Warner Bros. Italia ha
diffuso il trailer italiano di A Star
Is Born, il film che vede Bradley
Cooper esordire dietro alla macchina da presa, mentre
regala a Lady Gaga la sua prima performance da
protagonista per il grande schermo, dopo il successo della serie tv
American Horror Story.
“Tutto si riduce a questa
storia d’amore rotta – dice Bradley Cooper
–non è un ingenuo; nel film ci chiediamo cosa
succede quando hai 30 anni e l’idea che “Forse non ce la farai si è
insinua nel tuo cervello artistico? – Non c’è modo migliore
per esprimerlo che cantare perché non c’è nulla da nascondere
quando stai cantando”.
A Star
Is Born si basa sulla pellicola del 1937 di
William Wellman e interpretato da Janet
Gaynor e Fredric March ma prenderà spunto anche nella
versione del 1954 con James Mason e Judy
Garland. Mentre nel 1976 il film è stato soggetto
ad un nuovo remake con protagonista all’epoca Barbra
Streisand e Kris Kristofferson.
Dopo il successo di American Horror
Story, con il quale ha vinto il Golden
Globe a gennaio, Lady Gaga farà quindi il
suo debutto sul grande schermo come protagonista assoluta di una
pellicola. La cantante si occuperà di comporre nuovi canzoni per il
remake.
Bradley Cooper si
occuperà anche della produzione del film con Todd
Phillips e Bill
Gerber, coinvolti nel remake da lungo tempo.
Debutterà dal 12 Febbraio
in DVD, Blu-ray e 4K UHD A Star
Is Born, film
nominato a ben
8 Premi Oscar. Bradley Cooper, per la
prima volta alla regia, e la stella del pop
Lady Gaga uniscono i loro notevoli talenti
per narrare la travolgente e appassionante storia di Jack e Ally:
due anime destinate all’arte e ad incontrarsi sul palco come nella
vita. Tra i contenuti speciali, ci sarà anche un bonus di
circa 10 minuti con delle inedite performance
musicali di Bradley Cooper e Lady Gaga,
inclusi i brani “Baby What You Want Me To Do,” “Midnight Special” e
“Is That Alright.”.
Dopo aver vinto il Golden Globe nella categoria “Miglior canzone
originale” per “Shallow”, cantata da Lady Gaga e Bradley Cooper,
A Star
Is Born ha ottenuto otto nomination agli
Oscar, nelle categorie Miglior film, Miglior
attore protagonista per Bradley Cooper, Miglior attrice
protagonista per Lady Gaga, Miglior attore non protagonista per Sam
Elliott, Migliore sceneggiatura non originale, Miglior fotografia,
Miglior canzone originale per “Shallow” e Miglior missaggio
sonoro.
A Star
Is Born sarà disponibile anche in un’edizione
Steelbook Blu-ray e in un cofanetto ad edizione
limitata contenente il DVD, l’album della colonna sonora ed
un booklet con le immagini del film: il perfetto regalo di
San Valentino per rivivere insieme le emozioni di questo grande
film.
Salutato da Rolling Stone America
come “impenetrabilmente perfetto”, la colonna sonora di A Star
Is Bornè stata pubblicata il 5
ottobre in tutto il mondo. Il doppio album certificato Oro
in Italia contiene brani originali firmati da Lady Gaga (6
Grammy Award all’attivo) e Bradley Cooper (4 nomination
all’Oscar). Il primo singolo estratto dal disco è stato
“SHALLOW”, brano scritto da Lady
Gaga,Mark
Ronson, Anthony Rossomando,
e Andrew Wyatt e che ha trionfato nella
categoria Miglior Canzone Originale ai Golden Globe 2019. In
Italia, dove il singolo “Shallow”è stato
certificato disco di Platino, la colonna sonora ha debuttato nella
Top10 dei dischi più venduti nel nostro paese dopo essere arrivata
in vetta alla classifica iTunes e nella Top3 delle vendite di
Amazon Italia.
In questa nuova interpretazione dell’iconica e classica storia
d’amore Bradley Cooper, nominato cinque volte agli
Oscar, fa il suo debutto alla regia e condivide la scena con la
pluri-premiata superstar della musica e candidata all’Oscar
Lady Gaga, nel suo primo ruolo da protagonista in
un film.
Il film vede anche il debutto alla
regia per Cooper. In questa nuova rivisitazione della leggendaria e
tormentata storia d’amore, Cooper interpreta il musicista di
successo Jackson Maine che scopre, e si innamora
della squattrinata artista Ally. Lei ha da poco
chiuso in un cassetto il suo sogno di diventare una grande
cantante… fin quando Jack la convince a tornare sul palcoscenico.
Ma mentre la carriera di Ally inizia a spiccare il volo, il lato
privato della loro relazione sta perdendo colpi a causa della
battaglia che Jack conduce contro i suoi demoni interiori.
Il film vede nel cast anche
Andrew Dice Clay, con Dave
Chappelle e il candidato all’Oscar Sam
Elliott. Oltre a interpretare Ally, Gaga
esegue le canzoni originali del film insieme a Bradley Cooper,
brani che hanno scritto assieme a una squadra di artisti tra cui
Lukas Nelson, Jason Isbell e
Mark Ronson. La musica è scritta apposta per il
film e tutte le parti vocali sono state registrare live durante le
riprese.
Il 4K Ultra HD di A Star Is
Born supporterà il Dolby Vision HDR che espande
sensibilmente la palette di colori, la gamma di contrasto e
utilizza metadata dinamici per ottimizzare automaticamente
l’immagine, adattandola a ogni schermo, fotogramma per
fotogramma.
Clint Eastwood sta lavorando al suo nuovo
progetto, il remake A Star
Is Born. I precedenti – il primo è del 1937, regia di
William A. Wellman – sono incentrati sul rapporto tra una giovane
di talento e il celebre attore che, innamoratosene, se ne fa
mentore, per poi suicidarsi al progressivo eclissarsi della sua
fortuna.
In una generosa intervista, lo
sceneggiatore di Mr Eastwood, Will Fetters, ha rivelato che dalla
tastiera del suo pc sta uscendo un A Star
Is Born gravitante attorno alla figura di Kurt Cobain,
con la cui prematura morte Fetters, un fan accanito, sembra non
aver ancora fatto i conti; il film cercherà di raccontare cosa
sarebbe successo se l’icona grunge non fosse morta, se fosse
arrivata ai giorni nostri. Il film proporrà una generale
riflessione sul rapporto tra industria e arte, tra necessità di far
soldi e volontà di creare, sperimentare e ricercare: sarà questa la
versione di Eastwood e Fetters, il senso profondo della parabola
senza tempo di E’ nata una stella. La parte principale potrebbe
andare a Tom Cruise, da tempo adocchiato dal regista e dalla Warner
Bros. Quasi certa la presenza di Beyoncé.
Esordio alla regia in solitaria di
Eric Tosti, A spasso con Willy è
una simpatica avventura spaziale, indirizzata ai più piccoli, che
non manca di aspetti affascinanti che riescono a catturare anche
l’attenzione dei più grandi.
Willy è figlio di due esploratori
spaziali e il suo sogno è quello di seguire le orme dei genitori:
scoprire e catalogare nuove specie animali in giro per la galassia.
Giunti alla fine di una missione nello spazio, la famiglia è pronta
a rientrare alla base, ma una tempesta di asteroidi li colpisce.
Willy riesce a trovare rifugio in una capsula di salvataggio, ma
per i genitori non c’è niente da fare: l’astronave esplode, mentre
il bambino non può fare altro che guardare lo spettacolo da
lontano. La capsula approda su un pianeta misterioso, dove Willy è
completamente solo, con l’eccezione di Buck, robot tutto fare che
ha il compito di proteggerlo e garantirne l’incolumità. I due,
accompagnati da un simpatico animaletto che incontreranno sul
pianeta ignoto, vivranno tantissime avventure, fino a giungere al
felice epilogo della vicenda.
La caratteristica evidente di
A Spasso con Willy è che si presenta come un
prodotto per i più piccoli, un prodotto semplice ed efficace che
cerca di portare emozione e sorrisi ai più piccoli, con una trama
lineare e uno sviluppo scontato, ma non per questo noioso. Il
design e i colori delle location, soprattutto il pianeta misterioso
su cui Willy impara a prendersi cura di sé, sono accattivanti e le
scenografie fondono la fantascienza e il fantasy più puro.
