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Verbinski e Depp di nuovo insieme

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Verbinski e Depp di nuovo insieme

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Gore Verbinski, reduce dalla regia del suo primo cartoon, Rango, potrebbe tornare a lavorare con Johnny Depp dopo La Maledizione della Prima Luna.

True Grit teaser del film dei Fratelli Coen

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Tornano i Fratelli Coen, e questa volta con il remake di un film che valse l’Oscar a John Wayne: ecco il teaser trailer di True Grit, con Jeff Bridges, Matt Damon e Josh Brolin!

E’ morta Gloria Stuart

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Gloria_Stuart

Gloria Stuart è morta ieri a Los Angeles, aveva 100 anni. L’attrice, molto nota sin dagli anni trenta del secolo scorso, ha ottenuto una nomination all’Oscar per il suo ruolo da attrice non protagonista per Titanic (1997), diventando la più anziana nominata all’Oscar della storia: aveva 87 anni.

‘Wall Street 2’ scala la vetta del Box Office USA

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Box office completamente stravolto anche questa settimana negli Stati Uniti, grazie soprattutto alle nuove entrate che subito scalano la classifica, rubando la vetta al film di Ben Affleck – ‘The Town’ – sceso in terza posizione. A soffiare il posto all’attore/regista 38enne ci pensa  Oliver Stone con il ritorno di ‘Wall Street’ a ventitrè anni di distanza dal primo episodio.

Wall Street 2: Il denaro non dorme mai’ guadagna 19 milioni di dollari su un totale di 5.100 sale a disposizione (in 3.565 località): una cifra che conferma l’amore degli americani per il genere e per il primo film, ma che si rivela abbastanza deludente in relazione alla campagna promozionale portata avanti dalla Fox, che si aspettava – forse – qualcosa in più.  Seconda posizione per il nuovo cartone animato in 3D della Warner Bros, ‘Il Regno di Ga’ Hoole – La leggenda dei guardiani’, altro nuovo ingresso, che guadagna nel week end 16,3 milioni di dollari. Prevedibilmente, il nuovo cartone vince la battaglia contro ‘Alpha & Omega’ della Lionsgate, ma anche per ‘Il Regno di Ga’Hoole’ bisogna ammettere un debutto ‘tiepido’, nonostante gli occhialetti che spesso alzano l’incasso (considerando soprattutto il record  della distribuzione in 3D in ben 2.479 località).

Terza posizione – come già accennato – per ‘The Town’: nel week end la pellicola di Ben Affleck incassa 15,6 milioni di dollari, arrivando ad un totale di 48,7 milioni in dieci giorni. Tutto sommato, Ben Affleck non si può lamentare! Resiste in quarta posizione ‘Easy A’, la teen comedy che guadagna, nel fine settimana, 10.6 milioni di dollari. La commedia piace al pubblico, ma non così tanto quanto ci si aspettava. Nel complesso, tuttavia, il film con Emma Stone guadagna 32,8 milioni di dollari: un incasso buono, soprattutto considerando la concorrenza.

Quinta posizione per l’ultima new entry della settimana: ‘You Again’, commedia con Kristen Bell come protagonista (ma soprattutto con Jamie Lee Curtis e Sigourney Weaver), guadagna 8,3 milioni di dollari. Anche questa volta, bisogna parlare di una cifra al di sotto delle aspettative, ma la quinta posizione non è di certo un flop per la Buena Vista.

Sesta posizione per ‘Devil’ (6,6 milioni di dollari), seguito da ‘Resident Evil: Afterlife’ (4,9 milioni). Precipita invece in ottava posizione il cartoon ‘Alpha & Omega’, che guadagna 4,7 milioni di dollari per un totale non entusiasmante di circa 15 milioni in dieci giorni. Chiudono la top ten gli ‘irriducibili’ ‘Takers’ (1,6 milioni e ‘, Inception’ (1,2 milioni), giunto finalmente anche nelle nostre sale. Il prossimo weekend debutterà sugli schermi statunitensi l’attesissimo ‘The Social Network’: ‘Wall Street’ dovrà cedere il trono o riuscirà a sorprenderci?

New Entry per The Twilight saga: Breaking Dawn

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New Entry per The Twilight saga: Breaking Dawn

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Nessuna della due attrici è stata ancora scritturata ufficialmente, ma la fonte è attendibile.

Anche Darren Aronofsky in lista per Superman

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Anche Darren Aronofsky in lista per Superman

Anche Darren Aronofsky secondo Il Los Angeles Times  è nella lista per aggiudicarsi la regia del nuovo Superman prodotto da Christopher Nolan. La shortlist diventa sempre più ricca…ed è in continua evoluzione e che dietro le quinte Nolan e i produttori del film stanno lavorando sodo per trovare un regista a cui affidare il film in tempo per iniziare le riprese nel 2011.

Steven Zeitchik sul blog del Los Angeles Times 24 Frames rivela che Darren Aronofsky, ancora legato al nuovo film di Robocop (ma dubbioso sul fatto che venga mai realizzato), sarebbe in lizza per dirigere il reboot delle avventure dell’Uomo d’Acciaio.

