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The Last Days on Mars trailer internazionale

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The Last Days on Mars trailer internazionale

Last Days on Mars trailerEcco il trailer internazionale di The Last Days on Mars, thriller ambientato nello spazio con protagonisti Liev Schreiber, Elias Koteas, Romola Garai, Olivia Williams e Tom Cullen. Il film, diretto da Ruairi Robinson, sarà disponibile On Demand dal 31 ottobre prima di raggiungere i cinema a partire dal 6 dicembre.

Ecco il trailer internazionale:

Trama: Vincent è un astronauta in missione su Marte e allocato sulla base Tantalus. Un giorno un membro del suo equipaggio individua un elemento che può mutare radicalmente le nostre teorie sull’origine della vita: su Marte esistono batteri attivi. Il dubbio, che rápidamente si traduce in realtà, è che siano molto pericolosi. Le trasformazioni che provocano negli esseri umani sono da incubo.

Fonte: CS

The Last Dance: recensione della serie sui Chicago Bulls di Michael Jordan

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Si intitola The Last Dance, l’ultima danza, il documentario di ESPN e Netflix dedicato alla stagione ‘97/’98 dei Chicago Bulls, un’opera che grazie al ritmo serrato e avvincente si appresta a diventare un appuntamento imperdibile di queste ultime (si spera) settimane di quarantena. Dal 20 aprile sono disponibili sulla piattaforma due episodi a settimana, per 5 settimane di una storia cominciata proprio nella stagione del 1997.

Dopo cinque titoli in sette stagioni, i Chicago Bulls inseguono il sesto titolo, il terzo consecutivo, e l’organizzazione autorizza una troupe televisiva a seguire la squadra in ogni momento, a partire dalla preparazione del campionato, permettendo alle telecamere di arrivare dove non erano mai state prima, dal campo di allenamento agli spogliatoi. Quel materiale, unito a repertorio, interviste e una lunga e costante ricerca, oltre a un lavoro titanico di montaggio ha dato vita alla serie che racconta la grandiosa impresa sportiva dei Bulls di Michael Jordan.

The Last Dance, i Chicago Bulls di Michael Jordan nel ’97/’98

Nonostante le luci e i successi, quello fu un anno particolarmente difficile per i Bulls, che si trovarono ad affrontare un diffuso malcontento interno, dagli attriti dell’allenatore Phil Jackson con il general manager della squadra, ai problemi contrattuali di Scottie Pippen, che quell’anno non inizia nemmeno la stagione, complice un infortunio, forse con la speranza di riformulare un contratto che gli fruttava decisamente troppo poco per il suo ruolo e la sua importanza in squadra e nell’intera lega. Ma, da Rodan a Kukoc, tutti i giocatori avevano dei problemi con la società e con la squadra.

Su tutti, come un’ombra e un collante potentissimo, si stagliava la figura di Michael Jordan, il leader, il capo, quello che voleva soltanto vincere e che voleva farlo a tutti i costi, anche portare tutta la squadra sulle spalle.

The Last Dance è quindi l’ultima danza dei tori di Chicago, quella generazione di fenomeni (sia permesso il prestito dalla pallavolo azzurra) che ha segnato la storia del basket, e la cui storia commuoverà senza dubbio gli appassionati del parquet ma coinvolgerà anche chi di basket non capisce nulla. Perché storie sportive di questa portata, qualunque sia il loro esito, hanno sempre la potenza evocativa di storie di vita, sacrificio, sconfitta e vittoria.

The Last Dance non è solo il racconto di un’impresa eroica, è anche un lavoro documentaristico approfondito, certosino, vibrante di emozione, a tratti persino buffo, tremendamente onesto, raccontato attraverso le parole dirette dei protagonisti.

Nell’ottica contemporanea, la storia dei Chicago Bulls, nella stagione ‘97/’98, potrebbe spiegare bene a tutto il mondo il significato di farcela insieme, di giocare di squadra (in quanto genere umano), di mettere da parte l’individualismo e spalleggiarsi per raggiungere un obbiettivo comune. Ma si sa, i protagonisti di quella storia lì non sono esseri umani ordinari, sono fenomeni, divinità scese in Terra, a condividere con i comuni mortali parte della loro luce.

The Lasso Way: il kintsugi della gentilezza

The Lasso Way: il kintsugi della gentilezza

Si chiama kintsugi la tecnica di restauro giapponese risalente al 1400 che prevede l’utilizzo della polvere d’oro per riparare le stoviglie in ceramica usate per la cerimonia del te. Oltre ad essere una tecnica che dà vita a oggetti unici e splendidi, vere e proprie opere d’arte, ha anche un profondo significato legato alla filosofia Zen: da una parte quelle vene di rottura impreziosite con la polvere d’oro suggeriscono che l’esistenza è transitoria, e questa consapevolezza rende sereno l’approccio alla vita; dall’altra suggerisce empatia, la triste malinconia dell’imperfezione delle cose, apprezzarle, nonostante questo; infine, esprime la capacità di lasciar correre, di dimenticare le preoccupazioni liberando la mente dal desiderio di perfezione… la capacità di essere come un pesce rosso, proprio come dice il nostro allenatore preferito: Ted Lasso.

Ted Lasso, si è conclusa la stagione finale

All’indomani della conclusione della terza e (pare) ultima stagione della serie di grande successo di Apple TV+, possiamo decisamente dire che Ted Lasso ha utilizzato la tecnica del kintsugi sulle vite, imperfette e passeggere, di tutte le persone che ha incrociato. E un po’ anche sulle nostre, che lo abbiamo seguito dal divano di casa.

La terza stagione, in particolare, come un lungo abbraccio, ha accompagnato ogni personaggio alla sua personale risoluzione, con garbo e gentilezza, la quale rappresenta a tutti gli effetti la polvere d’oro con cui Ted aggiusta tutte le persone intorno a sé, dando agli altri, alla fine, la possibilità di aggiustare se stessi. Perché siamo imperfetti, siamo un continuo “mess in Progress” e la consapevolezza di questa condizione di esistenza ci permette di essere persone migliori, di imparare ad allenare una squadra di calcio arrivando a capire cos’è il fuorigioco, di aprirsi a una famiglia di tifosi che hanno colto il nostro lato migliore, di riconoscere nell’altro un amico, oltre che un eterno rivale, di essere parte di una squadra e di essere in grado di conservare un pezzetto di quel messaggio che era stato seminato (leggi, appeso alla parete dello spogliatoio) tanto tempo prima, in mezzo allo scetticismo e allo scoramento.

La vita chiama

Il team di scrittura di Ted Lasso (Brendan Hunt, Joe Kelly, Bill Lawrence, Jason Sudeikis, Brett Goldstein, Phoebe Walsh, Jane Becker, Leann Bowen, Jamie Lee, Bill Wrubel) si conferma una squadra incredibile, con leggerezza e attenzione riesce sempre a trovare la lente apposita attraverso cui raccontare un disagio, una rottura, un trauma, con gli strumenti giusti, accarezzando i suoi personaggi e lo spettatore, trasformando maschi tossici e vallette sgallettate in uomini e donne consapevoli e gentili, senza mai forzare, rispettando i caratteri costruiti sapientemente attraverso l’arco della serie e dando loro il giusto spazio per crescere e trovare se stessi.

Questa terza stagione di Ted Lasso ci racconta che “la vera partita è con se stessi”, che la sfida vera da affrontare non è quella contro la supremazia del Manchester City, o contro l’astioso West Hammer, ma è con la vita stessa che sfreccia via, fuori dal campo e vuole che saliamo a bordo per poterci trasportare nel suo flusso. Per Ted, questo ha significato fare una pausa di tre anni dal suo mondo, riprendere fiato, costruire una sua nuova famiglia, tramandare un messaggio, sciorinare battute incredibili e dialoghi brillanti, trovare un’amica per la vita e uno spogliatoio che può chiamare casa, venire a patti con le sue crepe, i suoi dolori e la sua inadeguatezza, e scoprire che tutte queste ferite erano state riempite da una cascata di polvere dorata nelle sembianze di Rebecca, di Coach Beard, di Trent, di Roy, di Nate, dei tifosi, della barista Mae e di tutta la squadra che ha imparato ad amarlo. E ora, forte di questo restauro, cambiato per sempre, bellissimo con tutte le sue ferite, torna a casa, perché la vita chiama e suo figlio è lì ad aspettarlo, a corrergli incontro felice, perché adesso finalmente tutto è al suo posto e il puzzle è completo.

Scende in campo la musica

Puzzle ricchissimo avanti e dietro le quinte, Ted Lasso non è solo un gruppo di geniali sceneggiatori che affidano brillanti battute a telantuosi attori. È vetta della comicità in televisione (Ziggy Stardust non sarà mai più lo stesso), è ispirazione tecnica messa al servizio della storia, è una fotografia accogliente e riconoscibile, e soprattutto è una colonna sonora che impreziosisce e accompagna ogni momento, rendendolo indimenticabile, accostando l’illuminazione del burbero Roy Kent all’arcobaleno dei Rolling Stones nel quinto episodio della seconda stagione; Adriano Celentano e Jesus Christ Superstar come fossero stati creati per stare insieme in quella sequenza spettacolare del terzo episodio della terza stagione, oppure Cat Stevens e i Flaming Lips nei commoventi minuti di commiato dal AFC Richmond.

Non era facile dire addio a questi personaggi, eppure il finale di Ted Lasso lascia la sensazione che tutto sia andato al posto giusto, che i personaggi siano adesso in grado di affrontare la vita e le loro prossime sfide con gli strumenti giusti, consapevoli che va bene anche rompersi, va bene anche sbagliare, purché non si perda mai di vista la leggerezza, la capacità di ricominciare, “senza avere macigni sul cuore”, come un pesce rosso.

The Land of Dreams, trailer del film di Nicola Abbatangelo

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The Land of Dreams, trailer del film di Nicola Abbatangelo

Primo lungometraggio di Nicola AbbatangeloThe Land of Dreams è una storia d’amore ambientata nella New York anni ’20 tra musica e sogni, con protagonisti Caterina Shulha e George Blagden (Les Misérables di Tom Hooper, Vikings, Versailles) insieme a un ricco cast tra cui Paolo CalabresiMarina RoccoRyan ReidNathan AmziCarla SignorisStefano Fresi ed Edoardo Pesce.

