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The Help: recensione del film con Jessica Chastain

Arriva anche in Italia il prossimo 20 gennaio The Help, la sorpresa del box office americano che racconta una vicenda toccante e divertente allo stesso tempo, una storia di donne che combattono con coraggio e contro i dettami sociali, per riuscire ad ottenere una dignità che solo la Storia ha restituito loro.

The Help, la trama: Eugenia Phelan, per gli amici Skeeter, si è appena diplomata all’Università del Mississippi e il suo sogno è diventare una scrittrice, mettendo da parte quello che negli anni ’60 nella cittadina di Jackson era considerato il principale interesse di una giovane donna: sposarsi e avere bambini. Con grande disappunto della madre e delle amiche, Skeeter trova lavoro in un giornale locale e comincia a scrivere per la rubrica di consigli domestici, ma quale modo migliore di dispensare suggerimenti sulla pulizia di casa se non chiedendo aiuto proprio ad una domestica?

La ragazza si rivolge ad Aibileen, cameriera della sua migliore amica, e così involontariamente viene messa a parte di un mondo, totalmente sconosciuto per lei, in cui una donna di colore è costretta a stare lontana dai propri figli, allevando quelli dei bianchi, che una volta cresciuti diverranno i suoi padroni. Nasce così l’esigenza, grazie anche al sostegno di un editore newyorkese, di scrivere queste storie e raccontarle in un libro scandalo che metterà a nudo una ricchissima umanità sommersa, quella delle cameriere ‘negre’ del sud degli Stati Uniti negli anni ’60, in piena campagna contro l’integrazione razziale.

The Help, il film

The Help film recensioneBasato sull’omonimo romanzo di Kathryn Stockett, e scritto e diretto da Tate Taylor, The Help è un vero e proprio gioiello. Il film si presenta in maniera invitante catapultandoci immediatamente nel racconto, catturando lo spettatore con una scelta fotografica e luministica che ricalcano perfettamente la mitizzazione degli anni ’60 secondo la medio alta borghesia americana di provincia, con villette curate, signore inamidate e abiti colorati e sgargianti indossati da giovani donna inesperte di vita ma desiderose di apparire perfette e impeccabili. Tutto questo carnevale di colori stride di fronte alla drammaticità delle singole vite di ogni donna che si racconta: sofferenza, umiliazione e mortificazioni costellano le loro vite sin da quando sono nate. Ma non tutte le storie sono tristi, c’è la cameriera che ricorda con affetto i bambini che ha cresciuto, e un’altra ancora che rievoca la gentilezza del proprio padrone.

The Help è caratterizzato da questo grande equilibrio tra comicità e dramma, provocando risate di gusto e costruendo momenti di grande commozione, senza mai scadere nel patetismo. Il sentimento di indignazione che pervade Skeeter, una straordinaria come sempre Emma Stone, coinvolge anche lo spettatore e aiuta, una volta usciti dalla sala, ad interrogarsi su ciò che è stato, e che purtroppo fa parte della Storia di tutto l’Occidente, non solo degli Stati Uniti.

Punta di diamante è però uno spettacolare cast, tutto al femminile, capitanato da Viola Davis, Bryce Dallas Howard, la già nominata Stone ed una Jessica Chastain sopra le righe. Chi la ricorda eterea e perfetta in The Tree of Life, resetti quell’immagine, qui Jessica è formosa, vivace, sensuale e stupida allo stesso tempo, ma con un grande cuore e soprattutto una grande forza d’animo. Ma non solo la bellissima Chastain qui conferma il suo talento, perché la bella Bryce Dallas Howard offre in The Help quella che forse è la sua migliore interpretazione nei panni della dispotica perfezionista razzista di quartiere. Ma attenzione a Viola Davis, già premiata come miglior attrice ai Critics’ Choice Movie Awards, che nei panni di Aibileen tratteggia un fantastico ritratto di una donna vessata dalla vita ma che cammina a testa alta e trova il coraggio di reagire e di raccontare la sua storia.

The Help è un film toccante, divertente ed emozionante, che con grande equilibrio e dignità racconta di un periodo oscuro della storia dell’uomo, un periodo che è apparentemente finito grazie alla forza dei pochi che si sono opposti ai molti.

Posti in piedi in paradiso – Trailer Ufficiale

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Ulisse, Fulvio e Domenico sono tre padri separati costretti a versare quasi tutto quello che guadagnano per mantenere ex mogli e figli. Ulisse, già discografico di successo, vive nel retro del suo negozio di vinili ed ha una figlia, Agnese, che sta a Parigi con la madre Claire. Fulvio, ex critico cinematografico, scrive di gossip e risiede presso un convitto di religiose. Anche lui ha una bambina, di tre anni, che non vede quasi mai a causa del pessimo rapporto con l’ex moglie Lorenza. Domenico, in passato ricco imprenditore, si è riciclato come agente immobiliare, dorme sulla barca di un amico e, per mantenere ben due famiglie, fa il gigolò per signore di una certa età. Dopo un incontro casuale, i tre decidono di andare a vivere insieme per dividere le spese di un appartamento. Inizia così la loro convivenza e la loro amicizia e, dopo una serie di avventure tragicomiche, per i tre giunge il momento di fare i conti con le proprie responsabilità.

Nuova immagine di “Abraham Lincoln: Vampire Hunter”!

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Entertaiment Weekly ha pubblicato una nuova immagine per il film “Abraham Lincoln: Vampire Hunter”, ultima fatica del regista Timur Bekmambetov (Wanted).

Kate Winslet ritorna da Kenneth Branagh!

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Ofelia si riunisce di nuovo ad Amleto: a 16 anni dall’imponente “Hamlet” Kate Winslet, che aveva interpretato la fragile eroina nella tragedia Shakesperiana, tornerà a lavorare con l’attore e regista Kenneth Branagh, che aveva vestito i panni del tormentato principe di Danimarca nel Colossal del 96′ da lui stesso diretto.

L’occasione è il prossimo progetto da regista di Branagh, che abbandonato l’universo di “Thor” si prepara a portare sullo schermo “The Guernsey Literary and Potato Peel Pie Society”, adattamento del romanzo “La società letteraria di Guernsey” di Mary Ann Shaffer e Annie Barrows.

La storia, descritta da Branagh come una toccante e bellissima storia d’amore, è ambientata poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e narra della crisi creativa di una scrittice: alla ricerca di ispirazione, la donna scoprirà l’esistenza di una ritirata colonia su un’isola britannica, dove gli abitanti avevano cercato di sfuggire agli orrori della guerra immergendosi nello studio della natura e della lettura.

Le riprese del film inizieranno a marzo.

Tutti giù per aria

Questo documentario di Francesco Cordio, datato 2009, ripercorre le fasi salienti della vertenza Alitalia, dall’estate 2008 ad aprile 2009. È disponibile in dvd presso le librerie, ma Distribuzione Indipendente ci rende possibile ora vederlo nelle sale del suo circuito. L’idea nasce da Alessandro Tartaglia Polcini, cassintegrato Alitalia, e da altri suoi colleghi, che producono anche il lavoro assieme all’associazione culturale Cogito. L’obiettivo è proprio quello di far sentire forte e chiara la voce dei lavoratori della compagnia di bandiera italiana, che hanno visto in pochi mesi andare in fumo le proprie certezze e il proprio futuro.

