 2 Agosto … I giorni della collera recensione

Bologna 2 Agosto ... I giorni della collera 2La strage di Bologna del 2 agosto 1980, che costò la vita a 85 persone, così come le figure di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, terroristi dei N.A.R. condannati per la strage, non erano mai stati al centro di un lungometraggio. Ci ha pensato Giorgio Molteni – autore di diversi film, ma noto soprattutto per aver diretto numerose fiction (tra cui La squadra 1, Un posto al sole, Centovetrine) – assieme a Daniele Santamaria Maurizio. L’intento è senz’altro lodevole, specie ora che qualcosa sembra muoversi riguardo al segreto di Stato, che potrebbe far luce sui mandanti della strage, ancora ignoti. I mezzi sono quelli di un film autoprodotto. Ma ciò può bastare a giustificare le manchevolezze di questo lavoro? Purtroppo no.

Innanzitutto, non viene fatta una precisa scelta stilistica: ci si muove fra la cinematografia di genere (un po’ poliziottesco anni ‘70, un po’ melò romantico anni ’80), i film per adolescenti, la fiction tv e il vero dramma, la scelta stilistica più appropriata, ma che non riesce a imporsi. Evidente comunque l’indirizzo verso un pubblico giovane e giovanissimo.

Conseguenza di questa scelta, dell’intento che i registi hanno definito “didascalico”, divulgativo, ma che possiamo dire anche commerciale, è la semplificazione, non solo di una trama complessa – la parabola criminale di Fioravanti e Mambro, il legame tra terrorismo di destra, servizi segreti deviati e massoneria – ma un eccessivo semplicismo nel soggetto. I protagonisti Giuseppe Maggio (Alverio Fiori), Marika Frassino (Antonella de Campo), Lorenzo De Angelis (Tiziano Furlani), liberamente ispirati a Fioravanti, Mambro e Ciavardini, sembrano e restano per lo spettatore più una banda di teppisti anche piuttosto sprovveduti, che un gruppo terroristico di cui plausibilmente si possano servire P2 e servizi segreti deviati.

Anche la sceneggiatura – di Fernando Felli, all’esordio – ha evidenti limiti: i dialoghi non paiono convincenti ma stereotipati, il lessico desueto, o poco appropriato a personaggi e situazioni, o retoricamente enfatico.

Le interpretazioni certo ne risentono e senza dubbio non si trattava di prove facili, specie per attori giovani come Giuseppe Maggio. L’impostazione televisiva si sente e la sensazione della messa in scena resta alta, frenando un vero coinvolgimento anche da parte dello spettatore. In particolare, l’esordio della lucana Marika Frassino non convince.

Questi elementi penalizzano molto il prodotto, che è comunque più adatto al piccolo schermo. Coi mezzi a disposizione ci si sarebbe forse potuti “accontentare” di confezionare un onesto film di genere, piuttosto che avventurarsi ad affrontare una delle pagine più drammatiche della nostra storia, e dunque cinematograficamente molto impegnativa. Intento senza dubbio nobile, ma il risultato non può considerarsi soddisfacente.

 
 

Bologna 2 Agosto I giorni della collera: la conferenza stampa

Bologna 2 Agosto ... I giorni della collera 2 Giorgio Molteni e Daniele Santamaria Maurizio presentano il loro lavoro sulla strage di Bologna (2 agosto 1980), protagonisti Giuseppe Maggio e Marika Frassino nei panni di Alverio Fiori e Antonella de Campo, liberamente ispirati a Valerio Fioravanti e Francesca Mambro.

Perché i protagonisti non compaiono come Fioravanti e Mambro, ma con nomi di fantasia?

Giorgio Molteni:Abbiamo scelto di ispirarci agli attori reali delle vicende narrate, ma ci sono anche personaggi di fantasia, come quelli interpretati da Martina Colombari e Lorenzo Flaherty. Non volevamo correre il rischio di dire false verità. Solo così abbiamo potuto preservare la libertà di espressione. Ma ci sono le clip di repertorio a tirare le somme di quanto realmente accaduto”.

Daniele Santamaria Maurizio:Ci auguriamo che il film venga visto anche dagli adolescenti, cui volevamo mandare un messaggio chiaro: non intraprendere attraverso un’ideologia politica distorta, un percorso criminale. Ecco perché ci siamo concessi delle libertà autoriali”.

Da dove nasce l’urgenza di questo lavoro?

D.S.M.:Volevamo rappresentare un fatto che cinematograficamente non era mai stato neppure sfiorato. Uno dei più gravi del dopoguerra, dopo Piazza Fontana”.

G.M.:L’urgenza è anche quella di raccontare un cinema diverso, che non si fa quasi più, con un linguaggio molto semplice. C’è un’attenzione per il pubblico “semplice”. Questo è un film di nicchia, ma aspira a diventare popolare ed ecumenico”.

Come vi siete documentati?

DSM:Il film poggia sulla storiografia processuale della vicenda. Bisognava stare molto attenti, trattandosi di un processo indiziario e che ancora oggi, pur con una sentenza definitiva, lascia aperti molti spazi a dubbi e confutazioni. Non abbiamo voluto suggerire piste alternative o fatti che non fanno parte della realtà processuale. Abbiamo voluto fare un lavoro prettamente artistico, con una base nella vicenda reale”.

StampaCome vi siete preparati e cosa vi ha colpito dei personaggi?

Giuseppe Maggio:Alverio Fiori è un personaggio abbastanza complesso, con cui non ho caratteri in comune, per cui è stato abbastanza difficile da interpretare. Non ho avuto l’opportunità di confrontarmi con Valerio Fioravanti, ma ho letto di lui. È l’espressione del suo tempo, in cui si agisce con violenza e si ottiene come risposta altra violenza”.

Martina Colombari:Cinzia Cordero è una reporter. Vuole sapere la verità a tutti i costi. Quando ficchi il naso in vicende troppo segrete o ti spingi così in fondo – l’abbiamo visto ieri con il reporter Andrea Rocchelli, un amico – ti puoi far male, ma lo fai perché hai la necessità di raccontare la verità. In quegli anni ero piccina, ma i genitori ci raccontavano cosa significa morire da innocenti. Di fronte a ciò non ci si deve fermare”.

Lorenzo Flaherty:Credo sia importante fare film su questo e su altri misteri, di cui speriamo di poter scoprire la verità. Ciò che mi ha più stimolato del mio personaggio è il suo lato umano e la sua determinazione nel far luce sul grande dolore legato a questo episodio”.

Confermate che, come detto nel film, Fioravanti e Mambro si sono sempre dichiarati estranei alla strage?

DSM:Mambro e Fioravanti si sono sempre proclamati estranei a questo fatto, pur avendo confessato i precedenti crimini. Mi risulta che non sia stata mai chiesta la revisione del processo. Non abbiamo assunto posizioni colpevoliste o innocentiste. Volevamo solo rappresentare i fatti che la magistratura ha accertato. Ne sapremo di più quando si decideranno a rimuovere il segreto di stato. Questo film va anche in quella direzione. Speriamo che la sua diffusione inneschi la miccia giusta per arrivare a questa conclusione”.

Perché, secondo voi, questa storia non è mai stata raccontata?