The Land of Dreams, la trama 

New York, 1922. Eva è una giovane immigrata italiana che lavora come lavapiatti nelle cucine del noto locale Choo Choo Train e che ha rinunciato al suo sogno più grande: diventare una cantante. Oggetto del desiderio di un boss mafioso, s’innamora dell’affascinante pianista Armie, reduce della Grande Guerra, che vive recluso nella sua casa insieme al fratello e che nasconde un potere molto speciale: viaggiare all’interno dei sogni… Eva e Armie scopriranno insieme che realtà e sogno possono mischiarsi e diventare la ricetta della felicità.

Il soggetto e la sceneggiatura sono firmate da Nicola Abbatangelo e Davide Orsini, le musiche composte da Fabrizio Mancinelli che ha collaborato alla colonna sonora del film premio Oscar Green Book dirigendone l’orchestra. 

Il film è una produzione Lotus Production, una società Leone Film Group, con Rai Cinema, in associazione con 3 Marys Entertainment, prodotto da Marco Belardi, e uscirà nelle sale il 10 novembre distribuito da 01 Distribution. The Land of Dreams verrà presentato in anteprima come Evento Speciale ad Alice nella Città – Sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma.

The Lady: recensione del film di Luc Besson

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The Lady: recensione del film di Luc Besson

Luc Besson porta al cinema The Lady, la storia di Aung San Suu Kyi, attivista birmana che per circa 15 anni ha scontato un isolamento forzato nella sua casa a Rangoon con l’unica colpa di aver sostenuto il suo popolo e la battaglia per la libertà ed i diritti civili.

The Lady racconta la vita di questa donna straordinaria, divisa tra dovere politico e sociale, ereditato dal padre generale martire del golpe, e amore di moglie e madre, che con contegno ma con grande passione continua a coltivare nei lunghi anni di prigionia. Besson ci mostra così un altro ritratto di donna, dopo le eroine storiche e fantastiche che negli anni ci ha proposto, ma questa volta sceglie di narrare l’amore unitamente ad un obbiettivo: quello di dare voce ad una situazione politica e sociale unitamente ad una personalità rara e preziosa.

The Lady, il film

The Lady - L'amore per la libertà

Ad interpretare l’orchidea d’acciaio c’è Michelle Yeoh, che per questo ruolo ha dovuto imparare il birmano, oltre che un inglese ‘così come lo parlerebbe lei’. Elegante e pacata, interpreta con grande efficacia la donna che ha fatto della lucida razionalità e della non violenza un suo marchio distintivo. Al suo fianco, nel ruolo del marito, il Professor Micheal Aris, c’è lo splendido David Thewlis, già interprete di importanti film, come L’Assedio di Bertolucci e The New World di Malick, oltre che della saga di Harry Potter. L’attore inglese da ulteriore prova di straordinaria bravura, interpretando un uomo innamorato e fedele, oltre che fermamente convinto nel suo percorso e in quello della moglie, ma anche un uomo che fa i conti con la mancanza, la sofferenza e la malattia.

The Lady si dipana per 127 minuti, forse un po’ troppi, ripercorrendo gran parte del cammino che ha portato Suu ad intraprendere la sua carriera di attivista fino alla scarcerazione e alla morte per cancro del marito. Una delle maggiori difficoltà interpretative per gli attori, è stata quella di indossare i panni di persone che esistono e sono esistite, senza però avere la possibilità di confrontarsi con loro, né avere un riscontro diretto del proprio lavoro.

La potenza della storia, unitamente all’uso ricattatorio della musica, ne fanno un prodotto molto commovente, ma che nelle intenzioni del regista deve probabilmente gettare luce sulle atrocità che ancora vengono perpetrate in Birmania contro i cittadini.

The Lady: la conferenza stampa con Luc Besson

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Il regista Luc Besson risponde alle domande dei giornalisti alla fine dell’anteprima per la stampa del suo ultimo film The Lady presso La Casa del cinema di Roma.

Il film uscirà nelle sale italiane a partire dal 23 Marzo 2012 ed è stato distribuito in Italia dalla nuova casa di distribuzione Good Films che proprio in occasione del lancio della pellicola ha indetto la campagna “Send a Message” volta alla sensibilizzazione nei confronti della causa portata avanti da Aung San Suu Kyi per la democrazia  in Birmania.

The Lady’s Companion, la spiegazione del finale

The Lady’s Companion, la spiegazione del finale

The Lady’s Companion è un avvincente serie tv spagnola su Netflix, una commedia romantica in cui una feroce protagonista, per la quale il quarto muro è più un suggerimento, guida la narrazione nella Madrid degli anni ottanta dell’Ottocento. Elena Bianda è alla ricerca del suo prossimo lavoro come accompagnatrice, una signora che ha il compito cruciale di gestire la vita sociale della sua protetta, comprese le sue prospettive di matrimonio. Pertanto, la famiglia di Don Pedro Mencia, con tre giovani figlie, rimane un luogo di lavoro ideale per lei. Tuttavia, è solo dopo essersi assunta la responsabilità di sorvegliare Cristina, Sara e Carlota che si rende conto di quanto siano davvero difficili le ragazze.

A peggiorare le cose, Pedro ha un affascinante figlioccio, Santiago, il cui interesse di lunga data per la sorella maggiore di Mencia viene scosso dalla sua attrazione (forse ricambiata) verso Elena. Di conseguenza, invece di un lavoro a lungo termine comodo, la damigella d’onore si ritrova coinvolta in un triangolo amoroso e in una rete di bugie che minacciano di smantellare il suo mondo – e il suo cuore – se vengono alla luce. SPOILER IN ARRIVO!

Cosa succede in The Lady’s Companion

Elena Bianda è eccellente nel suo lavoro di dama di compagnia. Tuttavia, ogni tentativo di successo nel trovare un marito la lascia in competizione per un altro lavoro. Quindi, questa volta, cerca la posizione di accompagnatrice presso Don Pedro Mencia. La famiglia ha recentemente subito la tragica scomparsa della loro matriarca, lasciando le tre sorelle, Cristina, Sara e Carlota, senza una madre. Per questo motivo, la posizione è praticamente una miniera d’oro nel settore dell’accompagnamento femminile. Per lo stesso motivo, Elena mette in campo tutte le sue risorse: ricerca le ragazze con mezzi discutibili, come la corruzione e le false storie strappalacrime dei genitori morti, per guadagnarsi la fiducia di Pedro. Così, ottiene la posizione, con grande dispiacere della sua rivale, Alicia, che giura di trovare un modo per farla licenziare.

Tuttavia, Elena ha questioni più urgenti di cui occuparsi, ovvero guadagnarsi la fiducia delle sorelle Mencia. Mentre la bricconcella Carlota, una ragazzina di 11 anni con una curiosità morbosa, è facile da conquistare, le sue sorelle rappresentano una sfida diversa. Tuttavia, la donna riesce a convincere una Cristina in lutto ad accettare un cambiamento di ritmo e a partecipare a una serata in città con il suo potenziale corteggiatore, Eduardo. Tuttavia, finisce per seguire il suo consiglio con troppo entusiasmo e si ritrova con il suo accompagnatore all’interno della sua carrozza. Eppure, dopo che Elena li scopre, Eduardo insiste nel voler dimostrare la realtà del loro amore chiedendo ufficialmente la mano di Cristina in matrimonio.

Tuttavia, un mese dopo, quando arriva il momento per Eduardo di visitare la tenuta dei Mencia per una proposta formale, l’uomo si tira indietro. Invece, manda una lettera in cui informa Cristina che ha cambiato idea ed è partito per Parigi. Questa notizia è incredibilmente sconvolgente per la ragazza, soprattutto per il suo cuore spezzato. A quanto pare, la loro notte insieme aveva messo incinta Cristina. Di conseguenza, Elena si affretta a trovare un altro pretendente per la ragazza, per evitare che finisca per diventare una madre single disprezzata. La soluzione si presenta abbastanza presto attraverso Santiago, il figlioccio di Pedro e amico intimo delle tre sorelle.

È evidente che Santiago è almeno un po’ innamorato di Cristina, che non gli ha ancora corrisposto in modo simile. Tuttavia, quando inizia a notare le sue piccole manifestazioni di affetto, si rende conto che può avere un vero futuro con lui. Allo stesso tempo, però, Santiago inizia a innamorarsi di Elena e delle sue osservazioni contrarian e spiritose. Inoltre, la scomoda riconnessione con una vecchia fiamma, Gabriel, complica le cose per la damigella d’onore, che è determinata a mantenere il suo passato segreto alla famiglia Mencia. Alla fine, Santiago si ritrova in una situazione difficile quando la notizia del suo tentativo di corteggiamento con Cristina arriva a Pedro, che è felicissimo di avere il suo figlioccio come genero. Mentre le cose continuano a sfuggire di mano, un’altra caotica rivelazione arriva quando Eduardo torna in città, apparentemente ancora innamorato di Cristina e disposto a lottare per la sua mano.

Il finale di The Lady’s Companion : cosa succede tra Elena e Santiago?

The Lady’s Companion finale

La storia d’amore tra Elena e Santiago è tesa fin dall’inizio. È evidente che la donna, con il suo sarcasmo, la sua ironia e il suo atteggiamento pratico, ha un passato movimentato alle spalle. L’introduzione di Gabriel e la rivelazione che è stata lei a fargli un torto nella loro relazione, cementano ulteriormente il suo complicato rapporto con l’amore. Pertanto, non ha alcuna illusione quando si tratta dell’idea di innamorarsi del figlioccio del suo datore di lavoro, che è anche il principale pretendente di Cristina e la sua unica speranza di evitare un futuro buio come madre single. D’altra parte, Santiago, lo scrittore dagli occhi luminosi, rimane affascinato da Elena ed è pieno di illusioni su come possano avere il loro lieto fine.

Tuttavia, mentre la loro storia si avvicina alla conclusione, i due finiscono per scambiarsi i ruoli. A quel punto, vengono alla luce la maggior parte dei segreti tra loro riguardo ai tentativi di Elena di far accettare un fidanzamento tra Santiago e Cristina. Per lo stesso motivo, lo scrittore è incredibilmente tradito e affranto nell’apprendere che la donna che ama era pronta a condannarlo a un futuro di bugie e inganni. Così, alla fine rinuncia a ogni speranza che gli rimane per una relazione tra loro. D’altro canto, anche la realtà di Elena si svela dopo che Cristina ritiene che i suoi segreti siano troppo indelebili per essere perdonati. Tuttavia, dopo aver letto la nuova operetta su cui Santiago stava lavorando, la giovane donna si rende conto che i suoi sentimenti per la sua damigella erano reali e innegabili. Pertanto, nonostante la sua rabbia verso Elena, la incoraggia a leggere i suoi scritti e a inseguirlo se i suoi sentimenti sono ricambiati.