Sleeping Around: di letto in letto: recensione del film

Un motivo conturbante ci cala nell’atmosfera tersa di Sleeping Around: di letto in letto. Uno sguardo fugace ma profondo nella vita di dieci persone che si sfiorano per poi ritrarsi nella solitudine esistenziale connaturata all’uomo, dalla quale sembra sempre più difficile fuggire, perché in fondo “tutto passa… è la legge del consumo”, come ci ricorda cinicamente Marcello (Dario Grandinetti).

Nello spazio di una metropoli qualunque, fredda e spersonalizzata, Sara, Marcello, Giovanni, Paolo, Beatrice, Elena, Lory, Ricky, Bed e Sonia condividono per un po’ la loro solitudine, senza per questo essere meno soli. Sleeping Around: di letto in letto, opera prima di Marco Carniti, nasce da un testo teatrale, ispirato a Girotondo di Schnitzler. Dato di fatto che non stupisce grazie alla costruzione solida, originale e piena della sceneggiatura, che riesce a non cadere nel banale, nonostante affronti un tema abbastanza inflazionato: l’impossibilità di amare.

La colonna sonora, sensuale e sospesa, si sposa perfettamente con il ritmo del film, lento ma pregnante e una fotografia gestita con grande maestria ed efficacia. Un modo di raccontare delle vicende  che, di fatto, non hanno né centro né narrativa che ricorda molto il kubrickiano Eyes wide shut, col quale condivide anche i principali nodi d’azione: la ricerca del senso  della vita e dell’amore attraverso il sesso.

Prodotto nel 2007, Sleeping Around: di letto in letto, nel 2008 e nel 2009, ha vinto numerosi premi e Festival. Molto apprezzato è stato poi il lavoro di Emita Frigato, la scenografa, che ha spiegato come abbiano cercato di restituire l’immagine di un luogo non riconoscibile, un non-luogo, per l’appunto, per rimarcare il senso di perdita d’identità che caratterizza tutti i personaggi. Un’intenzione che sembra perfettamente riuscita, in un’opera che, nonostante i connotati “futuristici”, racconta una storia vecchia e pur sempre attuale: l’uomo è solo per costituzione, eppure non basta a se stesso.

Prodotto da Buskin film e distribuito da Distribuzione indipendente, Sleeping Around: di letto in letto sarà nelle sale cinematografiche a partire dal 20 gennaio 2012.

ACAB – dal 27 Gennaio in sala

Il prossimo 27 Gennaio esce nelle sale italiane ACAB per la regia di Stefano Sollima. Il film è tratto dal libro del giornalista di Repubblica Carlo Bonini, che ha seguito le gesta della celere dai tempi del G8 di Genova, fino alle conseguenze dell’omicidio di Gabriele Sandri, il tifoso della Lazio ucciso da un colpo di pistola di un poliziotto in una stazione di servizio sulla strada per una trasferta, evento di alcuni anni fa che insieme agli altri aveva fatto spostare l’attenzione sull’uso della forza, e delle armi in dotazione, a volte in maniera spropositata dei tutori dell’ordine. Stefano Sollima, il regista della serie Romanzo Criminale, è alquanto adatto a portare sugli schermi il racconto della vita e carriera dei tre celerini Mazinga (Marco Giallini), Cobra (Pierfrancesco Favino) e Negro (Fillipo Nigro) che si trovano ad educare alle loro maniere il giovane Adriano appena arrivato nel loro reparto. Il film quindi sembra voler seguire lo stile che ha contraddistinto la serie tv, anche con il cast, in cui appare anche Andrea Sartoretti, Bufalo in Romanzo Criminale e anche dallo stile di ripresa: macchina a mano, linguaggio diretto, scene anche molto dirette e crude. E vedremo anche se il punto di vista del film prenderà una posizione rispetto al racconto. Interessante anche il tipo di promozione che la pellicola sta avendo, improntata molto sul social network, con una pagina Facebook e addirittura un profilo twitter.

Benvenuti al Nord: recensione del film di Luca Mieniero

L’uscita al cinema di Benvenuti al Nord ha dato così tanto ossigeno ai botteghini italiani che era matematico, dopo i primi dati positivi legati agli incassi del film, che si pensasse ad un sequel ‘al contrario’.

In Benvenuti al Nord Luca Mieniero e la sua banda ci hanno infatti pensato bene, insieme alla Medusa e alla Cattleya, e così eccoci arrivati a Milano, con Benvenuti al Nord, sequel ideale in cui Mattia Volpe (Alessandro Siani) è costretto a trasferirsi su a Milano a lavorare nell’ufficio postale diretto dall’amico Alberto Colombo (Claudio Bisio) che sta attraversando un brutto periodo, sia a lavoro che a casa con la moglie (Angela Finocchiaro). Se la premessa di Benvenuti al Sud era il pregiudizio di Alberto verso il sud, qui si parte da un punto di vista diverso: Mattia, costretto ad andare a Milano, ha già conosciuto Alberto che si è rivelato un buon amico, per cui non ha alcun tipo di pregiudizio. Tuttavia il suo capitare al posto sbagliato nel momento sbagliato gli faranno ripensare con un po’ di tristezza al suo caro amico conosciuto nel piccolo ufficio postale di Castellabate.

Benvenuti al Nord, il film

Così come nel primo film l’ago della bilancia pendeva su Bisio, straniero in terra straniera, qui la situazione si capovolge, e così Siani diventa il protagonista, sempre sottilmente comico anche solo nei suoi sguardi da ragazzino che si adattano così bene all’immaturità cronica di Mattia. Miniero dipinge con la sua mano leggera una città grande e veloce, riuscendo a realizzarne un ritratto palpitante e divertente di una coppia di uomini che, in balia di se stessi e senza la guida delle proprie compagne, rischiano di perdersi, o peggio, di morire di fame.

La carta vincente di Benvenuti al Nord è senza dubbio la sua originalità, perché se da un lato la struttura base è esattamente come ce la aspettiamo, avendo visto Benvenuti al Sud, dall’altro dettagli e piccole finezze ne fanno un film autonomo e godibile, abilmente scritto e sicuramente ben interpretato da una coppia comica che ha trovato qui il suo stato di grazie. Come sempre succede, anche qui i comprimari fanno la differenza: anche se in ruoli un po’ sacrificati a nome della sceneggiatura, Giacomo Rizzo, Nando Paone e Nunzia Schiano sono dei grandissimi attori, con una storia professionale alle spalle che trasuda da ogni divertente smorfia che ci propongono sullo schermo.

Sicuramente Benvenuti al Nord non è una perla del cinema, ma è un prodotto buono, con una certa dignità, e sicuramente di un livello superiore rispetto alla valanga di commedie italiane che nell’ultimo anno hanno invaso i cinema del nostro Paese.

Luca Miniero e cast si trasferiscono a Milano e presentano Benvenuti al Nord

Miniero, Bisio, Siani, Lodovini, Tozzi, Letta, Rossella. C’erano proprio tutti questa mattina alla conferenza stampa di presentazione di Benvenuti al Nord, commedia tutta italiana, sequel del remake (!) di Giù al Nord di Dany Boon. Il primo ad intervenire è Gianpaolo Letta che irferisce i numero di copie in cui uscirà il film il prossimo 18 gennaio: più di 800, un numero da capogiro per il film più atteso dal grande pubblico per la stagione italiana 2012.

