Dopo le numerosi voci degli ultimi
giorni, arriva il commento di Christopher Nolan sul destino
cinematografico di Batman. Il regista ha confermato il suo addio al
personaggio,tuttavia lascia le porte aperte ad una nuova
reinterpretazione del personaggio che secondo quest’ultimo non è
legato ad un uomo ma è più un simbolo che può essere interpretato
da chiunque.
“Per me, The Dark
Knight Rises è specificamente e sicuramente la fine della storia di
Batman, come l’ho voluta raccontare”, dice Nolan. “L’apertura alla
natura di Batman è semplicemente un’idea molto importante che
abbiamo voluto nel film: Batman è un simbolo. Può essere
chiunque, questo è un concetto molto importante che abbiamo voluto
nel film.”
“Non tutti i fan di
Batman sono necessariamente d’accordo con questa
interpretazione della filosofia del personaggio, ma per me tutto
torna alla scena tra Bruce Wayne e Alfred nel jet privato a Batman
Begins, che è stato cui l’unico modo che ho trovato per effettuare
una caratterizzazione credibile di un ragazzo che si
trasforma in Batman, un simbolo necessario per dare il via ad
un cambiamento.
“Per questo è stato un
processo temporaneo, forse un piano quinquennale, che verrebbe
applicato per promuovere simbolicamente il bene di Gotham, una
seconda occasione per la città” “Per me, quella missione per avere
successo deve finere, quindi questa è la fine per me, e come ho
detto, gli elementi aperti hanno tutti a che fare con l’idea
tematica che Batman non era importante come un uomo, è più di
questo. E ‘un simbolo, e il simbolo che continua a vivere.
“
Vi ricordiamo che The Dark Knight Rises uscirà in DVD e Blu-ray
il 3 dicembre 2012.
Ecco il secondo ed ultimo trailer
di Django Unchained di Quentin Tarantino, ormai manca poco più
di un mese e il filmato arriva da Yahoo Cinema. Godetevi il
filmato:
Ecco il tour di Bill Murray sul set
di Moonrise Kingdom: una fuga d’amore di Wes Anderson. Il film
che ha aperto il Festival
di Cannes 2012 e che vede protagonisti Edward Norton,
Dopo l’ultimo successo,
Immaturi – Il viaggio, Paolo Genovese torna al cinema con
Una famiglia perfetta, una commedia di
ambientazione natalizia. Protagonisti della nuova commedia un
cast d’eccezione composto da
Sergio Castellitto,
Marco Giallini,
Claudia Gerini, Francesca Neri,
Carolina Crescentini, Eugenia Costantini, Ilaria Occhini,
Romuald Klos,
Paolo Calabresi, Maurizio Mattioli, Sergio Fiorentini, Eugenio
Franceschini, Giacomo Nasta, Lorenzo Zurzolo.
In Una famiglia
perfetta Leone è un ricco cinquantenne, solo, che vuole
provare per una volta a vedere come sarebbe stata la sua vita se si
fosse costruito una famiglia. Così scrittura una compagnia di
attori che recitino per lui la parte della famiglia perfetta il
giorno di Natale. Arrivano perciò in una villa sulle colline umbre
il capocomico Fortunato/Marco Giallini, sua moglie Carmen/Claudia
Gerini, Rosa/Ilaria Occhini, attrice dal glorioso
passato, e i giovani che attendono l’occasione della loro carriera:
Sole/Carolina Crescentini, Luna/Eugenia Costantini e Pietro/Eugenio
Franceschini, oltre ai piccoli Daniele e Lorenzo. Tutti dovranno
recitare la parte scritta per loro nei dettagli da Leone e nessuno
dovrà andarsene fino alla fine della messinscena, o non verranno
pagati. Inizialmente tutto sembra funzionare alla perfezione, ma
sarà sempre più difficile conciliare finzione e realtà, anche per
dei bravi attori: emergeranno gelosie, egoismi, rivalità, ma anche
affetti e voglia di riuscire. Leone, poi, farà di tutto per mettere
i bastoni tra le ruote alla famiglia.
Una famiglia perfetta, il
film
Paolo Genovese recupera qui, con padronanza di
materia e mezzi, la corrosività, l’ironia graffiante della commedia
all’italiana, dove non solo si ride, ma si riflette anche sul lato
amaro della vita e degli uomini. Per far ciò si serve delle
capacità ben note di Sergio Castellitto, che interpreta
perfettamente il ruolo caustico di Leone: un vero cattivo, un
cinico, un egocentrico, ma anche un uomo solo, cui manca l’affetto
che non ha mai avuto, quello di una famiglia, però è incapace di
viverlo, ora come allora, di rischiare. Questa è per lui una sfida
a sé stesso, che vorrebbe vincere e perdere insieme. Gli altri
personaggi, però, non sono forse da meno (a partire dal capocomico
che pensa molto al compenso economico, ma non è il solo, fino
all’anziana attrice che difende agguerrita il suo spazio nella
recita): è un’umanità realisticamente egoista, mentre la
rappresentazione fittizia del Natale svela l’ipocrisia di questo
momento, anche in molte famiglie reali.
Il tutto è inquadrato da un valido
soggetto e da una salda sceneggiatura, curate da Paolo Genovese assieme a
Miniero e la seconda anche con Marco
Alessi, per ottenere una storia articolata ma non
farraginosa nell’intreccio, i cui meccanismi funzionano con
precisione. Tiene abilmente insieme i due piani su cui è giocata,
realtà e finzione, così come i registri comico e drammatico, oltre
a riservare una piccola sorpresa. I dialoghi sono ben scritti ed
efficaci le interpretazioni degli attori: Claudia Gerini è un’ottima Carmen, donna
normale, ma non banale, coi piedi per terra, non furbetta, quanto
legittimamente dubbiosa; Carolina Crescentini rende bene la
frustrazione umana di Luna. Tutti si mostrano abili nel gioco dei
doppi, rendendolo credibile. Un discorso a parte va fatto per
l’interpretazione di Marco Giallini, che riesce a fare di Fortunato
un personaggio comico e spassoso al massimo, senza scadere
nella macchietta, mentre in altri frangenti ci regala un’umanità
fragile e drammatica che quasi commuove.
Il risultato finale è una commedia
per tutti i gusti: chi ama più il divertimento ne apprezzerà il
lato brillante, mentre chi predilige la riflessione esistenziale,
la critica, lo smascheramento dell’ipocrisia, li troverà, assieme
ad un lato sentimentale ma autentico, non stereotipato. Il finale
resta aperto, non vuol essere consolatorio a tutti i costi, come
spesso accade nelle commedie natalizie. Una famiglia
perfetta, prodotta da Medusa Film (anche
distributrice) e Marco Belardi, è nelle sale dal 29 novembre.
Sembra che Hugh Jackman ritornerà
ad interpretate Wolverine anche nel prossimo film X-Men – Giorni di
un futuro passato di Bryan Singer, sequel del film X-Men:
L’inizio.
La Eagle Pictures ha pubblicato
due dietro le quinte del film
Beautiful Creatures – La Sedicesima, la nuova saga dei
produttori di Twilight. La pellicola vanta un cast d’eccezione che
comprende i volti nuovi Alden Ehrenreich, Alice Englert e i
veterani Emma Thompson, Emmy Rossum, Thomas Mann, Jeremy Irons e
Viola Davis. Il film è tratto dall’omonimo libro scritto da Kami
Garcia. Il film sarà al cinema dal Febbraio 2013.
