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A Star is Born: il trailer italiano del film di e con Bradley Cooper

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Warner Bros. Italia ha diffuso il trailer italiano di A Star Is Born, il film che vede Bradley Cooper esordire dietro alla macchina da presa, mentre regala a Lady Gaga la sua prima performance da protagonista per il grande schermo, dopo il successo della serie tv American Horror Story.

Tutto si riduce a questa storia d’amore rotta – dice Bradley Cooper – non è un ingenuo; nel film ci chiediamo cosa succede quando hai 30 anni e l’idea che “Forse non ce la farai si è insinua nel tuo cervello artistico? – Non c’è modo migliore per esprimerlo che cantare perché non c’è nulla da nascondere quando stai cantando”.

A Star Is Born si basa sulla pellicola del 1937 di William Wellman e interpretato da Janet Gaynor e Fredric March ma prenderà spunto anche nella versione del 1954 con James Mason e Judy Garland. Mentre nel 1976 il film è stato soggetto ad un nuovo remake con protagonista all’epoca Barbra Streisand e Kris Kristofferson.

Dopo il successo di American Horror Story, con il quale ha vinto il Golden Globe a gennaio, Lady Gaga farà quindi il suo debutto sul grande schermo come protagonista assoluta di una pellicola. La cantante si occuperà di comporre nuovi canzoni per il remake.

Bradley Cooper si occuperà anche della produzione del film con Todd PhillipsBill Gerber, coinvolti nel remake da lungo tempo.

A Star Is Born finalmente in home video

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A Star Is Born finalmente in home video

Debutterà dal 12 Febbraio in DVD, Blu-ray e 4K UHD A Star Is Born, film nominato a ben 8 Premi OscarBradley Cooper, per la prima volta alla regia, e la stella del pop Lady Gaga uniscono i loro notevoli talenti per narrare la travolgente e appassionante storia di Jack e Ally: due anime destinate all’arte e ad incontrarsi sul palco come nella vita. Tra i contenuti speciali, ci sarà anche un bonus di circa 10 minuti con delle inedite performance musicali di Bradley Cooper e Lady Gaga, inclusi i brani “Baby What You Want Me To Do,” “Midnight Special” e “Is That Alright.”.

Dopo aver vinto il Golden Globe nella categoria “Miglior canzone originale” per “Shallow”, cantata da Lady Gaga e Bradley Cooper, A Star Is Born ha ottenuto otto nomination agli Oscar, nelle categorie Miglior film, Miglior attore protagonista per Bradley Cooper, Miglior attrice protagonista per Lady Gaga, Miglior attore non protagonista per Sam Elliott, Migliore sceneggiatura non originale, Miglior fotografia, Miglior canzone originale per “Shallow” e Miglior missaggio sonoro.

A Star Is Born sarà disponibile anche in un’edizione Steelbook Blu-ray e in un cofanetto ad edizione limitata contenente il DVD, l’album della colonna sonora ed un booklet con le immagini del film: il perfetto regalo di San Valentino per rivivere insieme le emozioni di questo grande film.

Salutato da Rolling Stone America come “impenetrabilmente perfetto”, la colonna sonora di A Star Is Born è stata pubblicata il 5 ottobre in tutto il mondo. Il doppio album certificato Oro in Italia contiene brani originali firmati da Lady Gaga (6 Grammy Award all’attivo) e Bradley Cooper (4 nomination all’Oscar). Il primo singolo estratto dal disco è stato “SHALLOW”, brano scritto da Lady Gaga, Mark RonsonAnthony Rossomando, e Andrew Wyatt e che ha trionfato nella categoria Miglior Canzone Originale ai Golden Globe 2019. In Italia, dove il singolo “Shallow”è stato certificato disco di Platino, la colonna sonora ha debuttato nella Top10 dei dischi più venduti nel nostro paese dopo essere arrivata in vetta alla classifica iTunes e nella Top3 delle vendite di Amazon Italia.

In questa nuova interpretazione dell’iconica e classica storia d’amore Bradley Cooper, nominato cinque volte agli Oscar, fa il suo debutto alla regia e condivide la scena con la pluri-premiata superstar della musica e candidata all’Oscar Lady Gaga, nel suo primo ruolo da protagonista in un film.

Il film vede anche il debutto alla regia per Cooper. In questa nuova rivisitazione della leggendaria e tormentata storia d’amore, Cooper interpreta il musicista di successo Jackson Maine che scopre, e si innamora della squattrinata artista Ally. Lei ha da poco chiuso in un cassetto il suo sogno di diventare una grande cantante… fin quando Jack la convince a tornare sul palcoscenico. Ma mentre la carriera di Ally inizia a spiccare il volo, il lato privato della loro relazione sta perdendo colpi a causa della battaglia che Jack conduce contro i suoi demoni interiori.

Il film vede nel cast anche Andrew Dice Clay, con Dave Chappelle e il candidato all’Oscar Sam Elliott. Oltre a interpretare Ally, Gaga esegue le canzoni originali del film insieme a Bradley Cooper, brani che hanno scritto assieme a una squadra di artisti tra cui Lukas Nelson, Jason Isbell e Mark Ronson. La musica è scritta apposta per il film e tutte le parti vocali sono state registrare live durante le riprese.

Il 4K Ultra HD di A Star Is Born supporterà il Dolby Vision HDR che espande sensibilmente la palette di colori, la gamma di contrasto e utilizza metadata dinamici per ottimizzare automaticamente l’immagine, adattandola a ogni schermo, fotogramma per fotogramma.

A Star is Born di Clint Eastwood parlerà di Kurt Cobain

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A Star is Born di Clint Eastwood parlerà di Kurt Cobain

Clint Eastwood sta lavorando al suo nuovo progetto, il remake A Star Is Born. I precedenti – il primo è del 1937, regia di William A. Wellman – sono incentrati sul rapporto tra una giovane di talento e il celebre attore che, innamoratosene, se ne fa mentore, per poi suicidarsi al progressivo eclissarsi della sua fortuna.

In una generosa intervista, lo sceneggiatore di Mr Eastwood, Will Fetters, ha rivelato che dalla tastiera del suo pc sta uscendo un A Star Is Born gravitante attorno alla figura di Kurt Cobain, con la cui prematura morte Fetters, un fan accanito, sembra non aver ancora fatto i conti; il film cercherà di raccontare cosa sarebbe successo se l’icona grunge non fosse morta, se fosse arrivata ai giorni nostri. Il film proporrà una generale riflessione sul rapporto tra industria e arte, tra necessità di far soldi e volontà di creare, sperimentare e ricercare: sarà questa la versione di Eastwood e Fetters, il senso profondo della parabola senza tempo di E’ nata una stella. La parte principale potrebbe andare a Tom Cruise, da tempo adocchiato dal regista e dalla Warner Bros. Quasi certa la presenza di Beyoncé.

Fonte: CraveOnline

A Spike Lee il Jaeger-LeCoultre 2012

L’organizzazione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, insieme a Jaeger-LeCoultre, comunicano che il premio Jaeger-LeCoultre Glory to the

A spasso con Willy, recensione del film di Eric Tosti

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A spasso con Willy, recensione del film di Eric Tosti

Esordio alla regia in solitaria di Eric Tosti, A spasso con Willy è una simpatica avventura spaziale, indirizzata ai più piccoli, che non manca di aspetti affascinanti che riescono a catturare anche l’attenzione dei più grandi.

Willy è figlio di due esploratori spaziali e il suo sogno è quello di seguire le orme dei genitori: scoprire e catalogare nuove specie animali in giro per la galassia. Giunti alla fine di una missione nello spazio, la famiglia è pronta a rientrare alla base, ma una tempesta di asteroidi li colpisce. Willy riesce a trovare rifugio in una capsula di salvataggio, ma per i genitori non c’è niente da fare: l’astronave esplode, mentre il bambino non può fare altro che guardare lo spettacolo da lontano. La capsula approda su un pianeta misterioso, dove Willy è completamente solo, con l’eccezione di Buck, robot tutto fare che ha il compito di proteggerlo e garantirne l’incolumità. I due, accompagnati da un simpatico animaletto che incontreranno sul pianeta ignoto, vivranno tantissime avventure, fino a giungere al felice epilogo della vicenda.