Sette opere di misericordia: la conferenza stampa

Sette opere di misericordia è stato proiettato in anteprima il 12 gennaio alla Casa del Cinema di Roma. A seguire, una conferenza stampa che ha visto coinvolti il produttore, i registi e parte del cast. A chi li ha paragonati ai Fratelli Dardenne, i simpatici e giovanissimi gemelli torinesi rispondono di non essersi ispirati a loro poiché

Sette opere di Misericordia: recensione del film

Degrado, misericordia, compassione e la ricerca di un’identità chiedono asilo ad una periferia che solo un ponte divide dalla città. La zona liminare, il non-luogo magnificato da Pasolini e dai filosofi degli anni Zero, diventa teatro di una storia di redenzione che non viene raccontata da un ‘narratore onnisciente’, distaccato o auto-compiaciuto ma da una formica che procede insieme alle altre e che rende Sette opere di misericordia dei giovanissimi fratelli Gianluca e Massimiliano De Serio, un film capace di imprimersi nella mente dello spettatore e di stupire anche grazie alla delicatezza ed all’estrema eleganza di un finale che si perde nel sole di un paesaggio tutto uguale, osservato dai finestrini sporchi di un autobus.

In Sette opere di misericordia Luminiţa è una ragazza moldava che trascorre la sua esistenza fra la baraccopoli della periferia torinese di Falchera e l’ospedale in cui ruba tutto quello che le permette di tirare avanti e di evitare le violenze dei suoi aguzzini. Un giorno la ragazza si imbatte in Antonio, un anziano signore silenzioso, solitario e malato, e cercherà, tramite un impietoso scontro con questa enigmatica figura, di sfuggire alla miseria a cui sembra fatalmente avvinta. L’estrema importanza che i registi riservano ad azioni quotidiane che soppiantano i dialoghi, è l’elemento che rafforza l’aura spirituale del film e che contraddistingue sia il titolo, riferimento alle opere di pietas corporale che un cristiano, secondo la Chiesa Cattolica, dovrebbe affrontare nella sua vita, sia i cartelli che segmentano la diegesi. All’inizio queste scritte che riportano i sette corollari – dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti – sono usati in una valenza quasi ironica o grottesca, e man mano che la storia raggiunge il suo acme, l’ironia scomparirà per cedere il posto a quella che i registi stessi definiscono una ‘tensione esisitenziale’.

Sette opere di Misericordia prodotto da Alessandro Borrelli e la Sarraz Pictures, uscirà in quindici copie nelle sale italiane il 20 Gennaio prossimo e vede la partecipazione di Roberto Herlitzka, Olimpia Melinte, Ignazio Oliva, Stefano Cassetti e Cosmin Corniciuc. Sette opere di misericordia è già stato insignito del primo premio della giuria al Festival Du Film Italien De Villerupt, del Don Quijote al festival di Locarno, del premio Navicella – Cinema Italiano, assegnato dalla Fondazione Ente dello Spettacolo e dalla Rivista del Cinematografo e di molti altri riconoscimenti, e fra Ottobre e Dicembre, è stato invitato a partecipare a diciotto festival cinematografici, fra cui il Torino Film Festival, il Festival del Cinema Italiano di Madrid ed il London Film Festival.

Il Sentiero: recensione del film di Jasmila Žbanic

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Dopo un lungo girovagare in giro per il mondo, Il Sentiero esce finalmente nelle sale italiane grazie alla casa di produzione Fandango. Il film ha partecipato al Festival di Berlino 2010, gareggiando per l’Orso d’Oro. Il Festival Internazionale del Film di Roma dello stesso anno ha accolto l’opera della regista e sceneggiatrice Jasmila Žbanic, considerandola una dei più interessanti talenti europei emergenti. Il Sentiero racconta la storia di una giovane coppia bosniaca, Luna e Amar, che dopo aver attraversato gli anni duri della guerra, tra perdite e traumi, sembrano vivere serenamente la loro storia d’amore. Luna fa la hostess e Amar è un controllore di volo, si amano con passione e vivono appieno le gioie della loro gioventù.

L’etica della religione musulmana non fa parte delle loro vite: Amar beve alcolici e fuma. Un giorno beccato a bere alcolici sul posto di lavoro l’uomo viene sospeso. Sarà l’incontro con un suo vecchio compagno di guerra, ora totalmente osservante della dottrina islamica, a fargli cambiare totalmente vita, portandolo “sul sentiero” opposto a quello di Luna. La donna si confronterà con una comunità fin troppo conservatrice di cui Amar, ora, è parte integrante.

Jasmila Žbanic, il film

La regista, Jasmila Zbanic in Il Sentiero, pone l’attenzione sulla crescita mentale e spirituale che portano la coppia verso due differenti sentieri della vita, dove non sembrano avere più alcun punto in comune. L’amore può non bastare a risolvere i problemi, soprattutto quando non si ha più la stessa visione della vita. Jasmila Žbanic compie un passo ulteriore: attraverso i normali problemi di coppia, mostra praticamente a cosa porta l’osservazione conservatrice/estremista del credo musulmano. Quando la cieca ubbidienza ad una religione viene spinta agli estremi si verificano situazioni difficili.

Lo si nota, in particolare, nella sequenza in cui Luna fa il bagno nel lago, si avvicina troppo alla sezione maschile e viene subito fermata da alcuni uomini. Questi le intimano verbalmente che non può stare lì, che deve tornare indietro, che non è posto per lei, che potrebbe essere vista. Sotto i riflettori viene posto il ruolo che ricopre la donna in una società maschilista, in cui le viene negata la libertà, che oggi tutti crediamo di avere: la libertà di esprimere il proprio pensiero, la libertà di movimento e la libertà di essere donna.
In più Il Sentiero racconta il passaggio da un cammino, che un uomo intraprende nella vita, fino ad un altro completamente opposto.

Nelle scelte di Amar non c’è una via di mezzo, passa dall’essere completamente sordo al proprio credo religioso, dal completo disinteressamento verso l’Islam all’ascoltarlo troppo, al non considerare altro. Tutto per lui diventa peccato e il suo vecchio stile di vita, accanto alla donna amata, non è più accettabile. Jasmila Žbanic ha saputo abilmente raccontare una storia, dove è facile riconoscersi e che ci aiuta a  renderci conto di come la donna sia ancora troppo sola e soggiogata. Il Sentiero è un film che arriva dritto al cuore anche grazie al lavoro dell’attrice protagonista Zrinka Cvitešic è bravissima nel mostrare tutte le suggestioni che prova il personaggio di Luna, dimostrandosi un talento che va tenuto d’occhio e valorizzato.

Moonrise Kingdom – Trailer Ufficiale

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Il primo trailer ufficiale del film “Moonrise Kingdom” di Wes Anderson, con Bruce Willis, Frances Mcdormand, Tilda Swinton, Edward Norton e Bill Murray.

The Help – Intervista al regista Tate Taylor e dell’autrice Kathryn Stockett

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Arriva l’intervista dal set di Tate Taylor e Kathryn Stockett, rispettivamente regista e autrice del romanzo di The Help. The Help è una storia drammatica, ambientata a Jackson, nel Mississippi dei primi anni Sessanta ed esplora i temi del razzismo e del perbenismo di facciata delle famiglie del Sud. In questo video l’autrice ed il regista parlano di come sono nati il romanzo ed il film The Help. Dal 20 gennaio 2012 al cinema. Grande cast: Emma Stone, Viola Davis, Octavia Spencer, Jessica Chastain, Bryce Dallas Howard.

