Finalmente il rebus dietro al
blocco si sta sciogliendo, mancano pochissimi giorni al via libera
definitivo alle riprese dello Hobbit. Il Los Angeles Times rivela
molti dettagli e rassicura: Peter Jackson è vicinissimo a ottenere
l’OK di MGM e New Line…
Il Los Angles Times conferma diversi rumour diffusi negli
ultimi mesi, chiarisce alcune questioni che da tempo rimanevano
avvolte nel mistero e tranquillizza sulla situazione legata ai
problemi sindacali con gli attori neozelandesi.
secondo l’articolo:
* I budget dei due film sono stati finalmente definiti: si
tratta di 250 milioni di dollari ciascuno. * La New Line Cinema (Warner Bros.) e la MGM stanno per dare il
via libera. In realtà si attende principalmente il via libera della
MGM, che possiede metà dei diritti di produzione del kolossal e che
a sua volta attende il via libera alla ristrutturazione da parte
dei suoi 100 principali creditori. Secondo il LA Times, la major si
procurerà la sua parte di budget (250 milioni di dollari) tramite
la Spyglass Entertainment (che a breve prenderà il controllo della
MGM), la quale intende chiederli in prestito a una serie di
investitori come 20th Century Fox (che potrebbe distribuire i film
fuori dagli USA, come da accordi già stabiliti), oppure alla stessa
Warner Bros (in cambio di porzioni di distribuzione mondiale dei
film). * lo hobbitA breve (anzi brevissimo, si parla di giorni)
dovrebbe arrivare il via libera definitivo della MGM. * Warner e MGM hanno insieme speso già 45 milioni di dollari in
pre-produzione, per lo sviluppo degli script, lavoro sugli effetti
visivi, preparazione dei set e casting. Questo basta a far capire
il motivo per cui è praticamente impossibile che il kolossal venga
abbandonato, qualsiasi problema produttivo si ponesse. * Peter Jackson dirigerà i film: il produttore e sceneggiatore
ha praticamente finalizzato l’accordo per girare i film, e
praticamente tutti i problemi che hanno rallentato la produzione
sono stati risolti. * Le riprese inizieranno quasi sicuramente (salvo imprevisti
clamorosi) entro metà gennaio, e le date d’uscita finali saranno
dicembre 2012 e dicembre 2013. Se le riprese tarderanno a iniziare
oltre marzo 2011, le release slitteranno di un altro anno. * A causa dei problemi con i sindacati degli attori, la Warner
sta vagliando l’ipotesi di girare il film parzialmente in altri
paesi (ne sono stati presi in considerazione sei), lasciando alla
Nuova Zelanda le inquadrature di paesaggio o quelle senza attori
neozelandesi. Tuttavia la disputa sembra vicinissima a una
risoluzione pacifica che non rallenterà o modificherà i piani di
girare il kolossal in Nuova Zelanda. * Secondo una serie di accordi presi nel corso degli ultimi
anni, a partecipare degli incassi finali e derivati dei due film
saranno la Tolkien Estate (eredi dell’autore del romanzo), Saul
Zaentz, Peter Jackson, i Walt Disney Studios e i due produttori Bob
e Harvey Weinstein. Si tratta di percentuali che vanno da cifre
piccolissime a porzioni più sostanziose. MGM e Warner Bros.,
comunque, ritengono che Lo Hobbit incasserà abbastanza soldi da
portare profitto a tutte le parti coinvolte…
Staremo in allerta per eventuali
aggiornamenti!
Lo Hobbit uscirà in due parti: la prima a dicembre 2012, la
seconda a dicembre 2013.
Entertainment Weekly ha pubblicato le prime tre foto
de Lo Hobbit di Peter Jackson che vede protagonista Martin Freeman
nei panni di Bilbo Baggins, che furono già di Ian Holm.
E’ stato presentato ieri in Nuova Zelanda il cast dello Hobbit,
l’adattamento del romanzo di J.R.R. Tolkien che Peter Jackson
girerà a partire dal 21 marzo e dividerà in due pellicole che
usciranno a dicembre 2012 e dicembre 2013. Alla presentazione era
assente il regista che è ancora convalescente dopo
l’operazione subita per ulcera.
Collider informa tutti gli scettici che armai
credevano che Lo Hobbit fosse destinato a rimanere solo un
progetto, che il set è in costruzione. Lo testimoniano le foto che
circolano sul web da qualche ora, diffuse da TheOneRing.net, sorta di blog ufficiale della
produzione.
L’adattamento del primo romanzo di
Tolkien, che nella trama precede anche gli avvenimenti raccontati
ne Il Signore degli Anelli, sarà diretto da Peter
Jackson che griderà la prima ‘azione’ il 21 marzo. Come si può
vedere dalla foto, gran parte del cast principale è già arrivato in
Nuova Zelanda:
Sembra ormai imminente l’annuncio
da parte della MGM e della Warner Bros. che darà il via libera alla
produzione dello Hobbit. Nell’attesa, continuano ad arrivare report
con informazioni aggiuntive su quello che, effettivamente, verrà
annunciato. Oggi si segnala che Peter Jackson è praticamente a un
passo dal firmare il contratto da regista (cosa che probabilmente
sbloccherà l’annuncio): le percentuali sugli incassi e il suo
ingaggio sono già stati fissati.
Richard Armitage,
noto ai più come incarnazione cinematografica di Thorin
Scudodiquercia, ha detto la sua in merito alla fine della trilogia
de Lo Hobbit, dichiarando che non sarà solo la fine di una
trilogia, ma che sarà il compimento di un grande sogno, quello di
Peter Jackson, durato più di 15 anni! Ecco il video:
“Sarà un evento abbastanza nostalgico penso- Saranno 15 anni
che vediamo la Terra di Mezzo sul grande schermo, il culmine del
lavoro di una vita per Peter Jackson. Penso che la Battaglia dei
Cinque Eserciti è qualcosa che non vedo l’ora di vedere. Penso che
sarà un vero evento cinematografico.”
E voi cosa ne pensate?
Anche voi siete tristi per la conclusione di una seconda trilogia
tolkieniana, oppure aspettate e sperate in un film che possa
portare sullo schermo alcune delle avventure narrate ne Il
Simmarillion?
Ecco il logo ufficiale di
The Hobbit The Battle of the Five Armies
che, come possiamo notare, presenta soltanto dei leggeri
cambiamenti rispetto a quelli dei due capitoli precedenti della
saga, Un viaggio inaspettato e La desolazione di
Smaug.
Il terzo film dedicato allo Hobbit
non si chiamerà più Lo Hobbit Racconto di un
Ritorno, nè tantomeno The Hobbit
Into the Fire, ma The Hobbit The
Battle of the Five Armies (che immaginiamo verrà
tradotto da noi Lo Hobbit La Battaglia dei Cinque
Eserciti). A renderlo ufficiale è lo stesso
Peter Jackson tramite la sua fan page ufficiale di
Facebook con queste
parole:
“Informazioni di
servizio…
Il nostro viaggio per
realizzare la trilogia de Lo Hobbit sta diventando in qualche modo
come quello di Bilbo, con sentieri nascosti che rivelano i loro
segreti mentre li percorriamo. There and Back Again (Racconto di un
Ritorno) ci sembrava il nome giusto per il secondo di due film … ma
con tre film c’era qualcosa di sbagliato, perchè Bilbo era già
arrivato “lì” (there) ne La Desolazione di Smaug.
Quando abbiamo fatto il tour
promozionale lo scorso anno, ho avuto una conversazione con lo
studio riguardo al titolo. Abbiamo deciso di tenere la mente aperta
fino a che non ci fosse stato un cut definitivo del film. Abbiamo
raggiunto quel punto la scorsa settimana, e dopo aver visto il
film, siamo stati tutti d’accordo che c’è un altro titolo adesso
che è decisamente appropriato per il film.
E così: The Hobbit The
Battle of the Five Armies sia.
Come lo intendeva il professor
Tolkien, There and Back Again (che potremmo
tradurre letteralmente “Andata e Ritorno”) ricopriva l’intera
avventura di Bilbo, quindi non siate sorpresi se ritroverete questo
titolo per un cofanetto che racchiuderà l’intera trilogia.