La caratteristica evidente di A Spasso con Willy è che si presenta come un prodotto per i più piccoli, un prodotto semplice ed efficace che cerca di portare emozione e sorrisi ai più piccoli, con una trama lineare e uno sviluppo scontato, ma non per questo noioso. Il design e i colori delle location, soprattutto il pianeta misterioso su cui Willy impara a prendersi cura di sé, sono accattivanti e le scenografie fondono la fantascienza e il fantasy più puro.

Il film è una semplice storia di maturazione, un rito di passaggio in cui il protagonista diventa un giovane uomo e affronta le difficoltà che gli si presentano, imparando a contare sulle sue forze ma anche a dare il giusto valore all’amicizia.

A spasso con i Dinosauri : il trailer italiano

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A spasso con i Dinosauri

Sarà il titolo di punto della festività natalizie dall 20th Century Fox. E’ A Spasso con i Dinosauri , un film d’animazione basato sull’omonimo programma tv della BBC e distribuito appunto dalla Fox.

Il film racconta la storia di un cucciolo di dinosauro che deve imparare a vivere in un mondo di predatori. Il film è diretto da Neil Nightingale e Pierre De Lespinios e sceneggiato da John Collee.

L’aspetto veramente interessante di questo film sarà però quello tecnico: infatti l’animazione è curata da Jinko Gotoh, supervisore all’animazione di 9 e Alla ricerca di Nemo. Per realizzare le immagini che vediamo nel trailer sono state mixate riprese dal vero girate con le cineprese e i rig Fusion 3D. Il risultato è davvero sorprendente. Guardare per credere!

A spasso con i dinosauri 3D Clip in italiano

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A spasso con i dinosauri 3D Clip in italiano

Arriva al cinema A spasso con i dinosauri 3D, spassosissima avventura tridimensionale per grandi e piccini, e oggi vi proponiamo le clip in italiano del film che uscirà in Italia il 23 gennaio 2014.

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Il film è diretto in tandem da Barry Cook e Neil Nightingale, ed è distribuito da 20th Century Fox.

Per la prima volta nella storia del cinema gli spettatori potranno vedere e sentire effettivamente com’era il mondo quando i dinosauri dominavano la Terra. In A SPASSO CON I DINOSAURI (Walking with Dinosaurs), il coinvolgente e innovativo film per tutta la famiglia, conoscerete alcuni dinosauri più realistici che mai durante l’emozionante viaggio preistorico di Pachi, un dinosauro da tutti considerato un imbranato senza futuro, che trionfa contro tutte le aspettative e diventa l’eroe dell’avventura.

A spasso con i dinosauri 3D

A spasso col panda – Missione Bebè, trailer della nuova commedia per famiglie

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Arriverà in sala dal 20 ottobre A spasso col panda – Missione Bebè, una nuova avventura dedicata al pubblico dei più piccoli e alle loro famiglie.

Diretta da Vasiliy Rovenskiy, già regista del primo capitolo di questa saga, A spasso col panda – Missione Bebè è destinato a far ridere di gusto gli spettatori grazie alle divertenti trovate di una stravagante compagnia di animali un po’ impacciati, chiamati a risolvere una nuova complicata missione.

È passato un po’ di tempo da quando l’orso Mic Mic e Oscar sono tornati dalla loro ultima e incredibile avventura. Ora il loro acerrimo nemico Vulture sta escogitando un nuovo piano diabolico per sabotare la consegna del cucciolo di Grizzly al suo avversario alle elezioni presidenziali americane; Mic Mic, Oscar, l’adolescente Panda e Cicogna si lanciano così in un’altra grande missione mentre cavalcano uno zeppelin per riportare Grizzly ai suoi legittimi genitori. Dovranno inoltre salvare le elezioni americane e l’intero continente dal vulcano in eruzione.

A spasso col panda – Missione Bebè, il poster

A sorpresa Tron Legacy al Festival del film di Roma

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A sorpresa Tron Legacy al Festival del film di Roma

tronlegacy

Il 28 ottobre verranno presentati in anteprima al Festival di Roma 23 minuti di Tron Legacy, il kolossal 3D della Walt Disney Pictures in arrivo in Italia il 5 gennaio 2011!

A sorpresa Tron Legacy al Festival del film di Roma

A sorpresa Tron Legacy al Festival del film di Roma

tronlegacy

Il 28 ottobre verranno presentati in anteprima al Festival di Roma 23 minuti di Tron Legacy, il kolossal 3D della Walt Disney Pictures in arrivo in Italia il 5 gennaio 2011!

 

A Small Light di National Geographic dal 2 maggio su Disney+

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A Small Light di National Geographic dal 2 maggio su Disney+

National Geographic ha diffuso il trailer di A Small Light, la miniserie in 8 episodi prodotta da ABC Signature e Keshet Studios che debutterà il 2 maggio su Disney+. “Quando abbiamo ascoltato per la prima volta la straordinaria storia di Miep Gies, siamo rimasti colpiti e profondamente commossi. Eravamo anche convinti che questa miniserie su un eroe di tutti i giorni, di cui la maggior parte delle persone nel mondo non ha mai sentito parlare, avesse bisogno di un debutto senza precedenti”, ha dichiarato Carolyn Bernstein, EVP, Scripted and Documentary Films, National Geographic. “Siamo determinati a portare A SMALL LIGHT al maggior numero di spettatori possibile e speriamo che questo lancio permetta al pubblico di innamorarsi e ispirarsi a Miep proprio come abbiamo fatto noi”.

https://www.youtube.com/watch?v=cgEur8-kFhU&feature=youtu.be

Raccontato con una sensibilità moderna, A Small Light rende attuale la vicenda di Miep, costringendo il pubblico a chiedersi cosa avrebbe fatto al suo posto e, al giorno d’oggi, se avrebbe avuto il coraggio di opporsi all’odio. Alcuni sono rimasti a guardare; Miep ha agito.

La trama e il cast di A Small Light

Basato su storia vera, Miep Gies (Bel Powley) era giovane, spensierata e ostinata – in un’epoca in cui avere opinioni poteva ucciderti – quando Otto Frank (Liev Schreiber) le chiese di aiutarla a nascondere la sua famiglia dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Senza esitare, Miep accettò. Per i due anni successivi, lei e il suo audace e devoto marito Jan (Joe Cole), insieme a molti altri eroi di tutti i giorni, vegliarono sulle famiglie Frank, van Pels e Pfeffer nascoste nell’alloggio segreto.

Il cast aggiuntivo include Amira Casar, che interpreta Edith Frank, madre di Margot e Anna; Billie Boullet, nel ruolo di Anna Frank; Ashley Brooke, nei panni della sorella maggiore di Anna, Margot Frank; Andy Nyman nel ruolo di Hermann van Pels, CarolineCatz come Auguste van Pels, Rudi Goodman nel ruolo di Peter van Pels e Noah Taylorin quello del dott. Fritz Pfeffer, tutti nascosti nella dependance con la famiglia Frank; Eleanor Tomlinson nei panni di Tess, la migliore amica di Miep; Sally Messham nel ruolo di Bep Voskuijl, Ian McElhinney in quello di Johannes Kleiman e Nicholas Burns nelle vesti di Victor Kugler, colleghi di Miep; Liza Sadovy è la signora Stoppelman, LaurieKynaston è Casmir e Sebastian Armesto è Max Stoppelman.

A SMALL LIGHT è prodotta da ABC Signature e Keshet Studios per National Geographic. Gli executive producer e sceneggiatori Joan Rater e Tony Phelan (Grey’s Anatomy di ABC, Fire Country di CBS) sono gli showrunner, mentre l’executive producer Susanna Fogel (The Flight Attendant, Cat Person), vincitrice del DGA Award e nominata agli Emmy®, dirige diversi episodi, tra cui l’episodio pilota. Gli executive producer sono Peter Traugott e Lisa Roos per Keshet Studios, Alon Shtruzman per Keshet International e Avi Nir per Keshet Media Group.

A Single Man: recensione del film di Tom Ford

Poche volte capita di trovarsi davanti ad un film come A Single Man, un isolato, elegante, sofisticato, malinconico capolavoro di uno stilista che quasi per gioco ha investito i proprio soldi il proprio tempo e le proprie energie creative in un film.

Primo e unico, ad oggi, film di Tom Ford, A Single Man racconta la storia di George, elegante professore universitario che sta lentamente e con grande difficoltà, elaborando il lutto che lo ha colpito: il suo amato compagno, con cui condivideva la casa da 16 anni, è tragicamente morto in un incidente stradale, lasciandolo solo in un appartamento pieno di dolore e ricordi.