Il film è una semplice storia di
maturazione, un rito di passaggio in cui il protagonista diventa un
giovane uomo e affronta le difficoltà che gli si presentano,
imparando a contare sulle sue forze ma anche a dare il giusto
valore all’amicizia.
Sarà il titolo di punto della
festività natalizie dall 20th Century Fox. E’ A Spasso
con i Dinosauri , un film d’animazione basato
sull’omonimo programma tv della BBC e distribuito appunto dalla
Fox.
Il film racconta la storia di un
cucciolo di dinosauro che deve imparare a vivere in un mondo di
predatori. Il film è diretto da Neil Nightingale e
Pierre De Lespinios e sceneggiato da John
Collee.
L’aspetto veramente interessante di
questo film sarà però quello tecnico: infatti l’animazione è curata
da Jinko Gotoh, supervisore all’animazione di
9 e Alla
ricerca di Nemo. Per realizzare le immagini che
vediamo nel trailer sono state mixate riprese dal vero girate con
le cineprese e i rig Fusion 3D. Il risultato è davvero
sorprendente. Guardare per credere!
Arriva al cinema A
spasso con i dinosauri 3D, spassosissima avventura
tridimensionale per grandi e piccini, e oggi vi proponiamo le clip
in italiano del film che uscirà in Italia il 23 gennaio
2014.
Il film è diretto in tandem
da Barry Cook e Neil
Nightingale, ed è distribuito da 20th Century Fox.
Per la prima volta nella storia del
cinema gli spettatori potranno vedere e sentire effettivamente
com’era il mondo quando i dinosauri dominavano la Terra. In A
SPASSO CON I DINOSAURI (Walking with Dinosaurs), il
coinvolgente e innovativo film per tutta la famiglia, conoscerete
alcuni dinosauri più realistici che mai durante l’emozionante
viaggio preistorico di Pachi, un dinosauro da tutti considerato un
imbranato senza futuro, che trionfa contro tutte le aspettative e
diventa l’eroe dell’avventura.
Arriverà in sala dal 20 ottobre
A spasso col panda – Missione Bebè, una nuova
avventura dedicata al pubblico dei più piccoli e alle loro
famiglie.
Diretta da Vasiliy Rovenskiy, già regista del primo
capitolo di questa saga, A spasso col panda – Missione
Bebè è destinato a far ridere di gusto gli spettatori
grazie alle divertenti trovate di una stravagante compagnia di
animali un po’ impacciati, chiamati a risolvere una nuova
complicata missione.
È passato un po’ di tempo da quando
l’orso Mic Mic e Oscar sono tornati dalla loro ultima e incredibile
avventura. Ora il loro acerrimo nemico Vulture sta escogitando un
nuovo piano diabolico per sabotare la consegna del cucciolo di
Grizzly al suo avversario alle elezioni presidenziali americane;
Mic Mic, Oscar, l’adolescente Panda e Cicogna si lanciano così in
un’altra grande missione mentre cavalcano uno zeppelin per
riportare Grizzly ai suoi legittimi genitori. Dovranno inoltre
salvare le elezioni americane e l’intero continente dal vulcano in
eruzione.
Il 28 ottobre verranno presentati in anteprima
al Festival di Roma 23 minuti di Tron
Legacy, il kolossal 3D della Walt Disney Pictures in
arrivo in Italia il 5 gennaio 2011!
Il 28 ottobre verranno presentati in anteprima
al Festival di Roma 23 minuti di Tron
Legacy, il kolossal 3D della Walt Disney Pictures in
arrivo in Italia il 5 gennaio 2011!
National Geographic ha diffuso il
trailer di A Small Light, la miniserie in 8
episodi prodotta da ABC Signature e Keshet Studios che debutterà il
2 maggio su Disney+. “Quando abbiamo
ascoltato per la prima volta la straordinaria storia di Miep Gies,
siamo rimasti colpiti e profondamente commossi. Eravamo anche
convinti che questa miniserie su un eroe di tutti i giorni, di cui
la maggior parte delle persone nel mondo non ha mai sentito
parlare, avesse bisogno di un debutto senza precedenti”, ha
dichiarato Carolyn Bernstein, EVP, Scripted and Documentary Films,
National Geographic. “Siamo determinati a portare A
SMALL LIGHT al maggior numero di spettatori possibile e
speriamo che questo lancio permetta al pubblico di innamorarsi e
ispirarsi a Miep proprio come abbiamo fatto noi”.
Raccontato con una sensibilità
moderna, A Small Light rende attuale la
vicenda di Miep, costringendo il pubblico a chiedersi cosa avrebbe
fatto al suo posto e, al giorno d’oggi, se avrebbe avuto il
coraggio di opporsi all’odio. Alcuni sono rimasti a guardare; Miep
ha agito.
La trama e il cast di A
Small Light
Basato su storia vera, Miep Gies
(Bel Powley) era giovane, spensierata e ostinata –
in un’epoca in cui avere opinioni poteva ucciderti – quando Otto
Frank (Liev
Schreiber) le chiese di aiutarla a nascondere la sua
famiglia dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Senza
esitare, Miep accettò. Per i due anni successivi, lei e il suo
audace e devoto marito Jan (Joe Cole), insieme a
molti altri eroi di tutti i giorni, vegliarono sulle famiglie
Frank, van Pels e Pfeffer nascoste nell’alloggio segreto.
Il cast aggiuntivo include
Amira Casar, che interpreta Edith Frank, madre di
Margot e Anna; BillieBoullet,
nel ruolo di Anna Frank; AshleyBrooke, nei panni della sorella maggiore di Anna,
Margot Frank; AndyNyman nel
ruolo di Hermann van Pels,
CarolineCatz come Auguste van
Pels, RudiGoodman nel ruolo di
Peter van Pels e NoahTaylorin
quello del dott. Fritz Pfeffer, tutti nascosti nella dependance con
la famiglia Frank; EleanorTomlinson nei panni di Tess, la migliore amica di
Miep; Sally Messham nel ruolo di Bep Voskuijl,
IanMcElhinney in quello di
Johannes Kleiman e NicholasBurns
nelle vesti di Victor Kugler, colleghi di Miep;
LizaSadovy è la signora
Stoppelman, LaurieKynaston è
Casmir e SebastianArmesto è Max
Stoppelman.
A SMALL
LIGHT è prodotta da ABC Signature e Keshet Studios
per National Geographic. Gli executive producer e sceneggiatori
Joan Rater e Tony Phelan (Grey’s Anatomy di ABC, Fire
Country di CBS) sono gli showrunner, mentre l’executive
producer Susanna Fogel (The Flight Attendant, Cat
Person), vincitrice del DGA Award e nominata agli Emmy®,
dirige diversi episodi, tra cui l’episodio pilota. Gli executive
producer sono Peter Traugott e Lisa Roos per Keshet Studios, Alon
Shtruzman per Keshet International e Avi Nir per Keshet Media
Group.
Poche volte capita di trovarsi
davanti ad un film come A Single Man, un isolato,
elegante, sofisticato, malinconico capolavoro di uno stilista che
quasi per gioco ha investito i proprio soldi il proprio tempo e le
proprie energie creative in un film.
Primo e unico, ad oggi, film di
Tom Ford, A Single Man racconta
la storia di George, elegante professore universitario che sta
lentamente e con grande difficoltà, elaborando il lutto che lo ha
colpito: il suo amato compagno, con cui condivideva la casa da 16
anni, è tragicamente morto in un incidente stradale, lasciandolo
solo in un appartamento pieno di dolore e ricordi.
Ford scegli di raccontarci una
storia di strazianti lamenti attraverso il silenzio di un uomo e
l’accompagnamento delicato di poche note che troppo spesso si fanno
sopraffare dal silenzio. Attraverso i soliti, metodici, gesti,
George affronta ogni suo giorno, combattendo contro la quotidianità
che dietro ogni angolo nasconde un ricordo del suo amato Jim, un
ricordo che crudelmente si insinua nel suo animo e gli fa male al
cuore.