Aronofsky” spiega Zeitchik, “ha discusso del film con Nolan, rivelano le mie fonti. Nolan sta intensificando la sua ricerca di un regista per il film (…) e Aronofsky ovviamente è solo uno dei tanti nomi. Nolan e la partner produttiva Emma Thomas stanno contattando una rete di registi più ampia di Krypton, tra cui figurano Zack Snyder, Matt Reeves e un numero di registi più navigati”.

Questo non significa che Aronofsky sia tra i favoriti, anche perché è ben nota la sua resistenza a lavorare a pellicole sotto il controllo delle major hollywoodiane (anche se avere Nolan come produttore dovrebbe garantirgli una certa libertà creativa).

fonte:Los Angeles Times

Il cast di Benvenuti al Sud racconta il film

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Il cast principale, il regista Luca Miniero e la produzione di Benvenuti al Sud hanno incontrato la stampa nelle sale del cinema Fiamma, per raccontare il loro lavoro in Benvenuti al Sud.

Benvenuti al Sud: recensione del film con Claudio Bisio

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Benvenuti al Sud: recensione del film con Claudio Bisio

Remake del fortunatissimo film francese Giù al Nord, Benvenuti al Sud ne ripercorre tutte le tappe narrative, ovviamente adattando gli stereotipi e le modifiche del caso, in modo da adattare la storia a quello che è il nostro conflitto nazionale tra nord e sud.

In Benvenuti al Sud Alberto è il direttore di un ufficio postale nella periferia di Milano, il suo sogno è quello di essere trasferito all’ombra del Duomo con la sua famiglia, moglie e figlio. Per ottenere il trasferimento Alberto si finge disabile, e scoperto, viene peggio che licenziato, trasferito al Sud in un paesino vicino Salerno. Terrorizzato dall’affrontare la delinquenza la spazzatura e la grettezza (nel suo modo di vedere) degli abitanti, Alberto parte solo e sconsolato per il Sud, senza sapere che una volta arrivato, troverà ad aspettarlo ben altro che camorra e immondizia.

Benvenuti al Sud, il film

Benvenuti al Sud

Rispetto all’originale però, dove le differenze maggiori tra il protagonista e gli abitanti del nord della Francia erano rintracciate nel dialetto, qui lo spettro si amplia e Alberto, interpretato da Claudio Bisio, si troverà ad avere a che fare con impiegati scansafatiche e irrispettosi, ma dal cuore d’oro, incomprensibili, ma generosi, e finirà per amare questa terra tanto paventata. I pregi di questa piccola commedia sono decisamente numerosi, a partire dalla delicatezza del tema che viene trattato, per scelta dello sceneggiatore Massimo Gaudioso, con un approccio a tratti edulcorato e a tratti invece pesantemente stereotipato, come il caldo africano al sud o la nebbia persistente al nord.

Tuttavia la commedia risulta piacevole, forse troppo lunga ma a suo modo elegante con una struttura narrativa accettabile e soprattutto senza alcuna volgarità che tanto facilmente straripa dai film comici che siamo abituati a vedere in sala. Accanto a Claudio Bisio nei panni di Alberto, Alessandro Siani interpreta Mattia, giovane postino con ‘il complesso di Edipo’ innamorato della procace ma generosa Maria interpretata da una convincente Valentina Lodovini, soprattutto per l’uso discreto e cadenzato di un accento, quello napoletano, che facilmente si storpia e che lei non conosce per natura (essendo toscana) ma per cultura. Nei panni della spalla Siani si conferma un bravo attore di commedia, sempre pronto a pescare espressioni e battute dal suo repertorio teatrale, come ogni cabarettista che si rispetti, e con la faccia da bravo ragazzo per suscitare simpatia nel pubblico che sta dimostrando di apprezzarlo anche oltre il territorio partenopeo.

Oltre alla sempre straordinaria Angela Finocchiaro nei panni di Silvia (moglie di Alberto/Bisio) il film si popola di una serie di caratteristi ben noti al cinema italiano: da Nando Paone, già visto in diversi film come ottimo caratterista al fianco di Vincenzo Salemme, e Giacomo Rizzo, affacciatosi al cinema addirittura con Sergio Citti e Pier Paolo Pasolini, e visto più di recente nella parte del protagonista ne L’Amico di Famiglia di Sorrentino.

Benvenuti al Sud è una sorta di commedia sociale che si lascia guardare, senza avere uno scopo sociologico ma con un sottile messaggio di invito all’apertura e alla curiosità verso chi ci sembra diverso ma in realtà non lo è poi tanto. Tuttavia il film pecca un po’ nella sceneggiatura a tratti troppo affrettata nel dispiegare le dinamiche dell’incontro tra le due realtà messe a confronto, ma è accompagnato da una colonna sonora discreta e interessante che riprende le sonorità tradizionali del Cilento.

Emma Watson in My Week with Marilyn

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Emma Watson in My Week with Marilyn

La saga di Harry Potter volge al termine, e persino l’unica tra i protagonisti del film che finora ha dedicato i suoi sforzi recitativi solo alla serie che gli ha regalato fama e denaro è stata costretta a guardarsi intorno.