GM: “Perché non siamo in America. Se fai un film che affronta una tematica come questa, rischi di smettere di lavorare. In Italia abbiamo registi di valore, se non l’hanno mai fatto è perché probabilmente non hanno trovato la libertà artistica – il denaro senza padrone, pulito. C’è paura di bruciarsi con una pagina molto delicata della nostra storia”.

Dal 29 maggio al cinema in 50 copie.

 
 

Bollywood compie 100 anni la Feltrinelli festeggia con DVD+Libro

bollywood comie 100 anni

Bollywood – la più grande storia d’amore: dopo i festeggiamenti a Cannes, una nuova occasione per celebrare i 100 anni di cinema indiano (1913/2013): le scene più colorate e travolgenti in un cofanetto DVD+Libro Feltrinelli Real Cinema (in collaborazione con la Bim Distribution), in libreria dal 3 luglio.

IN OCCASIONE DEL PRIMO SECOLO DI VITA DELLA MAGGIORE INDUSTRIA CINEMATOGRAFICA DEL MONDO, ARRIVA UNA SCATENATA ANTOLOGIA DI FILM E STAR PRODOTTA DAL REGISTA DI ELIZABETH, SHEKHAR KAPUR

www.realcinema.it

in libreria dal 3 LUGLIO
Feltrinelli Real Cinema in collaborazione con BIM Distribuzione

Rakeysh Omprakash Mehra, Jeff Zimbalist
BOLLYWOOD – LA PIU’ GRANDE STORIA D’AMORE
Dvd (81′) + Libro (“Made in India”, a cura di Emilia Bandel)
euro 16,90

L’industria cinematografica più grande del mondo compie nel 2013 cento anni, e Feltrinelli Real Cinema si unisce ai festeggiamenti (i più recenti, sulla Croisette, qualche settimana fa) portando in libreria – in collaborazione con BIM Distribuzione – un film, presentato al 64. Festival di Cannes, che è uno scatenato tributo a BOLLYWOOD, ai suoi colori travolgenti e ai suoi numeri musicali incontenibili.

Bollywood – La più grande storia d’amore apre una finestra sul fascino della più imponente industria cinematografica, una fabbrica di sentimento, colori e musica che, dalle origini a oggi, cammina a fianco dei miti del nostro immaginario, cinematografico e culturale, riproducendone gli eccessi, le passioni per le star, i cambiamenti epocali e le influenze sulla società. Perché “cinema” è una parola universale.

Per alcuni è l’unica cultura che tiene insieme l’India, altri vorrebbero bandirla: comunque la si pensi, da un secolo incolla davanti allo schermo 2 miliardi di persone in tutto il mondo. Che quella tra il popolo indiano e Bollywood sia davvero “la più grande storia d’amore”?

Attingendo allo straordinario patrimonio di immagini di questi cento anni, il film – prodotto dal regista di Elizabeth, Shekhar Kapur – immerge lo spettatore in un turbine di sequenze tra le più amate della storia del cinema bollywoodiano, oltre a “presentargli” alcune delle star più amate, da Amitabh Bachchan (appena visto accanto a Leonardo DiCaprio ne Il grande Gatsby) alla bellissima Aishwarya Rai.

Il risultato – come spiega il direttore della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia Alberto Barbera in un articolo pubblicato su La Rivista del Cinematografo e scelto per aprire il volume ‘Made in India‘ che accompagna il film (a cura di Emilia Bandel, pp. 80) – è sorprendente. (…). Un caleidoscopio trascinante di sequenze scandite dal ritmo frenetico di numeri musicali da far impallidire per fantasia, coreografie e splendore scenografico le più straordinarie invenzioni alle quali la Hollywood dell’epoca d’oro ci aveva abituati. Frammenti di oltre cento film di Bollywood, dal bianco e nero degli anni Cinquanta alle rutilanti creazioni contemporanee, sono assemblati in ordine tematico (danze da studio e in ambienti naturali, su treni in corsa e sull’orlo di precipizi, sulle spiagge indiane o sui canali veneziani, passando per la rituale e immancabile sequenza di ballo sotto la pioggia). Un’orgia di movimenti coreografici incredibilmente sincronizzati e coloratissimi, un trionfo di corpi impegnati in esercizi acrobatici e sensuali che sfidano ballando le leggi della fisica e, insieme, della censura. Un’incontenibile energia che trasforma ogni situazione e ogni gesto nell’esaltazione dionisiaca della bellezza e della gioia di vivere“.

Nel volume, oltre al commento di Barbera: Alberto Morsiani approfondisce il ruolo del cinema nella cultura e nell’arte dell’India; Elena Aime racconta come lavorano registi sospesi tra Hollywood e Bollywood; Frédéric Martel svela quali sono le sfide della globalizzazione per un’industria cinematografica alla conquista del mondo come è quella indiana.

 
 

Bolero: dal 28 agosto al cinema. Il trailer!

Boléro, il nuovo, attesissimo film di Anne Fontaine, uscirà nelle sale italiane il 28 agosto 2025. Ecco il trailer!

Boléro è la storia di come è nata la eccezionale, ossessiva, magistrale partitura di Ravel, forse la più famosa musica del mondo, a metà tra biopic e racconto dell’ossessione geniale che ha portato alla nascita di questo capolavoro immortale. Boléro sarà distribuito in Italia da Movies Inspired.

La trama di Bolero

Nel 1928, mentre Parigi vive al ritmo degli anni ruggenti, la danzatrice Ida Rubinstein commissiona a Maurice Ravel la musica per il suo prossimo balletto. Paralizzato e in crisi d’ispirazione, il compositore sfoglia le pagine della sua vita: i fallimenti degli esordi, la frattura della Grande Guerra, l’amore impossibile per la sua musa Misia Sert… Ravel allora scava nel profondo di sé stesso per creare la sua opera universale, il Bolero.

 
 

Bold Pilot – Leggenda di un campione: la vera storia dietro il film

Bold Pilot - Leggenda di un campione: la vera storia dietro il film

Sono tanti i film dedicati a celebri cavalli da corsa, storie vere o frutto di fantasia che hanno ottenuto grande popolarità proprio grazie al racconto che di esse si è fatto per il grande schermo. Titoli come Oceano di fuoco – Hidalgo, Un anno da ricordare, Il ritorno di Black Stallion o Lean on Pete. A questi si può aggiungere anche Bold Pilot – Leggenda di un campione, film turco basato sul vero vincente rapporto tra un fantino e il suo cavallo da corsa. Scritto e diretto nel 2018 da Ahmet Katıksız, il film è ora visibile grazie anche al successo che sempre più opere provenienti dalla Turchia stanno trovano nel nostro Paese.

Dalle numerose serie turche presenti nei palinsesti televisivi, fino a film come Voglio crederci, Tattiche d’amore 2 e Merve Kült, disponibili su Netflix e affermatisi come tra i più visti in Italia. Anche Bold Pilot – Leggenda di un campione è un titolo da non perdere, capace di regalare grandi emozioni. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà utile approfondire alcune curiosità relative ad esso. In questo articolo si ritroveranno dettagli relativi alla trama, al cast di attori e, in particolare, alla storia vera dietro il film. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il titolo nel proprio catalogo.