Primo lungometraggio di finzione di
Francesca Muci, documentarista e scrittrice – da
un suo testo è tratto il film – L’amore è
imperfetto è la storia di una donna, Elena/Anna
Foglietta, che dopo la cocente delusione d’amore avuta
da Marco/Giulio Berruti, si chiude a questo
sentimento per diversi anni – il film alterna i due piani
temporali: il 2005 e l’oggi – finché un imprevisto le fa conoscere
due nuove persone ed esplorare nuove frontiere dell’eros e
dell’amore.
Con Ettore/Bruno
Wolkowitch, affascinante cinquantenne francese, limpido e
rassicurante, e Adriana/Lorena Cacciatori,
diciottenne impulsiva e travolgente, Elena vive una sessualità
nuova e sembra rinunciare per sempre al sogno dell’amore perfetto,
riuscendo anche a riconciliarsi col suo doloroso passato.
Esordio per certi versi lodevole,
per altri incerto. Scritto da una donna su una donna, ha la sua
forza nel punto di vista diverso e coraggioso, che pone al centro
la vita sessuale di un personaggio femminile, esplorando l’eros
nelle sue “mille sfumature” con leggerezza e ironia, senza
morbosità, senza alcun cenno di pornografia (poco il ricorso al
nudo), unendolo al sentimento, con un intento liberatorio. E’
attraverso questo aspetto della sua vita che conosciamo Elena e non
per il ruolo che il contesto sociale le ha assegnato, come spesso
accade ai personaggi femminili. In questo senso il film è senza
dubbio un’affermazione di libertà.
L’Amore è Imperfetto, il film
Riguardo le prove attoriali del
cast, alle prese con diverse scene “hot”, le più convincenti sono
le interpretazioni di Anna Foglietta e Lorena
Cacciatori. Nel cast anche Camilla
Filippi nel ruolo della migliore amica di Elena.
Altro elemento interessante
di L’Amore è Imperfetto (forse quello svolto
maggiormente) è la rinuncia alla perfezione. Elena rinuncia al
sogno (o al bisogno?) dell’amore perfetto, quello che credeva di
aver trovato in Marco, dopo il quale aveva come congelato sé
stessa, incapace di accettare una realtà “imperfetta”. Realtà con
cui Ettore e Adriana l’aiutano a venire a patti. Con loro cambia
radicalmente approccio: prima timida e schiva, dà poi sfogo al suo
lato spregiudicato, decidendo di non chiedersi più nulla e prendere
ciò che viene dalla vita.
In L’Amore è
Imperfetto quel che manca è lo sviluppo di molte questioni
come il tradimento, la scelta se nascondere o vivere apertamente la
propria sessualità (di qualunque orientamento sia), il desiderio di
avere un figlio da una parte, e di contro, una maternità vissuta ma
rifiutata al tempo stesso, l’altruismo e l’egoismo, che non vediamo
svolgersi. Assistiamo solo, alla fine, ad una soluzione complessiva
e collettiva in chiave sentimental-romantica. Dice la regista,
“alla fine si risolvono un po’ tutti”, aggiungiamo, senza
compiere un vero percorso.
Così come poco chiaro resta il
ricorso alle sfere religiosa e psicanalitica. Poco comprensibile,
se non come elemento legato agli usi locali, il riferimento al
sacro. Esso è presente accanto alla psicologia e alla psicanalisi
(cui si rimanda spesso, ma esclusivamente per dichiararne
l’inutilità, riducendola a luogo comune) e si collega, secondo la
regista, ad un’esplorazione dell’“io profondo”, che in
realtà però non si attua, si dichiara anzi apertamente la volontà
di “non farsi troppe domande”.
Efficace la scelta
dell’ambientazione a Bari, col suo suggestivo lungomare, a
rappresentare l’apertura all’altro e la voglia di libertà. Prodotto
da R&C Produzioni e Rai Cinema e distribuito da 01
Distribution, il film sarà nelle sale dal 29 novembre.
Riprendiamo le fila del nostro
racconto presentandovi ora i dodici nani protagonisti de Lo Hobbit: Un Viaggio Inaspettato. Fino ad ora
gli amanti di Tolkien hanno avuto a che fare con un solo nano, il
ben noto Gimli, componente della Compagnia
dell’Anello e uno dei principali protagonisti della
trilogia dell’Anello già portata sullo schermo da Peter
Jackson. In questa occasione abbiamo invece la possibilità
di incontrare ben dodici nani, e di conoscerli meglio uno per
uno.
Cominciamo subito da
Balin. Questo nano non deve essere totalmente
sconosciuto ai più dal momento che già ne Il Signore degli Anelli
viene nominato, e anzi ci troviamo proprio sulla sua tomba nel
momento in cui la Compagnia cerca di superare il Caradhras
attraversando le miniere di Moria. Figlio di Fundin e fratello
maggiore di Dwalin, Balin nacque nell’anno 2763 della Terza Era. Fu
mandato in esilio dal drago Smaug nell’anno 2770, insieme con i
Nani della Montagna Solitaria sopravvissuti. Dopo aver seguito per
molti anni Thrai II alla riconquista di Erebor, intraprende con
THorin la Ricerca, raccontata ne Lo Hobbit. Diventa amico intimo di
Bilbo e molti anni dopo la distruzione di Smaug, fu a capo di una
spedizione per ricolonizzare Khazad-dûm. Sebbene la colonia avesse
un buon inizio, Balin fu ucciso, come sappiamo, dopo solo pochi
anni, all’inizio di un assalto di Orchi che distrusse la colonia.
Ne Lo Hobbit – Un Viaggio Inaspettato
Balin è interpretato da Ken Stott.
Fratello minore di Balin era
Dwalin, primo nano in assoluto ad arrivare a Casa
Baggins all’inizio de Lo Hobbit. Indossava un cappuccio verde scuro
e una cinta dorata e aveva una barba blu e, come suo fratello
Balin, suonava la viola. Dwalin presterà un cappuccio e un mantello
a Bilbo, all’inizio del loro viaggio, mantello che Bilbo conserverà
per tutta la vita e utilizzerà per il suo secondo viaggio verso
Erebor. Ebbe sette figli e tre figlie un numero particolarmente
elevato per un nano. Morì nell’anno 91 della Quarta Era a 340 anni.
Ne Lo Hobbit: Un Viaggio Inaspettato
Dwalin è interpretato da Graham McTavish.
Fíli e
Kili sono i due nani più giovani che si uniscono
alla compagnia di
Thorin per la Ricerca. Erano i nipoti del re
sotto la montagna, essendo figli di Dis, sorella di
Thorin. Entrambi hanno una vista molto acuta e sono
descritti come allegri e pieni di vita, entrambi sopportano meglio
degli altri l’idea di essere chiusi nelle botti per fuggire dalla
reggia da Thranduil nel Bosco Atro. Sia Kili che Fili moriranno
nella battaglia dei Cinque Eserciti per difendere la vita del loro
re e zio
Thorin. Ne Lo Hobbit: Un Viaggio
Inaspettato Fili è interpretato da Dean
O’Gorman, mentre Kili è l’attore Aidan
Turner.
Dori, Nori e
Ori erano tre nani fratelli, tutti e tre coinvolti
nella Ricerca di Erebor insieme a Thorin Scudodiquercia. Dori in particolare
aveva in compito di portare a spalla il piccolo Bilbo, durante
l’attraversamento delle Montagne Nebbiose. Sappiamo poi che
l’hobbit cadde dalle spalle del nano, andando incontro a spiacevoli
incontri e ad “indovinelli nell’oscurità”, mentre Dori per farsi
perdonare di averlo perso nelle montagne, rischierà la sua vita per
salvare Bilbo durante la fuga dai Lupi.