Emma Watson ha deciso così di entrare nel cast di un film da tempo annunciato, My Week with Marilyn, basato sulle memorie di Colin Clarke, assistente di Laurence Olivier sul set de Il principe e la ballerina. Nel film, che vede confermati Michelle Williams nel ruolo della diva e Kenneth Branagh in quelli di Olivier, la Watson avrà una parte non di primissimo piano: quella di una giovane assistente costumista che lavorava sul set del film intorno a cui ruotano tutte le vicende raccontate.

Edward Norton sogna Christopher Nolan

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edword norton

Considerando i magri risultati di L’incredibile Hulk, Edward Norton ha dichiarato di non provare alcun risentimento nei riguardi della Marvel, che l’ha estromesso come interprete di Hulk in The Avengers.

Harry Potter e i doni della morte: i figli di Ron e Harry

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Harry Potter e i doni della morte: i figli di Ron e Harry

Ecco online nuove immagini dei bambini che vedremo nell’Epilogo di Harry Potter e i Doni della Morte: Parte II. Ecco i piccoli attori scelti per le scene ambientate a King’s Cross…

Boicottamento The Hobbit, parla Peter Jackson

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Dopo l’invito dell’Federazione Internazionale degli Attori verso i propri membri a boicottare Lo Hobbit, Peter Jackson ha rilasciato una caustica dichiarazione spontanea sulla questione – ricordiamo che l’IFA pretende che gli attori neozelandesi (che non fanno parte dell’Unione) svolgano collettivamente le trattative per i loro contratti di lavoro nello Hobbit (aderendo di fatto all’Unione).

Jackson, oltre a contestualizzare l’intera situazione, sottolinea che le richieste dell’IFA sono impossibili da soddisfare per motivi squisitamente legali, e che l’insistenza da parte dell’organizzazione potrà causare solo due cose: l’annullamento dello Hobbit o, più probabilmente, lo spostamento di riprese e produzione nei Paesi dell’Est Europeo. Uno smacco per l’industria cinematografica neozelandese, e un danno gravissimo per l’occupazione (anche australiana, vista la partecipazione diretta di molti australiani nelle produzioni neozelandesi).

Oltretutto, Jackson prefigura un incidente diplomatico tra Australia e Nuova Zelanda, sospettando una palese ingerenza del sindacato degli attori australiano (MEAA) nella piccola organizzazione di attori neozelandese NZ Equity, che si propone come interlocutore per le trattative collettive.

qui sotto alcuni passaggi della lunga e interessante lettera di Jackson, rimandandovi a www.hobbitfilm.it per la lettura completa.

L’unione dei lavoratori australiani MEEA sta strumentalizzando la nostra produzione Lo Hobbit nel tentativo di ampliare la propria base di iscritti, e il proprio potere all’interno dell’industria cinematografica Neozelandese. Come regista Neozelandese, che non ha nulla da nascondere o di cui vergognarsi, non rimarrò in silenzio a guardare continuare questo comportamento minaccioso senza discutere in maniera sensibile dei “fatti” e della “verità” dietro alle varie accuse.

Dietro alle accuse di sfruttamento degli attori chiamati a partecipare alla produzione “estranea all’Unione” dello Hobbit, e all’annuncio che numerose star di alto profilo si rifiuteranno di comparire nei film, ci sono delle strategie molto chiare in movimento. Come sempre in questi casi, sono tutte basate sul denaro e sul potere.

Lasciatemi elencare una serie di fatti:

Parlando a titolo personale, non sono affatto contro i sindacati. Sono un membro orgoglioso di ben tre unioni sindacali americane, la Directors Guild, la Producers Guild e la Writers Guild. Supporto la Screen Actors Guild (unione sindacale degli attori di Hollywood, ndt). Tutte queste organizzazioni – non sono molto sicuro di conoscere la differenza tra “Guild (sindacato)” e “unione” – fanno un grandissimo lavoro nell’interesse dei propri membri.
* jackson(…) Per Lo Hobbit la Warner Bros. ha accettato di creare un fondo separato nel quale verrà accumulata una parte dei profitti, che verrà divisa tra tutti gli attori non-SAG. Questo non è stato fatto a causa di pressioni da parte dei sindacati o dell’Unione: è stata la Warner a proporsi educatamente, e gli attori Neozelandesi e Australiani saranno quelli che otterranno il beneficio principale. I membri della SAG hanno la loro percentuale, e i non-SAG hanno la loro. E’ uno schema che abbiamo presentato agli agenti degli attori Neozelandesi, e che fa parte dei nostri contratti attuali per il cast dello Hobbit.
* Qualsiasi danno stia tentando di farci la MEAA – e ne farà, visto che è il loro obiettivo principale, colpendo Lo Hobbit – noi continueremo a trattare i nostri attori e la nostra troupe con rispetto, come abbiamo sempre fatto.
* (…) Inizia tutto con la “NZ Actors Equity”. E’ una piccola organizzazione che rappresenta una minoranza di attori Neozelandesi. Non sono una Unione sindacale, e non hanno mai avuto lo status legale di una Unione. Dai report a mia disposizione, si tratta di 100 o 200 membri.
* (…) la NZ Actors Equity rappresenta 200 attori su 2000 attori neozelandesi, cioè il 10%. (…) Recentemente sono stati finanziati dalla MEAA.
* (…) A quanto mi risulta, ora la NZ Actors Equity è confluita nella MEAA, il che significa che l’organizzazione sindacale australiana MEAA rappresenta 200 dei nostri 2000 attori Neozelandesi. Non credo rappresenti gli attori non-Equity. Parla quindi per voce di una minoranza dei nostri attori.
* (…) Sono anche sempre più adirato sapendo che questa piccola minoranza stia mettendo in pericolo un progetto cui hanno lavorato centinaia di persone negli ultimi due anni, e al quale migliaia di persone lavoreranno nei prossimi quattro anni. Le centinaia di milioni di dollari della Warner Brothers che verranno spesi nella nostra economia.
* (…) La MEAA chiede che la casa di produzione dello Hobbit (la 3foot7 Ltd, di proprietà della Warner Bros.) entri in trattative per un unico contratto, negoziato dall’Unione, che includa tutti gli attori del film.
* Scusate, ma ho un piccolo problema con le organizzazioni che rappresentano una minoranza ma cercano di prendere il controllo di tutti quanti – ma non è questo il vero prolema. La complessa rete di leggi sul lavoro in Nuova Zelanda sono la vera ragione per cui questa richiesta non verrà mai soddisfatta.
* La legge neozelandese, infatti, vieta che si tengano trattative con organizzazioni che rappresentano i performer, in quanto questi sono considerati dei contractor indipendenti. Il NZ Commerce Act sostiene che sarebbe fuorilegge mettersi a trattare con una unione australiana su questioni simili.

Le teorie cospirazioniste sono numerose, quindi scegliete quella che preferite: noi abbiamo fatto meglio di loro negli ultimi anni, attirando produzioni internazionali – e gli Australiani preferirebbero avere una fetta più grande della torta, iniziando dallo sfruttare Lo Hobbit per avere più controllo sulla nostra industria cinematografica. Una logica malata che vedrà la Nuova Zelanda umiliata sul piano mondiale, perdendo Lo Hobbit, il quale finirà per essere girato in Europa dell’Est. La Warner risparmierebbe soldi e avrebbe un successo finanziario, convincendo altri studios a stare lontani dalla Nuova Zelanda.

L’impressione però è che veniamo attaccati perché siamo un bell’obbiettivo, grasso e allettante. Ma non abbiamo ancora nemmeno avuto il via libera alla produzione! E’ come se i grossi cugini Austaliani ci stessero lanciando la sabbia negli occhi. O, per metterla in un altro modo, gli opportunisti rovinano il nostro film per il loro interesse politico.

Peter Jackson

(NB: Questo comunicato rappresenta l’opinione di Peter Jackson come regista Neozelandese, non l’opinione della Warner Bros. e della New Line Cinema, che non sono state ancora consultate a riguardo).

Boicottamento The Hobbit, parla Peter Jackson

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Boicottamento The Hobbit, parla Peter Jackson

Dopo l’invito dell’Federazione Internazionale degli Attori verso i propri membri a boicottare The Hobbit, Peter Jackson ha rilasciato una caustica dichiarazione spontanea sulla questione – ricordiamo che l’IFA pretende che gli attori neozelandesi (che non fanno parte dell’Unione) svolgano collettivamente le trattative per i loro contratti di lavoro nello Hobbit (aderendo di fatto all’Unione).

Jackson, oltre a contestualizzare l’intera situazione, sottolinea che le richieste dell’IFA sono impossibili da soddisfare per motivi squisitamente legali, e che l’insistenza da parte dell’organizzazione potrà causare solo due cose: l’annullamento dello Hobbit o, più probabilmente, lo spostamento di riprese e produzione nei Paesi dell’Est Europeo. Uno smacco per l’industria cinematografica neozelandese, e un danno gravissimo per l’occupazione (anche australiana, vista la partecipazione diretta di molti australiani nelle produzioni neozelandesi).

Oltretutto, Jackson prefigura un incidente diplomatico tra Australia e Nuova Zelanda, sospettando una palese ingerenza del sindacato degli attori australiano (MEAA) nella piccola organizzazione di attori neozelandese NZ Equity, che si propone come interlocutore per le trattative collettive.

qui sotto alcuni passaggi della lunga e interessante lettera di Jackson, rimandandovi a www.hobbitfilm.it per la lettura completa.

L’unione dei lavoratori australiani MEEA sta strumentalizzando la nostra produzione Lo Hobbit nel tentativo di ampliare la propria base di iscritti, e il proprio potere all’interno dell’industria cinematografica Neozelandese. Come regista Neozelandese, che non ha nulla da nascondere o di cui vergognarsi, non rimarrò in silenzio a guardare continuare questo comportamento minaccioso senza discutere in maniera sensibile dei “fatti” e della “verità” dietro alle varie accuse.