Bold Pilot - La Leggenda di un campione trama

La trama e il cast di Bold Pilot – Leggenda di un campione

Il film è ambientato negli anni Novanta ed ha per protagonista Halis Karatas, cresciuto in una famiglia dedita all’equitazione in un remoto villaggio dell’Anatolia. Dato questo contesto, Halis sviluppa sin da bambino una sfrenata passione per i cavalli e spera più di ogni altra cosa di diventare un fantino di successo. Deciso a portare a termine i suoi obiettivi il giovane lascia il suo paese e si trasferisce a Istanbul, dove incontra Bold Pilot, un potente stallone difficile da domare ma con grandi potenzialità.

Insieme a lui, Halis conosce Özdemir Atman, il proprietario, e Begüm, sua figlia, di cui si innamora perdutamente. Ma il nuovo percorso che intraprenderà supererà di gran lunga le sue aspettative, trasformando lui e il suo cavallo in delle vere e proprie leggende. In un periodo di forte crisi e instabilità politica, le persone, le cui speranze sembrano essere quasi esaurite, finiscono per legarsi profondamente ad Halis e al suo Bold Pilot grazie alla lezione di vita più importante che potessero trasmettergli: che tutti possono vincere.

Ad interpretare Halis Karatas vi è l’attore turco Ekin Koç, mentre l’amata Begüm è interpretata da Farah Zeynep Abdullah. Fikret Kuşkan è invece l’interprete di Özdemir. Grande protagonista è poi naturalmente il cavallo che interpreta Bold Pilot. Questi si chiama Ganesh e si è scoperto in seguito essere il figlio del vero Bold Pilot. In un’intervista il produttore ha infatti rivelato che nessuno era a conoscenza del legame tra i due cavalli e che questo si è scoperto solo in seguito, quando il chip di Ganesh è stato sottoposto a un controllo. Infine, è da notare che il vero Halis Karatas ha una parte nel film, interpretando un fantino rivale.

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La vera storia dietro il film

Come anticipato, il film è tratto dalla vera storia del cavallo Bold Pilot e del suo fantino Halis Karatas, che hanno ottenuto insieme incredibili successi negli anni Novanta. Nato nel 1993 e morto nel 2015, il cavallo “thoroughbred” (tecnicamente in italiano si parla di “purosangue inglese“) Bold Pilot ha infatti collezionato una grande quantità di vittorie, decretando il successo assoluto della propria scuderia. Di proprietà di Özdemir Atman, presidente dell’OTJ Club, già a tre anni nel 1996 fece parlare delle sue imprese, vincendo la famosa Gazi Race, una competizione per purosangue che si tiene a Istanbul, con un tempo record di 2.26.22 (rimasto imbattuto fino al 2016).

La corsa, dove gareggiano ventidue esemplari in senso orario per un percorso di 2.4Km sull’erba, fu inaugurata nel 1927 come omaggio al fondatore della Repubblica Turca, Gazi Mustafa Kemal. Al di là di quel record, nel corso 1996 Bold Pilot vinse poi anche altre otto corse su nove, mentre in totale nella sua vita l’animale e l’inseparabile fantino Halis Karatas hanno vinto 16 cors su 22 disputate. Tra queste si annoverano 6 campionati Veterans Run. Nel mentre, Halis trova l’anima gemella in Begum Atman, figlia di Özdemir Atman e il film esiste anche per celebrare la figura di lei, erede del club e deceduta nel 2014.

Dove vedere il film Bold Pilot – Leggenda di un campione in streaming e in TV

È possibile fruire di Bold Pilot – Leggenda di un campione unicamente grazie alla sua presenza nel palinsesto televisivo di venerdì 23 agosto alle ore 21:20 su Canale 5 o nel catalogo della piattaforma Mediaset Infinity. Per vederlo su quest’ultima, basterà accedere senza il bisogno di effettuare, ritrovando così il film disponibile per la visione.

Fonte: IMDb

 
 

Bojana Nikitovic per La Conseguenza: “Keira Knightley è il sogno di ogni costumista”

Bojana Nikitovic

Ha lavorato con Milena Canonero, contribuendo al trionfo agli Oscar dei costumi di Marie Antoinette di Sofia Coppola, ma non ne fa un affare di Stato. Per Bojana Nikitovic già lavorare accanto alla costumista italiana sembra essere un premio sufficiente, visto che parla del suo incontro con la Canonero come “la cosa professionalmente più importante che mi sia mai capitata.”

“Ci siamo incontrate a Belgrado sul set di un film italiano, poi lei mi ha portata con sé. – ha raccontato la Nikitovic, ospite a Milano per parlare del suo lavoro ai costumi de La Conseguenza, di James Kent, in uscita il 21 marzo – Quando mi chiedono del mio lavoro, io dico sempre che tutto quello che so l’ho imparato da lei, non solo in merito al costume per il cinema, ma anche per quello che riguarda l’organizzazione delle comparse, il lavoro con gli attori. Lei è un genio. Ci sentiamo sempre e spero di fare altri film insieme. Con lei farei sempre l’assistente, non avrei nessun problema.”

Nonostante il grande debito professionale che sente verso Milena Canonero, Bojana Nikitovic cammina da tempo sulle sue gambe, svolgendo con successo il suo lavoro di costumista, un impegno che comincia con la ricerca e le preparazioni preliminari.

“La prima parte è di ricerca, naturalmente. E per me è stato un viaggio bellissimo, ci sono tantissimi documenti e fotografie d’epoca. Poi i tedeschi sono organizzati e nonostante tutti i bombardamenti, sono state conservate tantissime foto, e ci sono anche dei libri. E mi piace molto che nel film si veda bene quanto Amburgo fosse distrutta, non esisteva più.”

Nel film sono rappresentate diverse classi sociali e attraverso i costumi, principalmente, è stata evidenziata questa separazione di estrazione. E anche tra le mogli degli ufficiali, una borghesia ricca dunque, c’è una leggera differenza, visto che Rachel, la protagonista interpretata da Keira Knightley, ha molto più stile delle altre donne. “Il casting del film è stato molto ben fatto perché tutte le attrici scelte per interpretare queste donne sono molto diverse, quindi è stato anche interessante lavorare su questi aspetti e differenziarle nei costumi.”

Tra queste attrici ovviamente spicca la Knightley, la protagonista femminile del film: “Keira è il sogno di ogni costumista. Avevo già lavorato con James Kent e quando mi ha chiamata stavo lavorando a un altro film. Appena mi ha detto che c’era lei, ho detto subito di sì, anche se ero occupata su un altro set. C’è qualcosa in lei che è incredibile, come porta gli abiti lei, il suo viso, le sue spalle. Non è un caso che sia lei una delle testimonial di Chanel. Ha un’eleganza incredibile!”

“Il mio ricordo principale legato al set è il freddo, e la povera Keira indossava dei costumi leggerissimi, dei tessuti per cui non potevi indossare nulla sotto, e a fine riprese ha voluto conoscere il nome di quei tessuti così che non li avrebbe mai più indossati!”.