ACAB (All Cops Are Bastards) – Full Trailer

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Il trailer ufficiale del film “A.C.A.B. (All Cops Are Bastards)” di Stefano Sollima, con Pierfrancesco Favino, Filippo Nigro, Andrea Sartoretti e Marco Giallini. Ulteriori info nella nostra Scheda-Film

Elizabeth Olsen a fianco di Daniel Radcliffe in Kill Your Darlings

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Già da qualche mese si parla di Kill Your Darlings, il nuovo passo della carriera post-potteriana di Daniel Radcliffe, che vedrà l’attore inglese vestire i panni di Allen Ginsberg, uno dei principali esponenti della beat generation. Il cast del film si sta ora completando, con la partecipazione di Dane DeHaan, Jack Houston e soprattutto Elizabeth Olsen, che si è fatta recentemente apprezzare per i suoi ruoli in Silent House e in Martha, Macy, May, Marlene (in italiano La fuga di Marta, presentato nel 2011 al Sundance e a Cannes e atteso in febbraio sugli schermi italiani).

La Olsen è peraltro la sorella minore delle più famose gemelle, ma al momento sembra aver mostrato ben altre doti di attrice. Kill Your Darlings non è un biopic propriamente detto, concentrandosi piuttosto su un episodio ben preciso della vita di Ginsberg, Jack Kerouac e William Burroughs: quello della morte dello studente universitario David Kammerer, della quale si assunse la responsabilità Lucien Carr, altro componente del loro gruppo. Burroughs e Kerouac vennero arrestati per aver tentato di coprire lo stesso Carr; il primo fu liberato su cauzione  dal padre; a favore di Kerouac intervenì la sua compagna, la  studentessa Edie Parker, che lui sposò mentre si trovava carcere. Elizabeth Olsen interpeterà proprio la Parker. Dane DeHaan, che interpeterà Carr, sarà presto sugli schermi col supereroistico Chronicle, mentre Jack Houston (Kerouac) è giusto alla notorietà col ruolo di Richard Harrow in Boardwalk Empire. Il film sarà diretto da John Krokidas; l’inizio delle riprese è previsto per marzo.

Fonte: Empire

James Franco sarà Robert Mapplethorpe

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Nuovo progetto per James Franco, che continua ad essere uno degli attori più richiesti di Hollywood, col suo nome continuamente accostato a nuove produzioni, ultimo in ordine di tempo: il biopic sul celebre fotografo Robert Mapplethorpe. Rimasto famoso per i suoi ritratti, spesso nudi, in bianco e nero, durante la sua carriera Mapplethorpe è stato spesso al centro di polemiche, sulla censura e sul finanziamento pubblico delle arti.

Celebri sono rimaste soprattutto le foto di artisti e musicisti, come Andy Warhol, Debbie Harry, Grace Jones e Patti Smith, che usò proprio una foto di Mapplethorpe per l’artwork del suo album Horses. Mapplethorpe morì nel 1989, a seguito di complicazioni dell’AIDS; poco prima della sua morte, fondò la Robert Mapplethorpe Foundation, che ha promosso il suo lavoro in giro per il mondo, raccogliendo milioni di dollari di donazioni per la lotta all’AIDS. Di un film incentrato sulla vita del fotografo si parla già da un paio d’anni: a conquistarne i diritti è stata l’attrice (e da qualche tempo anche produttrice) di origine albanese Eliza Dushku (nota soprattutto per la sua partecipazione a varie serie televisive); per il ruolo di Mapplethorpe si era inizialmente parlato del fratello della stessa Dushku, Nate, ma in seguito ci si indirizzati verso Franco; a dirigere il film dovrebbe essere Ondi Timoner, fino a oggi noto soprattutto per i suoi documentari. La data di inizio delle riprese non è ancora stata decisa.

Fonte: Empire

Critics’ Choice Movie Awards: trionfa The Artist!

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Arrivano i primi premi della stagione appena iniziata, quella che porterà agli Oscar 2012. Infatti, la Broadcast Film Critics Association ha annunciato i vincitori dei Critics’ Choice Movie Awards, il premio annuale della più ampia associazione di critici americani e canadesi, che riunisce oltre 250 tra i più importanti critici di televisione, radio e internet.

Superman Man of steel: foto dal set catastrofico!

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Le riprese di Man of Steel sono entrate nel vivo in Canada. Infatti, da quanto si evince da queste nuovissime foto rubate dal set sono anche molto catastrofiche. La foto arriva direttamente dalla pagina facebook dei fan del film:

Vi ricordiamo che L’Uomo d’Acciaio è uscito negli USA il 14 giugno 2013, e da noi il 20 giungo. Nel cast oltre a Henry Cavill e Russell Crowe ci sono anche Amy AdamsDiane Lane,  Kevin Costner, Laurence Fishburne, Michael ShannonL’uomo d’Acciaio è diretto da Zack Snyder.

Tutte le info utili nella nostra Scheda Film: L’Uomo d’Acciaio. Tutte le news nel nostro speciale: Superman: Man of steel

Tim Burton – Intervista su i suoi prossimi film!

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In una interessantissima intervista concessa a MTV.com il regista Tim Burton si confessa su i progetti futuri in uscita nel  2012: Frankenweenie e Dark Shadows, e il film da lui prodotto Abraham Lincoln: Vampire Hunter

Il Cavaliere Oscuro il ritorno: altre foto in anteprima!

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Arrivano nuove immagini del Cavaliere Oscuro il ritorno, sequel del fortunatissimo Il Cavalere Oscuro, nonché attesissima chiusura della Saga targata Christopher Nolan. Le foto accompagnate da alcuni dettagli sul film arrivano questa volta da Entertainment Weekly che dedica un grosso articolo al regista Christopher Nolan:

Dall’articolo comparso sulla rivista sono emersi alcuni dettagli preziosi che però per molti potrebbero rappresentare degli Spoiler quindi fate attenzione nel leggere:

Come sappiamo, il Cavaliere Oscuro – il Ritorno inizierà 8 anni dopo la fine del secondo film. Bruce Wayne si sta ancora riprendendo fisicamente e psicologicamente dalle vicende legate a Joker e a Due Facce.

La Batcaverna farà il suo ritorno nel film. Stesso dicasi per la cascata, il lago e un nuovo piano comandi di plastica che emerge dall’acqua premendo un bottone. Bruce Wayne dovrà recuperare il legame con Alfred e Lucius Fox, che evidentemente negli anni era andato deteriorandosi.

Riguardo le polemiche sulla voce di Bane, questo spiega Christopher Nolan:

Penso che quando la gente vedrà il film metterà a fuoco tutti gli elementi. Bane è un personaggio complesso e interessante, e quando la gente vedrà il film lo riuscirà a seguire.

Christian Bale commenta il fatto di indossare il costume di Batman per l’ultima volta:

L’ultimo giorno con il costume di scena è stato anche l’ultimo giorno di riprese per me. Ero a New York, in cima a un grattacielo downtown. Il giorno era iniziato con Morgan Freeman ed è finito con Anne Hathaway. Ho dovuto dire addio da dentro il cappuccio di Batman.