Dietro alle accuse di sfruttamento degli attori chiamati a partecipare alla produzione “estranea all’Unione” dello Hobbit, e all’annuncio che numerose star di alto profilo si rifiuteranno di comparire nei film, ci sono delle strategie molto chiare in movimento. Come sempre in questi casi, sono tutte basate sul denaro e sul potere.

Lasciatemi elencare una serie di fatti:

Parlando a titolo personale, non sono affatto contro i sindacati. Sono un membro orgoglioso di ben tre unioni sindacali americane, la Directors Guild, la Producers Guild e la Writers Guild. Supporto la Screen Actors Guild (unione sindacale degli attori di Hollywood, ndt). Tutte queste organizzazioni – non sono molto sicuro di conoscere la differenza tra “Guild (sindacato)” e “unione” – fanno un grandissimo lavoro nell’interesse dei propri membri.
* jackson(…) Per Lo Hobbit la Warner Bros. ha accettato di creare un fondo separato nel quale verrà accumulata una parte dei profitti, che verrà divisa tra tutti gli attori non-SAG. Questo non è stato fatto a causa di pressioni da parte dei sindacati o dell’Unione: è stata la Warner a proporsi educatamente, e gli attori Neozelandesi e Australiani saranno quelli che otterranno il beneficio principale. I membri della SAG hanno la loro percentuale, e i non-SAG hanno la loro. E’ uno schema che abbiamo presentato agli agenti degli attori Neozelandesi, e che fa parte dei nostri contratti attuali per il cast dello Hobbit.
* Qualsiasi danno stia tentando di farci la MEAA – e ne farà, visto che è il loro obiettivo principale, colpendo Lo Hobbit – noi continueremo a trattare i nostri attori e la nostra troupe con rispetto, come abbiamo sempre fatto.
* (…) Inizia tutto con la “NZ Actors Equity”. E’ una piccola organizzazione che rappresenta una minoranza di attori Neozelandesi. Non sono una Unione sindacale, e non hanno mai avuto lo status legale di una Unione. Dai report a mia disposizione, si tratta di 100 o 200 membri.
* (…) la NZ Actors Equity rappresenta 200 attori su 2000 attori neozelandesi, cioè il 10%. (…) Recentemente sono stati finanziati dalla MEAA.
* (…) A quanto mi risulta, ora la NZ Actors Equity è confluita nella MEAA, il che significa che l’organizzazione sindacale australiana MEAA rappresenta 200 dei nostri 2000 attori Neozelandesi. Non credo rappresenti gli attori non-Equity. Parla quindi per voce di una minoranza dei nostri attori.
* (…) Sono anche sempre più adirato sapendo che questa piccola minoranza stia mettendo in pericolo un progetto cui hanno lavorato centinaia di persone negli ultimi due anni, e al quale migliaia di persone lavoreranno nei prossimi quattro anni. Le centinaia di milioni di dollari della Warner Brothers che verranno spesi nella nostra economia.
* (…) La MEAA chiede che la casa di produzione dello Hobbit (la 3foot7 Ltd, di proprietà della Warner Bros.) entri in trattative per un unico contratto, negoziato dall’Unione, che includa tutti gli attori del film.
* Scusate, ma ho un piccolo problema con le organizzazioni che rappresentano una minoranza ma cercano di prendere il controllo di tutti quanti – ma non è questo il vero prolema. La complessa rete di leggi sul lavoro in Nuova Zelanda sono la vera ragione per cui questa richiesta non verrà mai soddisfatta.
* La legge neozelandese, infatti, vieta che si tengano trattative con organizzazioni che rappresentano i performer, in quanto questi sono considerati dei contractor indipendenti. Il NZ Commerce Act sostiene che sarebbe fuorilegge mettersi a trattare con una unione australiana su questioni simili.

Le teorie cospirazioniste sono numerose, quindi scegliete quella che preferite: noi abbiamo fatto meglio di loro negli ultimi anni, attirando produzioni internazionali – e gli Australiani preferirebbero avere una fetta più grande della torta, iniziando dallo sfruttare Lo Hobbit per avere più controllo sulla nostra industria cinematografica. Una logica malata che vedrà la Nuova Zelanda umiliata sul piano mondiale, perdendo Lo Hobbit, il quale finirà per essere girato in Europa dell’Est. La Warner risparmierebbe soldi e avrebbe un successo finanziario, convincendo altri studios a stare lontani dalla Nuova Zelanda.

L’impressione però è che veniamo attaccati perché siamo un bell’obbiettivo, grasso e allettante. Ma non abbiamo ancora nemmeno avuto il via libera alla produzione! E’ come se i grossi cugini Austaliani ci stessero lanciando la sabbia negli occhi. O, per metterla in un altro modo, gli opportunisti rovinano il nostro film per il loro interesse politico.

Peter Jackson

(NB: Questo comunicato rappresenta l’opinione di Peter Jackson come regista Neozelandese, non l’opinione della Warner Bros. e della New Line Cinema, che non sono state ancora consultate a riguardo).