L’arrivo delle Aquile metterà tutti
in salvo. Dori è il più forte dei Nani secondo
Thorin. Ori è ricordato soprattutto per aver
partecipato con Balin alla ricolonizzazione di Khazad-dûm. Fu uno
degli ultimi nani a morire durante l’attacco del Balrog e dei
goblin a Moria, avendo scritto di suo pugno il Libro di Marzabul,
ritrovato poi dalla Compagnia dell’Anello nell’omonimo libro/film.
Di Nori invece non si hanno altre notizie se non la sua
partecipazione alla Ricerca. Ne Lo Hobbit: Un Viaggio
Inaspettato i tre nani sono interpretati rispettivamente
da Mark Hadlow, Jed Brophy e Adam
Brown.
Anche Oin, così
come di Ori, partecipò alla ricolonizzazione di Khazad-dûm con
Balin. Ne Lo Hobbit: Un Viaggio
Inaspettato il personaggio è interpretato da
John Callen.
Fratello di Oin è
Gloin, insieme a Balin forse il nano più nominato
ne Il Signore degli Anelli. Egli è infatti il
padre di Gimli, componente della Compagnia dell’Anello. Ne Il
Signore degli Anelli, quando incontra Bilbo a Gran Burrone, si
capisce immediatamente che sono grandi amici. Gloin, come suo
fratello Oin, aveva la particolare abilità di saper accendere il
fuoco Peter Hambleton. Ne Lo Hobbit: Un Viaggio
Inaspettato il personaggio è interpretato da
Peter Hambleton.
Bifur è cugino di
Bofur e Bombur, è ricordato per il suo amore per il formaggio e la
pizza e soprattutto per la sua abilità nel suonare il clarinetto.
Aiutò Bilbo a scappare dal Troll prima di essere chiuso in un sacco
e fu l’unico nano ad uscire asciutto dalle botti che salvarono
tutti dalla prigionia nella reggia di Thranduil. Ne Lo
Hobbit: Un Viaggio Inaspettato il personaggio è
interpretato da William Kircher.
Bofur è il nano
meno menzionato ne Lo Hobbit, e di lui si ricorda molto poco fatta
eccezione per i suoi gusti alimentari (le torte di mele, la
marmellata di lamponi e il tè) e il colore del suo cappuccio
(giallo). Lui e suo fratello Bombur furono quasi uccisi da Smaug ma
si salvarono per un pelo . Ne Lo Hobbit: Un Viaggio
Inaspettato il personaggio è interpretato da
James Nesbitt.
Infine abbiamo il più “importante”
dei nani, Bombur, proverbiale per la sua
corpulenza. La sua stazza lo classifica sempre ultimo in qualsiasi
cosa: ultimo ad entrare a casa di Beorn, ultimo ad arrivare al
Fiume Incantato (del quale subisce gli effetti più a lungo), e
anche raffigurato come balordo e pasitccione. E’ l’unico nano che
non scala Erebor per paura che le funi non lo reggano e resta così
di guardia all’accampamento dei nani. Bombur dorme durante quasi
tutti i momenti chiave del racconto de Lo Hobbit: dorme per giorni
quando cade nel Fiume Incantato, dorme quando lo tirano fuori dalla
botte ad Esgaroth, dorme durante la guardia all’accampamento sotto
Erebor. Ne Il Signore degli Anelli, Frodo chiede di lui e scopriamo
che è diventato così grasso che c’è bisogno di sei nani per
sollevarlo, e che non può muoversi dal suo letto al suo divano. Ne
Lo Hobbit: Un Viaggio Inaspettato il
personaggio è interpretato da Stephen Hunter.
L’adattamento per il grande schermo
della graphic novel vampiresca Undying
Love è ancora alle battute iniziali, ma dopo qualche
fase di incertezza, sembra aver finalmente trovato lo scrittore e
regista definitivo in Joe Carnahan.
Il progetto, partito nel 2011,
aveva poi subito vari rallentamenti proprio nella ricerca dello
sceneggiatore e del regista. Ideata da Tomm Coker
e Daniel Freedman, Undying Love segue le vicende
di un ex soldato che si innamora di una giovane donna; ma il
cammino verso il vero amore verrà ostacolato dal retaggio
vampiresco della donna. Il protagonista dovrà quindi calarsi nei
meandri di una Honk Kong sotterranea, dovendo sconfiggere un’armata
di succhiasangue non morti per liberare la propria amata.
Al progetto si era in precedenza interessato Alexander
Aja, senza che poi ne risultasse nulla di concreto;
Carnahan si è detto entusiasta del progetto per quanto questo sia
un pò al di fuori dei suoi soliti schemi, con l’ambientazione
orientale e i combattimenti di spade.
Mentre ancora nulla si sa del cast,
si può ipotizzare che Frank Grillo, collaboratore
abituale di Carnahan, potrebbe partecipare al film.
Fusione in vista per i due filoni
dedicati agli ‘Uomini-X’: First Class, il
prequel di Matthew Vaughn, verrà agganciato alla
trilogia firmata da Bryan Singer e Brett
Ratner in Days Of Future Past,
sequel di First Class che vedrà proprio Bryan Singer riprendere le
redini degli X-Men. A sancire la fusione delle due vicende sarà la
partecipazione al film di Patrick Stewart e
Ian McKellen, a suo tempo trai protagonisti della
prima trilogia, nei panni rispettivamente del Dr. Xavier e di
Magneto.
Ovvia a questo punto, la curiosità
di capire in che modo i personaggi interpretati dai due attori,
molto più ‘maturi’ rispetto alle loro controparti di First Class,
verranno inseriti nel film, ma Singer ha sottolineato che, essendo
il titolo del film Giorni di un Futuro Passato, basta un pò di
immaginazione per capire cosa potrà succedere.
Singer ha infatti ribadito nella
stessa occasione che della partita faranno parte anche
James McAvoy e Michael
Fassbender, ovvero gli Xavier e Magneto più giovani del
film precedente, oltre Jennifer Lawrence
e Nicholas Hoult, anche loro reduci da
X-Men: First Class.
La storia originale da cui Days of
Future Past è tratta, del resto, si fondava proprio su viaggi nel
tempo e futuri alternativi, quindi è facile immaginare che anche
nel film potremo trovare più versioni degli stessi personaggi. X-Men: Days Of Future Past arriverà nelle
sale il 18 luglio 2014.
Dopo l’annuncio, la secca smentita:
non sarà Joseph Gordon-Lewitt a vestire i
panni del Cavaliere Oscuro nel film dedicato alla
Justice League. La notizia di
una possibile partecipazione al progetto dell’attore, che avrebbe
così creato una sorta di ‘filo conduttore’ tra la trilogia
nolaniana e il colossal previsto per il 2015 si era diffusa nei
giorni scorsi.
A quanto pare però, si è trattato
solo di un’indiscrezione priva di fondamento, o di una voce diffusa
ad arte dalla Warner per ravvivare l’attenzione su
Il cavaliere oscuro – Il ritorno, di cui il 4 dicembre
usciranno le versioni Dvd e Blu-ray. La smentita riguardo la
partecipazione di Gordon-Lewitt sembrerebbe dunque
indicare che il personaggio di Batman come sarà presentato nel film
della Justice League sarà in gran parte svincolato dalla trilogia
firmata Nolan.
The Forever
War, romanzo sci-fi firmato da Joe
Haldeman è ormai da venticinque anni nella lista dei sogni
irrealizzati di Ridley Scott; nonostante tutto
però, il regista sembra non avere alcuna intenzione di gettare la
spugna, puntando anzi a rilanciare il progetto: Scott ha infatti
incaricato DW Harper di scrivere una nuova
versione della sceneggiatura.
Harper non è del resto nuovo per il
genere, dato che trai suoi ultimi lavori c’è All You
Need Is Kill, le cui riprese sono in corso a Londra,
protagonista Tom Cruise. Lo sceneggiatore ha
firmato inoltre Hansel And Gretel: Witch
Hunters, la cui uscita è prevista per il prossimo
anno.