Vi ricordiamo che il film uscirà in Italia il 29 agosto 2012. Il cast comprende  Anne Hathaway, Christian Bale, Gary Oldman, Joseph Gordon-Levitt, Juno TempleMarion Cotillard, Matthew Modine, Michael Caine, Morgan Freeman, Tom Conti, Tom Hardy.

Per ulteriori info vi segnaliamo la nostra scheda-film

Fonte: EW via Badtaste che ha tradotto le dichiarazioni.

Locarno 2012: Retrospettiva Otto Preminger!

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Il Festival presenterà l’intera opera cinematografica del regista: una quarantina di pellicole che saranno proiettate nelle migliori copie disponibili in 35mm. Come per la retrospettiva dedicata a Ernst Lubitsch (2010) e quella a Vincente Minnelli (2011), le proiezioni saranno accompagnate da presentazioni di cineasti, attori e critici cinematografici presenti a Locarno.

The Tomb: forse Schwarzy ci sarà!

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Novità sul thriller The Tomb: sembrava che, dopo il reclutamento di Sylvester Stallone per il ruolo di protagonista, Arnold Schwarzenegger, anch’egli

L’ASC annuncia le nominations per la miglior fotografia del 2011

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La American Society of Cinematographers ha annunciato i candidati in lizza per ricevere il Best Cinematography Award 2011. Queste

Lovelace: Debi Mazar e Cory Hardrict nel cast!

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Debi Mazar e Cory Hardrict entrano nel cast di Lovelace, biopic sulla vita della pornstar Linda Lovelace (1949-2002) diretto da Rob Epstein e Jeffrey Friedman; nel ruolo della protagonista ci sarà Amanda Seyfried. Debi Mazar, che vanta l’interpretazione di una miriade di personaggi secondari sul grande come sul piccolo schermo, vestirà i panni di Dolly Sharp, la Jenny di Gola Profonda. Cory Hardrict (World Invasion: Battle Los Angeles) vestirà invece i panni del famoso DJ radiofonico Frankie “Hollywood” Crocker. Le riprese del film, scritto da Merritt Johnson e Andy Bellin, sono già in corso a Long Beach, Los Angeles.

Fonte: Movieweb

Isabelle Fuhrman nel cast di After Earth

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Isabelle Fuhrman (Orphan) entra nel cast del fantascientifico After Earth, diretto da M. Night Shyamalan, scritto da Gary Whitta e targato Columbia Pictures. After Earth  racconterà la storia di un padre e un figlio, rispettivamente interpretati da Will Smith e dal figlio Jaden, i quali, a causa di un’avaria, sono costretti ad atterrare sulla Terra mille anni dopo che il genere umano ha abbandonato il pianeta.

Isabelle Fuhrman interpreterà Rayna, un’amica del personaggio del piccolo Smith. Il mese scorso, il cast ha registrato gli ingressi di Zoe Kravitz e Sophie Okonedo: saranno la figlia e la moglie di Will Smith. Le riprese inizieranno a marzo, con location in Utah e Pennsylvania. After Earth, inizialmente intitolato 1000 A.E., sarà nelle sale nel 2013.

Fonte: Movieweb

Robert Rodat riscriverà Thor 2

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Dopo aver recentemente trovato un nuovo regista per Thor 2 nella persona di Alan Taylor – il trono era stato lasciato vacante da Patty Jenkins

L’incredibile storia di Winter il delfino: recensione

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Il prossimo 13 gennaio preparatevi ad accogliere nei vostri cuori L’incredibile storia di Winter il delfino, una storia vera, una fiaba tanto commovente quanto realistica, capace di avvolgere lo spettatore in un turbinio di emozioni uniche e spingerlo, infine, a guardare al mondo con occhi diversi.

In L’incredibile storia di Winter il delfino  Winter, magistralmente interpretato dal delfino Winter nella parte di se stesso, dopo essere rimasto impigliato in una trappola per granchi viene tratto in salvo e trasportato al Clearwater Marine Hospital. Qui, gravemente ferito, viene assistito dal Dr. Clay Haskett che, pur a malincuore, si ritrova costretto ad amputare la coda del povero esemplare. Ma per Winter l’amputazione è solo l’inizio di una lunga lotta. Una lotta contro la diversità,  la disabilità, una lotta estenuante per la vita. Senza coda il destino di Winter sembra ormai segnato.

Sara così soltanto l’amicizia di Sawyer, bambino timido e dalla grande bontà d’animo, con la sua determinazione ed il suo coraggio, a strappare via Winter dall’abisso del dolore e della solitudine. Grazie all’intervento del Dr. Cameron McCarthy, Sawyer riuscirà a compiere un vero e proprio miracolo, regalando al delfino un nuovo felice epilogo. Con una protesi appositamente studiata Winter tornerà infatti a nuotare, a giocare, ma soprattutto a vivere.

Oggi il vero Winter è diventato per milioni di persone il simbolo della speranza. Il tema della disabilità, che nel film emerge in primo piano con quello dell’amicizia straordinaria tra uomini e animali, si sposa perfettamente con quello della rinascita e di una ritrovata libertà. Ed ecco che allora, quando valicare limiti, spesso autoimposti, diventa qualcosa di realizzabile, la disabilità si tramuta in null’altro che in un’effimera etichetta.

Perché in fondo si può essere liberi e “illimitati” anche in un corpo diverso, perché dopotutto una via c’è sempre. Basta saperla cercare.

Il cast de L’industriale assieme a Giuliano Montaldo per raccontarci la crisi

Conferenza stampa affollata alla Casa del Cinema per la presentazione de L’industriale, ultimo lavoro di Giuliano Montaldo, che sarà nelle sale italiane da venerdì 13 gennaio, distribuito in 85 copie. Presenti i protagonisti, Pierfrancesco Favino e Carolina Crescentini, ma anche Elisabetta Piccolomini, Francesco Scianna, Elena Di Cioccio, Gianni Bissaca, lo sceneggiatore Andrea Purgatori, il produttore Angelo Barbagallo, e Paolo Del Brocco di Rai Cinema che coproduce la pellicola e la distribuisce con 01 Distribution.

Montaldo dimostra con questo film che il suo sguardo su quello che avviene in Italia e nel mondo non si è mai affievolito e continua a essere interessante e di forte attualità

Giuliano Montaldo: “Quando abbiamo pensato questo film, un po’ di anni fa, (…) non era così: c’era un mare in burrasca, ma non c’era certamente lo tsunami che adesso ha colpito tutta Europa e non solo. Adesso la situazione è grandemente peggiorata”. Riassume la trama del film (che vede protagonista Favino nei panni di Nicola Ranieri, industriale travolto dalla crisi che rischia di veder fallire l’azienda che ha ereditato, creata dal padre, ex operaio, assieme ai suoi compagni di lavoro. Crisi che diventa presto esistenziale e travolge il suo rapporto con la moglie Laura/Carolina Crescentini, facendo emergere il lato peggiore di lui). Poi torna a parlare di come la realtà oggi vada oltre la finzione e questa crisi sia più difficile da risolvere di tante altre nel passato: “(…) Stiamo leggendo ogni giorno cose terribili. Io continuo a non capire. Leggo sui giornali: oggi hanno bruciato 200 miliardi, ma chi è il piromane? Dov’è il fumo? Perché non arrivano i pompieri? Non lo so.” “Una volta ce la sbrigavamo da soli, era l’Italia, se la zecca ti dava un po’ più di soldi (…), poi magari con qualche piccolo sacrificio, si rimettevano a posto le cose.” Mentre oggi la crisi è europea: “Ma il cerino sta bruciando anche nelle nostre mani, ci stiamo scottando tutti. È chiaro che in un periodo come questo, com’è accaduto al nostro industriale, Ranieri, nel film, accade che le banche chiudono gli sportelli, che gli usurai sono pronti a divorare chi ha bisogno di aiuto.”