La Passione: recensione del film di Carlo Mazzacurati

La Passione: recensione del film di Carlo Mazzacurati

La Passione di Carlo Mazzacurati arriva nelle sale italiane dopo la partecipazione in Concorso alla 67° Mostra del Cinema di Venezia. Si tratta di una commedia dal buon ritmo, protagonista Silvio Orlando nei panni di Gianni Dubois: un regista di mezza età in crisi creativa, alle prese con due problemi: deve trovare in fretta un’idea per un film da girare con una giovane attrice di fiction (Cristiana Capotondi) – potrebbe rappresentare la svolta della sua carriera, mai decollata.

A ciò si aggiunge un increscioso inconveniente nella sua casa in Toscana: una perdita nel bagno danneggia un affresco del ‘500 nell’attigua chiesa del paese. Dubois è costretto quindi a lasciare Roma per recarsi in Toscana, dove il sindaco (Stefania Sandrelli) e l’assessore (Marco Messeri) minacciano di denunciarlo ai Beni Culturali, a meno che non accetti di dirigere la Sacra Rappresentazione del Venerdì Santo, da organizzare in pochi giorni. Gli verrà in soccorso un ex carcerato di nome Ramiro (Giuseppe Battiston), estimatore di Dubois e con una grande passione per il teatro. Nonostante un susseguirsi di imprevisti dai risvolti comici, che li vedranno alle prese, tra l’altro, con un attore di pessima qualità ma di buona memoria (Corrado Guzzanti), cui affideranno il ruolo del Messia, la Sacra Rappresentazione andrà in scena e otterrà un buon successo. In più, qui Dubois incontrerà una giovane barista polacca (Kasia Smutniak), attorno alla quale costruirà la trama del suo nuovo film.

La Passione, il film

Dunque un nuovo inizio, una sorta di resurrezione anche per Dubois, che arriva proprio quando il destino sembrava accanirsi contro di lui e contro l’altro personaggio che vorrebbe risorgere dalle ceneri del proprio passato: Ramiro. La vita sembra infatti riportare l’ex ladro sul binario che voleva abbandonare, ma avrà il suo riscatto. Dunque, gli ingredienti paiono essere quelli che avevamo già trovato e apprezzato dieci anni fa in “La lingua del Santo” – anche lì seguivamo la tragicommedia dei due protagonisti, ladri improvvisati che la ricca società padovana aveva relegato ai margini. Tutto avrebbe potuto funzionare alla perfezione, sennonché  qui ci si muove spesso su un registro parodistico-caricaturale. L’attore Manlio Abbruscati, interpretato da Corrado Guzzanti,  ne è l’emblema: è un personaggio dai toni macchiettistici, lo stesso tipo di macchietta che Guzzanti ottimamente interpreta in teatro ma che, trasposta al cinema, non ha la stessa efficacia. Alcune situazioni appaiono forzate, ai limiti del surreale, senza però che si faccia una scelta chiara in questa direzione.

Al contrario, ai toni da parodia in La Passione si mescola la mimesi realistica, generando nello spettatore un senso di straniamento. I meccanismi comici, poi, sono spesso reiterati e ciò li rende poco incisivi. In questa chiave parodistica, l’analisi sociale è più suggerita che approfondita. Bersaglio di Mazzacurati sono i mali italiani: le istituzioni, che per prime utilizzano la logica del favore e del ricatto, i servizi al cittadino che non funzionano, e soprattutto, il mondo del cinema, che appare imbrigliato in logiche commerciali, senza spazio per la creatività; un cinema che vuole competere col successo di massa delle fiction televisive e non lo fa mantenendo la sua specificità, ma conformandosi al modello proposto dalla TV. Il risultato è, però, meno efficace che in “La lingua del Santo”, in cui ironia e leggerezza accompagnavano, senza banalizzarla né sovrastarla, una riflessione sulla dimensione sociale ed esistenziale, conferendo levitas alla materia trattata. Il regista sceglie qui un registro più spiccatamente comico, a tratti farsesco, nel quale però non sembra trovarsi molto a suo agio.

Ricco il cast di La Passione: accanto a Silvio Orlando, già scelto da  Mazzacurati nel ’92 per “Un’altra vita”, Giuseppe Battiston, che ben interpreta il personaggio forse più complesso del film, confermandosi come una sicurezza del nostro cinema. E poi Stefania Sandrelli, di nuovo in coppia con Marco Messeri, dopo La prima cosa bella di Virzì. Produzione affidata a Domenico Procacci e Fandango, in collaborazione con Rai Cinema.

Guillermo del Toro e DreamWorks Animation

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Del_Toro

Guillermo del Toro collaborerà con la DreamWorks Animation per i prossimi mesi: il regista ha messo mano a Megamind, e sta sviluppando Trollhunters, che realizzerà in animazione!

Box Office ITA 27/09/2010

Inception debutta al primo posto al box office italiano, con un risultato non particolarmente esaltante, al contrario di quanto avvenuto nelle scorse settimane nel resto del mondo. Buon esordio per L’ultimo dominatore dell’aria al secondo posto, mentre La passione non riesce a imporsi su Mordimi.