A Single Man, l’opera prima di Tom
Ford
L’elaborazione di un lutto è un
tema universale che spesso il cinema ha affrontato, tuttavia
Tom Ford lo racconta in modo del tutto personale,
realizzando un’opera liquida, per così dire. Indipendentemente
dalle scene iniziali e finali che ritraggono il corpo nudo ed
elegante di George immerso in acqua, il film procede con un ritmo
lento e fluido, estremamente facile da seguire e intenso a livello
di carica emozionale. Raramente si vede un film del genere.
Ad interpretare George c’è Colin Firth, il Mr Darcy perfetto, il Re
Balbuziente, il pittore dalle mani lunghe, la talpa fedifraga.
Nessuno come Colin avrebbe potuto interpretare questo ruolo con la
stessa eleganza e lo stesso carisma, forse perché nessuno ha il suo
portamento innato e la sua classe inglese, tuttavia Colin fa di
più, diventa George e ne condivide il profondissimo dolore, la
grande solitudine, la ricerca continua di una via di fuga. Colin è
George.
Accanto a lui la splendida Julianne Moore che interpreta Charlie, cara
amica e amante di gioventù del triste George. Tom
Ford probabilmente non realizzerà mai più nessun altro
film, forse la sua carriera cinematografica finisce con questo
film, ma molto registi di professione, con una filmografia intera
che dura una vita, non sono riusciti a realizzare la perfezione
formale, stilisti e contenutistica che lo stilista ha catturato in
soli 98 minuti.
E’ stato presentato alla
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di
Venezia , A simple life, il film di Ann
Hui.
Tao ha lavorato per sessant’anni
come domestica per la famiglia Lee e ora si prende cura di Roger,
che lavora come produttore nell’industria del cinema ed è l’unico
membro della famiglia che ancora vive ad Hong Kong. Tao si occupa
di lui come se fosse un figlio.
Quando viene colpita da un brutto
malore, decide di andare in pensione e trasferirsi in una casa di
riposo, dove trova una nuova stravagante e bizzarra famiglia fatta
di persone sole, avvizziti Don Giovanni, golose signore e
simpatiche amiche. Roger non fa che dedicare sempre più tempo e
attenzioni ai bisogni di Tao, realizzando quanto lei significhi per
lui.
A Simple Life è
ispirato alla vera storia del produttore Lee ed è narrato con
straordinaria sobrietà e misura emotiva, è una pellicola sulla
gratitudine e sul rispetto, una commedia crepuscolare sull’amore
filiale e sull’amicizia.
L’opera del regista Ann
Hui, si rivela essere sempre incredibilmente vera, basata
su eventi e persone reali, ritraendo la società e i rapporti
interpersonali così come sono nella vita quotidiana di tutti i
giorni. Di nuovo insieme sul grande schermo, il divo del cinema
orientale Andy Lau e l’incredibilmente talentuosa
Deanie Yip, (che è stata premiata all’ultima Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia con la
Coppa Volpi come miglior attrice) offrono un duetto recitativo che
regala grande tenerezza e una dolce commozione.
Vedendo A simple
life lo spettatore si sentirà coinvolto in quello che è il
dare e avere dei due protagonisti, entrambi di un’umanità
spiazzante, intensa, dolce e disinteressata. Si rimane coinvolti
dall’umanità con la quale Roger cerca di far capire tutta la sua
gratitudine e il suo affetto per la semplicità con la quale Ah Tao
ha guidato la sua vita, in un crescendo di sentimento, dall’inizio
in cui il rapporto fra “padrone” e domestica è più formale, fino
alla fine quando questa distanza viene sempre meno e fra i due si
crea un vero rapporto.
Il consiglio sarebbe di vedere il
film in lingua originale, per rendere giustizia alle varie
sfaccettature e accenti della lingua cinese di Deanie Yip che
accompagnano la sua splendida performance recitativa. Ma qual’ora
non fosse possibile, speriamo che il doppiaggio le dia
giustizia.
La Lionsgate ha diffuso il trailer
ufficiale di A Simple Favor, adattamento
cinematografico dell’omonimo romanzo di Darcey Bell diretto da
Paul Feig (Le amiche della sposa,
Ghostbusters).
Protagoniste di questo thriller a
tinte femminili Blake Lively e Anna
Kendrick, nel cast insieme a Linda
Cardellini, Rupert
Friend, Eric
Johnson, Jean
Smart, Sarah Baker,
e Andrew Rannells.
L’uscita nelle sale del film è
fissata al 14 settembre.
A Simple Favor – il trailer
ufficiale
Di seguito la sinossi:
La storia
di A Simple Favor è incentrata su Stephanie (Anna
Kendrick), una mamma vlogger che si ritrova a indagare sulla verità
dietro la scomparsa improvvisa della sua migliore amica Emily
(Blake Lively). Stephanie verrà affiancata dal marito di Emily,
Sean (Henry Golding), tra colpi di scena e tradimenti, segreti e
rivelazioni, amore e lealtà, omicidio e vendetta.
Alla sua undicesima fatica,
A silence, Joachim Lafosse decide di dipingere
un inquietante e infausto affresco sul silenzio familiare, il quale
nasce da un profondo senso di vergogna scaturito da qualcuno
facente parte dello stesso nucleo. Perché se il silenzio è cifra
dominante, l’albero visibile dell’ultimo film del regista belga, il
disagio provocato da esso, che altri non è che un segreto oscuro
inaccettabile, ne è la radice nascosta. La quale giorno dopo
giorno, anno dopo anno, diventa sempre più fitta, più grossa e più
difficile da estirpare. Lafosse per delineare il suo A
silence parte da una figura esistente, legata a un
fatto di cronaca che sconvolse il Belgio: Marc
Dutroux, soprannominato il Mostro di
Marcinelle, che abusava e seviziava adolescenti per poi
lasciarle morire.
Fra queste c’erano
Julie e Melissa, 8 anni, il cui
avvocato dei genitori che seguiva il caso si scoprì in seguito
essere lui stesso stato condannato per detenzione di immagini
pedopornografiche, e che nel film di Lafosse diventa uno dei
protagonista principali. Un racconto, dunque, non solo disturbante,
ma anche allucinante, che suscita non poche riflessioni su un
sistema nel quale, alla fine dei conti, nessuno è davvero al
sicuro. O tutelato, da quegli stessi paladini della giustizia che
poi si scoprono essere a loro volta carnefici. A
silence è in Concorso alla 18esima edizione della Festa del Cinema di
Roma nella sezione Progressive Cinema, e ha nel cast
Daniel Auteuil, Emmanuelle Devos
e Matthieu Galoux.
A silence, la trama
Astrid è la
moglie di un importante avvocato, François, il
quale sta cercando di ottenere giustizia su un caso che vede
coinvolte due bambine vittime di pedofilia e abusi sessuali, oramai
morte. Attacca perfino il sistema giudiziario, si espone ai
giornalisti inveendo contro il folle criminale che ha commesso
oscenità inaudite. Ma una volta tornato a casa da Astrid e il
figlio adottivo Raphaël, e chiuse le porte, quello
stesso uomo non è chi dice di essere. Non è quello che sembra. Fra
le mura di quella villa c’è un segreto, che la moglie nasconde da
tantissimo tempo, ed è legato alle notti di François.
Egli infatti invece di dormire sta
davanti a un computer e guarda qualcosa che si percepisce essere
indecente. Eppure lei non vuole parlare. Nel frattempo, però, la
figlia maggiore si reca dalla madre per darle una notizia:
Pierre, lo zio, a distanza di venticinque anni
vuole denunciare François per averlo violentato quando era giovane.
Da quel momento in poi, l’equilibrio apparentemente stabile della
famiglia si sgretola. Ma mentre Astrid cerca di tenere insieme i
pezzi, quasi negando la verità a se stessa, Raphaël deciderà di
agire in un altro, duro, modo.
Dentro i silenzi di una donna
sola
Lafosse inizia dalla
fine. Comincia con un breve piano sequenza sugli occhi di
Astrid mentre si reca dalla polizia, gli unici che non possono
mentire come la sua bocca ha fatto per lungo tempo. È uno sguardo
affranto ma al tempo stesso consapevole, il suo. Smarrito,
colpevole, pieno di vergogna. Il silenzio è stato un cancro che
l’ha mangiata viva per ben venticinque anni, ma nel suo cuore
conosce la verità, ed è di questa che ha proprio paura. In fondo,
non è la paura di perdere qualcosa che genera proprio l’atto del
tacere? Deve arrivare una scossa, quella decisiva e assestante, per
rimettere in prospettiva una vita che è andata perdendosi per
proteggere qualcuno che, poi, neanche si conosce o vuole più.