Ford scegli di raccontarci una storia di strazianti lamenti attraverso il silenzio di un uomo e l’accompagnamento delicato di poche note che troppo spesso si fanno sopraffare dal silenzio. Attraverso i soliti, metodici, gesti, George affronta ogni suo giorno, combattendo contro la quotidianità che dietro ogni angolo nasconde un ricordo del suo amato Jim, un ricordo che crudelmente si insinua nel suo animo e gli fa male al cuore.

A Single Man, l’opera prima di Tom Ford

L’elaborazione di un lutto è un tema universale che spesso il cinema ha affrontato, tuttavia Tom Ford lo racconta in modo del tutto personale, realizzando un’opera liquida, per così dire. Indipendentemente dalle scene iniziali e finali che ritraggono il corpo nudo ed elegante di George immerso in acqua, il film procede con un ritmo lento e fluido, estremamente facile da seguire e intenso a livello di carica emozionale. Raramente si vede un film del genere.

Ad interpretare George c’è Colin Firth, il Mr Darcy perfetto, il Re Balbuziente, il pittore dalle mani lunghe, la talpa fedifraga. Nessuno come Colin avrebbe potuto interpretare questo ruolo con la stessa eleganza e lo stesso carisma, forse perché nessuno ha il suo portamento innato e la sua classe inglese, tuttavia Colin fa di più, diventa George e ne condivide il profondissimo dolore, la grande solitudine, la ricerca continua di una via di fuga. Colin è George.

Accanto a lui la splendida Julianne Moore che interpreta Charlie, cara amica e amante di gioventù del triste George. Tom Ford probabilmente non realizzerà mai più nessun altro film, forse la sua carriera cinematografica finisce con questo film, ma molto registi di professione, con una filmografia intera che dura una vita, non sono riusciti a realizzare la perfezione formale, stilisti e contenutistica che lo stilista ha catturato in soli 98 minuti.

A Simple Life: recensione del film di Ann Hui

A Simple Life: recensione del film di Ann Hui

E’ stato presentato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia , A simple life, il film di Ann Hui.

Tao ha lavorato per sessant’anni come domestica per la famiglia Lee e ora si prende cura di Roger, che lavora come produttore nell’industria del cinema ed è l’unico membro della famiglia che ancora vive ad Hong Kong. Tao si occupa di lui come se fosse un figlio.

Quando viene colpita da un brutto malore, decide di andare in pensione e trasferirsi in una casa di riposo, dove trova una nuova stravagante e bizzarra famiglia fatta di persone sole, avvizziti Don Giovanni, golose signore e simpatiche amiche. Roger non fa che dedicare sempre più tempo e attenzioni ai bisogni di Tao, realizzando quanto lei significhi per lui.

A Simple Life è ispirato alla vera storia del produttore Lee ed è narrato con straordinaria sobrietà e misura emotiva, è una pellicola sulla gratitudine e sul rispetto, una commedia crepuscolare sull’amore filiale e sull’amicizia.

L’opera del regista Ann Hui, si rivela essere sempre incredibilmente vera, basata su eventi e persone reali, ritraendo la società e i rapporti interpersonali così come sono nella vita quotidiana di tutti i giorni. Di nuovo insieme sul grande schermo, il divo del cinema orientale Andy Lau e l’incredibilmente talentuosa Deanie Yip, (che è stata premiata all’ultima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia con la Coppa Volpi come miglior attrice) offrono un duetto recitativo che regala grande tenerezza e una dolce commozione.

Vedendo A simple life lo spettatore si sentirà coinvolto in quello che è il dare e avere dei due protagonisti, entrambi di un’umanità spiazzante, intensa, dolce e disinteressata. Si rimane coinvolti dall’umanità con la quale Roger cerca di far capire tutta la sua gratitudine e il suo affetto per la semplicità con la quale Ah Tao ha guidato la sua vita, in un crescendo di sentimento, dall’inizio in cui il rapporto fra “padrone” e domestica è più formale, fino alla fine quando questa distanza viene sempre meno e fra i due si crea un vero rapporto.

Il consiglio sarebbe di vedere il film in lingua originale, per rendere giustizia alle varie sfaccettature e accenti della lingua cinese di Deanie Yip che accompagnano la sua splendida performance recitativa. Ma qual’ora non fosse possibile, speriamo che il doppiaggio le dia giustizia.

A Simple Favor: Blake Lively e Anna Kendrick nel trailer del film di Paul Feig

La Lionsgate ha diffuso il trailer ufficiale di A Simple Favor, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Darcey Bell diretto da Paul Feig (Le amiche della sposa, Ghostbusters).

Protagoniste di questo thriller a tinte femminili Blake Lively e Anna Kendrick, nel cast insieme a Linda CardelliniRupert FriendEric JohnsonJean SmartSarah Baker, e Andrew Rannells.

L’uscita nelle sale del film è fissata al 14 settembre.

A Simple Favor – il trailer ufficiale

Di seguito la sinossi:

La storia di A Simple Favor è incentrata su Stephanie (Anna Kendrick), una mamma vlogger che si ritrova a indagare sulla verità dietro la scomparsa improvvisa della sua migliore amica Emily (Blake Lively). Stephanie verrà affiancata dal marito di Emily, Sean (Henry Golding), tra colpi di scena e tradimenti, segreti e rivelazioni, amore e lealtà, omicidio e vendetta.

Un piccolo favore, leggi la recensione

A silence: recensione del film di Joachim Lafosse – #RoFF18

A silence: recensione del film di Joachim Lafosse – #RoFF18

Alla sua undicesima fatica, A silence, Joachim Lafosse decide di dipingere un inquietante e infausto affresco sul silenzio familiare, il quale nasce da un profondo senso di vergogna scaturito da qualcuno facente parte dello stesso nucleo. Perché se il silenzio è cifra dominante, l’albero visibile dell’ultimo film del regista belga, il disagio provocato da esso, che altri non è che un segreto oscuro inaccettabile, ne è la radice nascosta. La quale giorno dopo giorno, anno dopo anno, diventa sempre più fitta, più grossa e più difficile da estirpare. Lafosse per delineare il suo A silence parte da una figura esistente, legata a un fatto di cronaca che sconvolse il Belgio: Marc Dutroux, soprannominato il Mostro di Marcinelle, che abusava e seviziava adolescenti per poi lasciarle morire.

Fra queste c’erano Julie e Melissa, 8 anni, il cui avvocato dei genitori che seguiva il caso si scoprì in seguito essere lui stesso stato condannato per detenzione di immagini pedopornografiche, e che nel film di Lafosse diventa uno dei protagonista principali. Un racconto, dunque, non solo disturbante, ma anche allucinante, che suscita non poche riflessioni su un sistema nel quale, alla fine dei conti, nessuno è davvero al sicuro. O tutelato, da quegli stessi paladini della giustizia che poi si scoprono essere a loro volta carnefici. A silence è in Concorso alla 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma nella sezione Progressive Cinema, e ha nel cast Daniel Auteuil, Emmanuelle Devos e Matthieu Galoux.

A silence, la trama

Astrid è la moglie di un importante avvocato, François, il quale sta cercando di ottenere giustizia su un caso che vede coinvolte due bambine vittime di pedofilia e abusi sessuali, oramai morte. Attacca perfino il sistema giudiziario, si espone ai giornalisti inveendo contro il folle criminale che ha commesso oscenità inaudite. Ma una volta tornato a casa da Astrid e il figlio adottivo Raphaël, e chiuse le porte, quello stesso uomo non è chi dice di essere. Non è quello che sembra. Fra le mura di quella villa c’è un segreto, che la moglie nasconde da tantissimo tempo, ed è legato alle notti di François.

Egli infatti invece di dormire sta davanti a un computer e guarda qualcosa che si percepisce essere indecente. Eppure lei non vuole parlare. Nel frattempo, però, la figlia maggiore si reca dalla madre per darle una notizia: Pierre, lo zio, a distanza di venticinque anni vuole denunciare François per averlo violentato quando era giovane. Da quel momento in poi, l’equilibrio apparentemente stabile della famiglia si sgretola. Ma mentre Astrid cerca di tenere insieme i pezzi, quasi negando la verità a se stessa, Raphaël deciderà di agire in un altro, duro, modo.