Finalmente, dopo lunghe settimane di attese, Inception è arrivato in Italia e, come prevedibile, ha immediatamente guadagnato la prima posizione al botteghino; i 2,6 milioni di euro incassati tuttavia non rappresentano un risultato eccezionale, considerando le 600 sale in cui è stato lanciato il film, e le attese dei fan di Nolan. Bisogna anche riconoscere che lo spettatore medio del nostro Paese non è spesso attirato da pellicole cerebrali e impegnative a livello intellettuale, anche quando si parla del film dell’anno, come nel caso di Inception, in grado di incassare oltre 750 milioni di dollari worldwide. Ma indubbiamente il film dell’acclamato Christopher Nolan, che ha presenziato a una conferenza stampa a Roma nei giorni scorsi, potrà beneficiare del passaparola positivo.

L’ultimo dominatore dell’aria esordisce al secondo posto con 2,1 milioni, un buon risultato benché affatto brillante: nel totale occorre considerare la somma di 1,7 milioni ottenuta con le copie in 3D, anche se in questo caso si parla del 3D più massacrato dell’anno.

Mordimi regge in terza posizione ottenendo altri 987.000 euro e arrivando a quota 3,4 milioni; la commedia parodistica sta dimostrando un’ottima performance in Italia, considerando il genere.
Segue l’altra new entry, La passione: il film italiano presentato all’ultima Mostra di Venezia ha raccolto 810.000 euro.

Mangia, prega, ama scende in quinta posizione con altri 779.000 euro arrivando a 2,6 milioni complessivi; anche in Italia il film con Julia Roberts non sta affatto riscuotendo il successo vagheggiato in partenza.

Sesto posto per Sharm el Sheikh – Un’estate indimenticabile, giunto a 2,4 milioni con altri 723.000 euro; segue La solitudine dei numeri primi, che sfiora i 3 milioni totali con i 338.000 euro raccolti nel suo terzo weekend.

Shrek e vissero felici e contenti scende all’ottava posizione, con oltre 16,5 milioni totali e 316.000 euro incassati negli ultimi tre giorni. Cani e gatti: La vendetta di Kitty 3D ottiene altri 304.000 euro e supera il milione totale, confermandosi un flop.
Chiude la top10 Resident Evil Afterlife 3D, che con altri 302.000 euro arriva a 3,8 milioni complessivi.

L’Illusionista: recensione del film di Sylvain Chomet

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L’Illusionista: recensione del film di Sylvain Chomet

A pochi registi capita di vedere realizzato un proprio lavoro post mortem. E’ questo quello che è capitato con una sceneggiatura sepolta di Jacques Tati, L’Illusionista, disegnata e portata sullo schermo da Sylvain Chomet il regista nominato agli Oscar per Appuntamento a Belville.

L’Illusionista, il film

La storia è quella di un vecchio Illusionista che asta perdendo il suo pubblico a causa delle nuove generazioni che scoprono il rock e perdono la fascinazione per i trucchi di magia In un mondo in cui anche i bambini vogliono che il trucco sia svelato, l’illusionista incontra Alice, una ragazzina che lo seguirà e che crederà sempre, fino alla fine, che la sua magia è vera. Si tratta di un cartone animato old-fashion per una generazione abituato alla perfezione dell’animazione digitalizzata e ai colori sgargianti, ma il regista vuole dare esattamente l’effetto di animazione anni ’60, imperfetta e imprecisa ma per questo poetica.

Tuttavia il film scivola nella banalità e per quanto le premesse fossero nobili (si tratta infatti di una sceneggiatura che Tati scrisse pensando al difficile rapporto con la figlia) la storia non decolla, trasmettendo solo una profonda tristezza per le sorti del vecchio illusionista e un astio non troppo velato verso la ragazza che si dimostra ingrata e stupida. Unica cifra distintiva in un film noioso sono i personaggi di contorno, nostalgici clown reduci da un mondo che ha smesso di esistere.

L’Illusionista uscirà nei cinema italiani il 29 ottobre distribuito dalla Sacher Distribution.

Inception: recensione del film con Leonardo DiCaprio

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Inception: recensione del film con Leonardo DiCaprio

Arriva al cinema l’attesissimo nuovo film di Christopher Nolan, Inception, che vede protagonista Leonardo DiCaprio alla prima collaborazione con l’autore inglese.

Il sogno è reale. Questa è l’unica certezza che accompagna lo spettatore in sala, oltre alla grandissima curiosità e all’eccitazione palpabile nell’aria. I trailer non sono mai stati così lungi, poi, a premiare l’attesa, arriva il logo grigio della WB, che ci introduce nel mondo di Inception.

Ancora una volta, com’è successo per i suoi film precedenti, Nolan non realizza un film da vedere, organizza una vera e propria esperienza per i suoi fidelizzati spettatori, ancora una volta, tutto quello che c’è da vedere, da capire e da scoprire sembra troppo per due soli occhi e orecchie. Tutto intorno a questo film è stato mistero, sin dall’inizio, persino la trama che anche adesso si esita a rivelare, primo per non togliere il gusto agli spettatori, secondo perché, anche chi il film l’ha visto non può costringersi a ridurlo ad una semplice storia. Capotimoniere di questa avventura è Cobb, un Leonardo DiCaprio ancora una volta in stato di grazia, che ci conduce attraversando i sogni degli altri, nella sua mente, fino a farci scoprire i suoi. Il ladro di idee più bravo al mondo, l’estrattore di sogni più abile del pianeta dovrà, nell’ultima sua commissione, praticare un innesto (Inception), per trovare la sua libertà.