Il libro segue la storia William
Mandella, arruolato nell’esercito dopo l’attacco degli alieni
Taurans alle colonie terrestri; il protagonista e i suoi compagni
passano attraverso un duro periodo di addestramento sulla Terra e
poi vengono inviati sul campo di battaglia, grazie alla creazione
di una specie di ‘wormhole’ che gli consente di attraversare lo
spazio in brevissimo tempo.
Tuttavia, per effetto delle leggi
della fisica, al ritorno a casa mentre per loro sono passati pochi
mesi, sulla Terra sono trascorse decine se non centinaia di anni,
con tutto ciò che ne consegue.
Giunto alla notorietà nel 2010
grazie ad Animal Kingdom dopo una
carriera trentennale, Ben Mendelsohn ha in seguito
potuto cimentarsi in una serie di film di primo livello, come
Killing Them Softly e The
Dark Knight Rises; per l’attore arriva ora una nuova
opportunità, offertagli da Ryan Gosling in
occasione del suo debutto dietro la macchina da presa,
How to catch a monster.
Il film, una fiaba fantasy dai
contorni noir, vedrà protagonista Christina
Hendricks nei panni della madre single di due ragazzini
che per sbarcare il lunario si esibisce in un locale fetish, la
quale verrà trascinata in un’altra dimensione; nel contempo, anche
uno dei figli scoprire una via segreta per accedere a un mondo
sottomarino; i due si ritroveranno a dover risolvere vari misteri
per poter sopravvivere.
Gosling punta ad avviare le riprese
in maggio; considerando che il regista sembra voler lavorare con
attori che ha già avuto modo di conoscere sul set, come Mendelshon
– in The Place Beyond the Pines –
potrebbe essere possibile una partecipazione al film anche di
Bryan Cranston o Emma
Stone. Gosling nel frattempo arriverà nelle sale in
gennaio con Gangster Squad.
Ecco nuove foto dal film
Lo Hobbit: Un Viaggio Inaspettato in cui
possiamo vedere finalmente Saruman in Bianco, sempre interpretato
da Christopher Lee,
Mentre si è appena conclusa la
Premiere mondiale de Lo Hobbit: Un Viaggio
Inaspettato, ecco arrivare le foto direttamente dallo
“sbarco” in Nuova Zelanda dell’intero cast, con tanto di aereo
personalizzato che la linea Nazionale della Nuova Zelanda ha
realizzato per l’occasione.
Ecco le foto di Martin
Freeman, Aiden Turner, Richard Armitage, Sylvester McCoy, Peter
Jackson, Royd Tolkein, Elijah Wood e Andy
Serkis.
La nuova versione in live action di
Cenerentola potrebbe avere presto una nuova Madame Tremaine, ovvero
la matrigna cattiva della protagonista.
Sembra infatti cheCate
Blanchett sia in fase di trattative avanzate con la Disney
per interpretare il ruolo nel film diretto da Mark
Romanek. Se così fosse, Cate sarebbe la prima ad entrare a
far parte delcast di film che si baserà su un’idea di Aline
Brosh McKenna (Il Diavolo Veste
Prada) e sulla sceneggiatura di Chris
Weitz. A produrreil progetto ci sarà Simon
Kinberg, che ha da poco abbracciato la produzione del
settimo film di Star
Wars.
Per quanto rigurada la Blanchett,
la vedremo presto ne Lo Hobbit: Un Viaggio
Inaspetato in cui riprenderà il suo ruolo di
Galadriel.
Dopo quelle mostrate ieri, ecco altre foto dal set di
Hunger Games: La ragazza di fuoco,
direttamente dalla spiaggia hawaiiana dove si stanno svolgendo le
riprese
Dopo le prime foto di Colin Farrell
dal set di Winter’s Tale, ecco che arrivano oggi
le prime immagini di Russell Crowe dal set del
film, con tanto di cicatrice posticcia
Ecco le foto dal set di Hunger
Games la ragazza di fuoco in cui Jennifer
Lawrence, Sam Claflin e Josh
Hutcherston si stanno apparentemente divertendo un mondo a
girare delle scene che i lettori del romanzo collocano precisamente
in un momento saliente della storia del secondo capitolo.
Ecco di seguito alcune immagini e a
seguire la nostra gallery:
La trama del film:
Katniss Everdeen torna a casa incolume dopo aver vinto la 74ª
edizione degli Hunger Games, insieme al suo amico, il “tributo”
Peeta Mellark. La vittoria però vuol dire cambiare vita e
abbandonare familiari e amici, per intraprendere il giro dei
distretti, il cosiddetto “Tour di Victor”. Lungo la strada Katniss
percepisce che la ribellione sta montando, ma che il Capitol cerca
ancora a tutti i costi di mantenere il controllo proprio mentre il
Presidente Snow sta preparando la 75ª edizione dei giochi (The
Quarter Quell), una gara che potrebbe cambiare per sempre le sorti
della nazione di Panem.
L’esordio alla regia nel
lungometraggio di fiction Francesca Muci, L’amore è
imperfetto, tratto da un romanzo della stessa regista, ha
per protagonista Anna Foglietta nel ruolo di una donna che scopre
qualcosa di sé stessa lasciandosi andare all’amore nelle sue varie
forme. A presentare il film, accanto alla regista, intervengono lo
sceneggiatore e produttore Gianni Romoli, gli attori Anna
Foglietta, Giulio Berruti, Lorena Cacciatore e Camilla Filippi,
presenti anche i produttori R&C Produzioni e Rai Cinema.
Arriva la prima Clip
ufficiale de Lo Hobbit: un viaggio inaspettato, in attesa della
premiere mondiale che avverrà mercoledì a Wallington. Nel filmato
vediamo Gandalf che consegna Pungolo a Bilbo:
Arrivano nuove foto dal set di
Hunger Games: la ragazza di fuoco, a pubblicarle sono CBM e Just
Jared. Nelle immagini vediamo i protagonisti Jennifer
Lawrence e Josh
Hutcherson mentre girano alcune scene in acqua.
La trama del film:
Katniss Everdeen torna a casa incolume dopo aver vinto la 74ª
edizione degli Hunger Games, insieme al suo amico, il “tributo”
Peeta Mellark. La vittoria però vuol dire cambiare vita e
abbandonare familiari e amici, per intraprendere il giro dei
distretti, il cosiddetto “Tour di Victor”. Lungo la strada Katniss
percepisce che la ribellione sta montando, ma che il Capitol cerca
ancora a tutti i costi di mantenere il controllo proprio mentre il
Presidente Snow sta preparando la 75ª edizione dei giochi (The
Quarter Quell), una gara che potrebbe cambiare per sempre le sorti
della nazione di Panem.
Guarda il Nuovo
Trailer del film Looper con Joseph Gordon-Levitt e Bruce
Willis. Il film, che ha tra gli interpreti anche Emily Blunt e
Paul Dano, sarà nelle sale italiane a partire
Arriva al cinema distribuito da
Moviemax Troppo Amici – praticamente
fratelli la nuova commedia diretta da Olivier
Nakache e Eric Toledano e con
protagonisti nel cast Vincent Elbaz e Isabelle
Carré.
Quando Alain ha sposato Nathalie
non sapeva che avrebbe sposato anche tutta la sua famiglia. C’è
Jean-Pierre, il cognato accompagnato dalla moglie Catherine e la
perfetta nipote Gaëlle. C’è Roxane, la cognata, che in preda
all’accelerazione del suo orologio biologico assilla la vita di
Bruno una famiglia insomma fin troppo unita (la traduzione italiana
purtroppo toglie tutta l’ironia del titolo francese “Tellement
Proches”, un efficace gioco di parole tra i termini “parenti”
e “vicini”).