A silence Emmanuelle Devos

Dentro i silenzi di una donna sola

Lafosse inizia dalla fine. Comincia con un breve piano sequenza sugli occhi di Astrid mentre si reca dalla polizia, gli unici che non possono mentire come la sua bocca ha fatto per lungo tempo. È uno sguardo affranto ma al tempo stesso consapevole, il suo. Smarrito, colpevole, pieno di vergogna. Il silenzio è stato un cancro che l’ha mangiata viva per ben venticinque anni, ma nel suo cuore conosce la verità, ed è di questa che ha proprio paura. In fondo, non è la paura di perdere qualcosa che genera proprio l’atto del tacere? Deve arrivare una scossa, quella decisiva e assestante, per rimettere in prospettiva una vita che è andata perdendosi per proteggere qualcuno che, poi, neanche si conosce o vuole più.

A silence parte con lei e finisce con lei, perché Astrid è il filo conduttore del racconto, le sono legati tutti i personaggi i quali, nell’operazione lenta di disvelamento che avviene fra luci e ombre, dipendono da lei. Se parla, crolla tutto. Le false certezze su cui ha costruito castelli di sabbia fragili, un amore tenuto in piedi solo per timore di rimanere sola (ma lo è già), e la lussuosa casa, in cui si rifugia per ricordarsi che almeno vive nell’agio, anche se poi comunque piange. Il regista, con questa scelta, decide di focalizzarsi, più che sul crimine commesso da François – che fa comunque da sfondo e da escamotage narrativo – sulle reazioni dei familiari, sulla rottura degli equilibri interni, e sulla poca lucidità che si ha verso stessi e gli altri quando questa è figlia della vergogna.

Forse alcuni passaggi sono un po’ troppo frettolosi considerato il carico drammatico ed emotivo del film, ma nel suo complesso il dramma funziona e nel suo rivelarsi diventa sempre più tetro. E poi c’è Emmanuelle Devos, pilastro principale di A silence, che con la sua provata e imponente presenza scenica riempie ogni sequenza e ci permette di accedere allo stato d’animo di una donna in crisi, combattuta e fragile, che proprio per questo non vuole accettare la realtà dei fatti. Per allieviare il suo senso di colpa mente a se stessa, dicendo sia a lei che ai suoi figli che ciò che è accaduto è oramai nel passato, e la cosa giusta è rimanere in silenzio per il bene della famiglia.

Ma quando poi è la stessa famiglia a ribellarsi, a cercare giustizia e in qualche modo farsela, quali sono le cose che contano davvero? Qual è la scelta giusta da prendere? Forse nessuna, forse quando la vergogna è troppo grande, ci dice Lafosse, quello che rimane da fare è lasciarsi andare agli eventi e far decidere il destino. Ma quando poi si è liberi, come lo sarà Astrid, ma anche Raphaël, tutto ha un sapore diverso. E finalmente si può vedere la luce.

A Shia LaBeouf non piace Transformers 2

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Riguardo a Transformers 2, in diverse sedi se ne era indicata la narrazione troppo slegata e frammentata, che rendeva arduo seguire alcuni passaggi della storia.

A settembre via con Red State

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Kevin Smith dice di voler girare un horror intitolato Red State, ma la produzione del film non è mai iniziata. A marzo aveva spiegato via Twitter di voler iniziare le riprese a luglio, ma ad oggi del film non si è vista neanche l’ombra.

A Serious Man: capire l’arte dei fratelli Coen [video]

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A Serious Man: capire l’arte dei fratelli Coen [video]

What’s going on? Cosa sta succedendo?

I fan dei fratelli Coen sapranno che spesso i loro personaggi si ritrovano a porsi questa domanda anche più di una volta nel corso delle loro (dis)avventure. Sfidati dalla vita, intrappolati in una serie di eventi che sconvolgono la loro vita spesso senza che loro abbiano fatto nulla, in tutti i film dei due registi il caso prende il sopravvento e domina crudelmente le loro esistenze.

A Serious Man è probabilmente il lungometraggio che per eccellenza si pone la domanda di cui sopra, tramite il suo protagonista, il professore di fisica Larry Gopnik (Michael Stuhlbarg).

Lo youtuber Nerdwriter approfondisce questa questione in un video-saggio intitolato Understanding Art incentrato sul film del 2009 nominato all’Oscar, analizzandolo dettagliatamente e confrontandolo con un altro celebre film dei Coen, Fargo.

Potete scoprire se la domanda ha una soluzione (ma chi è veramente fan sa già la risposta) guardando il video direttamente qua sotto:

Il prossimo film dei fratelli Coen, Hail, Ceasar!, sarà basato sulla vita del detective privato Fred Otash e racconterà la storia di Eddie Mannix, un uomo incaricato dagli Studios hollywoodiani di proteggere la reputazione delle star a loro legate con un contratto. Faranno parte del cast Scarlett Johansson, George Clooney, Channing Tatum, Jonah Hill, Tilda Swinton, Josh Brolin, Ralph Fiennes.

Il film uscirà nelle sale il 5 febbraio 2016.

Fonte: The Playlist

A serbian film: recensione del film di Srđan Spasojević

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A serbian film: recensione del film di Srđan Spasojević

A SERBIAN FILM: per una definizione di immagine estrema e immagine pornografia

La vera storia della guerra in Iraq è stata redatta dai media commerciali di massa: se siamo disposti a provocare questi disordini, allora dobbiamo anche affrontare le orrende immagini che conseguono da questi atti”

(Brian De Palma, a proposito di Redacted)

Cosa colpisce in A serbian film? Immagini estreme senza censura. Estremismo è fastidio, direbbero alcuni. Cappabianca definisce invece immagine estrema quella che riesce a mettere in crisi, in senso quasi fisico, la nostra stessa sicurezza; quella che si rifiuta di essere contemplata, anche in nome della sua bellezza formale o della sua acutezza intellettuale; quella che ci sconvolge perché non riusciamo più a credere che sia solo un’immagine.

Nel cinema la realtà più cruda diventa incorporea, ma qui qualcosa resiste: l’immagine trasuda disperazione e denuncia, diventando altro rispetto all’immagine in sé- intesa e come documento e come film. Sorretta da un contesto grigio e palpabile, quest’immagine prende vita, sanguina e grida. E il suo grido viene da lontano: è il grido represso a causa delle oppressioni inflitte da un potere tiranno. Il grido si fa immagine: immagine estrema.

L’immagine diventa immagine estrema, la quale, lontana dall’autoreferenzialità, trascende il film per divenire pura voce – e grido appunto.Ma cosa ha reso l’immagine, un’immagine estrema? La guerra, risponderebbe il regista in questo caso. Non tutte le immagini di guerra sono però immagini estreme. Debray avvalora quanto detto affermando che le immagini catturate dell’evento mass-mediatico non riescono più ad avere un vero e proprio valore di testimonianza. A serbian film: immagini di guerra in un film porno: la guerra diventa pornografia: nulla di più vero. Spettacolarizzata e commercializzata, l’immagine di guerra entra nelle nostre case tramite giornali, tv e trilioni di siti internet: totalmente svuotata di un senso altro, quest’immagine si guarda allo specchio incapace di esprimere altro da sé. In tal senso significa che l’immagine, ripresa dai media con intenti meramente commerciali, non sarà mai immagine estrema, ma immagine pornografica semmai, e sarà sempre piatta e priva di significati ulteriori.

“Questo film (A serbian film) è il diario delle angherie inflitteci dal Governo Serbo, il potere che obbliga le persone a fare quello che non vogliono fare, devono sentire la violenza per capirla”. L’immagine di A serbian film in tal senso si pone come immagine cognitiva: conoscenza della violenza e del contesto in cui tale violenza vive, ma non è solo tale. Lo spettacolo c’è, eccome. La violenza è spettacolarizzata dal momento che è pensata per essere commercializzata: lo snuffmovie all’interno del movie stesso è emblema dell’immagine capitalizzata e resa pornografica. L’immagine di A serbian film è immagine estrema dal momento che si pone oltre il documento pornografico- che pur denuncia- e si colloca nella sfera delle immagini che attivano processi cognitivi. Il processo cognitivo in tal caso è doloroso, ma perdura dal momento in cui attiva la coscienza e si distacca dall’immagine pornografica, la quale non innesca una conoscenza ma solo un momentaneo sentimento patetico.