Alla fine, Elena finisce per fare proprio questo, lanciandosi in una grande caccia a Santiago, che sta partendo per un viaggio di lavoro di due mesi a Lisbona, in Portogallo. Nella sua testa, ha il grande discorso romantico perfetto da fare e confessare il suo amore. Nonostante il suo scetticismo nei confronti delle storie d’amore sdolcinate, è disposta a mettere in gioco il suo cuore e sogna di conquistare lo scrittore. Dopo tutto, Elena è sempre stata una fan dei lieto fine nelle storie d’amore e ne vuole uno anche per sé. Tuttavia, i suoi sogni a occhi aperti finiscono per essere vani, poiché la carrozza di Santiago si rifiuta di fermarsi per lei e si allontana, lasciandola indietro. Alla fine, le sue indiscrezioni sembrano essere state troppo per lo scrittore, costringendolo a scappare per ora. Tuttavia, anche se la loro storia d’amore per ora ha un finale triste, non tutte le speranze sono perdute e c’è sempre la possibilità di una seconda possibilità in futuro.

Cristina sceglie Santiago o Eduardo? Chi sposa?

The Lady’s Companion trama

La serie The Lady’s Companion presenta una miriade di complicate storie d’amore: la damigella d’onore Josefina e la sua padrona, Esther, che sono innamorate, fino ad Adela, che si innamora del donnaiolo Lazaro. Eppure, la vita sentimentale di Cristina rimane forse la più contorta. Inizialmente, è perdutamente innamorata di Eduardo, il suo corteggiatore di lunga data che è stato al suo fianco nella buona e nella cattiva sorte. È così presa dai suoi sentimenti per lui che va a letto con lui, il che si traduce in una gravidanza prematura. Nonostante ciò, Eduardo la lascia sola, spingendola a trovare un nuovo pretendente il prima possibile per nascondere il fatto della sua gravidanza fuori dal matrimonio. Questo la porta a Santiago, un amico fidato che non ha mai valutato sotto una lente romantica.

Una volta che Cristina inizia a fare uno sforzo per innamorarsi di Santiago, in parte influenzata dalla notizia del fidanzamento di Eduardo con una duchessa a Parigi, inizia a vederlo sotto una nuova luce. Le piacciono la sua affidabilità e onestà, anche quando le rivela di essere indeciso sui suoi sentimenti per lei a causa di un’altra donna nella sua vita. In confronto a Eduardo, lui è un’opzione migliore, sia come marito che come futuro padre del figlio che ha già concepito. Per un po’ di tempo, continua a insistere per stare con Santiago perché è la sua ultima risorsa. Tuttavia, questo cambia quando Eduardo torna per lottare per il suo amore.

Sebbene Elena sia riluttante a dare a Eduardo un’altra possibilità con Cristina, i sentimenti dell’uomo per quest’ultima rimangono sinceri. I suoi genitori lo hanno costretto a fidanzarsi con la duchessa e lui si è ribellato a loro, pronto a rinunciare alla sua famiglia per la giovane donna. Quando Cristina viene a conoscenza della stessa cosa, la sua indifferenza per il suo ex, accuratamente costruita, svanisce, trasformandola in un groviglio confuso. Allo stesso tempo, la nuova opportunità di carriera di Santiago di recarsi in Portogallo ha costretto Pedro ad accelerare il fidanzamento con sua figlia. Di conseguenza, Sara ed Elena si rendono conto che la maggiore Mencia deve prendere una decisione prima di finire per ferire qualcuno inavvertitamente.

Così, ricorrono a una misura estrema e chiudono Cristina in una stanza con Eduardo. Inizialmente, la donna cerca di rifiutare qualsiasi sentimento persistente per l’uomo. Tuttavia, la scintilla tra loro è più viva che mai. Aveva sempre cercato di dimenticarlo perché temeva che non fosse degno di fiducia. Eppure, la sua presenza davanti a lei ora dimostra quanto lui le sia devoto. Inoltre, sarebbe meglio mettere su famiglia con il vero padre di suo figlio piuttosto che costringere Santiago a una vita di bugie. Quindi, quando Cristina inevitabilmente si rimette con Eduardo, troppo commossa dalla passione che li lega, conclude che deve scegliere lui come suo amato. Alla fine, confessa tutto a Santiago e anche a suo padre. Anche se Pedro è inizialmente scioccato oltre ogni dire, col tempo cambia idea e sostiene la decisione di sua figlia di sposare Eduardo.

Elena perde il lavoro? Chi è la nuova accompagnatrice di Sara e Carlota?

Oltre alla sua vita sentimentale, il lavoro di Elena rimane una delle parti più cruciali della sua storia. Per tutta la storia, cerca disperatamente di mantenere il suo lavoro. Mente, complotta e manipola le carte, tutto per il bene della sua carriera. Eppure, una volta che conosce le sorelle Mencia, le sue motivazioni si offuscano per la sua sincera cura e amore per le sorelle. Tiene nascosta a suo padre la segreta ricerca di Sara di studiare medicina e sostiene il suo diritto di frequentare l’università una volta che la verità viene fuori. Allo stesso modo, nasconde diligentemente la gravidanza di Cristina per evitare che la giovane donna faccia arrabbiare o deluda suo padre. Infatti, è disposta a spezzarsi il cuore orchestrando un fidanzamento tra Santiago e lei.

Tuttavia, Elena mantiene diversi segreti nel processo, cosa che irrita Cristina. Considera l’anziana donna una vera amica e si sente offesa quando scopre il suo alto lignaggio, essendo figlia di una nobildonna non morta. Il fatto che Elena si sia accaparrata il lavoro scoprendo in anticipo tutti i segreti delle sorelle diventa la goccia che fa traboccare il vaso per Cristina. Si rende conto che non può più fidarsi di Elena, il che la costringe a licenziarla dalla posizione di accompagnatrice della famiglia Mencia. Così, il giorno del suo matrimonio diventa l’ultimo giorno di lavoro per la donna più anziana. Al suo posto, la sua astuta rivale Alicia piomba e prende il lavoro.

Le ripercussioni di questa decisione saranno senza dubbio pesanti per le sorelle di Cristina, così come lo saranno per Elena, che si ritrova senza casa e senza lavoro. La ricerca di un’istruzione superiore da parte di Sara non è qualcosa che ogni dama di compagnia comprenderà o sosterrà prontamente. Inoltre, la sua storia d’amore con Camilo è destinata a creare problemi, data la natura interrazziale della loro dinamica. Se Alicia sarà all’altezza del compito di gestire la stessa cosa, o i modi minacciosi e burloni di Carlota, si vedrà solo in futuro. Per quanto riguarda Elena, la sua disoccupazione dalla casa dei Mencia non fa che accentuare il punto più basso in cui si è trovata alla fine di questa stagione.

Perché Eduardo è scappato a Parigi? Perché non ha chiesto a Cristina di sposarlo?

Eduardo è un personaggio intrigante nella storia, non da ultimo per i suoi sentimenti confusi nei confronti di Cristina. Scrive alla giovane una lettera ogni singolo giorno dopo la morte di sua madre come dimostrazione del suo amore e sostegno. È felicissimo di poterla corteggiare formalmente e rimane fermo nella sua dichiarazione d’amore e nelle sue intenzioni di matrimonio. Eppure, quando arriva il momento, non si presenta e manda una lettera poco convinta che non spiega né le sue azioni né il perché. Mesi dopo, quando Cristina inizia a frequentare Santiago, manda un’altra lettera e torna a Madrid, sostenendo di essere ancora innamorato della donna.

Così, la realtà della situazione di Eduardo prende vita. A quanto pare, la sua famiglia è andata in rovina. Di conseguenza, contano di spillare una buona dote alla sposa di Eduardo per riavviare la loro attività. Inizialmente, ingannano il loro erede facendogli firmare un contratto per fondere l’attività con la famiglia della Duchessa di Parigi. A sua insaputa, il contratto prevede una condizione di matrimonio tra lui e la Duchessa. Di conseguenza, Eduardo non è in grado di presentarsi alla tenuta di Mencia il giorno della proposta e invia la lettera che suo padre lo ha costretto a scrivere. Anche se all’inizio fa finta di accettare per compiacere i suoi genitori, alla fine si rifiuta di sposare la donna e di lasciarsi alle spalle il vero amore della sua vita.

Perché Santiago corteggiava Cristina? Era innamorato di lei o di Elena?

I sentimenti confusi di Santiago per Elena e Cristina rimangono i più sconcertanti tra le complicate attrazioni e gli affetti tra pretendenti, donne e accompagnatori. Dopo tutto, se Elena fa vacillare i sentimenti di Santiago, perché accetta di corteggiare Cristina? Nel caso delle donne, stanno spingendo per un corteggiamento e un matrimonio rapidi tra la coppia per nascondere la gravidanza preesistente di Cristina, assicurando alla madre e al bambino un futuro sicuro. Tuttavia, Santiago è completamente all’oscuro della gravidanza fino alla fine, quando la giovane donna sceglie Eduardo al posto suo. Pertanto, sorge la domanda: perché continua con il corteggiamento?

Santiago è stato innamorato di Cristina per gran parte della sua vita. Tuttavia, l’altra non gli ha quasi mai prestato attenzione romantica. Una volta che Eduardo entra in scena, occupa tutta la sua capacità di corteggiare, lasciando allo scrittore il compito di accettare il suo destino. Così, inizia a dimenticare Cristina quando lei inizia a corteggiare formalmente l’altro uomo. Il fatto che Elena sia in giro, sfidando la sua visione del mondo e costringendolo a considerare nuove prospettive, aiuta ulteriormente il processo, poiché inizia a innamorarsi dell’altra donna. Tuttavia, una volta che Eduardo lascia la città, tutto cambia.

Cristina parte per sedurlo ed Elena è irremovibile nel voler ignorare i propri sentimenti per garantire la felicità del suo protetto. Nonostante i pochi momenti e baci che Santiago condivide con quest’ultima, lei rimane ferma nella sua decisione di non intavolare una storia con lui. Siccome il suo padrino la impiega, sa che una relazione tra loro le porterebbe solo guai. Allo stesso modo, lui ha paura di consegnare il suo cuore a lei apertamente perché pensa che lo abbandonerà come ha fatto con Gabriel. D’altra parte, Santiago è anche confuso sul rifiutare le avances di Cristina, soprattutto quando Pedro viene a sapere prematuramente del loro apparente corteggiamento.