A Crescentini e Scianna: cos’ha rappresentato per voi lavorare con un maestro come Montaldo? Come avete lavorato sul personaggio? Cosa vi ha dato? Anche a Favino, parlaci del ruolo di questo industriale.

Carolina Crescentini per questa sua seconda esperienza  con Montaldo parla di “gioia infinita” e aggiunge che “il suo set è assolutamente speciale. C’è una concentrazione, un’ironia, una semplicità che non si trovano facilmente”. Riguardo al suo ruolo spiega: “Il mio personaggio era una donna in crisi, che compiva anche delle azioni sbagliate, perché era confusa.” E sul metodo di lavoro: “Mi sono dovuta far travolgere dalla sua crisi e soprattutto ho dovuto smettere di giudicarla. Infatti, il primo istante è stato di giudizio e non riuscivo a capire alcune azioni: anche questo interesse per Gabriel, in realtà è il risultato della confusione, del provare a essere vista da qualcuno, provare a sentirsi leggera o speciale. Quando ho gettato l’ascia del giudizio siamo entrate in contatto, ed è stato bello. Chiaramente mi ha lasciato con un po’ di bruciature che poi pian piano si sono risanate.”

Entusiasta anche Francesco Scianna, che del lavoro col maestro dice: “La cosa che ho percepito ancora di più lavorando con lui è che la cultura e la conoscenza sono anche leggerezza (…). Essere diretti da un grande maestro è fondamentale, perché riesci a entrare in profondità nel lavoro, nella conoscenza del personaggio, e anche nel gioco di lasciarsi andare all’istinto, ma con la sicurezza (…) che dietro la macchina da presa c’è una figura che conosce bene i meccanismi dell’interpretazione e del racconto” Questo, dice,  “è un regalo bellissimo” ricevuto da parte di Montaldo. Riguardo al personaggio: “E’ stato bello per me perché è nuovo rispetto a quelli che ho interpretato finora” soprattutto, aggiunge, è stato bello poter “lavorare su un personaggio doppio, che fa i propri interessi a discapito del suo cliente. (…) Non lo stimo come professionista, però non l’ho giudicato mentre lavoravo, semplicemente mi ci sono abbandonato”

Pierfrancesco Favino: “Io sono stato rapito da Giuliano il giorno in cui, incontrandolo a casa sua, dopo aver iniziato a parlare del film (…) e a un certo punto mi offre un caffè  – che fa lui e di cui è orgogliosissimo (…), è il nostro Clooney… – mi porta nel bagno di servizio e mi dice: ‘Alla fine del nostro lavoro, tu finirai qui’. Perché lui ha tutte le sue locandine in bagno, e questo la dice lunghissima sulla leggerezza e la serietà di cui parlava prima anche Francesco. Io sono stato rapito da questa cosa qua e sono molto, molto orgoglioso, per chiunque di voi che avrà occasione di mingere in casa Montaldo, di trovare il mio faccione lì.”   

Questo film ci riporta alla tradizione del grande cinema italiano di racconto della nostra società, di denuncia, che ci fa pensare ai toni di Una vita difficile, o altri grandi film. Perché in Italia per così tanto tempo non abbiamo avuto cinema di questo tipo? Quanto è difficile realizzarlo? Potrebbe tornare ora? Una considerazione sul “cinema della crisi”, che è anche, come in questo film, crisi esistenziale: cosa succede alle persone nella crisi?

G.M.: “Di crisi ne ho viste tante” Racconta, specie nel cinema, dove già si parlava di crisi ai tempi dei suoi inizi come attore, nel 1950. Ma, “il cinema italiano ce l’ha fatta, ha superato molte crisi, si è inventato di tutto, s’è inventato il western all’italiana, ha inventato i film che Tarantino considera dei capolavori”. Tuttavia, dei problemi pratici si pongono, come quello di trovare produttori e distributori disponibili ad investire in progetti di questo tipo. E a tal proposito Montaldo dice: “Dobbiamo dire grazie (…) a Rai Cinema e a 01 Distribution che tiene alta questo tipo di qualità, devo dire grazie a un produttore come il mio amico Angelo Barbagallo, che ha detto sì subito ad un’impresa che all’inizio poteva essere disperante.” E ricorda come non fosse facile neanche in passato: “C’ho sempre messo tre, quattro anni a convincere qualcuno a fare dei film” Anche per Sacco e Vanzetti, a proposito del quale, racconta, qualcuno che non voleva produrlo disse: “Che è ‘na ditta de import-export? (…)”. Rivendica poi le sue scelte ribadendo: “Ho scelto imprese difficili, però volevo raccontare la mia insofferenza per l’intolleranza, l’ho raccontata con questi film”.

Ci metti un po’ per fare i film, quindi non potevi avere già in tasca tutto quello che è successo negli ultimi anni (per esempio Pierfrancesco sembra uno di quegli imprenditori che si sono suicidati ultimamente). Come sei andato a pescare qualcosa che non era ancora successo, come l’hai trovato?

G. M. “Nel film c’è una scena con una fabbrica occupata (…). Volevamo cercare una fabbrica occupata vera (…) a Pinerolo, ma di andare nelle fabbriche dismesse, occupate o in crisi non ce la siamo sentita, allora chiedemmo l’autorizzazione ad una fabbrica in funzione, una delle poche a Pinerolo che aveva un grande successo. Nella notte il nostro (…) scenografo (Frigeri), si mise a lavoro, mettendo striscioni (….), fotografie dei figli, scegliendo gli operai uno per uno, truccati eccetera … E’ scoppiato un casino che non immaginate: la gente è arrivata, gruppi di persone disperate (…). Abbiamo dovuto dire: è cinema. Questo accade quando la finzione diventa realtà. La crisi c’è. È profonda ed è drammatica: quel giorno abbiamo dovuto quasi abbracciare persona per persona, per rassicurarli che i familiari fossero dentro a lavorare”.

A Pierfrancesco, una  considerazione “critica”: hai fatto Cosa voglio di più e L’industriale, che secondo me hanno tantissimo a che vedere l’uno con l’altro, perché entrambi raccontano la precarietà di un mondo come il nostro, il momento di difficoltà che poi si tramuta in una precarietà sentimentale assoluta. Mi faceva piacere una tua riflessione su questo.