Accanto a Cobb/Di Caprio, tutta una schiera di attori famosi e bravissimi, a partire dalla giovane quanto convincente Ellen Page, l’architetto Arianna dal nome sibillino (Arianna è colei che con il suo filo ha permesso a Teseo di uscire dal Labirinto una volta ucciso il Minotauro), unica depositaria del vero segreto di Cobb, e abilissima nel costruire i mondi che insieme ai personaggi percorreremo anche noi in sala. La stella in ascesa, Joseph Gordon-Levitt, è Arthur, fedele complice di Cobb, che ha il compito di tenere sotto osservazione i sognatori.

Josep Gordon-Levitt si distingue per la sua recitazione composta, quasi monocorde che risulta sempre efficace, dal piccolo gioiello 500 Giorni Insieme, fino al colossal Inception, portando sullo schermo quel suo viso che (non senza provocare brividi) ricorda tanto quello di Heath Ledger. Per falsificare un’idea e immetterla nel subconscio di un uomo la cosa indispensabile è un falsario, e Cobb si rivolge al più bravo, Eames, a cui da volto e corpo Tom Hardy, già visto in Rocknrolla e Marie Antoinette, elemento sdrammatizzante del cast, che mette in condizioni il gruppo di scende ‘ai livelli inferiori’ e porta con sé una simpatica, quanto solo accennata, rivalità con Arthur.

Ma un colpo che si rispetti ha un mandante e una vittima, entrambi vecchi amici di Nolan dai tempi di Batman Begins, si tratta della superstar giapponese Ken Watanabe, sempre bravissimo, già finto Ra’s Al Ghul e qui interprete di Saito, figura chiave che finirà per chiudere il cerchio con Cobb e tirare le somme della storia nel finale; e ancora un bravissimo Cillian Murphy (Spaventapasseri/Dottor Craine nel due Batman Begins di Nolan), ignara vittima di un crimine architettato alla perfezione.

Ma il grande motore del film è Mal, moglie di Cobb, perduta ma forse non morta e sempre presente, come ricordo malevolo, nei sogni di Cobb, a darle volto una bellissima quanto ambigua Marion Cotillard, che per coloro che erano ancora scettici, conferma il suo immenso talento, dando una forma e una dimensione dolente e eterea al suo personaggio. Di contorno restano il fedelissimo nolaniano Michael Caine, Cobb Senior, e (si intuisce) istruttore del figlio nei viaggi onirici, e Dileel Rao, interprete di grossi film quali Drag me to Hell e Avatar, e qui nei panni di Yusuf, medico/pozionista/sciamano.

Inception recensione

Inception si regge sul cast, e non perché la sua architettura sia fallace, ma perché è mutevole magmatica e mai la stessa, paradossale quanto basta da non essere surreale. Nessuna realtà onirica alla maniera di Buñuel, qui è rappresentata una finzione assai più vera e pericolosa della realtà, un sogno fisico e doloroso, scientificamente coerente con la visione ‘teslaniana’ alla quale Nolan ci ha abituati.

Una visione poderosa che lascia semplicemente bloccati lì, sulla poltrona, incapaci a staccare gli occhi dallo schermo, completamente frastornati da una musica che alla wagneriana maniera stordisce lo spettatore in una maniera tanto cerebrale quanto emotiva, merito di uno Zimmer che rimanendo al servizio della sceneggiatura sfoga la sua vena tedesca senza cedere al sentimentalismo che talvolta prende il sopravvento come è successo ne Il Gladiatore. Un viaggio nell’architettura della mente, una consapevole discesa laddove si nascondono le paure di un uomo intimamente tormentato da un senso di colpa che allo spettatore non è dato conoscere fino alla fine. Un vero e proprio trip che Nolan organizza, nella sua maniera così personale quanto ormai universalmente condivisa; un percorso all’interno di un labirinto strutturato alla maniera di scatole cinesi, nella mente dell’uomo.

Nessuno come Nolan e Cobb si era mai spinto così oltre, nessuno come Nolan, attraverso Cobb, avrebbe potuto mai farlo. Concedendo allo spettatore un regalo prezioso in forma di speranza o di dannazione: un dubbio. Nel dubbio Christopher Nolan risolve il suo film più personale, quello più complicato da realizzare e da guardare. Il sogno è reale, è vero, ma solo nel momento in cui scegliamo di crederci, e questo Cobb (come Nolan) lo sa benissimo, alla fine sceglierà(nno) e lo spettatore potrà a sua volta scegliere. Non si può dire di Inception che sia un film ‘solo’ bello, c’è bisogno di più; ci vuole una spiegazione, una discussione a riguardo, o semplicemente basta vederlo per immergersi nella testa di Nolan, per rimanere abbagliati, frastornati, trasformati.

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