Prima di allora, abbiamo un
film da finire, e molto da condividere con voi. E’ stato un periodo
molto bello per noi – io e Jabez stiamo montando felicemente in una
oscura caverna a Wellington – ma questi giorni felici stanno
rapidamente volgendo al termine. Sarà presto il tempo di tornare
alla luce. Aspettatevi di sentire e vedere di più su The Hobbit The
Battle of the Five Armies nei mesi a venire.
E c’è anche una versione estesa
de Lo Hobbit la Desolazione di Smaug, che siamo sul punto di
finire, con più di 25 minuti di nuove scene, tutte musicate con le
composizioni originali di Howard Shore.
Sarà un anno divertente!”
Per chi non fosse ferrato in
materia di letteratura tolkieniana, ricordiamo che La Battaglia dei
Cinque Eserciti è il momento culminante dell’intera avventura de Lo
Hobbit, nonchè una delle più grandi battaglie mai combattute nella
Terra di Mezzo e che viene numerose volte nominata anche ne Il
Signore degli Anelli. Per cui la scelta di un tale titolo non solo
ha perfettamente senso, ma ci spiega anche quale sarà il fulcro
della narrazione nel terzo e ultimo capitolo ella trilogia de Lo
Hobbit.
Parola di Peter
Jackson! Il terzo film dedicato allo Hobbit non si
chiamerà più Lo Hobbit Racconto di un
Ritorno, nè tantomeno The Hobbit Into the
Fire, ma The Hobbit The Battle of the
Five Armies (che immaginiamo verrà tradotto da noi
Lo Hobbit La Battaglia dei Cinque
Eserciti). A renderlo ufficiale è lo stesso
Peter Jackson tramite la sua fan page ufficiale di
Facebook con queste parole:
“Informazioni di
servizio…
Il nostro viaggio per realizzare
la trilogia de Lo Hobbit sta diventando in qualche modo come quello
di Bilbo, con sentieri nascosti che rivelano i loro segreti mentre
li percorriamo. There and Back Again (Racconto di un Ritorno) ci
sembrava il nome giusto per il secondo di due film … ma con tre
film c’era qualcosa di sbagliato, perchè Bilbo era già arrivato
“lì” (there) ne La Desolazione di Smaug.
Quando abbiamo fatto il tour
promozionale lo scorso anno, ho avuto una conversazione con lo
studio riguardo al titolo. Abbiamo deciso di tenere la mente aperta
fino a che non ci fosse stato un cut definitivo del film. Abbiamo
raggiunto quel punto la scorsa settimana, e dopo aver visto il
film, siamo stati tutti d’accordo che c’è un altro titolo adesso
che è decisamente appropriato per il film.
E così: The Hobbit The
Battle of the Five Armies sia.
Come lo intendeva il professor
Tolkien, There and Back Again (che potremmo
tradurre letteralmente “Andata e Ritorno”) ricopriva l’intera
avventura di Bilbo, quindi non siate sorpresi se ritroverete questo
titolo per un cofanetto che racchiuderà l’intera trilogia.
Prima di allora, abbiamo un film
da finire, e molto da condividere con voi. E’ stato un periodo
molto bello per noi – io e Jabez stiamo montando felicemente in una
oscura caverna a Wellington – ma questi giorni felici stanno
rapidamente volgendo al termine. Sarà presto il tempo di tornare
alla luce. Aspettatevi di sentire e vedere di più su The Hobbit The
Battle of the Five Armies nei mesi a venire.
E c’è anche una versione estesa
de Lo Hobbit la Desolazione di Smaug, che siamo sul punto di
finire, con più di 25 minuti di nuove scene, tutte musicate con le
composizioni originali di Howard Shore.
Sarà un anno divertente!”
Per chi non fosse ferrato in materia
di letteratura tolkieniana, ricordiamo che La Battaglia dei Cinque
Eserciti è il momento culminante dell’intera avventura de Lo
Hobbit, nonchè una delle più grandi battaglie mai combattute nella
Terra di Mezzo e che viene numerose volte nominata anche ne Il
Signore degli Anelli. Per cui la scelta di un tale titolo non solo
ha perfettamente senso, ma ci spiega anche quale sarà il fulcro
della narrazione nel terzo e ultimo capitolo ella trilogia de Lo
Hobbit.
Sul forum del sito TheOneRing.net,
del Toro ha mantenuto la promessa di tenere i fan aggiornati sulla
questione, scrivendo che, proprio in virtù degli straordinari
risultati del film di Cameron, la produzione ha iniziato a chiedere
a lui e a Peter Jackson se anche i loro due film tratti dal romanzo
di Tolkien possano essere girati in 3D.
Finalmente il rebus dietro al
blocco si sta sciogliendo, mancano pochissimi giorni al via libera
definitivo alle riprese dello Hobbit. Il Los Angeles Times rivela
molti dettagli e rassicura: Peter Jackson è vicinissimo a ottenere
l’OK di MGM e New Line…
Dare un passaggio agli autostoppisti
era un tempo una pratica molto comune, a cui si è affidata una
generazione intera di viaggiatori. Oggi il mondo è però un posto
meno sicuro e anche tale consuetudine è andata via via scemando. A
tranquillizzare a riguardo non ci pensa di certo un film come
The Hitcher, scritto da Jake
Wall ed Eric Bernt e diretto nel 2007 da
Dave Meyers, principalmente noto come regista di
videoclip musicali. Con questo suo lungometraggio di genere
thriller, però, si è cimentato nel dar forma alla paura che
l’ignoto può rappresentare, specialmente nel momento in cui si
presenta sotto forma di serial killer.
Il film è il remake di The
Hitcher – La lunga strada della paura, diretto nel 1986 da
Robert Harmon e con l’attore Roger
Hauer, noto prevalentemente per il film Blade
Runner, nei panni del protagonista. Da sempre fan di questa
pellicola, il regista Michael Bay si offrì di
produrla con la sua casa di produzione Platinum Dunes. Prese così
vita un rifacimento del celebre thriller, aggiornato ovviamente ad
un contesto moderno, che punta a minare le certezze degli
spettatori presentando una vicenda più complessa e spaventosa di
quello che si potrebbe immaginare.
Girato con un budget di 10 milioni
di dollari, The Hitcher è arrivato a guadagnarne
quasi il triplo, affermandosi come un buon successo anche grazie al
suo cast di noti interpreti. Per gli amanti del genere, un titolo
da non perdere assolutamente. Prima di intraprendere una visione
del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle
principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno
anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
The Hitcher: la trama del film
La vicenda ha per protagonista gli
studenti Jim e Grace, in viaggio
per le vacanze di primavera su una vecchia auto nel mezzo del
deserto del Nuovo Messico. Improvvisamente, durante la notte,
comincia un forte temporale e, senza accorgersene, i due fidanzati
rischiano di investire un uomo fermo lungo la strada vicino la sua
macchina in panne. Restii a fidarsi, decidono di proseguire,
fermandosi solo più avanti in un’area di sosta, dove per caso lo
rincontrano. I due si convincono a quel punto ad offrire all’uomo
un passaggio fino al motel più vicino. Durante il viaggio, però,
vedranno la situazione trasformarsi in un vero e proprio
incubo.
Lo sconosciuto, che dice di
chiamarsi John Ryder, si rivela anche essere
in realtà uno psicopatico omicida. Quando minaccia di uccidere Jim,
la coppia riesce fortunatamente a liberarsene, perdendo però nella
colluttazione il cellulare. Nel tentativo di allontanarsi quanto
più possibile dall’uomo, Jim e Grace finiscono per schiantarsi con
l’auto. A piedi, soli e senza telefono, i due fidanzati camminano
in cerca di aiuto, ma quello che trovano lungo la strada è a dir
poco spaventoso. Per sopravvivere, dovranno fare i conti con una
forza del male pronta a tutto pur di uccidere chi gli si pone
contro.