P. F. “Io di mestiere faccio l’attore e quello che le storie raccontano è quello che capita alle persone (…). Sicuramente siamo colpiti contemporaneamente nelle tasche ma forse più gravemente, almeno dal mio punto di vista forse un po’ ideologico, nella nostra emotività. E questo è quello di cui non si parla mai, fino a quando non si arriva ai gesti di cui si parlava prima.” E a proposito di questo ritardo nell’affrontare certi temi, ricorda che già nelle cronache di cinque anni fa c’erano casi di imprenditori, fabbriche e lavoratori in difficoltà. ma in quanto attore, afferma di non essere interessato “alla storicizzazione o alla politicizzazione degli eventi” “A me interessa sapere che cosa accade ad un uomo. In questo caso, o nel caso di Cosa voglio di più, accade che [la situazione economica e sociale] influisce enormemente su quello che puoi sentire, addirittura su quello che tu puoi permetterti, in alcuni casi, di sentire.” Ma sottolinea anche come a risentire di questa crisi, di questa precarietà, non siano solo i quarantacinquenni come Nicola, protagonista del film: “Trovo che si parli sempre poco di quello che succede tra i 18 e i 25 anni, quando le persone si iniziano a formare un’identità attraverso il lavoro”. “Dal punto di vista propulsivo per una società, togliere a (…) questi ragazzi la possibilità di sentirsi integrati (…) è molto grave, (…) e le conseguenze si raccolgono dopo”. Descrive poi il personaggio di Nicola come “un uomo che (…) usa una virtù nel lavoro, che è la sua tenacia. La stessa virtù nel lavoro, nell’ambito familiare, pratico, diventa il suo difetto, la sua condanna.” E aggiunge: “Ora, una riflessione su quello che è significato in questi ultimi vent’anni l’aggressività, l’arroganza come aspetto vincente dell’essere umano, in particolare maschile, (…) secondo me va fatta. Credo che sotto questo film ci sia tutto questo, e che sia meravigliosamente lasciato dall’intelligenza di Giuliano e di Andrea (Purgatori ndr) a una deriva di fiction.” E su un aspetto fondamentale del personaggio di Nicola, la solitudine, precisa: “Una emozione che sente moltissimo chi si trova in una situazione del genere, è la solitudine, è il fatto di pensare che il mondo gli si rivolti contro, solo a lui. Vedere rappresentato in un film questo, è qualcosa che non dico dia speranza, ma ti fa pensare che non sei solo,  perché quando hai i debiti, pensi che (…) ci sia una scatola che ti si sta chiudendo intorno e nessuno lo capisce, che sei solo, che sei abbandonato a te stesso.”, rivendicando anche l’utilità del cinema in questo senso: “Vedere tutto ciò rappresentato in un film, ora che sembra che si possa parlare di crisi, (…) credo che abbia un valore molto importante. (…) Secondo me, fa bene, perché ti fa capire che ci sono altri nella tua stessa condizione. Negarlo e dire: il pubblico vuole ridere e basta, secondo me è sbagliato”.

Andrea Purgatori: “(…) Io venerdì sarei molto felice se Passera e Monti andassero all’Adriano a vedere questo film, perché se è vero che il cinema italiano riesce o riprova a raccontare questo paese, è anche vero che chi guida questo paese forse può avere un punto di vista, una intuizione, un suggerimento, una suggestione da una storia che, pur essendo di cinema, può aiutarli ad avere uno sguardo più ampio di quello che si può avere all’interno di una stanza, per quanto possa essere grande la stanza di Palazzo Chigi. Mi auguro che Monti e Passera vadano a vedere questo film anche per un altro motivo: (…) domenica Monti è andato da Fazio (Fabio Fazio, conduttore di Che tempo che fa ndr), riconoscendo in qualche modo al servizio pubblico la capacità di poter spiegare ciò che la politica in questo momento drammatico sta facendo, dando alla televisione pubblica un riconoscimento di elemento strategico, fondamentale nella vita di un paese. Se vanno al cinema a vedere questo film, ma non solo questo, forse danno anche al cinema un riconoscimento di elemento strategico nella conservazione, nello sviluppo e nel mantenimento della cultura italiana,  e della nostra capacità di raccontare”.

Com’è nata l’idea di questo “quasi bianco e nero”, di raccontare questa storia con questo stile che le dà una drammaticità, una forza particolare?

G. M.: “Normalmente, finita la sceneggiatura, faccio degli appunti (…), un’analisi di quello che è scritto in sceneggiatura per dare ai collaboratori degli elementi ulteriori. (…) Tra i primi appunti c’era scritto: ‘Questo film io lo penso, lo vedo, lo sogno in bianco e nero. So che è una provocazione, che sarà molto difficile arrivarci, ma non riesco a immaginarlo che così (…), una storia che non ha colore, il colore è fuori scena’. Devo dire che, quando il direttore della fotografia Arnaldo Catinari mi ha portato a Cinecittà, mi ha detto: ho una sorpresa per te (…. E mi ha cominciato a far vedere queste immagini desaturate con questa nuova tecnologia (…). È cominciato lì il passaggio. (…) Quando anche il nostro produttore è venuto a vedere questo esperimento, l’ho visto subito aderire, come anche Rai Cinema, a questa idea.” Mentre, riguardo a personaggi come il banchiere presente nel film (interpretato da Roberto Alpi), che approfittano delle disgrazie altrui per fare profitti, dice senza mezzi termini: “Ma che sciacalli!”, e aggiunge: “Non si deve dire: approfitti di chi è in mezzo ai guai, così lei fa un affare. È sciacallaggio. Come si chiama? Portatemi altri nomi e io sarò felice di ascoltarli.”

Il contrasto “caldo-freddo” di cui si parla nelle note di regia, e che emerge durante tutto il film, è anche legato al concetto di vergogna? Come avete lavorato a questo aspetto e in generale alla sceneggiatura per arrivare a un risultato così buono?

A.P.: “Innanzitutto, Giuliano Montaldo, grande autore del nostro cinema, è (…) tra i pochi che hanno profondo rispetto per la scrittura di un film. (…) Non solo ha rispetto per chi scrive il film, ma ha anche la capacità e la lungimiranza di capire che se non si fa imprigionare dall’essere semplicemente coautore della sceneggiatura, può accettare di andare molto oltre e di migliorarla. Questa è una qualità rara nel nostro cinema, dove invece stranamente, ci si sente autori solo se si fa tutto: si scrive, si gira ecc … Questo secondo me è un primo elemento importante, perché quando abbiamo scritto, Giuliano è stato sempre molto attento negli stimoli e molto capace di aiutarmi all’interno delle scene, a tirare fuori quel caldo e freddo ogni volta che ce n’era bisogno, perché mentre io scrivevo lui stava già lavorando con la testa per cercare di capire come interpretare e andare oltre la sceneggiatura. Questa è stata un po’ la chiave.” Inoltre, sempre sull’elaborazione di soggetto e sceneggiatura: “Questa crisi non la scopriamo nella tragicità di oggi, è una crisi che si vedeva benissimo anche due o tre anni fa. In questo naturalmente c’è l’intuizione che ha avuto Giuliano insieme a Vera, di immaginare un soggetto da calare dentro questa crisi, e poi c’è il lavoro fatto per cercare di mettere in scena una realtà: quella delle banche, dello strozzinaggio (…), la solitudine (…). Abbiamo parlato dei suicidi e abbiamo cercato, ovunque era possibile, di inserire tutti quegli elementi che oggi incredibilmente fanno sì che questo film sembri scritto e girato stamattina.”

“Caldo e freddo io l’ho subito durante le riprese”, scherza Montaldo. Ma poi torna serio e loda tutti i suoi collaboratori: “Un copione è come un bello spartito, parte da un’idea (…). Se nel golfo mistico ci sono dei bravissimi collaboratori (lo scenografo, il direttore della fotografia, il collaboratore alla regia, l’aiuto, il montatore e (…) dei bravi cantanti, ergo attori, (…) il regista-direttore d’orchestra basta che faccia così” e fa il gesto di dirigere l’orchestra col braccio “ (…) Se hai fatto queste buone scelte, un passo avanti l’hai già fatto.” È questo il motivo, spiega, per cui scrive: “regia di”, anziché “film di”, “Perché il film non è mio, è nostro.”