Si presenta così una carrellata di
personaggi fin troppo conosciuti: Alain, quarantenne mai cresciuto
nonostante il matrimonio e due figli, ancora attaccato alla sua
immagine del passato quando intratteneva e divertiva intere
comitive in qualità di animatore ai villaggi ClubMed, nei quali era
conosciuto con il soprannome “Pipo”. Rilassato e permissivo con lo
scalmanato figlio Lucien, è convinto di essere più utile ai due
bambini come amico che non come padre, ma si ricrederà presto e
dovrà fare i conti con il tempo, le responsabilità e il fatto di
non essere più in un villaggio di Marbella. Troviamo poi il
personaggio di Jean-Pierre, il classico uomo responsabile ed
assennato, con una vita, un lavoro, una casa e una famiglia
perfetti, che si scopre in realtà insofferente alle rigidità della
moglie, non così soddisfatto dal lavoro e con dei lati decisamente
oscuri. La trama che però lascia più dubbiosi è quella che tratta
la storia tra Roxane e Bruno: la progressione degli eventi pare
forzata e in alcuni casi poco verosimile.
Sebbene quindi i personaggi
risultino o troppo stereotipati o troppo macchiettisti non si può
negare alla storia un buon ritmo, degli spunti molto divertenti e
sicuramente degli attori capaci e azzeccati, anche fisicamente, per
ogni parte loro affidata. Un finale insolito riesce comunque a
risollevare le sorti di una sceneggiatura a fin troppo consueta
ribaltando la visione di molte delle scene osservate
precedentemente. La pellicola, pubblicizzata come il “nuovo” film
dai registi di Quasi Amici, è in realtà precedente
alla realizzazione del film campione di incassi dello scorso anno
in quanto realizzato e distribuito in Francia nel 2009.
Precisazione necessaria a
rivalutare l’evoluzione creativa dei due registi.
Marco Giallini –
Anche se calca i palcoscenici e compare sul grande e piccolo
schermo da più di un ventennio, solo ultimamente ha ricevuto i
riconoscimenti che merita, per via di una critica forse distratta e
dei progetti un po’ defilati cui ha spesso partecipato.
Molti lo conoscono come ottimo
“caratterista”, avendolo visto al fianco di colleghi come
Valerio Mastandrea, Pierfrancesco Favino,
Sergio Castellitto e Carlo Verdone –
gli ultimi due lo hanno anche diretto – ma il termine gli sta
davvero stretto, perché in queste collaborazioni non si limita a
supportare, anzi riesce con tale efficacia a ritagliarsi uno spazio
autonomo, che i suoi personaggi restano impressi nella mente dello
spettatore quanto quelli interpretati dai colleghi. Qualche
esempio? L’agente immobiliare e gigolò Domenico Segato in
Posti in Piedi in Paradiso, il fratello
cocainomane di Verdone in Io, loro e
Lara, o, per tornare agli inizi sul grande schermo,
il delinquente Maurizio, degno compare di Valerio
Mastandrea ne L’odore della notte, o
ancora, il padre infantile, pazzo per le donne ne La bellezza del
somaro. Il primo vero successo, però, è arrivato in
tv, grazie alla partecipazione alla serie Romanzo
Criminale, in cui ha vestito i panni del Terribile,
riscuotendo un grande sèguito. Il 2012 è stato per lui l’anno della
consacrazione – Ciack d’oro come personaggio cinematografico
dell’anno – dovuta non solo alla già citata e spassosa
interpretazione di Segato, ma anche al complesso ruolo del
poliziotto Mazinga in ACAB – All cops are
bastards, per i quali è stato premiato col Nastro
d’Argento ed ha ottenuto la nomination al David di Donatello.
Perciò, se ancora non lo conoscete, o non sapete il suo nome, oggi
non avete più scusanti.
Stiamo parlando di
Marco Giallini: attore ormai di lungo corso e
d’indubbio talento, lo si apprezza, oltre che per i connotati
estremamente cinematografici – il viso di chi ha intensamente
vissuto, lo sguardo all’occorrenza cinico, con occhi a fessura,
l’andatura dinoccolata, stile vecchio western – per la versatilità
che gli permette di dare corpo a oscuri criminali o delinquentelli
di bassa lega, così come a poliziotti o commissari, uomini beffati
dal destino o da scelte sbagliate; ma anche di stupire, come ha
fatto negli ultimi anni, con una straordinaria capacità di
rappresentare comicamente, svelandola, quell’Italia un po’ cinica,
un po’ cialtrona, che insegue il miraggio della vita facile, che
cerca scorciatoie, per ritrovarsi poi sistematicamente disillusa ad
arrabattarsi in una difficile realtà quotidiana, a rischio di
perdere perfino la propria dignità.
È il 4 aprile del ’63 quando
Marco Giallini nasce in un quartiere popolare di
Roma lungo la via Nomentana, dove vive tutt’ora e dove gli amici,
fin da ragazzo, lo chiamano Giallo. Nasce in una famiglia operaia,
il padre lavora alla fornace e ha la passione per il cinema e il
teatro, che influenzerà fortemente il figlio Marco. L’attore in
alcune recenti interviste ha parlato molto di quest’influenza,
raccontando aneddoti come quello che lo vuole bambino assieme al
padre ad assistere al set di un film di Blasetti, o quello in cui
il genitore rischiò l’incidente in moto – altra passione che
Giallini ha ereditato – pur di andare a stringere la mano ad Amedeo
Nazzari, che aveva visto passare. A 17 anni va a teatro con la
famiglia a vedere Enrico IV e decide che
farà l’attore. Ma da lì a realizzare il suo sogno passerà tempo e
occorrerà impegno e costanza per mettere a frutto le doti naturali
di Giallini. Fin da ragazzo, coltiva anche la sua altra grande
passione: la musica, il rock in particolare, che per lui conta
come, e forse più del cinema. Nell’ ’81 forma un gruppo assieme ad
alcuni amici: i Monitors. Ma il suo destino è quello di stare sul
palco in un altro modo. Tutt’ora, però, suona il basso, ha una
sterminata collezione di vinili e cd – se siete curiosi potete
affacciarvi sul suo sito e troverete alcuni tra i suoi brani e
dischi preferiti – ha partecipato a diversi video musicali (di
Frankie HI NRG, Daniele Silvestri, Marina Rei, Max
Pezzali e da ultimo Duke Montana).
Si è anche prodotto in un dj set assieme a Valerio
Mastandrea.
Tornando agli inizi in fatto di
recitazione, invece, la sua formazione parte dal teatro. È il 1985
quando frequenta la Scuola di teatro “La Scaletta” a Roma, che
inaugura la sua formazione accademica. Nel frattempo però, realista
e instancabile lavoratore, resta coi piedi ben piantati a terra e
lavora come imbianchino e scaricatore di bibite. Ancora oggi
rivendica quest’esperienza decennale da operaio, così come il suo
legame con il quartiere, gli amici e la vita “di strada”. Negli
stessi anni conosce quella che sarebbe diventata la compagna di una
vita, Loredana, con cui avrà due figli, Diego e Rocco.