Nel caso della guerra, l’immagine-documento spesso non riesce a rinviare ad altro che a sé stessa, allontanandosi dalla portata documentaria che dovrebbe avere, cercando un semplice approccio emotivo- e quindi effimero. L’avvento massmediatico non ha fatto altro che avvalorare tale tesi. Non a casa Brian De Palma per costruire il suo Redacted si serve dei mezzi propri dei massmedia (video dei militari americani) creando un falso documentario basato però su testimonianze vere. Perchè De Palma non ha usato i veri video?

Perché aveva bisogno di una drammaturgia alla base che distinguesse l’immagine pornografica dall’immagine che egli voleva creare: un’immagine conoscitiva appunto; De Palma con il suo lavoro conferma la tesi di Debray secondo la quale la fuga senza ritorno delle immagini che avviene giorno dopo giorno è un canale di ricambio per le memorie e una dissuasione per l’intelligenza.  Essa feticizza l’istante, destoricizza la storia, scoraggia lo stabilirsi della minima serie causale”.

Pasolini da parte sua per Salò e le 120 giornate di sodoma si ispira ai racconti del marchese De Sade: l’approccio filologico e concettuale- unito alla freddezza dell’immagine- dichiarano il voler prendere le distanze da qualsiasi forma di cinema emotivo e patetico-abitudine ci certo cinema americano- per cercare di instillare nello spettatore la coscienza- e perché no, la conoscenza- del male: lontani dal tempo dello “spettacolo”, che non funziona più nei termini del racconto, ma in quello della rappresentazione-sostituzionesimulazione.

A serbian film, la violenza allo statu puro

Nel caso specifico di A serbian film, la violenza è violenza allo stato puro che si fa spettacolo: spettacolo (pedo)pornografico pronto per essere fagocitato dai produttori(e dagli spettatori); l’immagine estrema in tal senso non sarà l’immagine violenta in sé, quanto piuttosto l’immagine di coloro che creano l’immagine pornografica in nome dell’arte, immagini di morte in nome della vita.

Non a caso le immagini più toccanti sono riprese di filmati girati in precedenza: lo stupro sul neonato esempio obbligato, simbolo della tirannia che offende prima ancora di poter parlare e della violenza che penetra prima ancora di venire al mondo; è la violenza fatta video e pensata per essere venduta, svuotata della sua gravità e resa oggetto del desiderio dello spettatore; ma proprio in virtù di tale distacco-formale in questo caso- e dell’evidente portata simbolica, quell’immagine-quasi impossibile agli occhi dell’individuo scevro dal contesto bellico- si presenta come immagine estrema, rinviando-attraverso un processo cognitivo- ad un contesto altro(bellico appunto).

Il dover riprendere in nome della conoscenza si rivela altrettanto falso della necessità di riprendere la morte in nome della vita: il tutto sempre a discapito del soggetto incapace di avere il controllo delle proprie azioni-drogato e indotto come lo è il nostro protagonista serbo- assoggettato dal capitale tiranno(non a caso sarà proprio il bisogno di denaro per poter fuggire dal paese a far si che il protagonista diventi vittima/carnefice del gioco di coloro che non si vedono mai); e la denuncia è tale che sembra quasi che il bisogno di pornografia sia causa di morte: il compulsivo bisogno di immagine si traduce in una scopofilia deviata che non lascia in pace il soggetto neanche dopo la morte: anche il corpo morto, dissacrato e offeso, è materia prima per uno show che must go on a discapito dell’arte, della vita e dell’intelligenza umana, prodotto dell’imperante capitale che promuove una cultura che vive all’insegna del trash e della pornografica.

A Separation miglior film agli APSA 2011

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A Separation miglior film agli APSA 2011

Il film iraniano A Separation, diretto da Asghar Farhadi, è stato premiato come miglior film

A Second Chance recensione del film di Susanne Bier

A Second Chance recensione del film di Susanne Bier

A Second Chance segna il ritorno di Susan Bier alla regia dopo il fiacco Una Folle Passione (Serena) e l’Oscar conquistato nel 2011 con la pellicola In Un Mondo Migliore. Questa volta, per raccontare una storia umana- troppo umana- di amore, dannazione, dolore, vita e morte, sceglie la sua amata terra scandinava dove il paesaggio naturale plumbeo e silenzioso sembra quasi un co- protagonista assoluto affianco degli attori protagonisti, che sorprendono per la loro intensità drammatica sullo schermo, riuscendo a creare una sorprendente empatia tra gli spettatori e i loro personaggi, catturati attraverso dettagli, particolari e primissimi piani che ne evidenziano i silenzi e le riflessioni nei momenti più drammatici delle loro esistenze destinate a finire allo sbaraglio.

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Andreas (Nikolaj Coster- Waldau) è un poliziotto dalla vita apparentemente perfetta: sposato con Anna, (Maria Bonnevie) hanno avuto da poco il bambino che tanto desideravano, Alexander. Simon (Ulrich Thomsen), collega ed amico, sta affrontando un divorzio difficile e, per colmare il vuoto esistenziale che avverte, si ubriaca pesantemente creando problemi; un bel giorno, durante un normale giro di routine, le loro esistenze si incrociano con quelle di Tristan (Nikolaj Lie Kaas) e Sanne (Lykke Maay Andersen), una coppia di tossicodipendenti, anch’essi genitori del piccolissimo Sofus. Queste vite, apparentemente distanti e slegate tra loro, sono destinate ad incrociarsi indissolubilmente quando un evento drammatico- nell’esistenza di Andreas- lo porterà a compiere alcune scelte discutibili che trascendono il labile confine tra bene e male.

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La Bier realizza un film emozionante e angoscioso, riflessivo e melodrammatico, detestabile o amabile: può essere valutato solo ricorrendo ad un drastico aut- aut, perché in fondo è la sceneggiatura stessa che si nutre di questi contrasti irrisolti e marcati. I personaggi evocati sullo schermo corrono il rischio di destare scandalo per via delle loro scelte discutibili che mettono a repentaglio le nostre convinzioni morali ed etiche, strutturate nel corso dei secoli. La scelta, la “seconda possibilità” del titolo che Andreas decide di compiere è sconvolgente e folle ma, emotivamente, necessaria; lo spettro della perdita di un equilibrio familiare costruito dopo tanto lavoro lascia spazio al baratro del vuoto e dell’indecifrabile, spingendo un essere umano ben oltre i propri limiti. A Second Chance è un film poetico nella sua drammaticità, vero perché si ispira alla vita stessa, che induce alla riflessione e pone lo spettatore di fronte a difficili dilemmi morali: in fin dei conti, solo la saggezza e la comprensione da parte degli altri permettono ai protagonisti di essere salvati e di avere una seconda opportunità.

A Royal Weekend: recensione del film di Roger Michell

A Royal Weekend: recensione del film di Roger Michell

Arriva anche nelle sale cinematografiche italiane A Royal Weekend, il film che racconta in chiave leggera la nascita dell’alleanza tra Stati Uniti e Gran Bretagna prima del catastrofico secondo conflitto mondiale.

A Royal Weekend racconta le note vicende del giugno 1939, quando il Presidente Franklin Delano Roosevelt e sua moglie Eleanor ospitano il re e la regina di Inghilterra per un weekend nella loro casa di Hyde Park on Hudson. La prima visita di un monarca inglese in America sarà l’occasione per una speciale relazione tra i due Paesi, ma anche per una profonda comprensione dei misteri dell’amore e dell’amicizia.

A Royal Weekend, il film

Quello che appare più ovvio dall’inizio del film e che in fin de conti è l’unica nota positiva di A Royal Weekend è l’aver scelto due interpreti come Bill Murray (nel ruolo del presidente Franklin Delano Roosvelt) e Laura Linney (in quello della cugina Daisy Suckley), abili nel regalare ad una storia mal sviluppata, due notevoli performance attoriali, che confermano l’enorme talento dei due interpreti. Invece, quello che colpisce in negativo del film è la sua lentezza e l’assoluta inesistenza di ritmo, piaga insuperabile per un film che si presenta come una rivisitazione storica in chiave ironica di una dei momenti cruciali della storia del 900.