The Hitcher: il cast del film
Ad interpretare il ruolo del
minaccioso autostoppista Jack Ryder si ritrova l’attore
Sean Bean. Noto per
Il Signore degli Anelli – La
Compagnia dell’Anello e Il Trono di Spade, egli
si è dichiarato un fan dell’originale, accettando da subito la
proposta di recitare nel remake di questo. Al fine di risultare più
misterioso e minaccioso per i due interpreti di Grace e Jim, egli
decise di avere pochissimi contatti con loro, stimolando una paura
più reale. All’interprete originale di Ryder, Roger
Hauer, fu proposto di comparire nel film con un cameo, ma
egli si rifiutò citando divergenze artistiche.
Nei panni di Jim vi è l’attore
Zachary Knighton, noto in particolare per le serie
FlashForward e Happy Endings. Il ruolo di Grace
Andrew è invece stato inizialmente offerto all’attrice
Jessica Biel, la quale
ha però rifiutato per motivi non noti. Anche la cantante
Britney Spears è stata considerata per il ruolo,
che è però infine stato interpretato da Sophia Bush, nota per
le serie One Tree Hill e Chicago P.D. Nel film è poi presente l’attore
Neal McDonough nei panni del tenente Esteridge,
Skip O’Brien in quelli dello sceriffo Harlan
Bremmer Sr. e Danny Bolero come l’ufficiale
Edwards.
The Hitcher: il trailer e
dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire del film grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. The
Hitcher è infatti disponibile nei cataloghi di
Infinity e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un
dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è
inoltre presente nel palinsesto televisivo di sabato 14
maggio alle ore 21:15 sul canale
Italia 2.
Nello spiegare a due bambini
incontrati nel loro peregrinare tra i boschi cosa sia
effettivamente il suono, Lionel, protagonista del film di Oliver Hermanus, lo
descrive come qualcosa di invisibile ma che può avere una presenza
fisica: purtroppo The History of Sound, l’ultima
pellicola del regista di Living,
presentata in Concorso a Cannes 78, non riesce però a vivere di
questa sensuale sinestesia di una fisicità emotiva, che dovrebbe
attraversare una storia d’amore, quindi di corpi, con la voce e la
musica, qualcosa di impalpabile e che parla alle sfere più profonde
della nostra psiche.
La storia del suono negli Stati
Uniti di inizio Novecento
Tratto da un racconto breve di Ben
Shattuck (anche autore della sceneggiatura), il film intreccia il
racconto della relazione tra due giovani uomini al grande viaggio
della musica folk americana. Lionel, un ragazzo del Kentucky
cresciuto tra le canzoni popolari che suo padre cantava sul portico
di casa, nel 1917 lascia la fattoria per iscriversi al
Conservatorio di Boston. Qui conosce David, brillante studente di
composizione. Ma la guerra incombe, e David parte per il fronte. I
due si ritrovano qualche anno più tardi, nel 1920, per
intraprendere insieme un viaggio attraverso i boschi e le isole del
Maine, con l’intento di registrare e preservare le canzoni
tradizionali tramandate oralmente, destinate altrimenti a
scomparire.
La narrazione si estende su un arco
temporale che va dal 1917 agli anni ’80, attraversando non solo gli
Stati Uniti – dal New England all’America rurale – ma anche
l’Europa: Oxford, l’Italia, il Lake District inglese. Un itinerario
vasto e ambizioso, quasi da road movie storico, che
tuttavia si rivela privo di vera densità narrativa. Il film si
segue senza difficoltà, anzi con una certa scorrevolezza pensata
per un pubblico ampio. Ma proprio questa facilità è parte del
problema: la leggerezza non diventa mai profondità, il
coinvolgimento emotivo è costantemente tenuto a distanza.
Una love story che non vibra
mai
The History of Sound poggia
su un vagabondaggio tra spazi e periodi temporali diversi sostenuti
da un fastidioso voice-over che deve spiegare tutto quello che
(non) accade in scena. Un meccanismo che cozza con la base formale
del film: la narrazione e la direzione sono piuttosto chiari – è un
film che si segue senza grossi intoppi e particolarmente adatto al
grande pubblico – e che finisce per creare esattamente quello che
vorrebbe scongiurare: distacco nello spettatore.
Così, una storia che dovrebbe fare
dell’emotività la sua forza trainante si stanzia su binari austeri
e fin troppo altisonanti: sembra paradossale da ammettere, ma non
c’è romanticismo né attrazione tra due attori che altrove,
probabilmente, l’avrebbero sprigionata molto meglio (le prove di
Paul Mescal in Estranei e
di Josh O’Connor in La terra di dio e
Challengers parlano da sole).
Due grandi interpreti sprecati per
una narrazione faticosa
“Mi sento sempre come se fossi
alla fine di qualcosa”: Lionel è un personaggio irrisolto e
inquieto, biglietto da visita perfettamente coerente con la
tipologia di personaggi che Mescal è solito interpretare. Il
problema è che manca l’espressione di questo scontro interno che
lui sente, non c’è mai un momento di rilascio e, soprattutto,
l’esplorazione di questo sentimento tramite la musica, come si
potrebbe pensare all’inizio.
Il tutto esplode in un finale
estremamente didascalico e verboso, che priva ulteriormente la
storia del suo potenziale evocativo. Qualcosa di sinceramente
inaspettato, dato che Hermanus sceglie come protagonisti due attori
che avrebbero potuto far capire tutto senza dire niente.
History of Sound rimane, purtroppo, una love story in cui
manca totalmente il linguaggio dei corpi, in cui la ricerca del
suono dovrebbe essere centrale ma non è mai affrontata in relazione
al rapporto tra i personaggi.
The Hill è un
dramma sportivo emozionante che ha un impatto ancora maggiore
considerando che la straordinaria storia di Rickey Hill è basata su
fatti reali. Il film vede Colin Ford nei panni di Rickey Hill, un
giovane affetto da una malattia degenerativa alla colonna
vertebrale che cerca di realizzare il suo sogno di diventare un
giocatore di baseball. È il tipo di storia poco conosciuta di un
eroe dello sport che può raggiungere un pubblico più ampio. Grazie
a The Hill, che porta sullo schermo la straordinaria storia di
Rickey Hill, altri possono trovare ispirazione nel suo percorso
fatto di determinazione e perseveranza.
Oltre a Ford nel ruolo del
protagonista, il cast di The Hill include attori come
Dennis Quaid e Scott Glenn, che danno vita ad alcuni dei
personaggi reali della storia di Hill. Il film bilancia l’emozione
di vedere la carriera nel baseball di Rickey Hill diventare realtà
con le profonde difficoltà legate ai suoi problemi di salute. Alla
fine, è una storia avvincente e edificante di un perdente, ma la
vera storia di Rickey Hill è ancora più affascinante di quella che
si vede nel film.
Rickey Hill è nato con una
malattia degenerativa della colonna vertebrale
Hill ha anche vissuto
un’infanzia povera
Oltre ad essere un film sul
baseball, The Hill è anche la storia della malattia
degenerativa alla colonna vertebrale di Rickey Hill, nato con un
disco vertebrale mancante. Dalla nascita fino all’età di 4 anni,
Hill ha subito innumerevoli interventi chirurgici per poter
camminare. All’età di 5 anni, Hill ha iniziato a indossare tutori
per le gambe che gli permettevano di camminare, anche se non in
modo del tutto normale. Questo ha portato Hill ad affrontare il
bullismo e il giudizio dei suoi coetanei.
Sfortunatamente, al momento della
diagnosi di Rickey Hill, alla fine degli anni ’50, non si poteva
fare molto per lui, quindi continuò a indossare i tutori per le
gambe e crebbe giocando come qualsiasi altro bambino. Secondo
Hill, la sua infanzia fu difficile e povera, anche al di là dei
suoi problemi di salute. Hill crebbe nella zona di Fort Worth, in
Texas, figlio di un povero predicatore battista.
Hill raccontò a The Athletic che la sua famiglia faceva tanta
fatica che a volte mangiava “cibo per cani in scatola”.
Nonostante queste difficoltà, Hill fece tutto il possibile per
vivere come un bambino normale. Secondo un’intervista rilasciata a
Risen Magazine, Hill passava tutto il giorno a colpire
sassi, esercitandosi nel suo caratteristico swing da baseball. Alla
fine, questo fu l’inizio del suo viaggio nel baseball
professionistico.