Gli Mencias sono la cosa più vicina che lo scrittore ha a una famiglia. Non vuole attirarsi le loro ire dando a Pedro la brutta notizia del suo crescente disinteresse per sua figlia a favore della sua accompagnatrice. Tuttavia, nonostante la confusione che gli annebbia il cervello, la realtà dei sentimenti di Santiago emerge quando si presenta alla porta di Cristina ubriaco di assenzio. Rivela che i suoi sentimenti per lei non sono più di tipo romantico, un sentimento ricambiato dalla donna. In seguito, viene a sapere della sua gravidanza, che rappresenta un orribile tradimento. Tuttavia, non è ferito dalle azioni di Cristina, ma piuttosto da quelle di Elena. Questa espressione di dolore rivela una volta per tutte che Santiago è stato innamorato della damigella d’onore per tutto questo tempo. Tuttavia, poiché lascia Madrid senza ascoltarla, non sarà in grado di sapere della sua ricambiare i suoi sentimenti per un po’ di tempo.

The Lady per Luc Besson

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Luc Besson, dopo essere passato di recente al cinema con Miss Adele e l’enigma del faraone, si è già messo al lavoro su un nuovo progetto cinematografico, della cui esistenza si è saputo soltanto nei giorni scorsi nonostante le riprese siano già iniziate da settimane. Il film si intitola The Lady e racconta la storia di Aung San Suu Kyi, leader dell’opposizione birmana divenuta in tutto il mondo un’icona della non-violenza.

A interpretare Aung San Suu Kyi sarà la star cinese Michelle Yeoh, attrice di film importanti come La tigre e il dragone e Memorie di una geisha, qui affiancata da David Thewlis (il Professor Lupin della Saga di Harry Potter).

Probabilmente il film del regista francese non racconterà tutta la storia, ma si concentrerà sugli anni dal 1988 al 1999, da quando Suu Kyi ha lasciato Oxford per tornare in Birmania dalla madre malata a quando ha dovuto scegliere fra il suo paese e suo marito malato di cancro (Thewlis), a cui è stato vietato l’accesso nel paese.

Le riprese sono già iniziate in Thailandia, e si sposteranno presto a Oxford. Il regista Luc Besson ha definito Suu Kyi “un’eroina più forte di Govanna d’Arco“, che utilizza la cortesia al posto delle armi, e nonostante non abbia mai trasgredito la legge è stata condannata a anni di reclusione. Nonostante gli evidenti riferimenti politici, il cuore del film rimarrà la storia d’amore fra Suu Kyi e il marito Michael Aris.

The Knick: Trailer con Clive Owen della serie di Steven Soderbergh

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The KnickCinemax ha rilasciato un nuovo trailer per The Knick, la serie tv diretta da Steven Soderbergh, con protagonista Clive Owen.

The Knick si svolge nel 1900 a New York, al Knickerbocker Hospital, dove vi lavora un chirurgo (Owen), in un’epoca in cui non ci sono antibiotici, le procedure mediche erano estremamente pericolose e il tasso di mortalità molto elevato.

Diretta dal Premio Oscar Steven Soderbergh, la serie tv è stata scritta da Jack Amiel e Michael Begler e trai i produttori esecutivi figurano Soderbergh,  Clive Owen, Michael Sugar e Gregory Jacobs.

The Knick è composta da 10 episodi, che andranno in onda a partire da venerdì 8 agosto via Cinemax. Nell’attesa, ecco il primo trailer esteso.

http://youtu.be/r_xvw-_YJSo

Fonte: Collider

The Knick: Clive Owen nelle foto promozionali della nuova serie tv

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Arrivano i poster promozionali della nuova attesa serie con protagonista Clive OwenThe Knick, che andrà in onda con una prima stagione composta da 1o episodi sul canale via cavo USA Cinemax.

CLICCA SULL’IMMAGINE PER VEDERE TUTTE LE FOTO PROMOZIONALI: 

the-knick-cinemax-posterTra gli sceneggiatori e produttori esecutivi ci saranno Jack Amiel e Michael Begler.  The Knick si svolge a New York nel 1900 con protagonisti una serie di chirurghi talmente innovativi da ribaltare le sorti della scienza e di come la stessa chirurgia viene vista.

 

The Knick recensione della serie con Clive Owen

Dopo tanto cinema e qualche annuncio di ritiro arriva in anteprima il nuovo lavoro di Steven SoderberghThe Knick, serie televisiva period drama creata da Jack Amiel e Michael Begle e trasmessa dal network via cavo Cinemax e in arrivo in Italia grazie Sky Atlantic dall’11 novembre 2014. Protagonista l’attore Clive Owen che sarà al Festival di Roma per presentare lo show.

Soderbergh approda alla serialità televisiva dopo aver lungamente manifestato il suo interesse verso la libertà creativa che lo show televisivo può garantire.

The_Knick_Promo_PosterAmbientato nella New York del 1900, la serie televisiva parla del brillante dottor John Thackery che è costretto ad assumere la guida del reparto di chirurgia del Knickerbocker Hospital, noto semplicemente come “The Knick”, dopo l’improvviso suicidio del suo mentore, J.M. Christiansen. Thackery, medico di fama che opera con innovative tecniche di chirurgia, è tuttavia afflitto da dipendenza da cocaina. L’ospedale, gestito dalla figlia del principale finanziatore, Cornelia Robertson, tenta di porre rimedio all’indebitamento attirando pazienti benestanti, cercando di non sacrificare la qualità delle cure. Cornelia è artefice, nonostante le opposizioni di Thackery, dell’ingresso nell’equipe di chirurgia di Algernon Edwards, medico di colore formatosi in Europa.

Partendo dalle premesse, qualcuno potrebbe pensare che si tratti del classico medical drama, ambientao però all’inizio del ‘900. Niente di più sbagliato.

Lo show si dipana su due binari paralleli, seguendo una struttura che raramente in uno show tv sono abilmente bilanciati come in questo caso. Il fulcro della storia è John Thackery (Clive Owen), illustre chirurgo stacanovista, impegnato a innovare il mondo della medicina e alle prese con la sperimentazione di nuove tecniche, nuovi arnesi da sala operatoria e soprattutto nuova conoscenza dell’anatomia umana. In secondo piano c’è invece la natura umana, intesa come i rapporti che si sviluppano, si sgretolano e si ricompongono come accade proprio alle tecniche sperimentare dal protagonista. Il punto più alto del lavoro di Soderbergh è senza dubbio la messa in scena, che è di pregevole fattura, e sia gli ambienti che le atmosfere accompagnano lo spettatore con immediatezza nella New York di inizio XX secolo, facilitando anche l’approccio con la natura più medical del drama targato Cinemax. A tutto questo fanno da eco invece i movimenti di macchina e la regia di Soderbergh sempre virtuosa, ma anche servizievole e incalzante secondo le necessità.

Ciliegina sulla torta è invece la parte più macabra dello show, considerato che si parla pur sempre di amputazioni, malformazioni congenite e deformità varie, che senz’altro ingolosiranno gli appassionati più fervidi al genere Horror. Infine, va menzionata la performance del protagonista, Clive Owen, impeccabilmente a suo agio nella parte di chirurgo costretto a prendere le redini di un ospedale in continua lotta tra indebitamento e strozzinaggio.

The Knick 2: rinnovata la serie con Clive Owen e Steven Soderbergh

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The Knick 2Cinemax conferma una seconda stagione per il sanguinolento serial con protagonista Clive Owen. The Knick 2 entrerà in produzione all’inizio del prossimo anno e conferma al timone Steven Soderbergh, regista che ha contribuito a fare grande la prima stagione.

Festival di Roma 2014: intervista a Clive Owen

The Knick recensione della serie con Clive Owen

La stagione andrà in onda nel periodo a cavallo tra autunno e estate, mentre la HBO potrebbe replicare il ‘favore’ e mandare in onda le puntate probabilmente nella sera del venerdì, come accaduto quest’anno.

 

The Knick 1×09: anticipazioni e promo

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Si intitola The Golden Lotus, The Knick 1×09,  il nono episodio della prima stagione di The Knick, la serie TV di Steven Soderbergh con Clive Owen.

In The Knick 1×09, Un crimine eseguito a notte tarde porta una brutta luce sul Knick, forzando Robertson(Grainger Hines) ad arrivare con una corruzione. Lucy fa di tutto per ottenere la droga. Un appello del sempre più disperato Thackery per ottenere un anticipo da un venditore di medicine brevettate resta inascoltato. Gallinger inizia a perdersi quando il comportamento di Eleanor diventa più strano; Cornelia ed Edwards (Andre Holland) hanno soluzioni diverse per un problema che condividono.

 

The Knick 1×06: anticipazioni e promo della serie con Clive Owen

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Si intitolerà Start Calling Me DadThe Knick 1×06, il sesto episodio della serie televisiva targata  Cinemax che vede protagonista l’attore Clive Owen nei panni di un pioniere chirurgo.


The Knick 1×06 In The Knick 1×06, Thackery (Clive Owen) e Bertie (Michael Angarano) testano una nuova procedura operatoria; Cornelia (Juliet Rylance) ha qualche ripensamento in merito alle sue imminenti nozze. Thackery considera un’offerta di un venditore, mentre Everett (Eric Johnson) tenta di capire come aiutare Eleanor (Mayak Kazan) a superare il suo dolore.Barrow (Jeremy Bobb), invece, ha a che fare con del vecchio merchandising. Edwards(Leon Addison Brown), infine, mette la sua carriera a rischio a causa di un incontro fortuito.

The Knick 1×07: anticipazioni e promo con Clive Owen

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Si intitolerà Get The RopeThe Knick 1×07, il settimo episodio della nuova serie trasmessa dal network Cinemax diretta da Steven Soderbergh e interpretata da Clive Owen.

The Knick 1x07In The Knick 1×07,  L’accoltellamento di un poliziotto a opera di un uomo di colore alza la tensione razziale in strada, e in The Knick, Thackery (Clive Owen) ed Edwards (Andre Holland) sono costretti a prendere un provvedimento. Everett (Eric Johnson) torna al lavoro in una sala operatoria completamente rinnovata, mentre Barrow (Jeremy Bobb) ha paura per la salute di Junia (Rachel Korine), Cornelia (Juliet Rylance) è impressionata dall’ingenuità di Edward, mentre Lucy (Eve Hewson, la figlia di Bono) viene scortata fino a casa.

The Kitchen: recensione del debutto alla regia di Daniel Kaluuya

The Kitchen: recensione del debutto alla regia di Daniel Kaluuya

Non sono bastate le tecniche di sceneggiatura applicata del Sundance’s Screenwriting and Directing Lab a consentire agli autori di The Kitchen di trovare una voce personale e distintiva per il loro progetto. L’idea di forte critica sociale alla base del soggetto selezionato nel 2016 per il workshop promosso dal Sundance Institute è rimasta sullo sfondo di un film le cui premesse, pur importanti sulla carta, sono rimaste tali.