A silence
parte con lei e finisce con lei, perché Astrid è il filo conduttore
del racconto, le sono legati tutti i personaggi i quali,
nell’operazione lenta di disvelamento che avviene fra luci e ombre,
dipendono da lei. Se parla, crolla tutto. Le false certezze su cui
ha costruito castelli di sabbia fragili, un amore tenuto in piedi
solo per timore di rimanere sola (ma lo è già), e la lussuosa casa,
in cui si rifugia per ricordarsi che almeno vive nell’agio, anche
se poi comunque piange. Il regista, con questa scelta, decide
di focalizzarsi, più che sul crimine commesso da François – che fa
comunque da sfondo e da escamotage narrativo – sulle reazioni dei
familiari, sulla rottura degli equilibri interni, e sulla poca
lucidità che si ha verso stessi e gli altri quando questa è figlia
della vergogna.
Forse alcuni passaggi sono un po’
troppo frettolosi considerato il carico drammatico ed emotivo del
film, ma nel suo complesso il dramma funziona e
nel suo rivelarsi diventa sempre più tetro. E poi c’è Emmanuelle
Devos, pilastro principale di A silence,
che con la sua provata e imponente presenza scenica riempie ogni
sequenza e ci permette di accedere allo stato d’animo di una donna
in crisi, combattuta e fragile, che proprio per questo non vuole
accettare la realtà dei fatti. Per allieviare il suo senso di colpa
mente a se stessa, dicendo sia a lei che ai suoi figli che ciò che
è accaduto è oramai nel passato, e la cosa giusta è rimanere in
silenzio per il bene della famiglia.
Ma quando poi è la stessa famiglia a
ribellarsi, a cercare giustizia e in qualche modo farsela, quali
sono le cose che contano davvero? Qual è la scelta giusta da
prendere? Forse nessuna, forse quando la vergogna è troppo grande,
ci dice Lafosse, quello che rimane da fare è lasciarsi andare agli
eventi e far decidere il destino. Ma quando poi si è liberi, come
lo sarà Astrid, ma anche Raphaël, tutto ha un sapore diverso. E
finalmente si può vedere la luce.
Riguardo a Transformers 2, in diverse sedi se ne era indicata la
narrazione troppo slegata e frammentata, che rendeva arduo seguire
alcuni passaggi della storia.
Kevin Smith dice di voler girare un
horror intitolato Red State, ma la produzione del film non è mai
iniziata. A marzo aveva spiegato via Twitter di voler iniziare le
riprese a luglio, ma ad oggi del film non si è vista neanche
l’ombra.
I fan dei fratelli
Coen sapranno che spesso i loro personaggi si
ritrovano a porsi questa domanda anche più di una volta nel
corso delle loro (dis)avventure. Sfidati dalla vita, intrappolati
in una serie di eventi che sconvolgono la loro vita spesso senza
che loro abbiano fatto nulla, in tutti i film dei due registi il
caso prende il sopravvento e domina crudelmente le loro
esistenze.
A Serious
Man è probabilmente il lungometraggio che per
eccellenza si pone la domanda di cui sopra, tramite il suo
protagonista, il professore di fisica Larry Gopnik (Michael
Stuhlbarg).
Lo youtuber Nerdwriter approfondisce questa questione in un
video-saggio intitolato Understanding Art
incentrato sul film del 2009 nominato all’Oscar, analizzandolo
dettagliatamente e confrontandolo con un altro celebre film dei
Coen, Fargo.
Potete scoprire se la domanda ha una
soluzione (ma chi è veramente fan sa già la risposta) guardando il
video direttamente qua sotto:
Il prossimo film dei
fratelli Coen, Hail,Ceasar!,sarà basato
sulla vita del detective privato Fred Otash e racconterà
la storia di Eddie Mannix, un uomo incaricato dagli Studios
hollywoodiani di proteggere la reputazione delle star a loro legate
con un contratto. Faranno parte del cast Scarlett Johansson,
George Clooney, Channing Tatum,
Jonah Hill, Tilda Swinton,
Josh Brolin, Ralph Fiennes.
A SERBIAN FILM: per una
definizione di immagine estrema e immagine pornografia
La vera storia della guerra in
Iraq è stata redatta dai media commerciali di massa:
se siamo disposti a provocare questi disordini,
allora dobbiamo anche affrontare le orrende
immagini che conseguono da questi atti”
(Brian De Palma, a proposito di
Redacted)
Cosa colpisce in A serbian
film? Immagini estreme senza censura. Estremismo è
fastidio, direbbero alcuni. Cappabianca definisce invece immagine
estrema quella che riesce a mettere in crisi, in senso quasi
fisico, la nostra stessa sicurezza; quella che si rifiuta di essere
contemplata, anche in nome della sua bellezza formale o della sua
acutezza intellettuale; quella che ci sconvolge perché non
riusciamo più a credere che sia solo un’immagine.
Nel cinema la realtà più cruda
diventa incorporea, ma qui qualcosa resiste: l’immagine trasuda
disperazione e denuncia, diventando altro rispetto all’immagine in
sé- intesa e come documento e come film. Sorretta da un contesto
grigio e palpabile, quest’immagine prende vita, sanguina e grida. E
il suo grido viene da lontano: è il grido represso a causa delle
oppressioni inflitte da un potere tiranno. Il grido si fa immagine:
immagine estrema.
L’immagine diventa immagine
estrema, la quale, lontana dall’autoreferenzialità, trascende il
film per divenire pura voce – e grido appunto.Ma cosa ha reso
l’immagine, un’immagine estrema? La guerra, risponderebbe il
regista in questo caso. Non tutte le immagini di guerra sono però
immagini estreme. Debray avvalora quanto detto affermando che le
immagini catturate dell’evento mass-mediatico non riescono più ad
avere un vero e proprio valore di testimonianza. A
serbian film: immagini di guerra in un film porno: la
guerra diventa pornografia: nulla di più vero. Spettacolarizzata e
commercializzata, l’immagine di guerra entra nelle nostre case
tramite giornali, tv e trilioni di siti internet: totalmente
svuotata di un senso altro, quest’immagine si guarda allo specchio
incapace di esprimere altro da sé. In tal senso significa che
l’immagine, ripresa dai media con intenti meramente commerciali,
non sarà mai immagine estrema, ma immagine pornografica semmai, e
sarà sempre piatta e priva di significati ulteriori.
“Questo film (A serbian
film) è il diario delle angherie inflitteci dal
Governo Serbo, il potere che obbliga le persone a fare quello che
non vogliono fare, devono sentire la violenza per capirla”.
L’immagine di A serbian film in tal senso si
pone come immagine cognitiva: conoscenza della violenza e del
contesto in cui tale violenza vive, ma non è solo tale. Lo
spettacolo c’è, eccome. La violenza è spettacolarizzata dal momento
che è pensata per essere commercializzata: lo snuffmovie
all’interno del movie stesso è emblema dell’immagine capitalizzata
e resa pornografica. L’immagine di A serbian film
è immagine estrema dal momento che si pone oltre il documento
pornografico- che pur denuncia- e si colloca nella sfera delle
immagini che attivano processi cognitivi. Il processo cognitivo in
tal caso è doloroso, ma perdura dal momento in cui attiva la
coscienza e si distacca dall’immagine pornografica, la quale non
innesca una conoscenza ma solo un momentaneo sentimento
patetico.
Nel caso della guerra,
l’immagine-documento spesso non riesce a rinviare ad altro che a sé
stessa, allontanandosi dalla portata documentaria che dovrebbe
avere, cercando un semplice approccio emotivo- e quindi effimero.
L’avvento massmediatico non ha fatto altro che avvalorare tale
tesi. Non a casa Brian De Palma per costruire il
suo Redacted si serve dei mezzi propri dei massmedia (video dei
militari americani) creando un falso documentario basato però su
testimonianze vere. Perchè De Palma non ha usato i veri video?