Rickey Hill era un giocatore di
baseball della Minor League
Hill ha realizzato il suo sogno
nonostante una carriera breve
Rickey Hill non giocava con le
protesi alle gambe, ma ha trascorso tutta la sua carriera nella
lega minore senza protesi.
Sebbene Rickey Hill abbia dovuto
affrontare ostacoli come la sua malattia degenerativa alla colonna
vertebrale, la povertà della sua famiglia e i dubbi di chi lo
circondava, alla fine ha avuto successo ed è diventato un giocatore
di baseball della lega minore. La prima squadra per cui Hill ha
giocato a baseball professionistico è stata la Montreal Expos, con
cui ha firmato nel 1975, all’età di 19 anni, e ha giocato un totale
di quattro stagioni nella lega minore. Secondo Hill, dall’età di 12
anni fino alla fine della sua carriera, intorno ai 22 anni, faceva
500 battute al giorno.
Sorprendentemente, Rickey Hill
non giocava con le tutori alle gambe, ma ha trascorso tutta la sua
carriera nella lega minore senza tutori. Nel corso di 201
partite, Hill ha ottenuto una media di battuta di .298 con 26
fuoricampo e 116 RBI. Hill ha giocato per i Lethbridge Expos, i Rio
Grande Valley White Wings, i Texas City Stars e i Grays Harbor
Loggers. Inoltre, Hill era noto per il suo swing unico.
Colin Ford, che interpreta Rickey
Hill in The Hill, ha frequentato un campo di addestramento
per quattro mesi al fine di perfezionare tale swing e migliorare le
proprie abilità nel baseball. Sebbene Hill abbia giocato a baseball
professionistico solo per circa tre anni, il suo impatto è stato
comunque molto sentito grazie alla sua incredibile storia.
Il disturbo alla colonna
vertebrale di Rickey Hill ha interrotto la sua carriera nel
baseball
Rickey Hill si è ritirato dal
baseball professionistico all’età di 22 anni
Nonostante Rickey Hill abbia
superato il disturbo alla colonna vertebrale per diventare un
giocatore di baseball della lega minore, alla fine la sua
condizione ha avuto la meglio. Il fatto che Hill abbia smesso di
giocare è una testimonianza di quanto fosse grave il suo stato di
salute all’epoca perché, secondo Hill,
“Non esiste la parola rinunciare,
non l’ho mai sentita.”
Nonostante ciò, sembra che Hill
soffrisse di dolori costanti anche mentre giocava a baseball.Durante la stagione di baseball del 1978, Hill
giocava per i Grays Harbor Loggers, quando il suo corpo alla fine
cedette allo stress del baseball.
Come si realizzò il sogno di
Rickey Hill di giocare a baseball
La breve carriera di Hill
mise in luce il talento che molti dubitavano avesse
Alla fine, il sogno di Rickey
Hill di diventare un giocatore di baseball professionista si
realizzò, anche se fu di breve durata. Hill passò dall’essere un
bambino estremamente povero nel Texas centrale, che i medici
pensavano non avrebbe mai camminato normalmente in vita sua, a
calcare il campo da baseball professionistico per quattro stagioni
intere. Inoltre, Hill non era solo un membro mediocre della squadra
di baseball.Si distingueva in ogni squadra in cui
giocava per il suo talento puro e la sua propensione a realizzare
fuoricampo. Alla fine, Rickey Hill è diventato un
outsider ispiratore della storia dello sport.
Il successo di Hill è impressionante
per via delle sue condizioni di salute, ma più ancora è fonte di
ispirazione perché ha dimostrato che i suoi coetanei si
sbagliavano. Hill aveva molti detrattori che credevano che il suo
sogno fosse impossibile, tra cui i bulli della scuola e i
professionisti del baseball. Anche suo padre, interpretato da Denis
Quaid in The Hill, pensava che Hill non sarebbe mai
diventato un giocatore di baseball professionista e lo spingeva
invece a diventare un predicatore. Pertanto, il raggiungimento
dell’obiettivo da parte di Hill è ancora più soddisfacente perché
ha smentito ogni dubbio, specialmente quelli di suo padre.
Cosa è successo a Rickey Hill
dopo il baseball
Un film sulla vita di Hill è in
lavorazione da decenni
Dopo il ritiro dal baseball, Rickey
Hill si è dedicato a raccontare la sua storia. Il fratello di Hill
ha documentato il percorso di Rickey e da lì molti narratori e
registi hanno cercato di raccontare la sua storia. Tuttavia, Rickey
e suo fratello erano molto esigenti riguardo a chi affidare la
storia e, dopo molte ricerche, hanno finalmente scelto Jeff
Celentano, il regista di The Hill.
Per quasi 20 anni, gli Hill hanno
lavorato con Celentano per rappresentare alla perfezione il trionfo
di Rickey. Nel 2023, la storia è finalmente arrivata sul grande
schermo, con The Hill che è diventato recentemente un
successo in streaming, e tutto il duro lavoro di Rickey Hill sarà
finalmente apprezzato.
Arriva anche in Italia il prossimo
20 gennaio The Help, la sorpresa del box office
americano che racconta una vicenda toccante e divertente allo
stesso tempo, una storia di donne che combattono con coraggio e
contro i dettami sociali, per riuscire ad ottenere una dignità che
solo la Storia ha restituito loro.
The Help, la
trama: Eugenia Phelan, per gli amici Skeeter, si è appena diplomata
all’Università del Mississippi e il suo sogno è diventare una
scrittrice, mettendo da parte quello che negli anni ’60 nella
cittadina di Jackson era considerato il principale interesse di una
giovane donna: sposarsi e avere bambini. Con grande disappunto
della madre e delle amiche, Skeeter trova lavoro in un giornale
locale e comincia a scrivere per la rubrica di consigli domestici,
ma quale modo migliore di dispensare suggerimenti sulla pulizia di
casa se non chiedendo aiuto proprio ad una domestica?
La ragazza si rivolge ad Aibileen,
cameriera della sua migliore amica, e così involontariamente viene
messa a parte di un mondo, totalmente sconosciuto per lei, in cui
una donna di colore è costretta a stare lontana dai propri figli,
allevando quelli dei bianchi, che una volta cresciuti diverranno i
suoi padroni. Nasce così l’esigenza, grazie anche al sostegno di un
editore newyorkese, di scrivere queste storie e raccontarle in un
libro scandalo che metterà a nudo una ricchissima umanità sommersa,
quella delle cameriere ‘negre’ del sud degli Stati Uniti negli anni
’60, in piena campagna contro l’integrazione razziale.
The Help, il film
Basato sull’omonimo
romanzo di Kathryn Stockett, e scritto e diretto
da Tate Taylor, The Help è un
vero e proprio gioiello. Il film si presenta in maniera invitante
catapultandoci immediatamente nel racconto, catturando lo
spettatore con una scelta fotografica e luministica che ricalcano
perfettamente la mitizzazione degli anni ’60 secondo la medio alta
borghesia americana di provincia, con villette curate, signore
inamidate e abiti colorati e sgargianti indossati da giovani donna
inesperte di vita ma desiderose di apparire perfette e impeccabili.
Tutto questo carnevale di colori stride di fronte alla drammaticità
delle singole vite di ogni donna che si racconta: sofferenza,
umiliazione e mortificazioni costellano le loro vite sin da quando
sono nate. Ma non tutte le storie sono tristi, c’è la cameriera che
ricorda con affetto i bambini che ha cresciuto, e un’altra ancora
che rievoca la gentilezza del proprio padrone.
The Help è
caratterizzato da questo grande equilibrio tra comicità e dramma,
provocando risate di gusto e costruendo momenti di grande
commozione, senza mai scadere nel patetismo. Il sentimento di
indignazione che pervade Skeeter, una straordinaria come sempre
Emma Stone, coinvolge anche lo spettatore e aiuta, una volta usciti
dalla sala, ad interrogarsi su ciò che è stato, e che purtroppo fa
parte della Storia di tutto l’Occidente, non solo degli Stati
Uniti.