Questa mancanza è dovuta principalmente all’eccessivo utilizzo della voice over e all’ostinata intenzione di voler rappresentare gli eventi attraverso il punto di vista privilegiato del personaggio della cugina Daisy Suckley, i quali finiscono per diventare delle catene indissolubili per una narrazione che avrebbe meritato più margini di manovra. Ad esempio fra i pochi momenti degni del film c’è il dialogo solitario fra il Presidente e il Re, che per la prima volta permette allo spettatore di osservare la vicenda senza l’ingombrante filtro del personaggio di Daisy.

A Royal Weekend prosegue su quelle intenzioni diventando un manifesto stilizzato e manierista di una messa in scena (seppur degna) fine a se stessa. Infatti, la pecca più grande del film è di non riuscire a conferire all’aneddoto più importante (l’inizio di una salda amicizia fra due potenze), il degno e meritato spazio, offuscato da una giostrina sulla quale le uniche a divertirsi sono le interpreti femminili e il regista. Per finire, altra nota di merito va dedicata ad alcune battute degne del più brillante umor inglese, senza quella fastidiosa aurea di presunzione.

A Royal Affair: recensione del film di Nikolaj Arcel

A Royal Affair: recensione del film di Nikolaj Arcel

C’è del marcio in Danimarca: presentato al Festival di Berlino e scelto per rappresentare il suo paese agli Oscar 2013 come miglior film straniero, A Royal Affair (En kongelig affære) possiede tutti gli ingredienti che non dovrebbero mai mancare ad un film in costume, ma riesce comunque a offrire qualcosa in più del semplice gusto per la rievocazione.

L’incipit del film di Nikolaj Arcel sembrava piuttosto indicativo della scelta di seguire per il dramma un registro simile a quello di The Duchess, pellicola diretta da Saul Sibb e dedicata alla Duchessa del Devonshire: chiamata a vivere nel secolo dei Lumi come il personaggio interpretato da Keira Knightley, la quindicenne Caroline si presenta subito come un’adolescente pronta ad andare incontro alle incertezze del futuro con tutta la speranza possibile, anche se questo significa dover lasciare la sua amata Inghilterra per sposarsi. La nuova patria è però assai più fredda di quanto si aspettasse: oltre a dover fare i conti con una corte ostile il suo sposo Christian VII di Danimarca si rivela subito viziato e instabile, tormentato da un’ apparente schizofrenia che gli impedisce di avere rispetto della moglie e naturalmente di essere un vero re.

L’arrivo a corte del tedesco Johann Struensee come medico personale del re porta una graduale ventata di aria fresca nella vita dell’infelice regina; ad essere più interessante nel ritratto del carismatico riformatore, ricordato per aver trasformato la Danimarca nel tempio delle idee illuministe, è il suo essere qui elemento catalizzatore non tanto nella relazione con Caroline quanto nel legame quasi paterno instaurato con Christian: il duello a base di citazioni shakespeariane che i due combattono durante il loro primo incontro è qualcosa di prezioso e si rivela in fine indispensabile per scavare nella mente del re e leggerne i tormenti più segreti.

A Royal Affair, il film

A Royal Affair film recensione

L’interpretazione dell’ormai lanciatissimo Mads Mikkelsen come Struensee è magnetica e ammaliante al punto giusto, ma le nostre simpatie vanno tutte alla prova di Mikkel Boe Følsgaard nei panni di Christian, meritatamente premiata con l’Orso D’argento al Festival di Berlino: quasi impossibile non provare pena per questo ragazzo odioso e viziato ma condannato con altrettanta costanza ad essere manipolato da tutti quelli che lo circondano( per quanto la cosa avvenga per il bene della Nazione, è incontestabile), costretto a recitare la sua parte al punto da scadere nella pantomima. Narratrice degli eventi ma mai lontana dal palcoscenico, Caroline ci commuove con tutta la passione e le ingenuità della sua giovane età grazie alla performance di una brava Alicia Vikander, presto in sala nei panni di Kitty con Anna Karenina di Joe Wright; in un ottimo cast poco noto fuori dalla madre patria non sfuggirà inoltre David Dencik come Høegh-Guldberg, ministro cospiratore già visto ne La Talpa di Tomas Alfredson.

Reverente verso il curatissimo contesto storico, la camera indulge con cautela sui protagonisti stringendosi in inquadrature morbide e sinuose, fino a danzare intorno ai protagonisti durante un ballo di corte per chiuderli nell’incanto con una sequenza che pare strizzare l’occhio all’Orgoglio e Pregiudizio di Joe Wright.

A Royal Affair scalda e avvince meglio di molti altri film del genere ma la coltre gelida che copre La Danimarca e le sue anime più inquiete avvolge il film di una magia destinata a perdurare: contro Amour le speranze di vittoria sono pressoché nulle, ma A Royal Affair competerà egualmente con tutta l’eleganza e la regalità che gli spettano.

A Roma omaggio a Suso Cecchi D’Amico

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A Roma omaggio a Suso Cecchi D’Amico

Il Festival Internazionale del Film di Roma 2010, su proposta di Gian Luigi Rondi, celebrerà con uno dei suoi premi ufficiali, il Marc’Aurelio d’Oro, la memoria della sceneggiatrice Suso Cecchi d’Amico scomparsa il 31 luglio scorso all’età di 96 anni e che ha scritto per oltre mezzo secolo le pagine più belle della storia del cinema italiano.

 

A Roma omaggio a Suso Cecchi D’Amico

A Roma omaggio a Suso Cecchi D’Amico

Il Festival Internazionale del Film di Roma 2010, su proposta di Gian Luigi Rondi, celebrerà con uno dei suoi premi ufficiali, il Marc’Aurelio d’Oro, la memoria della sceneggiatrice Suso Cecchi d’Amico scomparsa il 31 luglio scorso all’età di 96 anni e che ha scritto per oltre mezzo secolo le pagine più belle della storia del cinema italiano.

 

A Ridley Scott non è piaciuto il modo in cui JOKER “celebrava la violenza”, ma è rimasto colpito da Joaquin Phoenix

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Nonostante gli elogi per l’inquietante colonna sonora di Hildur Guðnadóttir e per la performance da protagonista, vincitrice dell’Oscar, di Joaquin Phoenix nei panni di Arthur Fleck, il Joker di Todd Phillips era lontano dall’essere amato da tutti (si trova al 69% su Rotten Tomatoes), e molte delle critiche derivavano da un percezione che il film in qualche modo glorificasse le azioni violente di Fleck.

Questo è ovviamente oggetto di dibattito (molti sostengono che fa esattamente il contrario), ma questo era il problema che ha notato Ridley Scott con il film, che ha spiegato parlando della scelta di Joaquin Phoenix come Napoleone nel suo prossimo film biografico mentre era sul palco di Deadline’s Contenders , evento londinese tenutosi nel fine settimana.

Nonostante la sua avversione per la presunta “celebrazione” della violenza da parte di Joker, lo straordinario lavoro di Phoenix nei panni dell’iconico cattivo di Batman ha convinto Scott a ingaggiarlo per Napoleon“Sono rimasto stupefatto dal suo film scandaloso Joker. Non mi è piaciuto il modo in cui celebrava la violenza, ma Joaquin è stato notevole. Pensavo che sarebbe stato una risorsa straordinaria per Napoleone, [non solo dal punto di vista creativo], anche in senso commerciale. C’erano solo due attori che avevo in mente per il ruolo. Non menzionerò l’altro.”

Ancora una volta notiamo che alcuni hanno avuto una visione molto diversa del Joker e delle sue rappresentazioni certamente scioccanti della violenza. Scott ha poi rivelato di aver girato Napoleon in soli 62 giorni. “Normalmente un film come questo verrebbe girato in circa 110 persone. Anni fa ho scoperto che otto telecamere sono otto volte più veloci. Ogni reparto deve essere in grado di tenere il passo con la mia velocità. Gli attori non vogliono ascoltare la storia della vita prima di ogni ripresa. L’ho scoperto presto. Un noto attore gallese una volta mi disse: “Adoro quello che fai perché ti muovi così velocemente”. Devi conoscere la geometria della scena. In caso contrario, saranno le 15:00 prima che inizia girare la tua prima inquadratura.

Vi ricordiamo che il regista sarà presto al cinema con Napoleon il 23 novembre 2023. Joker: Folie à Deux, sequel di Joker attualmente in post produzione arriverà al cinema nel 2024.