Perché aveva bisogno di una
drammaturgia alla base che distinguesse l’immagine pornografica
dall’immagine che egli voleva creare: un’immagine conoscitiva
appunto; De Palma con il suo lavoro conferma la tesi di Debray
secondo la quale la fuga senza ritorno delle immagini che avviene
giorno dopo giorno è un canale di ricambio per le memorie e una
dissuasione per l’intelligenza. Essa feticizza l’istante,
destoricizza la storia, scoraggia lo stabilirsi della minima serie
causale”.
Pasolini da parte sua per
Salò e le 120 giornate di sodoma si ispira ai
racconti del marchese De Sade: l’approccio filologico e
concettuale- unito alla freddezza dell’immagine- dichiarano il
voler prendere le distanze da qualsiasi forma di cinema emotivo e
patetico-abitudine ci certo cinema americano- per cercare di
instillare nello spettatore la coscienza- e perché no, la
conoscenza- del male: lontani dal tempo dello “spettacolo”, che non
funziona più nei termini del racconto, ma in quello della
rappresentazione-sostituzionesimulazione.
A serbian film, la violenza allo
statu puro
Nel caso specifico
di A serbian film, la violenza è violenza
allo stato puro che si fa spettacolo: spettacolo (pedo)pornografico
pronto per essere fagocitato dai produttori(e dagli spettatori);
l’immagine estrema in tal senso non sarà l’immagine violenta in sé,
quanto piuttosto l’immagine di coloro che creano l’immagine
pornografica in nome dell’arte, immagini di morte in nome della
vita.
Non a caso le immagini più toccanti
sono riprese di filmati girati in precedenza: lo stupro sul neonato
esempio obbligato, simbolo della tirannia che offende prima ancora
di poter parlare e della violenza che penetra prima ancora di
venire al mondo; è la violenza fatta video e pensata per essere
venduta, svuotata della sua gravità e resa oggetto del desiderio
dello spettatore; ma proprio in virtù di tale distacco-formale in
questo caso- e dell’evidente portata simbolica,
quell’immagine-quasi impossibile agli occhi dell’individuo scevro
dal contesto bellico- si presenta come immagine estrema,
rinviando-attraverso un processo cognitivo- ad un contesto
altro(bellico appunto).
Il dover riprendere in nome della
conoscenza si rivela altrettanto falso della necessità di
riprendere la morte in nome della vita: il tutto sempre a discapito
del soggetto incapace di avere il controllo delle proprie
azioni-drogato e indotto come lo è il nostro protagonista serbo-
assoggettato dal capitale tiranno(non a caso sarà proprio il
bisogno di denaro per poter fuggire dal paese a far si che il
protagonista diventi vittima/carnefice del gioco di coloro che non
si vedono mai); e la denuncia è tale che sembra quasi che il
bisogno di pornografia sia causa di morte: il compulsivo bisogno di
immagine si traduce in una scopofilia deviata che non lascia in
pace il soggetto neanche dopo la morte: anche il corpo morto,
dissacrato e offeso, è materia prima per uno show che must go on a
discapito dell’arte, della vita e dell’intelligenza umana, prodotto
dell’imperante capitale che promuove una cultura che vive
all’insegna del trash e della pornografica.
A Second
Chance segna il ritorno di Susan
Bier alla regia dopo il fiacco Una Folle
Passione (Serena) e l’Oscar conquistato nel 2011 con
la pellicola In Un Mondo Migliore. Questa
volta, per raccontare una storia umana- troppo umana- di amore,
dannazione, dolore, vita e morte, sceglie la sua amata terra
scandinava dove il paesaggio naturale plumbeo e silenzioso sembra
quasi un co- protagonista assoluto affianco degli attori
protagonisti, che sorprendono per la loro intensità drammatica
sullo schermo, riuscendo a creare una sorprendente empatia tra gli
spettatori e i loro personaggi, catturati attraverso dettagli,
particolari e primissimi piani che ne evidenziano i silenzi e le
riflessioni nei momenti più drammatici delle loro esistenze
destinate a finire allo sbaraglio.
Andreas (Nikolaj Coster-
Waldau) è un poliziotto dalla vita apparentemente
perfetta: sposato con Anna, (Maria Bonnevie) hanno
avuto da poco il bambino che tanto desideravano, Alexander. Simon
(Ulrich Thomsen), collega ed amico, sta
affrontando un divorzio difficile e, per colmare il vuoto
esistenziale che avverte, si ubriaca pesantemente creando problemi;
un bel giorno, durante un normale giro di routine, le loro
esistenze si incrociano con quelle di Tristan (Nikolaj Lie
Kaas) e Sanne (Lykke Maay Andersen), una
coppia di tossicodipendenti, anch’essi genitori del piccolissimo
Sofus. Queste vite, apparentemente distanti e slegate tra loro,
sono destinate ad incrociarsi indissolubilmente quando un evento
drammatico- nell’esistenza di Andreas- lo porterà a compiere alcune
scelte discutibili che trascendono il labile confine tra bene e
male.
La Bier realizza un film emozionante
e angoscioso, riflessivo e melodrammatico, detestabile o amabile:
può essere valutato solo ricorrendo ad un drastico aut-
aut, perché in fondo è la sceneggiatura stessa che si nutre di
questi contrasti irrisolti e marcati. I personaggi evocati sullo
schermo corrono il rischio di destare scandalo per via delle loro
scelte discutibili che mettono a repentaglio le nostre convinzioni
morali ed etiche, strutturate nel corso dei secoli. La scelta, la
“seconda possibilità” del titolo che Andreas decide di compiere è
sconvolgente e folle ma, emotivamente, necessaria; lo spettro della
perdita di un equilibrio familiare costruito dopo tanto lavoro
lascia spazio al baratro del vuoto e dell’indecifrabile, spingendo
un essere umano ben oltre i propri limiti. A Second
Chance è un film poetico nella sua drammaticità, vero
perché si ispira alla vita stessa, che induce alla riflessione e
pone lo spettatore di fronte a difficili dilemmi morali: in fin dei
conti, solo la saggezza e la comprensione da parte degli altri
permettono ai protagonisti di essere salvati e di avere una seconda
opportunità.
Arriva anche nelle sale
cinematografiche italiane A Royal Weekend, il film
che racconta in chiave leggera la nascita dell’alleanza tra Stati
Uniti e Gran Bretagna prima del catastrofico secondo conflitto
mondiale.
A Royal Weekend
racconta le note vicende del giugno 1939, quando il Presidente
Franklin Delano Roosevelt e sua moglie Eleanor ospitano il re e la
regina di Inghilterra per un weekend nella loro casa di Hyde Park
on Hudson. La prima visita di un monarca inglese in America sarà
l’occasione per una speciale relazione tra i due Paesi, ma anche
per una profonda comprensione dei misteri dell’amore e
dell’amicizia.
A Royal Weekend, il film
Quello che appare più ovvio
dall’inizio del film e che in fin de conti è l’unica nota positiva
di A Royal Weekend è l’aver scelto due interpreti
come Bill Murray (nel ruolo del presidente
Franklin Delano Roosvelt) e Laura Linney (in quello della cugina Daisy Suckley),
abili nel regalare ad una storia mal sviluppata, due notevoli
performance attoriali, che confermano l’enorme talento dei due
interpreti. Invece, quello che colpisce in negativo del film è la
sua lentezza e l’assoluta inesistenza di ritmo, piaga insuperabile
per un film che si presenta come una rivisitazione storica in
chiave ironica di una dei momenti cruciali della storia del
900.
Questa mancanza è dovuta
principalmente all’eccessivo utilizzo della voice over e
all’ostinata intenzione di voler rappresentare gli eventi
attraverso il punto di vista privilegiato del personaggio della
cugina Daisy Suckley, i quali finiscono per diventare delle catene
indissolubili per una narrazione che avrebbe meritato più margini
di manovra. Ad esempio fra i pochi momenti degni del film c’è il
dialogo solitario fra il Presidente e il Re, che per la prima volta
permette allo spettatore di osservare la vicenda senza
l’ingombrante filtro del personaggio di Daisy.
A Royal Weekend
prosegue su quelle intenzioni diventando un manifesto stilizzato e
manierista di una messa in scena (seppur degna) fine a se stessa.