Punta di diamante è però uno
spettacolare cast, tutto al femminile, capitanato da Viola
Davis, Bryce Dallas Howard, la già nominata Stone ed
una Jessica Chastain sopra le righe. Chi la
ricorda eterea e perfetta in The Tree of Life, resetti quell’immagine, qui
Jessica è formosa, vivace, sensuale e stupida allo stesso tempo, ma
con un grande cuore e soprattutto una grande forza d’animo. Ma non
solo la bellissima Chastain qui conferma il suo talento, perché la
bella Bryce Dallas Howard offre in The
Help quella che forse è la sua migliore interpretazione
nei panni della dispotica perfezionista razzista di quartiere. Ma
attenzione a Viola Davis, già premiata come
miglior attrice ai Critics’ Choice Movie Awards, che nei panni di
Aibileen tratteggia un fantastico ritratto di una donna vessata
dalla vita ma che cammina a testa alta e trova il coraggio di
reagire e di raccontare la sua storia.
The Help è un film
toccante, divertente ed emozionante, che con grande equilibrio e
dignità racconta di un periodo oscuro della storia dell’uomo, un
periodo che è apparentemente finito grazie alla forza dei pochi che
si sono opposti ai molti.
Uno dei racconti più importanti,
dolorosi e sempre attuali che gli Stati Uniti propongono è quello
dei movimenti per i diritti civili della comunità di afroamericani.
Questi hanno avuto negli anni Sessanta il loro apice, sotto la
guida di Martin Luther King. In numerose
occasioni, nei decenni successivi il cinema ha rielaborato quelle
vicende, riflettendovi su in film come Selma – La strada per la
libertà e Malcolm X. Un’altra brillante opera che
assume questo punto di vista è il film del 2011 The
Help (qui la recensione), diretto da
Tate Taylor, regista anche dei film La ragazza
del treno e Get on Up – La storia di James Brown.
Quello di TheHelp, sceneggiato dallo stesso Taylor, è un film che
adatta per il grande schermo l’omonimo romanzo del 2009 di
KathrynStockett. Questo era
divenuto un best seller al momento della sua uscita, presentando
molteplici punti di vista che permettessero di identificarsi con le
problematiche di ogni personaggio presente. Dato il grande successo
del libro, questo venne rapidamente opzionato e concretizzato in
lungometraggio, affermatosi poi come un grande successo. A fronte
di un budget di 25 milioni di dollari, The Help è infatti
arrivato ad incassarne oltre 200 in tutto il mondo.
Il film è poi stato uno dei grandi
protagonisti della stagione dei premi, arrivando a guadagnare anche
quattro nomination al premio Oscar, tra cui quella per il miglior
film. A distanza di dieci anni è ancora un brillante esempio di
come il cinema ripercorra eventi tanto delicati quanto ancora oggi
attuali. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà
certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità
relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti
possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama e al cast di attori.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
The Help: la trama del film
Protagonista del film è
Eugenia Phelan, per gli amici Skeeter. La giovane
ragazza si è appena diplomata all’Università del Mississippi e il
suo sogno è diventare una scrittrice. Decide così di metteree da
parte quello che negli anni ’60 era considerato il principale
interesse di una giovane donna: sposarsi e avere bambini. Con
grande disappunto della madre e delle amiche, Skeeter trova così
lavoro in un giornale locale e comincia a scrivere per la rubrica
di consigli domestici. Per poter essere più precisa nelle sue
descrizioni, però, avverte il bisogno di confrontarsi con chi quel
mestiere lo svolge per davvero.
La ragazza si rivolge ad
AibileenClark, cameriera della
sua migliore amica, e così involontariamente si trova ad entrare in
contatto con un mondo a lei totalmente sconosciuto. In questo, una
donna di colore è costretta a stare lontana dai propri figli,
allevando quelli dei bianchi, che diverranno poi i suoi padroni.
Nasce così l’esigenza, grazie anche al sostegno di un editore
newyorkese, di scrivere queste storie e raccontarle in un libro
scandalo. Attraverso questo, si metterà a nudo una ricchissima
umanità sommersa, quella delle cameriere di colore del Sud degli
Stati Uniti negli anni ’60, in piena campagna contro l’integrazione
razziale.
The Help: il cast del film
Nel ruolo di Eugenia “Skeeter”
Phelan vi è l’attrice Emma Stone, qui
in uno dei suoi primi ruoli da protagonista dopo Easy Girl
e Crazy, Stupid,Love. Per prepararsi al ruolo
dell’aspirante giornalista, la Stone ha imparato a parlare con un
accento del sud. Si è inoltre a lungo istruita circa il movimento
per i diritti civili attraverso la letteratura e il cinema. Altra
grande protagonista del film è Viola Davis,
qui nei panni di Aibileen Clark. L’attrice, poi candidata all’Oscar
per la sua interpretazione, si è profondamente ispirata a donne
come sua madre e sua nonna, le quali hanno vissuto sulla loro pelle
quegli anni complicati. In seguito, tuttavia, la Davis si è
dichiarata piuttosto delusa dal film, che a suo dire manca di dare
vera voce alle domestiche di colore.
Grande rivelazione del film è poi
l’attrice Octavia
Spencer, che per il suo ruolo della domestica Minny
Jackson ha vinto l’Oscar come miglior attrice non protagonista. Per
la Spencer si è trattato di uno dei primi ruoli di grande rilievo,
dopo aver avuto ruoli secondari in film come Spider-Man,
Essere John Malkovich e
Sette anime. La candidata all’Oscar Jessica
Chastain è invece Celia Foote, l’unico personaggio
oltre a Skeeter privo di ideologie razziste. Per interpretare tale
ruolo, l’attrice si è non solo tinta di biondo, ma ha anche
acquisito diverso peso mangiando molto gelato di soia. Si ritrovano
poi anche le attrici Bryce Dallas
Howard nei panni della perfida Hilly Holbrook e la
premio Oscar Allison Janney in quelli di Charlotte
Phelan.
The Help: il trailer e
dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile vedere o rivedere il
film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari
piattaforme streaming presenti oggi in rete. The
Help è infatti disponibile nel catalogo di
Rakuten TV, Chili, Google Play, Apple iTunes, Tim Vision e
Amazon Prime Video. Per vederlo, in base
alla piattaforma scelta, basterà iscriversi o noleggiare il singolo
film. Si avrà così modo di poter fruire di questo per una comoda
visione casalinga. È bene notare che in caso di solo noleggio, il
titolo sarà a disposizione per un determinato limite temporale,
entro cui bisognerà effettuare la visione. Il film sarà inoltre
trasmesso in televisione il giorno mercoledì 20 aprile alle ore
21:15 sul canale Rai 1.
Ambientata a Jackson, Mississippi,
nei primi anni Sessanta, la storia esplora i temi del razzismo e
del perbenismo di facciata delle famiglie del Sud, quando una
aspirante scrittrice intervista una cameriera che racconta la
verità sulle sue esperienze nelle case dei bianchi.
Arriva l’intervista dal set di Tate Taylor e
Kathryn Stockett, rispettivamente regista e autrice del romanzo di
The Help. The Help è una storia drammatica, ambientata a Jackson,
nel Mississippi dei primi anni Sessanta ed esplora i temi del
razzismo e del perbenismo di facciata delle famiglie del Sud. In
questo video l’autrice ed il regista parlano di come sono nati il
romanzo ed il film The Help. Dal 20 gennaio 2012 al cinema. Grande
cast: Emma Stone, Viola Davis, Octavia Spencer, Jessica Chastain,
Bryce Dallas Howard.
Bryce Dallas
Howard ci parla di Hilly Holbrook, il personaggio che
interpreta in The Help. The Help è una storia drammatica,
ambientata a Jackson, nel Mississippi dei primi anni Sessanta ed
esplora i temi del razzismo e del perbenismo di facciata delle
famiglie del Sud. In questo video l’autrice ed il regista parlano
di come sono nati il romanzo ed il film The Help. The Help dal 20
gennaio 2012 al cinema.