Nel film il lavoro dei costumi non serve solo a vestire e coprire gli attori, ma, nel caso del personaggio della Knightley, anche a raccontare il suo percorso, e la Nikitovic ha usato un indumento preciso per spiegarne l’evoluzione: il cappotto. Un elegantissimo cappotto lungo, accompagnato, a inizio e a fine film, da un abbigliamento (e un atteggiamento) molto differente, a indicare la progressiva “apertura” della donna, sempre secondo la moda degli anni ’40.

La Conseguenza, recensione del film con Keira Knightley

Ma il lavoro concreto sugli abiti è stato di ricostruzione o recupero? “È stato complesso e abbiamo studiato e ricostruito, ma anche recuperato, sistemato e riadattato, cambiando fibbie e bottoni, per esempio. Il lavoro è stato fatto principalmente con case italiane, ma anche con alcune case inglese, perché abbiamo preso spunto dalla moda inglese, ovviamente.”

Il risultato è stato un lavoro di assemblaggio che, ispirandosi ovviamente alle ricerche e allo stile dell’epoca, ha dato vita a un look completamente personale, con una serie di capi d’abbigliamento che si indosserebbero anche oggi, cosa che sembra sia stata molto gradita anche all’attrice. Una serie di golfini e twin-set appositamente realizzati per Keira Knightley sono dei pezzi unici che si confonderebbero molto bene nella moda contemporanea, portando con sé un tocco di eleganza e stile.

Per il personaggio di Jason Clarke, l’ufficiale Lewis Morgan, è stato un po’ più difficile mostrare l’evoluzione del personaggio attraverso i costumi, visto che lo vediamo sempre in divisa, tuttavia, proprio attraverso i costumi riusciamo a scoprire la fragilità, la crepa dentro a quest’uomo ligio e dedito al dovere: quando Lewis ricorda il figlio morto, si aggrappa a un golfino del bambino, con un buco nel centro, il segno della ferita che lo ha ucciso. “Quando Jason ha girato quella scena, abbiamo pianto tutti” ha raccontato la Nikitovic.

Si è potuto giocare e raccontare molto di più con i costumi del personaggio di Alexander Skarsgård, Lubert. Un uomo bello ed elegante, ma che veniva da un momento difficile, già dalla sua prima apparizione e dall’incontro dei due, possiamo intuire la storia di quest’uomo. “Doveva essere un uomo elegante ma con un abito di almeno dieci anni addosso. Sono almeno 4 o 5 anni che lui non compra nulla di nuovo, quindi ci voleva un abito giusto. Un volta, probabilmente, si vestiva benissimo, essendo molto ricco e di bell’aspetto, ma in questa scena si doveva vedere che era in difficoltà, che era dimagrito, anche, quindi abbiamo realizzato una camicia un po’ più larga.”

Per quanto riguarda, di nuovo, i costumi di Rachel (Keira Knightley), nella storia è lei che cuce da sola i suoi vestiti, quindi è lei stessa che adatta i suoi abiti ai suoi cambiamenti emotivi. Emblematico è l’abito di velluto blu che indossa a metà film, un abito iconico con cui, simbolicamente, rinuncia al marito e abbraccia la possibilità di una nuova esperienza.

La Conseguenza, le interviste al cast

Oltre a cappotto, i golfini, e il velluto blu, un altro momento importantissimo per il personaggio di Keira Knightley e soprattutto per il lavoro di Bojana Nikitovic è stato l’abito oro, una realizzazione preziosa e fondamentale per ciò che accade nel film.

“Abbiamo realizzato un abito verde acqua, ed era importantissimo che il vestito risaltasse sulla neve. Io volevo usare il fucsia, perché sta benissimo a Keira, ma non potevamo usare quel colore, e nemmeno il rosso, perché nella scena deve risaltare il sangue che macchia l’abito. Non potevamo usare nemmeno il verde, perché il costume di Espiazione è famosissimo ed è verde. Così abbiamo scelto questo verde acqua, che è piaciuto a tutti, era un abito molto bello, ma non ero convinta e così, nonostante le prove fossero andate bene, ho deciso di realizzare un’altra possibilità.

Ho trovato questo tessuto a Praga, ma non è che di questi abiti se ne fa uno soltanto, allora mi servivano almeno 25 metri di tessuto. Di questo abito ne sono stati realizzati almeno sei. E la prima scena che abbiamo girato era proprio questa sulla neve, e il giorno prima dell’inizio delle riprese, Keira è venuta sul set per le prove e quando l’hanno vista con l’abito dorato, tutti hanno scelto quello. Questo abito comunicava proprio perfettamente la sua esigenza di fuggire. Il tessuto era molto difficile da indossare, satin di seta, non poteva mettere niente sotto e nelle scene sulla neve aveva degli scarponi da sci, mentre correva. E poi le pieghe che si creavano ad ogni pausa… insomma, è stato un vestito dalla gestione difficilissima.”

Ma dove vengono conservati gli abiti di scena, dopo il film? “Per la maggior parte finiscono dentro a scatoloni, a portata di mano per delle eventuali riprese aggiuntive, alcuni abiti vengono usati per delle esposizioni, altri invece diventano proprietà della casa di sartoria che li ha prodotti.”

Come ha raccontato Bojana Nikitovic, il percorso di un film si può dunque scoprire e ricostruire anche attraverso il lavoro di artigianato e ricerca che porta alla realizzazione dei costumi. Storie, segreti e percorsi emotivi parlano non solo attraverso sceneggiature e interpretazioni, ma anche attraverso il modo in cui gli attori, i personaggi si presentano a noi.

Di seguito, alcuni bozzetti degli abiti realizzato per La conseguenza:

 
 

Bojan, Dietro il Sorriso: trailer del documentario in arrivo su Rakuten TV

Bojan, Dietro il Sorriso

Rakuten TV ha diffuso il trailer di Bojan, Dietro il Sorriso, un documentario che racconta nel dettaglio la carriera dell’attaccante catalano Bojan Krkić, evidenziando tutte le difficoltà vissute da uno dei più grandi talenti dell’FC Barcelona. Sarà disponibile sulla piattaforma in 42 paesi a partire dal 3 novembre.

Il documentario, che sottolinea costantemente l’importanza della salute mentale nella carriera del calciatore di Linyola, inizia con una conversazione tra Bojan Krkić e il Dottor Monseny, lo psicanalista che lo ha curato nei momenti più difficili all’FC Barcelona. Il colloquio con il dottore funge da filo conduttore per tutta la trama del film.

La prima parte del film ripercorre la carriera di Bojan Krkić nelle giovanili dell’FC Barcelona e il suo debutto in prima squadra. Un periodo in cui si distingue come capocannoniere di tutta la storia de La Masia ma segnato anche da un difficile inizio in uno spogliatoio pieno di grandi nomi e di momenti complicati. Nonostante le lotte psicologiche e gli attacchi d’ansia, Bojan mostra un rendimento eccezionale sul campo, segnando 12 gol nella sua prima stagione, condividendo la prima linea con Thierry Henry, Ronaldinho o Samuel Eto’o.

Il documentario affronta nel dettaglio la controversia sulla decisione di Bojan di non unirsi alla nazionale spagnola per Euro 2008, dando priorità alla sua salute mentale. Questo episodio, fondamentale per la sua carriera, viene approfondito attraverso la testimonianza cruciale della madre, che chiarisce le ragioni di questa scelta decisiva. Contrariamente alla versione ufficiale, che parlava di gastroenterite, viene svelato il vero motivo, scatenando una polemica mediatica.