Infatti, la pecca più grande del film è di non riuscire a conferire
all’aneddoto più importante (l’inizio di una salda amicizia fra due
potenze), il degno e meritato spazio, offuscato da una giostrina
sulla quale le uniche a divertirsi sono le interpreti femminili e
il regista. Per finire, altra nota di merito va dedicata ad alcune
battute degne del più brillante umor inglese, senza quella
fastidiosa aurea di presunzione.
C’è del marcio in Danimarca:
presentato al Festival di Berlino e scelto per
rappresentare il suo paese agli Oscar 2013 come miglior
film straniero, A Royal Affair (En
kongelig affære) possiede tutti gli ingredienti che
non dovrebbero mai mancare ad un film in costume, ma riesce
comunque a offrire qualcosa in più del semplice gusto per la
rievocazione.
L’incipit del film di
Nikolaj Arcel sembrava piuttosto indicativo della
scelta di seguire per il dramma un registro simile a quello di
The Duchess, pellicola diretta da Saul
Sibb e dedicata alla Duchessa del Devonshire: chiamata a
vivere nel secolo dei Lumi come il personaggio interpretato da
Keira Knightley, la quindicenne Caroline si
presenta subito come un’adolescente pronta ad andare incontro alle
incertezze del futuro con tutta la speranza possibile, anche se
questo significa dover lasciare la sua amata Inghilterra per
sposarsi. La nuova patria è però assai più fredda di quanto si
aspettasse: oltre a dover fare i conti con una corte ostile il suo
sposo Christian VII di Danimarca si rivela subito viziato e
instabile, tormentato da un’ apparente schizofrenia che gli
impedisce di avere rispetto della moglie e naturalmente di essere
un vero re.
L’arrivo a corte del tedesco Johann
Struensee come medico personale del re porta una graduale ventata
di aria fresca nella vita dell’infelice regina; ad essere più
interessante nel ritratto del carismatico riformatore, ricordato
per aver trasformato la Danimarca nel tempio delle idee
illuministe, è il suo essere qui elemento catalizzatore non tanto
nella relazione con Caroline quanto nel legame quasi paterno
instaurato con Christian: il duello a base di citazioni
shakespeariane che i due combattono durante il loro primo incontro
è qualcosa di prezioso e si rivela in fine indispensabile per
scavare nella mente del re e leggerne i tormenti più segreti.
A Royal Affair, il film
L’interpretazione dell’ormai
lanciatissimo Mads Mikkelsen come Struensee è magnetica e
ammaliante al punto giusto, ma le nostre simpatie vanno tutte alla
prova di Mikkel Boe Følsgaard nei panni di
Christian, meritatamente premiata con l’Orso D’argento al Festival
di Berlino: quasi impossibile non provare pena per questo ragazzo
odioso e viziato ma condannato con altrettanta costanza ad essere
manipolato da tutti quelli che lo circondano( per quanto la cosa
avvenga per il bene della Nazione, è incontestabile), costretto a
recitare la sua parte al punto da scadere nella pantomima.
Narratrice degli eventi ma mai lontana dal palcoscenico, Caroline
ci commuove con tutta la passione e le ingenuità della sua giovane
età grazie alla performance di una brava Alicia Vikander, presto in sala nei panni di
Kitty con Anna Karenina di Joe Wright; in un ottimo cast poco noto fuori
dalla madre patria non sfuggirà inoltre David
Dencik come Høegh-Guldberg, ministro cospiratore già visto
ne La Talpa di Tomas
Alfredson.
Reverente verso il curatissimo
contesto storico, la camera indulge con cautela sui protagonisti
stringendosi in inquadrature morbide e sinuose, fino a danzare
intorno ai protagonisti durante un ballo di corte per chiuderli
nell’incanto con una sequenza che pare strizzare l’occhio
all’Orgoglio e Pregiudizio di Joe Wright.
A Royal Affair scalda e avvince
meglio di molti altri film del genere ma la coltre gelida che copre
La Danimarca e le sue anime più inquiete avvolge il film di una
magia destinata a perdurare: contro Amour le
speranze di vittoria sono pressoché nulle, ma A Royal
Affair competerà egualmente con tutta l’eleganza e la
regalità che gli spettano.
Il Festival Internazionale del Film
di Roma 2010, su proposta di Gian Luigi Rondi, celebrerà con uno
dei suoi premi ufficiali, il Marc’Aurelio d’Oro, la memoria della
sceneggiatrice Suso Cecchi d’Amico scomparsa il 31 luglio scorso
all’età di 96 anni e che ha scritto per oltre mezzo secolo le
pagine più belle della storia del cinema italiano.
Il Festival Internazionale del Film
di Roma 2010, su proposta di Gian Luigi Rondi, celebrerà con uno
dei suoi premi ufficiali, il Marc’Aurelio d’Oro, la memoria della
sceneggiatrice Suso Cecchi d’Amico scomparsa il 31 luglio scorso
all’età di 96 anni e che ha scritto per oltre mezzo secolo le
pagine più belle della storia del cinema italiano.
Nonostante gli elogi per
l’inquietante colonna sonora di Hildur Guðnadóttir
e per la performance da protagonista, vincitrice dell’Oscar, di
Joaquin Phoenix nei panni di Arthur Fleck,
il Joker di
Todd Phillips era lontano dall’essere amato da
tutti (si trova al 69% su Rotten Tomatoes), e molte delle critiche
derivavano da un percezione che il film in qualche modo
glorificasse le azioni violente di Fleck.
Questo è ovviamente oggetto di dibattito (molti sostengono che fa
esattamente il contrario), ma questo era il problema che ha notato
Ridley Scott con il film, che ha spiegato parlando della scelta
di Joaquin Phoenix come Napoleone nel suo
prossimo film biografico mentre era sul palco di Deadline’s
Contenders , evento
londinese tenutosi nel fine settimana.
Nonostante la sua avversione per la presunta “celebrazione” della
violenza da parte di Joker, lo straordinario lavoro
di Phoenix nei panni dell’iconico cattivo di
Batman ha convinto Scott a ingaggiarlo per Napoleon. “Sono
rimasto stupefatto dal suo film scandaloso Joker. Non mi è
piaciuto il modo in cui celebrava la violenza, ma Joaquin è stato
notevole. Pensavo che sarebbe stato una risorsa straordinaria
per Napoleone, [non solo dal punto di vista creativo], anche in
senso commerciale. C’erano solo due attori che avevo in mente
per il ruolo. Non menzionerò l’altro.”
Ancora una volta notiamo che alcuni
hanno avuto una visione molto diversa del Joker e delle sue
rappresentazioni certamente scioccanti della violenza. Scott ha poi
rivelato di aver girato Napoleon in soli 62
giorni. “Normalmente un film come questo verrebbe
girato in circa 110 persone. Anni fa ho scoperto che otto
telecamere sono otto volte più veloci. Ogni reparto deve
essere in grado di tenere il passo con la mia velocità. Gli
attori non vogliono ascoltare la storia della vita prima di ogni
ripresa. L’ho scoperto presto. Un noto attore gallese una
volta mi disse: “Adoro quello che fai perché ti muovi così
velocemente”. Devi conoscere la geometria della scena. In
caso contrario, saranno le 15:00 prima che inizia girare la tua
prima inquadratura.
Vi ricordiamo che il regista sarà
presto al cinema con Napoleon
il 23 novembre 2023. Joker:
Folie à Deux, sequel di Joker attualmente in post
produzione arriverà al cinema nel 2024.
Napoleon: il cast del
film con Joaquin Phoenix
Accanto a Phoenix, Napoleon
vede Vanessa Kirby
nei panni dell’imperatrice Joséphine, Tahar Rahim
nei panni di Paul Barras, Ben Miles nei panni di
Caulaincourt, Ludivine Sagnier nei panni di
Theresa Cabarrus, Matthew Needham nei panni di
Lucien Bonaparte, Youssef Kerkour nei panni del
maresciallo Davout, Phil Cornwell nei panni di
Sanson ‘The Bourreau, Edouard Philipponnat nei
panni dello zar Alessandro, Paul Rhys nei panni di
Talleyrand, John Hollingworth nei panni del
maresciallo Ney, Gavin Spokes nei panni di Moulins
e Mark Bonnar nei panni di Jean-Andoche Junot.