In una recente intervista
con Deadline, il capo del
dramma di HBO Francesca Orsi ha condiviso un nuovo dettaglio
sull’imminente prequel di Il
trono di spade (Game of
Thrones)A Knight of
the Seven Kingdoms: The Hedge
Knight. Orsi ha confermato che stanno
attualmente elaborando un piano di tre stagioni per lo spin-off che
sarebbe basato sulle altre novelle de Il Trono di
Spade dell’autore George RR
Martin.
Orsi ha delineato il
potenziale numero di stagioni della serie: “Idealmente di anno
in anno e creando una serie di tre stagioni, che traccia le tre
novelle che George ha scritto. Certo, vorremmo di più oltre a
questo, e George sta continuando a pensare alle rimanenti novelle
che vuole ancora scrivere, ma a questo punto, abbiamo gli occhi
puntati su tre stagioni che mapperebbero ogni libro, ogni
novella.Pur condividendo il suo pieno sostegno
allo sciopero WGAin corso, Martin
ha recentemente confermato che la pre-produzione della serie
The Hedge Knight è
stata temporaneamente
interrotta fino a quando lo sciopero non
raggiungerà una giusta conclusione.
Cosa aspettarsi nella serie The Hedge
Knight?
A Knight of the Seven
Kingdoms: The Hedge Knight è basato sulla novella di
George RR MartinDunk and Egg. Il
racconto è incentrato su Ser Duncan the Tall (Dunk) e Aegon V
Targaryen (Egg), ambientato cento anni prima degli eventi della
serie principale. La serie dovrebbe durare sei
episodi.
“Un secolo prima degli
eventi de Il Trono di Spade, due improbabili eroi vagavano per
Westeros… un giovane, ingenuo ma coraggioso cavaliere, Ser Duncan
l’Alto, e il suo minuscolo scudiero, Egg“, recita la trama
della serie. “Ambientato in un’epoca in cui la stirpe dei
Targaryen detiene ancora il Trono di Spade e il ricordo dell’ultimo
drago non è ancora passato dalla memoria vivente, grandi destini,
potenti nemici e imprese pericolose attendono questi amici
improbabili e incomparabili.“
Il prequel sarà scritto e
prodotto esecutivamente da Martin e Ira Parker. Ulteriori
produttori esecutivi sono Ryan Condal e Vince Gerardis. Altri
potenziali spin-off di Game of Thrones sono in lavorazione alla
HBO, tra cui una serie incentrata su
Jon Snow con il ritorno di
Kit Harington.
Il cast di A Knight of the
Seven Kingdoms: The Hedge Knight per il prossimo spin-off
di Il
trono di spade (Game of Thrones) comincia a
prendere forma: sono stati infatti scelti gli attori per i due
personaggi principali della storia.
Variety ha
riportato che la coppia di personaggi principali della serie
A Knight of the Seven Kingdoms: The Hedge Knight –
Ser Duncan l’Alto e il suo scudiero Egg – è stata
ufficialmente scritturata. L’agenzia ha rivelato che Peter
Claffey interpreterà Ser Duncan, mentre
Dexter Sol Ansell vestirà i panni di
Egg.
Claffey ha
recitato nella serie televisiva Wreck ed è apparso
negli show Harry Wild e Bad Sisters. Ansell,
invece, è apparso in serie come Emmerdale e
The Midwich Cuckoos, oltre che nel film prequel di
Hunger Games dello scorso anno, The Hunger Games: The Ballad of Songbirds &
Snakes.
A Knight of the Seven
Kingdoms: The Hedge Knight è basato sulla novella Dunk and
Egg di Martin. Il breve racconto è incentrato su Ser Duncan l’Alto
(Dunk) e Aegon V Targaryen (Egg), ambientato cento anni prima degli
eventi della serie principale. La serie dovrebbe avere una durata
di sei episodi.
Cosa aspettarsi nella serie The Hedge
Knight?
A Knight of the Seven
Kingdoms: The Hedge Knight è basato sulla novella di
George RR MartinDunk and Egg. Il
racconto è incentrato su Ser Duncan the Tall (Dunk) e Aegon V
Targaryen (Egg), ambientato cento anni prima degli eventi della
serie principale. La serie dovrebbe durare sei episodi.
“Un secolo prima degli eventi
de Il Trono di Spade, due improbabili eroi vagavano per Westeros…
un giovane, ingenuo ma coraggioso cavaliere, Ser Duncan l’Alto, e
il suo minuscolo scudiero, Egg“, recita la trama della
serie. “Ambientato in un’epoca in cui la stirpe dei
Targaryen detiene ancora il Trono di Spade e il ricordo dell’ultimo
drago non è ancora passato dalla memoria vivente, grandi destini,
potenti nemici e imprese pericolose attendono questi amici
improbabili e incomparabili.“
Il prequel sarà scritto e prodotto
esecutivamente da Martin e Ira Parker. Ulteriori produttori
esecutivi sono Ryan Condal e Vince Gerardis. Altri potenziali
spin-off di Game of Thrones sono in lavorazione alla HBO, tra cui
una serie incentrata su Jon
Snow con il ritorno di
Kit Harington.
Ecco l’ultimo trailer in
italiano di The Heart of the Sea,
l’atteso nuovo film con protagonista Chris Hemsworth e diretto dal
premio Oscar Ron Howard.
Con una sceneggiatura firmata da
Charles Leavitt (“Blood Diamond- Diamanti di
Sangue”), il film è tratto dal romanzo vincitore del National Book
Award per la Saggistica “In the Heart of the Sea: The Tragedy of
the Whaleship”.
Nell’inverno del 1820, la baleniera
del New England viene attaccata da una creatura incredibile: una
balena dalle dimensioni e la forza elefantiache, ed un senso quasi
umano di vendetta. Il disastro marittimo, realmente accaduto,
avrebbe ispirato Herman Melville a scrivere Moby
Dick. Ma l’autore ha descritto solo una parte della storia.
HEART OF THE SEA – LE
ORIGINI DI MOBY DICK rivela le conseguenze di quella straziante
aggressione, di come i superstiti dell’equipaggio della nave
vengono spinti oltre i loro limiti e costretti a compiere
l’impensabile per poter sopravvivere. Sfidando le intemperie, la
fame, il panico e la disperazione, gli uomini mettono in
discussione le loro convinzioni più radicate: dal valore della vita
alla moralità delle loro spedizioni, mentre il capitano cerca di
riprendere la rotta in mare aperto, ed il primo ufficiale tenta di
sconfiggere il capodoglio.
Sul set con Ron
Howard: Chris Hemsworth (“The Avengers”;
“Rush”), Benjamin Walker (“La Leggenda del
Cacciatore di Vampiri”), Cillian Murphy (Il Cavaliere Oscuro: Il
Ritorno), Ben Whishaw (“Skyfall”),
Tom
Holland (“The Impossible”), Brendan
Gleeson (Edge of Tomorrow- Senza Domani) e Jordi
Mollà (“Riddick”).
Grazie al buon successo di serie
thriller come The Terror,
la piattaforma Amazon Prime Video sembra sempre più intenzionata
a puntare su narrazioni in grado di suscitare forti emozioni nello
spettatore. Con The Head, in arrivo nel
catalogo a partire dal 5 agosto, un nuovo significativo tassello di
tale strategia viene messo al suo posto. La serie, ideata da
Álex e David Pastor, e diretta da
Jorge Dorado, vanta una produzione internazionale,
che riunisce tecnici e attori da ogni parte del mondo, compreso
Álvaro
Morte, celebre come Professore de La casa di
carta. Tra gli altri membri del cast è bene citare
l’attore John Lynch,
già visto anche nella citata The Terror.
La trama delle prima, e
autoconclusiva, stagione ruota intorno ad un gruppo di ricercatori,
i quali si trovano a dover trascorrere in isolamento un periodo di
sei mesi nella loro base operativa al Polo Sud, dove conducono
ricerche sui cambiamenti climatici. Tale periodo, sfortunatamente
per loro, coincide con il momento dell’anno in cui la luce del sole
viene a mancare totalmente. Vivendo in una notte perpetua, il
gruppo scoprirà a loro spese che tra di loro vi è un assassino.