Dopo aver chiuso la 67esima edizione del BFI London Film Festival, il debutto alla regia di Daniel Kaluuya, attore premio Oscar per Judas and the Black Messiah, co-diretto con Kibwe Tavares, è approdato il 19 gennaio su Netflix, promosso come un thriller sci-fi ambientato in una Londra futuribile e distopica. Etichette che sembrano più una copertura di marketing che il contrassegno effettivo di un film che si ferma sulla soglia, senza cucinare, pardon, approfondire un tema sugli altri per assegnare una spinta decisiva alla trama.

Nessun ‘thrilling‘ per lo spettatore di The Kitchen

Nessun ‘thrilling‘ corre lungo la schiena dello spettatore e il contesto tecnologico che dovrebbe caratterizzare la dimensione science-fiction rimane ben inferiore alla media dell’interazione con i vari device che la maggior parte di noi esperisce quotidianamente. Lo spettatore viene invitato ad immergersi in una metropoli del futuro che, tuttavia, rimane sempre dietro le quinte.

The Kitchen film
Credit © Netflix

Ad essere mostrato è invece il residuo di un mondo troppo poco lontano dalla realtà di oggi per essere definito distopico, basti pensare che parte del film è ambientata nelle realissime banlieu parigine, con gli esterni prestati dall’architettura dell’edificio Damiers de Dauphiné. The Kitchen è il nome del quartiere che riunisce un’umanità povera e sovraffollata di una città che non vediamo mai e di cui si può solo immaginare un’asettica organizzazione basata sul denaro al di fuori del recinto abitato da miseria e vitale disordine del quartiere stesso.

Gli abitanti dei palazzi fatiscenti che più che dalla Londra del futuro sono localizzabili nelle periferie del nostro presente senza ritocchi VFX resistono agli sgomberi effettuati con crescente violenza da parte della polizia, rimanendo tuttavia relegati a una dimensione scenografica rispetto alla vicenda intimistica del protagonista, Izi, interpretato dal rapper di origine giamaicana Kano, ovvero Kane Brett Robinson, qui al suo primo ruolo da protagonista assoluto. La trama rallenta quando nella vita di Izi, occupante tutt’altro che entusiasta di The Kitchen e poco incline alla solidarietà che gli altri abitanti cercano invece di portare avanti, arriva un adolescente orfano, Benji, interpretato dal convincente Jedaiah Bannerman, attore esordiente scoperto attraverso le piattaforme social.

È a questo punto che il film quasi si arresta completamente. Il giovane Benji è l’emblema di questa sospensione, incapace di trovare un filo conduttore che possa diventare per lui destino e posto nel mondo, diviso tra il desiderio di stabilire una relazione padre-figlio e il richiamo della banda di giovani di cui non condivide le modalità di rivolta sociale ma che pure gli offrono un senso di appartenenza meno esile del suo presunto padre.

The Kitchen Izi Benji
Foto di Chris Harris
– Cr. Courtesy of Netflix © 2023

Eppure il film ha avuto una gestazione lunga otto anni: a raccontarlo è lo stesso Daniel Kaluuya, autore del soggetto e co-autore della sceneggiatura originale assieme a Joe Murtagh, che ha dichiarato di aver maturato l’idea nella storica bottega del suo barbiere di fiducia, portato anche sullo schermo nel ruolo di se stesso.

Ma che cos’è davvero The Kitchen?

La scintilla nasce da una conversazione su un gruppo di ragazzini che dopo aver rubato gioielli per milioni di sterline si trovano a rivenderli per poche centinaia di pounds. La visione dei poveri che restano poveri e la perdita definitiva della capacità di assegnare e assegnarsi un valore sono i temi che danno l’avvio al film per poi perdersi in una dimensione privata che diluisce la stessa potenzialità emozionale della storia: dimenticate il cappottino rosso di Schlinder’s List, se volete visitare ‘The Kitchen‘ dovrete farlo da soli.

Ma che cos’è davvero The Kitchen? Un laboratorio sociale dove si sceglie di salvarsi insieme perché diventare l’uno destinazione dell’altro è l’unica possibilità di sopravvivenza o l’ultimo rifugio di persone disperate che come Izi attendono solo l’occasione giusta per migrare verso una ‘Buena Vida’, come si chiamano i patinati appartamenti messi a disposizione dal sistema per chi ne ha facoltà economica?

Le vicende generali degli occupanti del quartiere e quelle particolari dei protagonisti si alternano in un costante gioco sfondo-figura che non arriva mai a compenetrarle davvero l’una all’interno dell’altra se non per isolati touch points che non bastano a segnare l’evoluzione narrativa dei personaggi.

The Kitchen: Domhnall Gleeson entra nel cast del film

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The Kitchen: Domhnall Gleeson entra nel cast del film

Si arricchisce il già nutrito cast di The Kitchen, adattamento cinematografico del noto fumetto di casa Vertigo prodotto dalla New Line Cinema.

L’ultimo arrivato potrebbe essere Domhnall Gleeson, attualmente in trattative per ricoprire il ruolo del veterano del Vietnam Gabriel O’Malley al fianco dei confermati Melissa McCarthy, Elisabeth Moss, Tiffany Haddish, e Margo Martindale.

Anche se tratto da un fumetto DC/Vertigo, il film non farà parte del DCEU. L’ambientazione rimane Hell’s Kitchen, nella New York degli anni ’70, con il racconto di un gruppo di donne e mogli di noti mafiosi irlandesi. Quando i loro mariti vengono arrestati, le protagoniste prenderanno il comando delle azioni criminali rivelandosi molto più spietate e violente di quanto lo siano mai stati i loro coniugi. 

La regia e la sceneggiatura di The Kitchen sono state affidate a Andrea Berloff (nominato all’oscar con Straight Outta Compton), mentre le riprese inizieranno il prossimo Maggio. L’uscita nelle sale invece è fissata al 20 settembre 2019.

Domhnall Gleeson e Will Gluck: intervista al protagonista e al regista di Peter Rabbit

Fonte: The Hollywood Reporter

The King’s Man – Le Origini: uno special look

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The King’s Man – Le Origini: uno special look

The King’s Man – Le Origini, il lungometraggio targato 20th Century Studios che rivela le origini della prima agenzia di intelligence indipendente, arriverà il 29 dicembre nelle sale italiane, distribuito da The Walt Disney Company Italia.

Quando i peggiori tiranni e menti criminali della storia si riuniscono per organizzare una guerra per spazzare via milioni di vite, un uomo dovrà correre contro il tempo per fermarli.

The King’s Man – Le Origini è diretto da Matthew Vaughn ed è interpretato da con Ralph FiennesGemma ArtertonRhys IfansMatthew Goode, Tom Hollander, Harris Dickinson, Daniel Brühl con Djimon Hounsou e Charles Dance

Il film è prodotto da Matthew Vaughn, David Reid e Adam Bohling, mentre Mark Millar, Dave Gibbons, Stephen Marks, Claudia Vaughn e Ralph Fiennes sono i produttori esecutivi. The King’s Man – Le Origini è basato sul fumetto “The Secret Service” di Mark Millar e Dave Gibbons, il soggetto è di Matthew Vaughn e la sceneggiatura è firmata dallo stesso Vaughn & Karl Gajdusek.

The King’s Man – Le Origini, recensione del film con Ralph Fiennes

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Dopo due avvincenti film, la saga che vede protagonista l’agenzia segreta britannica per gentiluomini si arricchisce di un nuovo capitolo che ci porta indietro nel tempo, dove tutto è cominciato: The King’s Man – Le Origini.

Matthew Vaughn torna alla regia mentre il cast, per ovvie ragioni, è rivoluzionato, ma comunque attinge dal meglio che il panorama inglese ha da offrire: Ralph Fiennes, Gemma Arterton, Tom Hollander, Djimon Hounsou, Charles Dance e Harris Dickinson sono solo alcuni dei nomi coinvolti in questa rivisitazione della Storia europea prima e durante la Prima Guerra Mondiale che si prende sul serio pur palesandosi senza timore come un pur prodotto di intrattenimento. 

The King’s Man – Le Origini, la trama

La trama ufficiale di The King’s Man – Le Origini recita: Quando i peggiori tiranni e menti criminali della storia si riuniscono per organizzare una guerra per spazzare via milioni di vite, un uomo dovrà correre contro il tempo per fermarli. Il film rivela la nascita della prima agenzia di intelligence indipendente. E in realtà niente di più preciso poteva essere detto per raccontare, senza spoiler, ciò che accade in due ore e 11 minuti di azione mozzafiato. 

Dopo The Secret Service e Il Cerchio d’Oro, Matthew Vaughn si risiede sulla sedia di regia, cambia registro, si allontana dai toni scanzonati del fumetti di Mark Millar da cui era partita la prima ispirazione del franchise, si toglie di dosso insomma il punto di vista irriverente del protagonista Eggsy/Taron Egerton, e indossa di volta in volta quello di Ralph Fiennes e Harris Dickinson, padre e figlio, ultimi della gloriosa famiglia degli Oxford, nobili britannici vicini alle più alte cariche dello Stato. Questo fa sì che i toni di The King’s Man – Le Origini siano molto più solenni e seri, rispetto a quello che ci si poteva aspettare, dati i film precedenti, e allo stesso tempo la storia gioca con la Storia con la S maiuscola, quella che portò il Vecchio Continente a diventare un campo di battaglia, con tre Imperi a scontrarsi e il resto del mondo a pagarne le conseguenze. 

Farsi beffe della Storia

The King’s Man – Le Origini ri-racconta la Storia, lo fa con totale sprezzo di ciò che è stato, sfruttando personaggi realmente accaduti come pedine che, posizionate in un posto o nell’altro, servono a portare avanti la sua trama, senza paura di risultare blasfemo o fastidioso: Mata Hari, Rasputin, Lenin, Re Giorgio V, Guglielmo II, Nicola II diventano materiale ditale nelle mani dello stesso Vaughn e di Karl Gajdusek che conducono la loro narrazione sfrontati e divertiti. Dopotutto la fedeltà storica non spetta al cinema, e The King’s Man – Le Origini è puro cinema d’azione e di intrattenimento, ad uno stadio così schietto e avanzato che non si può fare a meno di volergli bene.