Volevamo sentire due parole anche dalle due donne borghesi e dall’operaio …
Gianni Bissaca: “(…) Saverio è un personaggio piccolo ma interessante, perché mi ha un po’ ricordato quando a Torino è morto l’avvocato (…): c’era una gran folla ai funerali (…). Tra gli altri, c’erano molti operai della Fiom (…). Non credo che andassero ai funerali dell’avvocato per una sorta di piaggeria o perché era morto il re. C’era davvero qualcosa che legava tutto il mondo del lavoro e che forse oggi non lo lega più. Questo film lo racconta molto bene.”

Elisabetta Piccolomini dice del suo personaggio: “C’è un’ottusità in questa mamma ricca”, e afferma con ironia e schiettezza: “Sono andata a scuola di stronzaggine per fare questo film”

Elena Di Cioccio: “Qualcuno mi ha detto: questa è l’esperienza più bella, più accogliente che ti potrà mai capitare su un set, ed effettivamente è stato così”. E racconta come nel suo rapporto con Carolina Crescentini set e vita reale si siano intrecciati, dando vita a una vera amicizia : “Come sua amica, ho vissuto tutto il suo lavoro, anche emotivo, sul personaggio. L’amica sta al fianco, sa tutto, conosce, vede prima, se ne accorge, vive di riflesso ciò che vive la protagonista. L’abbiamo vissuto, e soprattutto lei me lo ha fatto vivere.”

Non pensate che la crisi privata del personaggi prenda un po’ il sopravvento sulla crisi dell’industriale?

G. M. “Abbiamo pensato che queste crisi irrompano in maniera terrificante all’interno delle case, perché abbiamo letto di persone che sono morte, non solo dentro, come sta per morire lui (Favino/Ranieri), ma si sono suicidate, anzi pare che siano arrivati ad un numero terrificante, soprattutto nel Nord-est”. Nel film però, non ci si concentra sulla morte fisica, ma su “la morte dell’amore, ferito in maniera terrificante dall’orgoglio di Nicola e dal suo desiderio di farcela da solo (…).”

Qui la crisi viene vista per la prima volta dal punto di vista dell’industriale. Potrebbe accadere secondo lei  che operai e industriali si unissero per combattere la crisi?

G. M. “Credo che nelle piccole aziende (…) questo possa accadere e accada. Normalmente il cinema, anche i miei colleghi più illustri, non hanno fatto molti film sulla classe operaia. (…) A parte Petri, Monicelli (…). È come se ci fosse un pudore da parte nostra: di raccontare un mondo e non raccontarlo come protagonista (…), con la passione e con l’attenzione di chi lo conosce bene (…).”

Chiudono l’incontro gli interventi di Paolo Del Brocco di Rai Cinema e di Angelo Barbagallo.

Paolo Del Brocco: “(…) Questo è un film perfetto dal punto di vista di Rai Cinema (…), perché racconta (…) la nostra società. Anzi, addirittura forse l’ha anticipata, perche quando il film è stato pensato e realizzato, sì, c’erano i segnali, ma forse non eravamo a questo punto. Quindi è perfetto per quello che deve fare, in molti casi, una società del servizio pubblico: intercettare la società, rappresentarla, raccontare quello che accade, non solo con storie che (…) raccontino il generale, ma che partano dal particolare, dalla vita di un uomo e da quello che prova una famiglia rispetto a una situazione che ha un impatto sociale fortissimo.”

Angelo Barbagallo: “(…) Per tutti quelli che fanno questo mestiere è importante che Rai e Rai Cinema continuino a produrre e a finanziare questi film, perché  è l’unico modo per farli. (…) Riguardo al fatto che non se ne vedono tanti di film così, che un film come questo è un po’ un ritorno, anche a me ha fatto particolarmente piacere partecipare a questo ritorno”. “Non sono moltissimi gli esempi di cinema così riuscito su questi temi. (…) Abbiamo attraversato tutto il periodo del cinema politico, che era noiosissimo (…). Questo film, pur raccontando una storia così drammatica, è un piacere vederlo, perché è cinema in una forma classica (…), molto ben interpretato e molto ben diretto da Giuliano. Lavorare con lui è stato piacevolissimo (…), verificare la sua passione, vivacità, che mi fanno sperare che ci sia un seguito.”

La Talpa: recensione del film con Gary Oldman

Passato quasi in sordina a Venezia a causa dell’effetto Shame, arriva in Italia La Talpa (Tinker, Tailor, Soldier, Spy in originale) opera secondo di Tomas Alfredson. Si tratta di uno dei film più attesi della stagione, dal momento che oltre ad avere al timone il regista rivelazione di Lasciami Entrare, ha al suo attivo un cast di pezzi da novanta, capitanati nientemeno che da Gary Oldman, già bravissimo e amatissimo commissario Gordon per Christopher Nolan. Insieme a lui sua altezza reale Colin Firth, il bravissimo John Hurt, Mark Strong che sta diventando uno dei migliori caratteristi in circolazione, il Warrior Tom Hardy e Benedict Cumberbatch, noto ai più come Sherlock Holmes, protagonista dell’omonima e recentissima serie tv della BBC One.

La Talpa, tratto dal romanzo di John le Carré, si concentra in un periodo storico molto teso, che vede al suo apice le tensioni tra USA e URSS nel corso della Guerra Fredda. Di mezzo c’è una presunta ‘talpa’, un infiltrato nei servizi segreti britannici che sta dalla parte dei sovietici e che potrebbe incrinare i preziosi rapporti di amicizia che ci sono tra Regno Unito e i cugini d’Oltreoceano. Incaricato di stanare la talpa è assegnato a George Smiley (Gary Oldman), che mettendosi sulla pista lasciatagli dal suo superiore dal nome in codice Controllo (John Hurt), si muove con astuzia in mezzo alle difficili trame nascoste dei servizi segreti. Alfredson mostra per la seconda volta la sua accattivante eleganza con la macchina da presa centellinando parole e note, per lasciare spazio alle immagini, ai piani larghi e ai gesti misurati di un protagonista immenso, che con uno sguardo, un’inclinazione del viso o un’increspatura delle labbra riesce a dire tutto ciò che serve.

La Talpa, tra stile e regia

Lo stile del regista riesce, rinunciando a qualsiasi espediente esterno come la musica e il montaggio frenetico, a mantenere alta l’attenzione in una vicenda che ne richiede molta, soprattutto considerando che viene raccontata in base ad un susseguirsi di eventi cronologicamente non lineari e che, soprattutto all’inizio rischiano di confondere lo spettatore. Purtroppo, proprio questo interessante elemento di ricercatezza stilistica ha il difetto di appesantire la narrazione, rendendo il film un po’ meno appetibile. La sensazione che si ha alla fine è quella di un film concluso, compiuto nella sua contingenza narrativa ma che promette un futuro in cui altro deve ancora accadere e dando l’impressione che infondo non è veramente importante chi sia la talpa, ma chi, una volta rimossa ‘la mela marcia’, riesce ad ottenere il permesso di guidare i meccanismi segreti che reggono una nazione.