Quando al termine dei sei mesi il capitano della spedizione Johan
Berg si ripresenterà alla base, si troverà dinanzi a qualcosa di
macabro. Per lui, scoprire cosa è accaduto sarà l’unico modo per
avere salva la vita.
The Head: da La cosa ad
Assassinio sull’Orient Express
Con una trama come questa, è
impossibile non pensare al celebre film horror La cosa, di
John
Carpenter e con Kurt Russell
protagonista. E infatti la pellicola del 1982 viene esplicitamente
citata, apparendo come il film che da tradizione il gruppo riguarda
insieme al momento dell’inizio del loro isolamento. Se da una parte
tale accostamento d’intenti può essere particolarmente rischioso,
essendo il film di Carpenter un gioiello insuperato, la serie cerca
da subito di scostarsi da invadenti somiglianze intraprendendo una
strada che aspira a fondere l’orrore con la pura investigazione da
genere giallo. La base operativa in cui il gruppo si ritrova
prigioniero appare così non essere poi tanto diversa dall’Orient Express
bloccato in mezzo ai ghiacci, mentre al suo interno si tenta di
risolvere un terribile omicidio.
Tale percorso permette alla serie
di potersi spostare ora più sull’uno ora più sull’altro dei due
generi. Si costruisce così un racconto che se anche non appare
particolarmente originale, tenta di catturare l’attenzione dello
spettatore. E vi riesce. Già nei primi due episodi di The
Head visti in anteprima (su un totale di sei), vengono infatti
seminati una serie di indizi che permettono a chi guarda di
iniziare a costruirsi una propria idea su quanto avvenuto, salvo
poi ritrovarsi smentiti dalle nuove scoperte. Si respira dunque
un’aria di imprevedibilità, che se retta a dovere sino alla fine
può davvero conferire valore al tutto. A quel punto occorrerà
soltanto stabilire se il modo in cui viene risolta la vicenda
reggerà le aspettative generate.
Stando a quanto fin qui potuto
vedere, gli autori di The Head hanno dimostrato di
poter raccogliere a piene mani dai titoli citati e dai loro generi
di appartenenza, rielaborando con gusto il tutto. La scelta di
costruire la narrazione su due piani temporali diversi, poi, aiuta
a ingrandire il velo di mistero. Si permette infatti allo
spettatore di vedere il prima e il dopo, e grazie al racconto
tramite flashback si procede a ritroso alla ricerca della verità.
Tale struttura promette così da un lato di spezzare la monotonia di
un’unica linea narrativa, e dall’altro di diluire il mistero per un
più prolungato piacere.
The Head: la recensione
Date le premesse cinematografiche e
letterarie a cui la serie fa esplicito riferimento, il regista dei
sei episodi gioca naturalmente per sfruttare al massimo l’ambiente
datogli. L’esterno è un luogo buio e ostile, l’interno è invece
claustrofobico ed incredibilmente labirintico. Ciò consente a
Dorado di esaltare il mistero grazie all’imprevedibilità e alla
conseguente minacciosità degli spazi. Grazie a i suoi virtuosi
movimenti di macchina, che segue i protagonisti nelle loro
insicurezze, si può infatti continuamente avvertire la possibilità
del pericolo dietro l’angolo. La tensione che si costruisce appare
dunque solida e funzionale al racconto.
Essendo lo spettatore già a
conoscenza del destino di alcuni dei personaggi, resta da scoprire
il come questo sia avvenuto. Perciò, la regia ha il compito di non
anticipare il momento in cui questo avviene, lasciando che si
costruisca inquadratura dopo inquadratura, sospetto dopo sospetto.
Nei primi due episodi ciò avviene. The Head sembra dunque
avere le carte in regola per raccontare una storia debitrice di
grandi classici, promettendo però interessanti variazioni e novità.
Come in ogni giallo che si rispetti, occorrerà però attendere lo
svelamento del mistero per poterla giudicare riuscita o meno.
The Haunting (Gli
Invasati) è il film cult del 1963 di Robert
Wise con protagonisti Julie Harris, Claire
Bloom, Richard Johnson e Russ
Tamblyn.
Anno: 1963
Sinossi
Diretto da: Robert
Wise
Con: Julie
Harris,Claire Bloom,Richard Johnson,Russ Tamblyn. In una villa
disabitata da tempo si verificano inspiegabili fenomeni
paranormali. La gente del luogo è terrorizzata e così viene
reclutato un esperto della cosa: il dottor Markway. Per studiare
meglio i fenomeni, costui si installa nell’abitazione in compagnia
di tre donne, due delle quali sono medium. Dal romanzo The
Haunting of Hill House di Shirley Jackson.
The Haunting (Gli
Invasati)
In una ideale classifica dei film
di fantasmi – o, più in generale, del cinema di paura
– The HauntingGli invasati,
per ogni cinefilo che si rispetti figurerebbe sicuramente ai primi
posti, se non sul podio, certamente nei primi dieci. Il film
parte dal presupposto di iniziare un filone che successivamente
negli anni 60 in poi dominerà parecchio il genere dell’orrore: La
casa organica. Una narrazione in cui la casa che dovrebbe essere
qualcosa di caldo e accogliente, assume una vitalità proprio
diventando qualcosa di cui aver paura e da cui difendersi. Sotto
questo profilo i suoi spazi e le sue dimensioni vengo percepite dai
personaggi che la abitano come dei veri e proprio sistemi organici
indipendenti, che si muovono e respirano, e talvolta emanano
addirittura calore o gelo.
Partendo da questo input, pur senza
trascurare la dimensione visiva (corridoi, porte, scale), R. Wise,
abilmente, come in pochi sanno fare, punta sulla colonna
sonora, su voci e rumori attraverso i quali la casa maledetta
s’impossessa dei suoi visitatori e spaventa gli spettatori. Giocato
sull’omissione, il dubbio, l’incertezza, il film rimane
ambivalente, sul doppio binario dell’obiettività e della
soggettività (soprattutto di Eleanor/Harris), senza decidere mai se
gli avvenimenti straordinari, o paranormali, vissuti dai personaggi
sono il risultato di un’azione dell’ambientare o il frutto della
sensibilità ipereccitata di qualcuno di loro.
Fotografia di David Boulton,
musiche di Humphrey Searle con ricorso a effetti elettronici e a
scale musicali incise a rovescio, diventano qualcosa di veramente
straordinario per gli scenari orrorifici che fanno di questa opere
davvero un capostipite del genere, confermando Robert
Wise come un regista che magistralmente amalgama suoni,
storia, scenografia, emozioni, sentimenti, scandali (particolare
riferimento al rapporto fra la protagonista Eleonor e Theo che
talvolta diventa quasi un connubio amoroso) portandolo fra i miti
del genere, sottolineandone la capacità di sbalzare da un genere a
l’altro, mantenendo sempre la stessa brillantezza e lo stesso
talento.
Ricordiamo per chi non lo sapesse
che Robert Wise è autore dei famosi: The
Day the Earth stood Still (Ultimatum
alla Terra), The Sound of Music
(Tutti insieme appassionatamente),
Something for the Birds (Lassù qualcuno mi ama),
Star Trek. Vincitore di quattro premi
oscar.
Titolo originale
The Haunting
Regista
Robert Wise
Produzione
Argyle Enterprises
Scritto da
Shirley Jackson
Nelson Gidding
Cast
Julie Harris – Eleanor ‘Nell’ Lance
Claire Bloom – Theodora ‘Theo‘
Richard Johnson – Dr. John Markway
Russ Tamblyn – Luke Sanderson
Nel 1959 la
scrittriceShirley JacksonpubblicòThe Haunting of Hill
House, un romanzo gotico che entrò immediatamente a
far parte dei grandi classici della letteratura
americana. Il Re del
brivido, Stephen
King, lo ha più volte definito uno
dei suoi libri preferiti, e non ha mai fatto mistero di averne
tratto ispirazione per gran parte dei suoi scritti, dedicandovi
anche un saggio (Danze Macabre, 1981).