Un cast perfettamente a suo agio

Troppo spesso ci si dimentica che il cinema è anche intrattenimento e di fronte a film così totalmente liberi di abbracciare questa loro natura spesso lo spettatore si scopre diffidente, perché la Storia è andata diversamente, perché questo o quel marchingegno non era ancora stato inventato, perché balisticamente è impossibile che questo soldato non sia morto, eppure Ralph Fiennes, Gemma Arterton, Rhys Ifans, Matthew Goode, Tom Hollander, Harris Dickinson, Daniel Brühl, Djimon Hounsou e Charles Dance fanno un così ottimo lavoro che è facile mettere a tacere ogni perplessità.

In particolare è necessario citare lo straordinario lavoro di Tom Hollander che, pur lavorando con personaggi volutamente superficiali e macchiettisti, si cimenta con una tripla interpretazione dei sovrani europei (è lui a dare corpo a Re Giorgio V, Guglielmo II e Nicola II) conferendo ad ognuno una proprio caratterizzazione fisica e una propria personalità, nonché un proprio modo di parlare. La scelta del regista è stata quella di sottolineare che i tre sovrani erano cugini, quindi somiglianti, e così ha scelto lo stesso attore per tutti e tre. Hollander ha sfruttato questa opportunità per mostrare le sue doti troppo spesso al servizio di personaggi secondari. Anche Rhys Ifans si fa valere con un look da Rasputin spaventoso che accentua tutte le dicerie e le leggende che si costruirono all’epoca e si tramandano tutti’oggi su questo santone che ebbe il potere, si dice, di mettere in ginocchio l’Impero dello zar. 

The King’s Man – Le OriginiIl cuore di questo divertimento forsennato sono ovviamente le sequenze di lotta corpo a corpo: Ralph Fiennes forse non ci crede abbastanza, o almeno non quanto ci credere Colin Firth nei panni di Harry, nei due film originali, ma è comunque divertente vederlo alle prese con la spada che combatte senza paura, che, in pieno stile Ottocentesco, ha al suo fianco un servitore di altra etnia, fedele, letale e ironico (Djimon Hounsou). Pittoresca anche la sequenza in cui i nostri eroi fronteggiano Rasputin, il cui stile di combattimento è contaminato da passi di danza popolare, caratteristica che lascia un po’ perplessi gli avversari, insieme all’estrema difficoltà nell’uccidere il monaco russo.

Uno sfrontato divertissement

Sfacciato e irriverente, The King’s Man – Le Origini si allontana dai toni che avevano fatto amare Kingsman: The Secret Service e sequel per indossare un abito tutto suo, fatto di puro intrattenimento, senza riguardo per la Storia, i personaggi storici e nemmeno per il franchise, ma con l’unico obbiettivo, secondo chi scrive centrato in pieno, di divertire lo spettatore.

The King’s Man – Le Origini, dal 23 febbraio su Disney+

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The King’s Man – Le Origini, dal 23 febbraio su Disney+

Disney+ ha annunciato che il film 20th Century Studios The King’s Man – Le Origini debutterà su Star, all’interno di Disney+, nei mercati internazionali selezionati e su Star+ in America Latina come indicato di seguito:

9 febbraio:  Gran Bretagna & Irlanda, Giappone, Corea
23 febbraio: Germania, Svizzera, Austria, Italia, Spagna, Norvegia, Svezia, Danimarca, Finlandia, Portogallo, Belgio, Paesi Bassi, Australia, Nuova Zelanda, Taiwan, Singapore, Hong Kong, Lussemburgo
2 marzo:  America Latina

Negli Stati Uniti, The King’s Man – Le Origini debutterà su Hulu il 18 febbraio. The King’s Man – Le Origini è il prequel dei primi due film del franchise di Kingsman diretti da Matthew Vaughn: Kingsman – Secret Service e Kingsman – Il Cerchio d’Oro.

The King’s Man – Le Origini segue un uomo che deve correre contro il tempo per fermare i peggiori tiranni e menti criminali della storia che si riuniscono per organizzare una guerra per spazzare via milioni di vite. The King’s Man – Le Origini rivela la nascita della prima agenzia di intelligence indipendente.

The King’s Man – Le Origini, recensione del film con Ralph Fiennes

The King’s Man – Le Origini è diretto da Matthew Vaughn ed è interpretato da

Ralph Fiennes, Gemma Arterton, Rhys Ifans, Matthew Goode, Tom Hollander, Harris Dickinson, Daniel Brühl, con Djimon Hounsou e Charles Dance. 

Il film è prodotto da Matthew Vaughn, David Reid e Adam Bohling, mentre Mark Millar, Dave Gibbons, Stephen Marks, Claudia Vaughn e Ralph Fiennes sono i produttori esecutivi. The King’s Man – Le Origini è basato sul fumetto “The Secret Service” di Mark Millar e Dave Gibbons, il soggetto è di Matthew Vaughn e la sceneggiatura è firmata dallo stesso Vaughn & Karl Gajdusek.

The Kings of Tupelo: una saga criminale, la spiegazione del finale, James Dutschke è ancora in prigione?

L’ultimo documentario in tre parti di Netflix, The Kings of Tupelo: una saga criminale, è l’affascinante storia di un uomo di nome Kevin Curtis, che è stato arrestato dalle forze dell’ordine dopo aver presumibilmente inviato una lettera contenente ricina al Presidente degli Stati Uniti d’America. Una volta che le forze dell’ordine hanno iniziato a indagare sulla vicenda, si sono rese conto che c’era molto di più di quanto sembrasse. Scopriamo quindi cosa è successo nel documentario di Netflix, chi ha inviato quelle lettere e se alla fine è stato catturato o meno.

Come è diventato Kevin un teorico della cospirazione?

In The Kings of Tupelo: una saga criminale Kevin Curtis, residente a Tupelo, nel Mississippi, faceva ogni sorta di lavori saltuari per mantenersi, ma ciò che lo rese una figura popolare in città fu la sua imitazione di Elvis Presley. Era il luogo di nascita di uno dei più grandi artisti del suo tempo e ogni persona aveva la sua storia di Elvis, che veniva tramandata di generazione in generazione. Anche la madre di Kevin aveva incontrato Elvis una volta e, ancora oggi, raccontava di quell’episodio e di come l’uomo le avesse detto qualche parola con molto orgoglio e gioia infantile.

Kevin, da bambino, era vittima di bullismo da parte di colleghi e anziani e la vita non era molto facile per lui. Lentamente, però, trovò il suo scopo nella vita. Ha iniziato a vestirsi come Elvis, a cantare agli eventi sociali e, secondo le persone che lo hanno visto fare, era piuttosto bravo. Anche il fratello di Kevin, Jack, era un imitatore di Elvis a tempo parziale, ma nemmeno lui era bravo come Kevin. Kevin ha sempre pensato che suo fratello fosse diventato un imitatore di Elvis solo perché aveva visto il tipo di fama ottenuta dal fratello minore e, in fondo, voleva raggiungere uno status simile.

Kevin iniziò a lavorare al North Mississippi Medical Center come inserviente, e le cose andavano bene finché, un giorno, gli fu chiesto dal suo superiore di pulire l’obitorio. Kevin aprì il frigorifero e vi trovò teste mozzate insieme ad altre parti del corpo. Kevin si entusiasmò e lo raccontò ai suoi colleghi. In quel momento, Kevin non sospettava che l’ospedale fosse colpevole, ma alla fine iniziò a formulare varie teorie infondate sul coinvolgimento dell’ospedale nel traffico di esseri umani. Le autorità dell’ospedale hanno scagionato tutti i sospetti e hanno rilasciato una dichiarazione pubblica, affermando di avere un accordo con l’Agenzia per il recupero degli organi del Mississippi per donare gli organi alle persone bisognose.

Ma Kevin non si è fermato. Ha creato diversi account sui social media e ha iniziato a scavare nella questione. Ha fatto di tutto per dimostrare le sue affermazioni, ma fino alla fine non è riuscito a trovare alcuna prova a sostegno delle sue affermazioni. Ogni persona che si opponeva a lui o che faceva qualcosa che lo infastidiva diventava parte di quel fantomatico traffico di organi. Nello stesso periodo in cui Kevin faceva tutte queste affermazioni, c’è stata una notizia in cui un’organizzazione di trafficanti di organi è stata arrestata dalle forze dell’ordine, ma non operava a Tupelo. Tuttavia, Kevin riteneva che quell’incidente fosse la prova che stava dicendo la verità, ma non aveva senso. Jack, il fratello di Kevin, ha anche detto nel documentario che la mente di Kevin gli giocava brutti scherzi e che l’uomo si creava problemi inutili.

Come è stato coinvolto Dutschke nel caso della ricina?

Nel secondo episodio del documentario The Kings of Tupelo: una saga criminale, il nome di James Everett Dutschke è apparso per la prima volta. La crociata individuale di Kevin Curtis per trovare i responsabili del traffico di organi era diventata una seccatura per tutta Tupelo. Sua moglie, Laura Curtis, aveva smesso di parlargli e se n’era andata di casa con i figli. Anche il fratello di Kevin, Jack, che gestiva un’agenzia di assicurazioni, iniziò a sentirsi un po’ frustrato da ciò che stava facendo il fratello. Kevin redasse un’intera risoluzione per il disegno di legge della Camera e voleva che i politici locali la appoggiassero in modo che diventasse una legge.

Ma ovviamente qualsiasi uomo prudente sapeva che sarebbe stata la cosa più assurda che si potesse fare. Ma Kevin non lo trovava insensato e, anzi, era molto arrabbiato con Roger Wicker, il senatore, e Steve Holland, un membro della Camera dei Rappresentanti, per non averlo appoggiato. Anche Jim Johnson, lo sceriffo dell’epoca, fu messo al corrente della questione e anche lui ritenne che Kevin si stesse solo scavando la fossa. Steve Holland e sua madre, il giudice Sadie Holland, possedevano tre delle più grandi imprese di pompe funebri del Mississippi e Kevin era convinto che anche lui fosse coinvolto nel traffico di organi, motivo per cui stava spingendo la legge in Parlamento. Ma non era così, o almeno possiamo dire che non c’erano prove che dimostrassero l’affermazione in qualsiasi momento.

Un giorno Sadie Holland ricevette una lettera in cui era stata trovata una sostanza velenosa chiamata ricina. Le autorità di polizia furono informate della questione e sospettarono di Kevin a causa della sua rivalità di lunga data con gli Holland. Anche Roger Wicker ricevette una lettera simile, ma la questione divenne di dominio nazionale quando i servizi segreti trovarono della ricina in una lettera inviata al Presidente Obama. Kevin è stato preso in custodia in quanto principale sospettato, ma il modo in cui ha reagito durante l’interrogatorio ha fatto credere agli agenti investigativi che non potesse aver inviato quelle lettere. Gli agenti hanno iniziato a chiedere ai conoscenti e ai familiari di Kevin se avesse dei nemici, ed è stato allora che è saltato fuori il nome di James Everett Dutschke. Dutschke era un campione di karate e in passato aveva rappresentato gli Stati Uniti d’America alle Olimpiadi.