Napoleon: il cast del film con Joaquin Phoenix

Accanto a Phoenix, Napoleon vede Vanessa Kirby nei panni dell’imperatrice Joséphine, Tahar Rahim nei panni di Paul Barras, Ben Miles nei panni di Caulaincourt, Ludivine Sagnier nei panni di Theresa Cabarrus, Matthew Needham nei panni di Lucien Bonaparte, Youssef Kerkour nei panni del maresciallo Davout, Phil Cornwell nei panni di Sanson ‘The Bourreau, Edouard Philipponnat nei panni dello zar Alessandro, Paul Rhys nei panni di Talleyrand, John Hollingworth nei panni del maresciallo Ney, Gavin Spokes nei panni di Moulins e Mark Bonnar nei panni di Jean-Andoche Junot.

A Real Pain: recensione del film di e con Jesse Eisenberg e con Kieran Culkin #RoFF19

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Proiettato in apertura del concorso della 22esima edizione di Alice nella città, in occasione della 19° Festa del Cinema di Roma, A Real Pain è il nuovo film da regista di Jesse Eisenberg che torna a dirigere un film dopo il suo esordio del 2022, Quando avrai finito di salvare il mondo (When You Finish Saving the World, qui la nostra recensione). 

La storia di A Real Pain

Già premiato al Sundance, dove Eisenberg aveva presentato anche il suo lavoro precedente, A Real Pain segue David (Jesse Eisenberg) e Benji (Kieran Culkin), due cugini che non sembrano troppo in sintonia tra loro, i quali decidono i intraprendere un viaggio in Polonia in onore della loro amata nonna. La donna, sopravvissuta ai campi di concentramento, ha rappresentato molto nella giovane vita di entrambi e i due adesso vogliono renderle omaggio nei luoghi in cui lei ha vissuto. Un legame traballante che lascia intuire un passato di grande complicità e condivisione trai due cugini ora quasi estranei. L’avventura prende una svolta inaspettata quando il loro passato e le vecchie tensioni riemergono sullo sfondo della loro storia familiare. Con loro, in questo insolito e toccante pellegrinaggio, una serie di figure di contorno, che aiuteranno entrambi a mostrarsi e a raccontarsi per quello che davvero sono.

A Real Pain è un percorso accidentato e affascinante nella Storia e in una storia, in cui il privato si incasella nel pubblico e nello storico, appunto, in maniera molto fluida e naturale. L’interesse di Eisenberg è sicuramente quello di approfondire il legame tra questi due uomini a loro modo problematici, ma allo stesso tempo è impossibile raccontarli senza allargare ogni tanto lo sguardo verso il territorio che stanno attraversando.

Jesse Eisenberg dirige A Real Pain – Cortesia di Searchlight Pictures

La Polonia come sfondo di un viaggio emotivo

La Polonia con i suoi monumenti alla memoria e alla resistenza ebraica diventa il teatro perfetto in cui il ricordo dei due affiora e torna a fare male. I due cugini non potrebbero avere un comportamento più diverso l’uno dall’altro: tanto è metodico, ordinato, ossessivo, timido David, tanto è sconclusionato, espansivo e anarchico Benji. Il primo non sente (o finge di non sentire) niente, il secondo sente tutto, a fior di pelle, come fosse fatto completamente di nervi scoperti e sensibilità. Lo scontro è inevitabile, soprattutto se il grande amore reciproco li mantiene comunque l’uno vicino all’altro.

Sia David che Benji soffrono di problemi mentali ed emotivi ed entrambi cercano di gestirli, ovviamente nel loro modo, per cui David va in terapia e incasella ogni emozione, ogni sensazione, ogni sentire, classificandolo come assolutamente prescindibile e banale, tanto che arriverà a dire che “il mio dolore non è diverso da quello di chiunque altro” e quindi in questa totale mancanza di personalizzazione risiede la sua salvezza, il suo apparente controllo.

D’altro canto, Benji è tutto proteso verso il dolore altrui, e verso il proprio, centuplicandone la portata perché lo considera speciale, importante degno di essere considerato e condiviso, raccontato sempre, come fosse la cosa più caratteristica e importante del mondo nel preciso momento in cui lui sente il dovere di farlo.

Jesse Eisenberg e Kieran Culkin in A Real Pain – Cortesia di Searchlight Pictures

Le differenze tenute insieme dall’amore

In questo contrasto trai due che deve tener conto anche del mondo, nel caso di A Real Pain, un universo circoscritto e in continuo spostamento, si snoda un racconto molto semplice e lineare che senza deviazioni raggiunge la conclusione del suo viaggio, concentrandosi principalmente sulla puntualità della scrittura e delle interpretazioni che su estrose inquadrature o messa in scena particolarmente ricca o complessa.

Jesse Eisenberg mette insieme un lavoro di perfetto equilibrio tra il personale e l’universale, costellando il film esclusivamente di musica classica polacca sottolinea il valore storico passato dei luoghi rappresentati e con i profondi silenzi esalta i momenti di maggiore struggimento emotivo, quando i protagonisti sono messi a confronto con le loro miserie e con quelle della Storia. Impeccabile è il lavoro di interpretazione di Eisenberg e Culkin che formano una splendida coppia di fatto sullo schermo.

A Real Pain: la commedia con Jesse Eisenberg e Kieran Culkin venduta alla Searchlight

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A Real Pain di Jesse Eisenberg, uno dei film più interessanti presentati finora al Sundance Film Festival di quest’anno, è stato venduto alla Searchlight con un enorme accordo da 10 milioni di dollari.

Vista la calorosa accoglienza a Park City, il film ha scatenato una guerra di offerte durata tutta la notte tra diverse distribuzioni per aggiudicarsi i diritti globali, e l’accordo si è concluso domenica mattina presto.

Jesse Eisenberg ha diretto A Real Pain oltre a recitare con Kieran Culkin. I due interpretano dei cugini il cui tour attraverso la Polonia in onore della nonna scatena una seria rivalità familiare. Tra i loro co-protagonisti figurano Will Sharpe, Jennifer Grey, Kurt Egyiawan, Liza Sadovy e Daniel Oreskes.

A Real Pain” è uno dei due film di cui Eisenberg è protagonista al festival di quest’anno – l’altro è la stravagante commedia di Bleecker Street “Sasquatch Sunset“. L’attore afferma che “A Real Pain” è una storia molto personale. Nel film, i cugini finiscono per unirsi a un tour dell’Olocausto e, a un certo punto del film, visitano una casa non descritta per cercare un po’ di conforto.

La casa alla fine è la casa della mia famiglia“, ha detto Eisenberg al pubblico durante la prima. “Sono stati portati via da lì nel 1939“. Searchlight Pictures prevede di distribuire “A Real Pain” nelle sale quest’anno.

Siamo rimasti sbalorditi dalla visione e dal mestiere di Jesse nel raccontare questo film esilarante e profondo“, hanno dichiarato i presidenti della Searchlight Matthew Greenfield e David Greenbaum. “Racconta una storia profondamente personale e la rende universale. Non vediamo l’ora di portarlo al pubblico di tutto il mondo“.

Jesse Eisenberg ha aggiunto in un comunicato: “Realizzare ‘A Real Pain‘ è stato un vero lavoro d’amore, ed è stato così emozionante presentarlo in anteprima al Sundance. Non potrei essere più onorato di lavorare con Searchlight e di portare questa storia a un pubblico più vasto“.

Il film è stato prodotto da Dave McCary, Ali Herting, Emma Stone per Fruit Tree, Jennifer Semler e Ewa Puszczynska.

“Crediamo fermamente in Jesse come voce creativa e siamo stati entusiasti di collaborare nuovamente al suo secondo film con una portata e dei temi così ambiziosi”, ha dichiarato la Fruit Tree della Stone in un comunicato. “Avere a bordo un altro amico e amato collaboratore, il singolare Kieran Culkin, era più di quanto potessimo chiedere, così come lavorare con l’incredibile team della Searchlight”.

I produttori esecutivi sono Ryan Heller, Jennifer Westin e Michael Bloom dei Topic Studios, oltre a Kevin Kelly. “Non potremmo essere più orgogliosi di Jesse e di questo bellissimo film e siamo assolutamente entusiasti di collaborare nuovamente con David, Matthew e i nostri amici di Searchlight per la sua uscita“, ha dichiarato Ryan Heller, vicepresidente esecutivo del settore film e documentari di Topic Studios.

A Real Pain, la spiegazione del finale: a che punto è la relazione tra Benji e David?