Esordisce sul palcoscenico
nell’‘88, diretto da Ennio Coltorti, poi sarà la volta
dell’Adelchi di Arnoldo Foà (‘93), con cui
lavorerà ancora l’anno successivo. Nel ‘95 inizia la sua
collaborazione con Angelo Orlando, che lo vuole sia per il suo
spettacolo Messico e nuvole, che per il suo primo
film da regista, L’anno prossimo vado a letto alle
dieci. Così Giallini approda al grande schermo. È di nuovo
in teatro con Orlando nel ’96. Mentre nel ’98 ha un’occasione
insperata: Marco Risi lo nota a teatro e lo
inserisce in un cast con Monica
Bellucci, Alessandro Haber, Giorgio Tirabassi,
Ricky Memphis per comporre un affresco corale grottesco
sulle miserie italiane, L’ultimo Capodanno. Il
film non è un grande successo di pubblico, ma per Giallini è
comunque un’importante chance che dà buoni risultati personali. A
proposito, l’attore ha ricordato: “Marco Risi mi ha salvato la
vita. (…) Non credevo che avrei più fatto cinema, mi sarei dato
solo al teatro” (e invece “incassa” l’apprezzamento di
Vittorio Gassman). Così insiste, e lo stesso anno, offre un’ottima
interpretazione ne L’odore della notte di
Claudio Caligari, tra le tante accanto al collega
e amico Mastadrea. Il film, ispirato alle reali vicende di una
banda di rapinatori che prese di mira la ricca borghesia romana sul
finire degli anni ’70, sbarca pure a Venezia fuori concorso, e per
questo è, tra i lavori giovanili, quello rimasto più nella memoria
del pubblico. Sempre con Valerio Mastandrea,
Giallini è il coprotagonista di Barbara, di nuovo
sotto la guida di Angelo Orlando. Comicissima e surreale pellicola
d’impostazione teatrale, imperniata sul gioco di contrapposizione
tra i caratteri di due amici, Aldo e Pino, interpretati dai due
attori romani, messi a dura prova dall’attesa infinita di una
fantomatica Barbara, ammanettati a un letto, mentre intorno a loro
si avvicendano strampalati personaggi. Anche questo non sarà un
successo, ma piuttosto una di quelle chicche che, se viste, non si
dimenticano.
Marco Giallini: da esperto
caratterista a personaggio dell’anno
Il nuovo millennio si apre con la
partecipazione al pluripremiato esordio cinematografico di
Alex Infascelli, Almost Blue,
tratto dall’omonimo romanzo di Carlo Lucarelli.
Qui l’attore è un commissario, al fianco di Lorenza
Indovina, Claudio Santamaria e Rolando
Ravello. L’anno successivo, un altro esordiente,
Nicola Rondolino, lo chiama come protagonista
assieme a Valerio Binasco del suo noir Tre punto
sei, in cui Giallini veste ancora i panni del delinquente.
Nel 2002 partecipa al primo lungometraggio di Francesco
Falaschi, che lo vuole impegnato in una commedia a quattro
con Cecilia Dazzi, Elda Alvigini e Pierfrancesco Favino,
che avrà l’occasione di rincontrare su diversi set. Fin qui,
dunque, pellicole anche riuscite, ma piuttosto di nicchia, che non
contribuiscono al riconoscimento esteso del talento di questo
attore valido e instancabile. Ha cominciato, infatti, a impegnarsi
già da alcuni anni anche in tv, dove prende parte al film diretto
da Antonello Grimaldi, Gli insoliti
ignoti. Come s’intuisce dal titolo, che omaggia il
capolavoro di Monicelli, il film tratta di un furto: quello di un
quadro, organizzato da Cosimo e Ruggero (la coppia
Mastandrea-Giallini) con l’aiuto della moglie di Cosimo, Marisa
(Carlotta Natoli), che lavora proprio al museo in cui il quadro è
custodito. Giallini e Mastandrea ben caratterizzano le figure di
questi due ladri dal volto umano, delinquenti improvvisati, forse
per necessità, o forse piuttosto, per provare il brivido di
riuscire in un’impresa che a prima vista sembra impossibile. È
proprio questa umanità che colpisce, avvicina e fa identificare lo
spettatore, quella che li convincerà, alla fine, a fare “la cosa
giusta”.
Al cinema, Giallini
ritrova Alex Infascelli, che lo dirige nella sua
opera seconda Il siero della vanità (2004). Ma
questo è anche l’anno di Non ti muovere, che porta
Giallini nei territori di un cinema d’autore più universalmente
riconosciuto. Sergio
Castellitto gli offre infatti la parte del suo
migliore amico, Manlio, nel film tratto dal romanzo di
Margaret Mazzantini, che vede protagonisti lo
stesso Sergio Castellitto e Penélope Cruz. Nel 2005
è in Amatemi di Renato De Maria,
con Isabella Ferrari. Il 2006 porta l’occasione di
lavorare con Paolo
Sorrentino, che allora è al suo terzo lavoro, ma già
si è fatto apprezzare come esponente della rinascita
cinematografica italiana. Giallini entra così a far parte del cast
de L’amico di famiglia nel ruolo di Attanasio.
Il nostro attore non disdegna però
altre incursioni in tv. In coppia con Mastandrea
dà vita alla divertente miniserie, Buttafuori di
Giacomo Ciarrapico, in onda sulla Rai. I due lavorano alla
discoteca UFO e ogni sera sono di fronte a situazioni nuove, che
trasformano in gag esilaranti innescando riflessioni, mostrando
debolezze, e filosofeggiando (soprattutto il personaggio di
Giallini, Sergej) con un lessico tutto loro e un misto di realismo
e nonsense. L’esperimento dura poco ma è interessante e diventa col
tempo un vero cult. L’anno dopo, Giallini è sotto gli occhi del
grande pubblico con una fiction più mainstream. In
Medicina generale, infatti, all’attore romano è
affidato il ruolo di un medico senza tanti scrupoli, che sbaglia –
esercita senza averne il titolo – che non è tutto d’un pezzo, ma
capisce i suoi errori e li paga, riscattandosi anche con una
profonda umanità, un forte senso dell’amicizia e della lealtà.
L’attore lo caratterizza al meglio.
Ed è sempre dalla televisione che
viene, come ha ricordato lo stesso attore, la svolta della sua
carriera. Con la serie tv Romanzo criminale, in
cui è di nuovo un duro criminale, un truce Terribile (dal 2008 al
2010), che impersona in modo spontaneo e verace, coadiuvato da un
invidiabile physique du role, Giallini diviene noto al grande
pubblico. Complice anche la rete, dove la scena della sua dipartita
è tra le più cliccate. Nella serie diretta da Stefano
Sollima, il Terribbile è senz’altro tra i personaggi più
riusciti, più credibili, che riesce a rendere vivo e vibrante
quell’affresco di genere per altri versi un po’ troppo facile e
televisivo. Ciò si deve largamente allo spessore, alla capacità
espressiva a tutto tondo che un attore di lunga esperienza e
indiscussa bravura come Giallini ha saputo dare al ruolo. La
popolarità arriva meritata e forse, ormai, inaspettata.
Partecipa anche a due
stagioni de La nuova squadra, ma soprattutto,
torna al cinema, dove si fa apprezzare dal pubblico e finalmente
anche dalla critica per alcuni ruoli comici, in cui mostra una
straordinaria abilità nel dare coloriture vivide, accenti
estrosamente geniali a personaggi che rappresentano, ciascuno con
le proprie peculiarità e sfaccettature, italiani mediocri,
ipocriti, bugiardi, fedifraghi, approfittatori, vigliacchi, ma
anche, all’occorrenza, di una sarcastica e disarmante franchezza.
Col suo estro d’attore, Giallini riesce a far ridere e sorridere lo
spettatore, rendendo i suoi personaggi perfino simpatici.
È il 2009 infatti, quando un altro
romano doc, un pilastro del cinema nostrano come Carlo
Verdone, decide di sfruttare il suo talento comico in
Io, loro e Lara, ed è per molti una rivelazione.
“E’stato un film che ha cambiato la mia vita
professionale”, ha dichiarato Giallini in un’intervista.