Proiettato in apertura del concorso
della 22esima edizione di Alice nella città, in
occasione della 19° Festa del Cinema di Roma, A
Real Pain è il nuovo film da
regista di Jesse Eisenberg che torna a dirigere un film
dopo il suo esordio del 2022, Quando avrai finito di salvare
il mondo (When You Finish Saving the World,
qui la nostra recensione).
La storia di A Real Pain
Già premiato al Sundance, dove
Eisenberg aveva presentato anche il suo lavoro precedente,
A Real Pain segue David (Jesse
Eisenberg) e Benji (Kieran
Culkin), due cugini che non sembrano troppo in
sintonia tra loro, i quali decidono i intraprendere un viaggio in
Polonia in onore della loro amata nonna. La donna, sopravvissuta ai
campi di concentramento, ha rappresentato molto nella giovane vita
di entrambi e i due adesso vogliono renderle omaggio nei luoghi in
cui lei ha vissuto. Un legame traballante che lascia intuire un
passato di grande complicità e condivisione trai due cugini ora
quasi estranei. L’avventura prende una svolta inaspettata quando il
loro passato e le vecchie tensioni riemergono sullo sfondo della
loro storia familiare. Con loro, in questo insolito e toccante
pellegrinaggio, una serie di figure di contorno, che aiuteranno
entrambi a mostrarsi e a raccontarsi per quello che davvero
sono.
A Real Pain è un
percorso accidentato e affascinante nella Storia e in una storia,
in cui il privato si incasella nel pubblico e nello storico,
appunto, in maniera molto fluida e naturale. L’interesse di
Eisenberg è sicuramente quello di approfondire il legame tra questi
due uomini a loro modo problematici, ma allo stesso tempo è
impossibile raccontarli senza allargare ogni tanto lo sguardo verso
il territorio che stanno attraversando.
Jesse Eisenberg dirige A Real Pain – Cortesia di Searchlight
Pictures
La Polonia come sfondo di un viaggio emotivo
La Polonia con i suoi monumenti alla
memoria e alla resistenza ebraica diventa il teatro perfetto in cui
il ricordo dei due affiora e torna a fare male. I due cugini non
potrebbero avere un comportamento più diverso l’uno dall’altro:
tanto è metodico, ordinato, ossessivo, timido David, tanto è
sconclusionato, espansivo e anarchico Benji. Il primo non sente (o
finge di non sentire) niente, il secondo sente tutto, a fior di
pelle, come fosse fatto completamente di nervi scoperti e
sensibilità. Lo scontro è inevitabile, soprattutto se il grande
amore reciproco li mantiene comunque l’uno vicino all’altro.
Sia David che Benji soffrono di
problemi mentali ed emotivi ed entrambi cercano di gestirli,
ovviamente nel loro modo, per cui David va in terapia e incasella
ogni emozione, ogni sensazione, ogni sentire, classificandolo come
assolutamente prescindibile e banale, tanto che arriverà a dire che
“il mio dolore non è diverso da quello di chiunque altro” e quindi
in questa totale mancanza di personalizzazione risiede la sua
salvezza, il suo apparente controllo.
D’altro canto, Benji è tutto proteso
verso il dolore altrui, e verso il proprio, centuplicandone la
portata perché lo considera speciale, importante degno di essere
considerato e condiviso, raccontato sempre, come fosse la cosa più
caratteristica e importante del mondo nel preciso momento in cui
lui sente il dovere di farlo.
Jesse Eisenberg e Kieran Culkin in A Real Pain – Cortesia di
Searchlight Pictures
Le differenze tenute insieme dall’amore
In questo contrasto trai due che
deve tener conto anche del mondo, nel caso di A Real
Pain, un universo circoscritto e in continuo spostamento,
si snoda un racconto molto semplice e lineare che senza deviazioni
raggiunge la conclusione del suo viaggio, concentrandosi
principalmente sulla puntualità della scrittura e delle
interpretazioni che su estrose inquadrature o messa in scena
particolarmente ricca o complessa.
Jesse Eisenberg
mette insieme un lavoro di perfetto equilibrio tra il personale e
l’universale, costellando il film esclusivamente di musica classica
polacca sottolinea il valore storico passato dei luoghi
rappresentati e con i profondi silenzi esalta i momenti di maggiore
struggimento emotivo, quando i protagonisti sono messi a confronto
con le loro miserie e con quelle della Storia. Impeccabile è il
lavoro di interpretazione di Eisenberg e Culkin che formano una
splendida coppia di fatto sullo schermo.
A Real
Pain di Jesse Eisenberg, uno dei film più interessanti
presentati finora al Sundance Film Festival di
quest’anno, è stato venduto alla Searchlight con
un enorme accordo da 10 milioni di dollari.
Vista la calorosa accoglienza a
Park City, il film ha scatenato una guerra di offerte
durata tutta la notte tra diverse distribuzioni per aggiudicarsi i
diritti globali, e l’accordo si è concluso domenica mattina
presto.
Jesse Eisenberg ha diretto A Real
Pain oltre a recitare con Kieran
Culkin. I due interpretano dei cugini il cui tour
attraverso la Polonia in onore della nonna scatena una seria
rivalità familiare. Tra i loro co-protagonisti figurano
Will Sharpe, Jennifer Grey, Kurt Egyiawan, Liza Sadovy e
Daniel Oreskes.
“A Real
Pain” è uno dei due film di cui Eisenberg è
protagonista al festival di quest’anno – l’altro è la stravagante
commedia di Bleecker Street“Sasquatch
Sunset“. L’attore afferma che “A Real
Pain” è una storia molto personale. Nel film, i cugini
finiscono per unirsi a un tour dell’Olocausto e, a un certo punto
del film, visitano una casa non descritta per cercare un po’ di
conforto.
“La casa alla fine è la casa
della mia famiglia“, ha detto Eisenberg al pubblico durante la
prima. “Sono stati portati via da lì nel 1939“.
Searchlight Pictures prevede di distribuire
“A
Real Pain” nelle sale quest’anno.
“Siamo rimasti sbalorditi dalla
visione e dal mestiere di Jesse nel raccontare questo film
esilarante e profondo“, hanno dichiarato i presidenti della
Searchlight Matthew Greenfield e David Greenbaum.
“Racconta una storia profondamente personale e la rende
universale. Non vediamo l’ora di portarlo al pubblico di tutto il
mondo“.
Jesse Eisenberg ha aggiunto in un comunicato:
“Realizzare ‘A Real
Pain‘ è stato un vero lavoro d’amore, ed è stato così
emozionante presentarlo in anteprima al Sundance. Non potrei essere
più onorato di lavorare con Searchlight e di portare questa storia
a un pubblico più vasto“.
Il film è stato prodotto da
Dave McCary, Ali Herting,
Emma Stone per Fruit Tree, Jennifer Semler e
Ewa Puszczynska.
“Crediamo fermamente in Jesse come
voce creativa e siamo stati entusiasti di collaborare nuovamente al
suo secondo film con una portata e dei temi così ambiziosi”, ha
dichiarato la Fruit Tree della Stone in un comunicato. “Avere a
bordo un altro amico e amato collaboratore, il singolare Kieran
Culkin, era più di quanto potessimo chiedere, così come lavorare
con l’incredibile team della Searchlight”.
I produttori esecutivi sono
Ryan Heller, Jennifer Westin e Michael Bloom dei
Topic Studios, oltre a Kevin Kelly. “Non potremmo
essere più orgogliosi di Jesse e di questo bellissimo film e siamo
assolutamente entusiasti di collaborare nuovamente con David,
Matthew e i nostri amici di Searchlight per la sua uscita“, ha
dichiarato Ryan Heller, vicepresidente esecutivo del settore film e
documentari di Topic Studios.