In quest’altra parte del documentario viene esplorata la seconda fase di Bojan all’FC Barcelona, che coincide con l’arrivo di Pep Guardiola in prima squadra, una fase in cui Bojan inizia a perdere importanza all’interno del team. Un momento cruciale arriva in occasione delle finali di Champions League a Roma e Wembley, dove il catalano gioca appena un minuto.

Di fronte a questa situazione, Bojan sceglie di lasciare il club della sua vita, l’FC Barcelona. Questo processo è doloroso ma gli permette di esplorare nuovi orizzonti e di ritrovare il suo senso di appartenenza in squadre come Stoke City, Roma, Ajax, Milan, Mainz, Alaves, Montreal e Vissel Kobe.

 
 

Bojack Horseman 5: recensione della quinta stagione

Bojack Horseman 5 stagione recensione serie tv

Amanti e detrattori di Netflix a raccolta. Che siate o meno degli estimatori della più famosa piattaforma di streaming online, non potrete evitare di porgerle l’ennesima attenzione. Perché è arrivato Bojack Horseman 5, la quinta stagione di Bojack Horseman, uno dei prodotti originali Netflix più amati di tutti i tempi.

Creata quattro anni fa da Raphael Bob-Waksberg, e disegnata da Lisa Hanawalt, la serie incentrata su un cavallo-attore cinico e alcolizzato è entrata pian piano nel cuore di milioni di spettatori. I riconoscimenti formali non hanno tardato ad arrivare, dalle vittorie ai Critic’s Choice Television Awards fino alle candidature agli Emmy.

Merito soprattutto delle interpretazioni personalissime delle star che prestano la voce ai personaggi animati. A partire da Will Arnett che riesce a rendere la complessità e la cupezza del  protagonista tanto bene da aver affermato che quello di Bojack è forse il ruolo più difficile della propria carriera. Al suo fianco grandi attori come Amy Sedaris, Alison Brie, Aaron Paul e guest star del calibro di Jessica Biel, Zach Braff, Rami Malek, J.K.Simmons e molti altri.

Menzione d’onore, stavolta obbligatoria, per il doppiaggio italiano di Bojack Horseman 5. Dirette da Loris Scaccianoce e Valentina Miccichè, le voci di Francesco Pucci (Bojack), Giò-Giò Rapattoni (Princess Caroline), Chiara Gioncardi (Diane) e Massimo Bitossi (Mr. Peanutbutter) sono perfette, un orgoglio nostrano e un richiamo nostalgico ai tempi d’oro del doppiaggio Simpson.

Quando si vedono le stagioni di Bojack, ognuna rigorosamente composta da 12 episodi, si sale sulle  cosiddette montagne russe delle emozioni. Pare un cliché, ma è inevitabile farsi coinvolgere. Nelle ultime stagioni Bojack, volente o nolente, è annegato negli abissi del suo passato. Seconda e terza serie lo ponevano di fronte alle  proprie mancanze come amico e come figura (pseudo)paterna, errori evidentemente irrecuperabili, proprio come la fine di Sarah-Lynn. Muoiono le persone, in Bojack Horseman 5.

In un panorama di film e serie tv animate dove i protagonisti sembrano (e sono) immortali, dove Bart rimane un mascalzone di otto anni e Brian Griffin può risorgere dopo poche puntate, lo show Netflix se ne frega anche di questi stereotipi e ci pone di fronte alla morte (per cancro, per overdose, per infarto, non certo per idealismo) di persone non perfette, mai belle, ma spaventosamente concrete.

E il conseguente dolore della perdita, l’impossibilità di tornare indietro, si sussumono nella figura sempre più tormentata di Bojack. Che nella quarta stagione fa i conti con le proprie origini, intese come discendenza diretta. La storia di Beatrice Sugarman-Horseman (stagione 4, episodio 2) è forse una delle trame più struggenti mai partorite da una serie tv. Sulle note stupende di “I will always think of you”, sfidiamo chiunque a non versare qualche lacrima nel vedere nonna Sugarman lobotomizzata e Beatrice bambina lasciata a sé stessa.

Tornati ai giorni nostri, la relazione tra Bojack e sua madre sembra evolversi in senso positivo, finché la donna – ormai affetta da demenza senile – non mette a repentaglio la vita della ritrovata sorellastra Hollyhock. E Bojack sprofonda nell’ennesimo abisso di alcol e droghe, in attesa di nuovi sviluppi.

Che sono arrivati. Eccoli, in questa quinta stagione che – ormai da prassi – parte piano, senza apparenti premure. Spariscono i riferimenti, una volta numerosissimi e più o meno divertenti, al vecchio show anni ’90 Horsin’ Around, lasciando che tutto sia assorbito dalla nuova crime-series di cui Bojack è protagonista: Philbert. Il set, come il mood, sono metacinematografici. Devono rispecchiare un “detective spartano, solitario, in equilibrio precario sopra una collina di desolazione”. Più Bojack di così…

BoJack (left, voiced by Will Arnett) in Netflix’s “BoJack Horseman.” Photo courtesy of Netflix.

Bojack Horseman 5 funge poi da definitiva consacrazione di quelli che, già in precedenza, si erano rivelati due mostri sacri: Diane e Princess Caroline. Come già in passato, le due donne rubano più volte la scena (e la puntata) al protagonista. Perfetta incarnazione, ognuna a suo modo, delle donne del nuovo millennio, Diane e Princess Caroline sono in costante lotta con sé stesse e con il mondo che le circonda, neofemminista e ipocrita allo stesso tempo.

Avevamo lasciato Diane con la chiusura del suo matrimonio con Mr. Peanutbutter, e la ritroviamo sola  e con la volontà illusoria di riprodursi nella propria personale versione di “Magia, Prega, Ama”. Ma Diane non è un personaggio fittizio, nel senso che non le bastano un nuovo taglio di capelli e tante buone intenzioni per stare meglio con sé stessa. La sua mancanza di legami con le proprie origini è superata solo dall’incapacità, in qualche modo similare, di crearsi dei rapporti duraturi. E così Diane continua a spezzarsi. Ma sopravvive.

Come tutti in questa serie, dove ogni personaggio porta un bagaglio emozionale tale che alla fine, nel faticoso atto di cadere e rialzarsi, coglie anche l’occasione per mandare lo spettatore a quel paese.

Uno show così crudo e critico come Bojack Horseman, non poteva mancare di dire la sua anche sul movimento “MeToo”e sull’ondata di femminismo hollywoodiana, denunciandone però anzitutto le ambiguità. All’indomani delle denunce sessiste e delle false dichiarazioni/pentimenti che ne sono conseguite, Bojack punta il dito contro il pubblico sovrano che fraintende e santifica, giudica e condanna senza pietà e raziocinio. La morale è sempre in stile Horseman: nessuno si emenda, nessuno si pente davvero.