“Carlo mi vedeva nei film in cui facevo il duro, il criminale,
ma secondo lui avevo anche delle potenzialità comiche”.
Verdone, qui attore e regista, affida a Giallini il ruolo di un
personaggio sopra le righe: suo fratello, il cocainomane Luigi
Mascolo, che lavora in banca, traffica in borsa, ipocrita e assai
attaccato al patrimonio dell’anziano padre. Non meno ipocrita si
rivela la sorella Beatrice/Anna Bonaiuto, mentre Verdone stesso
interpreta il fratello sacerdote, quello più assennato, dai sani
princìpi che, tornato dall’Africa, sperava di trovare in famiglia
accoglienza, aiuto, sostegno, mentre sarà lui a doverli dare per
riportare un po’ di stabilità in una situazione fuori controllo.
Per il ruolo di Luigi, Giallini riceve la sua prima candidatura ai
David di Donatello e ai Nastri
d’Argento e accresce la sua popolarità presso il grande
pubblico.
L’anno successivo è nuovamente
diretto da
Sergio Castellitto ne La bellezza del
somaro, commedia corale che pone al centro un’acuta
riflessione sui genitori di oggi. I protagonisti sono tutti, o
quasi, alle prese con figli adolescenti coi quali non sanno come
porsi, inadeguati al proprio ruolo, assorbiti dai propri problemi.
Amici, più che genitori, forse perché rifiutano lo scorrere del
tempo, l’idea di invecchiare. Il personaggio interpretato da
Giallini non può che essere anch’egli un padre manifestamente
inadeguato: infantile fino all’estremo, impazzisce dietro a ogni
donna, a volte imbarazzante perfino per gli amici, nel migliore dei
casi ininfluente per il figlio. È però anche l’amico simpaticone,
sguaiato, ridanciano, che non si perde mai d’animo, pur sapendo di
non essere il massimo, né come padre, né come uomo. Altra
interpretazione portata a casa con successo (memorabile la sua
entrata in scena col quadro di Courbet, o la rassegnazione con cui
pronuncia la domanda, quasi retorica, rivolta al figlio: “So’
stato un padre de merda?”). Un altro passo verso il ruolo
cinematografico che gli darà maggior successo.
Proprio nel momento forse più duro
e difficile della sua vita, quello in cui perde la moglie Loredana,
c’è il lavoro, ci sono i due figli di tredici e sei anni, oltre a
una dura scorza, ad aiutarlo a ripartire, ad andare avanti. Carlo
Verdone lo ha chiamato di nuovo. Stavolta il regista lo vuole
assieme a Pierfrancesco Favino, Micaela Ramazzotti, e a sé stesso,
come protagonista di quella che a oggi è l’ultima fatica
dell’attore e regista romano: Posti in piedi in
Paradiso. È così che nasce una delle interpretazioni più
brillanti della carriera di Giallini. Verdone, Favino e Giallini
sono tre padri in difficoltà: alle prese con una vita precaria,
economicamente e socialmente, separati, ma ciascuno con una
famiglia da mantenere, che decidono di unire le loro poche forze
per cercare di cavarsela. Il film rispecchia molto bene, anche
mettendola in burla, la realtà italiana degli ultimi anni, dove
l’arte di arrangiarsi sembra essere tornata d’estrema attualità.
Favino è un critico cinematografico, cacciato dal giornale in cui
lavorava per via di una relazione con la moglie del suo capo.
Verdone è un ex produttore
discografico, ha un negozio di dischi e memorabilia che rischia di
chiudere e che gli fa anche da casa. Ma il personaggio di
Domenico Segato è quello che più spicca, il più estremo, eppure
realistico, il più sfrontato e irresistibilmente comico nella sua
tragicità: un agente immobiliare col vizio del gioco, che per
arrotondare fa il gigolò di facoltose signore in età, è separato
dalla moglie (o meglio, dalle mogli) e ha diversi figli, della più
piccola neppure ricorda il nome. Per lui ipocrisia e falsità sono
all’ordine del giorno (spassosissima in proposito, tra le tante
scene, la telefonata iniziale sulla barca). Per guadagnare farebbe
di tutto, anche rischiare la salute col viagra, perché “vacce
te co’ mi nonna, altro che il viagra, er plutonio te ce
vorebbe!”, o perfino rubare. Conduce una vita assurda e
strapalata, che per lui è la normalità. Giallini lo impersona
egregiamente, con una disinvoltura e una naturalezza estreme. Il
film riscuote uno straordinario successo di critica e pubblico, con
particolari lodi proprio all’interpretazione del nostro attore. Per
questo lavoro e per un altro dello stesso anno ma di tutt’altro
tenore, ovvero ACAB – All cops are bastards,
riceve la sua seconda nomination al David ed ottiene un meritato
riconoscimento col Nastro d’Argento. Nel riceverlo, ha l’occasione
di ricordare come gli siano sempre piaciuti sia da spettatore che
da attore, i ruoli da duro ma anche quelli comici, e di ringraziare
Verdone e Sollima per aver portato finalmente a conoscenza dei più
il suo eclettico talento.
Di tutt’altro tenore rispetto a
Posti in piedi è infatti ACAB di
Stefano Sollima – al suo esordio nel cinema, ma
reduce dal successo televisivo della serie Romanzo
criminale. È un film duro, di denuncia e riflessione
su un tema caldo dei nostri tempi: il ruolo delle forze dell’ordine
nella gestione dell’ordine pubblico e la deriva violenta che la
nostra società sta subendo da più parti. Qui, infatti, chi
dovrebbe arginarla la alimenta, diventando a sua volta parte di
essa. Ma il film, tratto dal libro di Carlo Bonini, al contrario di
ciò che si può pensare, non è affatto semplicistico o manicheo. Non
si schiera con gli uni o con gli altri, ma mostra, pone
interrogativi, domande, fa emergere le contraddizioni insite nei
singoli come nella società. Protagonisti sono un gruppo di
“celerini”: Cobra/Pierfrancesco Favino, Mazinga/Marco Giallini,
Negro/Filippo Nigro, uniti dall’affrontare situazioni difficili
ogni giorno (servizio di sicurezza allo stadio, sgombero di campi
rom, sfratti, manifestazioni, sono stati al G8 di Genova e hanno
preso parte alla vergognosa notte alla Diaz), ma anche dalla rabbia
e dall’odio che covano, quello che ha contagiato le loro vite
personali naufragate, perché è l’unico modo in cui, in fondo, sanno
relazionarsi all’altro, o perché non resistono all’istinto di
rispondere con la stessa moneta a chi di odio li rende bersagli
quotidiani.
Uomini che sentono la loro violenza
legittimata, perché al servizio “dell’ordine” e di cause “giuste”,
quando questa è invece, evidentemente, tanto cieca quanto quella
dei loro nemici. Uomini che si fanno giustizia da soli, oltre la
legge, che decidono punizioni, ergendosi essi stessi ad autorità.
Ma anche uomini lasciati soli a fronteggiare emergenze che
rimangono tali, uomini che riempiono come possono, come sanno,
spesso facendo danni, un vuoto istituzionale profondo. Fra
loro Mazinga è la figura più disgraziata, più sconfitta: il più
anziano del gruppo, un padre freddo, distante, che ha alimentato
nel figlio solo odio. Dopo anni di quella vita non sa più
immaginarne un’altra. Allo stesso tempo arriva a capirne
drammaticamente a sue spese l’insensatezza, ma non è capace a
cambiare rotta, perché, come i colleghi, è prigioniero di schemi
agiti ormai automaticamente. Un Giallini dolente e intenso presta
sé stesso al personaggio. Per questa interpretazione, lo dicevamo,
guadagna il Nastro d’argento come miglior attore non protagonista.