A Real Pain
(qui
la nostra recensione) ha un finale ambiguo dopo una
storia tanto esilarante quanto seria. Jesse Eisenberg dirige, scrive e recita nel
film commedia-drammatico. Interpreta il riservato e ansioso David
Kaplan, che viaggia in Polonia con il suo carismatico e tormentato
cugino Benji Kaplan (Kieran
Culkin). Si uniscono a un gruppo di turisti che hanno
intenzione di visitare i luoghi dell’Olocausto e intendono anche
visitare la casa in cui la loro nonna ha vissuto in Polonia. Le
recensioni di A Real Pain sono state estremamente
positive da quando il film ha debuttato al Sundance Film Festival
del 2024. Eisenberg ha ricevuto consensi per la sua regia, la sua
sceneggiatura e per la sua interpretazione di David, e il film si è
rivelato uno dei migliori film di Kieran Culkin,
il che lo ha portato a vincere tutti i premi della categoria da non
protagonista di questa stagione dei premi e si avvia a vincere
molto probabilmente anche il premio Oscar. La relazione tra David e
Benji, già tesa, viene messa alla prova durante i loro viaggi e si
sviluppa verso una conclusione in gran parte aperta.
Perché Benji è ancora all’aeroporto
nel finale di A Real Pain
Ci sono diverse
interpretazioni
Jesse Eisenberg dirige A Real Pain
Dopo essere tornato dalla Polonia,
David suggerisce a Benji di tornare a casa con lui o almeno di
condividere un taxi insieme. Benji rifiuta queste offerte e dice a
David che per ora rimarrà all’aeroporto. L’ultima inquadratura di
A Real Pain vede Benji ancora seduto all’aeroporto
che guarda vari sconosciuti. Mentre il finale è intenzionalmente
ambiguo, il fatto che Benji sia ancora all’aeroporto indica che si
sente ancora fuori posto, insicuro su come andare avanti con la sua
vita e ha bisogno di più tempo per elaborare le sue emozioni prima
di fare il passo successivo.
È possibile che Benji sia ancora
all’aeroporto perché è senza casa. All’inizio del film, è già
all’aeroporto molto prima che arrivi David e ogni volta che David
prova a chiamare il telefono di Benji, è sempre irraggiungibile.
Culkin ha un’altra interpretazione del finale che ha condiviso allo
SCAD Film Festival del 2024 (tramite Blavity), ovvero che
l’inquadratura finale è ciò che David immagina accada a Benji dopo
averlo lasciato, poiché ha paura di immaginare cosa potrebbe fare
Benji dopo aver lasciato l’aeroporto.
Cosa trovano David e Benji a casa
della nonna in Polonia
Non va come previsto
Dopo aver trascorso la maggior parte
del film con il loro gruppo di turisti, David e Benji si separano
da loro per visitare la casa in cui è cresciuta la nonna. Nessuno
dei due cugini è sicuro di cosa si aspettassero di trovare, ma la
casa si rivela insignificante. Tuttavia, suscita in Benji un
ricordo di quando la nonna gli ha dato uno schiaffo, che lui
sostiene essere la cosa migliore che gli sia mai capitata. David
suggerisce di mettere una pietra sul portico di casa per
commemorare il fatto che erano lì. Prende questa idea dalla
tradizione ebraica di mettere pietre sulle tombe. La nonna di David
e Benji viveva nella città polacca di Krasnystaw.
Mettere delle pietre davanti alla
casa cattura l’attenzione di un vicino che non parla inglese,
costringendo il figlio a tradurre. I cugini chiariscono che hanno
messo le pietre lì come gesto sentimentale, mentre il figlio spiega
che, indipendentemente da ciò, devono spostarle perché sono un
pericolo e l’anziana donna che vive nella casa ora potrebbe
inciamparci. Come gran parte del film, il viaggio a casa della
nonna non va come previsto e non fornisce la conclusione che ci si
aspetta.
Perché David ha smesso di andare a
trovare Benji in A Real Pain
Responsabilità e tragedia li hanno
allontanati
A Real Pain recensione film – Cortesia di Searchlight
Quando David e Benji erano più
piccoli, erano molto uniti e facevano tutto insieme, un fatto che
Benji menziona agli altri membri del gruppo turistico all’inizio.
Crescendo, il loro rapporto cambiò, mentre David si concentrava
sulla moglie, sul figlio e sulla carriera, e Benji faceva fatica a
trovare la sua strada. David smise di andare a trovare Benji e
iniziarono ad allontanarsi sempre di più sei mesi prima del loro
viaggio in Polonia, quando Benji cercò di togliersi la vita con dei
sonniferi.
David non riusciva a smettere di
immaginare la vista di Benji svenuto sul divano dopo la sua
overdose. È ossessionato da questa immagine, è consumato dalla
paura di ciò che Benji farà e non riesce a stare con suo cugino per
mesi. Dall’esprimere questi sentimenti all’offrire a Benji di
tornare a casa con lui, David cerca di fare ammenda. I cugini si
abbracciano emozionalmente nella loro ultima scena insieme e il
viaggio li ha riavvicinati, ma c’è ancora molto su cui entrambi
devono lavorare.
Come Benji cambia i futuri tour
dell’Olocausto
James applica il feedback di
Benji
Durante il loro tour in Polonia, la
guida turistica, James (Will Sharpe) e il compagno
di tour Eloge (Kurt Egyiawan), trascorrono molto
tempo a condividere i numerosi fatti che conoscono sull’Olocausto,
la Polonia e la storia del popolo ebraico. La frustrazione di Benji
per questo raggiunge il punto di rottura quando il gruppo si trova
in un cimitero ebraico. Critica James per aver fatto in modo che il
tour trattasse la devastazione dell’Olocausto come se fosse poco
più di un elenco di fatti e statistiche, e che ci dovrebbe essere
più enfasi sulla connessione autentica e l’emozione con la
storia.
Quando il gruppo in seguito si reca
al campo di concentramento nazista di Majdanek, James prende a
cuore le parole di Benji scegliendo di offrire solo informazioni
minime e di consentire al gruppo di camminare in modo più
silenzioso e autentico attraverso il campo dove un tempo si
verificarono innumerevoli orrori. Prima che David e Benji lascino
il gruppo per visitare la casa della nonna, James esprime a Benji
che è grato per il feedback onesto che ha cambiato la sua
prospettiva e per come guiderà i tour dell’Olocausto in futuro.
Il vero significato del finale di A
Real Pain
La condizione umana è
complessa
Jesse Eisenberg e Kieran Culkin in A Real Pain – Cortesia di
Searchlight Pictures
I personaggi di A Real
Pain affrontano una storia che pone domande difficili
senza fornire risposte facili. Alcune di queste domande sono
specifiche dell’Olocausto, con le critiche di Benji che evidenziano
i pericoli del turismo dell’Olocausto che ha il pericoloso
potenziale di disumanizzare la vera sofferenza e la storia di ciò
che è realmente accaduto. Studiare e rivisitare questa storia è
intrecciato con un dolore personale e collettivo, che è
ulteriormente amplificato dal dolore che David e Benji stanno
vivendo per la scomparsa della nonna e che stanno cercando di
elaborare a modo loro.
Oltre a porre domande difficili
sull’Olocausto, il film pone domande sull’identità e sul dolore.
David cerca di seppellire il suo dolore e concentrarsi sulle sue
responsabilità perché crede che il suo dolore sia insignificante,
mentre Benji affronta il suo dolore in modi spesso autodistruttivi.
Cercano di connettersi con le loro radici mentre si riconciliano
con le loro identità, ma come si vede dalla scena a casa della
nonna, non è così semplice come pensavano che sarebbe stato.
A Real Pain pone domande difficili sulla
condizione umana a cui non si può mai rispondere completamente.
È finalmente online il primo
trailer ufficiale di Un Giorno di Pioggia a New York (A Rainy Day
in New York), il nuovo film scritto e diretto da Woody
Allen che arriverà nelle nostre sale il prossimo 3
ottobre grazie a Lucky Red.
Nel cast figurano Jude
Law, Elle Fanning, Timothée
Chalamet, Selena Gomez,
LievSchreiber, Suki
Waterhouse e Kelly Rohrbach.
Vi ricordiamo che il regista ha da
poco presentato una causa contro Amazon
Studios (che ha scelto di non distribuire la pellicola tradendo
così gli accordi iniziali). Nel
frattempo Allen tornerà ufficialmente sul set
per girare il suo prossimo lavoro in Spagna, finanziato dalla
compagnia di produzione Mediapro che aveva già collaborato sui
progetti di Vicky Cristina Barcelona e
Midnight In Paris.