I film basati esplicitamente
sull’opera di Shirley Jackson sono due, il
capolavoro
Gli Invasatidi Robert
Wise (1963) e il più recenteHaunting
– Presenze di Jan De
Bont (1999). Ma la filmografia che si ispira alle idee e
alle atmosfere diThe Haunting of Hill
House è a dir poco sterminata, avendo
stabilito una serie di elementi tipici delle storie sulle case
infestate che sono tuttora delle regole
inderogabili. Era solo questione di tempo, quindi, che ad
un’opera del genere – capostipite della letteratura e del cinema
horror – dedicassero un’intera serie tv, soprattutto ora che ci
troviamo nella cosiddetto “Era Netflix”.
The Haunting of Hill House
Proprio dalla piattaforma di
streaming americana è quindi stato partorito il
progettoThe Haunting of Hill House – La
serie, che uscirà ufficialmente il 12 ottobre 2018
per un totale di dieci episodi. Il libro diShirley
Jacksonsi rivela però da subito solo una base,
deviando per altre soluzioni e aprendo quindi la strada ad
un’infinità di variazioni sul tema. Rimane l’elemento essenziale:
Hill House, la magione che “si ergeva sola contro le sue colline,
chiusa intorno al buio” (cit.), con il suo dedalo di stanze, i suoi
corridoi di legno e l’evocativa scala a chiocciola in ferro
battuto. E i suoi abitanti, più o meno vivi che
siano.
La serie ci parla della
famiglia Crane, composta dalla madre Olivia (Carla
Gugino), dal padre Hugh Crane
(Henry Thomasda
giovane,Timothy Huttonda anziano) e dai
cinque figli, che abitano Hill House intorno alla metà degli anni
‘80. Ma la storia si rivela da subito un alternarsi
martellante di flashback e flashforwards, perché la trama si
concentrerà sulle vite degli ormai adulti figli dei
Crane.
The Haunting of Hill House
Ad ogni fratello o sorella è
dedicata un’interna puntata, dove grazie ai salti repentini nel
passato riusciamo ad avere un quadro completo dell’infanzia e della
psicologia dei personaggi. Si parte ad esempio con
Steven Crane (Michiel
Huisman), il maggiore dei fratelli, colui che ha
pensato bene di utilizzare la propria infanzia passata ad Hill
House per scriverne un libro e guadagnare denaro e
fama.
A poco a poco veniamo a
conoscenza delle caratteristiche singolari dei vari fratelli, da
Shirley (Elizabeth
Reaser) che di mestiere imbalsama le salme dei
defunti, a Theodora (Kate
Siegel) che svolge il difficile mestiere di
psicologa infantile grazie alle proprie capacità empatiche, fino ai
due gemelli Nell (Victoria
Pedretti) e Luke (Olivier
Jackson-Cohen), che rappresentano il punto più “debole”
dell’intero nucleo familiare.
The Haunting of Hill House
Svelare qualcos’altro
suThe Haunting of Hill
Housesarebbe davvero un delitto, ma è inevitabile
sottolinearne gli immensi debiti nei confronti di grandi classici
della letteratura – comeGiro di
Vite di Henry James – e
soprattutto dell’universo filmico, daThe
OthersaThe
Conjuringpassando per il “must”Amityville
Horror. Tuttavia, sebbene la
confezione sia impeccabile (la ricostruzione di Hill House con le
sue porte scricchiolanti e le statue “spione” è splendida e
angosciante, come deve essere), nonostante la buona prova attoriale
di alcuni membri del cast (su tutti la Shirley diElizabeth
Reaser), la storia fatica ad
ingranare.
I flashback continui, troppo
affastellati, confondono e destabilizzano l’attenzione di chi
guarda e cerca di capire se l’azione si svolge nel presente, nel
passato, nel passato di due mesi prima, o nell’immediato futuro
(pur con l’aiuto di piccole didascalie
esplicative). La serie gioca di continuo col concetto di
spazio-tempo, che era poi alla base della concezione di Hill House
stessa. Il lento scorrere della trama, che andrebbe
anche a giovare nella creazione di un clima di suspense, si perde
però nelle cose meno interessanti, dando l’impressione di stare
allungando il brodo.
Fortunatamente con l’avanzare
degli episodi aumenta il senso di angoscia, e alcuni piccoli
misteri vengono svelati con soluzioni non troppo scontate,
presupponendo quindi che anche il finalesarà piuttosto
imprevedibile. I cliché horror ci sono tutti, e nella sesta
puntata vengono mostrati tutti, in una escalation che parte con il
grande classico del temporale e dell’assenza di luce in
casa. Per chi ama i romanzi e i film
gotici,The Haunting of Hill
Housesarà sicuramente un’opera imprescindibile. Se
ne apprezzeranno i riferimenti a King, da1408aRose
Red(la cui Casa stregata – in quanto a suspense –
rimane però ineguagliabile, va detto).
The Haunting of Hill House
Il regista,Mike
Flanaganpare essersi “votato” alla causa horror. Lo
abbiamo visto dirigereOculus – Il
Riflesso del Male,Il Terrore del
Silenzio(dove recitavaKate
Siegel, che qui interpreta Theo) eOuija 2:
L’Origine del Male(conEzabeth
ReasereLulu Wilson, che in The Haunting of
Hill House interpretano Shirley, da giovane e da
adulta). Ma soprattutto lo abbiamo apprezzato
neIl Gioco di Gerald, evidente sintomo
dell’ammirazione del regista per
Stephen King. Da questo ultimo film Flanagan si porta dietro
diversi attori, sui quali ovviamente spiccaCarla
Gugino, la cui inquietante espressività nella Olivia
Crane di The Haunting of Hill House è dosata e
distribuita sapientemente in un crescendo
continuo.
Non ci resta che aspettare il
12 ottobre per conoscere fino in fondo i misteri che si celano
dietro le porte scricchiolanti di Hill House, confidando che la
serie possa regalarci quel senso di angoscia tipico di ogni
racconto gotico che si rispetti.
La Weinstein Company ha
diffuso il primo teaser trailer di The Hateful
Eight, il nuovo discusso film di Quentin
Tarantino.
I protagonisti della pellicola
saranno: Samuel L. Jackson (Django
Unchained), Kurt Russell
(Escape From New York), Jennifer
Jason Leigh (Mrs. Parker And The Vicious
Circle), Walton Goggins
(“Justified”), Demian
Bichir (A Better Life),
Tim Roth (Reservoir
Dogs), Michael Madsen(Reservoir Dogs), Bruce
Dern (Nebraska) e
Channing Tatum
(Foxcatcher). Scritto e diretto da
Tarantino, The Hateful
Eight è prodotto da Richard N.
Gladstein, Stacey Sher e Shannon
McIntosh. Harvey Weinstein, Bob
Weinstein e Georgia Kacandes sono i
produttori esecutivi, Coco Francini e
William Paul Clark i produttori associati.
Non si sa ancora molto sul cast che
porterà sullo schermo l’ultimo lavoro di Quentin
Tarantino, The Hateful Eight,
film western già molto chiacchierato a causa dell’uscita online
della sceneggiatura all’insaputa del regista. Il film si farà e,
mentre sembra che Michael Madsen, Bruce
Dern, Tim Roth, Walton Goggins, Amber
Tamblyn, James Remar, Zoe Bell
e Samuel L. Jackson faranno parte del cast del
film, i fan danno già per certo anche Kurt
Russell. Ma le voci non si esauriscono,
anzi ecco arrivare un nuovo rumor, dopo quello di qualche
giorno fa che aveva tirato in ballo niente meno che
Jennifer Lawrence.
Il nuovo indiziato per lavorare con
Tarantino è Viggo Mortensen. L’attore sarebbe
infatti stato visto discutere sulla possibilità di far parte della
pellicola western qualche giorno fa, anche se non è ancora chiaro
se è realmente arrivata un’offerta per un ruolo. Viggo Mortensen,
per altro, ha già lavorato in ambientazioni western in
Appaloosa (come vediamo nella foto in
testa all’articolo), film del 2008 diretto da Ed
Harris, che vedeva Mortensen nei panni del vice-sceriffo
Everett Hitch, accanto a Jeremy Irons e
Renee Zellweger.
Ad oggi solo rumor, vedremo nelle
prossime settimane se l’attore statunitense potrà effettivamente
far parte del film.