A Real Pain (qui la nostra recensione) ha un finale ambiguo dopo una storia tanto esilarante quanto seria. Jesse Eisenberg dirige, scrive e recita nel film commedia-drammatico. Interpreta il riservato e ansioso David Kaplan, che viaggia in Polonia con il suo carismatico e tormentato cugino Benji Kaplan (Kieran Culkin). Si uniscono a un gruppo di turisti che hanno intenzione di visitare i luoghi dell’Olocausto e intendono anche visitare la casa in cui la loro nonna ha vissuto in Polonia. Le recensioni di A Real Pain sono state estremamente positive da quando il film ha debuttato al Sundance Film Festival del 2024. Eisenberg ha ricevuto consensi per la sua regia, la sua sceneggiatura e per la sua interpretazione di David, e il film si è rivelato uno dei migliori film di Kieran Culkin, il che lo ha portato a vincere tutti i premi della categoria da non protagonista di questa stagione dei premi e si avvia a vincere molto probabilmente anche il premio Oscar. La relazione tra David e Benji, già tesa, viene messa alla prova durante i loro viaggi e si sviluppa verso una conclusione in gran parte aperta.

Perché Benji è ancora all’aeroporto nel finale di A Real Pain

Ci sono diverse interpretazioni

Jesse Eisenberg dirige A Real Pain

Dopo essere tornato dalla Polonia, David suggerisce a Benji di tornare a casa con lui o almeno di condividere un taxi insieme. Benji rifiuta queste offerte e dice a David che per ora rimarrà all’aeroporto. L’ultima inquadratura di A Real Pain vede Benji ancora seduto all’aeroporto che guarda vari sconosciuti. Mentre il finale è intenzionalmente ambiguo, il fatto che Benji sia ancora all’aeroporto indica che si sente ancora fuori posto, insicuro su come andare avanti con la sua vita e ha bisogno di più tempo per elaborare le sue emozioni prima di fare il passo successivo.

È possibile che Benji sia ancora all’aeroporto perché è senza casa. All’inizio del film, è già all’aeroporto molto prima che arrivi David e ogni volta che David prova a chiamare il telefono di Benji, è sempre irraggiungibile. Culkin ha un’altra interpretazione del finale che ha condiviso allo SCAD Film Festival del 2024 (tramite Blavity), ovvero che l’inquadratura finale è ciò che David immagina accada a Benji dopo averlo lasciato, poiché ha paura di immaginare cosa potrebbe fare Benji dopo aver lasciato l’aeroporto.

Cosa trovano David e Benji a casa della nonna in Polonia

Non va come previsto

Dopo aver trascorso la maggior parte del film con il loro gruppo di turisti, David e Benji si separano da loro per visitare la casa in cui è cresciuta la nonna. Nessuno dei due cugini è sicuro di cosa si aspettassero di trovare, ma la casa si rivela insignificante. Tuttavia, suscita in Benji un ricordo di quando la nonna gli ha dato uno schiaffo, che lui sostiene essere la cosa migliore che gli sia mai capitata. David suggerisce di mettere una pietra sul portico di casa per commemorare il fatto che erano lì. Prende questa idea dalla tradizione ebraica di mettere pietre sulle tombe. La nonna di David e Benji viveva nella città polacca di Krasnystaw.

Mettere delle pietre davanti alla casa cattura l’attenzione di un vicino che non parla inglese, costringendo il figlio a tradurre. I cugini chiariscono che hanno messo le pietre lì come gesto sentimentale, mentre il figlio spiega che, indipendentemente da ciò, devono spostarle perché sono un pericolo e l’anziana donna che vive nella casa ora potrebbe inciamparci. Come gran parte del film, il viaggio a casa della nonna non va come previsto e non fornisce la conclusione che ci si aspetta.

Perché David ha smesso di andare a trovare Benji in A Real Pain

Responsabilità e tragedia li hanno allontanati

A Real Pain recensione film
A Real Pain recensione film – Cortesia di Searchlight

Quando David e Benji erano più piccoli, erano molto uniti e facevano tutto insieme, un fatto che Benji menziona agli altri membri del gruppo turistico all’inizio. Crescendo, il loro rapporto cambiò, mentre David si concentrava sulla moglie, sul figlio e sulla carriera, e Benji faceva fatica a trovare la sua strada. David smise di andare a trovare Benji e iniziarono ad allontanarsi sempre di più sei mesi prima del loro viaggio in Polonia, quando Benji cercò di togliersi la vita con dei sonniferi.

David non riusciva a smettere di immaginare la vista di Benji svenuto sul divano dopo la sua overdose. È ossessionato da questa immagine, è consumato dalla paura di ciò che Benji farà e non riesce a stare con suo cugino per mesi. Dall’esprimere questi sentimenti all’offrire a Benji di tornare a casa con lui, David cerca di fare ammenda. I cugini si abbracciano emozionalmente nella loro ultima scena insieme e il viaggio li ha riavvicinati, ma c’è ancora molto su cui entrambi devono lavorare.

Come Benji cambia i futuri tour dell’Olocausto

James applica il feedback di Benji

Durante il loro tour in Polonia, la guida turistica, James (Will Sharpe) e il compagno di tour Eloge (Kurt Egyiawan), trascorrono molto tempo a condividere i numerosi fatti che conoscono sull’Olocausto, la Polonia e la storia del popolo ebraico. La frustrazione di Benji per questo raggiunge il punto di rottura quando il gruppo si trova in un cimitero ebraico. Critica James per aver fatto in modo che il tour trattasse la devastazione dell’Olocausto come se fosse poco più di un elenco di fatti e statistiche, e che ci dovrebbe essere più enfasi sulla connessione autentica e l’emozione con la storia.

Quando il gruppo in seguito si reca al campo di concentramento nazista di Majdanek, James prende a cuore le parole di Benji scegliendo di offrire solo informazioni minime e di consentire al gruppo di camminare in modo più silenzioso e autentico attraverso il campo dove un tempo si verificarono innumerevoli orrori. Prima che David e Benji lascino il gruppo per visitare la casa della nonna, James esprime a Benji che è grato per il feedback onesto che ha cambiato la sua prospettiva e per come guiderà i tour dell’Olocausto in futuro.

Il vero significato del finale di A Real Pain

La condizione umana è complessa

Jesse Eisenberg e Kieran Culkin in A Real Pain – Cortesia di Searchlight Pictures

I personaggi di A Real Pain affrontano una storia che pone domande difficili senza fornire risposte facili. Alcune di queste domande sono specifiche dell’Olocausto, con le critiche di Benji che evidenziano i pericoli del turismo dell’Olocausto che ha il pericoloso potenziale di disumanizzare la vera sofferenza e la storia di ciò che è realmente accaduto. Studiare e rivisitare questa storia è intrecciato con un dolore personale e collettivo, che è ulteriormente amplificato dal dolore che David e Benji stanno vivendo per la scomparsa della nonna e che stanno cercando di elaborare a modo loro.

Oltre a porre domande difficili sull’Olocausto, il film pone domande sull’identità e sul dolore. David cerca di seppellire il suo dolore e concentrarsi sulle sue responsabilità perché crede che il suo dolore sia insignificante, mentre Benji affronta il suo dolore in modi spesso autodistruttivi. Cercano di connettersi con le loro radici mentre si riconciliano con le loro identità, ma come si vede dalla scena a casa della nonna, non è così semplice come pensavano che sarebbe stato. A Real Pain pone domande difficili sulla condizione umana a cui non si può mai rispondere completamente.

A Rainy Day in New York: il trailer del nuovo film di Woody Allen

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È finalmente online il primo trailer ufficiale di Un Giorno di Pioggia a New York (A Rainy Day in New York), il nuovo film scritto e diretto da Woody Allen che arriverà nelle nostre sale il prossimo 3 ottobre grazie a Lucky Red.

Nel cast figurano Jude Law, Elle Fanning, Timothée Chalamet, Selena Gomez, Liev Schreiber, Suki Waterhouse e Kelly Rohrbach.

Vi ricordiamo che il regista ha da poco presentato una causa contro Amazon Studios (che ha scelto di non distribuire la pellicola tradendo così gli accordi iniziali). Nel frattempo Allen tornerà ufficialmente sul set per girare il suo prossimo lavoro in Spagna, finanziato dalla compagnia di produzione Mediapro che aveva già collaborato sui progetti di Vicky Cristina Barcelona e Midnight In Paris.

a rainy day in new york

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