È suo anche il Ciack d’oro come Personaggio Cinematografico del
2012. Lui si dice contento e divertito dal successo arrivato
ora (“non è che io abbia cambiato il mio modo di
recitare”, ha affermato), e si considera fortunato, come ha
dichiarato in un’intervista, perché molti suoi colleghi, pur bravi,
non hanno mai potuto godere delle luci della ribalta. Intanto, la
fase lavorativa proficua sembra destinata a proseguire. Dal 29
novembre lo vedremo infatti nelle sale in Una famiglia
perfetta di Paolo Genovese, dove
ritroverà Sergio Castellitto, mentre nel 2013 sarà
nell’esordio alla regia di Rolando Ravello,
Tutti contro
tutti e nell’opera seconda da regista di
Edoardo Leo, Buongiorno
papà.
Cosimo e Nicole,
due cuori e una palafitta, ai piedi di Genova, all’alba degli
scontri del G8. Lui, bello e intrepido, lei, una diciassettenne
francese, passionale e avventurosa, pronta a seguirlo ovunque in
sella alla sua moto.
Un amore nato sotto la pioggia di
manganellate dei disordini di Genova, sbocciato nel lampo di uno
sguardo e vissuto con ardente passione, prima in Francia, e poi
nella terra che li aveva resi teneri amanti, in un paesaggio
desolato.
Un film, in cui il regista
Francesco Amato – alla sua seconda opera – segue i
passi di un amore totalizzante, frenetico e altisonante, con un
occhio sempre rivolto alla tragica realtà sociale italiana. Una
storia d’amore, quindi, che il regista utilizza come pretesto
narrativo per dire la sua sulle annose questioni dell’immigrazione
e del lavoro clandestino, la cui cruenta problematicità può
forgiare un’amore e ridurlo in pezzi con la stessa veemenza.
Cosimo e Nicole
Nel dire la sua, il regista fatica
ad armonizzare le sue idee: un film d’amore o un film di denuncia?
Cosimo e Nicole è un’opera dall’identità
sfocata che, nel portare alla luce riferimenti di cronaca attuali,
si pone come l’ennesimo tentativo di denunciare crimini e misfatti
made in Italy, senza la giusta convinzione e radicalità.
Convince un pò di più la visione romantica e dannata dell’amore tra
Cosimo e Nicole, costellata però da qualche cliché di troppo che la
correda di retorica e banalità.
I due interpreti protagonisti,
Riccardo Scamarcio e Clara
Ponsot, si muovono in un universo transitorio, indebolito
dall’inconsistenza della sceneggiatura, che in alcuni punti si
prende delle libertà narrative, che acuiscono la scarsa credibilità
della storia.
La regia cerca di limitare i danni,
fregiandola di spunti audaci fatti di eros e live
concert, che riescono a evocare un’atmosfera seducente e
gagliarda, buia e intensa, grazie ai graffianti brani dei
Marlene Kuntz, Afterhours e
Verdena che si mescolano alle musiche originali di
Francesco Cerasi.
Un film dalla struttura narrativa
analettica, che lascia sgorgare la storia dalle parole dei due
protagonisti, che si raccontano, afferrando i ricordi e rivivendo
il tormento e le intense emozioni di qualche anno prima. Due volti
reduci da un deserto emozionale durato due anni, ma riscaldati
dalla memoria di un passato ancora vibrante.
Quello di Cosimo e
Nicole è un sentimento diventato romanzesco e ruggente
grazie al fascino imponderabile dell’avventura on the
road, cornice del loro inconsulto vagabondaggio. Un guizzo
interessante ma che non riesce comunque a dare vigore ad un
racconto monocorde e incolore.
Anche se non hanno lavorato insieme
come attore e regista dal 1995 per Casinò, gli ultimi
due anni Robert De Niro e Martin
Scorsese hanno lavorato per un progetto che li
riunirebbe per il film I Heard You Paint
Houses – conosciuto anche come The
Irishman – in lavorazione dal 2010. Numerosi
rumors girano sul cast, che sarebbe composto anche da Al
Pacino, Joe Pesci e Harvey
Keitel.
Tratto dal libro di Charles Brandt,
il film racconta la storia di Frank Sheeran, un veterano della
Seconda Guerra Mondiale che oltre ad essere un ufficiale di alto
rango della International Brotherhood of Teamsters si dilettava
nella criminalità organizzata come personaggio altamente ricercato.
De Niro dichiara: Abbiamo cercato di svilupparlo da un paio di
anni e ora stiamo cercando di dargli un tempo di realizzazione.
Frank Sheeran che era in Teamsters (un sindacato statunitense)
ha affermato di aver ucciso Jimmy Hoffa (il leader
sindacale controverso scomparso nel 1975) e aggiunge: Mi
piacerebbe interpretare Frank Sheeran e Pacino recitare nel ruolo
di Hoffa. Joe Pesci credo sarebbe troppo.Nessuna parola sul
Keitel, ma ha chiesto se il film potrebbe realizzarsi a breve o
meno. Prima di qualsiasi altra mobilitazione bisognerà attendere il
regista americano poiché è ancora sul set per The Wolf of Wall
Street.
Una gran quantità di
nuove immagini sono state messe online per il film Zero Dark
Thirty di Kathryn Bigelow. Il film documenta la decennale
caccia a Osama bin Laden, che si conclude con l’ormai famosa
operazione dei SEAL.
Da poco si è venuti a conoscenza
che Jessica Chastain interpreta la protagonista del film, ossia, un
agente della CIA che guida la caccia all’uomo. Queste nuove
immagini sono dedicate a lei, in una di queste la vediamo con Kyle
Chandler che interpreta il suo superiore. Il film è interpretato
anche da Chris Pratt, Mark Strong, Scott Adkins, Joel Edgerton, e
James Gandolfini. Zero Dark Thirty avrà una visione limitata a
pochi il 19 dicembre, e poi distribuito in America l’11 gennaio
2013.
J.J. Abrams è
molto bravo a tenere le sue trame in segreto e a rivelare
informazioni quando lui decide. Così è successo anche per
Into
Darkness – Star Trek, ma ormai siamo vicini alla
rivelazione del primo trailer e dei primi nove minuti del film
(quest’ultimo verrà mostrato prima di The Hobbit: An Unexpected
Journey in IMAX 3D) La sinossi ufficiale:
Quando l’equipaggio della
Enterprise è richiamato a casa, trovano una forza inarrestabile di
terrore all’interno della propria organizzazione che ha fatto
esplodere la flotta e tutto ciò che essa rappresenta, lasciando il
nostro mondo in uno stato di crisi. Il capitano Kirk conduce una
caccia all’uomo per una zona di guerra per catturare un uomo e
un’arma di distruzione di massa.Mentre i nostri eroi sono
spinti in una partita a scacchi epica tra la vita e la morte,
l’amore sarà messo alla prova, le amicizie lacerate e sacrifici
devono essere fatti per la sola famiglia che Kirk ha lasciato: il
suo equipaggio.
Trama: Quando l’Enterprise è
chiamata a tornare verso casa, l’equipaggio scopre una terrificante
e inarrestabile forza all’interno della propria organizzazione che
ha fatto esplodere la flotta e tutto ciò che essa rappresenta,
lasciando il nostro mondo in uno stato di crisi. Spinto da un
conflitto personale, il Capitano Kirk condurrà una caccia all’uomo
in un mondo in guerra per catturare una vera e propria arma umana
di distruzione di massa. Mentre i nostri eroi vengono spinti in
un’epica partita a scacchi tra la vita e la morte, l’amore verrà
messo alla prova, le amicizie saranno lacerate, e i sacrifici
compiuti per l’unica famiglia che Kirk abbia mai avuto: il suo
equipaggio.