Allora è inutile scavare troppo a fondo, “il dolore fisico è molto peggio della sofferenza emotiva prolungata”, dice Bojack in uno slancio di sartriano citazionismo. Forse per questo nella serie rimangono invariati, anzi “inanimati”, alcuni personaggi secondari come Todd e Mr. Peanutbutter, emblema di una certa superficialità leggera (che è tale forse anche per stemperare il clima altrimenti troppo serioso di Bojack), e che è tuttavia necessaria per rispecchiare alcuni lati del carattere umano. Se Mr. Peanutbutter rappresenta fin dal principio della serie il lato più positivo e solare di alcune persone, Todd doveva incarnare quel versante più celato dell’animo umano, quello fatto di vizi, dipendenze, e apatia. Ma con il tempo il suo personaggio è arrivato solo ad un’ambivalenza inerte, e persino la trattazione di una tematica tanto nuova e delicata coma la asessualità risulta poco accattivante, se non proprio di cattivo gusto.

Ma si sa, Bojack Horseman gioca scorretto, persino quando sembra stia trasmettendo un messaggio particolarmente educativo. Persino quando si rende conto della propria fama e del successo mondiale che ha riscosso.

Per questo, nel pieno della propria consapevolezza di essere una delle serie tv più amate e in voga del momento, lo show di Raphael Bob-Waksberg ci prende in contropiede. E in questa quinta stagione tinge tutto di un sottile, eppur palpabile ottimismo. Ebbene sì, stavolta il messaggio è positivo. Positivo in stile Bojack, ma pur sempre positivo.

Senza spoilerare un finale che comunque non è affatto come ci si aspettava, la serie non sprofonda più – come invece aveva fatto in passato – nell’oscuro baratro della disperazione, condita di una buona dose di psicofarmaci e autoindulgenza. Stavolta tutto sembra appianarsi, forse non risolversi, ma quanto meno equilibrarsi. E tutto sa di troppo “semplice”.

Se la sofferenza interiore come ci è stata mostrata nell’arco delle prime quattro stagioni è lunga e tortuosa, ma estremamente interessante, la via della guarigione e lo scioglimento di alcuni drammi diventano automaticamente più banali e quindi meno interessanti? Cosa ne è allora dello show empatico, drammatico, lunatico e tanti altri -atico che gli sono stati attribuiti?

Forse niente altro che il puro rifiuto, mai gridato troppo forte, di attribuirsi – o farsi attribuire – le classiche false etichette. Di sfuggire a quella “obsolescenza programmata” che vorrebbe definire forzatamente Bojack Horseman quale prodotto di intrattenimento fine a sé stesso, con un inizio, uno svolgimento e una fine. Nella speranza invece, che uno show del genere possa ambire a qualcosa di più che uno schermo piatto e una piattaforma di streaming.

 
 

Boiling Point – Il disastro è servito: recensione del film di Philip Barantini

Boiling Point recensione

Stephen Graham e Philip Barantini ci avevano già provato, nel 2019, con un corto omonimo nel quale recitavano anche le stesse Alice Feetham e Hannah Walters. Un punto di partenza solido e un’idea interessante che vediamo sviluppata nel Boiling Point – Il disastro è servito, nelle sale italiane da giovedì 10 novembre, distribuito da Arthouse, nuovo progetto editoriale di I Wonder Pictures dedicato al cinema d’essai in collaborazione con Valmyn. Un’opera seconda per il regista di Villain, che con il partner e la sous chef Vinette Robinson sta preparandoci una versione televisiva seriale della drammatica serata dello chef Andy Jones.

Boiling Point – una vigilia di fuoco

Che troviamo sin da subito distratto da altre preoccupazioni, ma costretto a concentrarsi su quanto sta succedendo nel suo ristorante – tra i più ‘in’ di Londra – nella serata più impegnativa dell’anno, la Vigilia di Natale. La visita a sorpresa di un ispettore sanitario mette il personale in difficoltà e Andy fa il possibile per attenuare le tensioni. Ma è lui il primo a essere sotto stress. Il suo ex mentore, divenuto una super star televisiva, si presenta senza preavviso e accompagnato da un feroce critico gastronomico. Il tutto mentre il nervosismo continua a crescere tra i membri della squadra, e crisi personali e professionali minacciano di distruggere tutto ciò per cui ha sempre lavorato. 

Cotti o scottati, gli chef delle cucine da incubo

The Bear, The Menu e ora Boiling Point… dopo averci raccontato la cucina come gesto e luogo d’amore (non solo per il cibo), dopo averci sommerso di reality o talent culinari e averci invitato a cucinare per questo o quel talent o canale tv, ora sembra arrivato il momento della vendetta. Degli Chef. Finalmente liberi di mostrarci l’altra faccia di un ruolo sempre molto celebrato e mitizzato, un dark side che a seconda dei casi rischia di inghiottire clienti, collaboratori o loro stessi.

Niente rivincite professionali o psico-thriller in questo caso, il dramedy ambientato tra i fornelli e dietro le quinte di un ristorante alla moda ha un ritmo che molti film di genere potrebbero invidiargli. Merito di una scrittura capace e di una regia intelligente, che hanno saputo ampliare l’idea originale realizzando un crescendo che si sviluppa in un unico piano-sequenza (per altro girato subito prima del lockdown del marzo 2020, e facendo solo quattro tentativi in due giorni di riprese).

Spesso gioco formale, qui la scelta risulta perfettamente funzionale alla volontà di rendere il lavorio incessante e forsennato – oltre che organizzato e sincronizzato – di una cucina, soprattutto di alto livello. E che ci regala la condizione rara di osservare una storia nel suo svolgersi, in tempo reale, lasciando all’attenzione di ciascuno per i dettagli la possibilità di approfondire la caratterizzazione dei vari personaggi, soprattutto quelli secondari.

Che seguiamo a turno, senza dimenticare nessuno. Altra dimostrazione dell’equilibrio complessivo dell’intreccio, nel quale a ogni crisi segue un’apparente ristabilirsi della calma, e lo spalancarsi di un nuovo fronte, come una diga nella quale continuino ad aprirsi nuove crepe. L’inondazione sembra inevitabile, ma per sapere da quale parte arriverà si dovrà attendere fino al conto.

 
 

Boicottamento The Hobbit, parla Peter Jackson

The Hobbit

Dopo l’invito dell’Federazione Internazionale degli Attori verso i propri membri a boicottare The Hobbit, Peter Jackson ha rilasciato una caustica dichiarazione spontanea sulla questione – ricordiamo che l’IFA pretende che gli attori neozelandesi (che non fanno parte dell’Unione) svolgano collettivamente le trattative per i loro contratti di lavoro nello Hobbit (aderendo di fatto all’Unione).

Jackson, oltre a contestualizzare l’intera situazione, sottolinea che le richieste dell’IFA sono impossibili da soddisfare per motivi squisitamente legali, e che l’insistenza da parte dell’organizzazione potrà causare solo due cose: l’annullamento dello Hobbit o, più probabilmente, lo spostamento di riprese e produzione nei Paesi dell’Est Europeo. Uno smacco per l’industria cinematografica neozelandese, e un danno gravissimo per l’occupazione (anche australiana, vista la partecipazione diretta di molti australiani nelle produzioni neozelandesi).