Secondo The Kings of Tupelo: una saga criminale, in seguito è stato reclutato da persone misteriose e per i due anni successivi la sua esistenza è stata cancellata dalla faccia della terra. Si può ipotizzare che fosse coinvolto in qualche attività losca e illegale, anche se non si sa quale fosse il suo ruolo e se avesse commesso qualche reato grave durante quel periodo. L’uomo è arrivato a Tupelo perché voleva trasferirsi in un posto completamente nuovo, dove nessuno lo conosceva. Aprì lì il suo dojo di karate e alla fine iniziò a lavorare per Jack in un’agenzia di assicurazioni. Le cose si inasprirono tra Kevin e Dutschke quando il primo venne a sapere della sua vicinanza alla moglie Laura. Kevin era sicuro che entrambi avessero una relazione e a quel punto perse letteralmente la testa.

James ha tentato di uccidere il Presidente Obama?

Laura accettò il fatto di essere infatuata di Dutschke, ma negò di avere una relazione con lui. Kevin, come sempre, si è spinto all’estremo e ha fatto cose davvero bizzarre per irritare Dutschke. Ha creato profili falsi in cui fingeva di essere Dutschke. Ha preso tutte le foto di Dutschke e vi ha inserito il proprio volto con un photoshopping. L’inferno si è scatenato quando ha modificato la tessera del Mensa (la società ad alto quoziente intellettivo di cui Dutschke era orgoglioso membro) di Dutschke e vi ha inserito il proprio nome. Dutschke teneva molto alla sua immagine nella società. Aveva anche concorso contro Steve Holland alle elezioni del 2007 nel Distretto 15, nella Contea di Lee. Steve Holland aveva vinto le elezioni e la sconfitta aveva messo fine alla carriera politica di Dutschke. Oltre al caso della ricina, Dutschke è stato scoperto ad aver commesso atti di palpeggiamento con minorenni e le autorità hanno immediatamente emesso un mandato di perquisizione. Grazie ai dati trovati sul computer di Dutschke e agli oggetti recuperati dal suo cestino, è emerso chiaramente che era stato Dutschke a produrre la ricina e a metterla nelle lettere inviate a Wicker, Holland e Obama. Per molto tempo Dutschke ha sostenuto di essere stato incastrato, ma poi, nel 2014, dopo una lunga battaglia legale, si è dichiarato colpevole ed è stato condannato a 25 anni di carcere.

Alla fine del documentario The Kings of Tupelo: una saga criminale c’è stato un colpo di scena: dopo aver deciso di non abbandonarsi ad altre teorie cospirazioniste, Kevin, ancora una volta, ha intrapreso un percorso simile e si è lasciato affascinare dalla possibilità che Dutschke fosse un agente della CIA. Ora, Kevin ha teorizzato che probabilmente anche Dutschke era una vittima del sistema e non c’era lui dietro le lettere di ricina inviate al Presidente. Nessuna delle teorie avanzate da Kevin aveva un fondamento. Non è stato in grado di dimostrare nemmeno una delle sue affermazioni. Dutschke ha affermato di essere in possesso di alcuni file finanziari che avrebbero potuto danneggiare la reputazione dell’amministrazione Obama. Ha detto che anche dopo che gli è stato detto che doveva cederli, non l’ha fatto.

Personalmente non so se ci sia qualcosa di vero dietro, perché nulla è stato provato in tribunale, ma non nego che c’erano alcune questioni in sospeso che facevano pensare a qualcosa di sospetto. Per esempio, durante il processo c’è stato un momento in cui Dutschke voleva ritirare la sua dichiarazione di colpevolezza, ma poi, all’improvviso, ha cambiato idea. Un altro fatto che mi sorprende è che un uomo che si vantava di far parte del gruppo ad alto quoziente intellettivo abbia potuto fare una cosa così folle. Voglio dire, inviare ricina al Presidente significava mettersi nei guai. Se si fosse trattato solo di Sadie Holland e di altri politici, probabilmente le agenzie non si sarebbero interessate tanto alla cosa. Ma coinvolgere il Presidente era un desiderio di morte. Non so se Dutschke avesse davvero inviato quelle lettere o meno, ma non sembrava un uomo delirante o avventato che potesse commettere un simile errore. È possibile che sia stato incastrato e che alcuni politici di alto livello siano stati coinvolti nella vicenda, ma il tribunale non lavora su speculazioni e supposizioni. Resta il fatto che Dutschke si è dichiarato colpevole e, al momento, sta ancora scontando la pena in carcere.

The Kingdom: la storia vera dietro il film con Jamie Foxx

The Kingdom: la storia vera dietro il film con Jamie Foxx

Il regista Peter Berg si è negli anni distinto per opere di grande intrattenimento, dove si mescola grande azione a vicende il più delle volte realmente accadute. Titoli come Lone Survivor, Deepwater – Inferno sull’oceano e Boston – Caccia all’uomo propongono esattamente queste due combinazioni, offrendo dunque ritratti appassionanti e coinvolgenti dei fatti realmente accaduti su cui tali opere si basano. Prima di questi, nel 2007 Berg ha realizzato The Kingdom, il suo quarto lungometraggio nonché il suo primo thriller d’azione, incentrato su alcuni attentati terroristici verificatisi in Arabia Saudita.

Scritto da Matthew Michael Carnahan, sceneggiatore anche di Leoni per agnelli, World War Z e City of Crime, il film non è però del tutto basato su tali eventi, quanto piuttosto una libera rielaborazione di quanto avvenuto e di quanto ne è seguito. Il tutto ruota ad ogni modo intorno a situazioni particolarmente delicate e ad altro rischio, che Berg ha saputo rendere ulteriormente coinvolgenti grazie alle due doti da regista di genere. Con il contributo di un cast di celebri attori statunitensi, The Kingdom si è dunque affermato come un valido prodotto dal buon successo.

Per quanto non siano mancate critiche riguardo la rappresentazione che nel film viene fatta degli arabi, raffigurati prevalentemente in modo negativo rispetto ai personaggi americani, il film propone anche riflessioni che si spingono al di là di una facile distinzione tra bene e male. In questo articolo, approfondiamo dunque alcune curiosità relative a The Kingdom. Proseguendo qui nella lettura sarà possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alla storia vera a cui si ispira. Infine, si elencheranno anche le piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

The Kingdom Jamie Foxx

La trama di The Kingdom e il cast di attori

Meglio partire sapendo qualcosa di più sulla trama. The Kingdom ha per protagonista l’agente FBI Ronald Fleury e il suo team, composto dall’ispettrice Janet Mayes, l’analista Adam Leavitt e l’artificiere Grant Sykes. Il gruppo si deve recare a Riyadh, nell’Arabia Saudita per individuare i responsabili dell’esplosione di una bomba che ha fatto strage di civili, causando anche un pericoloso incidente diplomatico. Circondati da un clima di scetticismo e ostilità nei loro confronti, il gruppo trova un alleato nel colonnello Faris Al-Ghazi, che cercherà di aiutarli nella risoluzione del complesso caso.

Ad interpretare l’agente Ronald Fleury vi è l’attore premio Oscar Jamie Foxx, dichiaratosi affascinato sia dalla complessità del personaggio che dalle implicazioni politiche presenti nella storia. Nel ruolo di Janet Mayes vi è invece l’attrice Jennifer Garner, la quale per via delle calde temperature si trovò ad avere un mancamento sul set, cosa che fece naturalmente fermare temporaneamente i lavori. Chris Cooper e Jason Bateman interpretano invece rispettivamente Grant Sykes e Adam Leavitt. L’attore Ashraf Barhom è il colonnello Farsi Al-Ghazi, mentre Richard Jenkins interpreta il direttore dell’FBI James Grace, un ruolo inizialmente offerto a Robert De Niro.

 

La vera storia dietro al film

Come anticipato, il film è solo liberamente ispirato ad alcuni eventi realmente accaduti e a partire dai quali è stata costruita la base della storia poi proposta nella pellicola. Questi sono i bombardamenti verificati nel 1996 al complesso noto come Khobar Towers, i due bombardamenti avvenuti nel 2003 nel complesso residenziale di Riyadh, in Arabia Saudita e, infine, il massacro avvenuto nel 2004 a Khobar, svoltosi tra due industrie petrolifere e il vicino complesso residenziale. Il primo di questi vide un camion bomba fatto esplodere adiacente all’edificio n. 131, una struttura di otto piani che ospitava membri dell’aeronautica degli Stati Uniti.

The Kingdom cast

In tutto, 19 membri del personale dell’aeronautica americana sono stati uccisi e 498 persone di varie nazionalità sono rimaste feriti. Gli Stati Uniti indicarono come responsabili i membri dell’organizzazione Hezbollah Al-Hejaz, ritenendo poi l’Iran colpevole di aver altresì organizzato l’attacco. Per quanto riguarda gli eventi del 2003, invece, le bombe fatte esplodere e che hanno causato 39 morti e circa 160 feriti, sono state attribuite agli estremisti islamici, i quali portavano avanti una campagna contro l’occidente e contro la guerra del Golfo portata avanti dagli Stati Uniti.

L’ultimo attacco a cui il film si ispira è infine il massacro verificatosi nell’arco di 25 ore tra il 29 e il 30 maggio 2004. Durante questo, uomini armati dichiaratisi membri di un gruppo chiamato “The Jerusalem Squadron” hanno ucciso 22 persone e ne hanno ferite 25. I loro obiettivi erano l’edificio della Arab Petroleum Investments Corporation e l’Al-Khobar Petroleum Center, nonché un complesso residenziale per lavoratori stranieri, l’Oasis Compound, nella città del Golfo di Khobar.

Ad essere uccisi sono stati ostaggi non di fede mussulmana, mentre quelli appartenenti ad essa venivano rilasciati. Tra le persone uccise, figura anche un italiano. I terroristi sono infine stati eliminati e gli ostaggi ancora in vita liberati. Questi tre eventi sono dunque serviti come spunto per il racconto del film, incentrato proprio su problematiche simili. Il racconto proposto, però, si discosta volutamente da una rappresentazione in tutto e per tutto fedele, così da far emergere ulteriormente una serie di temi e riflessioni riguardo al tema trattato.