Oltretutto, Jackson prefigura un incidente diplomatico tra Australia e Nuova Zelanda, sospettando una palese ingerenza del sindacato degli attori australiano (MEAA) nella piccola organizzazione di attori neozelandese NZ Equity, che si propone come interlocutore per le trattative collettive.

qui sotto alcuni passaggi della lunga e interessante lettera di Jackson, rimandandovi a www.hobbitfilm.it per la lettura completa.

L’unione dei lavoratori australiani MEEA sta strumentalizzando la nostra produzione Lo Hobbit nel tentativo di ampliare la propria base di iscritti, e il proprio potere all’interno dell’industria cinematografica Neozelandese. Come regista Neozelandese, che non ha nulla da nascondere o di cui vergognarsi, non rimarrò in silenzio a guardare continuare questo comportamento minaccioso senza discutere in maniera sensibile dei “fatti” e della “verità” dietro alle varie accuse.

Dietro alle accuse di sfruttamento degli attori chiamati a partecipare alla produzione “estranea all’Unione” dello Hobbit, e all’annuncio che numerose star di alto profilo si rifiuteranno di comparire nei film, ci sono delle strategie molto chiare in movimento. Come sempre in questi casi, sono tutte basate sul denaro e sul potere.

Lasciatemi elencare una serie di fatti:

Parlando a titolo personale, non sono affatto contro i sindacati. Sono un membro orgoglioso di ben tre unioni sindacali americane, la Directors Guild, la Producers Guild e la Writers Guild. Supporto la Screen Actors Guild (unione sindacale degli attori di Hollywood, ndt). Tutte queste organizzazioni – non sono molto sicuro di conoscere la differenza tra “Guild (sindacato)” e “unione” – fanno un grandissimo lavoro nell’interesse dei propri membri.
* jackson(…) Per Lo Hobbit la Warner Bros. ha accettato di creare un fondo separato nel quale verrà accumulata una parte dei profitti, che verrà divisa tra tutti gli attori non-SAG. Questo non è stato fatto a causa di pressioni da parte dei sindacati o dell’Unione: è stata la Warner a proporsi educatamente, e gli attori Neozelandesi e Australiani saranno quelli che otterranno il beneficio principale. I membri della SAG hanno la loro percentuale, e i non-SAG hanno la loro. E’ uno schema che abbiamo presentato agli agenti degli attori Neozelandesi, e che fa parte dei nostri contratti attuali per il cast dello Hobbit.
* Qualsiasi danno stia tentando di farci la MEAA – e ne farà, visto che è il loro obiettivo principale, colpendo Lo Hobbit – noi continueremo a trattare i nostri attori e la nostra troupe con rispetto, come abbiamo sempre fatto.
* (…) Inizia tutto con la “NZ Actors Equity”. E’ una piccola organizzazione che rappresenta una minoranza di attori Neozelandesi. Non sono una Unione sindacale, e non hanno mai avuto lo status legale di una Unione. Dai report a mia disposizione, si tratta di 100 o 200 membri.
* (…) la NZ Actors Equity rappresenta 200 attori su 2000 attori neozelandesi, cioè il 10%. (…) Recentemente sono stati finanziati dalla MEAA.
* (…) A quanto mi risulta, ora la NZ Actors Equity è confluita nella MEAA, il che significa che l’organizzazione sindacale australiana MEAA rappresenta 200 dei nostri 2000 attori Neozelandesi. Non credo rappresenti gli attori non-Equity. Parla quindi per voce di una minoranza dei nostri attori.
* (…) Sono anche sempre più adirato sapendo che questa piccola minoranza stia mettendo in pericolo un progetto cui hanno lavorato centinaia di persone negli ultimi due anni, e al quale migliaia di persone lavoreranno nei prossimi quattro anni. Le centinaia di milioni di dollari della Warner Brothers che verranno spesi nella nostra economia.
* (…) La MEAA chiede che la casa di produzione dello Hobbit (la 3foot7 Ltd, di proprietà della Warner Bros.) entri in trattative per un unico contratto, negoziato dall’Unione, che includa tutti gli attori del film.
* Scusate, ma ho un piccolo problema con le organizzazioni che rappresentano una minoranza ma cercano di prendere il controllo di tutti quanti – ma non è questo il vero prolema. La complessa rete di leggi sul lavoro in Nuova Zelanda sono la vera ragione per cui questa richiesta non verrà mai soddisfatta.
* La legge neozelandese, infatti, vieta che si tengano trattative con organizzazioni che rappresentano i performer, in quanto questi sono considerati dei contractor indipendenti. Il NZ Commerce Act sostiene che sarebbe fuorilegge mettersi a trattare con una unione australiana su questioni simili.

Le teorie cospirazioniste sono numerose, quindi scegliete quella che preferite: noi abbiamo fatto meglio di loro negli ultimi anni, attirando produzioni internazionali – e gli Australiani preferirebbero avere una fetta più grande della torta, iniziando dallo sfruttare Lo Hobbit per avere più controllo sulla nostra industria cinematografica. Una logica malata che vedrà la Nuova Zelanda umiliata sul piano mondiale, perdendo Lo Hobbit, il quale finirà per essere girato in Europa dell’Est. La Warner risparmierebbe soldi e avrebbe un successo finanziario, convincendo altri studios a stare lontani dalla Nuova Zelanda.

L’impressione però è che veniamo attaccati perché siamo un bell’obbiettivo, grasso e allettante. Ma non abbiamo ancora nemmeno avuto il via libera alla produzione! E’ come se i grossi cugini Austaliani ci stessero lanciando la sabbia negli occhi. O, per metterla in un altro modo, gli opportunisti rovinano il nostro film per il loro interesse politico.

Peter Jackson

(NB: Questo comunicato rappresenta l’opinione di Peter Jackson come regista Neozelandese, non l’opinione della Warner Bros. e della New Line Cinema, che non sono state ancora consultate a riguardo).

 
 

Boicottamento The Hobbit, parla Peter Jackson

Dopo l’invito dell’Federazione Internazionale degli Attori verso i propri membri a boicottare Lo Hobbit, Peter Jackson ha rilasciato una caustica dichiarazione spontanea sulla questione – ricordiamo che l’IFA pretende che gli attori neozelandesi (che non fanno parte dell’Unione) svolgano collettivamente le trattative per i loro contratti di lavoro nello Hobbit (aderendo di fatto all’Unione).

Jackson, oltre a contestualizzare l’intera situazione, sottolinea che le richieste dell’IFA sono impossibili da soddisfare per motivi squisitamente legali, e che l’insistenza da parte dell’organizzazione potrà causare solo due cose: l’annullamento dello Hobbit o, più probabilmente, lo spostamento di riprese e produzione nei Paesi dell’Est Europeo. Uno smacco per l’industria cinematografica neozelandese, e un danno gravissimo per l’occupazione (anche australiana, vista la partecipazione diretta di molti australiani nelle produzioni neozelandesi).

Oltretutto, Jackson prefigura un incidente diplomatico tra Australia e Nuova Zelanda, sospettando una palese ingerenza del sindacato degli attori australiano (MEAA) nella piccola organizzazione di attori neozelandese NZ Equity, che si propone come interlocutore per le trattative collettive.

qui sotto alcuni passaggi della lunga e interessante lettera di Jackson, rimandandovi a www.hobbitfilm.it per la lettura completa.