Il trailer di The Kingdom e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di The Kingdom grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Prime Video e Apple TV. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di mercoledì 3 luglio alle ore 21:00 sul canale 20 Mediaset.

The Kingdom of Dreams and Madness: trailer inglese del doc sullo Studio Ghibli

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Avevamo già potuto vedere il trailer di The Kingdom of Dreams and Madnessdocumentario di Sunada Mami(Ending Note) dedicato allo Studio Ghibli, quasi un anno fa, ma senza poter capire granchè data la lingua giapponese. Ora è stato pubblicato online il trailer sottotitolato in inglese, pronto per il mercato statunitense. Ve lo mostriamo:

The Kingdom of Dreams and Madness è incentrato su Hayao Miyazaki, Toshio Suzuki e Isao Takahata, ovvero i tre co-fondatori dello studio,seguendoli durante le fasi di progettazione e lavorazione di Kaze Tachinu(The WInd Rises) eKaguya-hime no Monogatari(The Tale of Orincess Kaguya).

Sunada Mami ha ricevuto inoltre i complimenti dallo studio Ghibli per essere stata praticamente un fantasma che non ha minimamente fatto sentire o pesare la sua presenza mentre lo staff dello studio era al lavoro sulle opere sopraccitate.

Fonte: orgoglionerd

The Kingdom Exodus: recensione della serie di Lars Von Trier

The Kingdom Exodus: recensione della serie di Lars Von Trier

Nei regni catturati dalla nostra fantasia, le porte non si chiudono mai del tutto. Basta un’intuizione, un appiglio per drammatizzare un’inquietudine sotterrata nei meandri del subconoscio o, nel caso di Lars Von Trier, di un’inquietante ospedale. Dopo un quarto di secolo, il regista danese è tornato fuori concorso a Venezia 79 con The Kingdom Exodus, che costituisce la terza e conclusiva stagione della celebre miniserie del regista divisa in due parti, The Kingdom (2004) e The Kingdom 2 (2007). Von Trier è pronto a scatenare ancora una volta l’inferno sull’ospedale Riget, in cui ci aveva condotti per la prima volta nel 1994, cercando di replicare su schermo quello che David Lynch aveva fatto con Twin Peaks: ricalibrare le redini della narrazione seriale, avvicinarle al concetto di visione cinematografica, che sedimenta grazie a un uso inedito della suspense e del suo ben noto humor nordico.

Oltre alla protagonista Bodil Jorgensen, il cast di The Kingdom Exodus comprende Lars Mikkelsen, Nikolaj Lie Kaas, Mikael Persbrandt, Ghita Nørby, Nicolas Bro, Søren Pilmark, Peter Mygind, Laura Christensen, Udo Kier, Tuva Novotny e David Dencik. Alexander Skarsgård figura invece come guest star. I cinque episodi di The Kingdom Exodus verranno distribuiti su Mubi.

La trama di The Kingdom Exodus

Un enorme organismo di carne e sangue si è materializzato nelle stanze e nei corridoi di The Kingdom. In una notte buia e tempestosa, la sonnambula Karen intuisce che qualcosa non va e si reca al Regno per cercare delle risposte. Al suo arrivo, scopre che l’ospedale sta soffrendo e che lei è l’unica che può liberare il Regno dal suo tormento. Nle mentre, il medico svedese Helmer Junior è stato assunto da poco nell’ospedale e, ben presto, inizia a percepire un atteggiamento denigratorio da parte dei colleghi danesi. Essendo svedese, si impunta e lancia nuovi approcci in reparto, come la totale neutralità di genere, che ha conseguenze quasi fatali tra lo staff. Ma il male incombe sull’ospedale, qualcosa di incontrovertibile sta per accadere: l’Exodus. È ora che gli spiriti che circondano l’ospedale vengano divisi in chiari e scuri, e che il cancello venga localizzato e aperto. È ora che l’aria debba essere liberata dal grande gregge che non dorme mai.

Prendete Scrubs, celebre successo seriale con Zach Braff protagonista, e conditelo del grottesco: Riget Exodus inizia con un’esilarante battuta e, per tutte le sue cinque ore di durata, continuerà a ironizzare sulla negligenza del personale dell’ospedale, sul concetto di autorità e subordinazione, incapsulando il tutto in una strampalata rivistazione di quella che una volta era la soap opera di prima serata. Certo, la fruizione dei programmi televisivi è completamente cambiata, ma Von Trier – e soprattutto il direttore della fotografia Manuel Alberto Claro – cercano di riportare lo spettatore indietro nel tempo, abbracciando il seppia come accompagnamento cromatico di uno stato dell’essere che descrive tanto i personaggi che abitano il primo livello di realtà dell’ospedale Riget, quanto i fantasmi del passato, a cui la signora Karen (Bodil Jørgensen) cerca in qualsiasi modo di riconnettersi.

Un’ospedale che è anche casa

Karen ha dei conti in sospeso non solo con il Riget, ma anche con Von Trier stesso: il suo personaggio è l’estensione del disappunto dei fan della serie, che hanno dovuto attendere 25 anni per poter intraprendere di nuovo questo percorso luciferino. In realtà, perfino Von Trier e il co-sceneggiatore Niels Vørsel avevano supposto la futura ideazione di una terza e ultima parte di The Kingdom, che si configura anche come metaforico successore del delirante La Casa di Jack (2018). Più esistenze confluiscono nella trappola narrativa di Von Trier, specchio in realtà di anime costrette nel simbolisco incessante, nella raffigurazione distorta del male che dilaga e che preannuncia conseguenze di natura cosmica per il Riget.

Tempi morti lunghissimi, improvvisi cambi di tono e cumuli di informazioni vertiginose, un costante senso di terrore: forse la vecchia magia del Riget non risuona forte tanto quanto negli anni ’90, ma con The Kingdom Exodus Lars Von Trier ci conferma che la variopinta galleria di vecchi furfanti dell’ospedale può ancora coinvolgerci e che, forse, la casa che Jack voleva tanto costruire è stata completata.

The King: Timothée Chalamet nella prima foto del film che vedremo a Venezia 76

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Timothée Chalamet è il protagonista della prima immagine ufficiale di The King, il film che sarà presentato a Venezia 76 nella selezione del Fuori Concorso. Il film è diretto da David Michôd ed è l’adattamento di Enrico IV, Parte prima e Parte seconda ed Enrico V.

La sceneggiatura è stata firmata da Michôd e Joel Edgerton e racconta dell’ascesa al potere del giovane Enrico V (Chalamet) alla morte del padre, quando si trova ad affrontare tumulti e tensioni politiche all’interno del suo Regno. Nel cast Edgerton interpreta Sir John Falstaff, Robert Pattinson è Luigi Delfino del Viennois, Ben Mendelsohn è Enrico IV, Sean Harris è Michael Williams, Lily-Rose Depp è Caterina di Valois, Thomasin McKenzie è Philippa d’Inghilterra.

Il film verrà distribuito da Netflix nei prossimi mesi.

La prima immagine di The King

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The King – Steven Elder, Timothée Chalamet, Sean Harris – Photo Credit: Netflix

The King: recensione del film con Timothée Chalamet

The King: recensione del film con Timothée Chalamet

The King è una libera rilettura di una delle tante opere di William Shakespeare, l’Enrico V. È un film con un cast di attori giovanissimi, tra i quali spicca per bravura e intensità Timothée Chalamet.

In The King la storia è quella inventata dal Bardo elisabettiano, che come un arcaico Tarantino si dilettava nel comporre poesia cruenta, fatta di girandole d’intrighi, lotte di potere, inganni, violenza e sangue. Il protagonista è Hal, principe d’Inghilterra ed Erede al trono, ma ribelle per sua natura e contrario al modo di governare dell’ingiusto padre. I dissidi con il genitore lo hanno portato lontano dalla corte, a vivere nel borgo insieme alla povera gente. Quando il padre muore, Hal viene incoronato Re d’Inghilterra, prendendo il posto del fratello ucciso in battaglia. Il suo nome da sovrano è Enrico V. Inizia per lui una dura lotta per difendersi da tranelli e tradimenti che lo trascineranno a entrare in guerra con la Francia. Unico fidato amico è un burbero cavaliere di nome Falstaff.

The King, il film

Il cinema ci ha abituato ormai a continue riletture dei drammi shakespeariani, con risultati originali e magnificamente riusciti, come il Macbeth di Roman Polanski, The Tempest di Derek Jarman, o Romeo+Giulietta di Baz Luhrmann, o ancora Titus di Julie Taymor, ma non mancano progetti discutibili, che certamente non meritano di essere ricordati. The King si pone tra le trasposizioni oneste e ben condotte, senza abbondare con l’originalità o le invenzioni, rimanendo saldamente ancorato a una messinscena storicamente credibile e ai limiti della ricostruzione storica, se non per qualche modernizzazione di costume e taglio di capelli. La trovata originale e vincente consiste nell’abbassare l’età ai protagonisti della sanguinosa vicenda, rendendo filologicamente giusta la durata della vita a quei tempi e attualizzando il gioco di potere tra ragazzi poco più che adolescenti.

Nonostante la grandezza dei mezzi produttivi, molte sequenze di battaglia risultano contenute, così come appaiono poco credibili alcune decisioni strategiche. Ma probabilmente si tratta di soluzioni adatte al palcoscenico teatrale, presenti nel canovaccio originale barocco, che una volta trasportate in un contesto cinematografico stentano a mantenere una giusta coerenza.

I personaggi sono ben dipinti, dai protagonisti fino alle tante comparse. Timothée Chalamet è perfetto nel ruolo di un giovanissimo Enrico V, con il suo piglio orgoglioso, il suo sguardo sincero e la sua energica foga di combattere, nonostante la sua stazza gracile e inadatta al pugnare. Non basta una cotta di maglia e un’armatura a renderlo un feroce cavaliere pronto a uccidere, ma è proprio questa la forza dirompente del suo personaggio. Anche Joel Edgerton, tra l’altro sceneggiatore del film, è a suo completo agio con spade e asce, facendo da robusto e maturo contraltare al piccolo Re. Lily-Rose Depp ha un ruolo piccolo ma determinante nello svolgimento finale della storia. Con poche inquadrature e battute fondamentali riesce a imporre la sua bravura e a rimanere impressa nella memoria.

Nel ripercorrere liberamente i versi di Shakespeare, con The King, David Michôd costruisce The King, un film che regala una riflessione profonda sulla brama di potere e sulla guerra, magnificamente interpretato da un manipolo di attori giovanissimi e godibile anche da chi non andrebbe mai a teatro per assistere a un sanguigno dramma elisabettiano.

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