L’unione dei lavoratori australiani MEEA sta strumentalizzando la nostra produzione Lo Hobbit nel tentativo di ampliare la propria base di iscritti, e il proprio potere all’interno dell’industria cinematografica Neozelandese. Come regista Neozelandese, che non ha nulla da nascondere o di cui vergognarsi, non rimarrò in silenzio a guardare continuare questo comportamento minaccioso senza discutere in maniera sensibile dei “fatti” e della “verità” dietro alle varie accuse.

Dietro alle accuse di sfruttamento degli attori chiamati a partecipare alla produzione “estranea all’Unione” dello Hobbit, e all’annuncio che numerose star di alto profilo si rifiuteranno di comparire nei film, ci sono delle strategie molto chiare in movimento. Come sempre in questi casi, sono tutte basate sul denaro e sul potere.

Lasciatemi elencare una serie di fatti:

Parlando a titolo personale, non sono affatto contro i sindacati. Sono un membro orgoglioso di ben tre unioni sindacali americane, la Directors Guild, la Producers Guild e la Writers Guild. Supporto la Screen Actors Guild (unione sindacale degli attori di Hollywood, ndt). Tutte queste organizzazioni – non sono molto sicuro di conoscere la differenza tra “Guild (sindacato)” e “unione” – fanno un grandissimo lavoro nell’interesse dei propri membri.
* jackson(…) Per Lo Hobbit la Warner Bros. ha accettato di creare un fondo separato nel quale verrà accumulata una parte dei profitti, che verrà divisa tra tutti gli attori non-SAG. Questo non è stato fatto a causa di pressioni da parte dei sindacati o dell’Unione: è stata la Warner a proporsi educatamente, e gli attori Neozelandesi e Australiani saranno quelli che otterranno il beneficio principale. I membri della SAG hanno la loro percentuale, e i non-SAG hanno la loro. E’ uno schema che abbiamo presentato agli agenti degli attori Neozelandesi, e che fa parte dei nostri contratti attuali per il cast dello Hobbit.
* Qualsiasi danno stia tentando di farci la MEAA – e ne farà, visto che è il loro obiettivo principale, colpendo Lo Hobbit – noi continueremo a trattare i nostri attori e la nostra troupe con rispetto, come abbiamo sempre fatto.
* (…) Inizia tutto con la “NZ Actors Equity”. E’ una piccola organizzazione che rappresenta una minoranza di attori Neozelandesi. Non sono una Unione sindacale, e non hanno mai avuto lo status legale di una Unione. Dai report a mia disposizione, si tratta di 100 o 200 membri.
* (…) la NZ Actors Equity rappresenta 200 attori su 2000 attori neozelandesi, cioè il 10%. (…) Recentemente sono stati finanziati dalla MEAA.
* (…) A quanto mi risulta, ora la NZ Actors Equity è confluita nella MEAA, il che significa che l’organizzazione sindacale australiana MEAA rappresenta 200 dei nostri 2000 attori Neozelandesi. Non credo rappresenti gli attori non-Equity. Parla quindi per voce di una minoranza dei nostri attori.
* (…) Sono anche sempre più adirato sapendo che questa piccola minoranza stia mettendo in pericolo un progetto cui hanno lavorato centinaia di persone negli ultimi due anni, e al quale migliaia di persone lavoreranno nei prossimi quattro anni. Le centinaia di milioni di dollari della Warner Brothers che verranno spesi nella nostra economia.
* (…) La MEAA chiede che la casa di produzione dello Hobbit (la 3foot7 Ltd, di proprietà della Warner Bros.) entri in trattative per un unico contratto, negoziato dall’Unione, che includa tutti gli attori del film.
* Scusate, ma ho un piccolo problema con le organizzazioni che rappresentano una minoranza ma cercano di prendere il controllo di tutti quanti – ma non è questo il vero prolema. La complessa rete di leggi sul lavoro in Nuova Zelanda sono la vera ragione per cui questa richiesta non verrà mai soddisfatta.
* La legge neozelandese, infatti, vieta che si tengano trattative con organizzazioni che rappresentano i performer, in quanto questi sono considerati dei contractor indipendenti. Il NZ Commerce Act sostiene che sarebbe fuorilegge mettersi a trattare con una unione australiana su questioni simili.

Le teorie cospirazioniste sono numerose, quindi scegliete quella che preferite: noi abbiamo fatto meglio di loro negli ultimi anni, attirando produzioni internazionali – e gli Australiani preferirebbero avere una fetta più grande della torta, iniziando dallo sfruttare Lo Hobbit per avere più controllo sulla nostra industria cinematografica. Una logica malata che vedrà la Nuova Zelanda umiliata sul piano mondiale, perdendo Lo Hobbit, il quale finirà per essere girato in Europa dell’Est. La Warner risparmierebbe soldi e avrebbe un successo finanziario, convincendo altri studios a stare lontani dalla Nuova Zelanda.

L’impressione però è che veniamo attaccati perché siamo un bell’obbiettivo, grasso e allettante. Ma non abbiamo ancora nemmeno avuto il via libera alla produzione! E’ come se i grossi cugini Austaliani ci stessero lanciando la sabbia negli occhi. O, per metterla in un altro modo, gli opportunisti rovinano il nostro film per il loro interesse politico.

Peter Jackson

(NB: Questo comunicato rappresenta l’opinione di Peter Jackson come regista Neozelandese, non l’opinione della Warner Bros. e della New Line Cinema, che non sono state ancora consultate a riguardo).

 
 

Bohemian Rhapsody: trovato il sostituto di Bryan Singer

Dexter Fletcher è il nuovo regista di Bohemian Rhapsody, dopo il licenziamento di Bryan Singer. La produzione del film riprenderà la prossima settimana. Per maggiori dettagli sul licenziamento di Singer dal progetto e per la conseguenza delle scelte della Fox, e le conseguenti accuse da parte del regista, leggete qui.

Dexter Fletcher è conosciuto per aver diretto Eddie the Eagle, Sunshine on Leith, Wild Bill. Come attore ha preso parte ai film Lock, Stock and two Smoking Barrels, Kick-Ass e Tospy-Turvy.

Bryan Singer licenziato: lascia Bohemian Rhapsody e denuncia la Fox

Bohemian Rhapsody è scritto dallo sceneggiatore nominato all’Oscar Anthony McCarten (La Teoria del Tutto) e parla di Mercury, interpretato da Rami Malek, e della storica band Queen. I Queen si sono formati a Londra negli anni Settanta e i loro brani sono tutti grandi successi come “We Will Rock you”, “Another  One Bites the Dust”, “Killer Queen”, “Don’t Stop me now”  e molti altri. Non sappiamo quanto storia dei Queen ci sarà nel film ma sappiamo che coprirà vent’anni (dalla formazione della band  alla tragica morte di Mercury nel 1991).

Bohemian Rhapsody, recensione del film con Rami Malek

Gli altri componenti dei Queen sono interpretati da Joe Mazzello, Ben Hardy e Gwilym Lee. Il film uscirà il 25 Dicembre 2018.

Bohemian Rhapsody: Rami Malek è Freddie Mercury nella prima foto

Fonte: Comingsoon